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Abelardo e Roscellino: accuse, controversie teologiche e vita di Abelardo, Appunti di Storia Della Filosofia

Teologia MedievaleAbelardoRoscellinoStoria della Filosofia Medievale

La controversia tra Abelardo e Roscellino, due filosofi e teologi medievali, e le accuse reciproche riguardanti questioni teologiche, la vita monastica e la sincerità delle loro intenzioni. Il testo conferma alcuni aspetti della biografia di Abelardo come raccontato da lui stesso, e illustra le idee preponderanti nella sua Etica, in particolare il ruolo dell'intenzione nella considerazione morale. Viene inoltre descritta la carriera di Abelardo come insegnante e teologo, la sua teologia e la sua logica, e la controversa relazione con Eloisa.

Cosa imparerai

  • Quali idee di Abelardo sono state criticate da Roscellino?
  • Che argomenti teologici causarono la controversia tra Abelardo e Roscellino?
  • Perché Roscellino accusava Abelardo di aver scelto la vita monastica per motivi non sinceri?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 14/09/2021

Tommaso_in_statale
Tommaso_in_statale 🇮🇹

4.4

(25)

77 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Abelardo e Roscellino: accuse, controversie teologiche e vita di Abelardo e più Appunti in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! LEZIONE XIV 29 OTTOBRE 10.30 INCONTRO SUI PIANI IN CROCIERA STUDI UMANISTICI Venerdì in M201 Abelardo è uno che ha davvero lasciato le armi che gli spettavano per darsi alle armi della dialettica, ed è davvero uno che non molla mai, incorrendo spesso in invidie e vendette a causa della sua insistenza sulle sue posizioni. Dopo un primo periodo di vita eremitica nel Paracleto abbiamo visto che si sposta in Bretagna in un monastero pieno di monaci corrotti. In questo periodo infelice egli però scrive una nuova teologia. | “nuovi apostoli (tra cui Bernardo)”, come lui li chiama, lo tengono d’occhio, perché temono possa scrivere cose pericolose. Abelardo, accusato di sostenere tesi scorrette in materia trinitaria, attacca anche il suo primo maestro, Roscellino, su argomenti teologici. Da questo attacco nasce una disputa tra i due che è estremamente violenta: rancori personali si intrecciano ad argomenti dottrinali. Roscellino, per insultare il suo ex allievo, lo attacca sul piano personale attraverso una critica filosofica che manifesta un forte dissenso. La lettera di Roscellino ci conferma alcuni aspetti della biografia di Abelardo così come ce la racconta Abelardo stesso. Particolarmente violenta è la parte in cui Roscellino accusa Abelardo di aver preso la decisione di fare vita religiosa per motivi non sinceri: egli non conduce una vera vita monastica, ma è stato costretto a farla. Per Abelardo, il punto fondamentale nella considerazione della vita morale è l'intenzione: non conta l’azione, o il comportamento, ma solo l'intenzione che motiva essi. La vita religiosa, se non ha alle spalle una sincera intenzione, è pura ipocrisia e impostura. Roscellino attacca Abelardo proprio su questo punto: egli avrebbe in realtà scelto la vita monastica per condizioni non autentiche. Accuse di questo genere tornano anche nella parte finale del testo, in cui Roscellino si riallaccia alle notizie che circolavano relative ai rapporti che Abelardo aveva avuto con Eloisa quando aveva donato a lei e le altre monache l’eremo del Paracleto. Egli aiuta economicamente il nuovo convento diventandone anche la guida spirituale, il che suscita non pochi pettegolezzi. Roscellino è testimone di questi pettegolezzi, e attacca in modo » a, spietato Abelardo ed Eloisa stessa, canzonata come “meretrice”, “sgualdrina” ecc... Queste idee per le quali Abelardo viene accusato sono idee preponderanti nella sua Etica, e già presenti nel Dialogo. In assenza di intenzione peccaminosa, certi tipi di comportamenti, specie in materia sessuale, non vanno considerati peccato. L’apparente virtù di chi non prova piacere è una virtù apparente, non una vera e propria dedizione a rispettare la parola di Dio. La conclusione della lettera supera ogni livello di cattiveria: egli rimarca la non autenticità della sua vita monastica, e muove degli insulti facendo leva sulla sua evirazione, andando a definire od; Abelardo come “imperfetto”, “incompleto”. Roscellino gli ritorce prima contro un'idea che era di Abelardo originariamente, per poi muovere una teoria totalmente differente da Abelardo. Possiamo dire “uomo” perché una molteplicità di individui possono cadere sotto il significato della parola. Abelardo ha attaccato violentemente la tesi di Roscellino per la quale i termini universali sono solo flatus vocis, e non c’è nessuna realtà ontologica di uomo, né nella realtà fattuale né nell’intelletto. La posizione di Roscellino è sì contraria al realismo, ma essa priva di qualsiasi significato ogni termine universale. La soluzione di Abelardo riprende e va oltre l’idea di Boezio: non si può parlare di una vera e propria essenza di uomo, ma i singoli individui condividono lo stesso “stato”, lo stesso “modo d’essere” di essere uomini. È un’interpretazione particolare che indebolisce la soluzione aristotelica: Aristotele sottolinea che gli individui sono tali indipendentemente dall’acquisire o perdere determinate qualità accidentali. Roscellino, non privo di originalità pur nella sua perfidia, affronta il problema in una prospettiva completamente diversa, ossia dal punto di vista del rapporto fra il tutto e le parti. Roscellino ci mostra quindi una riflessione sulla “mereologia” (esempio: la nave di Teseo). Noi chiamiamo casa una casa, senza tetto la casa è incompleta. Chiamiamo “uomo” uno che possiede tutte le parti di “uomo”. Abelardo, senza la parte che lo rende uomo, è un uomo incompleto. Abelardo è però ancora uno studioso molto noto e rispettato, e sa che il rapporto con Eloisa gli porta pettegolezzi e insidie addosso, così decide di attenuare i rapporti e diminuirli fino a cessarli completamente. | due riprenderanno contatto soltanto epistolarmente. Eloisa rimpiangerà sempre il suo grandissimo amore per Abelardo, mentre Abelardo si fa coinvolgere sempre di meno. Eloisa sarà una sorta di esempio morale di badessa perfetta, ma ella stessa ammette abelardianamente che la sua virtù è fittizia, e lei sarebbe ancora sua amante, se potesse. Nel 1135 Abelardo lascia finalmente il monastero in Bretagna e torna in Parigi, in cui riprende l'insegnamento nei luoghi in cui li aveva iniziati (la cattedrale di Saint Geneveuf) e attira molti studenti desiderosi di studiare logica e teologia. Di scuole ce ne sono tante: Abelardo non è l’unico insegnante, ma è comunque molto famoso. In questa fase Abelardo scrive la Theologia, dei commenti al testo sacro e l’Etica. L'insegnamento di Abelardo ha un grandissimo successo, e fra i suoi allievi ci saranno nomi molto rilevanti per il XII secolo, come l’inglese Giovanni di Salsbury, oltre che nomi che si professeranno apertamente in contrasto con la Chiesa, venendo poi accusati di eresia (il caso più famoso è Ronaldo da Brescia). Abelardo viene denunciato poi da Guglielmo di Saint-Thierry, il quale segnala a Bernardo di Clairvaux la pericolosità di una serie di tesi teologiche ed etiche. | testi in questione sono il Sic et Non, che Guglielmo interpreta in modo sbagliato, e l’Etica, sive scito te ipsum (Etica o “conosci te stesso”). Bernardo esamina i testi di Abelardo e gli contesta personalmente una serie di errori; si apre così una fase molto complessa, nella quale Abelardo sembra inizialmente cedere, riconoscendo che alcune cose nel testo vadano modificate. Egli chiederà poi all’Arcivescovo di Siens di convocare un concilio che giudichi le sue opere e il suo pensiero, consentendogli comunque però di spiegare le sue intenzioni e i suoi motivi. È certo che Abelardo vive questa fase in modo molto traumatico, avendo alle spalle l'esempio del 1121 quando la sua Theologia Summi boni era stata condannata al rogo. Egli pensa quindi che si possa fare un confronto pubblico. Sta di fatto che, quando si realizza il dibattito nel 1140 Abelardo si trova davanti uno scenario inaspettato: egli sa difendere benissimo le proprie idee e proporre le sue posizioni, ma si trova davanti un pubblico enorme, tra cui anche il re di Francia. Bernardo contesta subito tredici errori di teologia e filosofia, chiedendogli innanzitutto di riconoscerne la paternità. Lo mette subito all'angolo: o dimostra di avere ragione, o ritratta. Abelardo si sente sotto processo; c'è chi parla di un cedimento da parte sua, c’è chi parla invece di scelta personale, ma Abelardo contesta comunque l'atteggiamento di chi lo accusa, che somiglia più a quello di un processo che di un dibattito. Abelardo decise quindi, contestata l'autorità del concilio, di appellarsi all'autorità massima in materia di fede, ossia il Papa. Scrive un testo di Apologia, andato perduto, e si mette in
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