Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Trasgressioni del codice amoroso nella Celestina - Prof. Castaldo, Sbobinature di Letteratura Spagnola

Le varie trasgressioni del codice amoroso compiute dai personaggi nella celebre opera la celestina. Vengono esaminate le infrazioni commesse da calisto, melibea e celestina, mettendo in luce come tali azioni violino le norme fondanti del codice etico dell'amor cortese. Viene inoltre evidenziato come tali trasgressioni siano veicolate dal lessico della religio amoris e dal desiderio di esibizione.

Tipologia: Sbobinature

2023/2024

Caricato il 20/01/2024

silviabonsanti
silviabonsanti 🇮🇹

5

(9)

31 documenti

1 / 10

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Trasgressioni del codice amoroso nella Celestina - Prof. Castaldo e più Sbobinature in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! E per queste cose, Parmeno, c’è piacere se manca la compagnia? In fede, fidati di chi se ne intende. Questo sì che è piacere; che il resto, lo fanno meglio gli asini nel prato. Celestina riporta una serie di scambi che due amici possono avere riguardo gli incontri amorosi o la relazione in generale. Offre un’altra visione anticortese, della condivisione nell’esperienza amorosa, che parte da un assunto generale, ovvero che “di nessun bene il possesso è lieto se non condiviso”. La possessione di un bene generico e la possessione del bene amoroso, l’esperienza amorosa e la sua condivisione vengono posti sullo stesso piano. Sia il possesso di un bene di natura materiale o meno, sia l’amore, vengono concepiti come valori immersi in una rete di relazioni umane, ed ecco che alla luce di questo valore acquista importanza la condivisione e lo scambio, l’importanza di stringere amicizie e costruire relazioni che puntino all’ottenimento del proprio profitto. Un bene, per essere pienamente posseduto, deve essere condiviso attraverso la parola, e quindi deve essere comunicato. La parola acquisisce dunque un valore fondante dei legami sociali, nonché dell’umano piacere o felicità. Questi valori sono propri della cultura umanistico- rinascimentale. In questa chiusa feroce Celestina ci dice che in questo consiste il diletto. Ciò che distingue l’essere umano dall’essere animale è la condivisione e la comunicazione, nel caso specifico l’espressione della gioia del diletto amoroso. Attacca il codice dell’amore cortese, che invece faceva della riservatezza e della sublimazione dell’esperienza amorosa i suoi valori portanti. Si delinea un binomio tra condizione umana e condizione animale, quindi Celestina sta dicendo che custodire il segreto amoroso, quindi osservare una delle norme fondanti del codice, significa degradare la propria persona a livello animale. Quindi comportarsi come degli asini in un prato che si accoppiano, soddisfacendo un bisogno naturale, e che non sono dotati di parola e non possono condividere la loro esperienza, e non possono fuoriuscire dalla condizione di ferinità assoluta. Questa affermazione di Celestina genera un rapporto di non identificazione, un rapporto di non complicità, e allo stesso tempo, secondo quella formazione di compromesso, fa emergere un contenuto nuovo, un'aggressione feroce a un codice etico ancora vigente. Su questa scia prosegue Parmeno, che riprende questo concetto. ATTO 8 - Scena 2 Parmeno ha passato la notte con Areúsa; all’alba saluta la sua donna (richiamo al genere di ascendenza trobadorica dell’alba) ed è colto in questo suo monologo. L’opera assegna grande spazio e importanza a questi spostamenti. La casa di Celestina rappresenta un polo d’attrazione, così come la casa di Calisto e quella di Melibea. Questi personaggi sono ritratti spesso negli spostamenti perché sono accompagnati da lunghe riflessioni, ed esprimono nel movimento le varie ricerche dei personaggi. Rappresentano i percorsi che compiono in vista del raggiungimento dei propri specifici obiettivi e oggetti del desiderio. Celestina è mossa dalla sete di denaro, Calisto è mosso dal desiderio amoroso; mentre l’obiettivo di Sempronio è legato a quello di Celestina, e l’obiettivo di Parmeno è legato a quello di Calisto. Parmeno non è interessato a beni materiali, ma ha ceduto con Areúsa. Parmeno, solo, abbandona la casa di Areúsa e riflette. Parmeno: Oh, piacere singolare! Oh, singolare gioia! Quale uomo è o è stato mai più fortunato di me? Chi più felice e beato? Che io sia entrato in possesso di un dono così eccelso, e che non appena richiesto io l’abbia ottenuto! Per certo, se il mio cuore riuscisse a sopportare i tradimenti di questa vecchia, dovrei andarla a servire in ginocchio. Come potrò ripagarla per questo? Oh, grandissimo Iddio! A chi potrei andare a raccontar questa gioia? A chi potrei rivelare un sì gran segreto? Chi potrò fare consapevole del mio trionfo? Diceva bene la vecchia che senza compagnia non si gusta il possesso di nessuna prosperità. Il piacere di cui non si fanno partecipi gli altri non è piacere. Chi potrà provare questa mia felicità, così come la provo io? Questo brano può essere messo in relazione al discorso che Celestina fa riguardo all’opportunità di condividere i propri beni, però Parmeno compie un passo ulteriore perché specifica che è necessario comunicare. È attraverso questo contributo di Parmeno che è possibile apprezzare quanto la parola sia necessaria e quanto rivesta quel valore fondante dei legami sociali. Utilizza termini che indicano l’importanza della parola e della condivisione: “contaría”, “descubriría”, “daré parte de mi gloria”… sono termini che insistono su questa necessità di comunicazione. Anche Parmeno utilizza il lessico della religio amoris, in cui l’amore viene vissuto come gloria (anche Calisto lo utilizzerà). Calisto: Oh, me sventurato! Ché le città sono cinte di mura di pietra, e la pietra può essere vinta da un’altra pietra; ma questa mia signora ha il cuore d’acciaio. Non c’è metallo che su di esso abbia potere; non c’è colpo che lo scalfisca. Mettete pure scale alle sue mura: ha occhi che scagliano frecce, una lingua fatta di rimproveri e d’indifferenza, e la sua posizione è tale che per mezza lega tutt’intorno non la si può stringere d’assedio. Sta descrivendo il modo in cui si assediavano le città e come esse si difendevano. Sta paragonando Melibea a una città inespugnabile. Celestina: Taci, signore! Calisto: Sono disposto, signora, a credere a tutto quello che mi dici, dal momento che m’hai portato un simile gioiello. Oh, gloria mia che hai cinto quell’angelica cintura! Ti vedo, e non credo ai miei occhi! Oh, cordone, cordone! Mi sei tu stato nemico? Dimmi il vero. Calisto sta impazzendo e si rivolge al cordone, come se questo fosse in grado di parlare con lui. Celestina: Smettila ora, signore, di vaneggiare così, ché io mi sono stancata di ascoltarti, e il cordone l’hai quasi rotto a forza di stropicciarlo. Calisto: Oh, me infelice! Troppo gran bene il cielo mi avrebbe concesso, se tu [riferito al cordone] fossi fatto e intrecciato delle mie stesse braccia, e non di seta come invece sei, perché esse godrebbero di circondare e cingere ogni giorno con il dovuto rispetto quelle membra che tu, insensibile al godimento di tale beatitudine, tieni sempre abbracciate! Oh, quanti segreti avrai visto, di quella eccelsa immagine! Celestina: Ne vedrai di più tu, e con più gusto, se non perdi il senno a forza di parlare come parli. Calisto avrà il modo di apprezzare molto più le belezze di Melibea che del cordone, se non perde completamente il senso. Calisto: Taci, signora, ché lui e io c’intendiamo. È un effetto comico crescente che intende mostrare il vuoto feticismo di Calisto nei confronti di questo cordone. Oh, occhi miei! Ricordate di come siete stati causa e porta attraverso la quale il mio cuore fu trafitto, e che si ritiene responsabile del danno chi ne è causa. Ricordate che mi siete debitori della salute, e guardate la medicina che vi viene fino a casa. Gli occhi sono i maggiori responsabili della penetrazione del sentimento amoroso, perché l’esperienza amorosa nasce dalla vista. Sempronio: Signore, per dilettarti con il cordone, finirai col non voler più goderti Melibea. Si sta divertendo talmente tanto col cordone che finirà col dimenticarsi di Melibea. Calisto: Come? Pazzo! Dissennato! Guastafeste! Che dici mai? Calisto: Oh, mia signora, madre mia, consolatrice mia! Lasciami godere di questo messaggero della mia beatitudine. Oh, mia lingua, perché ti perdi in altri discorsi, rinunciando adorare come fosse presente l’eccellenza di colei che forse non avrai mai in tuo potere? Oh, mani mie, con quale temerità, con quanto poco riguardo tenete e trattate la medicina della mia piaga! Ormai non potranno più farmi male le erbe che quella freccia crudele portava avvolte sulla sua acuta punta. Mi sento sicuro, poiché chi ha inferto la ferita, ora la cura. Oh, tu signora, gioia delle vecchie donne, felicità delle giovani, riposo dei tormentati come me! Non mi affliggere ulteriormente con questo tuo timore, che è per me motivo di vergogna. Sciogli le redini alla mia contemplazione, lasciami uscire in strada con questo gioiello, affinché chi mi vedrà sappia che non c’è uomo più felice di me. Si sta rivolgendo a Celestina, e sta chiedendole di permettergli di interrompere la contemplazione di questo cordone, e di uscire in strada con questo gioiello affinché tutti sappiano che non vi è nessun uomo più fortunato e beato di lui. Questo è un primo climax del percorso trasgressivo di Calisto, il desiderio di esibizione inizia a mostrarsi. Vuol far vedere quanto sia fortunato non solo perché ha ottenuto il pegno d’amore da Melibea, ma perché le ferite che il mal d’amore gli ha procurato stanno per guarire. Chiede quindi permesso a Celestina per poterlo manifestare. Sempronio: Non incancrenire la tua piaga, stuzzicandola con nuovi desideri! Non è soltanto dal cordone, signore, che dipende la tua guarigione. Sempronio lo riporta alla concretezza dei fatti e gli dice di non peggiorare il suo dolore aggiungendo altri desideri. Calisto: Lo so bene; ma non riesco ad astenermi dall’adorare sì nobile pegno. Celestina: Pegno? Pegno è ciò che viene dato di propria spontanea volontà; ma tu sai bene che te l’ha dato per amor di Dio, per guarire i tuoi denti; non già per amor tuo e per chiudere le tue piaghe. Ma se Dio mi dà vita, lei cambierà parere. Questi continui riferimenti lasciano presagire qualcosa di oscuro che incombe, ovvero la morte di Celestina. Sono presenti molti elementi prolettici (anticipatori) che anticipano i futuri sviluppi della storia, e spesso sono proprio i monologhi che hanno lo scopo di spiegare le mosse dei personaggi (le riflessioni, le meditazioni, come intendono muoversi…). C’è un lavoro di preparazione alle azioni salienti che viene espresso in questi lunghi monologhi dei personaggi. Melibea cederà alle arti persuasorie di Celestina, ma quest’ultima poi andrà in contro a triste sorte perché sarà uccisa da Sempronio (alla fine dell’ATTO 12), che vorrà mettere le mani sulla sua ricompensa (la catenina d’oro che toccava a Celestina). ATTO 12 - Scena 8 [terza infrazione] Calisto ha una conversazione con Melibea, separati da un muro, e viene accompagnato dai suoi servi. Terminata questa conversazione è smarrito, la gioia di quel momento lo sta confondendo. Stanno parlando Calisto, Sempronio e Parmeno, che ormai ha cambiato opinione su Celestina (perché ha ottenuto Areúsa). Calisto ha iniziato a conquistare Melibea, e riflettono entrambi sul fatto che Celestina forse sia cambiata rispetto a quando Parmeno le prestava servizio. Calisto: Ti pare cambiata davvero? Parmeno: Tanto che, se non l’avessi visto, non ci crederei. Ma così possa tu vivere, com’è vero! Calisto: Avete sentito quello che abbiamo detto, quella mia signore e io? Che facevate? Avevate paura? In questa affermazione leggiamo un altro tassello del processo di violazione del codice di cui è protagonista Calisto. Chiedendo se avesse udito ciò che si è detto con Melibea, viola la norma di segretezza dell’amore cortese. Quest’affermazione può essere letta nel desiderio di esibizione: dalla trasgressione della norma di segretezza passa al desiderio di esibizione. Vuole sapere se hanno sentito, se hanno dormito o se sono stati vigili e presenti tutto il tempo. Chiede se hanno avuto timore o se hanno dormito, e Sempronio smentisce. ATTO 13 - Scena 1 Termina la notte, Calisto si addormenta e la mattina dopo è incredulo di aver goduto di una gioia tale, e chiede ancora una volta conferma perché gli sorge il dubbio di aver sognato quella conversazione e che quanto accaduto la notte precedente fosse solo un’illusione. Calisto: Ho sognato, o no? È stato frutto di fantasia, o è accaduto in realtà? Ma non ero solo: mi hanno accompagnato i miei servi. Ed erano due. Se essi dicono che la cosa è realmente accaduta, dovrò necessariamente crederlo anche io [según derecho].
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved