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Cinema totalitario in Germania e Unione Sovietica: Fine epoca Weimar, nascita cinema nazis, Appunti di Storia Del Cinema

Storia della propagandaStoria della cultura sovieticaStoria del cinemaStoria della cultura tedesca

La fine dell'epoca di weimar e la nascita del cinema nazista e sovietico, con un focus sulle migrazioni di registi, attori e tecnici verso gli stati uniti e la produzione cinematografica sotto il controllo del regime. Vengono analizzati i capolavori del periodo, la migrazione di personalità del mondo del cinema, il cinema nazista e sovietico, i cinegiornali e i documentari, e la carriera di leni riefenstahl.

Cosa imparerai

  • Come il cinema nazista è differente dal cinema italiano del periodo fascista?
  • Che registi e attori hanno lasciato la Germania per motivi razziali e politici durante il regime nazista?
  • Come è cambiata la produzione cinematografica sovietica negli anni Trenta?
  • Quali sono i documentari di guerra più importanti del periodo nazista?
  • Che filmi sono simbolo del nuovo corso del cinema sovietico negli anni Trenta?
  • Che ruolo ha Leni Riefenstahl nel cinema nazista?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 09/04/2022

auropicone
auropicone 🇮🇹

4.3

(18)

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Scarica Cinema totalitario in Germania e Unione Sovietica: Fine epoca Weimar, nascita cinema nazis e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Lezione 20 IL CINEMA DEI TOTALITARISMI II: LA GERMANIA NAZISTA E L’UNIONE SOVIETICA La fine del cinema di Weimar • Gli ultimi tre anni della Repubblica di Weimar (1930-1933) sono contrassegnati dall’apparizione di alcuni capolavori, ascrivibili soprattutto al filone della “Nuova oggettività”, che proseguono le ricerche più avanzate del cinema muto, come L’angelo azzurro (Der blaue Engel, 1930) di Josef von Sternberg, M, il mostro di Dusseldorf (M, 1931) di Fritz Lang o L’opera da tre soldi (Die Dreigroschenoper, 1931) di Georg W. Pabst. Le commedie musicali • Tra i generi d’evasione, quello che si avvantaggia maggiormente delle risorse del sonoro è la commedia musicale. • Nel 1931 l’UFA inaugura questo filone con La sirenetta dell’autostrada (Die Drei von der Tankstelle) di Wilhelm Thiele. • I risultati più brillanti sono quelli ottenuti da Erik Charell ne Il congresso si diverte (Der Kongress tanzt, 1931), operetta in costume che si distingue per le sue invenzioni audiovisive. La grande migrazione • In seguito alla vittoria elettorale dei nazisti e alla nomina di Hitler a cancelliere del Reich (febbraio 1933), numerose personalità del mondo del cinema abbandonano la Germania per motivi razziali e/o politici, raggiungendo quei colleghi che – come Lubitsch e Murnau, emigrati a Hollywood nel corso degli anni ’20 – avevano già attraversato l’Atlantico, attratti dai salari più alti e dalla possibilità di lavorare negli studi meglio attrezzati del mondo. • Fra il 1933 e lo scoppio della guerra raggiungono gli Stati Uniti, spesso dopo una sosta in Francia, registi come Fritz Lang, Robert Siodmak, Georg W. Pabst, Otto Preminger, Billy Wilder o Douglas Sirk, attori come Conrad Veidt o Peter Lorre, direttori della fotografia come Karl Freund e musicisti come Hanns Eisler o Franz Waxman. Il cinema nazista • La cinematografia tedesca passa sotto il controllo del Ministero della propaganda e dell’informazione di Joseph Goebbels, principale responsabile della politica culturale del regime, che si dedica subito a epurare la comunità cinematografica dai suoi numerosi esponenti di origine ebraica. • Nel 1935 vengono messi al bando tutti i film anteriori al 1933 alla cui produzione abbiano partecipato degli ebrei. La nazionalizzazione dell’UFA • Tra il 1937 e il 1938 i nazisti acquistano inoltre segretamente quote di maggioranza delle tre principali case di produzione tedesche, l’UFA, la Tobis e la Bavaria, dando luogo a una nazionalizzazione di fatto dell’industria cinematografica. • Il processo giunge a compimento nel 1942, quando tutte le società vengono unificate sotto una grande holding, la UFA-Film (abbreviata in UFI), che controlla produzione, distribuzione ed esercizio. Il cinema nazista • Come il cinema italiano del periodo fascista, anche il cinema nazista è costituito in massima parte da prodotti di intrattenimento sul modello hollywoodiano. • Tuttavia, Goebbles mira a potenziare le risorse propagandistiche del mezzo filmico tanto nella produzione non-fiction che nell’ambito della finzione. • Nel film a soggetto i registi più rappresentativi sono Veit Harlan, e Hans Steinhoff. • Veit Harlan è autore del famigerato Süss l’ebreo (Jud Süss, 1940), ambientato nel XVIII secolo ma imbevuto della propaganda antisemita del Partito Nazista. • L’opera più ambiziosa di Hans Steinhoffè invece il kolossal storico Ohm Krüger, l’eroe dei boeri (Ohm Krüger, 1942), che si avvale del grande Emil Jannings (il quale aveva aderito al nazismo), per rievocare in funzione anti-inglese la guerra scoppiata alla fine del XIX secolo fra i coloni sudafricani di origine olandese e tedesca (detti “boeri”) e il governo britannico. Cinegiornali e film non-fiction • Anche in Germania i cinegiornali sono consacrati alla propaganda. Sebbene in un primo tempo continuino a esisterne diversi (UFA, TOBIS, Bavaria, ecc.), il nazismo se ne serve apertamente come organi di informazione governativi. Durante il periodo prebellico, pur trattando argomenti svariati (dalla cronaca allo sport, dal costume agli spettacoli), essi mettono sempre in primo piano i discorsi del Fuhrer o degli altri gerarchi e le varie manifestazioni del regime. • Con l’inizio della guerra le compagnie vengono unificate nella Deutsche Wochenschau, la quantità di materiale girato cresce enormemente e i cinegiornali, interamente focalizzati sul conflitto, sono supervisionati da Goebbels in persona. I documentari in lungometraggio • Finalizzata all’esaltazione del regime è anche la maggior parte dei lungometraggi non-fiction, tra cui si possono ricordare L’ebreo errante (Der ewige Jude, 1940) di Fritz Hippler, pellicola pseudoscientifica di propaganda antisemita, e i documentari di guerra Si avanza all’est (Feldzug in Polen, 1939, diretto anch’esso da Hippler, e Battesimo del fuoco (Feuertaufe, 1940) di Pabst, che nel 1939 era ritornato in patria aderendo tardivamente al nazismo. • I cosiddetti Kulturfilme, cortometraggi educativi sull’arte, la scienza, la natura o il folklore, dominano quantitativamente la produzione non-fiction e, benché solo raramente facciano propaganda esplicita, riflettono l’ideologia nazista nei suoi aspetti più spicci. • Al filone del Kulturfilm appartengono gli ultimi documentari di Walter Ruttmann, caratterizzati, pur nei limiti dell’estetica imposta dal regime, da un’elaborazione formale che li discosta nettamente dalla mediocrità degli altri prodotti “educativi” realizzati nello stesso periodo. • Tuttavia le opere di maggiore impegno produttivo – nonché di maggiore rilievo sul piano tecnico-stilistico – sono quelle dirette negli anni Trenta dalla regista Leni Riefenstahl, che pone il suo innegabile talento al servizio del totalitarismo nazista, segnando una tappa fondamentale nella storia del documentario di propaganda. Leni Riefenstahl • Nata a Berlino nel 1902, Leni Riefenstahl esordisce nel cinema come attrice ne La montagna dell’amore (Der heilige Berg, 1925) del già citato Arnold Fanck. Nel 1932 firma la sua prima regia con La bella maledetta (Das blaue Licht), un altro film di montagna di cui è anche la protagonista. • I film di montagna erano opere di soggetto melodrammatico, che alternavano a riprese documentaristiche di fenomeni naturali e sport invernali delle vicende passionali spesso dal finale tragico. Per i loro contenuti fortemente conservatori e la loro adesione a ideologie populiste di matrice «völkisch» stati spesso ritenuti un’anticipazione del nazismo. • Con l’avvento del nazismo diviene la cineasta ufficiale del regime, realizzando una serie di documentari che per dimensioni, impegno produttivo e grado di elaborazione formale non hanno equivalenti nella produzione non-fiction tedesca dell’epoca. • Per espresso desiderio di Hitler, realizza Il trionfo della volontà (Triumph des Willens, 1935), dedicato al VI congresso del partito nazista, svoltosi a Norimberga nel 1934. Il trionfo della volontà • Girato da trentasei operatori, il celebre documentario riprende i rituali del nazismo con tale maestria e precisione da avere indotto alcuni critici a ipotizzare, del tutto erroneamente, che le coreografie e le scenografie della manifestazione fossero state pensate in funzione del film. • La sequenza iniziale è di particolare interesse in quanto, al fine di creare un senso di identificazione tra lo spettatore e il Führer (in conformità con l’ideologia populista alla base del nazismo), Riefenstahl riprende molte delle inquadrature della scena dell’arrivo in macchina a Norimberga in semisoggettiva, permettendo al pubblico di identificarsi con lo sguardo del leader. • Allo stesso modo, la sequenza immediatamente successiva del risveglio della città e dei preparativi dei membri della Hitlerjugend riprende i moduli di sinfonie metropolitane come Berlin di Ruttmann. • In occasione delle Olimpiadi berlinesi del 1936, la regista creerà poi Olympia (1938), suddiviso in due parti per una durata complessiva di quattro ore di proiezione, utilizzando tecniche di ripresa innovative per l’epoca e gettando le basi del documentario sportivo. Per realizzarlo ottiene da Hitler enormi mezzi tecnici, quali torrette, palloni frenati e cabine stagne calate sul fondo delle piscine. Il dopoguerra • Negli anni Quaranta Riefenstahl ritornerà alla fiction con Tiefland (Terre basse), in cui interpreta il ruolo di una zingara insidiata da un perfido nobiluomo. Il film, interrotto durante la guerra, verrà completato soltanto negli anni ‘50. • Processata nel 1945, la regista viene assolta perché non risulta colpevole di alcun reato, eccetto quello di avere celebrato Hitler nei suoi film. La compromissione col nazismo è la causa della prematura conclusione della sua carriera cinematografica. Negli anni ‘70 si reca presso i Nuba, una tribù del Sudan, realizzando su di essa un reportage fotografico di notevole impatto visivo. Nell’ultima parte della sua lunga carriera si dedica anche alle riprese subacquee. Muore nel 2003, all’età di centouno anni. La fine dell’avanguardia sovietica • In Russia gli anni Trenta vedono l’esaurimento delle tendenze artistiche d’avanguardia fiorite nel periodo del muto e l’imposizione dell’estetica staliniana del “realismo socialista”. • Nel cinema tale trasformazione si accompagna all’introduzione del sonoro, che come in altri paesi favorisce il ritorno a modelli narrativi più tradizionali, desunti dal teatro e dal romanzo ottocentesco, accelerando la crisi dello sperimentalismo che aveva caratterizzato le esperienze di punta del decennio precedente. • Entrambi i processi, tuttavia, si compiono in maniera graduale: fino alla metà degli anni ’30 si continua infatti a distribuire film muti ed è solo dopo la completa affermazione del suono che la formula del realismo socialista, enunciata da Andrej Ždanov durante il Primo congresso degli scrittori sovietici (1934), viene imposta definitivamente ai cineasti. • Ciò consente ai principali esponenti dell’avanguardia di cimentarsi col sonoro in opere audacemente sperimentali come Entusiasmo (Entuziazm, 1930) di Dziga Vertov, Il grande consolatore (Velikij Utešitel’ , 1933) di Lev Kulešov o Il disertore (Dezertir, 1933) di Vsevold Pudovkin. • Questo breve periodo, che precede la “normalizzazione” staliniana, è ancora disseminato di pellicole di notevole interesse sul piano formale e tematico, come le prime opere di Aleksandr Dovženko, tra i cui primi capolavori spicca il muto La terra (Zemlja, 1930). La svolta ždanoviana • Avviene tra il 1934 e il 1935: 1. 1934: Appare Čapaev di Georgij e Sergej Vasil’ev, opera simbolo del nuovo corso del cinema sovietico. Il film, che celebra le gesta dell’omonimo eroe del periodo della guerra civile, viene subito indicato come un modello da imitare.
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