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Immobilizzazione di Enzimi: Tecnologie e Applicazioni - Prof. Ubiali, Dispense di Chimica Farmaceutica

Una panoramica dettagliata sull'immobilizzazione di enzimi, una tecnologia utilizzata per rispondere a limitazioni come la stabilità, il recupero, il controllo del processo e la riduzione di contaminazione. Le diverse tipologie di immobilizzazione, come l'immobilizzazione per interazione ionica, covalente e fisica, e le loro applicazioni in campo farmaceutico e industriale. Inoltre, viene descritta la terza ondata di ricerca, che ha portato all'evoluzione guidata di enzimi per ottenere variabili enzimatiche più performanti. Il documento include anche informazioni pratiche su come preparare il catalizzatore, come manipolare la vetreria e come isolare e caratterizzare i prodotti ottenuti.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 26/04/2024

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4.3

(9)

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Scarica Immobilizzazione di Enzimi: Tecnologie e Applicazioni - Prof. Ubiali e più Dispense in PDF di Chimica Farmaceutica solo su Docsity! Quando l’enzima immobilizzato perde attività significa che si denatura, perde il suo folding e la fisionomia del sito catalitico, di conseguenza non è più in grado di catalizzare la reazione. Si tratta di una denaturazione irreversibile. Affinchè l’impianto continui a funzionare è necessario inserire nuovo enzima ed eliminare l’enzima non più funzionante. L’immobilizzazione è basata su un’interazione ionica tra enzima e carrier, cioè il materiale su cui l’enzima rimane adeso. Non essendoci legami covalenti si tratta di un’immobilizzazione reversibile: può essere interrotta lavando via l’enzima dal carrier in opportune condizioni. Dopo aver eliminato l’enzima immobilizzato lavandolo, si va a recuperare il carrier e carica del materiale fresco in modo che l’enzima si leghi nuovamente alla matrice. Nel caso in cui ci fossero legami covalenti, invece, è necessario eliminare completamente l’enzima non più funzionante, che diventa lo scarto. In campo farmaceutico l’immobilizzazione enzimatica per interazione covalente è ricercata perché, essendo il legame enzima-carrier irreversibile, il rischio di contaminazione finale è nullo. Il rapporto costo-beneficio, però, non è positivo in quanto, nel momento in cui l’enzima non sarà più attivo, ci saranno problemi di scarto. Nel grafico vi sono sull’asse delle ascisse i giorni di lavoro del reattore e sull’asse delle ordinate l’attività dell’enzima. Si parte al giorno 0 con il 100% di attività dell’enzima, l’attività nel tempo decresce fino ad arrivare al 70% di attività residua dopo un mese di lavoro. Successivamente si ritorna al 100% di attività in quanto, mettendo del terreno fresco, l’enzima si è rigenerato. Si osserva, quindi, la possibilità di mantenere l’enzima immobilizzato per 30 giorni lavorativi in continuo. Si è osservato, invece, che il carrier va incontro ad usura e consumo in circa 5 anni, consentendo un abbattimento notevole dei costi del processo. Nell’istogramma sotto sono stati stimati i costi per il processo industriale in continuo con immobilizzazione dell’enzima, istogramma a destra, e i costi del processo non in continuo e con l’enzima non immobilizzato, istogramma a sinistra. Macroscopicamente l’impatto del costo per il processo continuo è inferiore, circa la metà. I costi che riguardano le materie prime e il dispendio energetico incidono sul costo allo stesso modo nei due processi. La differenza di costo più significativa è il costo riferito all’enzima: a sinistra l’amminoacilasi ha un impatto sul costo maggiore perché l’enzima viene utilizzato e buttato via. Riguardo al costo uomo è possibile dire che in un processo convenzionale l’incidenza del lavoro è molto elevata perché il lavoro non è automatizzato. Nel processo convenzionali, non utilizzando il carrier, non ci saranno spese a riguardo. Nel processo in continuo, pur essendo presente questo costo in più, l’incidenza è ridotta perché il carrier viene riciclato per 5 anni di produzione. L’immobilizzazione per interazione ionica non è l’unica tecnica. In generale è possibile distinguere:  Un tipo di immobilizzazione per interazione fisica: si tratta soltanto di un confinamento spaziale senza formazione di legami chimici. Un esempio è l’incapsulamento di enzimi e proteine.  Un tipo di immobilizzazione di tipo chimico: comporta legami chimici tra enzimi e carrier o tra enzimi.  L’immobilizzazione per intrappolamento è il processo di sferificazione: è possibile sferificare non solo in ambito chimico ma anche in cucina ad esempio. IMMOBILIZZAZIONE DI ENZIMI L’immobilizzazione di enzimi è una tecnologia che risponde ad alcune limitazioni come la stabilità, il recupero, il controllo del processo, la riduzione di contaminazione, la modulazione delle proprietà catalitiche e la produttività. Con produttività si intende la concentrazione di prodotto nel volume: gli enzimi immobilizzati tollerano concentrazioni molto maggiori di prodotto rispetto a enzimi liberi. L’immobilizzazione è un approccio molto ricercato industrialmente ma molto complesso per diversi aspetti:  Unisce il mondo biologico al mondo della chimica  Al fine di preparare il catalizzatore è necessario fra reagire tra loro due macromolecole, tipicamente una proteina con una resina o un polimero ALLESTIRE UNA SINTESI IN LABORATORIO La road map, l’impostazione, di come allestire una sintesi segue una scaletta ben definita: 1. Progettazione dell’esperimento 2. Scelta e assemblaggio dell’apparecchiatura necessaria 3. Realizzazione della reazione: si purificano, se necessario, reagenti e solventi e poi si miscelano 4. Monitoraggio della reazione 5. Spegnimento della reazione, quenching, e work-up, lavorazione della reazione 6. Purificazione della miscela di reazione. Isolamento e caratterizzazione del/i prodotto/i ottenuto/i Tutte queste operazioni devono essere registrate subito sul quaderno di laboratorio insieme alle osservazioni ritenute importanti in caso di ripetizione della reazione, come ad esempio la variazione di colore, la formazione di precipitato e lo sviluppo di gas. ATTREZZATURA DI LABORATORIO IN VETRO PYREX L’attrezzatura base utilizzata in laboratorio da un sintesista è la vetreria. GIUNTI DI VETRO SMERIGLIATI CONICI La vetreria utilizzata principalmente è il pallone di reazione. Il pallone di reazione presenta sempre un collo a incastro con altri componenti della vetreria e si caratterizza per la presenza di uno smeriglio. La vetreria ha delle dimensioni standard di altezza e larghezza del collo, i numeri scritti sul collo sono, quindi, il diametro e l’altezza. L’incastro presuppone ci sia della vetreria complementare e, quando si incastrano due unità complementari, normalmente non è necessario altro sostegno. È consigliabile ancorare i due componenti della vetreria, quando possibile, con l’aiuto di pinze di Keck, pinze in plastica di dimensioni standard. L’incastro di componenti di vetreria può diventare permanente, la vetreria si grippa e non si riescono a staccare i due componenti. Quando non si riescono più a separare i due componenti ci sono due possibili cose da fare:  Si prende un pezzo di legno, si va a battere sul punto di incastro e con una torsione leggera si cerca di svitare il pezzo incastrato. Mai a mani nude perché la torsione può portare a rottura del vetro  Si sfrutta lo shock termico se la reazione lo permette; quindi, se si ha la vetreria vuota, si può scaldare il giunto con aria calda e poi raffreddarlo, il vetro si dilata con il calore permettendo in genere di liberare l’incastro  Si può aggiungere vaselina: una lubrificazione corretta delle zone smerigliate del suo giunto è indispensabile per evitare l’attrito per una perfetta tenuta in operazioni condotte sotto pressione o sottovuoto. Tra le vetrerie più comune utilizzate in laboratorio oltre al pallone, round-bottom flask, ci sono gli imbuti gocciolatori dotati di un rubinetto, con o senza equilibratore di pressione oppure gli imbuti separatori. I refrigeranti, invece, possono essere di vario tipo. Si presentano come tubi di vetro che all’interno hanno un’intercapedine che può essere:  A canna liscia, utilizzata necessariamente durante la distillazione  A bolle  A serpentina Il refrigerante presenta due beccucci: quello in basso consente l’ingresso di un liquido refrigerante, acqua, quello in alto consente l’eliminazione dell’acqua. Sono in grado di mantenere fredde le pareti dell’intercapedine centrale. Per la distillazione è necessario utilizzare una canna liscia perché quando si distilla un liquido c’è una caldaia contenente il liquido, che andrà verso l’alto per raggiungere il refrigerante dove, per shock termico, i vapori tornano liquidi. È necessario a canna dritta per raccogliere il liquido in un recipiente. Se fosse a bolle il liquido si fermerebbe nelle bolle del refrigerante. Un raccordo è un componente della vetreria che ha la funzione di connettere un componente a un altro componente principale, è specifico a seconda del tipo di apparecchiatura. Un raccordo può essere utilizzato per una procedura essiccante, in quel caso l’unica apertura verso l’esterno è protetta da un agente essiccante. Il raccordo di Claisen, invece, si usa nella distillazione per purificare un reagente liquido o un solvente. C’è un raccordo fatto a y asimmetrica: nella parte dritta viene inserito un tubicino (simile a pipetta pasteur) dove viene chiuso da un pezzetto di gomma tenuto insieme da pinze e rappresenta il punto di ingresso dell’aria nell’apparecchiatura. Nella parte di estroflessione si inserisce un termometro che consente di legge la temperatura di distillazione, si ha poi un passaggio di stato vapore liquido raccolto dal refrigerante e convogliato nel recipiente di raccolta. Le differenze tra g1 e g2: nel caso di g1 l’apparecchiatura non richiede la necessità del termometro, fa da raccordo alla caldaia principale e consente di distillare a pressione atmosferica. In g2 nella parte terminale il raccordo consente di effettuare una distillazione sottovuoto. La configurazione di questa apparecchiatura richiede l’alloggiamento del termometro e del tubicino con il pezzo di gomma stretto dalla pinza. In un’apparecchiatura sottovuoto, se tutto il sistema è chiuso, applicando una pressione negativa senza ingresso di aria da altre parti, l’apparecchiatura di vetro si romperebbe. Il tubicino di vetro inserito nella parte iniziale ha lo scopo di far entrare una piccola quantità di aria regolata dalla pinza e dal tubicino nero. Nel disegno g3 c’è un test di distillazione che presenta nell’estroflessione la colonna di Vigreaux per distillazioni frazionate: consente di distillare più componenti in miscela in funzione del loro punto di ebollizione. Tra i raccordi vi sono una serie di adattatori: se bisogna controllare la temperatura in un pallone chiuso non si può inserire soltanto il termometro ma esistono adattatori per il termometro. Le pipe a smeriglio sono raccordi utilizzati per la distillazione. Esistono anche raccordi con i rubinetti: quando si deve montare un’apparecchiatura a un sistema di gas è possibile utilizzare i raccordi modulando la quantità di gas in entrata o uscita. Il gas viene convogliato direttamente attraverso un tubicino che può avere un’uscita. Il gas passa, si riempie il contenitore di essiccante in modo che il gas anidrifichi. Il gas fluoriesce in forma anidrificata da un tubicino convogliato nell’ambiente di reazione. Tra le apparecchiature con giunti smerigliati conici vi sono anche agitatori: quando si esegue una reazione devono essere portati in intimo contatto i reagenti. Sono bacchette di vetro inserite in un portabacchette collegate a un motore esterno che genera un movimento di tipo rotatorio. VETRERIA CON GIUNTI SMERIGLIATI SFERICI Il giunto conico si basa su un perfetto incastro delle due componenti, ci sono particolari apparecchiature che richiedono la presenza di componenti con giunti sferici. L’adattamento tra le due componenti non è stabile, quindi c’è un adattamento che però non è a tenuta. L’assemblaggio realizzato con giunti conici è piuttosto rigido e consente solo la rotazione dei pezzi uniti attorno all’asse del cono. I giunti sferici smerigliati consentono anche una flessione angolare di alcuni gradi in ogni direzione. Questa giunzione difficilmente si grippa ma necessita di pinze a molla o a vite per tenere uniti i giunti. VETRERIA NON MUNITA DI GIUNTI E ATTREZZATURE DI PORCELLANA I beaker vengono utilizzati per la preparazione e lo stoccaggio temporaneo di soluzioni, per il trasferimento di reagenti liquidi o solidi, per effettuare semplici reazioni chimiche. Le tacche non sono indicative di una misura di capacità: non si potrà mai misurare un volume preciso di un solvente utilizzando un beaker in quanto permette di avere solo idea della capacità complessiva. Beuta classica usata per cristallizzazioni, nei processi di estrazione con solvente per contenere le fasi liquide separate, per preparare e conservare le soluzioni. La beuta da vuoto, invece, dovendo resistere al vuoto dev’essere più resistente e con un beccuccio per collegarsi al sistema a pressione ridotta. Gli imbuti possono essere di diversi tipi:
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