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Lezioni di Storia del cinema italiano anno 2021/2022, Appunti di Storia Del Cinema

Appunti di Storia del cinema italiano dal cinema muto fino al cinema di Nanni Moretti ripresi dal manuale di Antonio Costa Il cinema italiano.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 14/06/2023

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Scarica Lezioni di Storia del cinema italiano anno 2021/2022 e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! STORIA DEL CINEMA ITALIANO 21/02/2022 IL CINEMA MUTO Per molto tempo in Italia si è fatto poco o nulla per approfondire e diffondere la conoscenza del cinema muto. Successivamente grazie alle cineteche e festival specializzati hanno fatto un lavoro di recupero di film dispersi: la possibilità di vedere in condizioni ottimale film ormai dimenticati favorisce la rivisitazione e la revisione di questi, insieme ad una correzione dei luoghi comuni storiografici e a nuove interpretazioni. L’invenzione del cinema italiano https://www.youtube.com/watch?v=wkykpYUEmZo Primo mediometraggio che apre storia del cinema italiano “La presa di Roma” di Alberini (1905), è il primo che conosciamo realizzato in Italia che ha significati importanti. Sono passati dieci anni dalla invenzione dei Lumiere, siamo nella fase in cui adesso la lunghezza del film aumenta e c’è desiderio di fare del cinema una arte, case di produzione vogliono incassi maggiori. Film si vuole che abbia una legittimità artistica particolare. Alberini come regista non è del tutto esatta, termine regista arriva più tardi, prima chi scrive il film come lo sceneggiatore indicava chi lo aveva veramente creato come nel caso di “Cabiria” a cui partecipa D’Annunzio, usato anche come attrazione per il pubblico. Alberini era un imprenditore appassionato di cinema fin da subito, inventa apparecchio simile a quello dei Lumiere che poi acquisterà. Fonda casa di produzione con Dante Santoni, imprenditore, e sale di proiezione cioè un periodo in cui si sta costruendo il cinema vero e proprio, capace di far rivivere un episodio che aveva prodotto lacerazioni e conflitti nella coscienza civile. Film si svolge durante evento storico del 1870 Breccia di Porta Pia: annessione di Roma allo Stato italiano si completa Unità d’Italia, bersaglieri entrano da Porta Pia per conquistare Roma che poi l’anno dopo diventerà capitale. Si sancisce la fine del potere temporale. È film celebrativo a poco tempo di distanza, molte persone avevano vissuto quell’evento, film voluto per celebrare anniversario evento, c’era comitato per organizzare evento celebrativo ed è stato chiesto ad Alberini di crearlo. Film ad alto budget per essere ricordato: girato negli studi della CINES e altri luoghi. Il 20 Settembre del 1905 proiettato proprio a Porta Pia nel giorno stesso della celebrazione dell’evento con la partecipazione di personaggi illustri. Sono stati creati tante stampe pubblicitarie per il film (PARATESTI) sono anche delle fonti. Vedendo un film muto ci chiediamo cosa sto vedendo? Film erano considerati non film da conservare ma venivano venduti agli esercenti che potevano modificarli come volevano. Copie di film muti venivano modificate e rimontate in maniera diversa. Il cinema italiano nasce innanzitutto come evento pubblico che chiama in causa una memoria storica. Fin dalle origini si definisce quella funzione civica che nel cinema italiano ha saputo svolgere lungo la storia. Molti dei tratti distintivi del nostro cinema sono già presenti in questo evento inaugurale nei modi di produzione e di rappresentazione. Questi sei minuti sono recuperati da un documentario del 1935 che ripercorreva i primi anni del cinema italiano in cui erano stati inseriti spezzoni di vari film tra cui questo. La storia è stata ricostruita attraverso i materiali pubblicitari conservati con cui si scrivevano didascalie e disegni vari. Il movimento è dato da quello degli attori e non dalla macchina tipico del cinema muto, anche dal teatro come i gesti. “L’Italia libera una e indipendente tributa a Cavour, a Vittorio Emanuele II, a Mazzini, a Garibaldi suoi grandi artefici, la palma della vittoria e il plauso del popolo”. Chiusura del film con una immagine: personificazione al femminile dell’Italia come patria, bandiera tricolore, stella della rivoluzione con palazzi del Campidoglio e Quirinale sullo sfondo. Idea di nazione è laica che sancisce la sconfitta del papato, iconografia che si costruisce in un certo modo. C’è molta somiglianza tra la personificazione della patria e la figura della Madonna che possa essere riconosciuto subito dato la grande diffusione dell’analfabetismo. 23/02/2022 https://www.youtube.com/watch?v=5E1jDn-tfQI Si lavora sulla costruzione di una identità nazionale. Politica simile di una costruzione di identità civile c’è anche in “Inferno” prodotto da Milano film (Padovan, Bertolini, De Liguoro) nel 1911. In questo decennio si stabilizzeranno le figure produttive come le intendiamo oggi. Unico vero Equilibrio tra narrazione e mostrazione: storia di Cabiria, giovane romana rapita dai Cartaginesi che rischia di essere sacrificata dal dio Moloch ma Maciste riesce a salvarla. È ancora un film di attrazione: movimenti di macchina laterali, scenografia di lusso, adattamento storico. Maciste (Bartolomeo Pagano) 1915 di Dènizot e Borgnetto, visto come un supereroe: è attore scoperto per caso, tipica del divismo anche femminile, lavorava come scaricatore di porto alto e muscoloso. Viene truccato da persona mulatta, personaggio nel film ha una funzione di spalla del suo padrone, è un gigante buono, coraggioso, tenero e comico. Ebbe molto successo così Pastrone e Italafilm vollero sfruttare questo successo creando una specie di spin-off incentrati su Maciste, circa 21. (IL DIVISMO MASCHILE) Inizia con una ragazza che viene inseguita, profondità di campo, da due criminali scappa in una sala cinematografica dove proiettano Cabiria, uno dei primi esempi di cinema del cinema. Ripresa del pubblico di persone eleganti, ragazza rimane colpita dalle imprese di Maciste nel film e per cercare aiuto va negli studi di Italafilm per cercare Maciste. Ripresi i veri teatri di posa, apparecchi di ripresa e scenografie poi si vede Maciste che fa esercizi. Si vede che l’attore non è di colore ma era solo una finzione per il film per costruire una idea di italianità collegata alla pelle bianca. Collegabile alle teorie di Lombroso che collegava molte tipologie fisiche a determinate devianze. Quindi l’eroe italiano doveva essere bianco, vestito elegante. Va ad una festa dove si traveste da domestico, truccato di nero in volto e vestito come tipico attore afroamericano. Verso la fine è su un ruscello e si lava il viso insieme alla ragazza che gli chiedeva aiuto, significativo per la costruzione di un personaggio che deve essere bianco. C’è un lavoro ideologico di un eroe che per essere italiano deve essere bianco. https://www.facebook.com/watch/?v=2632804436994806 Attore e personaggio aderiscono perfettamente, le dive mantengono la loro personalità interpretando se stesse in varie declinazioni. Negli anni Dieci nel divismo maschile attore scompare e viene identificato solo come Maciste senza suo vero nome. Molti attori dovevano essere legati a quello che il contratto gli diceva. Attore Pagano viene chiamato per la leva militare, visto come Maciste che va in guerra e non la persona. Anche Emilio Ghione ebbe la stessa situazione, suo personaggio ispirato a Lupin chiamato Za La mort. Da dove viene il divismo? Dal teatro d’opera al passaggio al cinema gli attori si dovevano reinventare senza usare la voce. Attori interpretavano il ruolo del padre nobile perché sceneggiatori venivano dal mondo teatrale, che si basava su ruoli fissi da dare a solo certi attori. Tipo elegante ad attore giovane, Mario Bonnard e Amleto Novelli, di solito schiacciato da un amore verso una donna che lo porta verso la morte. I tratti che accomunano gli eroi del cinema sono l’arditismo, l’eclettismo e il trasformismo, elementi riconducibili a D’Annunzio ereditata poi da Mussolini. Altro rapporto che il cinema ebbe con letterati italiani fu con Pirandello: egli guarda al cinema come fonte d’ispirazione per la su opera letteraria. Nel mondo del cinema è ambientato l’opera Si gira, poi riadattato con il titolo I Quaderni di Serafino Gubbio operatore. La preoccupazione dell’autore è quello di rendere con precisione i vari aspetti della produzione cinematografica che rivela un precoce interesse per oggetti, tecniche e situazioni di un universo del tutto inedito. È l’unica occasione in cui il cinema risulta completamente assorbito nella poetica pirandelliana e il romanzo acquista un grande rilievo per il modo in cui una nuova realtà estetico-tecnologica diventa oggetto di trattazione letteraria. Proprio quando Pirandello andava maturando l’idea di superiorità del cinema muto, il cinema italiano produce il suo primo film sonoro “La canzone dell’amore” (1930) tratto da una novella di Pirandello intitolata In silenzio. 02/03/2022 Il recitare truccati non era una novità, quello degno di nota è che in Maciste è che viene messa in scena che si trucca ma poi si strucca per far capire che lui in realtà è italiano. Gli altri generi del cinema muto italiano: storico, colossal e i film comici, molto diffusi e brevi mostrati prima di un lungometraggio. Alcuni dei nomi più celebri di questi anni: “Cretinetti” Andrè Deed, “Polidori/Tontolini” Fernand Guillaume. Sono delle gag con poca trama narrativa, con attenzione verso i personaggi, ricerca personaggi, sovversione codici tradizionali con ricerca del carnevalesco. Cinema comico si rifà al circo e al teatro di varietà, nel primo caso perché sono una serie di attrazioni che vogliono far ridere. Questo ritornerà nel cinema d’Avanguardia, come nel caso di Ofuis che fa da regista ad un film che parla della storia di una ballerina che racconta la sua vita a partire da uno spettacolo da circo. “Leo e il gomitolo” è un corto, Lea sarebbe il titolo interpretata da Lea Giunchi. Cerca il gomitolo con cui lavorare a maglia e succedono molte gag divertenti con una furia distruttiva molto fisica e acrobatica, tipica del comico, non c’è nessun tentativo di comicità di parola. C’è un legame con il circo. Alla fine, viene punita perché invece di lavorare a maglia ha perso tempo quando invece voleva studiare. IL DIVISMO FEMMINILE Elvira Notari: regista molto nota, era napoletana con lavoro importante anche negli Stati Uniti. Siamo negli anni 10 c’è policentrismo produttivo: produzione del cinema avviene in più luoghi come Milano, Torino, Roma e Napoli. Quest’ultima raccoglie un mondo del folclore napoletano legata alla canzone che nutre il teatro dialettale, la sceneggiata che passa poi al cinema. Con l’emigrazione di italiani in America si trasporta anche il cinema napoletano. Dora film, casa di produzione che fonda trasportata in America e a Londra. Il policentrismo era anche una debolezza del sistema italiano a causa del frazionamento degli investimenti in molteplici città di dimensioni ridotte e di limitate capacità imprenditoriali. Negli anni Dieci è Torino il maggior centro produttivo, favorito anche dall’attivismo imprenditoriale di una città in cui, oltre che al cinema, si sviluppa la prima industria automobilistica italiana: la Fiat nel 1899. Torino raggiunge il vertice della sua produzione grazie al film Cabiria. Policentrismo produttivo: sceneggiata che lega teatro e musica, canzone popolare famosa che ha una trama labile con nucleo melodrammatico, dilatava la canzone come trama di spettacolo che era recitato e un po’ cantato. Non era difficile tradurlo in forma cinematografica bastava Paragonare lei ad un uccello che prende con gli artigli quest’uomo, discorso del gufo è replicato nell’aspetto di lei. Nella sequenza lei ha un copricapo che la fa assomigliare ad un gufo, il mantello ha un disegno di piume sopra. Qui si lavora molto sul primo piano lungo dove muove solo gli occhi, come fa un gufo che cerca la sua preda, un modello quasi negativo e non tradizionale. L’uomo (Febo Mari) impazzisce perché non può avere il suo amore, i gesti sono molto enfatizzati, creano modalità espressive per poter esprimere la parola. Si usava il termine “borelleggiare” nel senso di comportarsi come lei quasi dispregiativo. C’è una forte tensione narrativa e attrazionale legata al corpo e al volto delle dive, la profondità di campo dà spazio al loro corpo. Logica narrativa insieme a quella attrazionale. L’attenzione verso il corpo si ritrova nel modo di recitare di Anna Magnani che chiederà di essere ripresa con campi lunghi per molto tempo. 7/03/2022 GLI ANNI VENTI E TRENTA (CAPITOLO 2) Si passa da una recitazione dove le pose e i gesti vanno avanti la narrazione dai dialoghi che mandano avanti la storia. Il montaggio viene accorciato, quello analitico fa seguire i dialoghi rapidi e non ci si dilunga in una inquadratura lunga che esprime i sentimenti. Il montaggio analitico si fa avanti in Italia, attori e attrici devono cambiare metodo di recitazione e si riprendono gli artisti del teatro come Vittorio De Sica, gli sceneggiatori sono teatrali che sanno scrivere i dialoghi. Ora mondo teatro e cinema sono molto vicini. Impatto del sonoro si misura con uso della musica, che non mancava anche nel cinema muto, la colonna sonora viene registrata su pellicola e non fatta dal vivo. Questo comporta all’inizio della coabitazione tra musica e cinema che diventa un processo commerciale. Tramite la radio con la colonna sonora si commercializzavano i film. Anni Trenta si diffonde la cultura di massa: radio, giornali illustrati, cinema, teatro di prosa e rivista, avanspettacolo tutti elementi e motivi che hanno un pubblico vasto che esploderà nel boom economico degli anni 50. Cultura di massa si fonda su quattro tendenze: influenza di Hollywood e modernità cultura dagli USA, tensione modernità contrastata dalla ideologia fascista, la tradizione cattolica già nel 1936 Papa Pio XI fa una enciclica sul cinema e sugli effetti sul pubblico, il folklore cioè tradizioni popolari molto radicate che lavorano su altre tensioni. Sono anni di cambiamento forte sulla tecnologia, forte diffusione sulla tecnologia di massa che comprende più classi sociali. Dopo la guerra c’era un pregiudizio ideologico sul cinema visto come espressione dal fascismo. Dal convegno di Pesaro del 1974 si cominciò a studiare il cinema degli anni Trenta: a partire da questo convengo si studia questo periodo, per capire fino a che punto la rottura con il passato era stata radicale. LA POLITICA CINEMATOGRAFICA DEL FASCISMO “La canzone dell’amore” del 1930 Gennaro Righelli primo film italiano sonoro. Legame cinema e propaganda fascista: ma la radio fu il mezzo dove si cercò di indottrinare il popolo italiano. Sul cinema si vide che era un mezzo di intrattenimento e non propaganda diretta, pochi film erano fascisti, con la censura si immetteva il pensiero fascista. Il fascismo capisce importanza del cinema e tende a tenere sotto controllo la produzione cinematografica eliminando il policentrismo produttivo, Roma diventa la città del cinema. Nel 1924 viene fondato Istituto Luce (unione cinematografica educativa, coniato da D’Annunzio, vera funzione è di propaganda) doveva realizzare dei film come i cinegiornali cioè quei brevi filmati proiettati in sala prima dei film di finzione per trasformare Mussolini da dittatore a star del cinema. Nel 1932 nasce la Mostra di Venezia come festival di pellicole d’autore raffinata e intellettuale, Italia doveva essere vista come luogo dove si accoglieva gli artisti. Nasce nel 1934 la Direzione generale della cinematografia: diretto da Luigi Freddi che accentrava su di sé quello che guardava la produzione, a lui si deve l’influenza del cinema Hollywoodiano dalla produzione perché fece un viaggio a Hollywood dove studiò il cinema americano. Capisce il potenziale di coinvolgere il cinema come strumento per coinvolgere tutti con trasparenza e narrazione, Freddi imposta la produzione cinematografica su un modello di commedia per creare un consenso non direttamente politico ma che ruotasse attorno ad universo narrativo coinvolgente. Cinema italiano di finzione deve molto a quello americano. Nel 1937 viene creato Cinecittà con molta avanguardia tecnologica, visto come la creazione da parte del regime di una istituzione che poteva essere equiparabile a Hollywood. Film di propaganda sono: “Vecchia guardia” (1935) di Blasetti, “Camicia nera” (1933) di Forzano e “Condottieri” (1936) di Tenker. Nel 1938 la legge Alfieri limitò la fruizione e importazione di film americani che dominano il mercato del cinema. Fino al 1943 la produzione italiana di film fa un grande balzo in avanti. Questi interventi furono da una parte a carattere protezionistico, favorendo lo sviluppo del cinema nazionale, ma si voleva ristabilire un equilibrio tra logica di sviluppo imprenditoriale e le esigenze di propaganda. L’uomo chiave della politica cinematografica del fascismo fu Luigi Freddi che mirò a realizzare un sistema economico misto, basato sulla convivenza di intervento statale e di iniziativa privata. Ruolo importante fu quello della rivista “Cinema” (1936) diretta poi dal figlio del duce Vittorio Mussolini tra i cui collaboratori troviamo Visconti e Antonioni. CAMICIE NERE E TELEFONI BIANCHI Due film in particolare celebrano il fascismo: “Camicia nera” (1933) di Forzano in cui ritroviamo procedimenti della scuola sovietica insieme alla iconografia fascista che illustra le aspettative deluse della Prima guerra mondiale e la nascita del fascismo. Ottenne scarsi risultati così come “Vecchia guardia” di Blasetti che rievocava la nascita dello squadrismo. Espressione di uno dei temi di fondo della politica economica e culturale del fascismo è il “ruralismo” come in “Terra madre” di Blasetti che mostra come la campagna sia luogo di tranquillità mentre la città è piena di corruzione, vizio e decadenza dei costumi. Esaltazione delle guerre d’Africa e dell’impero: “Il grande appello” di Camerini, “Squadrone bianco” di Genina, “Luciano Serra pilota” di Alessandrini. Principalmente si puntava su film epici-narrativi come “Condottieri” in cui si parla di un condottiero della famiglia Medici che tentò di unificare l’Italia, viene celebrato il ruolo carismatico del capo come elemento catalizzatore della volontà popolare di riscatto. DIVISMO DI MUSSOLINI Filmati dedicati alla sua figura su cui si costruisce un culto della personalità che passa anche attraverso il cinema: molto frequentato fino Tendenze che modellano il cinema: Hollywood e la sua modernità, il progresso che seduce e spaventa. Divi degli anni Trenta come Vittorio De Sica e Assia Noris, italiana con Alida Valli e Amedeo Nazzari. Modelli femminili esteticamente lontani dallo stereotipo dalla donna mediterranea come Anna Magnani e Gina Lollobrigida. Sono vicine ad Hollywood fisicamente e per il comportamento, apparente trasgressione e poi il ritorno all’ordine. Star e spettatrici con pedagogia proposta con modelli di ribellione apparente. C’è tensione verso il ribellarsi che viene bilanciata dal ritorno all’ordine, scelta più giusta e tradizionale come il matrimonio. Le diverse culture regionali italiane sono sempre state forti, nonostante il fascismo tenti di assopirne, scoraggiato l’uso del dialetto in favore dell’italiano standard. (il folklore) La sceneggiata formata da: uomo e donna come coppia, uomo cattivo come un criminale che va a distruggere la loro felicità, classica struttura del melodramma. Questa forma poi si amplierà in tante altre forme narrative. Cultura e tradizioni legate alle regioni italiane rimangono comunque. La tradizione cattolica comprende l’importanza che il cinema può avere sulle persone, e quindi si muove per sorvegliare quello che succede nei film e nella sala, perché è un luogo promiscuo e le persone sono troppo vicine. Anche i modelli di comportamento proposti sullo schermo. Da una parte la sorveglianza e una tensione educativa. Funzionerà meglio la prima strategia, la seconda era molto difficile e poi era una industria complessa difficile entrarci direttamente. Papa Pio XII nel 1936 scrive enciclica “Vigilanti cura”: ci si raccomanda di ricordare che si deve controllare quello che accade nel cinema, chi è credente deve capire cosa succede, vedere se siano consoni alla fede cattolica. Viene fondato il centro cattolico cinematografico nel 1935 che andava ad affiancare la censura dello Stato italiano anche se questa decideva definitivamente. La “Dolce Vita” nel 1959 fu un vero scandalo anche se avvenne dopo il fascismo. Il codice Hays venne comunque applicato, negli anni Trenta, con influenza della chiesa. Idea del cinema come passatempo moralmente discutibile alcuni giornali durante il Mercoledì delle Ceneri non pubblicavano la programmazione del cinema. C’è una tensione anche positiva perché alcuni modelli proposti venivano dal cattolicesimo. La Chiesa ebbe una grande forza nella produzione e distribuzione del cinema. Film “La telefonista”: 1932 di Nunzio Malasomma (scritto come direzione artistica), molte commedie sono riprese da modelli di commedia ungherese (Rosenfeld), o adattamenti di sceneggiature di film non italiani, a volte l’ambientazione non italiana consentiva di aggirare la censura. Gastone Medin scenografo molto famoso. Apertura da musical dove cantano in maniera ingiustificata rispetto alla trama, si gioca sulla attrattiva sul sentir cantare, l’ingresso del film è particolare dove si trasgrediscono alcune regole del montaggio trasparente. Ci sono vari momenti dove il momento musicale che trasforma la commedia in un musical ritorna spesso per attirare il pubblico. Siamo nel centralino telefonico, dove Clara è alla ricerca di un buon marito, poi il direttore anche lui in cerca di una moglie. Altra coppia di due personaggi negativi, ci saranno una serie di equivoci: le coppie poi non si formeranno nel modo giusto ma poi tutto si sistema. Le scenografie sono molto raffinate con una idea molto particolare di attenzione verso il dettaglio. Il direttore appartiene ad una classe sociale molto alta rispetto alla telefonista. Personaggio negativo è legato ai valori consumistici perché fa l’indossatrice, legata al cibo e si veste alla moda, Clara è invece buona, modesta e umile, l’altra vuole solo accasarsi e gli serve una persona che paghi i suoi conti. Gedeone che serve alla mensa Clara vive con lui come figura paterna, poi c’è la capoturno femminile molto severa, anziana e seria. Sui muri ci sono delle scritte con dei motti per il lavoro. La cena fra la indossatrice e il cantante di tenore avviene in modo divertente perché lei prende tantissimo da mangiare, Clara e il direttore invece mangiano poco perché lei è molto modesta anche nel vestire è molto castigata. Eccesso dei personaggi femminili è sempre vista in modo negativo. Il primo bacio della coppia viene con un accompagnamento musicale. “Sotto la croce del sud” di Grido Brignone 1938: film esotico, avventuroso ma anche del melodramma: alcuni coloni che vanno in Etiopia per colonizzarla. Italiani quelli buoni Marco, insieme a Paolo che si innamora della femmina fatale che provoca confusione (colonizzatore fascista) vuole riprendersi la piantagione con molti indigeni come schiavi e Simone ne è il proprietario (sfrutta gli indigeni li tratta con violenza e vende alcool) e Mailù (Doris Durante: affascinante, truccata molto bene ed esotica, seduce uno dei coloni in modo negativo ma poi avrà una redenzione finale) che sono meticci e una coppia, indigeni chiamati proprio negri. Mailù viene truccata in black face per assomigliare ad una meticcia, avrà sul finale una redenzione positiva dato che era una vera e propria diva (elemento di attrazione molto forte). Presentazione del film da cinema muto. 14/03/2022 Inizio del film inizia come un film noir, primo piano sonoro, coppia caratterizzata negativamente perché entrambi sono definiti levantini, di origine orientale e Simone viene definito come meticcio (idea delle unioni della mescolanza fra persone di etnie diverse era un concetto di pericolo, c’erano delle riviste che mettevano in guardia sulla mescolanza) è un personaggio cattivo non a caso perché era proprio meticcio. I bambini che spesso nascevano da queste unioni erano considerati diversi. Marco quando arriva vuole ristabilire una giustizia rispetto a Simone che è proprio cattivo. Scena di seduzione tra Mailù e Paolo. Presentazione di un rito tribale (cinema con lo sguardo portava il dominio e il controllo di ciò che si vedeva, macchina da presa era chiamata dominator). Ci sono primi piani verso le comparse quando tutti gli indigeni vengono inquadrati tutti insieme come se non avessero una propria individualità. I coloni italiani sono tutti infatuati da Mailù e questo sfocia in una rissa fra loro. La figura femminile si fa più complessa, affascinante ma oscura e difficile da interpretare. Il film è sempre una rappresentazione ma mai uno specchio della società: questo costrutto della minaccia femminile torna al momento storico in cui il ruolo della donna sta cambiando soprattutto nel secondo dopoguerra, sono un momento dove i ruoli di genere non hanno uno mestiere preciso, molte vanno a fare le infermiere. Si vuole rendere conto del cambiamento che le donne stanno avendo. movimento non viene discusso abbastanza perché è così bello da darlo per scontato. Per definire la portata del Neorealismo ci sono tre aspetti da isolare: -morale: fu una reazione morale agli orrori e alle infamie della guerra che spinse i cineasti a ritrovare i valori essenziali dell’esistenza e della convivenza sociale. -politico: bisognava dare una risposta politica agli errori commessi dal fascismo. -estetico: necessità di un linguaggio nuovo che riuscisse ad esprimere in modo diretto una rinnovata percezione della realtà. Luchino Visconti: Ossessione (1942), La terra trema (1948) e Bellissima (1951) c’è già una critica al Neorealismo. Vittorio de Sica: Ladri di biciclette (1948) e Umberto D. (1951) Giuseppe de Santis: Caccia tragica (1947) e Riso Amaro (1949), protagonista Silvana Mangano, si vuole mostrare la realtà umana e sociale, gusto per l’intreccio melodrammatico e la valorizzazione spettacolare del paesaggio, dell’erotismo e del folklore. Dibattito sull’inizio e la fine del periodo ma non c’è una risposta giusta. Questi film vengono paragonati a tutti quelli che vengono dopo, ma il Neorealismo non è il punto di massima espressione dopo non c’è nulla perché non è così. La produzione non era a basso costo: i film hanno un riscontro nel pubblico non eccezionale, negli anni 60 il cinema d’autore dopo sarà il primo negli incassi come nel caso del film La dolce vita. Non tutti i film ebbero budget minori come Ladri di biciclette con produttori americani. Sono film che non furono realizzati così a caso, si voleva recuperare la stima di sé del personaggio italiano che anche con poco si poteva realizzare dei grandi film. I film vengono costruiti in maniera solida con sceneggiature. Ci furono pochi esperimenti in cooperazione come La terra trema ma fallì per mancanza di soldi: doveva essere un connubio del partito comunista ma non venne a crearsi. La Lux film produce molti film con tanti successi, film vicini al Neorealismo. In questo periodo è il genere del melodramma ad avere grande successo e la commedia all’italiana poi. Il successo arriva negli anni 50. Il comico ha successo e il film-opera. Ci sono elementi di continuità con il passato come la guerra. De Sica esordisce come attore e cantante di rivista con una forte componente teatrale. Nel cinema diventa un divo degli anni Trenta, la sua esperienza di attore nutre il suo lavoro di regia negli anni 40. Importante sarà la collaborazione con Cesare Zavattini che darà forma a film che si legano al discorso Neorealista. Unico a tracciare un manifesto del movimento. Lavora alla radio e nei rotocalchi che ha dato un contributo importante alla cultura di massa italiana: crea il primo concorso di bellezza che poi diventerà Miss Italia. Era dentro il sistema di costruzione della società di massa. Visconti ha una formazione diversa: lavora fra Francia e Italia, uno dei luoghi dove si sviluppa il dibattito del cinema è su una rivista chiamata “Cinema” diretta da Vittorio Mussolini. Partecipa il regista Antonioni e De Santis sull’uso del paesaggio sul cinema. Questi film negli anni Trenta sono caratterizzati da ideologie diverse che si scontrano. La libertà d’espressione poteva essere maggiore o minore a seconda dei momenti. Altra continuità sono il sistema dei generi che non va a scomparire. Il fattore ideologico è quello che differenzia il Neorealismo dal periodo precedente. Lo stile e l’estetica è differente la narrazione e il modo di costruire il film. Alcuni elementi rimangono più costanti. Secondo Brunetta, critico del cinema, si deve interpretare il Neorealismo come un ciclo di lunga durata che ha condizionato tutto il cinema del periodo successivo. Secondo Frassino definisce tutta una stagione del cinema italiano che va dalla fine del conflitto mondiale fino al 1949, anno di promulgazione della legge quadro sul cinema italiano grazie ad Andreotti. Comunque sia il Neorealismo appare una affermazione del mezzo cinematografico: la macchina del cinema si rivela capace di cogliere il mutamento dello scenario umano e visivo ancora prima di quello politico, anche quando sta all’interno di convenzioni narrative mai messe in discussione. Uno dei punti di forza è la capacità di assimilare, in un clima di frenetico aggiornamento vissuto come reazione alle chiusure della cultura fascista, nuovi modelli cinematografi e letterari e di adattarli alla realtà italiana. Il film Ossessione anticipa questi temi. LE FONTI VISIVE E LETTERARIE DEL NEOREALISMO Una è la rivista Cinema il dibattito sul Paesaggio: si cerca di recuperare le radici profonde di una Italia come territorio geografico e dell’essere italiani evitano l’ideologia fascista. Si vuole unire il paese cercando delle radici ancora più profonde di quelle che il fascismo ha cercato di fare. Prima di tutto appropriarsi del paesaggio che si sentiva come distrutto dal regime, una delle caratteristiche del Neorealismo è quello di girare in esterno per riappropriarsi di una identità regionale che si appoggi anche ad una appartenenza geografica. Si ragiona molto sul cinema di paesaggio e si cercano dei modelli letterari come Verga: lavora su una resa verosimile di luoghi, accenti e territori, raccontare la realtà dando l’effetto di realtà. Come faceva il cinema francese realista degli anni Trenta. Ci sono delle fotografie che danno idea di ritrarre il modo di vivere delle famiglie segnate dalla depressione del 29 (Walker Evans). Tutte ricerche che lavorano sull’effetto di realtà. LO STILE Cosa cambia rispetto al cinema classico (linearità narrativa, primato del dialogo e illuminazione su chi è il bene e il male, sistema dello star system e dei generi)? Frattura evidente è quella del ritmo narrativo: come in Ladri di biciclette. Non c’è un finale è aperto, la trama è mezzo di melodramma come la perdita della bicicletta che doveva farlo sentire incluso nella società. Dopo il furto della bici non succede un gran che, c’è un inseguimento del ladro ma poi i personaggi si perdono e si distraggono. Non c’è un montaggio rapido e l’azione è in stallo. Si vuole dilatare il tempo dell’azione anche a mostrare qualcosa che potrebbe essere banale, per Zavattini, interessante è seguire i ritmi ordinari non cinematografici dell’esistenza. Vuole raccontare il quotidiano pedinando i personaggi anche senza far vedere eventi eccezionali. Vuole mostrare la vita dell’uomo ma non in modo eccezionale ma momento per momento. Si vuole far capire come il cinema poteva far comprendere la realtà e comprenderlo, dare una chiave di lettura. Perché allora non usare sempre attori non professionisti? La risposta è un po’ diversa a seconda dei casi ma ciò che si può dire di Fabrizi e di Anna Magnani è che erano attori affermati (“campo dei fiori” lo avevano fatto insieme = coppia del cinema collaudata). Magnani era famosa come cantante di teatro ma al cinema aveva esordito una decina di film anni prima senza mai interpretare ruoli di rilievo. Rossellini li sceglie perché entrambi provengono dal teatro di varietà: non è un teatro troppo impostato, si recita in dialetto (un professionista quindi si mescola meglio con attori non professionisti perché basta parlare in dialetto, lo stacco linguistico si sente meno) ed in più è un modo di recitare basato sull’improvvisazione e sull’interazione con il pubblico. Tutto ciò fa sì che l’effetto di realtà sia molto forte. Anna Magnani aveva una tecnica raffinatissima che riusciva a nascondere tanto da risultare sullo schermo come se stesse improvvisando (es. rimarca la voce alta e la voce dialettale). Si instaura un nuovo tipo di divismo: la distinzione tra personaggio e personalità attoriale tende a diminuire, si ha l’impressione quando si vede Magnani di avere davanti “la donna e non l'attrice", come se lei fosse “naturale” -lei è in grado di avvicinare molto la sua immagine pubblica al personaggio che interpreta, ma è solo un effetto. È quindi un divismo nuovo che avvicina gli attori e le attrici al pubblico. Ciò che importa al neorealismo alla fine è che l’attore è più un simbolo più che qualcuno che sa recitare. Film “Bellissima”: dialogo tra Magnani che nel film interpreta una montatrice e che racconta alla bambina la sua storia: anche lei voleva fare l’attrice e l’hanno scelta per il volto e la postura, non per le sue doti da attrice che di fatto non ha perché. Dopo alcuni film non l’hanno più chiamata e dice alla bambina che in realtà per fare l’attore bisogna studiare ed essere professionisti, oppure è meglio non farlo. Di fatto a Magnani era successo proprio questo; con le sue parole si chiude il neorealismo e tutto il discorso sull’attore non professionista. Attorialità come professionismo. IDEOLOGIA DEI CORPI FEMMINILI E MASCHILI Partiamo dal film “Ossessione”, Clara Calamai fu scelta da Visconti ma in realtà quest’ultimo voleva lavorare con Anna Magnani. Visconti scelse Calamai che aveva fatto film da protagonista e che fisicamente era molto diversa da Magnani. Calami aveva un’immagine molto più curata e raffinata = immagine tipica delle dive degli anni ‘40; nel film indossa delle pantofole, un vestito nero, trucco non troppo marcato > Visconti cerca di modellare l’aspetto di Calamai con quello di Magnani (perché Visconti aveva visto in lei la protagonista del film per questo lo fa). Giovanna è la protagonista e ha sposato un uomo più vecchio di lei, lo ha sposato per soldi quanto povera ed insieme gestiscono una trattoria. Un giorno (all'inizio del film) arriva Gino, giovane bello e prestante, si innamorano. Progettano di uccidere il marito di lei per riscuotere il denaro. Tutto il film ruota intorno all’amore tra i due che è destinato alla tragedia: l’omicidio viene compiuto e -come le regole del cinema vogliono- il crimine deve essere punito. Si parlava del costrutto della minaccia femminile - femme fatale-, donne portatrici di un destino tragico e Giovanni è un personaggio perfetto: è lei a portare Gino verso il crimine e anche lei alla fine morirà. I canoni femminili vengono ridisegnati, il fatto che torni fuori il costrutto della femme fatale è un modo che il cinema ha di proporre ciò che stava accadendo nella società italiana del tempo. “Roma città aperta” https://www.dailymotion.com/video/x6sucr5 I due personaggi femminili sono Pina -Anna Magnani- e Marina. Analizziamo il personaggio di Pina (Magnani): è una donna partigiana e fin dall’inizio la vediamo collaborare con altre donne e il suo futuro sposo Francesco = personaggio disegnato in maniera positiva. Momento finale in cui viene raccolta da Don Pietro: il film si sofferma molto su questa immagina, iconograficamente è una pietà al contrario (la morte di Pina è un sacrificio). Forte lavoro sulle analogie cristologiche che Rossellini mette in campo. -Pina, nel film è anche una donna di casa (la vediamo preparare il caffè, rassettare) ed è incinta fuori dal matrimonio -elemento di ambiguità del suo personaggio. La vediamo nel ruolo di mamma che con accento romano riprende il ragazzino disobbediente. Sembra che ci sia una tensione contraddittoria nel film: è stata una combattente _la donna entra nella sfera pubblica e minaccia le figure maschili - ma allo stesso tempo racconta le sue avventure mentre rifà il letto > si ha quasi una vendetta tramite i gesti domestici, come a rassicurare il fatto che la donna rimane al suo posto e anche se ha lottato alla fine è una donna di casa. Si ha poi la sorella di Pina e amica di Marina, Lauretta (si aggiusta i capelli ed è immediatamente caratterizzata da persona frivola, attenta alle apparenze) Si ha il modello della donna combattente e il modello della donna frivola (combinazione già vista ne La telefonista). Questi due modelli esplodono a metà film, le SS sono arrivate e fanno prigionieri gli uomini che si stanno nascondendo tra cui Francesco = le nozze non possono accadere (tipico del melodramma). Pina rincorre Francesco che viene portato via dalle SS, le sparano e il bambino le corre dietro buttandosi sul corpo della madre in lacrime. Si è liberata dalle compagne e declina le avance del soldato tedesco, l’aver rincorso la camionetta che porta via il futuro marito era da non fare. Si tratta di una morte causata dalle emozioni; in questa sequenza si ha un pathos enorme. Lei muore per un suo gesto irrazionale mentre gli altri due uomini avvengono per mano delle SS, sono diciamo motivati politicamente (no irrazionalità emotiva che li porta alla morte). I personaggi maschili muoiono pubblicamente alla fine del film dopo essere stati torturati; Pina muore intimamente per causa delle sue emozioni. In ogni caso sono tre morti che quasi si sacrificano per la nuova Italia. -Dettaglio: quando muore Marina, si vede che la protagonista indossa le calze che in tempo di guerra erano un bene di lusso, se le permettevano le donne che collaborano con il nemico. Il fatto che lei le indossi è un particolare abbastanza strano -ci sono tanti aneddoti su come sia stata girata questa scena e se la cosa sia stata voluta o meno-. Fa un effetto 28/03/2022 I corpi femminili come capri espiatori e luogo della nazione “Ossessione” Giovanna, “Roma città aperta” Pina e Marina “Caccia tragica”: Daniela e Marina, girato nel 1946 primo film di Francesco de Santis, dopo guerra nella campagna padana dove ci sono contadini a cui rubano del bestiame e attrezzi di lavoro, i banditi chiedono poi il riscatto, i proprietari della terra non concede aiuti sui pagamenti. I buoni sono i contadini, i cattivi sono i banditi e i capitalisti. Capo dei banditi è Alberto: reduce di guerra, figura molto presente nel cinema di questi anni dopo armistizio è rimasto prigioniero in Germania e poi è riuscito a tornare in Italia. Donna è Lili Marlene, aveva collaborato con i tedeschi ha una acconciatura simile alla attrice Barbara Standwick nella Fiamma del peccato, poi si vede che ha una parrucca bionda ed è pelata perché questa era la punizione che si meritava chi aveva collaborato con il nemico. È una donna androgina, vestita come un uomo, che fuma e ha il cappello, attitudine mascolina (si trova anche Roma città aperta tra Marina e Ingrid, donna delle SS) indizio di una dislocazione della colpevolezza di aver aderito al fascismo su personaggi non italiani o caratterizzati da qualcosa definito difetto come l’omosessualità è vista come una deviazione dalla norma. I film in questi anni vogliono costruire una memoria condivisa dove il colpevole viene indicato in personaggi che non sono la comunità del popolo che è sempre buono (Roma città aperta è Marina che collabora con i tedeschi). I prigionieri di guerra vengono da una grande sofferenza, ma passano da sostenitori de fascismo a vittime, narrazione serve a dislocare la colpa del male su enti esterne. Il fascismo è stato colpa della élite e che ha visto come veri responsabili i tedeschi. Sequenza: si sente la musica americana, casa di un arredamento quasi sofisticato. Poi si vede il paesaggio tragico della guerra a confronto con i valori consumistici della musica che sono finti, grotteschi, è una mascherata proprio come i personaggi in maschera. Il reduce Alberto ha cercato lavoro dappertutto ma non ci è riuscito. La ragazzina che parla si mette il velo sul volto come a dire che i ragazzini sono fasulli perché non credono nei giusti valori e che non hanno voluto vedere per bene le cose. Finisce che Alberto e Marlene rapiscono una novella sposa, i contadini scoprono dove la tengono, terreno è minato dai tedeschi e Marlena vuole far detonare tutto, Alberto non vuole che lo faccia e la uccide. Alberto non viene ucciso perché scusato dal fatto che è stato un reduce e rientra nella comunità, contadini per dargli il benvenuto gli lanciato un po’ di terra addosso per riportarlo nella comunità. Mito della Repubblica che si fonda sulla Resistenza. https://www.youtube.com/watch?v=_arVlrP6dlY “Il bandito”: con Anna Magnani e Nazzari diretto da Alberto Lattuada nel 1946, uomo virile e amabile come padre è un reduce che torna dalla Germania con un amico. Attore che torna sullo schermo come uno dei suoi personaggi prima della guerra che hanno combattuto e poi tornano da prigionieri. Film costruito tra antitesi dell’attore Nazzari di nome Ernesto, torna a Torino cercando la madre che è morta e la sorella diventata una prostituta lui diventa poi un bandito dalle circostanze insieme ad una donna fatale cioè Anna Magnani e amico Carlo, ritrova la sua famiglia si ricostruisce e rimasta fedele alla decenza e ai valori importanti. Sequenza: bombardamenti vengono attribuiti agli americani. Identificazione del nemico, americanità vista come portatrice di corruzione morale. Uomini conservano una purezza che li porta verso la redenzione, a causa delle donne fatali sono invece costretti a compiere azioni non degne. Magnani è una donna che sembra buona ma alla fine tradisce Ernesto, lei è una canzonettista si chiama Lidia collabora con il nemico, come Marina in Roma città aperta. Nazzari ha un personaggio che mostra tutto il suo percorso come attore. È un film di nuova tendenza cioè quella di contaminare di situazioni drammaturgiche ancorate al paesaggio geo-antropologico italiano con modelli iconografici narrativi ripresi da generi classici del cinema americano. https://www.youtube.com/watch?v=4BgXGCw6EU4 Il cinema del secondo dopoguerra mantiene un saldo legame con la tradizione del teatro d’opera riproponendo la “Tosca”, il “Rigoletto” e “Casta Diva” ma anche il varietà, dal quale proviene Anna Magnani che riesce a diventare una importante attrice di film come “Abbasso la ricchezza” di Gennaro Righelli del 1946. Il genere comico grazie alla sua continuità con il teatro di varietà che ha successo, portando una continuità di uomini e oggetti degli anni Trenta- Quaranta, ma anche una rinnovata capacità di intercettare i mutamenti nazionali. Totò s’impone come il fenomeno comico più importante del cinema italiano del dopoguerra “Ossessione”: Claudia Calamai è stata scelta perché non era disponibile Anna Magnani, è avvicinata a lei nei suoi modi. Gino è portatore dei valori di anarchia, ribellione al sistema, connotato non come comunista ma fuori dalle regole, modo di vivere libero. È insieme a Lo Spagnolo, sono vagabondi è attratto da Gino, è un antifamiglia Gino ribadisce la sua attrazione verso Giovanna. Questo elemento di omosessualità non è stato colto e se questa allusione veniva vista veniva sorvolata. https://www.primevideo.com/dp/amzn1.dv.gti.c6b8f6b1-2cb3-f6d8-8db6- 1450e8f94f70?autoplay=1&ref_=atv_cf_strg_wb “Ladri di biciclette” di Vittorio de Sica: mascolinità fascista esaltava la violenza che l’uomo poteva esercitare, sequenza fatta vedere dove Antonio Ricci è isolato dagli altri non è nel gruppo. Mascolinità di eroi sconfitti che vogliono ricostruirsi su un mondo cambiato. https://www.dailymotion.com/video/x85iy9f https://www.dailymotion.com/video/x85jehj si rifanno ad una tradizione viva nella cultura italiana cioè quella della commedia. Il neorealismo d’appendice è stato coniato da Matarazzo che esprime l’idea di tematiche tipiche del romanzo d’appendice ma ambientati in contesti neorealisti. Film di grande successo furono Catene (1949), Tormento (1951) e I figli di nessuno (1951). I film comici ebbero un rinnovamento delle tematiche e delle ambientazioni, come quelli di Totò che è in assoluto la maschera più originale del cinema italiano: le sue radici vanno ricercate nella tradizione del teatro popolare ma è da tenere di conto anche la sua capacità di portare ai limiti estremi il linguaggio, gesti e comportamenti di una umanità emarginata e anarchica, meschina e furbesca. Sequenza di “Riso amaro” De Santis (1949): https://www.raiplay.it/video/2017/01/Riso-amaro-b460df7d-574f-4c17- 8fb9-df09d60c0705.html? autoplay=true&wt_mc=2.google.catalog.risoamaro. cambia il discorso di erotismo, lei balla in modo molto sensuale. Lei avrà una carriera molto differente, lavora anche con Pasolini, voleva distaccarsi da questa immagine di maggiorata per legarsi più al cinema d’autore. “Pane, amore e fantasia” (1953) regia di Comencini: Lollobrigida è una donna molto vivace ed esuberante, ribelle. Figura femminile complessa non incentrata sempre sulla bellezza, legame con il paesaggio e istintualità. Appartiene ad un mondo rurale. Altro personaggio femminile è una allevatrice, ha avuto un figlio fuori dal matrimonio. Maresciallo era attratto dalla bersagliera poi si lega alla levatrice Annarella, poi riabilitata dal matrimonio col maresciallo. https://www.youtube.com/watch?v=7hGYFTLza-s&t=4s Peplum film mitologico, “Le fatiche di Ercole” (1958) di Francisci: si costruisce anche il divismo maschile, si lavora sulla spettacolarità del corpo maschile fatto quasi di plastica con la pelle lucida e liscia. Corpi da ammirare e basta senza cura nella costruzione di personaggi. Dopo la caduta degli anni eroici del Neorealismo, alcuni dei protagonisti di questo periodo come Zavattini e De Sica si ritrovarono in una crisi di adattamento ma è Rossellini a capire per primo che i termini della crisi non erano solo di poetica e prospettiva, ma investivano il mezzo cinematografico. Egli stesso si rivolge verso sperimentazioni che hanno come orizzonte il superamento dei limiti istituzionali del cinema narrativo e si dedica al cinema didattico, alla divulgazione televisiva. L’evoluzione della carriera di Visconti invece dopo Bellissima, chiarisce la sua vera natura neorealista nei termini di un naturalismo estetizzante mediato attraverso la tradizione del melodramma e del romanzo borghese. I film neorealisti appaiono sempre di più come momenti di un personale itinerario estetico che, con le tappe intermedie di “Le notti bianche” (1957) e “Rocco e i suoi fratelli” (1960), lo porta ad esiti di un fastoso ed elegante manierismo. Il rinnovamento del cinema italiano degli anni Cinquanta passa attraverso autori come Fellini e Antonioni: il primo è colui che ha ottenuto la maggior popolarità rimanendo fedele ad elementi autobiografici. Con la metafora della messa in scena riesce a parlare del profondo bisogno di illusione che alberga in ciascuno di noi, riesce a costruire un universo poetico riconoscibile immediatamente con l’essenza stessa del cinema. Antonioni rivela subito come il suo cinema sia difficile, lontano dalle tematiche del neorealismo e senza coinvolgimento emotivo. I personaggi dei suoi film sono borghesi e le vicende narrate riguardano la crisi dei sentimenti e il disagio del vivere. Non cerca il coinvolgimento dello spettatore, ma lavora in direzione dell’astrazione e della decantazione secondo una personale propensione a cogliere ambienti e personaggi della vita quotidiana. Fin da “Cronaca di un amore” (1950) Antonioni sembra prediligere intrecci enigmatici, che comportano una investigazione ma è solo un pretesto perché in realtà si occupa del rapporto difficile tra il personaggio e le cose che lo circondano, privilegiando la dimensione dello sguardo soggettivo. Antonioni e Fellini occupano una posizione centrale nel lavoro teorico del filosofo francese Deleuze: sono accostati per una analoga interpretazione della crisi del modello classico della rappresentazione e collocati in una posizione chiave nello sviluppo del cinema della modernità. Egli coglie un rapporto di continuità lungo una linea del cinema moderno aperto all’esperienza neorealista. Sul finire degli anni Cinquanta vengono alla luce nuovi registi che non creano un nuovo movimento, ma capaci di impegnarsi verso un cinema di interesse civile e interpretare i mutamenti sociali in atto come Francesco Rosi ed Elio Petri. Tra i registi che si affermano negli anni Sessanta sulla spinta del rinnovamento della Nouvelle Vague abbiamo Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci (Prima della rivoluzione 1964, Strategia del ragno 1970, Il conformista 1970, Ultimo tango a Parigi 1972 e Novecento 1976), Marco Bellocchio (I pugni in tasca 1965, La Cina è vicina 1967, Nel nome del padre 1972, Marcia trionfale 1976). Un caso particolare è costituito da Pasolini e il suo esordio con “Accattone” nel 1961: è l’unico che si dimostra capace di collegare produzione creativa e riflessione teorica legata all’idea di “cinema di poesia” che prefigura un superamento del cinema di pura narrazione. Il suo cinema può essere descritto come una ricerca ininterrotta delle espressioni più autentiche di quella che egli chiamava la “corporeità popolare” minacciata dalla diffusione dei modelli consumistici e dall’omologazione culturale della società di massa. In questa su ricerca fa ricorso si ad una fiducia illimitata nel realismo ontologico del cinema, sia ad un raffinato gusto pittorico coltivato fin dagli anni di studio a Bologna. Le sue teorizzazioni sono una originale rielaborazione della “teoria dell’autore” e della nuova coscienza critica del linguaggio cinematografico. 4/04/2022 “Vacanze romane” (Wyler, 1953): si lavora su un paesaggio cittadino, come si vede durante la gita in Vespa e si va a mostrare gli stereotipi della italianità. Discorso della Vespa, del Made in Italy. Legame cinema moda in questi anni si fa veramente forte. Roma cambia non è più quella di Ladri di biciclette piena di povertà, questo film è un lancio sui beni di consumo e si fa veicolo del tipo di vita del consumismo. contrastata del suo volto che restituisce il suo dilemma interiore dovuto dalla lontananza dalla famiglia. C’è una canzone che esalta il momento sentimentale e di nostalgia di Guglielmo. Primo piano sonoro di un uomo che canta e suona la chitarra. Primo piano di lui che piange. Rosa vuole avere su di sé la colpa di adulterio che non ha commesso pur di salvare il marito giustificato il suo omicidio per il delitto d’onore, avvocato scopre la verità che viene detta a Guglielmo e la famiglia poi si ricompone. “ITALIAN STYLE” È una formula che nasce tra gli anni Cinquanta e Sessanta e s’impone come una nuova etichetta definita “commedia all’italiana”. Questa formula si propaga in altri generi come “il western all’italiana” e gli “007 all’italiana” e anche i film storico-mitologici. Nella etichetta italiana c’è una forte istanza identitaria che indica nel cinema un modo di produrre, improvvisare in estro e fantasia. COMMEDIA ALL’ITALIANA È qui che va ricercata l’eredità neorealista: genere di grande popolarità che alcune delle principali istanze neorealiste mettono radici nella produzione corrente. La commedia si fa carico di seguire l’evoluzione del costume e della vita sociale nella fase di passaggio dagli anni difficili del dopoguerra al “miracolo economico”. La commedia diventa un osservatorio del costume di casa del quale fornisce una versione sorpresa tra satira e celebrazione capace di includere modelli di rappresentazione basati troppo spesso sulla ipocrisia e il conformismo. È inoltre un escamotage per sfuggire alla censura, molto più tollerante nel comico come si vede in Divorzio all’italiana. La commedia ha la funzione di rivisitare la storia patria e mostrarla con una prospettiva insolita. “La grande guerra” (1959) Mario Monicelli, “Tutti a casa” (1960) di Comencini si racconta in chiave grottesca le vicende successive all’armistizio dell’8 settembre 1943, si fa vedere un paese lasciato in balia di se stesso rovinato dal fascismo e dalla classe dirigente. “Una vita difficile” (1961) di Dino Risi. Il punto di forza della commedia sta nella sua forte presa sulla realtà contemporanea soprattutto negli anni del boom economico dove abbiamo un quadro disincantato delle rapide trasformazioni delle condizioni di vita degli italiani. La commedia all’italiana è riuscita ad elaborare una tipologia di maschere, di situazioni e di moduli espressivi che ha consentito di rappresentare le trasformazioni del Paese mostrandone sia i difetti che la vitalità. Alla base di questa fortuna abbiamo una sintonia tra i registi Comencini, Monicelli, Risi poi Ettore Scola e Lina Wertmuller e attori come Sordi, Tognazzi, Gassman, Manfredi e Giannini. Non possono però essere dimenticate le attrici Monica Vitti e Mariangela Melato: grande interprete dei film di Lina come “Mimì metallurgico ferito nell’onore” del 1972 e “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” del 1974. Registi e attori hanno saputo rinnovare modi di rappresentazione come il finale che di solito non è mai tragico, come lo è invece in “Il sorpasso”: in questo caso c’è grande libertà nel muoversi rispetto alle convenzioni del genere, ad esempio, la storia inizia con la voce interiore di Roberto. Questa focalizzazione sul personaggio finisce per far emergere la dimensione eccessiva di Bruno. Bruno è un burlone e Roberto è uno studente serio, il primo parla della Eclisse di Antonioni di cui non è rimasto entusiasta, personaggio come lui non così intellettuale ha visto un film d’autore. Sviluppo dei beni di consumo come le auto e gli elettrodomestici, il fatto della presenza di un maggior benessere economico come il permettersi di una vacanza da parte di tutti. Cambiano i costumi, anni di sviluppo economico che comporta una rivoluzione culturale, sociale e familiare, anni in cui si inizia a parlare dei giovani come classe sociale a sé in cui ci sono musica e abbigliamento appositi. Fascia di età come espressione di modo di vita inedito rispetto al modo di vivere tradizionale dei genitori. La macchina sportiva è la protagonista e non c’è nessun bar aperto per poter telefonare perché tutti si possono permettere di telefonare. Bruno arriva ad un certo punto ad una periferia dove incontra Roberto, simile a quello di ladri di biciclette. I due personaggi sono antitetici. Roberto è timido e beneducato intimorito da Bruno molto esuberante (lavora in teatro, all’inizio è un cattivo nei film, questa sua sfumatura comica è una scommessa che si vede nel film I soliti ignoti, fa una recitazione sopra tono parlando o gesticolando in modo fuori dalle righe al contrario di Roberto). Il divismo della canzone interagisce con il cinema, Bruno infatti ascolta Modugno alla radio, c’è un ingresso prepotente della modernità data dalle canzoni, automobili, jukebox. Arrivano a Castiglioncello: luoghi nuovi che negli anni Cinquanta ancora non c’erano. Nello stabilimento balneare ci sono tutti i tipi di persone come i giovani che vanno al bar. Capacità di interpretare quello che stava accadendo in quel momento storico: immaginario che viene proposto come modello di comportamento da parte del pubblico. Pasolini dice che questo ha portato un abbandono troppo veloce delle tradizioni contadine. Uomini e donne si devono ricollocare in una società che sta cambiando. Produttori: Cristaldi, De Laurentis e Cecchi Gori. Ugo Tognazzi: a va a teatro e poi al cinema, successo con Vianello trasmissione “Un, due e tre” fine anni Cinquanta con numeri comici divertenti e buffi. Anni Sessanta inizia a fare cinema lavora sia sul piano divistico nella tv e nel cinema. Personaggio discusso nei rotocalchi: molti figli da tre donne diverse, era visto con un portatore di un modo di vita diverso da questo. Le riviste satiriche “Marco Aurelio” dove vengono fuori molti sceneggiatori. “La voglia matta” (1962, Salce): ci offre occasione di ragionare sulla classe dei giovani e nuove idee di femminilità e mascolinità. Ugo Tognazzi e Katherine Spaak: lui si imbatte in questi giovani spensierati e scapestrati, c’è una distanza di generazione e succede che lui è attratto da lei di nome Francesca molto disinibita. Lui è un uomo benestante, macchina sportiva, ha relazioni insieme a più donne. C’è una gara di bellezza maschile organizzata dalle ragazze: semplicità e naturalezza dell’esibizione del corpo maschile, la posa che assume Tognazzi come Maciste e il Duce (Francesca non lo riconosce neanche, hanno punti di riferimento diversi e una distanza generazionale). Francesca ha una fisicità perfetta, personaggio molto disinibito e non di origine italiana non ha un comportamento tipico italiano e le permette in qualche modo di essere più libera in trasgressione. Lui davanti a loro non sa come comportarsi, si sente a disagio: i giovani lo accolgono ma lo prendono anche in giro. Mascolinità apparentemente a suo agio nella società dei consumi, si ritrova in disagio fra i giovani. 20/04/2022 “La grande guerra” (1959): maschilità si usa come termine ma non spesso, mascolino vuol dire che possiede caratteristiche fisiche e di carattere particolari. Tognazzi nella “Voglia matta” uomo moderno che sembra abbia un posto nella società ma a contatto con i giovani si ritrova in un mondo nuovo che non gli appartiene e lo fa sentire vecchio. È una mascolinità che si deve ridefinire a contatto con la modernità, come nella Grande Guerra. Protagonisti sono Sordi e Gassman, divi della commedia all’italiana, racconta la storia di questi due soldati antieroi durante la Prima Guerra mondiale. La figura del reduce che ha combattuto in guerra è vista come vittima di una violenza bellica che ha distrutto le loro famiglie. Questo è un modo di disegnare la mascolinità, o anche il seduttore riconfigura immagine dell’uomo vincente positiva attraverso la capacità di seduzione. Descrizione della storia tra Rossellini e Ingrid Bergman è sottolineata la forza seduttiva dell’uomo regista e non attore. I due soldati presentati sono uomini che non hanno voglia di combattere e non sono coraggiosi. Sono fannulloni e evitano in qualsiasi modo di combattere, quindi i classici valori di combattere in guerra e del coraggio non gli appartengono. È una figura di uomo inetto che cerca di sfuggire al modello di mascolinità uomo negativo. Personaggio di Gassman è il più seduttore come nel Sorpasso e in questo film. Anche Mastroianni dava l’idea di uomo affascinante e seducente come latin lover anche se lui non si è mai definito così. La mascolinità è riscostruita con vari modelli e con una società che cambia e anche le donne cambiano. MONDO-MOVIES “Europa di notte” di Blasetti: film che contribuiscono che allargano verso l’erotismo e la violenza che documentano la vita notturna nei locali europei. Si vede come cambia l’orizzonte di visibilità. IL CINEMA D’AUTORE, L’IMPERO TELEVISIVO (CAPITOLO CINQUE) Presentato come qualcosa d’innovativo, esprime personalità d’autore, nasce in Francia con la Nuouvelle Vague. Ci sarà uno stile che mette in primo piano la soggettività di un regista-artista; un film di ambientazione contemporanea, o nel quale la lettura del passato appaia attuale, metaforica e polemica nei confronti della storiografia ufficiale; quasi sempre dramma e non commedia; con una riconoscibilità stilistica e comunque una visibilità della macchina da presa, cui è subordinato il lavoro degli sceneggiatori; con un occhio rivolto ai grandi temi del mondo contemporaneo, ma con uno sguardo più morale che direttamente politico (e senza esplicite intenzioni di denuncia). Esso tenderà alle ambientazioni borghesi o alto-borghesi, e sarà quasi tassativamente girato in bianco e nero. Definizione presa da Morreale nel testo “Il cinema d’autore degli anni Sessanta”. Importante la sceneggiatura e la battuta nella commedia all’italiana, qui è lo stile e l’uso della macchina da presa. 27/04/2022 Nouvelle Vague cerca di sottolineare l’indipendenza del singolo regista in modo da contrapporre al sistema dei generi di Hollywood. Cinema d’autore è un genere mancato: il taglio che viene dato è originale e immediatamente riconoscibile, relazione tra stile e genere ha un equilibrio instabile. Alcuni autori riesco a disegnare un universo cinematografico coerente e immediatamente riconoscibile. Vittorio Spinazzola è stato uno dei primi a studiare l’aspetto economico del cinema. Dà attenzione al cinema popolare anche, chiama il “superspettacolo d’autore” film che hanno un budget molto elevato che investono nel nome d’autore e un cast di divi francesi e italiani come Mastroianni, Monica Vitti, Alain Delon, Claudia Cardinale, Burt Lancaster. Solo Pasolini lavorerà con attori non professionisti, il resto come Bellocchio, Antonioni, Fellini, Visconti invece sì. Questi film giocano sul successo di scandalo dove ci sono sequenze in cui si vuole provocare una reazione del pubblico per sfidare le idee sulla sensualità. Sequenza di “Divorzio all’italiana” dove esce il film “La dolce vita” tutti sono contenti di vedere un film pieno di divi e sequenze scandalistiche. Quanto il cinema d’autore italiano abbia lavorato sul modo di raccontare del cinema. Come fa Antonioni in “L’eclisse” (1962): temi di attualità come l’interiorità dei personaggi, ultima sequenza in cui si danno appuntamento in un luogo ma nessuno dei due si presenta. Il film volontariamente non vuole chiudere e dare senso compiuto alla storia fra loro due, un finale aperto come in “Ladri di bicilette”. Si vede solo lo sfondo del racconto e alcuni passanti. Regista che gioca sulle nostre aspettative che non vengono realizzate. Cinema mette in scena l’atto di vedere. A volte si cambia prospettiva. Antonioni ci ricorda che guardiamo un film. Fellini aggiunge molto al contrario di Antonioni: “Otto e mezzo” (1963) ottavo film che produce, racconta ancora di più sé stesso e il cinema, storia di un regista cioè Mastroianni ma che non ha ispirazione, la sua personalità si riflette molto in Fellini. Lavora sulla dimensione autobiografica sospesa tra realtà, sogno e fantasia: dimensioni che normalmente nel cinema classico vengono definite bene con flashback, dissolvenze o iris. All’inizio è senza audio. 2/05/2022 PASOLINI Intellettuale impegnato nella poesia, nella letteratura e nel cinema. Viene ucciso ad Ostia nel 1975. È stato un esempio di intellettuale che ha cercato in queste forme di cercarsi e di contraddirsi molte volte. Provocava spesso perché aveva una visione complessa e personale delle cose senza piegarsi a compromessi. “Mamma Roma” (1962): monologo di Anna Magnani come protagonista, ha un figlio allevato a balia poi accolto in casa perché decide di lavorare dignitosamente. Il padre del ragazzo inizia a ricattarla per ottenere soldi minaccia di dire al figlio della sua precedente vita e allora inizia a prostituirsi di nuovo. In questa sequenza ci sono molti interlocutori che la ascoltano ma a lei non interessa parla e basta. Lungo discorso in cui racconta del suo passato di quando si è sposata a 14 anni con un uomo anziano. Non gli interessa di chi l’ascolta sequenza tratta dalla letteratura “Divorzio all’italiana” https://www.raiplay.it/video/2016/07/Divorzio- allitaliana-8a90fc47-6dca-4c1f-9cf1-f0c684bb745e.html “La visita” https://www.youtube.com/watch?v=uG1O9WnTSEY “C’eravamo tanto amati” https://www.youtube.com/watch?v=Bmu26- 8n6Zs “Domenica d’agosto” https://www.youtube.com/watch?v=FQ0TJRVLUYU “C’era una volta il West” https://www.youtube.com/watch?v=t2VrlIH2-CY 4/05/2022 Visibilità è ampliata in termini di erotismo e violenza: confine della visibilità degli anni Settanta si amplia, con l’horror di Dario Argento ma anche i film di Sergio Leone hanno sequenze violente. In Italia esisteva una censura del periodo fascista che in qualche modo lavorava in modo simile al Codice Hays, cancellata nel 2021. Vengono inaugurate le sale a luci rosse verso il 1978, fa capire quanto il confine si fosse spostato. Già l’editoria aveva avuto una esplosione sul taglio erotico. I generi: Horror come Freda, Bava e Steele; Thriller di Argento, Western di Leone e svolta comica di Spencer e Hill, Commedia sexy; Comico di Paolo Villaggio e Celentano, variazione tema dell’inetto che non riesce a trovare il suo posto nella società, non è coraggioso ma vigliacco senza dignità personale, viene fatto vedere come la cultura popolare fosse sbeffeggiata; Poliziesco e Cinema mitologico e d’avventura, Cinepanettone. DARIO ARGENTO “PROFONDO ROSSO” (1975) Manzoli definisce “Un prodotto popolare di alto livello” è qualcosa che suscita una adesione immediata e istintiva. Antropologo Hall definisce la cultura popolare “Le cose che la massa legge, ascolta, compra e con le quali sembra divertirsi appieno” quindi prodotti di industria culturale, prodotti che suscitano nel pubblico dei meccanismi quasi immediati di riconoscimento. Forme di attività legate ad una classe e incorporate in tradizioni e pratiche popolari, quindi classi basse. Anche Dario Argento in “Profondo Rosso” è stato lanciato per un pubblico di nicchia che ebbe moltissimo successo. Figure di donne nei suoi film sono sempre vittime, assassine, accusato di misoginia e che fa a pezzi i corpi delle attrici. Il modo in cui i corpi femminili appaiono come corpi di memoria: usa attrici con lunga carriera come Clara Calamai, film di Ossessione, segnati dall’età per ricordare volti molto truccati che accentuano ancora di più la vecchiaia. I genitori di Argento avevano uno studio di fotografie di divi e dive famose e ha visto molte attrici che stavano perdendo la bellezza della loro giovinezza “mi sentivo un bambino che metteva in fila le figurine e pretende che si siano tutte”. Corpi di memoria che hanno memoria cinematografica, segnati dal tempo e che rimandano alla memoria dello spettatore. I film di Argento sono un affondo al passato del cinema: attore protagonista è quello di Blow-up di Antonioni. Barabra Creed individua la categoria “Monstruos-feminine” identità terribile che porta crudeltà e violenza ma anche orribile a vedersi. Non la si può guardare. Secondo lei molte delle donne nei film Horror sono segnate da questo mostruoso femmineo, donna sia vittima che carnefice. Argento mescola elementi molto popolari a modi della cultura d’élite. Usa strategie narrative del melodramma insieme al noir e giallo. Il grand guignol, genere teatrale francese del 1800. Si portano in scena storie molto violenta. Elemento dell’androginia e personaggi omosessuali e transgender facendoli vittime o giocando con lo stereotipo del falsetto. Sono dei corpi ibridi e inserisce una specie di “inferno di famiglia” perché le attrici sono parte della sua famiglia come la moglie o la figlia. Utilizza tecniche visive particolari andando sulla soglia del limite su quello che si vede e non si vede. Modelli di contenuti popolari ma con sguardo capace di raccontare in maniera raffinata. Il controllo che esercita sull’inganno della percezione, sui suoi personaggi e sul mostruoso femmineo delle donne per rinchiudere questa mostruosità. VANZINA “SAPORE DI MARE” (1982) Appartiene al genere del cinepanettone, “Fenomenologia del cinepanettone” (2013) di Alan O’Leary: è riuscito a lavorare su un genere di film così popolare e diffuso ma anche tanto criticato. Film che si basano su un sistema divistico a partire dalla tv, corpi tipici sono Cristian De Sica e Massimo Boldi sono due opposti, uno affascinante e atletico l’altro no, è grottesco e inetto ma portato all’eccesso. I linguaggi e i modi sono volgari, messa in scena di situazioni dove si sovvertono le regole del comportamento fino a diventare volgare e scurrile. Autore inglese lo paragona come al momento del Carnevale dove c’è un momento di libertà in cui si possono fare cose che normalmente non si fanno. È rovesciamento regole sociali che serve allo stesso tempo a mantenerle. Difende da una parte il cinepanettone con una posizione provocatoria perché nessuno dei suoi colleghi lo studia definendolo un prodotto popolare. NUOVI COMICI: Massimo Troisi, Benigni, Verdone, Nuti sono autori che spesso hanno seguito un percorso formativo-professionale nel quale s’intrecciano esperienze cabarettistiche e televisive mantenendo dei legami con la commedia all’italiana. VERDONE fa emergere nei suoi personaggi, con riferimento ad Alberto Sordi, una vena demenziale e malinconica (Troppo Forte, Viaggi di nozze, Sono pazzo di Iris Blond, Gallo cedrone). TROISI riprende la tradizione del teatro napoletano ma rinnovandola. Ciò che accomuna Benigni, Nuti, Pieraccioni è la parlata toscana. Benigni aumenterà il suo impegno nel cinema sempre di più a partire da Berlinguer ti voglio bene (1977) di Bertolucci fino a La vita è bella (1997). 9/05/2022 IL CINEMA POST -MODERNO dagli anni ‘80 al 2000 Alcuni elementi che contraddistinguono IL POST-MODERNO SI DEFINISCONO GIÁ NEGLI ANNI ‘70 MA AVRANNO POI VITA TRA GLI ANNI ‘80 E GLI ANNI 2000. Questi sono gli anni in cui esplode la visione multiforme: tv, cinema, via cavo, videocassetta → distribuzione multiforme che esplode negli anni ‘80. Leggiamo l’introduzione di un testo di Laurent Jullier, intitolata “Parliamo di calcio” → già il suo modo di porsi è particolare in quanto è un saggio pensato a livello accademico. Il calcio come forma popolare di intrattenimento è un qualcosa che tendiamo ad allontanare nel nostro campo di ulteriori conoscenze (scrive questo saggio negli anni 2000). Egli parla di calcio, per poi tirare fuori Wim Wenders (cinema d’autore unito all’intrattenimento popolare per eccellenza). L’autore distingue su tre livelli. Jullier parla di calcio ma cita il cinema. L’attitudine postmoderna mette in discussione sia la classicità che la modernità perché mescola il tutto e presuppone un metalinguaggio molto forte (si pensi a Lynch) → il cinema postmoderno ragiona più sul fare cinema in maniera più divertita e si gioca molto sul far riconoscere le citazioni (Tarantino lo fa al massimo livello) = consapevolezza dell’autore a livello culturale, non si ha più la distinzione tra alta cultura e bassa cultura, è una mescolanza. L’INTENSITA’ SENSORIALE Nb la continuità è la coerenza del racconto che in questo momento viene intensificata dal modo di girare e la post-produzione che vanno a sollecitare la nostra percezione sensoriale del film (è quella che possiamo chiamare la meraviglia del cinema, ci meraviglia attraverso particolari effetti speciali la forte presenza della macchina da presa). → appello molto forte alla vista e all’udito. Se io lavoro sulla meraviglia, come si faceva nei primi anni del cinema (Lumière), non lo posso fare come all’inizio dopo 105 anni di cinema, suscitare la meraviglia del cinema non può lavorare sull’immagine e basta. Di conseguenza cambia la spettatorialità perché ci chiama in causa: se guardo un film che cita altri film, allora le mie competenze spettatoriali sono sempre sollecitate (audience partecipativa). Ogni film di oggi è di fatto la riflessione sul cinema di ieri. In questo caso però si lavora anche proprio sulla percezione dello spettatore di essere dentro l’universo del film, qualcuno ha parlato della dimensione “sferica” del film perché è come se noi fossimo dentro la sfera del film (movimenti di macchina veloci e molto segnati es camera a mano, dolby surround). ESTETICA DELLA RIPETIZIONE Lavora sul mettere tutto insieme, mescola (delle volte anche male) e tende molto alla ripetizione che non è fine a se stessa perché si rifà la stessa cosa ogni volta in maniera diversa (Harry Potter, Il signore degli anelli) → creare una narrazione che però ha infiniti sbocchi tipo i sequel e i pre sequel → si deve pensare alla logica del reticolo più che alla piramide, in questo caso si ha la logica di rete = di interconnessione, che caratterizza il cinema post moderno che mescola. Alcuni autori: Allen, de Palma, Scott, fratelli Coen, Tarantino Il racconto non viene mai meno, ma accade che il nucleo della narrazione si fa o più debole (tipo il cinema moderno) oppure che gioca con i propri meccanismo (es Le iene di Tarantino) e che pone lo spettatore nella condizione di “sistemare per conto suo” la cronologia. Nel post-moderno, la distinzione tra cultura alta e bassa è molto furia. “Caro diario”, Nanni Moretti ’94: ha una personalità moralista, perfezionista, ha interpretato il malessere generazionale di una collettività. È autoironico con il suo narcisismo, esibisce la sua unicità. Con questo film si definisce “autarchico” per una sua precisa idea di fare cinema. Ha una capacità di cogliere un tempismo assoluto anticipando le svolte epocali della società italiana. Giunge a compimento la vocazione del cinema italiano di occupare il centro della scena pubblica di interpretare umori, tensioni e conflitti della società. Riesce a mettere insieme: cinema d’autore, cinema d’impegno, tradizione della commedia, capacità di risolvere con i propri mezzi e con soluzioni originali i problemi derivanti dalla ristrettezza delle risorse. Leggiamolo in chiave post-moderna. Già dal titolo si capisce che è una forma di narrazione in prima persona, almeno questo è il patto con lo spettatore (leggo qualcosa che si presuppone sia vero, ma c'è anche la finzione in quanto siamo nell'auto finzione). Il film è diviso in 3 episodi in cui Moretti racconta tre momenti della sua vita recente. Moretti è un cineasta che spesso ha messo al centro dei suoi film la sua figura -li ha diretti ed interpretati, è distributore e produttore con la sacher film = ha una grande libertà- inoltre, ha uno sbocco distributivo per i suoi film e per i film che ritiene meritevoli = è un modello unico nel panorama italiano. Sin dai primi film Moretti si mette in scena con uno pseudonimo Michele Apicella (cognome della madre → Moretti coglie alcuni aspetti peculiari della società italiana e di raccontare un po’ come la commedia all’italiana → ci sono una serie di atteggiamenti e modi di dire che sono entrati nella vita di quotidiana tipo la pubblicità. Teniamo presente il discorso sul divismo → quello che noi vediamo e crediamo essere Moretti è una costruzione divistica, cioè la personalità di Moretti a livello privato non la sapremo mai. Moretti gioca molto su un confine molto labile tra i Moretti pubblico e il Moretti privato → anche in questo film usa la parola “io” e abbiamo l'impressione che ci stia raccontando qualcosa di sé ma sempre un film è. Sono tre momenti importanti nella vita, si ha una dimensione estremamente centrata sulla sua figura tanto che si chiama Nanni Moretti. 16/05/2022 Questo film appartiene al postmoderno per la componente autobiografica e nell’inizio del film: primo piano mano di Moretti che scrive il diario. È una narrazione più frantumata dove si esprime una serie di sentimenti in vari momenti della sua vita. Il raccontare i dettagli non è una novità: la Camera stilò come una penna definita da Astruc, idea di usare la cinepresa come una penna. Anche Zavattini parla di una ripresa come un diario. Momento di una stagione politica in cui si cercava di reagire in una società civile. Ha sempre diretto i suoi film e interpretato, figura divistica complessa e impegnata alla vita politica. Nel film raccontando in prima persona si mette al centro del film attraverso una narrazione autobiografica che lavora sulla sua figura divistica. Moretti indossa la sua stessa maschera. Ci dà una sensazione di autenticità forte come strumento retorico anche se è evidente che si tratta di un film. Usa la sua scrittura nei titoli di testa. SEQUENZA: Moretti che gira per Roma in estate su una vespa. Poi inizia a raccontare con la sua voce come vive la sua estate a Roma. Sequenza in cui non succede praticamente nulla. È una erranza nel senso di
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