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Lezioni di Storia Romana dalle origini alla fine dell'impero, Appunti di Storia Antica

Trascrizione delle lezioni di Storia romana dell' A. A 2020 - 2021 del Prof. A. Cristofori, comprensive delle slide da lui utilizzate a lezione. Il testo contiene anche ben evidenziate, le fonti di cui il docente si è servito e la relativa spiegazione inerente all'argomento. Contiene altresì immagini di monumenti, carte geografiche storiche con cui si sono svolte dette lezioni.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 06/05/2021

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Scarica Lezioni di Storia Romana dalle origini alla fine dell'impero e più Appunti in PDF di Storia Antica solo su Docsity! 1 STORIA ROMANA Prof. A. Cristofori LEZIONE I 01/02/2021 Introduttiva LEZIONE II 02/02/2021 Gli obiettivi del blocco di lezioni II e IV, dedicate all’oggetto di studio Definire, nei sui limiti cronologici, geografici e tematici, l’oggetto di studio della Storia romana. Ripercorrere, in una rapida rassegna della storia degli studi, come è mutato l’approccio alla Storia romana. Esaminare le principali linee di tendenza nello studio della Storia romana oggi. In questo blocco di lezioni intenderemo il concetto di Storia romana non nel suo senso più ampio di “storia del passato romano”, ma nella sua accezione più specifica di disciplina universitaria. Il problema dei limiti cronologici della storia romana Nello studio della Storia romana, in particolare in Italia, ritornano spesso due date limite: 2 - Il 753 a.C., data della fondazione di Roma, come punto di partenza. - Il 476 d.C., data della deposizione di Romolo Augusto, ultimo imperatore d’Occidente, come punto di arrivo. Due date convenzionali, discutibili e in effetti assai discusse dagli storici di Roma. Il problema dell’anno di fondazione Il 753 a.C. è solo uno dei tanti anni che gli antichi proposero per la fondazione di Roma: un’ipotesi che risale probabilmente al grande erudito Marco Terenzio Varrone, alla metà del I sec. a.C. , contemporaneo di Cicerone. - Accolta dai Fasti Capitolini, un elenco dei consoli e dei trionfatori romani fino al 19 a.C., la datazione varroniana è convenzionalmente assunta da molti studiosi moderni. Numerose le datazioni alternative: - Il poeta Ennio: XI sec. a.C. - Lo storico greco Timeo di Tauromenio: 813 a.C. - Il politico Catone il Censore: 751 a.C. - Lo storico greco Polibio: 750 a.C. - Il primo annalista (storico) romano Fabio Pittore: 747 a.C. - L’annalista Cincio Alimento: 728 a.C. FONTE: Dionigi di Alicarnasso, storia di Roma arcaica, i, 74, 1-2: varie ipotesi sulla data di fondazione di Roma Autore importante perché trascrive o riporta citazioni di opere che per noi sono andate perdute. “Timeo Siculo, in base a non so quale sistema cronologico, pone la colonizzazione della città, o fondazione o in qualunque altro modo debba essere chiamato questo processo,1 38 anni prima della prima Olimpiade [813 a.C.]2 , in un'epoca contemporanea alla fondazione di Cartagine. Lucio Cincio [Alimento], un senatore, la fissa al quarto anno della dodicesima Olimpiade [728 a.C.]; Quinto Fabio [Pittore] nel primo anno dell'ottava Olimpiade [747 a.C.]. Porcio Catone non indica l'epoca in base al sistema greco ma, scrupoloso quanto mai nella sistemazione cronologica della storia antica, indica l'anno 432 dopo la guerra troiana [751 a.C.].” 1 Dionigi sembra piuttosto cauto in questo punto. 2 Datazione adumera: prendere un riferimento per contare gli anni da un evento: per noi la nascita di Cristo, nel mondo antico la prima olimpiade. Gli elementi di interesse in dionigi di alicarnasso, storia di roma arcaica, i, 74, 1- 2 L’imbarazzo dello storico nel definire la nascita di Roma: “colonizzazione, fondazione o in qualunque altro modo debba essere chiamato questo processo”. - Un imbarazzo che ritorna anche nella ricerca moderna. Timeo coglie il problema principale: - Cosa significa “nascita di Roma?” 5 Gli scarsi resti della Regia oggi visibili nell’area del Foro romano. Le strutture oggi visibili risalgono al rifacimento posteriore all’incendio neroniano del 64 d.C. Il tempio di vesta Uno dei monumenti più caratteristici del Foro Romano. Anche in questo caso i resti oggi visibili risalgono ai numerosi rifacimenti di età imperiale, in particolare di età severiana. 6 Larea del foro e il comitium Il problema del limite cronologico finale della storia romana: le ragioni a favore del 476 d.c. Il 476 d.C. segna effettivamente una cesura politica importante: il comandante dei foederati (che ha stabilito un trattato con Roma, ma in realtà sono truppe stipendiate di Roma) germanici, Odoacre, depone l’imperatore d’Occidente, Romolo Augusto. Invece che nominare un suo imperatore fantoccio, come avevano fatto i suoi predecessori, Odoacre invia le insegne imperiali alla corte di Costantinopoli, chiedendo di governare l’Italia come patricius. (significato diverso dalle origini di Roma, diventato un titolo di corte) - Sottomissione formale di Odoacre all’Imperatore d’Occidente (c’erano due Imperatori d’Occidente, uno stava nell’Illiria) , nominato qualche anno prima da Costantinopoli, Cornelio Nepote, e poi allo stesso imperatore d’Oriente, Zenone. - Ma questo non impedì a Odoacre di assumere probabilmente il titolo di rex Italiae (che gli viene attribuito da Vittore di Vita, Storia delle persecuzioni nella provincia d’Africa, I, 4, 14) e portare avanti una politica autonoma. L’Impero d’Occidente cadde forse senza fare troppo rumore tra i contemporanei (A. Momigliano), ma noi, a posteriori e col senno di poi, vi vediamo una svolta importante. 7 Una solido aureo coniato da odoacre, a nome dell’imperatore zenone Al dritto: busto di Zenone, con corazza, elmo, diadema e lancia, e la legenda D(ominus) n(oster) Zeno, perp(etuus) Aug(ustus); al rovescio Vittoria stante, rivolta a destra, con croce, e la legenda Victoria Auggg(ustorum tres) Il problema del limite cronologico finale della storia romana: le ragioni contro il 476 d.c. Dopo Odoacre, anche i re ostrogoti (che dominarono l’Italia tra il 488 e il 535 d.C.) affermano di governare l’Italia per conto dell’Imperatore di Costantinopoli. Sotto il regno di Giustiniano (527-565 d.C.) l’Impero recupera l’Africa settentrionale, la Spagna meridionale e l’Italia. Per tutto questo periodo le strutture politiche e giuridiche dell’Occidente (per non parlare di quelle economiche, sociali, culturali) rimangono largamente romane. Una più forte cesura in Italia si ha con l’invasione longobarda (568 d.C.). Un altro stacco di grande significato si ha nell’800, quando all’unico Impero Romano, con capitale Costantinopoli, si affianca il nuovo Sacro Romano Impero di Carlo Magno FONTE: Malco di Filadelfia, storia bizantina, frammento 10 müller: la fine in sordina della storia antica L'Augusto figlio di Oreste, una volta appresa la notizia che Zenone aveva cacciato Basilisco e riconquistato così l'Impero d'Oriente, indusse il senato ad inviare un'ambasceria a Zenone per comunicargli che per i senatori non ci sarebbe stato più bisogno di un Impero a se stante in Occidente, perché sarebbe bastato un solo autocrate in comune per le entrambe le partes. Gli si doveva comunicare, infatti, che dagli stessi senatori Odoacre, dotato com'era di intelligenza politica e insieme militare, era stato riconosciuto idoneo a preservare il governo degli affari pubblici nelle loro mani; si chiedeva perciò a Zenone il conferimento a Odoacre della dignità di patrizio e del governo della diocesi italiciana. Gli uomini del Senato di Roma giunsero quindi a Bisanzio latori di tali messaggi. Un limite cronologico finale molto sfumato Queste contrastanti considerazioni fanno sì che i limiti finali della Storia romana (e dell’intera Storia del mondo antico), siano piuttosto sfumati. 10 – Se la storia studia fatti ritenuti significativi, oltre che veri, il senso di “significativo” si è enormemente ampliato, a includere, per ricordare solo alcuni sviluppi più recenti, la storia di genere, la storia dello sport o la storia dell’ambiente. – Studiare il passato significa studiare una dimensione, nella quale ritroviamo gli oggetti più disparati, gli stessi del presente, anche se dobbiamo fare i conti con la disponibilità delle fonti. • Rilevante anche il mutamento dei soggetti della storia: non più solo le grandi personalità o i gruppi dirigenti, ma sempre più spesso le classi medie e basse, le donne, i bambini, gli animali. La definizione di discipline ausiliarie o ancillari è oggi insostenibile. - La definizione di “discipline ausiliarie” presuppone una loro esistenza solo in funzione della Storia romana, mentre esse hanno una loro dignità autonoma. - Presuppone inoltre che esse sole siano di aiuto alla Storia romana, mentre nella realtà accade anche che sia la Storia romana a essere ausiliaria per tali discipline, per esempio fornendo un inquadramento generale ai fenomeni specifici che esse studiano. - La definizione di “discipline ancillari” prefigura un rapporto di subordinazione (il latino ancilla ha il significato di “schiava”) alla Storia romana, che nella realtà non esiste e che non ha fatto che creare tensioni nella comunità degli studiosi. Il rapporto con le altre discipline: una visione più equilibrata • Dobbiamo oggi pensare al rapporto fra Storia romana e altre discipline come ad un rapporto di fruttuosa e reciproca collaborazione. – Il fine ultimo è quello della ricostruzione del passato (nel nostro caso dell’età romana), che è un oggetto complesso: un fine al quale tutte le discipline possono e devono concorrere. • Il rapporto privilegiato con le altre discipline delle Scienze dell’Antichità (comprese la Filologia classica, la Storia delle letterature classiche, la Storia dell’Arte classica) non deve farci dimenticare che la Storia romana è pur sempre storia. – Il confronto, in particolare metodologico con gli storici di altre età non dovrebbe mai venire a mancare, anche se la Storia antica è “uno strano tipo di storia” (M. Finley). Le relazioni con le altre discipline: le altre storie • Fruttuosi gli intrecci con le Storie vicine dal punto di vista cronologico: – In particolare con la Storia greca: almeno a partire dal conflitto con Taranto e Pirro (282 a.C.) fino al suicidio di Cleopatra (30 a.C.) le vicende di Roma si intrecciano indissolubilmente con quelle degli stati greci. – Ovvii punti di contatto anche con la Storia bizantina e la Storia medievale, per quanto concerne le vicende della Tarda Antichità. – Già ricordata la necessità di un confronto metodologico, anche con gli storici moderni e contemporanei. 11 Le relazioni con le altre discipline: le discipline “documentarie” • Indispensabile per lo storico romano una consuetudine quotidiana con le discipline specifiche che studiano le diverse tipologie di fonti: – Storiografia antica – Epigrafia greca – Epigrafia latina – Papirologia – Numismatica antica – Archeologia romana • Senza queste diverse tipologie di fonti, che esamineremo nel successivo blocco di lezioni, la ricostruzione storica è semplicemente impossibile. Le relazioni con le altre discipline: le discipline “tematiche” • Sempre più frequenti gli incroci con discipline di taglio tematico: – Istituzioni romane – Storia sociale del mondo antico – Storia dell’economia antica – Geografia storica dell’Antichità – Storia delle donne nel mondo classico – Religioni del mondo classico – Storia militare romana – Storia amministrativa romana • Queste discipline studiano fattori istituzionali, sociali, economici, geografici, di genere, religiosi e militari che condizionano gli sviluppi politici, e da questi sono a loro volta condizionati. CONCLUSIONI • L’oggetto di una disciplina si definisce in primo luogo fissando i suoi limiti: cronologici, geografici, tematici. • I limiti cronologici del 753 a.C. e del 476 d.C. sono largamente convenzionali, ma conservano una loro utilità pratica, nella didattica della disciplina della Storia romana. • La Storia romana è storia della città di Roma (meglio documentata), ma anche storia di un modo romano, molto ampio e variegato. • L’attenzione della Storia romana agli aspetti della politica interna ed estera ha una seria motivazione didattica, ma gli incroci con altre discipline della Scienze dell’Antichità e della Storia sono sempre utili, soprattutto nella ricerca. LEZIONE IV 08/02/2021 power point III L’oggetto di studio: una breve storia degli studi di storia romana Niccolò Machiavelli (1469-1527) Nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-1519) le istituzioni della Roma repubblicana sono viste come modello per il presente. 12 Machiavelli parte dalla constatazione che nell’arte, nel diritto e nella medicina, l’Antichità è un punto di riferimento per i suoi tempi: dovrebbe esserlo anche per le forme di governo. FONTE: N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Proemio, 2, (dall’edizione a cura di C. Vivanti, Torino 1983, pp. 8-9) Nondimanco, nello ordinare le republiche, nel mantenere li stati, nel governare e' regni, nello ordinare la milizia ed amministrare la guerra, nel iudicare e' sudditi, nello accrescere l'imperio, non si truova principe né republica che agli esempli delli antiqui ricorra. Il che credo che nasca non tanto da la debolezza nella quale la presente religione ha condotto el mondo, o da quel male che ha fatto a molte provincie e città cristiane uno ambizioso ozio, quanto dal non avere vera cognizione delle storie, per non trarne, leggendole, quel senso né gustare di loro quel sapore che le hanno in sé. FONTE: N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Proemio, 2, (dall’edizione a cura di C. Vivanti, Torino 1983, pp. 8-9) Donde nasce che infiniti che le leggono, pigliono piacere di udire quella varietà degli accidenti che in esse si contengono, sanza pensare altrimenti di imitarle, iudicando la imitazione non solo difficile ma impossibile; come se il cielo, il sole, li elementi, li uomini, fussino variati di moto, di ordine e di potenza, da quello che gli erono antiquamente. Volendo, pertanto, trarre li uomini di questo errore, ho giudicato necessario scrivere, sopra tutti quelli libri di Tito Livio che dalla malignità de' tempi non ci sono stati intercetti [ovvero: "sottratti"], quello che io, secondo le cognizione delle antique e moderne cose, iudicherò essere necessario per maggiore intelligenzia di essi, a ciò che coloro che leggeranno queste mia declarazioni, possino più facilmente trarne quella utilità per la quale si debbe cercare la cognizione delle istorie. Jacques Godefroy (1587-1652) Un calvinista di Ginevra, con una solida formazione giuridica. Autore di un esteso commento del Codex Theodosianus (1655), riallacciandosi ad una tradizione di studi sul diritto romano sempre rimasta viva (e che rimane tale ancora oggi). Un’opera di grande erudizione e profondità, ancora di una certa utilità per la storia amministrativa dell’Impero tardoantico. Louis-Sébastien Le Nain de Tillemont (1637-1698) Un ecclesiastico parigino, autore di una monumentale storia dell’Impero e della Chiesa cristiana dei primi secoli, divisa in due parti: - Histoire des empereurs et des autres princes qui ont regné durant les six première siècles de l'Eglise, I-IV, 1690-1697; V, 1701; VI, 1738. - Memoires pour servire à l'histoire ecclesiastique des six premiéres siècles, 1693. Una storia che ritorna alle fonti, lette criticamente, anche alla luce della lezione del fondatore della diplomatica, Jean Mabillon (1632-1707). Un cristiano che riflette sul problema della cristianizzazione dell’Impero romano. Montesquieu (1689-1755) 15 Linguista, storico e politico. Figlio dell’orientalista Carsten Niebuhr ed egli stesso eccellente conoscitore delle lingue antiche e moderne. Ma altrettanto importante nella sua formazione l’esperienza di politico e diplomatico, al servizio della Danimarca e della Prussia. La contiguità tra attività politica e attività storiografica è un altro tratto che accomuna il mondo moderno al mondo antico: si pensi a Tucidide, Polibio, Sallustio, Tacito. La Römische Geschichte di Niebuhr • La Römische Geschichte di Niebuhr (1811-1832) è spesso considerata la prima opera scientifica, nel senso attuale, sulla Storia romana. • Un’affermazione certamente corretta guardando al lavoro critico di Niebuhr sulle prime fasi della storia romana. – Un periodo di complessa ricostruzione, per lo stato delle nostre fonti principali, scritte parecchi secoli dopo gli eventi che raccontano. • Altrettanto innovativo il rifiuto di un racconto piacevole, chiaro e lineare, a favore di una ricostruzione problematica, che non nasconde difficoltà e punti oscuri. Secondo un perentorio giudizio di Theodor Mommsen: “Tutti gli storici, senza eccezione, se degni di questo nome, sono allievi di Niebuhr, anche quelli che non si riconoscono nella sua scuola”. Theodor Mommsen (1817-1903) • Nella formazione di quello che è probabilmente il più grande storico romano di tutti i tempi si deve tenere conto: – Della sua formazione di giurista (si laurea in giurisprudenza a Kiel e le sue prime cattedre sono in Legge, a Lipsia, e in Diritto Romano, a Zurigo e Breslavia). – Del suo appassionato impegno nella politica del tempo, con un indirizzo liberale, che lo vide militare nel Parlamento della Prussia e poi della Germania in formazioni di centro-sinistra e opporsi a Bismarck. La Römische Geschichte di Mommsen • I primi tre volumi (1854-1856) della Römische Geschichte trattavano il periodo dalle origini di Roma fino a Cesare. • Il volume V, uscito solo nel 1885, trattava delle province romane, da Cesare a Diocleziano. • Un lungo intervallo, nel quale Mommsen imposta opere indispensabili per conoscere la storia delle province: – Geschichte des römischen Munzwesens (“Storia della monetazione romana”), 1860 – Corpus Inscriptionum Latinarum, dal 1863 – Römisches Staatsrecht (“Il diritto pubblico romano”), 1871-1888 I caratteri della Römische Geschichte di Mommsen • Un’opera di eccezionale dottrina, che tuttavia non sfugge alle suggestioni della contemporaneità. 16 • Mommsen individua uno dei segreti del successo di Roma nel coerente sforzo di dare un’unità e un governo centralizzato al proprio dominio. – Un’affermazione che è figlia di una tensione verso la Nazione che ha un carattere nettamente ottocentesco; altre epoche della storia degli studi hanno hanno piuttosto valorizzato il rispetto delle autonomie locali da parte di Roma. • Una certa sottovalutazione del ruolo delle grandi personalità della Storia romana: si veda per esempio l’ambiguo ritratto di Cesare. – L’ambiente culturale in cui Mommsen si era formato era ancora dominato dalla figura titanica di Napoleone, che nella Prussia mommseniana non godeva di grande popolarità. – Ma questo giudizio può anche dipendere dal fatto che Mommsen non riuscì mai a scrivere una storia degli imperatori romani. Il problema del IV volume della Römische Geschichte • Mai pubblicato il volume che doveva trattare delle vicende storiche dell’Impero da un punto di vista centrale. • Sulla tematica tuttavia Mommsen aveva steso alcuni appunti, ritrovati e pubblicati qualche anno fa da Alexander Demandt e Barbara Demandt. • Un dato interessante: anche Mommsen contemplava la storia dell’Impero come storia degli imperatori, oltre che come storia delle province e della loro “romanizzazione”. Altre opere fondamentali di Mommsen • Altro lavoro degno di nota è Römisches Staatsrecht, una ricostruzione del diritto pubblico romano, uscita tra il 1871 e il 1888. – Un’eccezionale sforzo di sistematizzazione del “diritto costituzionale” romano, che tuttavia non deve farci dimenticare che Roma non ebbe mai una costituzione scritta. • Complemento dello Staatsrecht è il Römisches Strafrecht, un’opera sul diritto penale scritta in tarda età (1899). • Da non dimenticare poi le edizioni di fonti, in particolare del tardoantico, ancora oggi utilizzate: il Codex Theodosianus, Cassiodoro, le cronache minori rifluite nella collana Monumenta Germaniae Historica, Auctores Antiquissimi. • Ma queste sono solo alcune “gemme” di una bibliografia mommseniana che conta almeno 1.500 titoli. Jacob Burckhardt (1818-1897) Il grande storico svizzero, di cui si ricorda anche Die Kultur der Renaissance in Italien. (“La cultura del Rinascimento in Italia”). Con Die Zeit Konstantins des Grossen (“L’età di Costantino il Grande”) una storia culturale di un momento di svolta della storia romana. Otto Seeck (1850-1921) Un allievo di Mommsen che si concentrò sulla Tarda Antichità. Sua un’importante edizione della Notitia dignitatum (1876). 17 La Geschichte des Untergangs der antiken Welt (“Storia del tramonto del mondo antico”), 1895-1920: una visione pessimistica e darwiniana del periodo, caratterizzato da “l’eliminazione dei migliori”. LEZIONE V 09/02/2021 Gaetano De Sanctis (1870-1957) Un cattolico rigoso e un antifascista intransigente (uno dei 12 docenti universitari che non giurarono fedeltà al fascismo nel 1931). Una sterminata Storia dei Romani (1907-1965), dalle origini fino al 133 a.C. di grande rigore ideologico. Pervaso da una condanna dell’imperialismo romano che risente delle pretese fasciste di ricollegarsi alla Roma antica. Del resto a De Sanctis si deve la felice definizione di vita magistra historiae, che ribalta il motto ciceroniano e riprende quanto sosteneva B. Croce: ogni storia è storia contemporanea. FONTE: G. De Sanctis, Storia dei Romani, III2, 1, p. XIV: la vita, maestra della storia “Maestra della vita può dirsi, certo, la storia; ma non nel senso grettamente utilitario che si dà per solito a questa sentenza. È vero d’altra parte, interamente e senza eccezioni vero, che la vita è maestra della storia. Sola, co’ suoi bagliori e le sue tenebre, gli amori e i dolori, le ansie e le speranze, la vita ci permette di portare nel cimitero del passato il soffio animatore che raduni e rimpolpi le ossa e dia loro di nuovo spirito e moto. E in questo senso ogni opera storica non può non essere eminentemente personale e moderna; anche se lo storico vuol riuscire obiettivo, o per dir meglio tanto più quanto egli vuol riuscire tale. Perché la vita non può riprodursi nella sua realtà se non rivivendola col nostro spirito quale appunto si è foggiato vivendo il presente.” James Bryce (1838-1922) L’imperialismo romano come modello degli imperialismi moderni Mentre De Sanctis elaborava la sua visione della storia e la sua condanna dell’imperialismo romano, per molti la storia continuava a essere maestra di vita e maestra nella costruzione di Imperi. Importante in questo senso il lavoro di James Bryce, studioso non molto noto fra gli antichisti, che tuttavia ci ha lasciato un lavoro “esemplare”: The Ancient Roman Empire and the British Empire in India, New York 1901. La missione civilizzatrice dell’Inghilterra vittoriana riprende (e migliora) il processo di conquista e romanizzazione messo in atto da Roma. La nobiltà del fine ultimo di questo processo giustifica l’uso della forza, soprattutto contro coloro che si oppongono alla missione civilizzatrice. • Per Bryce la storia dell’Impero romano è soprattutto storia di un processo di assimilazione e fusione di diverse razze. 20 La scuola cliometrica: impatto zero sulla Storia romana La scuola cliometrica, sviluppatasi negli Stati Uniti tra anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, prevedeva l’elaborazione di grandi masse di dati al computer, per giungere a modelli espressi da formule algebriche, intesi a spiegare un fenomeno storico. Particolare attenzione per gli aspetti di storia economica, per esempio nel saggio fondante della Cliometria: A.H. Conrad – J.R. Meyer, The Economics of Slavery in the Ante Bellum South, «The Journal of Political Economics», 66 (1958), 2, pp. 95-130. Una progressiva estensione a settori come la storia della famiglia o la storia elettorale. Scuola storiografica che comunque non ha avuto a che fare con la storia romana Clio metrico= misurazione con approccio quantitativo Non sempre il lavoro servile era positivo per il lavoro economico: considerazione banale che era modesta come considerazione rispetto al costo di una ricerca cliometrica. Le critiche alla scuola cliometrica Enorme dispendio di energie per giungere a risultati talvolta banali, evidenti già da uno sguardo a fonti più sintetiche. Un uso talvolta disinvolto di cifre e statistiche. I risultati della ricerche cliometriche sono formule astruse, incomprensibili sia agli storici professionisti appartenenti ad altre scuole storiografiche, sia, a maggior ragione, al grande pubblico. La difficoltà di applicare i metodi cliometrici a soggetti che per loro natura non sono quantificabili (o a età pre-statistiche, come quella antica). Proprio quest’ultimo aspetto ha fatto sì che la Cliometria abbia avuto un impatto pressoché nullo sulla Storia romana. Costi e benefici sono le critiche a questa scuola. Abbiamo dati mnemonici ma la cliometria non può essere applicata sulla storia antica in quanto i dati sono scarsi, poco affidabili e vacui. La decolonizzazione della Storia romana • Fino alla metà del Novecento (con qualche eccezione) il fenomeno della romanizzazione era visto sostanzialmente in termini positivi (fino a proporre l’Impero romano come modello per gli imperialismi moderni). • Il fenomeno della decolonizzazione dopo la II Guerra Mondiale innesca anche nella Storia romana un ripensamento nella valutazione di questo processo, mettendo in luce: – gli aspetti violenti e coercitivi della conquista e del dominio romano. – Gli effetti depressivi della conquista romana sull’economia locale (cf. per esempio le considerazioni di A. Deman sull’Africa settentrionale in A. Deman – J. H. Michel, Matériaux et réflexions pour servir à une étude du développement et du sous-développement dans les provinces de l’Empire romain, «Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt», II, 3, Berlin – New York 1975, pp. 3-97, [SA Studio prof. Criscuolo]) 21 – La resistenza delle popolazioni locali al dominio romano (cf. per esempio M. Benabou, La résistance africaine à la romanisation, Paris 1976 [SA PROV VIII 25] Gli studiosi di storia romana puntano la loro attenzione anche su aspetti negativi della conquista romana: violenza, forme di coercizione in fase di conquista e consolidamento. Alcuni mettono in discussione il fatto che alcune conquiste non determinarono un progresso economico o sociale. Deman: la conquista romana in Africa mise in discussione il progresso in quest’area. Mise in discussione l’economia. Deman si occupa nel libro di sottosviluppo ma con fare piuttosto disinvolto nello studio delle fonti Non tutti erano d’accordo sulla conquista romana. Banabeau e lo studio sull’Algeria e il dominio romano in Africa. FONTE: M. Benabou, La résistance africaine à la romanisation, Paris 1976: lo scopo dell’opera. “Le but de ce travail est de tenter d’examiner l’histoire de l’Afrique à l’èpoque romaine dans un perspective nouvelle: en étudiant les modalités de la resistance à la romanisation, l’on essaye de jeter quelque lumière sur la face obscure, cachée de cette histoire, de lui restituer en somme et sa specificité et son unité. L'obiettivo di questo lavoro è cercare di esaminare la storia dell'Africa in epoca romana da una nuova prospettiva: studiando le modalità di resistenza alla romanizzazione, si cerca di far luce sul volto oscuro, nascosto da questa storia, da restaurare ad esso in breve sia la sua specificità che la sua unità.” CONCLUSIONI La secolare tendenza a considerare la Storia romana come una storia utile, che propone un modello per il presente. Ma anche la tendenza a vedere la storia romana con gli occhi del presente: una tendenza costante, ma che solo di recente è stata riconosciuta come necessaria, nei suoi lati positivi. L’attenzione per le fasi di crisi e trasformazione: il problema della crisi e della caduta dell’Impero, il problema della cristianizzazione di Roma. Da De Santis la tendenza a vederla con occhi del presente ha riconosciuto i lati positivi. Il termine revisionismo storico è ritenuto negativo in quanto si ritiene che si voglia riscrivere la storia negando gli eventi più tragici. Questo non è revisionismo. E’ negazionismo. Non tutti erano d’accordo sulla conquista romana. Banabeau e lo studio sull’Algeria e il dominio romano in Africa. APPENDICE Il problema delle cause della caduta dell’impero romano Le tipologie di cause della caduta dell’Impero romano • Nel monumentale Der Fall Roms. Die Auflösung des römischen Reiches im Urteil der Nachwelt, München 20142 [SA TRAD. ANT. 37 A] A. Demandt ha 22 classificato in diverse tipologie le possibili cause della caduta dell’Impero, avanzate dopo la fine dell’Antichità. • Demandt rintraccia nella dottrina ben 210 motivazioni differenti (alcune delle quali abbastanza curiose: comunismo, ghiottoneria, impotenza, malinconia …), che possono rientrare tra le seguenti tipologie: – Le cause religiose: l’ascesa del Cristianesimo. – Le cause ambientali: il degrado delle condizioni di vita. – La cause politiche interne: il fallimento dello Stato. – Le cause morfologiche: un ciclico processo di decadenza. – Le cause esterne: l’espansione dei Germani. – Le cause socio-economiche: l’opposizione tra poveri e ricchi. Egemonia sul mondo conosciuto che è durata 4 secoli Le ragioni dell’attenzione al problema delle cause della crisi dell’Impero • Poiché ogni storia è in certo senso storia contemporanea, studiosi e politici delle epoche di crisi sono naturalmente portati a indagare la crisi di uno stato, quello romano, sentito come modello e paradigma. – Uno studio che può anche essere finalizzato a trovare un antidoto alla crisi del presente. • Ma anche uno studio che corrisponde a uno dei filoni principali dell’indagine storica: quello sulle cause (e gli effetti) di un evento. – Un tipo di studio che corrisponde a una delle quattro modalità della scrittura storica, quella espositiva (accanto alla modalità narrativa, descrittiva e argomentativa). Modello paradigmatico l’Impero romano per gli imperi successivi. Per cui si cercano nell’indagine storica le cause e gli effetti della sua fine Modalità di raccontare la storia: - Modalità espositiva = individuazione delle cause e effetti di un certo periodo storico. - Narrativa = racconto di eventi in ordine cronologico - Descrittiva = descrizione un oggetto della storia: come senato romano in età repubblicana. - Argomentativa = che spiega le motivazioni di un certo evento. I precetti di un’indagine sulle cause. • Eventi complessi, come la caduta dell’Impero romano, hanno cause complesse. – Sarebbe erroneo ricondurre un evento di così ampia portata ad un’unica causa: possiamo al limite proporre un elenco di diverse cause, ponendole in un ordine gerarchico. • La necessità di distinguere cause immediate da cause profonde: l’esempio dello scoppio della II guerra punica. • La fallacia del sofisma post hoc, ergo propter hoc: non sempre ciò che avviene prima è causa di ciò che avviene dopo. Contrapposizione tra causa immediata e causa profonda. 25 – Vol. V: La Res publica e il Mediterraneo (2008) – Vol. VI: Da Augusto a Diocleziano (2009) – Vol. VII: L’Impero tardoantico (2010) • Un’ impresa ancora una volta a più voci, compiuta da un gruppo di studiosi appartenenti alla generazione successiva a quella della Storia di Roma, che non pretendono seguire un modello metodologico comune • Grande attenzione alla comunicazione anche nei confronti del pubblico dei non specialisti. • Una Storia romana “globale” in un nuovo modo globalizzato, che intende aprirsi almeno al contesto del Mediterraneo e dell’Europa. Lavoro di collaborazione: Diversi studiosi appartenenti alla generazione successiva all’Einaudi. Un’attenzione maggiore per una comunicazione anche ai non specialisti. La comunicazione ha un registro più basso rispetto all’Einaudi che ha un registro aulico solo per gli specialisti. Ha uno sguardo ampio sul Mediterraneo. La Storia romana in un mondo globalizzato L’attuale fenomeno della globalizzazione ha avuto un impulso decisivo nello sviluppare la storia comparata e la World History. Un impulso che si avverte anche negli studi di Storia romana: per esempio W. Scheidel, Rome and China. Comparative Perspectives on Ancient World Empires, Oxford 2009 [Biblioteca digitale] o J.P. Arnason – K.A. Raaflaub (a cura di), The Roman Empire in context: historical and comparative perspectives, Chichester 2011 [Biblioteca digitale] D’altra parte la possibilità di applicare alla storia antica e alla storia romana in particolare il concetto di globalizzazione è ancora oggetto di dibattito: alcuni studiosi respingono decisamente questa ipotesi (cf. per esempio F. G. Naerebout , Global Romans? Is globalisation a concept that is going to help us understand the Roman empire ?, «Talanta», 38-39 (2006-2007), pp. 149-170 [Biblioteca digitale]) altri, credo a ragione, parlano di una peculiare “forma antica di globalizzazione”. Comunque una sfida difficile, sia per le condizioni delle fonti, ma soprattutto per la necessità di confrontarsi con tradizioni storiografiche non occidentali. World History: Branca della storia che non conosce confini come le epidemie, le relazioni commerciali, il clima e ambiente Storia comparativa: a confronto due episodi storici nel tempo e nello spazio (Impero romano e cinese della dinastia Han, grossomodo contemporaneo) La globalizzazione in età romana interessa le èlite. L’Impero romano nella visione di uno storico arabo • Lo storico e geografo arabo Masudi, nel X secolo, nel suo Prato d’oro, 716 così guardava in modo sintetico alla storia di Roma: – I Rum stabilirono il loro dominio sui Greci in seguito ad avvenimenti che sarebbe troppo lungo raccontare e che è impossibile esporre in 26 quest’opera. Il primo re dei Rum fu Masatuhas, che non è altri che Gaiyus il Giovane, figlio di Rum, figlio di Samahaliq, di cui il regno durò ventidue anni; oppure, se bisogna credere ad altre opinioni, Cesare, il cui nome è Gaio Giulio, che regnò diciotto anni. Secondo un altro manoscritto, il primo re di Rum che regnò a Roma dopo i Greci fu Giulio, che tenne il potere per sette anni e mezzo: Roma esisteva già da quattrocento anni. Roma vista dalla Cina nel Libro degli Han Posteriori, 88 FONTE: Han Posteriori detti anche han orientali. Narra eventi tra I e II secolo d. C. “Lo stato di Daqin è anche chiamato Lijian. Poiché è situato a occidente del mare è anche chiamato “il paese a ponente del mare”. Il suo territorio copre diverse migliaia di li quadrati. Ha oltre 400 città circondate da mura. Molte decine di piccoli stati sono soggetti ad esso. Le mura esterne delle città sono costruite in pietra. Hanno stabilito delle stazioni di posta, tutte coperte di intonaco. Possiedono pini e cipressi, come molti altri tipi di alberi e di piante. I loro costumi sono i seguenti: si dedicano all’agricoltura e piantano un gran numero di alberi di gelso per i bachi da seta. Si rasano completamente la testa, ma indossano vesti ricamate. [Il loro re] viaggia su piccoli carri, sormontati da piccole carrozze, con una copertura di colore bianco. Quando parte e quando ritorna, si batte un tamburo, si issano bandiere, stendardi e vessilli.” Il Linguistic Turn • Una tendenza storiografica recente, anche negli studi di Storia romana: analizzare il documento storico non tanto come prova di un fatto storico, ma soprattutto in sé, come una costruzione culturale, una narrazione (discourse) – Una tendenza che deve molto all’opera di M. Foucault (L’Archéologie du savoir, Paris 1968) e che si è affermata in particolare in area anglosassone. • La costruzione di un discourse è condizionata dal linguaggio: il medium non è neutrale. – L’attenzione ai modi in cui un linguaggio costruisce il discourse consente di parlare, anche per gli studi storici, di un Linguistic turn. • Per un esempio di questa linea di studi in Storia romana: C.J. Smith, Citizenship and community: Inventing the Roman republic, «State formation in Italy and Greece», a cura di N.Terrenato – D. C. Haggis, Oxford 2011, pp. 217-230 [SA ANT. GEN. 158]. Il racconto come forma espressiva della ricostruzione storiografica La tradizionale forma di comunicazione storica del racconto narrativo è stata messa in crisi nei decenni passati, tra l’altro dalla scuola delle Annales e dalla storiografia marxista; in anni più recenti dagli ipertesti. Oggi tuttavia vi sono diversi storici che ritengono che, anche in un’ottica di costi e benefici, la migliore forma di comunicazione storica rimanga il racconto scritto. Il racconto è uno strumento flessibile, che ben si adatta a diversi generi storici. Il racconto è uno strumento che offre risultati adeguati agli sforzi che richiede. 27 La necessità di raccontare una storia ci costringe ad organizzare le nostre conoscenze e spesso contribuisce a chiarire le nostre idee. Il racconto è uno strumento di comunicazione che consente di raggiungere un pubblico molto vasto. • Dalle sfide che gli sono state lanciate nel XX secolo il racconto storico è uscito comunque profondamente cambiato. • La vaga espressione “Nuova Storia” (Nouvelle Histoire, New History) si condensa in un mutamento dell’attività storiografica, che interessa anche la Storia romana: – nelle sue forme espressive – nel suo oggetto di studio – nella documentazione che utilizza Il mutamento delle forme espressive • Le tradizionali narrazioni in ordine cronologico hanno oggi, anche in Storia romana, un ruolo minoritario rispetto ai saggi analitici, di tipo argomentativo. • Le ragioni del mutamento delle forme espressive: – Il cambiamento dell’oggetto di studio. – La specializzazione. – Gli oggettivi limiti delle narrazioni tradizionali. In Storia romana, come nelle altre Storie, si assiste ad una crescente specializzazione degli studiosi su temi, periodi e luoghi specifici. Una crescente messe di studi analitici su oggetti particolari o nella pubblicazione di singoli documenti Una tendenza che non offre molte occasioni di ampie sintesi narrative. I vantaggi e i rischi della specializzazione • I vantaggi: – Consente allo “specialista” di raffinare i suoi strumenti di indagine e di giungere ad un’analisi più dettagliata. – Consente al “generalista” di applicare le sue energie e il suo talento alle grandi sintesi. • I rischi: – Allarga il solco già esistente tra aspetto scientifico (coltivato dagli “specialisti”) e aspetto artistico (coltivato dai “generalisti”) della ricostruzione storica che invece devono essere strettamente compenetrati. • Come scongiurare i rischi della specializzazione: la capacità di “fare squadra”, ovvero di concepire il proprio lavoro come parte di uno sforzo collettivo. Solo un uso magistrale della scrittura permette di portare avanti in una storia più filoni narrativi e di mescolarla con parti argomentative. Nell’ esposizione delle cause di un evento la narrazione obbliga in genere ad una selezione e semplificazione. Una sintesi narrativa presuppone quindi un’analisi e richiede grandi qualità artistiche: è il genere in un certo senso più difficile della scrittura storica. 30 Un primo elemento è quello che sicuramente oggi è cambiato l’approccio allo studio della storia romana che la vedeva a modello, a esempio del comportamento del presente è abbandonato. C’è stato un distacco tra noi e il nostro passato romano e non ci sentiamo più gli eredi di Roma. Questo potrebbe essere salutare, in quanto ci consente di usare maggior obbiettività e distacco nel suo studio. Sicuramente è ancora in vigore il fatto di leggere il passato alla luce del nostro presente. La vita come maestra della storia (De Santis) e quindi grande attenzione nello studio romano dei fenomeni che emergono nella nostra quotidianità: es. globalizzazione, storia ambientale ecc. La forma espressiva del racconto continua a essere prevalente (si riscostruisce la storia raccontandola) anche si tratta di un racconto argomentativo piuttosto che narrativo e anche se i temi e i protagonisti di questo racconto sono cambiati rispetto a quelli di qualche anno fa. LEZIONE VII 15/02/2021 V power point Le fonti per la ricostruzione della storia romana: considerazioni generali - Caratteri generali della documentazione che viene dal passato utile per la ricostruzione della storia romana, le cosiddette fonti e i modi in cui possiamo classificare tale documentazione. (lezione V) - I caratteri particolari delle varie tipologie di fonti, classificate attraverso le forme del supporto: letterarie (lezione VI), epigrafiche (lezione VII), papiracee (lezione VIII), numismatiche (lezione IX) e archeologiche (lezione X) L’importanza delle fonti H = P/p ovvero: la Storia (H) nasce dall’incontro tra il passato (P) e il presente (p). Dalla relazione fra i documenti che il passato ci ha lasciato e l’interpretazione che noi, uomini del presente, ne diamo. Il passato per uno storico è rappresentato dalle tracce che lascia: i documenti. Rapporto tra le fonti e il nostro presente. In ogni equazione se uno dei termini è uguale a zero, il risultato è zero. Se P = 0 (se non abbiamo fonti, anche il risultato H (la storia) sarà zero. Se noi non abbiamo fonti, la riflessione storica finisce. La documentazione antica è dunque il primo e fondamentale pilastro sul quale si basa la ricostruzione storica. Indispensabile dunque soffermarci con una certa attenzione su questo problema, che in genere non è sviluppato con attenzione nella manualistica. Che cos’è “fonte”? Fonte è tutto ciò che ci viene dal passato: dunque non solo gli scritti degli storici antichi, ma per esempio anche i segni che il passato ha lasciato nel paesaggio attuale. In particolare nella ricostruzione della storia del mondo antico, per la quale le fonti a disposizione non sono numerose, non possiamo trascurare alcun tipo di informazione che ci giunge dal passato. 31 Per fare un esempio, anche una mappa topografica attuale può essere considerata una fonte, facendoci vedere i segni che il passato romano ha lasciato nel paesaggio di oggi. La centuriazione a nord di Cesena nella mappa topografica 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare La centuriazione ci dà informazioni sulla storia romana e l’organizzazione romana del territorio: - Quale territorio venne distribuito ai coloni - Qual era l’estensione die lotti distribuiti - Sul processo storico interessante e rilevante, cioè il cambiamento del volto delle regioni con un insediamento di coloni proveniente dalle regioni centro – meridionali. Come fonte per la storia romana si deve considerare TUTTO ciò che viene dal passato. La classificazione fonti scritte / fonti non scritte 32 • Fonti scritte: testi degli autori antichi, iscrizioni, papiri, monete. Tutte hanno una componente testuale che con termine tecnico si chiama “legenda.” Nel caso della moneta per esempio si tratta dell’emittente, la persona che ha curato l’emissione, in età romana il magistrato, l’Imperatore o slogan, parole d’ordine o elementi di propaganda in quanto la moneta era un potente mezzo di comunicazione nell’antichità. • Fonti non scritte: resti materiali, edifici, oggetti mobili rivelati dalla ricerca archeologica. A partire dal singolo oggetto mobile, anfora, lucerna, vasellame fino ad arrivare a edifici. • Molti documenti presentano contemporaneamente un aspetto testuale e uno non testuale. In particolare tutte le fonti scritte ci arrivano con un supporto: manoscritto medievale, lapide, foglio di papiro, un tondello metallico della moneta. Anche documenti che si ritiene non scritti, a volte hanno un elemento testuale. È un’anfora dipinta a mano con una scritta. Alcune anfore riportano dei testi incisi con matrici. Ritrovata in Baviera. Quest’anfora è una fonte che definiremo non scritta, ma che è stata dipinta con una scritta. Liq (uamen) ciò che è scritto in una parentesi tonda nelle trascrizioni delle fonti antiche significa lo scioglimento di un’abbreviazione. Salsa di pesce scomb (ri) di sgombro exce (lens) di prima qualità, M(arci) Valeri Maxumi. Il dato materiale si accoppia con il dato testuale per comunicarci alcune informazioni. Il dato materiale ci comunica: la quantità, per quanto l’anforetta è piccolina come contenitore di una salsa acre che serviva per aromatizzare e quindi commercializzata in piccole quantità; composizione dell’argilla, attraverso analisi particolari si riesce a ricostruire dove è stata fabbricata l’anfora, con quali tipi di argilla e da quali territori è stata recuperata. Interessante questo dai punti di vista economici. Interessante dal punto di vista testuale è appunto la scritta che ci dice chi ha prodotto 35 • Fonti archeologiche: dove ci sono reperti materiali rivelati dall’indagine archeologica. Ciascuna di queste tipologie di fonti è studiata da una disciplina specifica che aiuta la storia romana e illumina su aspetti particolari. Le fonti letterarie in greco e latino, sono studio della filologia classica per quanto concerne gli aspetti della ricostruzione dei testi, problematica. O della disciplina della storiografia antica che si occupa di fonti letterarie, che illumina su aspetti di storia politica, militare o storia culturale alta, storia delle idee o della filosofia. Le fonti epigrafiche sono oggetto della epigrafia greca e latina, che illustrano aspetti di storia locale e sociale, trattando anche di ceti medi, inferiori, anche nelle tante località del mondo romano, non solo capitali. Le fonti papiracee che sono oggetto della papirologia per quanto interessa la storia romana. I papiri ieratici e demotici prima della conquista di Alessandria sono studiati dall’egittologia. La papirologia come disciplina universitaria si occupa di papiri greci e latini. Anche queste trattano di storia locale, soprattutto dell’Egitto e della storia economica e sociale. Le fonti numismatiche sono oggetto della numismatica antica e derivanti dallo studio della moneta come mezzo di scambio per la storia economica. Le fonti archeologiche, studiate dall’archeologia classica in tutte le sue branche, interessanti per la stori economica. Ogni oggetto che ci viene al passato è frutto del lavoro, è una testimonianza economica del mondo antico e della storia della cultura materiale. I tratti comuni delle fonti per la Storia romana 36 1. Scarsità: in confronto alle epoche posteriori, i documenti antichi sono in quantità inferiore. 2. Impossibilità di usare le fonti in modo immediato: ogni documento deve essere decifrato, tradotto, interpretato, datato. L’esempio dell’anforetta ci ha fatto capire un altro dato: cioè che è difficile che uno storico antico possa usare le informazioni raccolte in maniera immediata. Tutti i documenti devono essere decifrati, tradotti e interpretati e devono essere datati. Ogni documento storico deve essere datato anche quando il reperto non la riporta. 3. Difficoltà di uso statistico dei dati: il campione da noi posseduto, oltre ad essere poco significativo, è casuale; i dati documentativi di alcuni periodi e alcune località sono molto meglio documentate di altre. LEZIONE VIII 16/02/2021 power point 6 Questa è una defixio, una maledizione. Trovato a Bologna. Un testo inciso su lamine di piombo, perché il suo colore scuro si addiceva alla maledizione. Era il modo con cui una persona se la prendeva con un nemico. Poteva essere arrotolata e messa in un sepolcro o in qualunque tipologia di nascondiglio. È un testo bilingue: greco la prima parte e latino la seconda di complessa lettura. È una lingua popolare piena di errori ortografici e grammaticali con un lessico preposto alla magia. La maledizione si scaglia contro un veterinario di nome Porcellus. Nel testo non c’è alcun elemento di datazione interna (era, anno ecc) FONTE: Plinio il Vecchio, Storia naturale, VII,164: una mentalità prestatistica. Il passo si inserisce in excursus di Plinio sulla longevità umana, ma è comunque indicativo di una mentalità romana più attenta agli exploit eccezionali che alle medie. Elemento caratteristico di Plinio è la sua curiosità che lo porta a scrivere quest’opera e la sua enorme capacità di lavoro. (sappiamo che aveva dotato la sua carrozza di sospensioni particolari che gli consentivano di scrivere anche in viaggio). 37 Morì durante l’eruzione del Vesuvio a bordo di una nave della flotta che era stata mandata a salvare i superstiti, probabilmente perché si avvicinò troppo alla costa per studiare il fenomeno. Anziano, con problemi si respirazione, muore soffocato dalle esalazioni del Vesuvio. “E per non dilungarmi ulteriormente sui fatti accertati, nell’ottava regione dell’Italia (l’Aemilia) [Augusto divide l’Italia in regiones e l’Emilia è l’ottava.] furono censiti [nel 73-74 d.C] 54 abitanti centenari, 14 di 110 anni, 2 di 125, 4 di 130 altri 4 di 135 o 137 anni, tre di 140”. Exploit eccezionale di particolare attenzione che ci pone la domanda: qual era la durata della vita media in Emilia? Ma a Plinio non interessa, a lui interessa solo il dato eccezionale. Altro esempio viene dalla statistica delle traversate in mare da una città all’altra. Plinio pone l’accento sul numero, per noi storici sarebbe interessante avere una visione degli scambi commerciali o del dato medio di traversata. LE FONTI PER LA RICOSTRUZIONE DELLA STORIA ROMANA: LE FONTI LETTERARIE I caratteri delle fonti letterarie • Ritenute fino a qualche tempo fa quasi le uniche fonti della ricostruzione storica poiché illuminano i temi politici, militari e culturali che erano ritenuti i soli oggetti della Storia. I temi restano importanti ma non sono gli unici di interesse. • Con l’allargamento del concetto di Storia le fonti letterarie hanno perso parte della loro preminenza, ma nella nostra disciplina conservano comunque una grande importanza. • Le opere della letteratura greca e latina sono giunte a noi in genere attraverso la mediazione della tradizione manoscritta medievale. • Fanno eccezione poche opere tramandate direttamente dall’antichità da fortunati ritrovamenti di papiri letterari. (la costituzione ateniese di Aristotele che non interessa la storia romana. Alcuni frammenti di libri di Livio. Il libro antico è un rotolo di papiro. Un libro di Livio stampato sarebbe di 60 pagine) Per l’eccessiva lunghezza dell’opera, 146 libri, si comincia a leggere dei riassunti chiamati “perioco”, che sono appunto talmente riassuntivi che un libro di Livio diventa una facciata. Sappiamo di questi riassunti proprio da papiri egiziani. La maggior parte dei testi che conosciamo sono copie di manoscritti medievali, scritti sulla pergamena, più resistente del papiro ma soggetto a degrado. 40 • La letteratura giuridica: sviluppatissimo a Roma. Il diritto romano è uno di quelli elementi in cui l’eredità di Roma è più pesante. • I generi della finzione letteraria: la Poesia, il Teatro, il Romanzo: peculiarità della storia romana. Generi validi anche per altre epoche ma per la storia antica importanti in quanto si affida pesantemente sulla finzione letteraria. La Storiografia • Il genere letterario di maggior interesse per la ricostruzione della Storia romana – Per i dettagli sulle maggiori opere storiografiche antiche di interesse per la Storia romana si vedano le Introduzioni a Geraci – Marcone, Fonti per la Storia romana • Non di rado le fonti storiografiche in nostro possesso vennero redatte molti secoli dopo gli eventi che narrano. (origini di Roma raccontata da Livio e da Dionigi di Alicarnasso sette secoli dopo). Cautela nell’accogliere la testimonianza di questi autori. La storiografia scritta nasce ai tempi della II guerra punica. Il primo autore romano che scrive di storia romana è un annalista di nome Quinto Fabio Pittore, esponente della gens Fabia, ai tempi appunto della II guerra punica, scrive in greco (latino era inappropriato), la sua opera è sconosciuta ma viene citata da Livio, da Dionigi e in pochi altri frammenti. L’opera non fu mai ricopiata. E non ci è giunto uno scritto attribuibile a lui. Fabio Pittore parlava della nascita di Roma datata 753 a. C, ma alla fine del III secolo a.C. • Un numero considerevole di opere storiografiche non ci sono giunte attraverso un’autonoma tradizione, ma solo da citazioni (“frammenti”) di autori posteriori. Come si è conservata la memoria degli eventi della nascita di Roma in quei 4-5 secoli? Un’ipotesi potrebbe essere: una tradizione orale. Ma sarebbe stata fedele? La memoria orale difficilmente rimane precisa oltre i 100-110 anni poi va soggetta a inevitabili distorsioni. Quindi uno storico moderno deve fare molta attenzione quando legge il racconto di uno storiografo antico che racconta di eventi distanti nel tempo • Per definizione ogni opera storiografica è portatrice di un punto di vista particolare, in qualche misura parziale e tendenzioso. Le fonti letterarie sono tipicamente volontarie, testi dati per tramandarci la memoria di eventi secondo il punto di vista dei loro autori. Quindi sono storie parziali e tendenziose. La conseguenza: la necessità di un approccio critico. Una delle conquiste della storiografia da Niebuhr a oggi è proprio quella dell’approccio critico: non si deve credere alla realtà di tutto ciò che si trova nelle fonti letterarie. Possono esserci errori dovuti a: ignoranza, distanza nel tempo e nello spazio rispetto agli eventi che ricordavano, ma potrebbero essere distrazioni volontarie che dipendono dall’ideologia dei loro autori. Pensate se lo storico del 3000 d. C potrà fondarsi per la ricostruzione delle vicende dell’Italia del XXI secolo, solo sulla collezione miracolosamente conservatasi del quotidiano Libero. Mi fa paura la sorte del nostro storico del 3000. È 41 sicuramente un punto di vista, ma di sicuro lo è particolare e soggettivo. E si potrebbe citare qualunque quotidiano. La possibilità di una ricostruzione storica nasce dalla possibilità di confronto di più voci. Uno dei più antichi frammenti della storiografia su Roma FONTE: Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, I, 72, 2: Una citazione di Dionigi su un autore posteriore. Qualche cenno di Roma c’è anche nella Storiografia greca. “L'autore della storia delle sacerdotesse d'Argo e dei fatti che si svolsero per azione di ciascuna di loro dice che Enea venne in Italia con Ulisse (met’Odysséos) [in seno a Ulisse], dalla terra dei Molossi [che abitava l’Epiro. Pirro per esempio che tutti dicono re dell’Epiro ma in realtà era Re della popolazione dei Molossi e Stratega Generale della federazione epirota] e che fu il fondatore della città che chiamò dal nome di Rhome, una delle Troiane. Racconta che questa donna, stanca di errare, incitò le compagne e che tutte insieme diedero fuoco alle imbarcazioni”. Il testo è interessante per l’origine del nome di Roma, attribuito a una delle ragazze troiane, che avevano seguito Enea che darà il nome alla città di nuova fondazione. Dionigi riporta qui un passaggio della perduta opera di Ellanico di Lesbo, Le sacerdotesse di Era ad Argo, del V sec. a.C. Qui si ha una leggenda alternativa rispetto a quella canonica che si avrà con Virgilio. Ellanico attribuiva la fondazione di Roma direttamente ad Enea (a differenza dalla versione canonica, che fa di Enea solo il progenitore del fondatore Romolo), forse insieme a Ulisse. • Un’incertezza sul ruolo di Ulisse deriva dalle varianti della tradizione manoscritta che nel passaggio chiave hanno anche un’espressione che si può rendere “dopo Ulisse” (met’Odysséa). Il ruolo di Ulisse è incerto per l’incertezza del testo stesso. I manoscritti di Dionigi di Alicarnasso in questo punto presentano delle varianti: la maggior parte di essi ha met’Odysséos (metà + genitivo) con il senso dell’espressione che da “insieme a Ulisse, ma in alcuni manoscritti dell’opera dionigiana troviamo met’Odysséa (metà + accusativo) e il senso dell’espressione in questo caso è “dopo Ulisse”. FONTE: Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, VI, 1, 1: le incertezze sulla prima fase della storia di Roma All’inizio del VI libro, che si apre subito dopo il sacco gallico di Roma del 390 a. C, i Galli Senoni di Brenno, Livio apre un nuovo capitolo della storia di Roma e fa una sorta di secondo Proemio. “Ho esposto nei primi cinque libri quei fatti, guerre esterne e agitazioni interne, che avvennero in Roma dalla fondazione della città fino alla sua presa, dapprima sotto i re, poi sotto i consoli, i dittatori, i decemviri e i tribuni consolari: fatti oscuri sia per la troppa antichità, che li rende simili a quelle cose che per la grande distanza nello spazio a malapena si possono discernere, sia perché in quei tempi scarni e rari erano i documenti scritti, [ Livio getta un’ombra di dubbio sulla veridicità delle sue fonti.] unici sicuri custodi della tradizione storica, e per di più anche le notizie che erano 42 contenute negli annali dei pontefici ed in altri documenti pubblici e privati per la maggior parte andarono perdute nell'incendio della città.” Livio la fa più tragica di quanto non fosse. La ricerca archeologica ha trovato tracce chiarissime dell’incendio neroniano del 64 d.C, ma nel 390 d.C non sembrano esserci tracce clamorose di incendio anche se sicuramente sono andati distrutti dei documenti. FONTE: Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, VI, 1, 1: le incertezze sulla prima fase della storia di Roma Livio è il primo ad ammettere l’incertezza delle vicende storiche dei primi secoli di Roma, fino al 390 a.C., che pure aveva dettagliatamente descritto nei suoi libri I- V. La notevole distanza di tempo che separava l’autore da quei lontani eventi. Rari e scarni i documenti scritti (implicito il giudizio sull’inaffidabilità delle tradizioni orali, sul lungo periodo). Molti di quei rari documenti erano andati distrutti nel Sacco Gallico di Roma del 390 a.C. Un sottogenere della Storiografia: la Biografia • Un genere letterario che rispondeva a esigenze diverse da quelle della storiografia, già secondo l’opinione degli antichi. – Evidente, in particolare nelle Vite parallele di Plutarco, autore che vive tra la seconda metà del I secolo d. C e i primi decenni del II secolo d. C. L’obiettivo di proporre questi grandi figure (Alessandro e Cesare i grandi conquistatori o Demostene e Cicerone i grandi oratori, Pirro e Mario, geni militari ma politici fallimentari) come modelli etici, da seguire (o da evitare). Un esempio da evitare è Marco Antonio ritenuto eccessivo in tutto (seduzione Cleopatra e bere) anche se ne riconosce le virtù militari, il coraggio ecc. • Anche per il quadro delle diverse opere biografiche di interesse per la Storia romana si rimanda alle Introduzioni di Geraci – Marcone, Fonti per la Storia romana. FONTE: Plutarco, Vita di Alessandro, 1: la biografia è diversa dalla storia “Nell’accingermi a scrivere in questo libro la vita di Alessandro il Grande e di Cesare, il vincitore di Pompeo, considerata la massa dei fatti, null’altro dirò a modo di prefazione se non questo: i lettori non mi diano addosso se non riferisco tutti i fatti, né narro in modo esaustivo quelli presi in esame tra i più celebrati, ma ne tratto per lo più in forma riassuntiva. Io non scrivo storia, ma biografia;[opposizione netta tra storia e geografia] e non è che nei fatti più celebrati ci sia sempre una manifestazione di virtù o di vizio,[questo interessa a Plutarco: mettere in luce virtù e vizi. È non è nella narrazione storiografica che si riesce in questo, ma spesso nella brevità della narrazione di un episodio] ma spesso un breve episodio, una parola, un motto di spirito, dà un’idea del carattere molto meglio che non battaglie con migliaia di morti, grandi schieramenti di eserciti, assedi di città.” Plutarco si sofferma lievemente sulla conquista della Gallia da parte di Cesare, si sofferma di più sulla vita sentimentale ed erotica straordinariamente vivace con 45 di sovvertire i ruoli: i padroni si vestivano da schiavi e servivano i servi e viceversa. FONTE: Varrone, La lingua latina, V, 56: le tre tribù “genetiche” della Roma arcaica. “Il territorio di Roma fu dapprima diviso in tre parti, da cui presero il nome le tribù dei Tiziensi, dei Ramnensi, dei Luceri. I Tiziensi presero il nome, come dice Ennio, [poeta di fine III e inizio II secolo a. C] da Tazio, [Tito Tazio, il re dei Sabini che dopo un iniziale contrasto, trova un accordo con Romolo e secondo la leggenda i due regneranno insieme nella nuova città nata che è nata dalla fusione dell’elemento latino con quello sabino] Ramnensi da Romolo, i Luceri da Lucumone” [Lucumone è il termine con cui si definisce il “magistrato” nelle città etrusche] Varrone ci parla di una delle più antiche suddivisioni della città Roma in tre tribù etniche: l’elemento sabino, latino e etrusco. Dibattito scientifico vivace: una interpretazione si identifica appunto con Varrone che ne fa tre tribù genetiche identificabili in età storica a partire da Servio Tullio in circoscrizioni territoriali. Questi creerà 20 tribù che in realtà sono circoscrizioni territoriali: 4 quartieri di Roma e 16 tribù rustiche del territorio rurale circostante Roma. Mammano che la città cresce e si espande, le tribù rustiche crescono fino ad arrivare a un totale di 31, mentre le tribù urbane rimarranno sempre 4 per un totale di 35 tribù. Rappresentano circoscrizioni territoriali e elettorali. Una delle assemblee popolari di Roma sono i Comizi Tributi in cui l’unità di voto è la tribù. Sono diverse da queste tribù genetiche arcaiche di cui Varrone è uno dei pochi a dirci qualcosa. La Trattatistica politica • Cicerone (106-43 a.C.), in particolare ne La Repubblica e Le leggi, nelle quali l’oratore propone il suo modello di stato (spesso un’idealizzazione delle strutture della prima Repubblica) e ci fornisce diverse notizie di carattere storico. • Seneca (4 a.C. – 65 d.C.), in particolare ne La clemenza e I benefici: le riflessioni di un filosofo stoico, che è al contempo anche uomo politico, sulla natura del potere sotto il nuovo regime imperiale. Cerca di indirizzare l’Imperatore di cui era precettore, nel governo, verso questa virtù: la clemenza. • Plutarco (50-125 d.C. circa), Questioni romane, una sorta di dialogo, in forma di domanda e risposta, su diversi aspetti delle istituzioni pubbliche e private. Scrive in greco. Ci da informazioni sulla carica di Tribunato della plebe sconosciuta al mondo greco a cui lui si indirizza. E spiega che cos’è, non trovando corrispondenze nella polis. FONTE: Seneca, La clemenza, Proemio, 1, 1-2: il principe ha in mano i destini del mondo “Ho deciso di scrivere sulla clemenza, Nerone Cesare, per poter fare in qualche modo la parte dello specchio [prima opera letteraria del sottogenere Specius de Principis che ebbe fortuna anche nel mondo medievale: proporre un modello di comportamento al sovrano.] e mostrarti l'immagine di te stesso, che sei avviato a raggiungere il massimo dei piaceri. Infatti, benché il vero frutto delle azioni rette sia l'averle compiute e non 46 ci sia alcun premio degno delle virtù, al di fuori delle virtù stesse, giova esaminare attentamente e percorrere la propria buona coscienza e poi posare lo sguardo su questa immensa moltitudine discorde, sediziosa, incapace di dominarsi, pronta a saltar su per la rovina altrui e per la propria, una volta che avrà abbattuto questo giogo; e giova parlare così con se stessi: «Sono, dunque, io quello che fra tutti i mortali è stato preferito e scelto per fare in terra le veci degli dèi?».” Seneca dice all’imperatore che lo aspetta un immane compito, governare una moltitudine discorde e sovversiva e per cui deve chiedersi se è proprio lui, rappresentante degli dei a dover guidare questa folla. Il Pamphlet di natura politica Più che una ricostruzione erudita e filosofica, quello che spicca è l’aspetto della polemica, a volte anche violenta. Il Panphlet non è opera di riflessione filosofica, ma attacco politico. • Flavio Giuseppe (37-100 d.C. circa), poeta ebraico, autore della Guerra Giudaica scritta sotto i Flavi, che qui ricordiamo con l’Apologia (o Contro Apione), in cui l’autore contrasta le posizioni degli autori antisemiti (e da ultimo quelle del grammatico alessandrino Apione). Difesa vigorosa delle posizioni ebraiche contro i loro avversari. L’antisemitismo è fenomeno che si sviluppa nel mondo antico e nel mondo romano. C’erano autori particolarmente avversi al mondo ebraico soprattutto in Egitto, in particolare ad Alessandria dove c’era una forte componente ebraica sempre in lotta con quella greco – egiziana. Apione, grammatico era l’esponente più anti semita. Violentemente ostile agli ebrei. Delle sue opere conosciamo solo le sue posizioni da Flavio Giuseppe che le demolisce. All’imperatore Caligola arrivano due ambasciate da Alessandria: quella greco – egiziana è guidata da Apione, quella ebraica da Filone. • Seneca, che nell'Apocolocyntosis ci ha lasciato una satira feroce di Claudio, non divinizzato, ma “zucchificato”. Capace di riflessione politica ma anche di attacco violento. Non è un autore semplice da tradurre. Seneca è un uomo capace di scrivere l’elogio funebre di Claudio, letto dal suo pupillo Nerone e nello stesso tempo scrivere quest’opera satirica sull’Imperatore Claudio. Parodia della divinizzazione di Claudio, zucchificato in zucca, in quanto per Seneca, egli era stato invita una zucca vuota. • Procopio (490-565 d.C. circa), Storia segreta, un virulento attacco nei confronti di Giustiniano e di sua moglie Teodora (che invece sono celebrati nella sua opera maggiore, Le guerre) Altro autore che tiene il piede in due scarpe. FONTE Seneca, La trasformazione di Claudio in zucca, 2, 2 – 3, 3: lasciamo che Claudio muoia, una buona volta! “Allora Mercurio, che s'era sempre compiaciuto del suo talento, prende in disparte una delle tre Parche e le dice: «Perché crudelissima donna, permetti che il poveruomo sia tormentato? Non avrà mai un attimo di riposo, dopo essere stato tanto a lungo torturato? Sono sessantaquattro anni che combatte con l'anima. Perché vuoi male a lui e allo stato romano? Lascia che gli astrologi dicano una buona volta la verità, loro 47 che, da quando è diventato principe, gli fanno i funerali tutti gli anni e tutti i mesi. E però non fa meraviglia se sbagliano e nessuno conosce la sua ora: ché nessuno lo ha mai considerato nato. Fa' quello che si deve fare: mandalo a morte, lascia che uno migliore regni nel palazzo vuoto». Ma Cloto: «Io per Ercole – dice – volevo accordargli un pochino di tempo in più, giusto che concedesse la cittadinanza a questi pochi che restano – aveva deciso infatti di vederli tutti in toga, Greci, Galli, Spagnoli, Britanni – ma poiché sembra opportuno che alcuni stranieri siano lasciati in semenza, e tu ordini che così si faccia, così sia fatto!» Il motivo della polemica di Seneca: “politica di ampiamento della cittadinanza romana.” L’Apologetica cristiana Un genere che illustra i rapporti tra Cristianesimo e Impero, in difesa della nuova religione. – Giustino (100-165 d.C.) nelle Apologie rivolte ad Antonino Pio e al Senato. – Clemente di Alessandria (fine II-inizi III sec. d.C.), in particolare nel Protrettico, un’esortazione ad abbandonare la religione tradizionale e ad abbracciare il Cristianesimo. – Tertulliano (seconda metà del II – prima metà del III sec. d.C.), in particolare nell’Apologetico, in cui difende il Cristianesimo dalle accuse infamanti di cui era oggetto. Si scaglia violentemente contro gli avversari del cristianesimo e contro le accuse infamanti al cristianesimo. – Lattanzio (250-317 d.C.), La morte dei persecutori, sulle persecuzioni contro i Cristiani, e ne Le istituzioni divine, opera nella quale polemizza contro la religione tradizionale. Si scaglia contro il periodo della Tetrarchia e sotto Diocleziano. Lattanzio spiega come i persecutori siano morti di morte orribile puniti da Dio. – I diversi Atti dei Martiri, basati sui verbali dei processi contro i Cristiani, a testimonianza del loro eroico martirio; i più antichi, e fra i più affidabili, sono gli Atti dei Martiri Scillitani, verbale del processo condotto nel 180 d.C. contro 12 cristiani di Scillum, in Numidia. Molte sono opere romanzesche e non affidabili Atti dei Martiri Scillitani, LXXII Un gruppo di cristiani di Scillum in Numidia in Africa è il più affidabile. FONTE: “Il proconsole Saturnino recitò la sua decisione, leggendola da una tavoletta: «Sperato, Nartzalo, Cittino, Donata, Vestia, Seconda e gli altri hanno confessato di vivere secondo il rito cristiano e, pur avendo ricevuto l'offerta di ritornare al modo di vivere dei Romani, hanno perseverato ostinatamente; si ordina quindi che siano condannati a essere uccisi di spada». Sperato disse: «Ringraziamo Dio!» Nartzalo disse: «Oggi siamo martiri in cielo. Grazie a Dio!». 50 • Dione di Prusa (40-112 d.C.), detto Dione Crisostomo (boccadoro) per la sua oratoria aulica, autore di diverse orazioni, pronunciate in città dell’Asia minore e della Grecia, specchio interessante della situazione politica interna di queste comunità. • Elio Aristide (120-181 d.C. circa), in particolare nella famosa Orazione a Roma, il manifesto di un intellettuale della seconda sofistica che è esaltazione dell’egemonia romana. Intellettuale greco che riconosce i vantaggi dell’egemonia di Roma. • I Panegirici latini, una raccolta di orazioni encomiastiche per alcuni imperatori del periodo tardoantico, dai Tetrarchi a Teodosio I, opera di autori diversi, alcuni dei quali restano anonimi. • Temistio (317-388 d.C. circa), le cui orazioni illustrano l’ideologia imperiale nel IV sec. d.C. Autore che scrive in greco ed è interessante per capire l’ideologia dell’Impero. • Sidonio Apollinare (430-486 d.C.), autore di Panegirici degli ultimi imperatori d’Occidente. Autore gallico. Esalta la grandezza imperiale che in realtà era alla rovina. Siamo alle soglie del Medioevo. • Il panegirico di Maggiorano è una importante testimonianza della decisione di invadere l’Africa settentrionale e liberarla dai Vandali. LEZIONE X 22/02/2021 power point 6 slide 30 E 7 L’Epistolografia In storia romana riveste interesse per conoscere la personalità degli autori: • Cicerone, Lettere ad Attico, Lettere agli amici e Lettere al fratello Quinto, ricche di dettagli preziosi sulla vita politica di Roma negli ultimi decenni della Repubblica. Sono spesso lettere politiche datate e quindi hanno un alto profilo come fonte. Molte nel periodo post uccisione di Cesare che costruiscono l’evento quasi ora per ora. E dell’età repubblicana. • Plinio il Giovane, Lettere, in 10 libri, interessante, oltre che per i comportamenti della classe dirigente tra la fine del I e gli inizi del II sec. d.C., per l’amministrazione provinciale romana (il libro X). Le dieci lettere dell’età imperiale. Indirizzate a membri dell’aristocrazia senatoria. Nel Libro X sono raccolte le lettere inviate da Plinio il Giovane in qualità di Governatore di Bitinia e Ponto all’Imperatore Traiano. Il libro contiene le risposte dell’Imperatore. • Frontone (100-170 d.C. circa), nelle Lettere indirizzate ai suoi due illustri pupilli, Marco Aurelio e Lucio Vero (e le risposte dei giovani al maestro). Sono lettere che invia a due suoi allievi illustri: Marco Aurelio e Lucio Vero, la Diarchia. Grande retore. Contiene le risposte degli imperatori. FONTE: Plinio il Giovane, Lettere, X, 96: come comportarsi con i Cristiani? “Caio Plinio all'imperatore Traiano. È mia abitudine, o signore, deferire al tuo giudizio tutti i casi sui quali rimango incerto. Chi infatti sarebbe più indicato per dirigere la mia titubanza o per ammaestrare la mia incompetenza? Non ho mai preso 51 parte a nessun'istruttoria sul conto dei Cristiani: pertanto, non so quali siano abitualmente gli oggetti ed i limiti sia della punizione che dell'inchiesta. Sono stato fortemente in dubbio se si debba considerare qualche differenza di età, oppure se i bambini nei più teneri anni vadano trattati alla stessa stregua degli adulti, che hanno raggiunto il fiore della forza; se sia d'uopo dimostrarsi indulgenti davanti al pentimento, oppure se, a chi sia stato effettivamente cristiano, non serva a nulla l'avervi rinunciato; se si debba punire il nome in sé stesso, anche quando sia immune da turpitudini, oppure le turpitudini connesse con il nome.” • Libanio (314-394 d.C.), il cui Epistolario è importante per la ricostruzione delle vicende politiche della parte orientale dell’Impero e della città di Antiochia. Una delle poche città al di fuori di Roma di cui si sa moltissimo come Alessandria. • Simmaco (340 d.C. circa – 403 d.C.), con le sue Lettere, specchio dell’aristocrazia pagana tardoantica, ma anche nelle Relazioni, i rapporti inviati dall’autore in quanto prefetto dell’Urbe all’imperatore. Ferocemente attaccato alla tradizione romana pagana: dibattito con Ambrogio vescovo di Milano per mettere la statua della dea Vittoria in senato. • Sidonio Apollinare, il cui Epistolario è interessante per le vicende della Gallia tra dominio romano e regni germanici. Aristocrazia gallo romana. Opportuno non dare a questa corrispondenza un carattere spiccatamente “privato”: queste raccolte sono il frutto di una selezione, degli autori stessi o dei curatori della loro opera, per stile e per contenuto. Presentare le lettere come modello stilistico. Usate per imparare il latino nelle scuole nei secoli a venire. La trattatistica oratoria • Cicerone, che in Bruto, L'oratore, Dell'oratore ci ha lasciato molti ritratti e notizie di grandi oratori (e grandi politici) della Roma repubblicana. Rilevanti dal punto di vista politico: oratoria o abilità retorica era l’abilità che si richiedeva a un politico di successo. • Il Dialogo sugli oratori, attribuito a Tacito, opera di età traianea in cui si collega la fine della grande oratoria con la fine delle libertà repubblicane. Età imperiale. FONTE: Cicerone, Bruto, 33, 125-126: un lusinghiero giudizio su Gaio Gracco. “Ma ecco che incontriamo un uomo dotato più di ogni altro per l’eloquenza, di intensa operosità e istruito fin da ragazzo, Gaio Gracco. Puoi star sicuro Bruto, che nessuno ha mai avuto un’eloquenza più robusta della sua […] Tanto lo Stato che la letteratura romana hanno subito un grave danno per la sua fine immatura. Ah, se non avesse amato tanto il fratello quanto la Patria! [ il problema di Gracco secondo Cicerone è l’amore familiare]Con una tale attitudine all’eloquenza, egli avrebbe facilmente raggiunto, se fosse vissuto più a lungo, la gloria del padre e del nonno. Nel campo dell’oratoria non credo che qualcuno l’avrebbe mai eguagliato: in lui troviamo solennità di parole, saggezza di pensieri e un tono generale veramente elevato.” 52 Rispetto dei copisti medievali per le opere antiche, al contrario è l’opera di Flavio Giuseppe, dove in un punto appare chiaro un distacco dal testo e solo per convalidare la vita di Cristo. La Letteratura giuridica • Le Istituzioni di Gaio (II sec. d.C.): una sorta di manuale di diritto pubblico romano. • Codex Theodosianus, raccolta di costituzioni imperiali promossa da Teodosio II (438 d.C.). promosso da Teodosio II nel 438 d. C che è una raccolta di costituzioni imperiali e editti. • Corpus Iuris Civilis di Giustiniano (a partire dal 529 d.C.): pubblicato in due edizioni di cui la prima esce nel 529 d. C – Institutiones, un manuale di diritto romano. – Codex Iustinianus, raccolta di costituzioni imperiali. Più ampia di quello teodosiano. – Digesto (o Pandette), un’antologia della giurisprudenza romana, ordinata per temi. – Novelle, raccolta delle costituzioni promulgate da Giustiniano dopo l’edizione del Codex. • Le Varie di Cassiodoro (485-580 d.C. circa) raccolta dei provvedimenti redatti per conto dei re ostrogoti d’Italia. Ultimo esponente della latinità classica. FONTE: Gaio, Istituzioni, I, 3: la differenza tra leges e plebiscita “Legge è ciò che il popolo comanda e stabilisce, plebiscito ciò che la plebe comanda e stabilisce. [populus non è la gente, ma l’assemblea popolare. Coloro che hanno diritti civili: maschi, adulti] La plebe differisce dal popolo in quanto col nome di popolo si intendono tutti i cittadini, compresi anche i patrizi, mentre col nome di plebe si intendono i cittadini che non sono patrizi. [nelle assemblee popolare che emanano i plebisciti ci sono solo i plebei, in quella popolare che emana leggi, siedono tutti i cittadini, compresi i patrizi.] Un tempo, di conseguenza, i patrizi non si consideravano vincolati dai plebisciti che erano passati senza la loro sanzione; ma in seguito venne presentata la legge Ortensia, 287 a.C che prescrisse che i plebisciti dovevano valere per l'intero popolo; in tal modo essi furono equiparati alle leggi.” I generi della finzione letteraria A fronte della scarsità delle sue fonti, lo storico romano non esita a ricorrere ai generi della finzione letteraria: la Poesia, il Teatro, il Romanzo. Opere che restituiscono soprattutto un quadro generale del clima politico del loro tempo, più che puntuali riferimenti ad avvenimenti precisi. Delicata la valutazione di queste opere: ma in generale ci si deve guardare dal definirle semplici echi della propaganda (o dell’opposizione). Il Clastidium'' di Nevio (Clasteggio in provincia di Pavia = scontro decisivo tra romani e insumbri di origine celtica) La Poesia 55 compenso ma è un onore rivestire una carica pubblica. Di fatto ci si poteva arricchire lo stesso ma era più una questione morale. Ci parlano di storia politica. • Iscrizioni sepolcrali, che talvolta hanno brevi cenni a episodi storici famosi. Sono la maggioranza dei documenti epigrafici e si occupa di storia sociale • Le iscrizioni (di natura onoraria, o relative alla costruzione di qualche opera pubblica) ove appare la titolatura imperiale. L’imperatore ha un nome complesso. Spesso le opere pubbliche erano ordinate dall’Imperatore. • Inoltre un documento eccezionale, che sfugge ad una precisa classificazione: le Res gestae divi Augusti. Il racconto delle imprese del Divino Augusto, diverso dall’elogio perché lo scrive l’Imperatore in persona appunto per spiegare la nascita del Principato. – Ancora una volta per i singoli documenti di interesse si rimanda alle Introduzioni di Marcone – Geraci, Fonti per la Storia romana FONTE: Un esempio di decreto: Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 614 = A. Degrassi, Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae, Firenze 1963-1965, II, n°514 Le fonti repubblicane sono scarse, se ne hanno di più dell’epoca imperiale. Un caso dove l’interpretazione è diverso dalla traduzione: “Imperator” è il termine in cui in età repubblicano si designa colui che ha un imperio = comando militare vittorioso. Non è un latino classico ma ha un’ortografia diversa = ha un significato in relazione alla data in cui fu scritto. In latino letteralmente = dodici giorni prima alle calende di febbraio. I romani contavano i giorni indietro a un punto fisso del mese. Corrispondente al 19 gennaio. Niente data quindi. LEZIONE XI 23/02/2021 power point 7 Esempio di una rubrica del DIGESTO L. Emilio, figlio di Lucio, imperator, ha decretato che quelli degli schiavi degli Astensi che abitano nella Torre Lascutana siano liberi; le terre e gli insediamenti, che essi possedevano a quel tempo, ha ordinato loro parimenti di possedere e detenere fino a quando ciò piaccia al popolo e al Senato romano oppure se ciò piaccia al popolo e al Senato romano. Emesso nell'accampamento il 19 di Gennaio. L(ucius) Aimilius L(uci) f(ilius), inpeirator, decreivit / utei quei Hastensium servei / in turri Lascutana habitarent / leiberei essent; agrum oppidumqu(e) / quod ea tempestate posedisent, / item possidere habereque / iuosit, dum pop(u)lus senatusque / Romanus vellet. Act(um) in castr{e}is / a(nte) d(iem) XII K(alendas) Febr(uarias) 56 • Digesto, XL,3: la manomissione di schiavi appartenenti a un’associazione. Riporta tre citazioni del Diritto classico: 1) Ulpiano, A Sabino, libro V: il divo Marco (Aurelio) ha dato potere di manomissione a tutte le associazioni che hanno diritto di unirsi. 2) Ulpiano, A sabino, libro XIV: in conseguenza di ciò esse potranno reclamare l’eredità legittima di un liberto. 3) Papiniano, I responsi, libro XIV: lo schiavo di una comunità cittadina manomesso legalmente conserva il peculio, se non è stato esplicitamente privato di esso; in questo caso il debitore è liberato [dal suo debito] pagandolo. Cambio di Focus: non più comunità associazionistica, ma comunità cittadina, come associazione pubblica. Il peculio era la somma che il padrone lasciava in uso allo schiavo. Schiavi che godevano della fiducia del padrone potevano utilizzare il peculium, che di fatto apparteneva al padrone. Al momento della manomissione, a volte, l’ex schiavo conservava il peculium. Nell’ultimo caso si tratta di qualcuno che ha chiesto a prestito una somma da uno schiavo. Ruolo socio economico degli schiavi a Roma, che non è sempre una vita disgraziata. (uno schiavo poteva concedere il peculium a un libero cittadino che dovrà essere restituito) L’esempio di una rubrica del Digesto. Una breve rubrica del Digesto, dedicata al fenomeno particolare degli schiavi di una collettività, associazione o comunità cittadina: un particolare della schiavitù romana, la sua estensione non solo alle persone fisiche, ma anche alle “persone giuridiche”. Il mondo romano imperiale guarda con una certa circospezione le associazioni come possibili fonti di partiti rivali e le regolamenta. I tre frammenti affrontano problemi diversi: - Il diritto per le associazioni legalmente riconosciute non solo di possedere schiavi, ma anche di liberarli; un diritto concesso da marco Aurelio. - Il diritto dell’associazione, in quanto patrona dello schiavo liberato, di adire a una parte dell’eredità da lui lasciata. - Il diritto di un debitore di sciogliersi dal debito contratto con uno schiavo, successivamente liberato, versando la somma al liberto se questi avesse visto confermato il suo diritto al peculium; se questo diritto fosse stato revocato, il debitore avrebbe dovuto versare la somma al patrono. - Ricordiamo che il peculio era quella somma che il padrone lasciava in uso allo schiavo, anche se legalmente ne era lui il proprietario. Gli schiavi erano usati economicamente: il pecullium era dato spesso perché erano schiavi che gestivano botteghe artigianali. Era comunque una somma che dovevano rendere conto al padrone. 57 Nel trattare di questa particolare materia degli schiavi manomessi di una comunità, i compilatori del Digesto, mettono insieme tre frammenti diversi della giurisprudenza classica. - Due sono tratti dall’opera A Sabino che Domizio Ulpiano (170 -228 d. C circa) compila nella forma di un commento all’opera su Il diritto civile di Masurio Sabino, di età giulio – claudia. - Uno dai Responsa dell’altrettanto famoso Emilio Papiniano (142 – 213 d. C circa) Ulpiano e Papiniano, insieme ai colleghi Paolo, Modestino e Gaio, erano i 5 giuristi la cui opinione era fonte di diritto, secondo la Legge delle citazioni del 426 d. C (Codice Teodosiano, I,4,3). E se vi fosse stato disaccordo tra i 5, doveva prevalere l’opinione di Papiniano “uomo di eccellente ingegno”. Definito anche dai giuristi dell’età moderna il più grande giurista che sia mai esistito e che mai esisterà. Un modello inarrivabile. Il diritto romano ha avuto un valore esemplare a partire dall’antichità, nel medioevo, in età Moderna, fino ai nostri giorni. È difficile prefigurare nell’antica Roma il mestiere di avvocato così come lo prefiguriamo noi ora. Non sono professionisti. Non è un mestiere professionalizzato. Questi erano giurisperiti, esperti di diritto. Il Diritto romano è arrivato a noi grazie alle raccolte tardo antiche: il Codice Teodosiano e il codice di Giustiniano. La forma Codice di Leggi romane è fondante per il Diritto dell’Europa formato di codici, grazie alla mediazione fondamentale del Codice Napoleonico che s’ispira al Codice Teodosiano che s’ispira al Codice di Giustiniano. Ma rimane un Diritto romano tardo antico, una delle forme del Diritto romano che per larga parte della sua storia prima del V e VI secolo d. C, prima della 60 • ma allo stesso tempo costituiva una dura punizione per gli Hastenses, forse colpevoli di aver parteggiato per Cartagine durante la II guerra punica, che in questo modo perdevano i dipendenti. • Un interessante problema interpretativo sul valore da dare a dum: temporale o condizionale? Come esempio di trattato internazionale ecco una fonte in greco. Siamo agli inizi della I guerra macedonica, conflitto laterale alla II guerra punica. Dopo la disfatta di Canne 215 a. C, Filippo V di Macedonia che aveva motivo di ostilità nei confronti dei romani, decide di dichiarare guerra a Roma, approfittando della prostrazione dei romani dopo la disfatta e intavola trattative con Annibale il cui problema era l’approvvigionamento perché Roma controllava i mari e sapeva di essere numericamente inferiore. Roma per impedirlo, crea una coalizione anti macedone, di cui la Lega Etolica, stato federale della Grecia è quello principale. FONTE: Inscriptiones Graecae IX2 1, 241: il trattato romano-etolico del 212 a.C. “E se i Romani prenderanno con la forza alcune città di questi popoli, queste città e i rispettivi territori, per quanto è in potere del popolo romano, sia lecito che li tenga il popolo degli Etòli;[ ai romani non interessavano possibili territori che li lasciavano agli etoli, mentre il bottino mobile rimaneva ai romani] e ciò che i Romani prenderanno all'infuori delle città e del territorio, lo tengano i Romani. E se alcune di queste città saranno prese insieme da Romani e Etòli, queste città e i relativi territori, per quanto è in potere del popolo romano, sia lecito agli Etòli tenerli. E ciò che prenderanno all'infuori delle città, sia in comune di ambedue. E se alcune di queste città si consegneranno o intenderanno consegnarsi ai Romani o agli Etòli, questi uomini e le città e i territori, per quanto è in potere del popolo romano, sia lecito agli Etòli di accogliere nella propria lega ...” IG IX2, 1, 241: il trattato romano-etolico Un’epigrafe rinvenuta a Tyrrheion, in Acarnania, a poca distanza dall’Etolia. Il trattato testimonia la strategia di Roma durante la I Guerra Macedonica: 61 Fronteggiare la minaccia di Filippo V grazie ad una coalizione di stati greci, mentre gli eserciti romani erano impegnati a fronteggiare Annibale in Italia. Le clausole del trattato sono note anche da Livio, XXVI, 24, 10-13 (da Polibio), con qualche divergenza. Il trattato dimostra un certo disinteresse di Roma verso ampliamenti territoriali in Grecia: le città conquistate sarebbero state cedute agli alleati.” Caso di fonte non rielaborata. Il testo del trattato è così come venne concepito nelle trattative diplomatiche ed eternato in pietra. In Livio la sua rielaborazione. Caso in cui si può misurare il tempo che è passato dalla fonte primaria alla sua rielaborazione. Livio ritocca il testo: non solo dal punto di vista stilistico ma dando alle concessioni di Roma un’accezione più positiva. Da questo si può dedurre che altre fonti hanno lavorato in questo modo. ELOGIA degli uomini llustri L’elogio di C. Duilio Originariamente inciso sulla base di una colonna rostrata, di cui qui si propone una ricostruzione. Comandante e ammiraglio durante la prima guerra punica. Il testo dell’elogio di C. Duilio CIL I2, 25 = ILLRP I, 319: l’elogio di C. Duilio: il testo originale “[Consol Secest]ano[s socios p(opli) R(omani) Cartaciniensiom] / [obsidione]d exemet lecione[sque Cartaciniensis omnis] / [m]aximosque magistr[a]tos l[uci palam post dies] / [n]ovem castreis exfociont Macel[amque opidom] / [p]ucnandod cepet enque eodem mac[istratud bene] / [r]em navebos marid consol primos c[eset copiasque] / [c]lasesque navales primos ornavet pa[ravetque] / cumque eis navebos claseis Poenicas omn[is item ma]/[x]umas copias Cartaciniensis praesente[d Hanibaled] / dictatored ol[or]om in altod marid pucn[ad vicet] / vique nave[is cepe]t cum socieis septer[esmom I quin]/[queresm]osque triresmosque naveis X[XX merset XIII] / [aur]om captom numei MMMDCC / [arcen]tom captom praeda numei C(milia) [--.] / [omne] captom aes CCCCCCCC(milia) [---] / [---]CCCCCCCCCCCCC(milia) [---] / [triump]oque navaled praedad poplom [donavet] / [multosque] Cartacinie[ns]is [ince]nuos d[uxit ante] / [curum ---] eis capt[---] / ------?” 62 I suoni c e g sono ancora trascritti in una lingua arcaica. Un uso della lettera c per esprimere nel latino classico notato con la lettera g [Cartaciniensis]. Anche l’ablativo è arcaico [obsidione]d] nel latino classico sarà obsidione. Una lingua che ben corrisponde al periodo della I guarra punica a differenza della forma della scrittura. CIL I2, 25 = ILLRP I, 319: l’elogio di C. Duilio: la traduzione “Console, liberò i Segestani, alleati del popolo Romano, dall'assedio dei Cartaginesi e le legioni [i romani romanizzano] dei Cartaginesi e il loro comandante supremo dopo nove giorni fuggirono dal loro accampamento, e prese combattendo la città di Macella.[difficilmente identificabile in Sicilia] Durante la medesima carica, essendo console per primo conseguì un successo navale per mare [ la battaglia di Milazzo dove la flotta romana sconfisse la ben più esperta flotta cartaginese] e per primo equipaggiò e allestì una flotta navale; e con queste navi vinse in battaglia combattuta in mare aperto tutte le flotte cartaginesi e parimenti le maggiori forze cartaginesi, in presenza di Annibale, il loro dittatore,[lente deformante dell’occhio del romano che attribuisce al comandante cartaginese il titolo romano di dictator che a Cartagine non esisteva, ma che i romani cercano di interpretare il titolo cartaginese. Gli uomini politici a Roma sono dei dilettanti prestati all’esercito, tra i cartaginesi invece erano esperti militari e spesso hanno un cattivo rapporto con il mondo politico, tanto che quando perdono guerre e battaglie vengono crocifissi. A Canne i romani come comandanti avevano Emilio Paolo più cauto e Terenzo Varrone più impulsivo che decide di attaccare causando una sconfitta che costa la vita di Emilio Paolo. Tornato a Roma viene ringraziato per non aver ceduto alla sconfitta in quanto il potere militare è collaborativo di quello politico, rispetto a Cartagine] e con la forza catturò le seguenti navi con gli equipaggi: una nave a sette ordini di remi, 30 quinquiremi e quadriremi; ne affondò 13. Oro preso: 3.700 pezzi, argento preso come bottino 100.000 pezzi [o più]. Totale del denaro preso: [tra 2.900.000 e 3.400.000] sesterzi. Celebrato il trionfo navale, donò il bottino al popolo Romano e fece sfilare cittadini liberi di Cartagine …”[ i liberi cittadini di Cartagine combattevano nella flotta, mentre per l’esercito terrestre si usavano mercenari della zona.] L’elogio di C. Duilio • L’elogio, per la parte superstite, tratta delle imprese compiute da Duilio durante il suo consolato del 260 a.C., nel corso della I Guerra Punica. – Le operazioni terrestri intorno alle città siciliane di Segesta e Macella. – Ma soprattutto la clamorosa vittoria navale di Milazzo, enumerando le perdite nemiche e il bottino conquistato. • L’epigrafe presenta una lingua di III sec. a.C., ma caratteri paleografici della prima età imperiale, quando venne reincisa, forse perché l’originale era consunto. Conservare la forma linguistica originaria serve per dare ancora più autorità. Perché in età augustea si sente l’esigenza di restaurare un vecchio testo del III secolo a. C? Per esaltare la grandezza di Roma. Augusto non fa incidere solo questo elogio, ma anche altri elogi della repubblica romana: è come 65 per il cursus onorum che viene riportato inversamente: inverso all’ordine cronologico con cui le cariche vennero rivestite. L’iscrizione ricorda dalla carica più alta detenuta alla fine della carriera, alla carica più bassa di Quinto Vario Gemino. CIL IX, 3306 = ILS 932 a: il primo senatore peligno • Qualche informazione di natura storica ci viene fornita in primo luogo dal cursus honorum del personaggio, riportato in ordine inverso rispetto a quello cronologico: – Il governatorato di una provincia in qualità di legatus Augusti pro praetore poteva essere iterato. Lo fu per due volte. L’iscrizione ci fa capire che il governatorato di una provincia in età augustea può essere iterato, può essere ricoperto due volte. – La partecipazione come presidenti o come giurati semplici alle giurie delle quaestiones perpetuae di senatori ancora all’inizio della loro carriera. Carica riservata a giovani senatori all’inizio della carriera. – La creazione di un ufficio preposto alla distribuzione di cereali, affidato a giovani senatori all’inizio della loro carriera. – La creazione di un ufficio preposto alla tutela dei templi e dei monumenti pubblici, affidata a giovani senatori (se l’ordine inverso del cursus è rispettato). • Di grande interesse il ricordo del fatto che Gemino fu il primo senatore dell’area peligna: una dimostrazione tangibile di come in età augustea il Senato sia divenuto un’assemblea italica, ma anche del vigore del patriottismo municipale. I peligni erano reputate persone coraggiose come i marsi ma non particolarmente sveglie. Un detto romano citava: “stupidi come un peligno”. Stereotipo della gente di montagna abruzzese cocciuta e testarda e anche geograficamente la regione non era un eden per cui si diceva “fa un freddo peligno”. LEZIONE XII 24/02/2021 power point 7 CIL XIII, 8648: l’iscrizione sepolcrale di M. Celio Rinvenuta nella località di Castra Vetera (odierna Xanten), l’iscrizione si conserva oggi al Museo di Bonn. Un calco nell’aula Marco Celio della nostra sezione di Storia Antica. 66 Classe epigrafica numerosa, l’epigrafia funeraria: documenti di interesse di storia sociale. Spesso la vita di un’umile persona incroci la storia. È il caso di Marco Celio. Centurione originario di Bologna la cui copia è in Università. CIL XIII, 8648 = ILS 2244: l’iscrizione sepolcrale di M. Celio Il simbolo delle // due aste significa che non è il testo principale in quanto riporta i nomi dei liberti che lo seppellirono. Una delle 31 tribù rustiche in cui i romani erano iscritti, Lemonia, tipica di Bologna. Erano Circoscrizioni territoriali. I Liberti non hanno la tribù, il patronimico viene sostituito da “m<arci Liberto”, un liberto tecnicamente non ha un padre, non può farvi riferimento ed è il suo patrono a sostituire nella sua formula onomastica. Un liberto è un ex schiavo. (Marco Celio Privato, liberto di Marco. Marco Celio Tiamino, liberto di Marco.). Il patronimico invece pretende l’espressione “filius”. (I russi mantengono il patronimico) Il patronimico è importante in quanto descrive l’appartenenza a una famiglia. Il liberto sostituisce il patronimico con il patrono. Era un centurione della XVIII legione. Il numero noi lo esprimiamo nella sua forma addittiva (XVIII), qui è espresso nella forma sottrattiva (XIIX = 10+10- 2) I romani tendono a descrivere la durata della vita cioè quanti anni aveva un centurione (LIII). Cadde nella guerra di Varo. “sia lecito seppellrne qui le ossa” cioè in futuro quando si troveranno saranno seppellite qui. Il fratello Publio celio fece l’iscrizione. C’è una microstoria che incrocia una grande storia. CIL XIII, 8648: l’iscrizione sepolcrale di M. Celio Un caso in cui la microstoria individuale incrocia la Grande Storia: il centurione bolognese M. Celio cadde nella Guerra di Varo, presumibilmente proprio nella disfatta della Selva di Teutoburgo del 9 d.C. Nella “lapidaria” comunicazione epigrafica anche la più piccola notazione ha il suo peso: l’espressione ossa [hic?] inferre licebit ci segnala non solo che il nostro monumento è un cenotafio, ma comunica anche il senso di onta, per aver lasciato insepolti i soldati caduti con Varo. Epitafos = che sta sulla tomba. Cenotatafio = senza tomba. Da notare anche la definizione di “Guerra di Varo” dalla sconfitta di Teutoburgo: la responsabilità del disastro è attribuita all’insipienza del comandante Publio M(arcus) Caelius M(arci) l(ibertus) Privatus. // M(arcus) Caelius M(arci) l(ibertus) Thiaminus, // M(arco) Caelio T(iti) f(ilio) Lem(onia tribu) Bon(onia), //(centurioni) leg(ionis) XIIX, ann(orum) LIII / [ce]cidit bello Variano, ossa / [hic? i]nferre licebit. P(ublius) Caelius T(iti) <f>(ilius) / Lem(onia tribu), frater, fecit. Marco Celio Privato, liberto di Marco. Marco Celio Tiamino, liberto di Marco. Marco Celio, figlio di Tito, iscritto nella tribù Lemonia, Bologna centurione della XVIII legione, di 53 anni, cadde nella guerra di Varo, sia lecito seppellirne qui le ossa. Publio Celio, figlio di Tito, iscritto nella tribù Lemonia, (suo) fratello, fece. 67 Quintilio Varo. Esaspera le popolazioni con continue richieste di tasse. Provoca una ribellione con a capo Arminio con un vasto movimento di tribù germanico. Varo credeva di essere in una zona da anni conquistata, ma la Germania era da poco sotto il dominio romano. Varo si dirige dentro la selva di Teutoburgo che di fatto è una trappola. Massacro di tre legioni, i superstiti si ritirano al di là del Reno. Il testo deve essere letto insieme all’apparato iconografico: Publio Celio fa raffigurare orgogliosamente il fratello con le sue insegne e le sue decorazioni militari: la corona civica sulla testa, un’armilla al polso destro, le phalerae sulla corazza, due torques sulle spalle. Il confronto stilistico pare dimostrare che il monumento sia opera di maestranze bolognesi, o comunque dell’Italia settentrionale. Germanico 10 anni dopo ritrova dei resti ossei che fa ricomporre, ma praticamente i caduti di Teutoburgo non furono mai ricomposti. Espressione del fratello di vergogna, pubblica e privata in quanto le anime non trovavano degno passaggio. Importante anche quello che ci fa capire nella propaganda di allora come la sconfitta non era colpa di Augusto o dei valorosi romani, ma di Varo, infatti vengono chiamate “guerre di Varo”. Importa l’elemento propagandistico e di Augusto che solleva se stesso e i romani da ogni responsabilità e li attribuisce a un comandante che tra l’altro è morto e non potrà difendersi. Augusto perse il controllo, Svetonio racconta che gridò: “Varo restituiscimi le mie legioni!”, Licenza la guardia del corpo germanica. Leleio Patercolo è la fonte ufficiale per la guerra di Teutoburgo ma riporta i ricordi di chi aveva combattuto e un altro è Cassiodoro. Monumento fatto da artigiani bolognesi e tutto fa supporre che Publio fosse a casa e giunta la notizia si porta dietro gli artigiani per ritrovare il corpo e seppellirlo con onore. Aspetto di amore fraterno tra i due. Queste microstorie colpiscono e mettono in comunicazione con persone che non hanno fatto la grande storia, ma perché ci si rifà a sentimenti comuni. L’iscrizione dell’Arco degli Argentari e la titolatura imperiale. L’arco sul quale è inciso il testo si può ancora oggi ammirare a Roma, nel quartiere del Foro Boario. 70 Riferimento ad alcuni poteri insiti nel Principe = il suo potere si configura con una soma di poteri che si rifanno alla Repubblica, l’imperatore è: - Pontifex Maximus leader del collegio dei pontefici, la carica maggiore dei collegi sacerdotali in età repubblicana, che regolarmente gli imperatori assumono. Esempio dato da Cesare che era Pontifex Maximus. Lepido era un Pontifex Maximus, privato di tutti i suoi poteri da Augusto ma non di questo. Si eleggeva e alla sua morte viene eletto Augusto che da quel momento in poi senza eleggerlo, viene trasmesso ai suoi successori. Anche Costantino e i suoi successori rimangono Pontifex Maximus e solo graziano nel IV secolo abbandona il titolo che si trasferisce al vescovo di Roma. - Tribunicia potestate XII: poteri dei tribuni della plebe magistratura di tipologia repubblicana che esisteva dal 494 a. C. Augusto non dice di essere un tribuno della plebe in quanto è un patrizio e solo un plebeo può esserlo ma che ha il potere del Tribuno, cioè di convocare il senato e l’assemblea della plebe per proporre al voto le sue leggi. Oppure il veto arma del tribuno. O la Sacrosantisas: chi attenta a un tribuno viene messo a morte senza processo e diventa “sacer “consacrato agli dei, quindi una sorta di protezione dall’assassinio. Ottaviano non era presente alla morte di Cesare per cui per tutta la vita rimane nel recinto costituzionale e evita ogni atteggiamento monarchico o dittatoriale di Cesare per non fare la stessa fine. Di anno in anno rinnovano la tribunicia potestas (16 dicembre era la data in cui entravano in carica) e di fatto corrisponde agli anni di regno di un imperatore. LEZIONE XIII 01/03/2021 power point 7 - Acclamazione Imperator per l’undicesima volta integrato nell’onomastica con la funzione di prenomen a eternare la capacità di “imperator”. - Segue il ricordo del consolato. Le tradizionali magistrature repubblicane rimangono in vigore anche in età imperiale. Nel caso, Settimo Severo lo è stato tre volte. - Pater Patriae istituito da Augusto. - Segue la titolatura del figlio “Caracalla”. Anche il figlio ha una titolatura pariu al padre: patria potestas per sette volte, consolato ecc. - Viene anche ricordato Geta il figlio minore cui viene conferito il titolo di “Caesar”, mentre Settimo severo e Caracalla sono chiamati “Augusto”, titolo che viene in questo periodo configurato come il titolo del successore. Nel testo è cancellato mentre nella seconda redazione le righe che riguardavano geta viene sostituito da caracalla. - Iulia Augusta (Giulia Domna) con il titolo “mater augustorum” e “castrorum” . Per incidere il plurale nella sigla si raddoppia la lettera. Le G sono due, ma una volta cancellato il ricordo di geta viene cancellata una G. Madre di due imperatori o dell’imperatore e degli eserciti. 71 - Nella prima iscrizione veniva ricordata Fulvia Plautilla, moglie di Caracalla, “augustae imperatori”. Il nome venne poi cancellato ma nella prima versione viene ricordata in quanto figlia del Comandante della guardia pretoriana e prefetto pretorio, il secondo uomo dello stato dopo l’Imperatore. • Un’epigrafe di natura onoraria, posta dagli argentarii (“banchieri, cambiavalute”, ma talora anche “lavoratori dell’argento”) e dai negotiantes boarii (“commercianti di bestiame”) in onore della casata dei Severi. L’iscrizione venne incisa una prima volta nel 204 d.C.: vi avremmo letto il ricordo, oltre che di Settimio Severo, Caracalla e Giulia Domna, anche del figlio minore di Settimio Severo, Geta, della moglie di Caracalla, Plautilla, e del padre di costei, il prefetto del pretorio Plauziano. Il testo dell’iscrizione dovette essere rivisto (a più riprese?) a seguito della disgrazia e della damnatio memoriae di tre dei protagonisti: – Plauziano, accusato da Caracalla di aver ordito una congiura, venne messo a morte nel 205 d.C. – Plautilla, coinvolta nella disgrazia del padre, fu costretta al divorzio, esiliata a Lipari e poi uccisa nel 211. – Geta venne ucciso dallo stesso Caracalla, poco dopo che i due erano succeduti al padre Settimio Severo, nel 211. La seconda versione: • Meno chiare le ragioni che portarono a sostituire huius loci con huius loci, qui invehent, che qualifica i commercianti di bestiame come “coloro che importano” merci in questo mercato. • Da notare anche le informazioni storiche fornite dai cognomina ex virtute di Settimio Severo e Caracalla: – Adiabenicus e Arabicus alludono alle prime fasi della campagna orientale di Settimio Severo (195 d.C.) – Parthicus maximus allude al coronamento della campagna orientale, con la sconfitta dei Parti (198 d.C.) – Britannicus maximus, allude alla vittoriosa campagna condotta da Settimio Severo e Caracalla in Britannia (209 o 210 d.C.). Le Res gestae divi Augusti • Un’opera alla quale Augusto lavorò per buona parte della sua vita e che voleva fosse incisa, dopo la sua morte, davanti al suo Mausoleo, come apprendiamo da Svetonio, Vita di Augusto, 101 e da Cassio Dione, LVI, 33, 1-3. • L’originale è andato perduto, ma il testo è noto da tre copie, curiosamente tutte provenienti dalla provincia di Galazia. • La più completa delle tre è incisa, nell’originale latino e nella traduzione greca, sul tempio di Roma e di Augusto di Ancyra (odierna Ankara). • I danni inferti dall’uomo e dalla natura hanno provocato purtroppo una degradazione dell’epigrafe, che oggi tuttavia è oggetto di interventi di tutela. 72 I resti del tempio di Roma e di Augusto ad Ankara I danni subiti dal Monumentum Ancyranum, in corrispondenza delle parti iniziali delle Res gestae Res gestae divi Augusti, 34, 1-3: Augusto restaura la Repubblica (e crea un Impero …) Res gestae divi Augusti, 34, 1-3: Augusto restaura la Repubblica (e crea un Impero …) Nel mio sesto e settimo consolato, dopo aver posto fine alle guerre civili, avendo ottenuto il potere supremo per consenso universale, trasferii lo stato dal mio potere personale al controllo del senato e del popolo romano. Per questo mio merito ottenni il titolo di Augusto per decreto del senato e gli stipiti della mia casa furono coronati di alloro a spese pubbliche e sulla mia porta di casa fu appesa la corona civica … In consulatu sexto et septimo, po[stquam b]ella [civil]ia exstinxeram per consensum universorum [po]tens re[ru]m om[n]ium, rem publicam ex mea potestate in senat[us populique Rom]ani [a]rbitrium transtuli. quo pro merito meo senatu[s consulto Au]gust[us appe]llatus sum et laureis postes aedium mearum v[estiti] publ[ice coronaq]ue civica super ianuam meam fixa est … [et clu]peus [aureu]s in [c]uria Iulia positus, quem mihi senatum pop[ulumq]ue Rom[anu]m dare virtutis clement[iaeque] iustitiae et pieta[tis cau]sa testatu[m] est pe[r e]ius clupei [inscription]em. post id tem[pus a]uctoritate [omnibus praestiti, potest]atis au[tem n]ihilo ampliu[s habu]i quam cet[eri qui m]ihi quoque in ma[gis]tra[t]u conlegae f[uerunt]. … e nella curia Giulia fu posto uno scudo d'oro che, come attesta l'iscrizione sullo scudo stesso, mi fu conferito dal senato e dal popolo romano in riconoscimento del mio valore, della clemenza, della giustizia e della pietà. In seguito fui superiore a tutti per autorità, pur non possedendo un potere superiore a quello degli altri che mi furono colleghi nelle magistrature. 75 integro, ma si noti la difficoltà della lettura di questi testi rispetto alla scrittura epigrafica. Alcune classi della documentazione papiracea di interesse per la Storia romana • Editti ed ordinanze: rilevanti per i livelli centrali per l’amministrazione. • Annunci ufficiali. • Corrispondenza ufficiale: lettere di natura pubblica eternate sulla pietra ma anche noti da documenti papiracei. • Documentazione di carattere giudiziario: verbali e resoconti di processi • Petizioni riconoscimento diritti. • Lettere private Lo Gnomon dell’Idiologo: Le funzioni dell’Idiologo • L’idios logos (“conto privato”) è una cassa speciale, già attestata in età tolemaica, ma che sopravvive in età romana, dà il nome del funzionario addetto. • Una cassa con introiti irregolari: incamerava beni rimasti senza proprietario, lasciti allo stato (in mancanza di eredi), beni confiscati ai colpevoli di un reato o ai debitori insolventi dello stato. • In età romana l’Idiologo ha anche una funzione di sorveglianza sui culti dell’intero Egitto, in particolare per le questioni finanziarie. • Una competenza che è anche giudiziaria: l’Idiologo giudica le cause in cui è in gioco un interesse del fisco imperiale. Lo Gnomon dell’Idiologo • Una raccolta di provvedimenti giuridici (editti e ordinanze) di interesse per l’amministrazione dell’ufficio dell’Idiologo. • Si conserva principalmente grazie ad un papiro dell’età degli Antonini, rinvenuto a Theadelphia, oggi nell’Ägyptisches Museum di Berlino, che registra 115 articoli. • Tra le numerose edizioni da ricordare la prima, a cura di W. Schubart, Aegyptische Urkunden aus den Königlichen Staatlichen Museen zu Berlin, Griechische Urkunden, V, Der Gnomon des Idios Logos, Berlin 1919 [SA P. IV. 29], e quella parziale, ma con traduzione inglese a fronte, in A.S. Hunt – C.C. Edgar, Select Papyri, II, Cambridge (Mass.) – London 1953, n°206 [SA P. IV. 16]. FONTE: Lo Gnomon dell’Idiologo, 1; 4; 38-39 • 1. Ti ho esposto un riassunto dei punti principali e centrali del testo organico che il divino Augusto ha stabilito per l'amministrazione dell'Idios Logos e dei punti che che sono stati aggiunti nel corso dei tempi dagli imperatori, dal senato, dai prefetti o dagli idiologi che si sono succeduti, affinché, grazie alla forma semplificata della redazione, dopo averlo memorizzato, tu possa facilmente venire a capo delle tue incombenze. • 4. Quando una persona muore senza testamento, senza lasciare alcun erede legittimo, il suo patrimonio è attribuito al fisco.[...] 76 • 38. Coloro che sono nati da una cittadina greca e da un Egiziano restano Egiziani; ma ereditano dai due genitori. • 39. Se un Romano o una Romana sposano, a loro insaputa, un cittadino greco o un egiziano, i loro figli seguono lo stato inferiore. LEZIONE XIV 02/03/2021 power point 8 FONTE: The Oxyrhynchus Papyri, VII, 1021: annuncio ufficiale dell’ascesa al trono di Nerone Datazione egiziana: anni di regno dell’imperatore, anni e mesi egiziani e l’introduzione di un nuovo mese (Nuovo Augusto) e il numero del giorno di quel mese. • A parte ogni considerazione sulle speranze mal riposte, un documento di un certo interesse: – Dimostra in modo efficace quanto in Egitto fosse diffusa la credenza nella natura divina dell’imperatore: Claudio è un dio manifesto (theós enphanés), Nerone è il buon genio del mondo (agathós daímon tes oikouménes), che ne assicurerà la prosperità. Culto imperiale e figura divina dell’Imperatore. – Il documento si data al 17 novembre del 54 d.C., 23 giorni dopo la morte di Claudio: prova della lentezza con la quale viaggiavano le notizie del mondo romano, anche se importantissime ed anche se tra due metropoli come Roma e Alessandria. La lettera di Claudio agli Alessandrini • Si inquadra nei tentativi dell’imperatore di rimediare alle tensioni provocate tra Roma e gli Ebrei (sia della Palestina che della Diaspora) dagli atteggiamenti ὁ μὲν ὀφειλόμενος τοῖς προγόνοις καὶ ἐνφανὴς θεὸς Καῖσαρ εἰς αὐτοὺς κεχώρηκε, ὁ δὲ τῆς οἰκουμένης καὶ προσδοκηθεὶς καὶ ἐλπισ\θεὶς/ Αὐτοκράτωρ ἀποδέδ-\ε/ικται, ἀγαθὸς δαίμων δὲ τῆς οὐκουμ̣ένης [ἀρ]χ̣ὴ̣ \ὤν/ ⟦με̣̣γ̣ι̣ς̣⟧ τ̣ε πάντων ἀγαθῶν Νέρων Καῖσαρ ἀποδέδεικται. διὸ πάντες ὀφείλομεν στεφανηφοροῦντας καὶ βουθυτοῦντας θεοῖς πᾶσι ε̣ἰ̣δ̣έ̣ναι χάριτας. (ἔτους) α Νέρωνος Κλαυδίου Καίσαρος Σ̣ε̣β̣α̣σ̣τ̣οῦ̣ ̣ Γε̣̣ρ̣μα̣̣ν̣ι̣κ̣οῦ̣ ̣ μη(νὸς) Νέ(ου) Σεβα(στοῦ) κα̣. Il Cesare che era dovuto ai suoi antenati, dio manifesto, è andato a raggiungerli e l’Imperatore che il mondo attendeva e sperava è stato proclamato, buon genio del mondo e fonte di ogni benedizione, Nerone Cesare, è stato proclamato. Dunque dobbiamo tutti indossare ghirlande di fiori e con il sacrificio di un bue rendere grazie agli dèi tutti. Il primo anno di Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, il 21 del mese Nuovo Augusto. 77 del suo predecessore Caligola. (Impose una sua statua nel tempio di Gerusalemme) – Tensioni particolari si erano create ad Alessandria, dove, accanto alla maggioranza “greca”, viveva una numerosa comunità ebraica. • Una lettera indirizzata alla città di Alessandria, a seguito di un’ambasceria inviata a Roma dalla componente greca. • La lettera venne pubblicata dal prefetto d’Egitto L. Emilio Retto, ma la copia che conosciamo è quella trascritta sul retro di un registro di tasse da un tal Nemesion, un piccolo funzionario del villaggio di Philadelphia, per ragioni che ci restano ignote. FONTE: Jews and Christians in Egypt, a cura di H.I. Bell, London 1924, pp. 1- 37, n°1912, ll. 73-100: una lettera ufficiale di Claudio agli Alessandrini “Riguardo alla questione di chi tra voi sia responsabile della rivolta e delle ostilità (o piuttosto, se dobbiamo dire la verità, della guerra) contro gli Ebrei, èclaudio sottolinea la gravità della situazione] non desideravo impegnarmi ad emettere una sentenza definitiva, sebbene i vostri ambasciatori e in particolare Dionisio, figlio di Teone, abbiano difeso la vostra causa con grande zelo in confronto [agli ambasciatori della parte avversa], e devo tenere per me la mia inflessibile indignazione nei confronti di coloro che hanno provocato nuovamente lo scoppio delle ostilità; ma vi dico chiaramente che se non metterete fine a questo dannoso e ostinato odio reciproco, sarò costretto a mostrare cosa può diventare un principe pieno di benevolenza, quando è mosso da una giusta indignazione.” FONTE: P. Lond., VI, 1912, ll. 73-100: una lettera ufficiale di Claudio agli Alessandrini “Pertanto, da un lato, esorto ancora una volta gli Alessandrini a comportarsi in modo tollerante e benigno nei confronti degli Ebrei, che per tanti anni hanno abitato nella stessa città, e a non recare oltraggio ai riti religiosi che celebrano in onore del loro Dio, ma a permettere loro di osservare le loro consuetudini, come al tempo del divo Augusto, [Cesare stesso era stato aiutato dagli Ebrei quando fu assediato nel palazzo di Alessandria pertanto agli Ebrei era stata data libertà di culto e privilegi, confermati da Augusto e dagli imperatori successivi.] consuetudini che io stesso, ascoltate le due parti, ho confermato; d'altra parte ordino agli Ebrei di non pretendere nulla oltre quanto hanno avuto fino a questo momento e di non inviare più, come se viveste in due città diverse, due differenti ambascerie, un fatto prima d'ora mai accaduto, di non gareggiare più nei giochi organizzati dai ginnasiarchi o dai cosmeti, [gli ebrei pretendevano di gareggiare nei giochi greci. Il fatto di partecipare a questi giochi è costitutivo dell’identità greca.] ma di godere di ciò che hanno, approfittando dell'abbondanza di cose buone che ci sono in una città che non è la loro; e di non introdurre o invitare Ebrei che partono per Alessandria dalla Siria o dall'Egitto, costringendomi a formulare i più forti sospetti; altrimenti li punirò in tutti modi, come suscitatori di una malattia che colpisce tutta l'umanità.” [Uso metaforico della 80 FONTE: P. Oxy., LVIII, 3929: la traduzione “Ai commissari dei sacrifici del villaggio di Thosbis, da parte di Aurelio Amois, noto come figlio di sua madre Taamois, dal villaggio di Thosbis. Ho sempre continuato a sacrificare e a versare le libagioni agli dèi, e poiché pure ora, in vostra presenza e secondo gli ordini, ho sacrificato e versato le libagioni e mangiato la carne dei sacrifici, insieme a mia madre Taamois e a mia sorella Taharpaesis, vi chiedo di attestare ciò per me. L’anno primo dell’imperatore Cesare Gaio Messio Quinto Traiano Decio, Pio, Felice, Augusto, nel mese di Epeiph … (seconda mano). Io, Aurelio Amois, ho presentato (la richiesta di certificato). Io, Aurelio …, ho scritto per lui (perché è analfabeta).” Lettera privata La lettera di un marinaio: P. Mich. VIII 490 (metà del II sec. d.C.) da Karanis La lettera di un marinaio: P. Mich III 490 “Apolinaris invia molti saluti alla madre Taesion. Prima di tutto mi auguro che tu sia in salute, facendo omaggio per te a tutti gli dèi. Da Cirene, avendo trovato una persona che veniva verso di te, ho sentito necessario darti notizia del fatto che sto bene e tu fammi sapere rapidamente della tua salute e di quella dei miei fratelli. E ora io ti sto scrivendo da Portus [Ostia: il quartiere del porto] perché non sono ancora arrivato a Roma e non sono ancora stato assegnato (alla mia unità). Appena sarò stato assegnato e saprò dove andare te lo farò sapere subito; e tu non trascurare di scrivere riguardo alla tua salute e quella dei miei fratelli. Se non trovi nessuno che venga da me, scrivi a Socrates e lui me la trasmetterà. Saluto molto i fratellini e Apolinaris e i suoi figli e Kalalas e i suoi figli e tutti coloro che ti vogliono bene. Asclepiade ti manda i suoi saluti. Stammi bene e in salute. Sono arrivato a Portus il giorno 25 di Pachon. (2a mano) Sappi che sono stato assegnato alla flotta di Miseno, lo ho saputo dopo. Recapita a Karanis, a Taesion da parte del figlio Apolinaris.” 81 Una lettera privata che dà indicazioni sull’esercito romano: - I marinai venivano spesso reclutati in Egitto. - Venivano instradati a Ostia o Portus e da lì assegnati. - In questo caso il soggetto fu assegnato alla flotta imperiale di Miseno dove predominavano marinai egizi, che controllava il Tirreno e il Mediterraneo settentrionale. L’altra flotta imperiale era quella di Classe dove predominavano marinai dalmati che controllava l’Adriatico e il Mediterraneo orientale. Una flotta minore era ad Alessandria, e numerose flotte minori erano fluviali. L’archivio di Apollonio e la rivolta ebraica del 115-117 d.C. • Un archivio ritrovato nella città di Hermoupolis, con alcuni documenti epistolari di interesse per rivolta ebraica del 115-117 d.C. (editi in V.A. Tcherikover – A. Fuks, Corpus Papyrorum Judaicarum, II, Cambridge (Mass.) 1960, pp. 225 ss.). • Partita da Cirene, la rivolta incendiò l’Egitto, Cipro e la Mesopotamia, ma è poco documentata dalle fonti letterarie. • Apollonio apparteneva ad una famiglia della classe dirigente greca di Hermoupolis, nel Medio Egitto, ma ai tempi della rivolta era stratego del nomo di Heptakomia, nell’Alto Egitto. • Altro personaggio importante dell’archivio è la moglie (e sorella?) di Apollonio, Aline. • Incontriamo poi la singolare personalità della madre di Apollonio, Eudaimonis, capace di bizzarre espressioni (CPJud., II, 437: “per la buona volontà degli dèi e soprattutto per l’invincibile Hermes, che non possano farti arrosto!”; 442: “stai sicura che ignorerò gli dèi finché non avrò indietro mio figlio sano e salvo!”). Carta dell’Egitto greco e romano 82 CPJud. II, n°436: la rivolta ebraica del 115-117 d.C. in una lettera privata • Una lettera scritta da Aline, preoccupata per la sorte di Apollonio, in relazione a qualche terribile avvenimento che sta succedendo. • Nonostante manchino qui riferimenti espliciti, la lettera è stata messa in relazione con la rivolta degli Ebrei in Egitto del 115-117 d.C., grazie alla relazione con gli altri documenti d’archivio. – L’allusione alla recente celebrazione del Capodanno egiziano (che cadeva il 29 agosto) e il fatto che i disordini sembrino essere all’inizio ha portato a datare la lettera al settembre 115 d.C. CPJud. II, 436: a sinistra il recto con il testo della lettera, sotto il verso, con l’indirizzo FONTE: CPJud. II, 436: la traduzione. “Aline a suo fratello Apollonio, saluti. Sono terribilmente in ansia per te a causa di ciò che dicono stia accadendo e a causa della tua improvvisa partenza. Non trovo alcun piacere nel mangiare o nel bere, ma rimango sveglia notte e giorno con una sola preoccupazione, la tua salvezza. Solo le cure di mio padre mi fanno rivivere e, nella speranza di vederti salvo, sarei rimasta senza mangiare a Capodanno, se non fosse arrivato mio padre a costringermi a mangiare. Ti prego di stare attento e di non cacciarti in qualche pericolo senza protezione. Fai come lo stratego di qui, che affida i compiti ai suoi ufficiali …” I problemi interpretativi posti dalla documentazione papiracea. • Al pari delle iscrizioni, inserimento della testimonianza in un contesto più generale. • Validità delle informazioni fornite, che si riferiscono ad un’area limitata, in primo luogo la provincia d’Egitto, nel contesto più generale del mondo romano. • Decifrazione della scrittura e integrazione dei numerosi testi lacunosi. • Inquadramento cronologico di documenti che talvolta non riportano alcuna datazione esplicita. 85 La propaganda degli Italici durante la Guerra Sociale Una rara moneta coniata dalla Confederazione Italica durante la Guerra Sociale del 91-89 a.C Il Toro italico incorna la Lupa romana; legenda, in caratteri oschi, sinistrorsa, Viteliú. La guerra che i Socii (alleati italici di Roma) inziano percheè avevano chiesto l’accesso alla cittadinanza romana e alle magistrature, ricordando i loro meriti nelle guerre della Repubblica e venne loro rifiutata. Fonti: Appiano e Patercolo. Anche i ribelli usano la moneta per propagandare la loro ribellione. Creano un proprio senato dove sono rappresentante tutte le popolazioni italiche, una struttura di comando con due comandanti supremi che corrispondono ai consoli e comandanti subalterni, si danno una capitale che viene posta a Confinium nel territorio dei Peligni, popolazione che diede il via alla rivolta, che viene ribattezzata “Italica”. La lingua osca è la lingua parlata dai Sanniti e dalle popolazioni affini, apparentata con il latino di origine indoeuropea e scritta con un suo alfabetico simile al latino. La scritta è inversa “sinistrorsa” che va da destra a sinistra. “Viteliu” è il nome osco dell’Italia che secondo la leggenda deriva da “allevamento di vitelli” derivante appunto dal nome osco. L’esito della guerra sociale è la cittadinanza romana di tutti gli italici. La propaganda politica del cesaricida Bruto Denario d’argento del 43-42 a.C. Al dritto busto di Bruto, rivolto a destra e la legenda Brutus imp(erator) L. Plaet(orius) Cest(tianus). Al rovescio, al centro un pilleus, affiancato da due pugnali, e la legenda Eid(ibus) Mar(tiis) Ultimi anni della Repubblica, coniato dai cesaricidi. Al dritto appare costantemente un volto che può essere una divinità, un personaggio o l’imperatore o di un suo familiare. Imperator nel senso repubblicano del termine come comandante vittorioso. Segue il nome del magistrato che ha coniato la moneta, un suo seguace. Al rovescio campeggia 86 un copricapo conico “pilleus” particolare che veniva imposto sul capo dello schiavo quando veniva liberato. Era di origine frigia con valore simbolico. Anche in età moderna (rivoluzione francese e americana) viene raffigurato sui capi dei rivoltosi come simbolo della libertà. I pugnali rappresentati sono lo strumento per liberare il popolo romano. Segue il giorno “Eidibus Martiis”. Il riferimento propagandistico in questo caso è diretto e attuale e non ci sono riferimenti ad antenati del monetales. Spesso le fonti letterarie sono tutte in riferimento al partito cesariano, questo documento è importante in quanto fa conoscere il punto di riferimento del partito avverso. Propaganda religiosa nella monetazione di Costantino RIC VI, Antioch 170 c (312 d.C.?): al dritto testa di Costantino a destra, con corona d’alloro e la legenda Imp(erator) C(aius) Fl(avius) Val(erius) Constantinus; al rovescio un Ercole tipo Farnese, appoggiato sulla clava, con la leonté sul braccio sinistro e la legenda Herculi victori; in esergo, ANT. Progressiva cristianizzazione del potere imperiale. Due filoni interpretativi della conversione al cristianesimo di Costantino: - Eusebio di Cesarea, autore cristiano, di una vita di Costantino, nel quale la conversione dell’imoperatore è molto giovane, prima della battaglia al Ponte Milvio, dove Costantino sogna un angelo che gli suggerisce di porre sugli scudi il monogramma di Cristo o Cristogramma Unione di due lettere dell’alfabeto greco “CHI a forma di croce e la RO” che formano il nome greco di “Christos”. - Zosimo: Filone delle fonti pagane. La conversione avviene alla fine della vita dell’Imperatore per motivi superstiziosi. Per Zosimo l’imperatore è un criminale che per paura si fa battezzare per lavare la coscienza da tutti i crimini che aveva commesso. Una conversazione puramente strumentale. Al dritto appare l’0immagine dell’imperatore con la sua titolatura. Al rovescio il tipo ci rimanda al pantheon tradizionale romano: Ercole con la clava e sul braccio sinistro appare lo scalpo del leone. In esergo appare la scritta ANT che allude al fatto che la moneta venne coniata nella zecca di Antioca. Nel 312 d. C, Costantino fa riferimento a una divinità del pantheon pagano. 87 Propaganda religiosa nella monetazione di Costantino RIC VII, Arles 80 (316 d.C.): al dritto, testa di Costantino a destra, con corona d’alloro e la legenda Imp(erator) Constantinus P(ius) F(elix) Aug(ustus); al rovescio il Sole rivolto a sinistra, con la clamide e il globo nella mano destra e legenda Soli invicto comiti; in esergo SARL, sigla che si riferisce alla zecca. Quattro anni dopo la moneta nella sua parte rovescia allude al Sol Invictus. Una divinità che non è più del pantheon tradizionale ma di una divinità in moda nel III secolo d. C. In esergo SARL si riferisce alla zecca di Arelate in Francia meridionale l’attuale Arles, la S fa riferimento alla serie. Enoteismo: la venerazione di un Dio ritenuto come supremo all’interno di un vasto pantheon. In questo caso il Sol Invictus ha un ruolo di rilievo su tutto il pantheon pagano romano. Propaganda religiosa nella monetazione di Costantino RIC VII, Constantinople 19 (327 d.C.): al dritto testa di Costantino a destra, con corona d’alloro; Constantinus Max(imus) Aug(ustus); al rovescio stendardo con il simbolo Chi-Rho conficcato in un serpente; Spes publica e, in esergo, CONS. Nella parte finale del regno di Costantino. Coniata nella zecca di Costantinopoli (città che sarà inaugurata nel 330 d. C). Al dritto l’immagine dell’Imperatore, al rovescio lo stendardo militare con il cristogramma, conficcato su un serpente come simbolo cristiano del male, mentre nella simbologia pagana romana era un simbolo benefico. Un riferimento anche alla “spes pubblica” la speranza pubblica. 90 – In un ripostiglio è ovviamente il pezzo più recente a fornire il terminus post quem per il seppellimento. I ripostigli dai territori di Mutina e Bononia nel I sec. a.C. 1. Frascarolo: 1.100 denarii (74 a.C.) 2. Cadriano: 3.000 – 10.000 denarii (49-48 a.C.) 3. Cadriano: un numero imprecisato di denarii (cronologia simile al n°2). 4. S. Cesario: circa 4.000 monete (49-48 a.C.) 5. S. Nicolò di Villola: circa 1.000 denarii (45 a.C.) 6. Collecchio: circa 1.000 denarii (45 a.C.) 7. S. Anna: circa 2.000 denarii (44 a.C.; un esemplare datato al 42 a.C. potrebbe essere estraneo al tesoro) Crisi che esplode poco dopo l’uccisione di Cesare. Antonio si fa assegnare la provincia della Gallia Cisalpina anche se Cesare lo aveva destinato alla provincia di Macedonia. Tramontata la campagna partica e morto Cesare, agli occhi di Antonio non pareva una provincia importante e si fa assegnare l’Italia settentrionale. §2 la provincia più vicina a Roma, in pochi giorni si può arrivare nella capitale con l’esercito. Decimo bruto però era il governatore di questa provincia, legato al potere anticesariano che rifiuta di consegnare la provincia. Antonio marcia sulla provincia e assedia il governatore a Mutina. Cicerone riesce a coagulare un fronte anti antoniano che comprende repubblicani, anti cesariani, e anche cesariani spaventati dagli eccessi di Antonio, e riesce a creare un esercito cui si affianca Ottaviano già in lite con Antonio per il testamento di Cesare che coglie l’occasione seppure giovanissimo per farsi notare, visto che fino a quel momento viveva di luce riflessa come figlio adottivo di Cesare.. L’esercito antoniano sarà battuto nella battaglia di Forum gallorum (Castlefranco Emilia) e poi sotto le mura di Mutina (Modena) e questo farà risplendere il giovane Ottaviano come esempio per le sue eccellenti capacità organizzative se non militari. 91 Un esempio di ripostiglio: il tesoro di Hoxne • Una ricostruzione del tesoro di Hoxne, oggi al British Museum di Londra. • Ritrovato nel 1992 in questo villaggio del Suffolk, in Inghilterra, nella sua giacitura originaria. • Conservato in una cassa di legno, il tesoro comprendeva quasi 15 mila monete, oltre a vasellame prezioso e gioielli. • Gli ultimi pezzi del tesoro, monete coniate da Onorio e dall’usurpatore Costantino III, risalgono al 407 d.C., terminus post quem per il seppellimento del tesoro. Uno degli ultimi pezzi del tesoro, un solido aureo di Costantino III Al dritto busto di Costantino III, con la legenda D(ominus) n(oster) Constantinus P(ius) F(elix); al rovescio l’imperatore, che regge uno stendardo e una Vittoria, calpesta un prigioniero, con la legenda Victoria Auggg(ustorum). I ritratti dell’imperatore vanno stilizzandosi. Il significato storico del tesoro di Hoxne • Un documento della crisi del dominio romano in Britannia, in conseguenza della spedizione di Costantino III in Gallia, che lasciò l’isola sostanzialmente priva di difese. Sconfitto da Stilicone. • A seguito dell’uccisione di Costantino III, il dominio romano in Britannia, esposto agli attacchi concentrici dall’Irlanda, dalla Scozia e dalle coste dell’Olanda e della Germania, crolla. Prima infiltrazione di Angli, Sassoni, Yuti anche se contrastati dall’elemento celtico ancora presente in Britannia. 92 • Il tesoro di Hoxne potrebbe essere stato sepolto dai proprietari stessi, una famiglia nobile locale, nel timore di un attacco nemico, ma anche dai predoni stessi. Per qualche motivo i seppellitori non riuscirono mai a recuperarlo. La presenza di monete romane in luoghi in cui non c’era la presenza del potere romano ha importanza per gli scambi commerciali, e certifica la presenza di mercanti romani: India per esempio, dove è stato trovato un importante numero di monete romane, che testimonia un grande commercio con l’impero: pepe, spezie, profumi e merci di lusso. Il fatto che non ci siano monete romane in Cina degli Han, a differenza dell’India è un problema in quanto si hanno notizie di importanti commerci tra i due imperi soprattutto per la seta. La compra vendita si pensa non avvenisse in denaro ma con altro scambio di materiali, vasi di vetro per esempio oppure attraverso intermediari come la Battriana (Impero Kushiana) ponte fra le culture greca, persiana, indiana, e forse anche cinese. I problemi interpretativi delle fonti numismatiche • In particolare gli esemplari più consunti pongono serissimi problemi di lettura. Difficoltà di interpretazione in quanto possono contenere un allusione: cioè partono dal presupposto che chi emette il messaggio e chi lo ascolta siano partecipi dello stesso orizzonte culturale. • Non sempre si tratta di documenti esattamente databili. – Problema più grave nella monetazione greca, per la quale talvolta le emissioni sono databili solo su base stilistica. • Il problema dei falsi, antichi e moderni. • La frequente mancanza di dati sicuri sui luoghi e le circostanze di ritrovamento. • Il problema della dispersione delle monete appartenenti a uno stesso ripostiglio in diverse collezioni. Power point10 LE FONTI PER LA RICOSTRUZIONE DELLA STORIA ROMANA: LE FONTI ARCHEOLOGICHE La documentazione archeologica: il significato del termine • In senso etimologico: “studio del passato”. “Archaiologhia” • In senso moderno: studio delle fonti materiali della storia passata, contrapposto allo studio delle fonti scritte. • Distinguere i documenti rivelati dall’indagine archeologica (tra i quali papiri, iscrizioni e monete) dalla documentazione archeologica propriamente detta. L’archeologo scopre testi, che inizialmente li inserisce in un contesto e li studia lui stesso, salvo poi consegnarli agli specialisti. • In senso lato, rientra nell’indagine archeologica pure lo studio dei segni che il passato ha lasciato nel paesaggio, anche attraverso lo studio di mappe e fotografie aeree. 95 Masada, città fortezza fatta costruire da Erode il grande su una rupre in cui si rifugiano gli ultimi superstiti nel 74 d. C, i ribelli palestinese. Lucio Flavio Silva, di Urbisalia, marchigiano li assedia, vincendoli. I romani costruiscono una rampa per avvicinare le macchine d’assedio (dx dell’immagine). Gli assediati, in gravissima inferiorità numerica, capiscono che non c’è speranza e si suicidono in massa: i soldati uccidono donne e bambini e si suicidano. Il sito di Kalkriese, dove si svolse la battaglia della selva di Teutoburgo del 9 d.C. Recentemente è qui che è stato identificato il sito della battaglia di Teutoburtgo nel 9 d. C La Curia Giulia nel Foro, sede del Senato, nel rifacimento dioclezianeo Nel suo impianto rispetta comunque l’edificio originale e nel Medioevo viene trasformato in una chiesa motivo per cui è giunta a noi intatta. 96 Una ricostruzione dell’interno della Curia Giulia Edificio ordinato da Cesare ecco perché Curia Giulia. Interessante la disposizione dei gradini in quanto i romani votavano per discessio (divisione): si chiedeva ai senatori di spostarsi da un lato dx o sx a seconda del proprio voto. Il complesso dei palazzi imperiali del Palatino, visto dal Circo Massimo Il nome Palatino, in latino Palatium, da il nome al Palazzo. Visto dal Circo massimo, costruito in un avvallamento. Questa è la parte costruita in età severiana. 97 Il cosiddetto Teatro Marittimo nella di Villa di Adriano Era un appartamento privato dell’imperatore Adriano. Le pitture della Tomba François di Vulci (metà IV sec. a.C.) Racconta degli epsiodi della storia di Roma in una versione alternativa visto che i dipinti sono di una tomba di una famiglia nobile etrusca. Le pitture della Tomba François di Vulci: particolare di Caile Vipinas liberato da Macstrna
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