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Liana Fiorani, Don Gnocchi e Don Milani,Maestri di vita, Dispense di Pedagogia

Riassunto completo del libro Liana Fiorani, Don Gnocchi e Don Milani,Maestri di vita.Traiettorie di somiglianza,Edizioni Athenaaeum,Parma 2020

Tipologia: Dispense

2019/2020
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Caricato il 19/11/2020

Nicole00.
Nicole00. 🇮🇹

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19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Liana Fiorani, Don Gnocchi e Don Milani,Maestri di vita e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! LIANA FIORANI DON GNOCCHI E DON MILANI MAESTRI DI VITA TRAIETTORIE DI SOMIGLIANZA con un saggio di Dimitris Argiropoulos (o) S «sa $ 3 v DD Dimitris Argiropoulos, Essere interessanti: inter-essere nella/dalla pratica educativa La pedagogia speciale ha allargato lo sguardo, le considerazioni,le pratiche educative includono nei percorsi educazione, strutturata e non, gli esclusi. Ha esteso le condizioni e persone destinate alla perdita poiché portatori di patologie e di condizioni sociali non conformi a maggioranze e a sistemi amministrativi formali e informali. Ha dato importanza e valore a persone che sono divenute al centro dell'interesse, gli attori principali della pedagogia dell'educazione, nelle comunità e società, e per questo persone che hanno interessato la nostra umanità e due percorsi per raggiungerla. La pedagogia speciale indirizzata, volta le tue capacità delle persone in condizione di disabilità e di disagio-svantaggio, individuale, comunitario e sociale talvolta di svantaggio sociale estremo. Una delle caratteristiche sostanziali indispensabili della pedagogia speciale è la complessità. Edgar Morin la definisce come un tessuto composto da elementi eterogenei ma allo stesso tempo inseparabilmente associati, in modo da porre il paradosso esistente tra l'uno e il molteplice. Districare i nodi diventano elemento costitutivo della pedagogia e della pedagogia speciale in uno continua dove lo snodar e permette di riannodare del conosciuto del conoscibile nella prospettiva del fare educazione del cambiamento delle cose. Ogni elemento della complessità deriva dalla relazione e dall'interazione con altri elementi, isolandone uno si rischia di perdere il senso sia di quel particolare singolo elemento sia dell'insieme in cui è inserito. L’ipersocializzazione ci indirizza ad accrescere e potenziare le nostre attenzioni ogni volta che un elemento particolare, del complesso "copre" il complesso, rischiando di prevalere sugli altri elementi e sulle tessiture. La conoscenza è un fenomeno multidimensionale, nel senso che essa è inseparabilmente, fisica, biologica, celebrale, mentale, psicologica. L'atto di conoscenza quindi non può essere dissociato dalla vita umana e dalla relazione sociale.Secondo l'approccio della complessità diviene necessario ripensare all'intervento educativo come intervento complesso, in cui è richiesta la capacità di individuare i bisogni educativi secondo vari punti di vista e cambiare le prospettive di intervento secondo il modello più adeguato in relazione alla situazione. Questa strutturazione meta-teoretica è resa possibile da ciò che viene definito aspetto transitivo della scienza.Nell'approccio dèlla pedagogia speciale è i necessario tenere conto mentale. Afferma il rapporto tra teoria e prassi e la revisione strategica degli interventi di sviluppo di nuovi fondamenti operativi, riconoscendo le peculiarità dei suoi allievi.Séguin istituì in Francia e negli Stati Uniti d'America diversi centri per la formazione e l'educazione di persone con disabilità mentale. Hanselmann ha indagato e a posto l'accento sul concetto di normalità, andandosi a domandare dove e come questa effettivamente esista, ma soprattutto che ciascun individuo che si pone nella ricerca e nell'azione degli obiettivi o degli scopi della pedagogia speciale debba porsi lo stesso quesito. Individua gruppi di cause biologiche e sociali che determinano possibili arresto dello sviluppo del bambino e sviluppò quella che viene definita pedagogia curativa, come scienza capace di assumere la sua indipendenza rispetto alle scienze mediche, nel cui ambito aveva trovato il suo proprio sviluppo.La pedagogia di Pestalozzi, che influenza l'azione e le intuizioni di Hanselmann, è stata fortemente influenzata della pedagogia della speranza di origine rousseauiana, Pestalozzi individua nell'uomo tre diverse strutture artefatte, il naturale, il sociale ed il moraie, individuando di conseguenza tre possibili modalità di azione educativa, attraverso la natura, la società e l'azione dell'uomo. Importante, anche per lo sviluppo teorico di Hanselmann, è il riconoscimento da parte di Pestalozzi del progredire dell'evoluzione naturale e sociale dell'individuo verso un 'evoluzione anche morale, e che queste non possano avvenire attraverso una educazione metodica e didattica.Hanselmanp afferma la necessità dell’educazione di sviluppare le capacità intellettuali, pratiche e morali dell’individuo finalizzando l'intervento educativo a tre aree: pensiero, sentimento e azione. Jean-Ovide Decroly Sosteneva che fosse possibile strutturare un intervento educativo individualizzato, che permettesse sia di rispettare i diversi tempi della crescita di ciascun fanciullo che di rispettare «gli atteggiamenti affettivi e cognitivi tipici della mente infantile» È interessante osservare come il percorso della ricerca di Decroly si sia sviluppato similmente a quello di un altro importante esponente dell'attivismo pedagogico europeo, Maria Montessori.La ricerca di Decroly permette di individuare la presenza di bisogni educativi peculiari a ciascun bambino, entrando in contrasto con le teorie scolastiche maggiormente diffuse all'epoca, in cui era prevista una forte omogeneità e uniformità dei programmi.In Italia il primo sviluppo della pedagogia speciale viene attribuito a Sarite De Sanctis , medico e neuropsichiatra infantile. È il primo a fondare un istituto per l’educazione e l’istruzione per minorati psichici sul territorio italiano . Individua un ruolo educativo estremamente importante nel lavoro, come strumento di futura integrazione sociale per il bambino con deficit cognitivi.Per De Sanctis è fondamentale la verifica sul campo delle sue teorie e pone in essere un insegnamento individualizzato secondo i bisogni educativi del fanciullo, tutti elementi di grande novità per le teorie pedagogiche dell'epoca in ambito di disabilità. La Montessori riconosce nel lavoro svolto da Itard un profondo rigore scientifico nell'agire educativo, soprattutto per le relazioni che vi si intessono tra stimolo educativo e risposta cognitivo dell'educato. Nella prima parte il suo percorso di ricerca, è interessata a quella che viene definita pedagogia emendativa, cioè un assetto pedagogico che intende correggere quelli che sono gli aspetti del futuro ritenuti anomali attraverso appositi metodi e strumenti che vadano a lavorare sui bisogni specifici dell’infante in esame. La pedagogia scientifica sarà poi conosciuta come metodo Montessori. Si emancipa dal determinismo positivista che soffoca la ricerca di quello che lei definisce lo spirito del bambino, andando ad individuare nell'educazione non solo la necessità del recupero fisiologico, ma anche il recupero di tipo morale ponendo particolare attenzione alle potenzialità del bambino. Indica chiaramente come non esista un'educazione separata per i bambini disabili, bensì percorsi particolari, ma sempre a contatto con la realtà sociale in cui sono inseriti, andando a cancellare il principio di divisione supportato nella prima parte della sua ricerca. Secondo la Montessori l'osservazione del comportamento del bambino con disabilità permette di riconoscere comportamenti che per estensione sono di tutti i bambini.Centrale per la pedagogia montessoriana è l'autonomia, l'imparare facendo, l'autocorrezione dello studente. La relazione educativa rimane l'indotto più potente nelle mani degli educatori e degli insegnanti: la relazione asimmetrica, che si trasforma in simmetrica, i suoi poteri, che si trasformano in potenzialità sono attenzioni costanti e oggetto della pedagogia. La disabilità e i suoi svantaggi porta l'attenzione all'esame dei collegamenti pregiudiziali sull'handicap e alla necessità di approfondire il processo cognitivo che partecipa alla formazione, consolidamento e mantenimento dello stereotipo nei confronti della disabilità stessa. Il processo cognitivo che struttura la formazione delle rappresentazioni sociali, implica il consolidamento di immagini legate alle varie categorie di appartenenza della persona con disabilità che potrebbero investirlo e collocarlo nelle estraneità, nelle lontananze comunitaria sociali, nel confino eretico e disinteressato. Nei processi educativi, questo comporta una scelta importante indispensabile per l'educatore che dovrebbe partire da sé per evocare, rivisitare, indagare e modificare la propria rappresentanza sociale di fronte a un avvenimento diverso e insolito.Secondo Tajfel infatti gli stereotipi si insinuano nel processo di categorizzazione per mettere ordine e ridurre la complessità del lavoro cognitivo.Per Allport i concetti e le categorie, associati a cariche affettive, sono necessari per la conoscenza comune, per ridurre la complessità del mondo ai minimi termini, ma concorrono alla creazione di pregiudizi e conflittualità tra i gruppi sociali Il vero effetto del pregiudizio 'è quello di porre il suo oggetto in condizione di svantaggio, di inferiorità sociale. Il pregiudizio si materializza in diverse forme:. attraverso la Diffamizione, l’impedimento del contatto, la discriminazione, la violenza fisica, fino a culminare nello sterminio progressivo e incentivato aumento di aggressività e violenza.I valori personali orientano la categorizzazione, facilitano l'introiezione dei fatti che ci circondano. Tutti i gruppi di minoranza occupano posti di marginalità e sono forzati a considerare i valori della maggioranza dominante come riferimento a cui tendere per adeguarsi: questo comporta lo sviluppo di un senso di frustrazione insicurezza e conflittualità perdente. Goffman tratta esplicitamente e provocatoriamente il tema della diversità,rappresentata dallo Stigma che gli altri sono costretti ad indossare ed esibire, stupendo la discriminazione dei normali. L'autore inizia la sua riflessione dichiarando che durante la storia, ci sono stati dei cambiamenti nel tipo di minoranze che suscita ribrezzo e preoccupazione. Sono i contesti sociali e stabilire quale tipo di categoria di persone si può incontrare. È così possibile stabilire sia l'identità sociale attuale di chi dimostra di possedere i requisiti richiesti dalla propria categoria sociale, sia l'identità sociale virtuale che si proietta sul soggetto in base a quelli che dovrebbero possedere. Il termine Stigma viene riferito ad un attributo profondamente dispregiativo. Lo stigmatizzato, di reazione, cerca diverse strategie per sopravvivere nella società: prova ad eccellere in attività che il proprio Stigma renderebbe proibitive, occulta e maschera se possibile i simboli della propria diversità.Il pregiudizio dell'altro incide sull'aumento del senso di appartenenza interno al proprio gruppo di riferimento. Gli stereotipi culturali vengono tramandati nei passaggi generazionali e si rinnovano nei tempi del vissuto, alimentando le violenze soprattutto in tempo di crisi e di carenze di risorse .Pregiudizi e stereotipi sono costrutti culturali e la parola, il discorso,è il luogo che veicola gli stessi nella società.Il pregiudizio è un potere agito subito, chi lo esercita allo stesso tempo lo 1.Don Carlo Gnocchi: Il cammino pastorale, educativo ed umano. Nasce nel 1902 da una famiglia modesta.Nell’anno Santo 1925 riceve l’ordinanza sacerdotale.Il vissuto di don Gnocchi è attraversato"da guerre, dittature e ideologie che hanno scatenato violenti conflitti.Don Gnocchi diventa educatore all'Istituto «Gonzaga» . Siamo nell'epoca fascista, contrassegnata da distinzioni anagrafiche scolastiche obbligatorie, ogni categoria alla sua divisa da indossare a scuola il sabato, chiamato sabato fascista. Don Carlo ci dà testimonianza che il balilla è rispettoso verso l’ educatore: la domenica i ragazzi vanno alla Santa messa insieme, regna la disciplina; ma con il passaggio dei ragazzi alla sezione a quanti avanguardisti la collaborazione cambia molto. Il ruolo di educatore spirituale era stato concepito dalla gerarchia della Chiesa cattolica tramite il fondatore e rettore dell'Università cattolica, padre Agostino gemelli. Come educatore dei Gruppi Universitari Fascisti, nel 1934 Don Carlo pubblica il libro ‘andate e insegnate’, una raccolta e 19 testi di brevi conferenze: si rivolge all'intero corpo, spirituale e laico, operante al tempo nell’ambito degli oratori milanesi.’ Preparare gli educatori della nostra gioventù è il problema assillante di chi ha e sente la responsabilità di formare lo spirito veramente cristiano delle nostre generazioni.’ Quando ottiene la direzione spirituale dell'istituto Gonzaga approfondisce ogni aspetto del problema educativo e ne fa sintesi nella prima pubblicazione "educazione del cuore", un testo indimenticabile, nel quale educatore ha fatto confluire la sua lunga esperienza e descrive come da educatore si fa discepolo, che mentre insegna verifica se stesso. Don Carlo ci esorta all'amore per la natura del volontariato, ci chiede di proporre il bene ma non censurare il male, senza pietismi, lontano da una moralità piatta e borghese. Qui l'educatore all'ordine di incontrare regolarmente madri e padri degli allievi, tutti di ceto elevato, sa scuotere le loro anime per cercare di includere nelle loro menti la razionalità.Riteneva che il bravo educatore dovesse analizzare, meditare curare le devianze dell’allievo, prima che fosse troppo tardi. Don Gnocchi decise di farsi cappellano militare volontario per il fronte greco-albanese con i suoi allievi. Per padre Gemelli l'educazione consisteva nel mettere nella testa dell’allievo le sue sagge idee senza tenere presente il libero pensiero del soggetto, per cui esigeva totale obbedienza ai suoi principi. Diverso il pensiero di don Carlo: egli riteneva che il compito dell’ educatore fosse di fare venire alla luce la potenziale intelligenza nascosta dell’individuo, senza limitare la sua libertà di pensiero. Il proposito di don Gnocchi, era di aiutare i giovani a crescere liberi e responsabili, capaci di vivere nella società, convinto che l'educazione e l'istruzione fossero le basi per la vita serena di un popolo.Don Gnocchi, educatore di profonda conoscenza psicologica del cuore umano, intelligente e attivo, pronto a donarsi al prossimo senza limiti, ma distante dalla pretesa obbedienza, voleva lasciare la libertà di pensiero al soggetto. Il profondo senso educativo di don Gnocchi partiva dalla realtà dei giovani, nel passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza e alla giovinezza, all'orientamento verso l'altro sesso, alla meta del matrimonio, alla famiglia, ai rapporti tra la famiglia, la società e il mondo, per costruire una gioventù matura per affrontare la vita. 2.Don Gnocchi cappellano militare sul fronte greco-albanese Fu il clima fascista e l'amore di patria, nell' ambi del cattolicesimo, a spingere don Gnocchi, dopo la perdita d madre, a diventare cappellano degli Alpini, prima in Alban' poi in Russia. A portarlo a quel ruolo era stata la volontà di svolgere il s apostolato fra i suoi ragazzi. Don Primo Mazzolari amante della giustizia e amico dei poveri, pronta da alzare la voce contro la demagogie a, dalla fede ricevete sempre la forza per vivere e trasmettere serenità e fratellanza. Nel 1943-1945 partecipò attivamente alla resistenza, fu sempre voce critica del mondo cattolico.Fra don Mazzolari e don Gnocchi, oltre all'amicizia, vi era profonda e reciproca stima .Il libro 'Dio è tutto qui. Lettere di una vita, la cui ottima scrittura rende merito alla grande opera. Sono lettere coinvolgenti, indimenticabili, meritano veramente d'essere segnalate e riproposte per estenderne la conoscenza: è un'eredità preziosa. Si tratta di scritti che mettono in luce tutto il suo impegno religioso, morale e civile e tutta la forza d’animo.Le lettere, oltre all'amara realtà del conflitto bellico, danno testimonianza della indescrivibile povertà, della vergognosa ignoranza, dell'analfabetismo in cui era tenuto il popolo, suddito dello Stato, del potere, della Chiesa e della dittatura. Al fronte, il suo compito non era solo quello di cappellano ma di padre tra i figli in armi in terre lontane, fra dune sconfinate, dalle lettere in arrivo in partenza erano per lui e per i suoi alpini l'unica ragione di vita, fra il gelo e gli spietati combattimenti.Dalla forza della sua fede, nasce in lui la volontà di dare aiuto morale a chi ha perduto un figlio, agli orfani e ai mutilatini, ai piccoli innocenti, durante il calvario che dovevano sopportare per potere guardare al futuro. Grande è stata la forza d'animo che lo ha sostenuto. 4.Don Lorenzo Milani: L’opera pastorale, educativa e umana All'inizio del secolo scorso non esisteva l'obbligo scolastico e nelle campagne l'analfabetismo era esteso. Questo prete maestro definiva la mancanza di cultura come l'estrema povertà dell'uomo, e quella mancanza su di me ha sempre pesato più del duro lavoro. Il popolo allora era lasciato a sé stesso, soprattutto nelle campagne, dimenticato dai diritti e dai libri di storia come se non esistesse, ma "usato" in pace e in guerra1come merce senza valore. Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio del 1923 da una famiglia borghese di altissima cultura, in cui non mancavano le persone di servizio.Cosa abbia acceso la fede in don Lorenzo resta un mistero. Per il giovane, i borghesi e gli intellettuali erano chiusi in un mondo sterile, vivevano e camminavano lontani dal popolo e dalla giustizia sociale. Nelle sue profonde meditazioni, riflette a lungo sulla condizione della famiglia in cui è nato, e fa un confronto con quella del fattore Adolfo, analfabeta da generazioni, come sulle altre famiglie tutte analfabete che lavorano nella tenuta agricola di Montespertoli per mantenere i plurilaureati Milani: l'estrema povertà materiale e culturale dei contadini viene da lui ritenuta una vergognosa ingiustizia sociale.Poco dopo l'incontro con don Bensi, nel 1943, all’ insaputa dei genitori,Lorenzo riceverà la cresima del cardinale Dalla Costa nella sua cappella privata: Don Bensi sarà il suo padrino.Lorenzo entra in Seminario a vent'anni ed è ordinato sacerdote a ventiquattro, nel 1947. Si può dire che don Milani sia stato un esempio: ha servito Dio, la Chiesa e l'uomo, ha fatto la differenza tra gli uomini di Chiesa, tra chi predica soltanto il Vangelo e chi lo mette in pratica.Per molti don Milani è ancora vivo, ancora insegna, continua a fare scuola; tanti sono i funzionari della Pubblica Istruzione che hanno capito che Lettera a una professoressa non era contro di loro, ma si trattava di un richiamo che voleva aiutarli a migliorare metodi e programmi scolastici affinché si prendessero cura degli ultimi A San Donato il giovane prete trova un popolo assente che vive tra povertà e apatia, in maggioranza lavoratori della terra a contratto mezzadrile e ragazzi di 10-11 anni, a volte anche più giovani, impiegati come garzoni sfruttati, giudicati soggetti inferiori per l’ignoranza che si portavano addosso. Quei ragazzi avevano sì e no la licenza elementare e i loro genitori erano in maggioranza analfabeti, per cui si portavano dietro un pauroso vuoto culturale. Capiva che l'obbligo scolastico non dava buoni frutti: gli ultimi della società venivano sempre rimandati per arretratezza o bocciati, definiti ragazzi senza intelligenza, razza inferiore, ragione per cui essi poi abbandona- vano la scuola dalla quale erano stati abbandonati. L'abbandono scolastico venne definito "mortalità scolastica" .A suo giudizio mancava una scuola sociale, seria, capace di coinvolgere tutto il popolo. Subito, dunque, fonda la scuola per aiutare quei ragazzi lasciati a se stessi, senza la possibilità di riscattarsi e si fa critico verso le istituzioni scolastiche e le attacca con parole forti.La vede tradire il suo compito, non la ritiene impegnata a trasmettere ai ragazzi la conoscenza, la capacità di vivere-fraternamente nella società, la vede invece agire come se avesse avuto l'impegno categorico di tenere i poveri all'ultimo posto della scala sociale, eterni adolescenti, ignoranti e dormienti.Si fa maestro per acculturare i parrocchiani; fu lui l'impegno sacerdotale, quello educativo e la giustizia sociale si fanno una sola cosa, diventano amore, ragione di vita e non gli danno più tregua: vuole aiutare il suo popolo a ogni costo, vuole farlo sovrano prima di farlo cristiano.Don Milani fonda la scuola, ritenendo che solo quella può costruire la coscienza responsabile del suo popolo.È scuola laica, perché il suo intento è di togliere le divisioni ideologiche nel popolo e di fare sedere sugli stessi banchi demo- cristiani e comunisti, ragione per cui vuole la porta della canonica aperta a tutti senza distinzioni. Come operatore scolastico riteneva necessario preparare i ragazzi ad affrontare la vita e che l'educatore, per svolgere il suo compito, non dovesse essere necessariamente cattolico e tantomeno legato a un partito, ma dovesse essere un intelligente cultore dell'etica, capace di collaborare con tutti, anche con i più ribelli, un tutor fraterno ma esigente nell'impegno e nel reciproco rispetto.Don Milani, prete che sapeva camminare avanti ai tempi, capiva che solo straordinarie forze innovative potevano recuperare l'etica, la morale, e la giustizia sociale,.aSSenti nella nostra società, le sole capaci di portare serenità al popolo. Ma il clero abbracciò invece il potere ateo con tutta la sua superbia, ponendo in luce la volontà di mantenere il popolo nell’ignoranza come prima del conflitto.Don Lorenzo, pur consapevole delle avversità del potere ai suoi insegnamenti, non aveva nessuna intenzione di rinunciare al suo impegno di educatore, convinto che per la classe operaia la scuola fosse un bene e il conformismo un danno.Don Milani era uno dei pochi preti antisistema, impegnato a eliminare le disuguaglianze, .pure sentendosi disarmato era teso a portare il popolo a un traguardo evoluto e responsabile.Don Milani, sensibile alla giustizia, in quel triste momento storico, studiava la realtà di sfruttati e sfruttatori, tra analfabeti e intellettuali, meditava e segnava tutto sul suo diario parrocchiale formulando parallelamente una proposta guardata con ostilità dal potere e dalla Chiesa .Barbiana Era un luogo sperduto, isolato dal mondo, dove mancava tutto, da lì don Milani non avrebbe più dato alcun disturbo e nessuno avrebbe più sentito parlare di lui. Don Milani è convinto che ogni persona abbia una coscienza: ma chi è condannato fin dalla nascita al silenzio non ha la forza per farla emergere, ha bisogno d 'essere capito e aiutato; è per questa ragione che dà tutto sé stesso per aiutare gli ultimi. Don Milani era certo che il dialogo fosse la vera ricchezza dell’umanità.Don Milani è entrato nella storia a pieno merito e ci resterà come vero educatore, come maestro di vita. Si è fatto rivoluzionario, con la convinzione che l'educazione e 1a cultura debbano essere un bene pubblico, che solo la parola puo portare alla liberazione gli oppressi mentre la fede è un bene privato .Pastore, educatore con principi universali, riteneva che la conoscenza fosse indispensabile per capire sé stessi, per farsi uomini responsabili capaci di vivere in società e di tenere testa a soggetti che si ritenevano speciali e superiori.Molti cambiamenti nell'educazione e nell'istruzione sono avvenuti dopo la morte di don Milani: lo sviluppo delle attività educative ha aiutato l’autocoscienza, i corsi delle 150 ore per, cancellare l'analfabetismo hanno permesso il conseguimento della licenza di terza media anche a coloro che per età erano fuori dalla fascia scolare. Il diploma era diventato indispensabile oltre che alla cultura personale o per accedere a superiori livelli di studio, anche per accedere al lavoro o intraprendere un'attività artigianale o commerciale.Don Milani raggiunse la triste destinazione di Barbiana il 5 dicembre 1954 .Popolo semianalfabeta Erano, invece, stati lasciati abbandonati a sé stessi, come se l'educatore avesse avuto il preciso compito di tenerli ignoranti. Organizzò subito una scuola, convinto che ogni individuo abbia una coscienza che vada aiutata a crescere per renderla responsabile delle proprie azioni.Capì subito che la scuola pubblica non operava a difesa degli ultimi, era solo impegnata a sostenere le divisioni di classe; riteneva che la cultura educativa fosse un bene da condividere, un cammino verso la giustizia sociale. Fondò la scuola per aiutare quei ragazzi lasciati a se stessi, ma li volle a scuola 10 ore al giorno, anche la domenica, dove l'unico diversivo era la Santa messa: dovevano recuperare il vuoto che si portavano addosso. In quella località non ebbe più una vita privata: la sua abitazione è sempre aperta tutti ogni cosa è svolta in comunità. Nella scuola pubblica, ancora oggi spesso mancano l'amorevole impegno dell'educatore e le azioni in difesa dei ragazzi,. Don Lorenzo, scuola metteva in pratica la pedagogia della provocazione, manifestata in tutti i suoi scritti con la convinzione che turbare l'anima al soggetto stimoli la conoscenza e l'interesse per la cultura, la sola che porta la mente a farsi propositiva di nuove idee e responsabile del proprio agire.Con Esperienze pastorali ha voluto dire ai confratelli, alla Chiesa e alla società di porre attenzione ai cambiamenti della storia. Con lettera ai giudici a cercato di essere un vero educatore di tutta la società, impegnato nella salvezza dell'umanità. Con lettera una professoressa i ragazzi della scuola di Barbiana hanno voluto dire ai ragazzi di tutto il mondo che andare a scuola solo per il voto non ha senso e costa fatica, se invece si va a scuola per collaborar e per crescere insieme a lezione da un impegno gioia.Don Milani aveva alcune affinità con Socrate: entrambi hanno rivendicato e promosso e loro idee educative con coerenza, hanno accettato la sofferenza pur di diffonderle e sono dedicati a loro allievi fino alla fine sono stati due maestri. 5.Don Lorenzo Milani e Don Carlo Gnocchi diversi e simili Nuovo Umanesimo, apertura al dialogo per la rigenerazione cristiana, ma sempre in coerenza con la giustizia e la fede in Dio e nell’uomo è ciò che accomuna Don Lorenzo Milani e don Carlo Gnocchi. Due cristiani liberi, uomini del dialogo, che sapevano guardare la realtà e aiutare i bisognosi fino a consumarsi; per la loro grande passione sociale hanno messo in pratica la solidarietà, hanno unito intelligenza, dedizione e giustizia in un insieme che ha prodotto copiosi frutti. Ora Papa Francesco fa un passo più avanti dei suoi predecessori, testimonia la fede m modo coraggioso nei riguardi della giustizia sociale e nella protezione dell'ambiente, e mette in evidenza che non basta definirsi cristiani: per essere tali bisogna mettersi prova di sapere vivere in società. Nelle parole del Papa vi sono similitudini con il pensiero dei due sacerdoti sui quali stiamo riflettendo; Essi si sono fatti maestri, educatori del popolo, padri degli sprovveduti, con la convinzione che l'umanità deve aprirsi al dialogo senza discriminazioni sociali.Dopo una profonda meditazione fonda la scuola, per aiutare il suo popolo, la sola che può svegliare la coscienza e rendere responsabili per vivere in pace nella società. A convalidare il suo pensiero il primo gennaio 1948 entra in vigore la Carta Costituzionale, da lui ritenuta una grande conquista sociale: tra i diritti e i doveri dei cittadini essa afferma soprattutto l'obbligo scolastico, per questo ,don Milani la ritiene un secondo Vangelo.Don Gnocchi e don Milani, così diversi, ritenevano entrambi che l'ignoranza fosse la massima povertà dell'uomo e si sono fatti maestri di vita, con la certezza che nessuno appartenesse a una razza inferiore: entrambi hanno ammesso di avere imparato a vivere tra gli ultimi. Sono stati simili nella certezza che l'educatore, per aiutare i dimenticati a ottenere uguali diritti, doveva farsi apprezzare nella collaborazione con gli allievi e impegnare i ragazzi con l'esempio. Simili anche nel ritenere che il vero maestro è colui che sa amare e farsi amare, con la certezza che solo l'insegnante cooperante riesce a fornire agli allievi l'impegno gli stimoli per camminare insieme. Erano convinti che le idee e le azioni dovessero passare attraverso il giudizio responsabile della propria coscienza, non eseguire ordini arrivati dall'alto. Da questa convinzione nasce il giudizio di Don Milani con l'obbedienza non è più una virtù.Entrambi ritenevano necessario che l'educatore avesse a cuore i principi fondamentali per vivere con serenità nella società, che sapesse tenere a cuore il Vangelo e la giustizia, e fosse un intelligente cultore dell'etica, della libertà individuale, capace di seguire anche gli svogliati e coloro che non avevano affinita di pensiero con l'educatore stesso. Il maestro deve avere la volontà e la capacità di tenere vivo il dialogo e l’amicizia, nella speranza di convertire anche il più ribelle.Gnocchi e Milani ritenevano che il compito del genitore e dell 'educatore fosse di fare conoscere ai ragazzi l'etica, l'onestà, la realtà che li circonda, la società nella quale devono vivere, Per portarli responsabili alla maturità.La conoscenza e il benessere sono valori sacri solo se sono condivisi, se aiutano la società a crescere, ma se la cultura e la ricchezza restano nelle mani del capitalismo, del liberalismo industriale, clericale, borghese, non è giustizia, è tradimento, è volontà di potenza. Don Gnocchi e don Milani, educatori dotati di intelligenza, tecnica e capacità organizzativa, oltre che di grande umanità e fede, hanno affermato entrambi di avere cam- minato con meditazione tra le vicissitudini della storia e di avere appreso dagli ultimi cose sagge e indimenticabili, hanno cercato- di curare giovani feriti nella mente e nel corpo con l'esempio, orientandoli alla fraterna collaborazione in prospettiva futura.I due educatori, don Gnocchi e don Milani, sono stati attenti e consapevoli che lo sviluppo psichico e morale del ragazzo cresce con l'età, così come i difetti e le virtù, perciò l'inefficienza e 1’intelligenza vanno seguite, confortate, capite e aiutate; compito non facile, ma nel comune cammino dev'esserci reciproco impegno fra 1 due ruoli, un confronto tra positivo e negativo è necessario per far capire al giovane ciò che gli può nuocere e da cui si deve allontanare per non rimanerne coinvolto. La vita moderna è complessa e i giovani sono sempre più esposti e indifesi, ma chi li custodisce non deve essere né indifferente né ostile, ma deve tenere ferma la morale universale,Milani e Gnocchi sentivano necessaria anche l'educazione alla maturità sessuale del giovane, un benefico e universale traguardo dell'adolescenza che se arriva sul ragazzo impreparato può travolgerlo. Bisogna assolutamente educare pure al rispetto del sesso opposto, per fare s1 che l’amore e il rapporto di coppia si sviluppino nella reciproca fiducia e mai fra due nemici. Entrambi erano convinti che se il ragazzo raggiunge una sana maturità, saprà camminare nella società con impegno e serenità: con questa convinzione educavano i loro allievi al rispetto della donna che non è una merce da possedere né da comprare ma una cara amica da rispettare fisicamente moralmente. Il maestro non deve mai dimenticare che il ragazzo prima di essere giudicato va studiato e capito.L'educatore che non sa costruire la coscienza dell allievo non è un maestro, per essere
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