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Libro "Cromorama" riassunto, Appunti di Comunicazione Audiovisiva

Libro per l'esame di Comunicazione Visiva 2018/2019

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 09/02/2020

ilaria_wiz_rosso
ilaria_wiz_rosso 🇮🇹

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Scarica Libro "Cromorama" riassunto e più Appunti in PDF di Comunicazione Audiovisiva solo su Docsity! CROMORAMA - Riccardo Falcinelli ARTEFATTI (parte terza) MARRONE NEURONALE Il capitolo si apre con il racconto dell'esperimento fatto da due neurobiologi Hubel e Wiesel nel 1959. Stanno facendo una ricerca sulla visione per scoprire cosa nella scena visiva solleciti un determinato neurone. Per farlo impiantano un elettrodo nel cervello di un gatto sedato; gli mostrano dei vetrini tra cui un pallino nero su sfondo bianco, ma il neurone tace per la maggior parte del tempo eccitandosi solo a momenti. Perché? Il neurone non è eccitato dal disegno ma dal vetrino stesso che riflette la luce del proiettore creando un'ombra verticale. É questa linea in movimento che eccita il neurone del gatto. I due scienziati hanno appena scoperto un neurone sensibile alle linee verticali che si spostano verso destra, ribaltando l'idea che le immagini si formino direttamente nel cervello ed affermando che esistono invece delle cellule cortecciali specializzate. I neuroni non si limitano ad eccitarsi e spegnersi, bensì creano legami con altri neuroni (sinapsi) che possono farsi e disfarsi. Il cervello è interessato non tanto alle cose ma alle discontinuità della scena visiva (spigoli, bordi, ombre, colori, rispetto ad una parete tutta omogenea). Le ultime teorie cromatiche infatti sono state formulate dalla neurobiologia e non dall'arte. La percezione visiva inizia nel momento in cui la fonte luminosa arriva fino alla retina che è formata da tre diversi “coni” sensibili a tre diverse gradazioni di colori: rosso, blu e verde. I coni non sanno cosa sia il colore, hanno solo il compito di contare i fotoni da cui sono colpiti (ovvero le particelle che compongono la luce). Secondo il modello di Young sviluppato poi da Helmholtz e ancora successivamente da Hering, la visione dei colori deriva dalla mescolanza dei tre primari. Accade però che anche il giallo viene percepito come primario in quanto non lo si crede “figlio” dell'unione di due colori. É quindi possibile che a livello psichico i primari siano quattro e non tre in quanto con “primario” intendiamo un colore a se stante, non derivante dalla mescolanza di altri due. Hering arriva alla conclusione che alcune tinte siano in relazione tra loro: esiste il giallo, poi il giallo che tende al rosso e quello che tende al verde; ma non esiste un giallo che tenda al blu. Proprio per questo Hering affermerà che i colori più distanti a livello percettivo sono antagonisti, tipo il blu con il giallo, il rosso con il verde. La comunicazione che la retina fa al cervello quando vede un colore è doppia, ovvero: se i coni percepiscono del giallo, secondo la teoria di Hering, allora non può esserci del blu. L'opponenza ed il contrasto sarebbero quindi un linguaggio proprio delle fibre nervose con cui il sistema nervoso ci permette di pensare il mondo. I colori vanno in coppia e si cancellano l'uno con l'altro. Insomma, secondo Young ed Helmholtz i colori primari a livello della retina sono tre, mentre per Hering diventano sei, uniti in tre coppie di opponenti (blu-giallo, rosso-verde, bianco-nero). Vedere il colore tuttavia non è solo frutto di un elaborazione della retina e delle sinapsi ma anche una costruzione mentale: il colore è solo dentro la nostra testa, ragion per cui la scienza può misurare la temperatura ma non il caldo che ciascuno di noi prova. Vedere un colore è anche un fattore evoluzionistico, basti pensare ai cani o alle rane che non vedono tutti i colori che vediamo noi semplicemente perché non gli sono utili. Il colore ci serve per entrare in relazione con il mondo che ci circonda: distinguere la frutta acerba da quella matura per esempio. Questo processo però è una costruzione in quanto la mente percepisce come stabili le caratteristiche delle cose; un foglio bianco è tale sia alla luce di mezzogiorno sia di notte. Se ci basassimo solo sul colore bianco non sarebbe possibile vedere il foglio al buio ma qui avviene una magia: la costanza cromatica per la quale riconosciamo le cose a prescindere dall'illuminazione. La costanza cromatica è una peculiarità del tutto umana che viene creata a livello della corteccia cerebrale V4 (V=visione). La corteccia visiva ci permette inoltre di vedere alcuni colori non presenti nell'arcobaleno come il marrone ed il grigio. Come mai? Possiamo spiegarlo attraverso un esperimento. Immagina di essere in una stanza buia e di proiettare sul muro una gelatina gialla da 100watt. Il giallo che vedrai sarà bello vivo, poi spegni il proiettore e proietti la stessa gelatina ma con una lampadina con il doppio della potenza (200watt). É automatico che iol secondo giallo proiettato sarà più chiaro. Se proiettiamo le gelatine gialle con due fonti luminosi diverse nello stesso momento ecco che vediamo come il colore meno luminoso come diverso, seppur abbia la stessa lunghezza d'onda dell'altro. Il marrone in sostanza è un giallo messo affianco a superfici più luminose di lui, ovvero non dipende dalla retina bensì dal contrasto spaziale creato dalla corteccia. Per l'occhio il marrone non esiste, è solo all'interno della nostra mente. Noi interpretiamo il mondo secondo contrasti cromatici continui ed infatti è l'influenza tra le tinte ad essere fondamentale per i linguaggi visivi. Mentore di questa “tecnica” fu Josef Albert divenuto per far accostare i colori ai suoi allievi per dimostrare come questi accostamenti influenzino la nostra percezione. Un esempio famoso è quello del pantone 456 (ocra) che si mostra di due tonalità diverse a seconda di quali colori ha di fianco: Altri esempi sono quello dei cerchi con contorno bianco e con contorno nero, dove nel secondo caso il colore all'interno sembra più vivido; Poster di Glaser dove la riga rossa intermittente rende il disegno instabile e ballerino: non ci si preoccupa del colore in sè ma di come viene percepito. VIOLA SPEZZATO Il capitolo inizia con la storia di Jonathan, un uomo che ad un certo punto per un'intossicazione da monossido di carbonio non riesce più a distinguere i colori (ma bianco, nero e grigi sì), e successivamente non riuscirà nemmeno più a pensare al colore. I casi di acromatopsia (deprivazione sensoriale del colore) ci hanno aiutato a capire il come funziona la mente. Abbiamo infatti scoperto che, come nel caso del paziente di Sacks, le informazioni luminose (chiaro e scuro) e quelle cromatiche viaggiano in parallelo. Secondo i neurobiologi l'acromotopsia è dovuta ad un danno della corteccia e non della retina, ed è proprio per questo che gli scienziati affermano come il malfunzionamento della corteccia non impedisce alla retina di fare il suo. Queste due vie sono dette la via del cosa (porta informazioni relative alla forma, all'identitò ed al colore) e la via del dove (elabora spazio e movimenti in base all'illuminazione, e quindi in scala di grigio). Un'esempio per spiegare come queste due vie si influenzino è dato dallo sfarfallio visivo che tra una scritta rossa su uno sfondo verde della sua stessa luminosità: la “via del cosa” vede la scritta, ma la “via del dove” che i colori non li vede in quanto è tutto della stessa luminosità rimane disorientata. Altro esempio è il dipinto del sol levante di Monet dove il sole è un giallo scuro della stessa luminosità del cielo per cui il cervello fatica a posizionarlo correttamente nell'immagine e lo vede oscillare e brillare: La valutazione della luminosità è più importante del colore per il cervello in quanto è il chiaro- scuro ad aiutarci in primis a vivere e capire la realtà perché ci siamo evoluti per usare il mondo e non per apprezzare l'arte. Nelle arti visive luminosità e colore sono da sempre i due pilastri, poi in base alla corrente artistica prenderà sopravvento l'uno o l'altro: ad esempio se trasformiamo in bianco e nero un opera di Da Vinci e una di Gauguin ci accorgeremo come il primo rimane intatto nelle sue dimensioni mentre nel secondo si farà fatica a distinguere le forme. Un fatto della percezione spaziale sta nella capacità di un colore di indietreggiare o di avanzare in base allo sfondo che ha dietro ( o bianco o nero) e in base alla differenza di luminosità che c'è tra il colore X e lo sfondo (giallo avanza sul fondo nero e blu no ; blu avanza su sfondo bianco e giallo no). La nostra mente elabora la differenza tonale come anche una differenza saziale. La luminosità è una caratteristica che leghiamo ad alcuni colori. Alcune tinte ci parla anche di un inquadramento commerciale cosa che non avviene con i confetti. Un altro esempio che vediamo è quello del primo Mac del 1999 che si distingue dagli altri pc per forma più arrotondata, ruolo ludico e personal, colori bianco e azzurro. L'idea era quella di rappresentare un prodotto per tutti, da usare nel tempo libero e che riportasse all'idea di “surfare nel web” grazie al colore azzurro che riprendeva il mare. Possiamo capire come, con il Mac si arrivi all'idea che avere uno stile personale è fondamentale per rimanere impressi nella mente delle persone. Con l'andare avanti degli anni Apple creerà anche l'IPod e l'IPhone i quali non sono solo degli oggetti ma anche delle pratiche sociali ben precise. Apple vende un modo di essere ad una fetta precisa del mercato. Con Macintosh il bianco e nero passano in secondo piano dando spazio a colori vivaci, come il loro loco: una mela arcobaleno. Il successo Mac è stratosferico in quanto introduce uno stop alla routine; le idee del team sono filosofiche e progettuali. Un altro pezzo storico è la macchina da scrivere ideata per Olivetti da Sottass: è la Valentine rossa la quale peculiarità è l'essere portabile, ed utilizzabile fuori dall'ufficio: ha una funzione poetica rispetto ai prodotti Mac che sono invece più culturali e pratici. Una caratteristica importante del design italiano degli anni 60 e 70 è che le case non sono colorate ma sono arredate da colori, si pensi appunto alla Valentine o ai frigo color pastello. Il rosso spicca perché rappresenta la forza, basta pensare a colossi come coca cola, colla Pritt, gli estintori, la Ferrari, il Campari. Gli aspetti narrativi del colore valgono per tutti e non solo per le grandi marche. Pensiamo allora a due oggetti comuni: un frullatore ed un trapano. Entrambi di uso comune si distinguono dai loro competitors per la loro narrazione visiva: il trapano della Bosch è nero e verde rispetto a quello di Black & Decker. Scelgono insomma di farsi riconoscere tramite l'accostamento di due tinte perché un colore isolato è mutevole e può essere scambiato con facilità, mentre una coppia viene memorizzata e recepita meglio (es: rosso-bianco per vodafone, rosso-blu per tim, arancio-blu per wind). Ritornando all'esempio del frullatore e del trapano bisogna precisare che a livello di meccanismo sono entrambi prodotti elettrici che cambiano sì di potenza ma che hanno bene o male la stessa funzione. Oltre a distinguerli per la forma e lo scopo ci corrono in aiuto i colori candidi del frullatore rispetto al verde silvestre e montano del trapano. Uno ha un uso interno, l'altro anche esterno ed è per questo che è stato scelto il verde. Il frullatore minipimer è potente, trita le verdure con la lama eppure essa è coperta da un becco che pare quasi un tutù. La punte del trapano è esibita mentre la lama della donna no, un po come voler raffigurare il sesso dell'uomo e della donna. A ribadire le differenze sono anche dei fattori sinestetici: il colore nero sembra sempre più impegnativo e difficile rispetto ai colori chiari; i pesi delle donne in palestra sono colorati, quelli dei bodybuilder neri. Si tratta di differenziazioni di genere che non vanno tanto in base al sesso quanto ai luoghi: l'officina per il primo, la cucina per il secondo. A rivelare la natura puramente convenzionale di queste scelte cromatiche ci ha pensato Ehrnberger che ha scambiato i colori tra frullatore e trapano i quali si sono scambiati anche le significative apparenze: ora il frullatore è super agguerrito mentre il trapano sembra quasi un strumento da ginecologo. Un brand sulla fine non è mai la merce ma la sua idea psicologica. L'esempio che abbiamo appena fatto è riconducibile alla pragmatica semiotica del colore, il che vuol dire che le tinte e i colori significano in quanto veicolano dei messaggi; la pepsi è blu perchè vuole passare il messaggio di non essere come la Coca Cola. I colori esprimono la relazione tra loro in base al contesto in cui sono inserite: • citt con tante luci rosse = quartiere pornografico • tante luci colorate = luna park • luci rosse e verdi = divieto C'è da dire che la comunicazioni dei colori talvolta non è diretta, ma frutto di un processo: come c'è chi associa il colore verde del trapano alla montagna, c'è anche chi non gli da peso e lo compra/usa perchè gli serve. Non sempre il colore ah una volontà o un messaggio specifico, come nel caso della Pritt, che non si sa perché sia rossa. In questo caso il colore ha solo un ruolo: differenziare la Pritt dalle altre colle. VERDE ASPRO Nel capitolo partiamo con un esempio del colore arancione, che spesso associamo alle carote in quanto pensiamo siano sempre state così. Non è vero: le carote sono divenute arancio per mano dell'uomo che ha unito l'ortaggio ad una radice color arancio e voilà, ecco le carote che tutti conosciamo. Questo per dire come il colore dei cibi sia da sempre stato fondamentale. Oggi tutti i cibi sono controllati tramite strategie industriali che non sono altro che design. É importante per le industrie che li pubblicizzano far si che il cibo x abbia lo stesso colore che avrebbe in natura e per questo vengono controllati attraverso il controllo dei mangimi che si danno negli allevamenti e sostanze per correggere la cromatura. Questa procedura non è nient'altro che un controllo delle apparenze. Infatti un burro troppo chiaro potrebbe essere scambiato per strutto mentre un burro troppo scuro potrebbe sembrare rancido: questa categorizzazione viene fatta dalla nostra memoria in base a qualcosa che conosciamo già e che ci ha dato delle esperienze positive. L'esattezza della tinta non lascia spazio a dubbi insomma. Ovviamente vi è anche una componente culturale per quanto riguarda le tinte: in Francia la maionese è molto gialla, mentre in Italia è più pallida; in USA non comprano le uova dal guscio scuro ma solo dal guscio chiaro. I colori insomma non cambiano solo per una questione geografica bensì per un'intenzione consapevole associata all'idea che ogni cultura si fa sul cibo. La gestione del colore nell'industria alimentare è fondamentale per il risultato finale: il blu ad esempio non è molto usato in quanto ci riporta al pensiero di muffa: qui interviene la memoria che dicevamo prima, l'associazione tra un colore ed il sapore che rappresenta. In occidente si tende ad associare il nero all'amaro, il grigio al salato, il giallo al grasso, il verde all'acido, anche se non vi è un codice rigido (esempio: rosso = dolce ma anche piccante). Il primo ad interessarsi alla sinestesia dei colori fu il cugino di Darwin, Galton che si accorse come alcune persone vedessero i numeri colorati (sinestesia). Un esempio è quello delle forme di Kohler del 1930 dove una forma chiusa è curva, l'altra a spuntoni: abbiamo due nomi, Maluma e Takete. Inutile dire che Maluma è la forma morbida e Takete è quella a spuntoni. Questo è possibile perché il cervello messo di fronte a due oggetti produce sempre delle relazioni sinestetiche, ovviamente basate anche sulle nostre esperienze personali. Un altro esperimento afferma che una bevanda uguale ma data tre volte con tre colori diversi produce tre sapori distinti: verde = aspra; rossa = dolce; marrone= amara. Tutto ciò per dire che la percezione non è passività in quanto il nostro cervello opera sempre secondo aspettative culturalmente strutturate. Un occidentale le assaggia una Coca Cola arancione affermerà che sia Fanta. Questi pregiudizi gustativi sono stati poi utilizzati anche per un'altra parte grande dell'industria: il packaging. Un esempio è la Schweppes che è trasparente con un'etichetta gialla quasi a farci percepire la fettina di limone con cui essa di solito viene consumata. Le tinte fungono da indicatori per noi consumatori, ovviamente in base al contesto in cui sono inserite: per l'acqua il rosso e il blu del rubinetto indicano acqua calda o fredda, ma sulle bottiglie, indicano il grado di effervescenza. Le tinte unite sulle confezioni spesso indicano il lusso, la calma mentre l'unione di più colori indica subito il pop, il commerciale e l'economicità. Tra tutti i colori usati nell'alimentare uno è particolarmente interessante: il viola. É una tinta lenta, formale, matura e riservata (la vediamo spesso nella milka nella sua tonalità più lilla, nei lassativi, nelle prugne). Se in occidente il viole fa chic, in Cina fa povero in quanto contrasta con il giallo imperiale. BEIGE COLONIALE Il bianco spesso è utilizzato come alternativa ad altri colori e questa è una delle strategie di marketing. Il colore come detto precedentemente rappresenta l'identità degli oggetti ma anche l'identità del pubblico; il colore delle cose cambia status in base al rapporto che intratteniamo con gli oggetti e allo stesso tempo in base proprio a quest'ultimi. Una colla ad esempio non ci distingue dagli altri, alla fine è una colla. Ma un'auto invece ha la capacità di farci spiccare o meno sugli altri: audi > panda. Si passerà ad proporre auto tinta unita a colori, come anche i restanti oggetti di uso quotidiano tipo i tapperware o i frullatori dove è possibile la personalizzazione del colore. Un esempio è la casa motociclistica Harley che permette ad ogni acquirente di comprare, usare ma sopratutto personalizzare a piacimento la propria moto. Tutto ciò avviene nel dopoguerra portando poi alla concezione attuale per cui è il colore la prima forma di identificazione, sia del prodotto e sia del consumatore. Il packaging ha un ruolo evocativo in quanto stimola i sensi delle persone e la loro psicologia nella scelta, ad esempio il vasetto di yogurt lilla che ha la confezione rosa e quindi è “al gusto di” fragola; altro esempio le saponette o i prodotti da bagno per lavarsi. Al cambiare della fragranza o del sapore cambia anche il pack. Nei saponi femminili abbiamo un pack che rievoca il sapore e la natura, in quelli maschili invece evoca personalità. Vi sono studi che da anni cercano di capire quale sia il colore più adatto ai detergenti e d'altro canto vi sono studi che cercano di capire quali tinte andranno di moda in futuro: questa azione è chiamata color forecast (un po' come le previsioni del tempo). La fine del capitolo è rappresentata dall'esempio del diavolo veste prada dove Andrea si presenta da miranda con un maglione azzurro; Miranda le fa un discorso su quel maglione, che è ceruleo e che pur non sapendolo sono state le indurstrie a sceglierlo per lei. Ecco che viene fuori come i colori della moda sono studiati a tavolino e allo stasso tempo come il successo di una tinta dipenda molto dal contesto. BIANCO MORALE Il capitolo si apre con l'esempio del film Il Mago di Oz dove Oz è a colori mentre Kansas è in bianco e nero. Questo per differenziare come i colori siano lo sfarzo e l'irreale mentre il bianco e il nero siano i valori dei cittadini contadini e la realtà. Da sempre il bianco e nero è visto come elegante e posato, mentre i colori (come spesso nei film vecchi) vengono visti come allegoria pop esagerata. Il nero in particolar modo è sinonimo di eleganza da sempre (vedi lo smocking). I libri del 1400 hanno bordi, scritte e illustrazioni coloratissime che poi con la stampa di Gutemberg, per questioni economiche, convenzionali e pratiche, passano ad essere in bianco e nero. Il bianco fa da padrone per quanto riguarda purezza e classicità. Siamo nel 1977 quando in italia scoppia una vera crisi di cromofobia: una parte della popolazione è scettica all'idea di avere la televesione a colori in quanto potrebbero corrompere i costumi della società. È chiaro come quello che si teme non è il colore in se bensì il potere seduttivo che il colore può dare alle cose. Un esempio di uso dei colori del 1970 sono i barbapapà dove rappresentano i personaggi con colori davvero anticonvenzionali rispetto alla normalità (mamma nera papaà rosa). La paura del colore evidenzia come le scelte visive rappresentino sempre delle questioni sociali. In metro siamo spesso tutti vestiti di scuro, mentre in spaiggia pullulano i colori: forse perché in città si vuole diventare invisibili? Forse amiamo il colore al cinema ma non lo vogliamo addosso? Forse sì. Il nero è irrinunciabile, il bianco è legge, ma questi sono luoghi comuni. VERDE VERTIGINE Il caopitolo ri apre con un riassunto del film “La donna che visse due volte” di Hitckcoch dove sono predominanti il rosso rubino e il verde smeraldo. In questo caso il colore non va solo guardato ma decifrato in quanto le due tinte sono contrapposte e viene usato il simbolismo psicanalitico. Un altro aspetto è il biondo platino della protagonista che è usato per celare il castano ( ma anche la personalità e l'inganno). Il biondo platino per il regista è l'erotiso bloccato ed è non solo un colore ma un capo d'abbigliamento preciso. Quel biondo e il tailleur di madleine sono un tipo di bondage, ma spiritualizzato. Madleine rispetto a Judy è desaturata per sottolineare il suo rango alto, l'eleganza; l'altra è vestita con un colore smeraldo, orecchini grandi, truccatat tanto per rappresentare un po' l'esagerazione e il ceto basso rispetto a M. Anche il protagonista Scottie è vestito per tutto il film con un abito che lo contiene: il completo da uomo dai colori sempre scuri. La giacca rappresenta l'uomo che non si occupa di lavori gravosi ma che si guadagna il pane stando seduto ad una scrivania. Tutto il film è pieno di elementi rosso rubino (scottie) e verde smeraldo (judy) i quali ci rappresentano un rapporto celato tra i due innamorati. Ma scotti amava la Judy che interpretava Madleine e la rìcostringe a divemtare cosi, come una donna che lei è stata ma mai nella realtà. L'ossesione di scottie è iconografica. Nelle mani del regista il colore è la struttura del film: Scottie vuole Judy, ma la vuole grigia come quando lei interpretava Madleine. Judy è verde in realtà, e questo spaventa Scottie in quanto rosso.
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