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Libro: "Gli Irregolari". Gabriele Pasqui, Schemi e mappe concettuali di Urbanistica

Questo è il riassunto completo di tutto il libro. riassunto dettagliato e molto chiaro. (voto esame: 30)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 22/12/2023

luigi-perillo03
luigi-perillo03 🇮🇹

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Scarica Libro: "Gli Irregolari". Gabriele Pasqui e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Urbanistica solo su Docsity! CAPITOLO 2| CAMPO: PENSARE LA PIANIFICAZIONE E LA PROGRAMMAZIONE, OGGI 1.CONTESTO 806,9 miliardi miliardi di euro. Questa è la spesa che prevede il piano "NextGenerationEU" per la ripresa post-pandemica promosso dalla Commissione Europea. Dopo decenni in cui avviene una progressiva contrazione delle risorse pubbliche (nazionali ed europee) oggi assistiamo ad un uso e ad una spesa elevata di risorse per promuovere la ripresa del continente dopo lo shock provocato dalla Pandemia Covid-19. L’Italia è il paese europeo che deve andare incontro alla quota più alta di risorse. Il governo italiano ha infatti presentato un piano chiamato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)” che prevede: • Un investimento pari a 222,1 miliardi di euro. Tali risorse devono inoltre essere spese in modo rapido, ovvero entro 5 anni. • L’avvio di un insieme di riforme che siano in grado di affrontare le debolezze del Paese (portante dalla pandemia) sia sotto l’aspetto economico che sociale. L’obiettivo principale del PNRR è infatti quello di portare ad un ripresa e sviluppo economico. Tuttavia l’Italia deve badare anche ad altre spese per l’attuazione di altri piani oltre a quello della NextGenerationEU (come ad esempio uno di questi sono i fondi di coesione). Tali piani mirano anche loro a portare ad uno sviluppo e ripresa del Paese. Ciò porta ad un totale di circa 400 miliardi di risorse da investire sulla ripresa del Paese. È importante sottolineare come l’Unione Europea e gli Stati membri stiano agendo in una situazione di incertezza, sia rispetto agli impatti della pandemia, la quale è difficile da monitorare, sia rispetto alle conseguenze della guerra tra la Russia e l’Ucraina. Inoltre, le strategie di intervento presentate dall’Unione Europea e dagli Stati membri derivano in seguito ad un lungo ciclo di indebolimento ed impoverimento delle risorse pubbliche. Perciò con il termine pianificazione, riferendosi ai mesi in cui il PNRR sta faticosamente intervenendo, si intende prendere decisioni su una situazione di debolezza e su una situazione caratterizzata da uno squilibrio di potere e di risorse dal settore pubblico al settore privato. Diverse sono le critiche nei confronti del PNRR. Principalmente le critiche riguardano le difficoltà dell’attuazione del PNRR, in quanto esse sottolineano che per portare ad un attuazione efficace è necessario: • Possedere degli strumenti adeguati • Sviluppare un nuovo pensiero, una nuova concezione di pianificazione, in quanto non si deve pianificare in una situazione normale ma in una situazione di povertà istituzionale. Importanti sotto questi aspetti sono 2 figure: l’economista Gianfranco Viesti e il sociologo Paolo Perulli. Gianfranco Viesti identifica una serie di elementi che condizionano l’attuazione del PNRR, tali elementi sono: • La scarsa capacità del Piano di relazionarsi con le disuguaglianze sociali, che sono connesse al impoverimento economico, e la scarsa capacità del piano di relazionarsi con il concetto di “deriva demografica”, ovvero la scarsa capacità del piano di relazionarsi con il continuo invecchiamento della popolazione che crea problemi alle politiche pubbliche. • L’impossibilità di dare continuità agli impatti degli investimenti del PNRR • Il rischio che un piano così ambizioso, siccome deve essere realizzato in tempi molto brevi, non abbia le risorse necessarie per essere attuato del tutto. Questo perché l’attuazione del piano è a carico dell’amministrazione pubblica, la quale si trova in una situazione di difficoltà economica, soprattuto per quanto riguarda Comuni di media e piccola dimensione, che presentano poche risorse • Il rischio che il piano non sia in grado di intervenire in egual modo sia al Sud che nel Nord del Paese, non riuscendo quindi a risolvere i divari. Paolo Perulli, invece critica il PNRR sotto diversi aspetti, infatti: • Sottolinea come l’impoverimento delle istituzioni pubbliche e il fenomeno della privatizzazione (cioè servizi pubblici realizzati da privati) abbiano svuotato “le tasche” dello Stato, impoverendo il governo. • Sostiene che il mercato, a sua volta, abbia portato ad un aumento del potere delle lobby (dei gruppi di interesse che svolgono attività di lobbies) e che non sia in grado di intervenire in situazioni di crisi. • Afferma che inoltre i modelli di governance basati sulla logica di emergenza abbiano indebolito i meccanismi democratici ad ogni livello Tuttavia Perulli afferma come il PNRR potrebbe avere delle possibilità di successo, solo però se è in grado di “riterritorializzare” l’azione pubblica. Ciò dovrebbe avvenire attraverso due mosse, attraverso: 1. La definizione di nuovi “patti territoriali” per il lavoro che coinvolgano attivamente gli enti pubblici. 2. La promozione di parametri e del concetto di sostenibilità e di partecipazione nel sistema delle imprese. Per far ciò è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale 2.SCENARI Perulli e Viesti mettono quindi in evidenza come il tema del programmare, pianificare sia fortemente legato alla necessità di ripensare l’azione pubblica. Dobbiamo quindi capire: come pianificare? Cosa pianificare? Innanzitutto, dobbiamo mettere in evidenza gli errori nella pianificazione che sono stati fatti nel passato in modo così da non ripeterli. Ad esempio è importante ricordare i limiti del periodo della “nuova pianificazione” degli anni Novanta (metà anni Novanta), in modo così che oggi capiamo da dove si deve ripartire, dando vita ad una nuova azione pubblica. Dobbiamo quindi definire e riconoscere quali siano i limiti e le possibilità dell’azione pubblica. Seguendo ciò che spiegano Perulli e Viesti sul PNRR, il primo passo da compiere è il congedo dall’idea secondo la quale tutti i problemi della società possono essere risolti senza il pubblico. Tuttavia, per cambiare tale ideale, e quindi considerare fondamentale anche l’intervento pubblico e quindi di non considerarlo come un problema, è un processo complicato. Infatti in gioco ci sono: gli equilibri di potere a scala planetaria/mondiale, ci sono i rapporti di forza tra le classi sociali e le conseguenti disuguaglianze sociali. Inoltre, ad esempio nel nostro Paese, è evidente la fragilità, nelle politiche pubbliche (e quindi nell’azione pubblica), degli attori protagonisti (come politici e burocrazia). Infatti l’indebolimento finanziario, organizzativo e cognitivo degli attori pubblici ha influito negativamente sulla efficacia ed efficienza delle politiche pubbliche. Tutto ciò implica che ripensare alla pianificazione/programmazione significa innanzitutto ripoliticizzarla, assegnando quindi al conflitto (tra gli attori) un ruolo centrale per definire le condizioni di attuazione di efficacia. Ci sono diversi scenari che influenzano la nuova forma di pianificazione a cui si deve dar vita. CAPITOLO 4| ALBERT HIRSCHMAN 1.PASSAGGI DI FRONTIERA: IMPARARE A PENSARE CONTRO SE’ STESSI Nasce in famiglia ebraica Berlino, per questo lui si definisce un antifascista, ad esempio combatte volontariamente nella guerra civile spagnola. Importante è innanzitutto sottolineare che diversi sono gli aspetti che collegano Hirschman a Lindblom. Infatti hanno scritto ad esempio un saggio insieme e compiuto anche dei viaggi/ esperienze di vita insieme (come ad esempio il viaggio in 5 paesi latini-americani). Aspetti in comune con Illich non ce ne sono però notiamo che entrambi amavano l’Italia e entrambi sono caratterizzati da un plurilinguismo sorprendente. Inoltre entrambi hanno una forte propensione all’autosovversione, ovvero presentano una “postura” intellettuale mai appagata, spesso ritornano sui propri passi. La vita di Hirschman sottolinea quest’ultimo aspetto. Infatti la sua vita evidenzia questo forte legame tra le esperienze di vita da lui svolte e la sua intelligenza mai appagata. Hirschman è un “irregolare”. È un “irregolare” soprattuto per la sua propensione ad attraversare la frontiere: quelle geografiche, politiche e soprattutto disciplinari. Hirschman introduce il Trespassing. Questo concetto non ha nulla a che vedere con il dialogo tra discipline diverse attorno ad un determinato oggetto. Bensì il Trespassing è uno stretto parente della transdisciplinarità, ovvero un esercizio di costruzione congiunta del sapere, che congiunge più discipline singole insieme tra loro, le quali (discipline) vengono rimesse in discussione a partire dalle loro pratiche metodologiche e dai loro metodi di indagine. Per Hirschman, transdisciplinare, o il trespassing, significa anche un continuo vai e vieni tra là pianificazione e la vita, tra i bisogni e le pratiche di vita, a partire dall’atteggiamento di “Reverence for life” (che vedremo dopo). Non significa quindi soltanto attraversamento e il collegamento delle discipline. Il trespassing porta al sospetto di ogni forma di metodologia che assume i propri oggetti di sapere/studio come dati certi. Lo stesso Hirschman afferma come la logica del trespassing è servita a complicare l’economia, ossia che l’economia deve essere spiegata violandone i confini, aprendo l’economia ad un confronto con la politica, comprendendo l’importanza dell’azione collettiva nella definizione dei problemi pubblici. Importante è sottolineare che tramite il trespassing Hirschman sottolinea come siano proprio i problemi a definire i punti di vista e le categorie disciplinari che mettiamo al lavoro. L’operazione più importante è quella di problematizzare l’oggetto di indagine, mostrando come esso si formi attraverso l’intersezione degli sguardi disciplinari e delle pratiche che lo indetificano e localizzano. Hirschman mostra come il trespassing sia uno strumento per: - “bucare” le discipline mostrandone radici comuni - intrecciare azioni individuali e collettive. Cioè la transdiciplinarietà praticata da Hirschman ci permette di fare perno (di studiare e analizzare) sulla costruzione dei problemi (pubblici), sull’intersezione tra pratiche discorsive e non discorsive, sulla compresenza di logiche diverse sull’agire individuale e collettivo. Infine: - il Trespassing porta ad una concezione della pianificazione che critica fortemente i modelli razional- comprensivi. Quest’ultimi erano i principali modelli che venivano usati nella stagione/ nel periodo in cui Hirschman rifletteva sui programmi, sui piani e sui progetti di sviluppo. Hirschman critica i modelli razional-comprensivi perchè sostiene che non si fanno carico dei problemi, degli inciampi, degli eventi inattesi ma assumono per certo la capacità di controllo degli esiti della pianificazione. (Capiremo meglio ciò dopo aver studiato il possibilismo) - Il Trespassing è l’idea che (Hirschman) lui ha tramite la quale spiega che noi dobbiamo partire dai problemi e non dalle discipline, per portare poi alla risoluzione del problema stesso. Infatti spiega che si deve esercitare sul problema una serie di riflessi che ci permettano poi di comprendere e risolvere il problema stesso. Diverse sono le figure che hanno studiato il pensiero di Hirschman tra queste Balducci e Pier Luigi Crosta. Dal pensiero di Hirschman capiamo come lui non voglia proporre un nuovo metodo di pianificazione. Infatti mediante il suo pensiero e la sua prospettiva, Hirschman mette in guardia e sospetta di ogni sguardo sicuro. Importante è ciò che sottolinea Balducci: “Hirschman esercita una importante influenza sui progettisti incoraggiandoli a trasgredire, a costruire un atteggiamento critico, maturo e consapevole, fiduciosi nelle loro conoscenze abilità nel affrontare un qualsiasi problema…” Ecco quindi che Hirschman introduce un nuovo concetto, una nuova prospettiva: “Reverence for life”, tramite il quale sottolinea che si deve considerare che le cose possono anche sfuggire di mano. Cioè Hirschman spiega che si deve avere “Reverence for live”, cioè lui spiega che non si devono tener conto solo degli effetti, ovvero di guardare solamente a ciò che accade nelle fasi di attuazione delle scelte/decisioni compiute. Ma si devono considerare anche quegli effetti inattesi, perché le cose possono anche sfuggire di mano. Spiega infatti che gli aspetti più importanti da analizzare sono gli esiti, ma soprattuto gli esiti inattesi, inaspettati. Inoltre attraverso tale concetto (Reverence for life), sottolinea come ancora più rilevante è rifiutare una concezione naturalistica della definizione dei problemi, (e si deve rifiutare) attraverso processi che permettano di mostrare in che modo le questioni di interesse si costruiscano per via interattiva (cioè in modo reciproco tra più individui). Sostanzialmente Hirschman sottolinea come sia importante sospettare ed analizzare i meccanismi che portano alla formazione dell’agenda (la quale contiene i problemi prioritari su cui intervenire). Per far ciò spiega Pier Luigi Crosta, che come afferma anche Hirschman, bisogna pensare all’azione di pianificazione come un’attività empirica, oppure come una pratica che si fa carico della diversità. L’empirismo infatti porta proprio a riconoscere le diversità. Sostenendo che la pianificazione deve essere pensata come un’attività empirica, significa anche dire che la pianificazione deve farsi carico di ciò che accade prima, durante e dopo l’attuazione del piano. Per far si che ciò accada, è necessario che si presti attenzione alle pratiche, cognitive e non solo, entro cui la pianificazione stessa manifesta i suoi effetti attesi e non attesi. Come già detto prima infatti, Hirschman, spiega importanti da analizzare sono gli esiti, ma soprattuto gli esiti inattesi, inaspettati. Importante è così la: dimensione territoriale. Questo perché: - la pianificazione studiata da Hirschman interviene entro un territorio (ambiente, società, istituzioni, culture) che spesso tende a mutare propio a causa della pianificazione stessa - La dimensione territoriale permette di indagare sui legami che ci sono tra obbiettivi, azioni ed esiti (attesi e non). In generale il concetto di “Reverence for life” deve essere inteso come capacità di riannodare le relazioni tra programmi, azioni, pratiche e usi; di spostare l’attenzione dalle intenzioni agli esiti. Hirschman ragiona anche sui fattori di incertezza, sottolineando che essi hanno due diverse flessioni: - Da un parte, la natura sistematica che porta il singolo progetto a comporsi, attraverso fattori interdipendenti - Dall’altra, l’incertezza dipende dal fatto che gli esiti del progetto sono sempre locali, connessi a particolari condizioni, relazioni e configurazioni di un certo territorio. 2.SVILUPPO: POSSIBILISMO ALLA PROVA Hirschman ragione così anche sulla nozione di sviluppo. Propone di pensare lo sviluppo come un processo complesso, multidimensionale e non lineare, nel quale si intrecciano aspetti economici, politici, sociali e culturali. Arrivando poi a definire il concetto di sviluppo non equilibrato, cioè sviluppo squilibrato. Infatti lui spiega che lo sviluppo deve essere visto come una sequenza di disequilibri, ovvero come una sequenza di eventi che allontanano dall’equilibrio, generando nuove possibilità. Lo sviluppo squilibrato inoltre è causato da meccanismi/eventi incontrollabili. Hirschman afferma inoltre che la complementarità può essere solo parzialmente controllata. Sostanzialmente Hirschman spiega che lo sviluppo è anche caratterizzato da eventi imprevedibili che generano squilibri e generano la possibilità di produrre nuove complementarietà impreviste e imprevedibili. (Con “Complementarietà” si intende una situazione dove due attività o settori sono interdipendenti l’uno dall’altro, l’aumento di uno dei due comporta diminuzione nel altro, c’è una situazione di equilibrio. “Complementarietà rigida” invece si riferisce ad una situazione dove due attività o settori sono strettamente interdipendenti l’uno dall’altro e si rafforzano reciprocamente, cioè all’aumento dell’uno stimola l’altro. “Complementarietà meno rigida”: 2 attività o settori che sono meno interdipendenti l’uno dall’altro, l’aumento di uno potrebbe avere impatto positivo sul altro, ma non in modo significativo o proporzionale) Hirschman ci fornisce poi 3 indicazioni fondamentali: - In primo luogo la pianificazione deve farsi carico di programmare gli effetti di complementarietà rigida - In secondo luogo, è impensabile, a causa della limitatezza delle risorse e delle conoscenze, sperare di includere nel processo di previsione e pianificazione tutte le complementarietà possibili - Infine, non si deve rinunciare alla pianificazione integrata (cioè al processo di trasformazione di complementarietà meno rigide a più rigide), ma si deve considerare che ci si trova in una situazione di incertezza, e che quindi si possono generare squilibri. È infatti importante il concetto di incertezza e possibilismo. Hirschman spiega che noi viviamo nell’incertezza. Tale condizione di incertezza, nei confronti dei risultati ed effetti delle nostre azioni di pianificazione, non è dato solo dal elevato livello di complessità del sapere e dal concetto/ situazione di interdipendenza tra i vari attori. Cioè afferma quindi che l’incertezza non deriva esclusivamente dai nostri limiti computazionali. Infatti, Hirschman sottolinea che vi sono forme diverse di incertezza, tra loro interconnesse. La distinzione fondamentale proposta da Hirschman è quella tra: - Incertezze legate alla produzione di un progetto - Incertezze riferibili alla domanda per il prodotto generato dal progetto. Le diverse forme di incertezza riguardano diverse dimensioni: tecnologica, sociale, politiche, culturale, organizzativa oltre che cognitiva. portata ma che considerando tutte le difficoltà non ci sentiremmo in grado di fare, e quindi di conseguenze non agiremmo. Sostanzialmente dice che meno conosciamo le minacce e le difficoltà meglio è, perché altrimenti non agiremmo (se conoscessimo tutte le difficoltà). Il principio della mano che nasconde può essere quindi definito come un meccanismo sociale, che influenza gli attori, dal punto di vista cognitivo ed in base alle loro relazioni. Portando così ad attivare o a rafforzare le risorse sociali usate nel processo di attuazione. Come affermano Bruno Dente e Simone Busetti, l’attuazione dipende dal modo in cui si generano i meccanismi, i quali hanno innanzitutto una valenza cognitiva ed inoltre permettono la mobilitazione individuale e in qualche caso anche l’azione congiunta. Ci sono diversi esempi di meccanismi che influenzano l’efficacia dell’attuazione/della essa in opera di un piano. Un esempio è: - il meccanismo imitativo, che mette in evidenza come la partecipazione all’azione collettiva favorisce il perseguimento di vantaggi individuali. - I meccanismi che lavorano sui frame cognitivi degli attori, come (oltre meccanismo mano che nasconde) i meccanismi di reframing che ridefiniscono i problemi, permettendo di riconoscere la priorità su cui deve intervenire l’azione pubblica. - Il meccanismo basato sulla reputazione degli attori, che è fondamentale per rafforzare le capacità amministrative e istituzionali. - I meccanismi cooperativi che possono aumentare l’efficacia della pianificazione diminuendo i rischi. Per questi motivi le politiche pubbliche e i piani vanno intesi come campi di interazione sociale, ossia ambiti nei quali interagiscono gli attori, gli interessi e i poteri che possono generare l’azione congiunta. Affermare che le politiche pubbliche sono campi di interazione sociale significa riconoscere che l’attuazione delle politiche (e la loro efficacia) è un esito possibile e non un esito garantito. Inoltre significa anche affermare che l’attuazione delle politiche è l’esito delle relazioni sociali tra i vari attori. Tutto ciò implica che le azioni non sono riducibili alla decisione finale, ma devono essere viste come processi che avvengono nel tempo. Le politiche devono quindi essere disegnate e attuate come sistemi concreti di azioni, nei quali interagiscono variabili culturali, cognitive e istituzionali. Abbiamo quindi capito che Hirschman non offre alcun metodo di pianificare, bensì suggerisce alcune regole per diminuire l’incertezza considerando anche gli esiti non previsti e per allontanarsi da una situazioni di dissonanza cognitiva. CAPITOLO 5| CHARLES LINDBLOM 1.METTERE ALLA PROVA: IL PROGETTO COME ESPERIENZA Charles Lindblom è il meno “irregolare” tra i tre irregolari. Amico di Hirschman, ha insegnato in diverse università americane prestigiose La sua natura “irregolare” si può riconoscere dalla sua continua oscillazione tra l’economia e l’analisi delle politiche, con una forte attenzione prima alla natura dei problemi invece che alle discipline. Lindblom studia ed analizza anche lui le possibilità e i limiti dell’azione pubblica. Innanzitutto afferma che la capacità di risoluzione dei problemi sociali nei regimi democratici è limitata e spiega che è fondamentale capire come usare le conoscenze nei processi di policy. Lindblom introduce innanzitutto il concetto di Probing, che tradotto significa “sondare”, cioè esaminare, rilevare. Tuttavia per Lindblom sondare significa anche “mettere alla prova”. Come sostiene Lindblom l’azione collettiva di definizione e trattamento dei problemi sociali, dovrebbe essere definita come pratica di “problem solving as unending inquiry” [problem solving è una azione senza fine]. Si tratta di una pratica dove vengono messe in atto delle idee e delle ipotesi sulla base di continue interrogazioni ed è un processo che mira a definire i problemi e di portarne alla risoluzione. Innanzitutto è importante sottolineare che, Lindblom non sta dicendo che il tentativo di risolvere i problemi sociali non si basi su una logica di problem solving. Infatti l’intenzione di chi vuole affrontare un problema è appunto quello di risolverlo, definendo le strategie di intervento e risoluzione. Tuttavia, le pratiche messe in atto (strategie di intervento) per risolvere un problema sociale sono un processo interattivo molto complesso. Come spiega Lindblom “il processo di indagine richiesto è un processo sociale (interattivo) ampio, diffuso, aperto, che ha una natura sia cognitiva che politica”. Quindi possiamo affermare che la pianificazione è un processo di interazione sociale, complesso, aperto a più interpretazioni. Inoltre affermare che è “sia cognitiva che politica” significa dire che è: - Cognitiva perché è mette in gioco più conoscenze - Politica siccome crea situazioni conflittuali tra i vari attori che hanno idee e interessi diversi. Ritiene che i processi mediante cui vengono messe in campo le politiche pubbliche sono caratterizzati dalla presenza dalla messa in atto del Probing. Secondo Lindblom il Probing è un processo di indagine che si basa sul sondaggio, (cioè sul esaminare) e sulla messa alla prova di buone idee. Sapendo che ciò accade in una situazione di incertezza. Come dice Lindblom, “Il Probing coglie gran parte del processo, in quanto enfatizza la profondità dell’indagine, l’incertezza dei risultati e le possibili sorprese”. Lindblom infatti, mediante il Probing, vuole mettere in evidenza l’incertezza e la possibilità di “inciampi”, incidenti e sorprese nella pianificazione. Spiega inoltre che il Probing, cioè il lavoro di sondaggio e messa alla prova, non è svolto esclusivamente dagli esperti, ma è l’esito di un processo interattivo che coinvolge gli “ordinary citizens”, cioè i cittadini normali. Questo coinvolgimento avviene sia nella fase di definizione dei problemi, che nella fase di scelta della strategia di intervento. Lindblom mette quindi in evidenza la necessità di sviluppare una pianificazione che si basi su l’interazione e sui valori sociali per portare alla definizione e risoluzione dei problemi. La conseguenza principale della concezione di Probing riguarda l’abbandono di un idea di rapporto lineare fra mezzi e fini, su cui si fonda ogni modello razional-comprensivo (critica tali modelli). Infatti è una relazione tutt’altro lineare, che si basa su diversi interessi e su diverse definizioni del problema stesso. Tornado a parlare del ruolo degli esperti, sottolineando che il Probing non viene svolto solo da esperti ma anche dagli “ordinary citizens” non significa dire che il ruolo degli esperti non sia rilevante. Difatti, la loro conoscenza e il loro ruolo (degli esperti) è in realtà fondamentale nei processi di policy, soprattuto per definire le soluzioni e strategie di intervento. Tuttavia, Lindblom sottolinea che sia gli esperti che le loro conoscenze sono diverse. Per cui non si deve prendere per universale un singola concezione di esperto o una singola conoscenza esperta, bensì, spiega, che si deve capire e mettere in evidenza come le conoscenze esperte vegano utilizzate nell’ambito di altre pratiche, si deve quindi sospettare e analizzare le conoscenze esperte. L’attività sociale di Probing secondo Lindblom, non si fa carico soltanto dei problemi sociali, ma si fa carico anche di un modello di società che rifiuta una guida scientifica, per assumersi il compito di guidarsi da sola. Questo modello di società (self-guiding society): - Non è un modello di società che affida la produzione di meccanismi, che regolano le forme sociali generando benessere, all’interazione dei singoli. - Ed è una società che costruisce in modo interattivo i suoi problemi pubblici. Il Probing (cioè sondare e mettere alla prova, sperimentando le possibili soluzioni) è un’attività sociale intenzionale, che si basa sulla relazione tra più attori che possiedono interessi differenti. Come spiega Lindblom il Probing agisce nell’incertezza, ed è inoltre fondamentale per dar vita ad una visione critica nei confronti della pianificazione. È importante sottolineare che se la costruzione e il trattamento/risoluzione dei problemi sociali è un esercizio di messa alla prova, allora anche la pianificazione dovrebbe essere considerata un campo di sperimentazione, e non si basa quindi su una relazione lineare mezzi-fini. Questa affermazione non è irrazionale. Perché chi pianifica segue dei fini razionali, mettendo in gioco conoscenze ed interessi. Coloro che sono considerati i pianificati, però, fanno parte di un processo di social probing, nel quale ci sono conflitti d’interesse e imprevisti, che dovrebbero spingere a evitare soluzioni semplici e univoche. Lindblom inoltre distingue due modelli di direzione politica e di programmazione. Li definisce rispettivamente sinottico (a causa delle molte conoscenze che esso necessita) e strategico. Lindblom afferma che nelle società democratiche è presente una forte preferenza per il modello sinottico. Come già sappiamo, il modello sinottico ignora la natura interattiva dell’analisi e la dimensione sociale della pianificazione/programmazione. 2.CONOSCENZE UTILIZZABILI: AGIRE PER CONOSCERE Come sappiamo, al centro della riflessione di Lindblom c’è il tema della: conoscenza. Pier Luigi Crosta ripropone ciò che spiega Lindblom in un testo che ad oggi non è ancora stato tradotto. Crosta sottolinea, come spiega Lindblom, che azione e conoscenza sono intrecciate tra loro nell’attività di pianificazione, tanto che si può affermare che si agisce per conoscere. Le attività di pianificazione sono attività che si basano su pratiche cognitive e non, che vengono compiute (tali pratiche) da una molteplicità di attori che danno un senso al loro agire. Lindblom vede la “conoscenza come prodotto dell’azione” e ciò contrasta l’idea (e la teoria) che tutte le conoscenze sono uguali. (Ad esempio la conoscenza e la parola esperta (degli esperti), della politica, dell’economia ha maggiore rilevanza rispetto a quella di altri attori o ai portatori di interesse.) Le conoscenze che entrano in gioco nei processi di pianificazione sono dunque stratificate, diverse tra loro. Inoltre, come afferma Lindblom, le conoscenze sono impaired, cioè “compromesse, alterate”. Lindblom afferma che: - Da un lato, le capacità degli attori di esercitare le proprie strategie di messa alla prova sono cresciute - Dall’altro, emergono continuamente dei limiti nelle competenze cognitive degli attori. Lindblom, sottolinea quindi che ci sono ostacoli di diversa natura nei confronti delle nostre capacità di esercitare l’azione di Probing Questi ostacoli vengono definiti da Lindblom come forme di impairment, e dipendono da fattori individuali ma sopratutto sociali. Le riflessioni di Lindblom e Cohen sono molto attuali. La pandemia ha permesso di ragionare infatti sulle conoscenze. Sin dall’inizio siamo stati investiti da molti discorsi: discorsi sulla pandemia, sulla salute, sulle dinamiche, sulle cause. Come spiega però Charles , dovremmo imparare a misurare e comprendere l’intreccio tra saperi e poteri che caratterizzano la scena pubblica, usando la Usable Knowledge come strumento per aumentare le potenzialità dell’interazione sociale nei processi di pianificazione (definizione e trattamento dei problemi pubblici). Importante in Lindblom non è solo il tema della conoscenza bensì anche la sua interpretazione dell’azione pubblica come un campo di processi di interazione sociale multiattoriale. Importanti sono due concetti connessi da lui introdotti: il pluralismo e il mutuo aggiustamento partigiano. Il pluralismo è lo sfondo generale entro cui si sviluppa il pensiero di Lindblom; il mutuo aggiustamento partigiano è lo strumento attraverso il quale vengono assunte le decisioni pubbliche ed è lo strumento tramite cui si formano le politiche pubbliche. Lindblom innanzitutto parte con il differenziare il multiplism dal pluralism. - il multiplism: riguarda la partecipazione di una molteplicità di attori alle pratiche di Probing - Il pluralism: è innanzitutto necessario affinché si formi una società che si guida sola (self- guiding society), ed inoltre consiste nel fatto che i gruppi sociali esercitano un certa influenza sulle politiche pubbliche e (consiste nel fatto) che ci sono funzionari, attori (come politici e burocrati) che si influenzano reciprocamente. I gruppi sociali (lobby, associazioni, partiti politici,…) e i funzionari (pubblici) possono esprimere valori e interessi conflittuali perché diversi o contrastanti tra loro. Nel capo dell’azione pubblica e delle decisioni quali sono dunque i meccanismi di interazione tra i vari attori? Per rispondere a questa domanda ci riferiamo al concetto di mutuo aggiustamento partigiano. Esso specifica che il processo decisionale non è mai l’esito dell’intenzione e della scelta di un singolo attore, ma è il risultato dell’interazione sociale (cooperativa e conflittuale) tra una molteplicità di attori. Quindi tale concetto di mutuo aggiustamento partigiano riconosce come l’azione pubblica sia un processo assai lungo e poco lineare, in quanto si basa sul intreccio e scontro di più interessi, poteri ed attori. Tuttavia, il mutuo aggiustamento partigiano è anche un ideale normativo, siccome esso viene utilizzato anche per permettere e sostenere gli effetti dell’indagine plurale e multipla e per ridurre l’impairment. Ecco che Lindblom parla anche del incrementalismo. Spiega che esso non rappresenta uno strumento per ridurre la possibilità di cambiamenti radicali, ma rappresenta una stretta condizione affinché ci sia efficacia nella pianificazione evitando limiti cognitivi. Lindblom introduce poi il concetto di muddling through, che tradotto significa “cavarsela” parte dall’osservazione empirica dei costi e dell’impraticabilità delle decisioni assunte secondo una connotazione razional-comprensiva. Il concetto di “successive limited comparison”, introdotto da Lindblom, allude al fatto che le scelte non sono mai individuali e non vengono svolte sulla base di una valutazione comparativa, cioè confrontando le vare scelte tra loro. Inoltre tale concetto spiega che ogni scelta viene analizzata all’interno del processo di interazione tra i vari attori, nel quale alcune scelte precedentemente scartate possono venire nuovamente prese in considerazione, purché siano ottimali. Tuttavia è importante poi distinguere il mutuo aggiustamento partigiano dal incrementalismo. Con incrementalismo non si intende solo che le decisioni prese nel piano sono prese in modo incrementale, ma esso si riferisce anche al fatto che gli effetti sono incrementali. Incrementali sono quindi sia il processo che gli effetti (cioè con incrementale si intende che sia il processo che gli effetti procedono per piccoli aggiustamenti che si susseguono, influenzati da molteplici attori, ognuno dei quali cerca di realizzare i propri interessi.) //L’attuazione non è quindi l’applicazione degli strumenti ma l’attuazione è la risignificazione (dare nuovo significato agli strumenti) degli strumenti e dei discorsi in nuove pratiche di vita e di sapere, che rendono possibili gli impatti del piano. Questa visione del incrementalismo, come descrizione di pratiche di diversa natura, ricollega alla nozione di mutuo aggiustamento partigiano.// In questa prospettiva è interessante sottolineare che: la pianificazione (basata sul mutuo aggiustamento partigiano) si intreccia con diverse dimensioni cognitive e con diverse relazioni di potere, immaginando una interazione tra i vari attori senza presupporre il consenso (nel senso che prima ci può essere conflitto, cioè il processo termina con criterio di consenso ma all’inizio non c’è per forza consenso) . Il mutuo aggiustamento partigiano tuttavia può essere anche caratterizzato dalla presenza del malinteso, ma anche dal progressivo scivolamento dell’intenzioni e degli strumenti del piano entro pratiche che non si basano su un relazione lineare tra mezzi e fini. Pluralismo, incrementalismo e mutuo aggiustamento partigiano, nel contesto attuale, dovrebbero essere intesi innanzitutto come dei segnalatori che mettono in evidenza: ⁃ la necessità di pensare e praticare la pianificazione (delle politiche pubbliche), considerando che essa è caratterizzata da una natura interattiva. ⁃ che le politiche pubbliche sono caratterizzate da una dimensione processuale che valuta (in modo rilevante) gli impatti stessi del piano. Interazione e conoscenza, per Lindblom, non accadono in un contesto neutro, ma in un contesto (di disuguaglianze) asimmetrico di poteri e di saperi, che strutturano le relazioni tra attori sociali e istituzioni. Dalle capacità di innovazione e di apprendimento di queste ultime dipende l’efficacia dell’azione pubblica. Inoltre è importante sottolineare che politiche, piani, programmi e progetti, per quanto possibile, richiedono istituzioni che mobilitano/guidano l’intelligenza sociale all’interno di processi complessi di interazione. // Infatti come spiega Carlo Donolo, il quale studia il pensiero di Hirschman e Lindblom, “le istituzioni sono un bene comune” e le politiche sono dispositivi di innovazione e apprendimento istituzionale. (Tuttavia ciò non accade cioè ad oggi non si vedono le politiche come dispotici di innovazione e apprendimento istituzionale). Infine come spiega Bobbio, quindi “il modello tradizionale di pianificazione razionale-comprensivo ad oggi viene criticato e gli viene contrapposto un modello di pianificazione che non si basa più sulla scelta del singolo. Bensì il pianificatore attira sulla soluzione dei problemi, una molteplicità di altri attori interessati. Si tratta di un processo interattivo”//
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