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Libro Ottocento riassunto, Schemi e mappe concettuali di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Riassunto libro Ottocento Bordini

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 21/06/2024

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Scarica Libro Ottocento riassunto e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! L’OTTOCENTO riassunto CAPITOLO II: A CHE SERVE LA CRITICA? -800 secolo di critica militante, l’occasione fondamentale per la critica sono le esposizioni, di ogni tipo. un supporto importante è ,a stampa periodica, i giornali -si delinea la figura del critico, un esperto d’arte, che i differenzia dai conoscitori assumendo un ruolo di mediazione tra artisti e pubblico, ha un contatto personale con gli artisti, anche a volte con intricate vicende private, oppure assume i connotati di un’amicizia solidale. . aumenta il numero degli scrittori per i quali il commento sull’arte rappresenta una parte dell’attività letteraria e costituisce un incentivo economico di immagine e di notorietà: es. poeti francesi come zola, flaubert, allarme e huysmans. si diffonde la figura del pittore come personaggio di romanzi. si dedicano alla critica anche personalità politiche come prouhdon o mazzini. critici sono anche gli artisti stessi, gli accademici, i ribelli, che polemizzano con i critici ufficiali scrivendo su giornali o fondando nuovi periodici. -l’attenzione: analizzare il soggetto, rispondere al tema, trovare la funzionalità dei dettagli, oppure i nessi con la realtà sociale e con lo stile e la fattura. alcuni critici tendono ad insegnare a guardare un quadro o una scultura solo con lo scopo dell’educazione del pubblico. altri manifestano invece insofferenza per il pubblico come baudelaire. altri si concentrano sulle opere, restituendone raffinate trasposizioni letterarie. -gli orientamenti tendono ad uniformarsi secondo le linee di tendenza della seconda metà del secolo. la critica quindi mette a fuoco le proprie metodologie e strategie in sintonia con le dottrine artistiche che si avvicendano nel corso del secolo, alle quali i critici aderiscono e di cui si fanno ispiratori e promotori. In questo rapporto tra opera e testo critico è presente la discussione sulla nozione stessa di arte, che cambia durante l’ottocento: è un continuo confronto sui temi evidenziati in questo libro. si vuole attirare l’attenzione sulla riflessione della critica e sulla critica stessa che si delinea all’interno di una pluralità di posizioni. -Baudelaire nel 1846 dice “a che serve la critica?” la sua definizione evidenzia un dibattito aperto gia dagli anni venti dalle battaglie tra classici e romantici. i critici tendono a rivendicare un ruolo positivo della propria attività, puntando sulla capacità di rivelare la validità delle opere. -Ruskin dice che il vero intento di un critico non deve essere quello di indurre chi lo ascolta a prestargli fede, ma di renderlo partecipe effettivamente della sua stessa opinione. questo atteggiamento si scontra con le teorie dell’arte e del concetto di autonomia dell’opera. gli esiti di questo dibattito si evidenziano dopo la metà del secolo. Zola rifiuta per esempio di assegnare qualsiasi finalità precostituita e crede in una analisi esatta dei fatti e delle cose. . Netti in italia avverte il pericolo dell’uso di sistemi astratti e indica come scopo della critica una discussione e diffusione delle idee degli artisti. 16-I dragoni vigilanti e l’istinto incontaminato: DELACROIX. la critica ha presentato sempre inconvenienti: 1. annoiare con il suo linguaggio oscuro, creando un senso di confusione. 2. gli artisti non possono sopportarla perché vengono messi a nudo con le loro opera, aspettando le sentenze di questa moltitudine invasata dal furore del giudizio. il pubblico si disinteresserebbe presto delle parti, perché non ama di questi processi, se non per riderne. il povero artista criticato non può naturalmente prendersela che con se stesso e coi giudizi, per quei difetti delle sue opere e che è un vero piacere fargli notare. il pubblico lascia nelle mani dei critici affidandogli la cura di giudicare “i colpevoli”. l’artista non fa che pagare le spese di questa guerra di intelligenza. . dice che ai critici la natura procede a squarci, mostrando a spezzoni secondo l’occorrenza. I critici corrono alla difesa dei principi invocati dalle persone di gusto, riescono a dimostrare ugualmente che anche la natura a volte si compiace di qualche grande distrazione. attingono ad un ‘dizionario di tradizioni’ . continua “che succede al disgraziato critico quando tutto viene rimesso in discussione?” “ce ne sono pochi che hanno il coraggio di tornare sui loro passi e cambiare religione insieme alla folla”. Sventura a colui che capita in queste epoche di transizione in cui non si sa più ciò che è bello. la storia del vero bello e delle sue variazioni appare una vera lacuna . i critici si devono rassicurare perché comunque il loro ruolo resta il migliore 17-la critica dei critici- GAUTIER è una polemica sulle recensioni e sulla libertà di stampa, contro la critica considerata fuorviante, nella chiave di una difesa della libertà dell’arte Gautier affida i principi dell’arte per l’arte, la ricerca cioè di una bellezza formale che ha a che fare con idee, bisogni e valori estremi. è caratterizzante del suo metodo critico, intriso di elementi letterari di raffinato dercrittivismo e tende ad una trasposizione dell’opera con immagini verbali si chiede cosa ci sia di veramente bello: dice che di veramente bello non c’è che quel che non serve a nulla “il luogo più utile di una casa è il cesso”. dice di essere uno di coloro per quali superfluo è necessario. “rinuncerei allegrissimamente ai miei diritti di francese e di cittadino per vedere un quadro autentico di raffaello o una bella donna nuda. “ci limiteremo all’abbozzo, aggiungendo qualche riflessione” . il critico afferma questo e quello. trincia e taglia senza mistero: c’è di tutto e non c’è niente. si rappresenta un dramma, il critico vi assiste: accade che non corrisponda nulla al dramma che egli dal titolo si era costruito nella mente, ed ecco che sostituisce il suo dramma personale a quello dell’autore. tratta con burbanza individui dai quali dovrebbe andare a scuola, giacche il più piccolo di costoro saprebbe insegnarla a più colti di lui. sono uomini ai quali gli studi hanno giovato meno che a noi, visto che non hanno prodotto nulla e non sanno far altro che travisare e guastare le opere altrui. la critica dei critici è cosa inutile. carlo X aveva capito: i giornali sono una specie di mezzani che si interpongono tra gli artisti e il pubblico, tra il re e il popolo. la lettura dei giornali impedisce che vi siano veri dotti e veri artisti. non abbiamo idea dei piaceri di cui ci privano i giornali. ci sottraggono la verginità d’ogni cosa. ci danno giudizi belli e fatti e ci mettono in guardia contro cose che ci piacerebbero. 18-iniziare il pubblico alla bellezza dell’arte: SCHOELCHER difende il ruolo della critica, sottolineando l’importanza della mediazione tra artisti e pubblico. nello stesso salone l’autore riconosce il valore di delacroix, pur sottolineandone le scorrettezze nel disegno e restando cosi in bilico tra principi classicisti e istanze romantiche la critica d’atelier non ha nessun interesse per gli artisti. gli artisti vedono bene il loro lato debole ed è poco necessario che voi veniate a parlarne. fanno tutti professione con disprezzo per le doti che non hanno. Noi tendiamo alla loro anima, intelletto e importante ci sembra metterei rilievo la direzione del loro pensiero. la tecnicità della critica è inutile per il pubblico. l’importante è d’iniziare il pubblico alla bellezza dell’arte, scoprendone i nobili segreti, per conto nostro non pretendiamo di conseguire questo scopo altissimo ma miriamo ad esso perché lo crediamo migliore. non pensiamo che sia utile prendere i quadri del louvre e farne un inventario, basta qualcuno dei più famosi per farne un testo d’osservazione. sta a ognuno trarne profitto. Il dovere della critica è di isolare dalla folla quelli che si distinguono. Non deve incaricarsi di edificare la reputazione degli artisti a meno, che non incontri una bella opera sconosciuta o proscritta. . Freon, Anciaux, Vinchon, Delorme, Monvoisin, Navez, Forestier sono uomini che si ha il diritto di mettere da parte: ciò che hanno imparato è tutto ciò che sanno, non hanno niente che sia proprio loro. Non esistono come pittori, mancano della prima qualità di un artista, quella di dare alla propria opera l’impronta vivificatrice che mette subito lo spettatore in rapporto con essa. le opere sono li: la critica, mostrando la stima che meritano, non potrà prestare la fiamma che dio non ha concesso, 19-giudicatore severo ma equo: SELVATICO crede fermamente nella funzione educatrice dell’arte, la critica viene intesa come una missione. tocca anche il problema destinato ad assumere toni di infuocata polemica, della critica condotta dagli artisti stessi. Povera e misera quasi sempre la critica artistica, perché ai soli letterati è dato esercitarla: mentre gli artisti, d’ordinario anche i più ingegnosi inìgnorano quel mestiere che sembra facile ma è difficile, quello di porre insieme con logica e evidenza un periodo, In questo opinioni io trovo qualcosa di giusto ma anche di erroneo. è giusto che gli artisti decidano di quella parte della pittura che tocca solamente le pratiche tecniche. Queste cose non possono saperle i letterati ma possono accorgersi della verità storica. L’arte non dovrebbe essere un mistero ma una lingua potente e limpida con l’obbligo di parlare non dimenticabile parola all’intelletto. I letterati che sanno meglio di altri ornare il discorso dovrebbero scrivere sempre su ciò che si collega allo scopo essenziale dell’arte, l’espressione e la convenienza, si devono fare interpreti della pubblica pieno di ruvidità e di grazia che spavento molto il pubblico. dall’audacia e dalla verità di certa immagine era facile comprendere che ci era nato un artista. parlava una lingua che aveva fatta sua e che ormai possedeva di proprio. ecco come mi spiego la nascita di ogni vero artista, ad esempio quella di Manet, Un mattino avrà compreso che doveva tentare di vedere la natura così com’è . dal momento in cui gli venne quest’idea, prese un oggetto qualunque, persona o cosa, lo collocò in un angolo del suo atelier, e si mise a riprodurre su una tela, secondo le proprie facoltà di visione e di percezione. si sforzo di dimenticare tutto quel che aveva studiato nei musei; cercò di non ricordare più i consigli ricevuti, i dipinti osservati, resto soltanto un’intelligenza particolare, la quale posta di fronte alla natura, la traduceva a suo modo. l’artista ottenne così un’opera che era la sua carne e il suo sangue. manet aveva ormai trovato la sua strate, se stesso. il lettore ora deve seguire lo stesso procedimento dell’artista. la misura è il bello in se, che si applica a tale misura comune. abbraccio con uno sguardo l’umanità del passato. ogni grande artista è venuto a darci una traduzione nuova e personale della natura, la realtà è qui l’elemento fisso. la bellezza vive dentro di noi, non fuori. mi interessano tutte allo stesso modo, possiedono la vera bellezza. il critico studia un’opera in se stessa e la dichiara grande quanto trova in essa una traduzione forte e originale della realtà: afferma che è nato un artista capace di dare natura una nuova anima, la funzione di noi giudici delle opere perciò si limita a constatare i lignaggi dei temperamenti, a studiarli. i filosofi se sara necessario si incaricheranno di redigere le formule. io voglio solo analizzare i fatti, e le opere d’arte sono semplici fatti. nella scuola moderna non conosco se non corot, courbet e manet che abbiano obbedito a questa legge: la legge dei valori. Manet parte da una nota più chiara di quella esistente in natura, i suoi dipinti sono biondi e luminosi, di un pallore solido. la luce cade bianca e larga, illuminando gli oggetti. non cè il minimo effetto forzato. l’artista di fronte a un soggetto qualunque si lascia guidare dai suoi occhi, essi percepiscono questo soggetto in tinte larghe che si condizionano reciprocamente. ciò che mi colpisce in oltre èè la grazia. approfitto per protestare contro la parentela tra i quadri di manet e i versi di baudelaire. è ridicolo voler fare un sognatore mistico un artista che obbedisce a un temperamento simile. la prima impressione prodotta da una tela di manet è di una durezza. manet parla una lingua fatta di semplicità e di equilibrio. la nota da lui portata è quella nota bionda che riempie di luce la tela. non si tratta di ricerca della bellezza assoluta: l’artista non dipinge ne la storia ne l’anima; per lui non esiste quella che si chiama composizione: il compito che si impone nn è rappresentare una certa idea o una determinata azione storica. perciò non lo si deve giudicare ne come moralista ne come letterato: lo si deve giudicare come pittore. sa dipingere, e questo è tutto: ha il dono. colloca tranquillamente qualche oggetto o persona in un angolo del suo atelier, e si mette a dipingere analizzando tutto con cura. è soltanto un’analista. l’artista è un interprete di ciò che è. 24. la necessità mondana della critica- JAMES è autore di numerose recensioni, corrispondente di varie testate americane da parigi e poi da londra, porta nella critica un atteggiamento mondano, estetizzante e distaccato insieme. è evidente la traccia della sua esperienza di scrittore di romanzi unitamente all’intento di divulgazione negli stati uniti. riflette sugli slittamenti tra pittura e scrittura, con tono leggero e un po dandy. l’eterna lite tra pittori e litterateurs non si comporta mai. gli scrittori continueranno a criticare le pitture dal punto di vista letterario, e i pittori continueranno a attaccare le loro critiche dalla permissiva atmosfera dello studio. è una nostra convinzione che anche un quadro mediocre valga più di una buona critica, li protegge più di quanto non li danneggi, li aiuta ad arrivare al pubblico e il pubblico ad arrivare a loro. dice un mucchio di sciocchezze ma anche le sue sciocchezze sono una forza utilissima. si fa carico della questione dell’arte del mondo, insiste sulla sua importanza. crediamo che i pittori si lamentino della cosiddetta critica letteraria più degli altri artisti. oggigiorno l’arte si sta rapidamente e sistematicamente volgarizzando, rispetto a prima: interessa un numero più folto di persone e si sono dovuti aprire i cancelli della comunicazione, forse, in maniera un po' barbara. alcuni tra i più brillanti pittori dei nostri giorni, infatti, sono essi stessi più letterari dei loro critici. quando fortuna dipinse un quadro e Gautier ne scrisse il commento, fu difficile capire chi fosse il pittore e chi lo scrittore. crediamo che poche persone possano negare che i pittori più capaci e i più vivaci critici si trovino insieme a parigi in questo momenti, dove le loro inimicizie reciproche, le imprecazioni ecc, sono uno spettacolo spesso sterile. 25. l’arte cortese di crearsi nemici-WHISTLER l’idea che solo l’artista abbia capacità di giudizio in materia d’arte e la polemica contro i critici militanti, di matrice letteraria o amatoriale, è un motivo più volte dibattuto nel corso dell’ottocento. episodio emblematico è il processo intentato contro ruskin da whistler. la causa per diffamazione si concluse con la vittoria simbolica di whistler. vi si riscontrano ben delineate le posizioni di whistler sull’incompetenza della critica. un’armonia del colore per whistler, indipendentemente dalla correttezza del ritratto dell’oggetto e dal contenuto narrativo. per ruskin invece un dipinto deve raggiungere una perfetta definizione attraverso la completa e verosimigliante elaborazione dei particolari della composizione. Querela per diffamazione contro ruskin, 1878. Mr ruskin era il più reputato critico d’arte d’europa e d’america, e alcune sua opere, si poteva dire, erano destinate all’immortalità. nel numero di luglio della fora clavigera comparivano brani nei quali mr ruskin criticava quella che chiamava la scuola moderna. quel brano era stato letto da moltissimi e cosi nel mondo si era sparsa la voce che mr whistler era un uomo mal educato. controinterrogatori, whistler ha detto: “lei sa che molti critici dissentono interamente dal suo giudizio su codesti dipinti?” “sarebbe superiore alle mie forze concordare con i critici” “ allora non ammette la critica?” “non contesterei in alcun modo la critica tecnica di un uomo che abbia trascorso la vita a praticare la scienza su cui esercita la critica; ma avrei poco rispetto per l’opinione di un uomo la cui vita non si è svpòta in questi termini, come fareste voi in questioni di diritto”. il teste replico che mr severn era stato allo studio ad ispezionare i quadri per conto del querelato, alla scopo di emettere un giudizio definitivo su di essi e di definire la questione una volta per tutte. il dipinto ‘notturno in blu e argento’ fu allora presentato alla coste. il pittore dice: “non l’ho inteso come un ritratto ‘corretto’ del ponte. è solo una scena al chiaro di luna ed il pilastro al centro può non somigliare ai pilastri del ponte di battersea come si vedono alla luce del giorno. venne poi presentato un secondo notturno in blu e argento. “si tratta di un’altra scena” “dunque, mr. whistler, intende dire che ha iniziato nelle questioni tecniche non dovrebbe avere difficoltà nel capire la sua opera. ma ritiene di essere in grado di farmi vedere la bellezza di quel dipinto?” “no! temo che non ci sarebbe più speranza di quanta ne abbia il musicista di far sentire la sua musica ad un sorso. io offro il dipinto, che ho fatto con coscienza professionale.” ruskin: “quanto a codesti dipinti, non degni di essere chiamati opere d’arte2” se mr whislter temeva il ridicolo non avrebbe dovuto esporsi.” parlo di “maleducata presunzione dell’artista, costeggiante da presso l’impostura.” mal educata presunzione non avrebbe dovuto applicarsi a whistler, il quale aveva dedicato la vita intera alla propria educazione artistica”. se essi avessero emesso un verdetto sfavorevole, mr ruskin avrebbe dovuto smettere di scrivere, ma sarebbe stato un giorno nefasto per l’arte, in questo paese. jones disse: “secondo me lo scopo di ogni artista dovrebbe essere una compiuta perfezione, un dipinto non dovrebbe mancare di ciò che è stato considerato per secoli una compiuta perfezione” bowen: “riconoscete alcuna qualità artistica in quel notturno?” rispose “ si”, gli viene chiesto quale qualità vedesse: “è buono per quanto riguarda il colore, ma sconcertante per la forma, ed è privo di composizione e cura dei particolari. non dimostra compiutezza. il dipinto non vale duecento ghinee.” un ‘altro dice che non vale duecento ghinee” 26. la critica profana-CASTIGLIONI in occasione dell’esposizione nazionale di torino del 1880 cecioni pubblica (con lo pseudonimo ippolito castiglioni) un pamphlet intitolato i critici profani all’esposizione nazionale del 1880 di torino. irritato per le cattive recensioni alla sua scultura la madre, cecioni esprime un giudizio negativo sulla mostra e attacca la critica militante. invita il pubblico a diffidare di chi scrive d’arte senza essere artista. afferma che soltanto gli artisti hanno il diritto e l’autorità per parlare di arte. ne deriva un dibattito sulle pagine di ‘fanfulla della domenica’ tra 1880 e 1881 che vede schierati cecioni stesso e i critici enrico panzacchi e ferdinando martini . panzacci difende la figura del critico me intermediario nei rapporti tra arte e società. mentre martini rivendica al critico il compito di rivelare i pregi dell’opera. un tentativo di mediazione è introdotto da nino costa che interviene sull’argomento prendendo le distanze dalle estremizzazioni. panzacchi pubblico un articolo col titolo ‘artisti e critici’ e fece ogni sforzo per provare a castigliani che la critica profana era necessaria. castigloni a sua volta scrisse ‘l’arte e la critica profana’ che venne pubblicato contemporaneamente all’articolo di martini. Panzacchi e martini attaccarono Duun opuscolo intitolato ‘i critici profani all’esposizione nazionale di torino’. essi hanno il diritto di scrivere qualunque buscherata: ma guai se chi legge osa fare la più piccola osservazione. io dal mio canto obietto le mosse di martini, difettose, perché egli sa che la critica profana è il punto d’appoggio degli artisti speculatori. se il signor martini non è riuscito ad indovinare la ragione che muove lo sdegno degli artisti contro i profani, io credo di aver indovinato quella che muove lo sdegno dei profani contro gli artisti; e questa ragione, è, secondo me, la gelosia di mestiere. io capisco in che duro impiccio si debba trovare il profano privato dei consigli dell’artista, dopo aver tanto faticato per acquistarsi la reputazione di critico. il signor martini si meraviglia che si continui a dire che il pubblico non s’intende di arte, e io mi sorprendo della sua meraviglia. il signor martini non dovrebbe ignorare che si fanno due arti, una per il pubblico ed un’altra per gli artisti. mi dovrebbe sorprendere che egli non sappia, o finga di non sapere, che quella fatta per gli artisti non piace al pubblico, e quella fatta per il pubblico non piace agli artisti. se il signor martini avesse educato il suo gusto artistico in mezzo agli avversari di quella società, sarebbe ora accusatore di quell’arte che ha finora difeso e difende. siamo giusti. gli apprezzamenti e i giudizi di quel nucleo di ribelli alle discipline accademiche, significavano la dichiarazione di guerra che l’arte nuova faceva alla vecchia. i macchiaioli furono i primi che si diedero agli studi nuovi e di bozzetti macchiati con tinte locali dei diversi colori. la critica sostenuta da artisti eminenti, si basa sempre sopra un ordine di idee che non si limita al quadro o alla statua, ma si estende in generale sull’arte, e siccome è artista il pittore come il poeta, e l’autore di commedie come lo scultore, avviene quasi sempre che i criteri dell’uno sull’opera dell’atro sono sani e giusti. il pregio di un’opera si riconosce dalla qualità del lavoro, il valore di un’opera si misura dall’abilità. se si dovesse giudicare il merito delle opere dalla scelta dei soggetti, bisognerebbe cominciare a buttare da parte i più grandi ingegni, cominciano da dante. il punto dove martini dice: avviene talvolta che il critico riveli all’artista i pregi dell’opera sua da lui non cercati ma saputa, ha prodotto uno di quegli effetti. 27. critici e artisti- MARTINI (risposta) non contenderò all’artista la facoltà di scegliere il soggetto che meglio gli piace. la quesitone è questa: può chi non abbia mai tenuto in mano la stecca o il pennello, discorrere o scrivere saviamente di una statua o di un quadro? l’errore fondamentale di castiglioni è che egli crede e afferma che nelle arti belle è una parte plastica e meccanica, della quale può soltanto giudicare equamente chi è artista. ciò è vero fino a un certo punto: castiglioni sbaglia nel credere che la meccanica e la plastica siano la parte essenziale dell’arte. secondo la teoria di castiglioni, chi non sa scrivere versi non deve parlare del poema. ce ci è della gente la quale scrive d’arte senza capirne nulla, che butta gli articoli a orecchi, sentenziando. anche intorno alla storia, al teatro, alla lirica, al romanzo, certi letterati scrivono cose da far rizzare i capelli. dedurrete voi da ciò che i letterati non son giudici competenti di un romanzo ecc ecc? che il critico debba intendere e amare l’arte, non importa neanche dirlo. 28. compagni d’arte-COSTA (risposta) sicuro nella sincerità della mia intenzione, io sento la forza di comunicarvi le mie impressioni. le stesse ragioni occasionarono il mio scritto sulla esposizione di torino, per il quale, se ebbi l’approvazione di molti artisti italiani e della stampa estera, non ebbi quella dei critici d’arte italiani. l’artista non solo può, ma ha il dovere di giudicare il proprio fatto, perché conscio della propria missione che s’impone, è responsabile di ciò che fa. gli artisti hanno il dovere di pensare, discutere e giudicare il loro fatto per formarsi un giusto criterio dell’arte che esiste, acquistando fiducia di loro stessi. ma noi dovremmo essere molto grati agli uomini di lettere che scrivono libri d’arte, agli scienziati, agli amatori che cercano di entrare e giudicare il nostro campo. dovremmo dire “venite, perché il vostro linguaggio è universale, ascoltate noi che parliamo per voi, fate critica, ma fatela con coscienza e non per mestiere, e pensate che tutto ciò che vedete in una sola pagina, può essere il risultato di una vita intera. 29. il critico come artista- WILDE inizia: presso maisieres, mi fermo a guardare due uomini che spaccano le pietre sulla strada. è una espressione di più completa miseria: è della stessa grandezza di ricevimento a Ornans. (spiega ciò che vede) 84. l’arte libera- COURBET, lettera a bruyas Niewerkerke, direttore delle belle arti mi disse che il governo desiderava da me un quadro degno della mia bravura, per l’esposizione del 55 e che metteva come condizione che presentassi un bozzetto e che l’opera compiuta venisse poi sottoposta a una commissione d’artisti da me scelta. vi lascio immaginare la mia collera. dissi che io consideravo il suo governo come un semplice individuo, che doveva appunto lasciare l’arte libera nelle sue manifestazioni e di non più sostenere, tremila artisti contro di me. continuai dicendogli che ero il solo giudice della mia pittura, che dipingevo non per fare dell’arte per l’arte ma conquistare la ia libertà intellettuale. babbee lo insulta un po e gli ricorda che gli doveva pure dei solti x i diritti sulle Bagnanti e lui ribatte “la gente non andava certo per ammirare” 85. il realismo, un’arte viva- CGOURBET l’attributo realista mi è stato imposto come agli uomini del 1830 s’impose quello di romantici. ho studiato l’arte degli antichi e dei moderni, non studiando l’intenzione di raggiungere l’inutile meta dell’arte per l’arte. sapere per potere, quesa fu sempre la mia idea, fare dell’arte viva, questo è il mio scopo. 86. Il manifesto del realismo-COURBET voglio spiegare la parola “direzione”. io non posso avere ne ho allievi. siccome io credo che ogni artista debba essere il maestro di se stesso, cosi non posso pensare di fare il professore. non posso insegnare la mia arte, ne l’arte di una scuola qualsiasi, perché nego l’insegnamento dell’arte. l’arte della pittura può consistere soltanto della rappresentazione delle cose che l’artista può vedere e toccare. ogni epoca può essere rappresentata dai propri artisti solamente, cioè coloro che vi hanno vissuto. la pittura storica è essenzialmente contemporanea. la storia di un’epoca finisce con l’epoca stessa e con quanti dei suoi rappresentanti l’hanno espressa, i tempi nuovi non possono aggiungere nulla all’espressione dei tempi antichi. ciò che è stato è statoo. lo spirito umano ha il dovere di lavorare sempre sul nuovo, nel presente. bisogna procedere di sintesi in sintesi. sono anche del parere che la pittura è un’arte essenzialmente concreta che può consistere soltanto nella rappresentazione delle cose reali e esistenti. l’immaginazione in arte consiste nel sapere trovare l’espressione più completa di una cosa esistente, ma mai nel supporre questa cosa o nel crearla. 87. Che vuol dire arte popolare?-DE GONCOURT in questo brano si evidenzia l’ostilità dei Goncourt per il realismo, identificato con la nozione di parte popolare. ANTIGNA: una scena di inondazione della loira, un’intera famiglia si rifugia sul tetto di una capanna. Antigua si compiace dei melodrammi palpitanti. il tocco è come la composizione: greve, pesante, comune. che vuol dire arte popolare e non popolare? arte popolare significa arte per il popolo. ma l’arte è per essenza aristocratica. quindi non veniteci a dire che il bello è accessibile a tutti. siamo partigiani del realismo in pittura ma non del realismo cercato esclusivamente nel brutto. courbet ha detto: “il bello è il brutto!” BONVIN: i soggetti di bonvin ingenui e naturali, richiamano alla memoria il detto di Montaigne: la poesia popolare e puramente naturale ha un’ingenuità per la quale è paragonabile alla principale bellezza della poesia perfetta. non domandare a Boivin ne grandi effetti ne grandi strepiti, è il pittore delle suore di carità. quello che deve darci e ci darà è la verità, la semplicità, il sentimento. rimproveriamo a bonvin di avere gli incarnati sporchi e di non ripulire i piccoli personali e infine di non ricordarsi che il suo maestro chardin ha sempre tenuto pulita la sua tavolozza. SAINT-JEAN: frutti in un parco, fusione di colori veneti, egli inquadra troppo volentieri le sue imitazioni servili e senza fuoco in paesaggi spaventevoli. 88. la forza e la volgarità- DELACROIX si sofferma sulle opere di courbet del salone del 53 e del padiglione del 55. se nella prima visita è colpito dalla vitalità di C ma esprime un giudizio negativo sulla mancanza di accordo tra i soggetti e i dettagli, nella seconda è ipnotizzato dai suoi quadri. nei pensieri sulla pittura, poi, la sua mediazione sul realismo diventa più complessa. 1853: sono stato stupito dalla forza del suo quadro principale, ma la volgarità e l’inutilità dell’idea sono detestabili. il paesaggio è di una forza straordinaria ma le figure non hanno legame con ciò che le attornia. no c’è peggior difetto di courbet se non la mancanza di accordo. c’è anche una filatrice addormentata. i due lottatori hanno un difetto nell’atteggiamento e confermano l’impotenza dell’invenzione. il fondo ammazza le figure. 89. una visita al pavillon du realisme- DELACROIX 1855: vado poi all’industria e poi all’esposizione di courbet. scoproun capolavoro nel suo quadro scartato: noto dei progressi enormi che mi hanno fatto ammirare il suo funerale, particolari stupendi. nell’ultimo (l’atelier) i piani sono a posto, il solo difetto è che il quadro si presta all’equivoco, sembra un vero cielo in mezzo al quadro, hanno scartato una delle opere più singolari del nostro tempo. 90. la crudele realtà degli oggetti-DELACROIX la questione del realismo si confonde con questa: una realtà apparente è necessaria. è il realismo letterale che è stupido.la mano dell’uomo col berretto di raffaello sembra la realtà medesima, ed è sublime. è il sentimento del pittore a imprimere tale carattere. sarebbe troppo arrischiato il dire che quel che è ideale è ciò che spetta all’idea imitata o no?che cosa è che va all’anima senza di che non esiste pittore ne spettatore? il non so che, l’ispirazione misteriosa che da vita a tutto. da qui la necessita di prendere dal modello soltanto ciò che serve a spiegare, a corroborare l’idea. molti artisti, compongono con il modello dinnanzi agli occhi, tolgono, sopprimono, oppureagguungono, ma partono sempre da un oggetto estraneo a loro stessi: il modello esterno. in queste opere, nelle quali l’artista ha cominciato da un particolare senza rapporto con un’idea preconcetta, il disgraziato non può più salvarsi fino alla fine. senza dubbio il modello è necessario e quasi indispensabile. al modello si chiedono certi particolari caratteristici che l’immaginazione più privilegiata o la memoria più fedele non potrebbero riprodurre e che danno una specie di consacrazione alla parte immaginata. che cosa m’importano i tuoi personaggi veri che mi ritrovo per strada senza darmi la pena di sfogliare il tuo libro? realista maledetto, tu vorresti per caso crearmi un’illusione? quando mi rifugio nella sfera delle creazioni io fuggo dalla realtà crudele degli oggetti. quando li trovo per strada io sono padrone di distogliere lo sguardo da essi, mentre tu m ne fai vedere tutta la sporcizia e la miseria. cè unpittore chiamato Denner che si è sforzato di rendere i piccoli particolari della pelle e peli della barba. esse sono mediocri e non producono l’effetto del vero. mi si obietterà che egli manca di genio, ma il genio stesso non è altro che il dono di generalizzare e di scegliere. anche la storia è infestata da questa passione per le minuzie.egli vuole attraverso il velo dei secoli, suscitare degli uomini in carne e ossa. il fine dell’artista non è di riprodurre esattamente gli oggetti. occorre prima di tutto interessare. 91. la sincerità nell’arte- CHAMPFLEURY è una sua lettera di risposta a george sand, che esprimeva dubbi sul suo realismo, si schiera in difesa delle qualità di courbet e mette a fuoco le tematiche della rappresentazione del costume moderno e dell’immagine del popolo. IL REALISMO: Courbet, esposizione di quaranta quadri della sua opera. un pittore che ha fatto costruire un atelier. è un’audacia incredibile, è il ribaltamento di tutte le istituzioni sottomesse alla giuria, è la libertà, dicono alcuni. vs: è uno scandalo, è l’anarchia, dicono gli altri. confesso, di pensarla come i primi. la giuria, le accademia, hanno dimostrato l’incapacità di creare uomini e opere. Dopo il 1848 courbet ha esposto senza interruzione nei saloni quadri importanti. il governo repubblicano ha acquistato una sua opera: dopopranzo a ornans, accanto a vecchi maestri. quest’anno courbet è stato ferito dal rifiuto della giuria delle sue opere. non contento di far erigere un atelier, il pittore ha lanciato un manifesto, e ha scritto sulla porta: il realismo. Wagner, è stato vivamente maltratta da gazzette musicali da Fetis, che accusa il compositore di essere contaminato dal realismo. tutti coloro che appostano qualche novità sonetti realisti. il nome mi fa orrore per la terminologia pedante: temo le scuole come il colera. ecco perché courbet ai miei occhi è un uomo nuovo. il pittore stesso scrive” il titolo di realista mi è stato imposto come agli uomini del 30 si imponeva quello di romantici. in ogni tempo le etichette non hanno mai dato una giusta idea delle cose, se non fosse stato cosi le opere sarebbero superflue”. dice che narici racchiude il massimo di incapacità. Omero sarebbe un realista poiché ha osservato e descritto con esattezza i costumi della sua epoca. Courbet è un fazioso per aver rappresentato in buona fede dei borghesi, dei contadini, delle donne di paese a grandezza naturale, non si vuole ammettere che uno spaccapietre valga quanto un principe. sembra che il nostro costume non sia un costume, i quarant’anni de l’avente Montsaigne comprendono paesaggi, ritratti, animali, grandi scene domestiche e un’opera che l’artista intitola ‘allegoria reale’. i progressi dello spirito e del penale o di courbet si possono cogliere a colpo d’occhio. egli è nato pittore, il che segnica che nessuno può contestare il suo talento. ma ogni suo quadro è dipinto. courbet non abusa della sonorità dei toni. l’impressione dei suoi quadri ne sara resa più durevole. non attira l’attenzione con inutili risonanze. la gamma di courbet è tranquilla, imponente e calma: perciò non mi ono stupito di ritrovato, consacrato per sempre in me, il famoso funerale a ornans. 92. La modernità- BAUDELAIRE Baudelaire pur essendo in buoni rapporti con courbet che lo ritrasse nell’atelier è ben lontano dall’apprezzare il realismo. ne travalica le problematiche di soggetto e di stile per affrontare invece il tema della modernità. assumendo come campione Guy, coglie con intuizione il nuovo senso dello spazio. Pochi uomini possiedono la potenza di esprimere. Nell’ora in cui tutti gli altri dormono, il pittore è chino sul suo tavolo. egli cerca quell’indefinitop che ci deve essere permesso di chiamare la modernità, giacche manca una parola più conveniente per esprimere l’idea a cui rimanda. il segreto è per lui di distillare dalla moda ciò che essa può contenere di poetico nella trama del quotidiano. ciascun pittore si serve delle mode e dei mobili del tempo. mentre i pittori d’oggi, scegliendo soggetti di una natura generale buona per tutte le epoche, si ostinano a paludarli di costumi del medioevo, del rinascimento e dell’oriente. è il segno evidente di grande pigrizia, giacche è molto più comodo proclamare che tutto è assolutamente brutto nel vestiario di un’epoca, che non provarsi a estrarne la bellezza misteriosa che può esservi racchiusa, per quanto possa essere minima o lieve. la modernità è il transitorio, il fuggitivo. vi è stata una modernità per ogni pittore antico. essi sono armoniosi dal momento che il costume e persino il gesto, lo sguardo, il sorriso, formano un insieme di una compiuta vitalità. Quando lo si ospprime, si cade per forza nel vuoto di una bellezza astratta e indefinibile. il panneggio di rubens o di veronese non può insegnare a fare un marezzato antico. il tessuto e la trama non sono più quelli delle stoffe dell’antica Venezia o delle vesti in uso alla corte di caterina. si aggiunga poi che il taglio della gonna e del corsetto è in tutto diverso, che le pieghe sono distribuite entro un nuovo sistema. insomma, perché ogni modernità acquisti il diritto di diventare antichità, occorre che ne sia tratta fuori la bellezza misteriosa che vi ammette, la vita umana. il gradiferìtto di ingres, sta nel volere imporre ad ogni tipo che posa davanti al suo sguardo una forma di perfezione più o meno compiuta. in una materia come questa, sarebbe facile e persino legittimo un ragionare a priori. lo studio di un capolavoro di quel tempo e di quel genere non gli può insegnare ne ‘atteggiamento, ne lo sguardo ne la maschera, ne l’aspetto vitale di una di quelle creature che il dizionario della oda ha via via classificato sotto le voci di svergognate, mantenute e di bambole. guai chi nell’antico studia qualcosa che non è l’arte pura. il fantastico reale della vita risulta illanguidito in modo singolare, G invece non si stanca di assorbirlo: la sua memoria e i suoi occhi ne traboccano. 93. elogio del lavoro- BROWN brown inizia a dipingere il lavoro nel 1852, lo ultima nel 63 e lo espone nel 65. il grande quadro offre una sfaccettata interpretazione della società inglese della metà dell’ottocento. la molteplicità dei personaggi si assiepano nella strada principale di hampsteaf. la composizione delle classi sociali dell’epoca vittoriana ha come eroi i Navvies, gli operai che svolgono un lavoro utile. brown scrive un catalogo della mostra, una trasposizione verbale, un soggetto per le sue tonalità e non per il soggetto stesso è ciò che distingue gl’impressionisti dagli altri pittori. Monet sembra l’antitesi completa di renoir. la forza, il movimento, in una parola la vita che il pittore del ballo infonde alle figure, monet infonde alle cose. monet non si accontenta di rendere l’aspetto possente e grandioso della natura, ma la rende amabile, gradevole, come più apparire all’occhio di un uomo giovane e felice. Offre varie composizioni, vi appare la sapienza compositiva che è una delle principali qualità di monet. in uno dei quadri più grandi il treno è appena arrivato e la locomotiva sta per ripartire. come una belva impaziente e focosa, eccitata più che stanca dal lungo tratto percorso. si vede il movimento convulso di una stazione il cui suolo trema ad ogni giro della ruota. le banchine sono intrise di fuliggine, l’atmosfera è satura dell’odore acre del carbone fossile. si è colti dalla stessa emozione che si prova davanti alla natura: l’emozione è forse ancora più forte perché nel quadro c’è in più quella dell’artista. degas: con un solo tratto egli esprime meglio e con immediatezza tutto ciò che si può dire. uno dei caffe-concerto, quello con la donna vestita di rosso, è una meraviglia. sullo sfondo la gente si disperde a poco a poco nel boulevard. è di nuovo una pagina di storia veramente straordinaria. CAPITOLO VIII: SCANDALI: TRADIZIONE E ORIGINALITA’ negli anni sessanta e settanta parigi è il teatro di una concatenazione di eventi fondamentali per l’arte. si delineano esperienze dense di sviluppi, sul piano della perdita di compattezza delle strutture artistice. e del rinnovamento del linguaggio della pittura. impressionisti: si rivolgono decisamente a dipingere e a completare i propri quadri en plein air, uscendo dagli atelier, ma anche da convenzioni e modelli codificati per sperimentare un modo nuovo di vedere e rappresentare. la pittura coglie aspetti piacevoli e mondani di un modo di essere legato luoghi e tempi della grande città. l’occhio tende a percepire e restituire con immediatezza le cose, cercando di svincolare la visione dalle abitudini visive da una lunga tradizione culturale. la marosi libera da dettami accademici del disegno e del finito. la tecnica si rinnova di pari passo con la forma e con l’esigenza di un’esperienza visiva diretta, sfruttando le possibilità della produzione industriale di nuovi pigmenti. Manet, degas, whistler e cezanne copiano al louvre i capolavori degli antichi maestri. il riferimento è cercato nel ductus espressivo e nel colorismo di delacroix e dei paesaggisti inglesi o nelle innovazioni dei realisti, courbet, millet, daumier. conquista dell’istantanea negli anni 70. stile e fattura, soggetto e tecnica si trasformano interagendo. è questa infatti l’epoca degli scandali, del grande disorientamento del pubblico, delle difese e delle polemiche. Manet fa scandalo nel 63, al salone des refuses con la colazione sull’erba, poi nel 65 con l’olimpia e il cristo insultato dai soldati che vengono accolti al salon. non è assimilabile con gl impressionisti. viene attaccato da quasi tutti tranne da Zola, Mallarme, Huysmans. Zola, difende il nuovo, tanto da essere costretto a dimettersi dal suo giornale l’evenement nel 1866. l’olimpia alla morte di manet nel 90 viene acquistata e offerta al louvre. scandalo e irrisione segnano le prime mostre degli impressionisti (nel 74 nello studio del fotografo Nadar e nel 1876 nella galleria durand ruel, nelle pagine di leroy e di wolff. i motivi dello scandalo sono i soggetti non idealizzati, incedenti in manet e triviali nelle ambientazioni borghesi degli impressionisti: la fattura sciatta, il non finito e l’abbozzo rivendicato come opera. alla singolare convergenza di vari critici su terminologie e metafore che stabiliscono una sorta di inquietante equiparazione tra la pittura scadente, le carni “malaticcie e sporche” . viene denunciata l’insignificanza e l’indecifrabilità delle opere, la difficoltà di lettura e di interpretazione di una costruita confusamente e priva di un chiaro significato. si chiedono Cherbouliez per l’olimpia e leroy per gli impressionisti, cosa ha voluto fare l’artista? che significa? gia zola afferma che è irrilevante chiedersi cosa significa olympia, poiché il quadro non vale per il soggetto ma per la qualità dell’analisi visiva di cui si fa pretesto e portatore. considera l’opera di manet come prodotto estetico con un temperamento individuale. sostiene l’artista che si pone davanti alla realtà senza schemi precostituiti e dall’altro lato espone una propria teoria: l’arte come analisi e come forma, indipendente da funzioni sociali ed espressione unicamente dell’originalità personale. gli impressionisti trovano subito dei difensori, in genere tra critici che gia avevano apprezzato il realismo e la pittura di manet. zola si occupa delle loro mostre tra il 1874 e il 1880 anche se codifica il tono di apprezzamento fino a considerare irrisolte le ipotesi inizialmente poste dai pittori impressionisti. nel 1874 escono le recensioni di burty e castagnary e di duranty, articoli di mallarme e la monografia su monet, sisley, pissarro, renoir e morisot di Duret. accanto all’elaborazione del concetto di autonomia dell’arte viene posto in risalto il valore attribuito ad una nuova categoria di giudizio, quella dell’originalità. l’originalità è intesa come una preziosa qualità e insieme come una chiave di lettura. fino alla seconda metà dell’ottocento si riferiva in genere l’identità e la qualità dell’opera. 117. Buffonate- RAVENEL manet presenta olympia al salon del 65 insieme a gesu insultato dai soldati, accompagnando il quadro nel catalogo, con i versi del poemetto di zacharie astruc, la folle dudes illese. quasi tutte negative le recensioni sull’olympia, in cui si denuncia la destabilizzazione rispetto all’immagine tradizionale del nudo femminile. inizia con: Manet, un’olimpia nuda sdraiata su un letto, vicino a lei una negra con dei fiori, . queste due tele sono le vittime del salon, nulla può esprimere lo stupore oniziale, poi la collera o lo choc degli spettatori. queste buffonate non meritano certo tali eccessi di indignazione. 118. risate a crepapelle. CHESNEAU nell’olympia tutto cio che è disegno è condannato senza remissione. il colore generale è anch’esso sgradevole. è giusto solo in alcune parti. ma se prendiamo sul serio gli sforzi di Manet, dobbiamo dirgli che in natura le ombre color carbone sono rare. 119. Una scimmia sdraiata sul letto- CANTALOUBE coglie la derivazione da tiziano. Questo Olympia è una specie di gorilla femmina, pupazzo di gomma dagli occhi pesti, in completa nudità. non si capisce cosa ci stia a fare un povero gatto magro, di un nero animalesco ai piedi della augusta fanciulla. 120. alla morgue-DE SAINT VICTOR la folla si accalca davanti all’olimpia frollata e all’orribile ecce homo di manet. l’arte scivolata cosi in basso non merita neppure di essere biasimata. 121. un fiore del male-RAVENEL olympia, il capro espiatorio del salone. ogni passante prende una pietra e gliela getta in faccia. dipinto della scuola di baudelaire eseguito palesemente da un allievo di goya: il corpo stanco, corrotto ma dipinto sotto una luce unica e trasparente. la negra e i fori sono carenti nell’esecuzione, ma di una reale armonia. non si fa un’olimpia semplicemente volendolo. il cristo richiederebbe una certa analisi tecnica che non abbiamo temo di fare- in sintesi è orribile. ma tuttavia è qualcosa 122. incredibili irregolarità-BONNIN ogni giorno l’olimpia è circondata da una folla di visitatori e nel mucchio continuamente rinnovato, le riflessioni e le osservazioni ad alta voce non risparmiano nessuna verità gli uni vanno a capire in estasi e credono ad una presa in giro che voglio aver l’aria di capire. e manet che ha partecipato ad ogni esposizione persegue certo una meta diversa dalla triste celebrità raggiungibile con tali pericolosi procedimenti. 123. una modella malaticcia- GAUTIER mi accosto con una certa ripugnanza ai singolari dipinti di manet. non va affatto sottovalutato, ha una scuola, possiede ammiratori ed entusiasti. la sua influenza è più vasta di quanto sembri. Manet ha la prerogativa di costruire un pericolo, ma è un pericolo ormai passato. il modellato nullo, le ombre sono indicate da striature di lucido da scarpe più o meno larghe. 124. una cortigiana- CLARETIE due terribili tele, imposture gettate in pasto alla folla, prese in giro o parodie. 125. un’arte troppo astratta- PRIVAT nell’olympia c’è qualcosa di buono,vi regnano solide e rare qualità pittoriche. la ragazza ha un tono opaco, finissima. il fondo è incantevole, le tende verdi che chiudono il letto sono di un colore leggero e aereo. ma il pubblico che trova più comodo ridere che guardare, non comprende affatto quest’arte troppo astratta per la sua intelligenza. certe persone sono spaventate dall’aspetto della donna, perché è viva, di una vita che tutti possono percepire 126. interrogare la realtà, da solo a sola- ZOLA il talento di manet è fatto di semplicità e autenticità. Avrà rifiutato tutta la scienza acquisita. si messo coraggiosamente di fronte a un soggetto, ha visto quel soggetto per larghe macchie e ha dipinto ogni cosa cosi come la vedeva. ho visto colazione sull’erba esposto al salone des refuses e sfido i nostri pittori alla moda a darci un orizzonte più largo e più pieno d’aria e di luce. ho visto l’olimia, che ha il grace difetto di assomigliare a molte signorine che conoscete, ma l’opera che preferisco è il pifferaio , tela rifiutata quest’anno. su uno sfondo grigio e luminoso si stacca il giovane musico, in tenuta leggera, pantaloni rossi e bustina. il talento di manet è fatto di autenticità e di semplicità, ricordandomi soprattutto dell’impressione lasciatami da questa tela. il temperamento di manet, penetra in profondità. la pittura è forte e solida. ritrovo nel quadro un uomo che ha la curiosità del vero e che estrae da dentro di se un mondo che vive una vita particolare e potente. sapete quale effetto producono le tele di manet al salone. bucano le pareti, semplicemente. non guardate più i quadri vicini. guardate le persone vive che sono nella sala. studiate i contrasti dei loro corpi sul pavimento e sulle pareti. poi, guardate le tele di manet: vedrete che li è la verità e la potenza. il posto di manet è fissato al louvre come quello di courbet, come quello di ogni artista che ha temperamento originale e forte. proprio perché non hanno nulla di simile possono vivere ognuno una vita particolare. “scambiate la stranezza per originalità, ammettete dunque che basta fare diversamente dagli altri per fare bene”. ho tentato di restituire a manet il posto che gli appartiene, uno dei primi. 127. tradurre in un linguaggio particolare le verità della luce e dell’ombra- ZOLA nel 1865 manet è ancora ammesso al salon: espone un cristo insultato dai soldati, e il suo capolavoro, olympia. sostengo che questa tela è veramente la carne e il sangue del pittore. rimarrà come l’opera caratteristica del suo talento. in essa ho letto la personalità di manet, questa tela riassume tutte le altre. Olimpia, coricata su lenzuola bianche, forma una grande macchia pallida sullo sfondo nero: in questo sfondo nero si trova la testa della negra che reca un mazzo di fiori e quel gatto famoso che ha tanto divertito il pubblico. D’altro canto, i particolari sono scomparsi: guardate la testa, guardate il mazzo di fiori da vicino. tutori semplifica e se volete ricostruire la realtà dovete indietreggiare di alcuni passi. ogni oggetto si colloca sul suo piano, la testa di olimpia si stacca dallo sfondo con un rilievo stupefacente, il mazzo di fiori diventa una meraviglia di splendore e freschezza. la perfezione dell’occhio e la semplicità della mano hanno fatto questo miracolo. tutti hanno gridato: quel corpo nudo è parso indecente. quando i nostri artisti ci danno delle Veneri, correggono la natura, mentono. manet si è chiesto perché mentire, perché non dire la verità: ci ha fatto conoscere Olympia, figlia del nostro tempo. il pubblico, come sempre, si è bene guardato dal capire quel che il pittore voleva. che vuol dire tutto ciò? voi non lo sapete, e io neanche. io però so che siete riuscito in modo ammirevole a fare opera di pittore, di grande pittore, a tradurre cioè in modo energico e in un linguaggio particolare le verità della luce e dell’ombra, le realtà degli oggetti e delle creature. 128. la donazione dell’Olympia- MONET nel 1890 un gruppo di sottoscritti, guidati da monet, si tassano per comprare l’olimpia e farne un dono al louvre. l’opera era rimasta sempre nell’atelier dell’artista, poi al musee del luxembourg e nel 1907 al louvre, per poi passare al musee d’Orsay. parigi, 7 feb 1890 signor ministro, a nome di un gruppo di sottoscrittori ho l’onore di offrire allo stato l’olimpia di manet. anche se la guerra fosse ancora aperta non saremmo meno convinti dell’importanza dell’opera di manet e del suo definitivo trionfo. non solo manet ha giocato un grande ruolo individuale, ma è stato il rappresentante di una grande e feconda evoluzione. è l’olimpia che consegnamo nelle vostre mani, con il desiderio di vederla collocata al louvre. con l’espressione dei miei sentimenti di alta considerazione e la vibrazione dell’aria inondata di luce. saranno questi, i primitivi di un grande moto di rinnovamento artistico? 133. nella leggenda dell’arte contemporanea- SILVESTRE la recensione di silvestre è una valutazione positiva di quella che considera una nuova esperienza dell’arte contemporanea. questa scuola interessante, è un’arte che finisce o un’arte ch incomincia?. il suo grande merito consiste nel cercare, un rinnovamento attraverso la visione più diretta della natura. essa ha realizzato il plein air in maniera ignota fino a oggi: ha messo di moda una gamma di tonalità particolarmente chiara e raffinata. renoir dipinge i chiari in una gamma rosa gentilissima. ancora una volta queste ricerche entreranno fatalmente nell’evoluzione della pittura contemporanea. 134. gli alberi viola- WOLFF critica la tecnica del non finito e i colori arbitrari dei toni impressionisti. dopo l’incendio dell’opera, ecco che un nuovo disastro si abbatte sul quartiere, si è appena aperta da durand ruel una mostra che si dice di pittura. questi sedicenti artisti si definiscono gli impressionisti, prendono tele, colori e pennelli, buttano giu qualche tono a casaccio e firmano il risultato. Fate capire a pissarro che gli alberi non sono viola, che il cielo non ha la tonalità del burro fresco, che in nessun paese si vedono le cose che lui dipinge. Parlando sul serio, quegli sviati sono da compiangere. Conosco qualcuno di questi penosi impressionisti: sono dei giovani simpatici, molto convinti, che credono seriamente di aver trovato la strada giusta. 135. un dio o un catino?- CHERBOULIEZ testimonia la difficolta di lettura dei quadri degli impressionisti; i loro dipinti apparivano indecifrabili. gli uni lamentano che la giuria sia stata troppo indulgente troppo facile, gli altri che hannobuone ragioni per questo. questa scuola è più di una scuola, è una saetta che aspira a fondare una novella religione. che cosa è dunque un’impressionista? è un uomo che si sforza di procurare al suo prossimo delle impressioni. buone o cattive, piacevoli o meno, e la morale della nuova religione si assume in questo precetto: ragazzi miei, impressionatevi l’un l’altro. che c’è in un quadro? quello che vi si è messo: in un abbozzo vedete tutto ciò che non c’è e che non vi si potrebbe mettere. la pittura intransigente consiste nel fare dei quadri che sono soltanto degli abbozzi. che cosa ha voluto fare l’artista? un dio o un catino? indovinate. gli uni dicevano; sono fiori. gli altri: sono donne. dopo aver visitato l’esposizione di rue le pelatier, ha stabilito che il proposito dell’impressionista è di dipingere degli alberi rossi, dell’erba rosa, dei cieli lilla, ridendo nella propria barba, che di solito è assai prolissa, e chiedendosi: trangugeranno anche questo?. il pubblico che affolla il palazzo dell’industria desidera prendere i suoi piaceri sul serio. ciò che c’è di nuovo nell’impressionismo è falso: ciò che c’è di vero, non è nuovo. ecco il paesaggio d’impressione: è stato praticato in quel secolo dei grandi maestri, che hanno penetrato nell’intimità della natura come non si era mai saputo fare prima. 136. attualità vs bellezza- JAMES soggiorna tra 1875 e 1876 a parigi, da dove invia le sue corrispondenze all’atlantica monta e al new york tribune. traccia una rapido e imprevedibile confronto con i preraffaelliti. pone in contrapposizione al concetto di bellezza il concetto di attualità e verità una esposizione presso durand ruel che ho trovato decisamente interessante. l’effetto è stato quello di farmi pensare alle vecchie regole della bellezza. i giovani partecipanti dell’esposizione di cui parlo sono fautori di una realtà disadorna e nemici giurati di abbellimenti e addobbi, della selezione e del fatto che l’artista, come ha trovato congeniale fare fina dagli albori dell’arte, si lasci coinvolgere dall’idea della bellezza. questo atteggiamento ha in comune qualcosa con quello dei preraffaelliti inglesi di vent’anni fa questa piccola congrega è sotto tutti gli aspetti meno interessante del gruppo. nessuno dei suoi membri mostra di possedere un talento di prim’ordine, considero i principi dell’impressionismo incompatibili con la sensibilità artistica, con l’esistenza d’un talento di prim’ordine. per abbracciarli devi essere dotato di una totale assenza di immaginazione. i realisti inglesi “si battevano”, per la nuda verità e i meri fatti. Ma gli impressionisti, che reputo più consistenti, rifiutano completamente la virtù e dichiarano che un soggetto che sia stato scelto superficialmente, sara trattato con libertà. gettano i particolari e si concentrano sull’espressione generale, alcune loro generalizzazioni di espressioni sono curiose. 137. vedere con occhi nuovi- MALLARME manet non partecipa alle mostre degli impressionisti ma i critici lo associano comunque alle innovazioni della nuova pittura. senza fare un catalogo della produzione gia molto considerevole di manet, eè necessario segnalare l’odine di successione dei suoi quadri. l’assenza di ogni intrusione dell’io nell’interpretazione della natura propria del pittore, permette al critico di fermarsi davanti ai suoi quadri tutto il tempo che vuole, senza aver l’aria di occuparsi in modo troppo esclusivo di una personalità. Ma l’influenza di manet va più lontano nei rapporti di amicizia che in quelli di maestrodisepoclo. le teorie portate avanti dagli impressionisti, in particolare quella del plein air, influenza tutto l’attuale pensiero artistico. Ma gli impressionisti stessi, come claude monet, sisley e pissarro, che sono riusciti a marciare compatti verso nuovi e insospettì orizzonti e verso verità di originale formulazione, Monet ama l’acqua e ha il dono di rappresentarne la mobilità e la trasparenza, acqua di mare o di fiume, grigia e monotona, o del colore del cielo. l’aria si spande viva sulla sua tela e le foglie rapprividiscono e tremano. ama dipingerle soprattutto in primavera. ussaro il più anziano, ama l’ombra profonda dei boschi, l’estate, i terreni verdi, e non teme il colore pastoso che a volte serve a rendere visibile l’aria e luminoso la nebbia, satura di raggi di sole. accanto a loro espongono, spesso e sistematicamente, altri artisti che si disgiungono dai contemporanei per l’originalità e che condividono la maggior parte delle teorie qui analizzate. sono Degas, Morisot, e renoir, whistler, tutti questi diversi tentativi formano il raggruppamento dell’impressionismo. bisogna rendere omaggio a coloro che hanno messo al servizio dell’arte il dono straordinario di vedere con occhi nuovi e quasi naif, imperturbabili in mezzo alla confusone e ai tentennamenti del periodo. se cerchiamo di ricapitolare i punti principali della nostra tesi e trarne delle conclusioni plausibili, dobbiamo per prima cosa affermare che l’impressionismo è il principale e l’autentico movimento della pittura contemporanea. in un’epoca in cui la tradizione romantica della prima metà del secolo si attarda soltanto in qualche sopravvissuto, la transizione dall’artista immaginativo e sognatore del passato a quello creatore, passa attraverso l’impressionismo. nelle epoche fortemente civilizzate, si verifica l’obbligo di tornare indietro alle fonti ideali che non coincidono mai con gli inizi reali. il preraffaellismo imglese, è tornato alla semplicità primitiva del medioevo, la portata dell’impresa di manet e dei suoi discepoli sta nel fatto che la pittura deve immergersi in nuovo nei suoi fondamenti e nel rapporto con la natura. 138. retroguardia sbandata del battaglione dei realisti-LAFENESTRE interviene in occasione della quarta mostra degli impressionisti, intitolata ‘les independants’. evita i toni ironici che caratterizzavano le primissime recensioni, e svolge invece una sorta di analisi delle motivazioni storiche degli impressionisti, risalendo a courbet e al realismo,. fa l’ipotesi di una lettura dell’impressionismo in chiave di primitivismo, risolta per nella definizione negativa di ‘ritardatari isolati’ che subiscono il fascino degli inglesi e dei giapponesi. Quando il pubblico si diverte non esita a pagarsi il piacere. oggi, al momento stesso in cui si apre un salone più colmo che mai, due esposizioni d’arte contemporanea dovute a iniziativa privata, non hanno ancora chiuso le porte, una è quella del gruppo di artisti indipendenti, in rue de l’opera; l’altra è quella della società degli acquerellisti francesi, in rue lafitte. sebbene siano organizzate senza lusso eccessivo. il successo, sarà fedele soltanto a quelli che lo meritano, la sua esposizione, come altra volta il famoso salone des refuses, si è sostenuta per un certo favore d’ilarità sul quale sarebbe imprudente fare assegnamento. in realtà il piccolo gruppo degli indipendenti non è che l’estremo avanzo del gruppo degli impressionisti, il quale, a sua volta, era la retroguardia sbandata del battaglione dei realisti, dove sono gl’impressionisti dell’anno scorso? dov’è renoir? che ha esposto da poco un elaborato opuscolo sulla teoria dell’impressionismo? al salon. dov’è manet? al salone. che ci stanno a fare qui Bracquemond e la sua signora. ciò che più manca a tre quarti di questi indipendenti, è una qualsiasi indipendenza, un modo particolare di vedere. è un fatto raro, nella storia delle arti, come in quella delle società, che un’agitazione collettiva si manifesti in qualche luogo, senza avere origine da un bisogno reale e da un desiderio legittimo. il termine realismo non era che una parola ad effetto, inventata per l’orecchio; tuttavia, sotto la parola c’era la cosa, cioè il sano ritorno verso il naturalismo, Courbet condusse la rivoluzione con la cocciuta brutalità di un contadino furbo e limitato. la sua scuola vigorosa dei realisti e la schiera sbandata degli impressionisti non hanno certamente la stessa importanza, l’una riprendeva la forte corrente dirinnovamento nel vero; l’altra si limita a battere i piedi, ainutilm. i realisti avevano gia sminuito l’arte, volendola ridurre a una riproduzione indifferente ella realtà. gli impressionisti la vogliono sminuire ancora più, permettendole soltanto l’espressione imperfetta di una sensazione superficiale di certi aspetti particolari della realtà. i maestri primitivi, esprimono le sensazioni più vive con una semplicità di mezzi che stranamente contrasta con le complicazioni dei metodi moderni, essi arrivano immediatamente all’espressione giusta. ritrovare la semplicità e la gagliardia dell’anima, ecco precisamente dove gli impressionisti mancano. vogliono fare dell’arte ingenua: non sono ingenui, neppure desiderano esserlo, e proprio in ciò appaiono inferiori ai loro predecessori, i realisti. l’influsso dell’Inghilterra e del giappone è evidente nella nostra scuola: dega e cassa sono gli unici artisti che si distinguono nel gruppo degli indipendenti. entrambi hanno il senso esatto della decomposizione della luce: entrambi trovano singolari inezie di colore per rendere le carni delle donne stanche dalla veglia. degas, possiede anche una certa esperienza nel disegno, combina l’imitazione degli acquerellisti inglesi con l’imitazione di goya. 139. l’azzurro, colore fatale- EPHRUSSI il 1880 è l’anno della quinta mostra degli impressionisti, e la critica ha ormai imparato ad accettare le innovazioni della loro pittura. sia nel testo di ephrussi che in quello di zola si avverte un sottile senso di disillusione rispetto alle potenzialità artistiche del gruppo, che all’epoca aveva perso iniziale compattezza. interesse all’allusione all’ammanierarsi dellaloro pittura, evidente nella sua critica all’insistente uso dell’azzurro. c’è da dolersi che il gruppo degli impressionisti non sia rappresentato in rue des pyramides: che nessuno dei maestri della scuola manet, sisley, renoir, monet, non figuri vicino a degas, pissarro ecc. comporre il quadro non nello studio, ma sul luogo, in presenza del soggetto, mettersi di fronte alla natura e interpretata sinceramente, tradurre scrupolosamente l’impressione, la sensazione. i visi sono giovani e freschi, le pose hanno spontaneità, i movimenti grazia. Pissarro ci trascina lontano da questa gaiezza comunicativa. dipinge penosamente a tonalità forti, rende triste la primavera, e i fiori, appesantisce l’aria, la sua fattura è densa. Pissarro ricorda da lontano mille, ma lo ricorda in azzurro. l’azzurro è il colore fatale, il grande scoglio contro cui urtano gli impressionisti. Caillebotte di mentiva che tanti altri hanno fisato la prospettiva ed è un peccato perché ha senza dubbio qualità di pittore. 140. una lotta non ancora conclusa- ZOLA analizza il movimento degli impressionisti come esempio di organizzazione di un gruppo di artisti al di fuori dello stato. manifesta una certa sfiducia nella capacità della pittura impressionista di realizzare pienamente la formula nuova. arrivo infine all’influenza che gli impressionisti hanno in questo momento sulla nostra scuola francese. questa influenza è notevole. sono artisti che che hanno ampliato la formula, facendo uno studio più approfondito della luce, e cadendo ancora di più le ricette di scuola. courbet è un magnifico classico. costoro ripropongono di uscire dall’atelier in cui i pittori sono rimasti chiusi da tanti secoli, e di andare a dipingere en plein air. un fatto semplice le cui conseguenze sono notevoli. secondo me si deve cogliere la natura dell’impressione di un attimo, soltanto, bisogna fissare questo attimo per sempre sulla tela, attraverso un’esecuzione lungamente studiata. da qui nella pittura, la necessità del plein air, della luce studiata nelle sue cause e nei suoi effetti, i pittori hanno giurato per lungo tempo che era impossibile dipingere en plein air. di sicuro è più comodo dominare la luce e regolarla. quale stupore per il pubblico quando viene messo di fronte a certe tele dipinte en plein air, in ore particolari. rimane a bocca aperta davanti alle erbe azzurre, alle campagne viola, agli alberi rossi, alle acque che passano attraverso tutte le screziature del prisma. il contributo degli impressionisti è dunque una più esatta ricerca delle cause e degli effetti della
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