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Limiti topografici delle strutture viscerali e apparato digerente, Sbobinature di Anatomia

I rapporti tra gli apparati del corpo umano, in particolare quelli toracici e addominali, e fornisce informazioni dettagliate sull'apparato digerente. Vengono descritti i confini della cavità buccale, la funzione dei denti e della lingua, e il ruolo delle ghiandole salivari nella produzione della saliva. Il documento potrebbe essere utile per gli studenti di medicina o biologia che studiano l'anatomia umana e l'apparato digerente.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 05/08/2022

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mattia_1412 🇮🇹

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Scarica Limiti topografici delle strutture viscerali e apparato digerente e più Sbobinature in PDF di Anatomia solo su Docsity! Limiti topografici delle strutture viscerali Nella figura si vedono i rapporti complessivi tra i vari apparati in particolare la disposizione tra uno spazio toracico interamente occupato dalle masse polmonari, nelle quali si colloca l’area cardiaca e i primi vasi che escono dal cuore protetti dagli stessi polmoni; questi organi occupano la parte superiore della gabbia toracica essenzialmente fino alla sesta vertebra. Si può notare inoltre che a livello del polmone sinistro si vede una delineazione particolare chiamata incisura cardiaca del polmone apre uno spazio di superficialità del cuore (in verità più che superficie del cuore vediamo il suo pericardio fibroso). Questo spazio non coperto dal coperto dal polmone viene in parte recuperato dalla copertura della membrana pleurica che nell’immagine è la linea azzurra. Anche la membrana pleurica non avvolge interamente il cuore, infatti rimane una porzione chiamata area nuda del cuore che è quella che entra di più in rapporto con il piano osseo-muscolare. Questa zona da un punto di vista interventistico è la via che viene di solito usata per un accesso diretto al cuore (l’area nuda del cuore si trova al livello del ventricolo sinistro). Salendo nell’immagine verso il collo possiamo notare la ghiandola tiroide che si sviluppa con un corpo centrale che si trova sostanzialmente davanti i primi anelli tracheali con due prolungamenti sui lati. Molto interessante è la disposizione dei visceri nella parte addominale ovvero la parte che si trova sotto il diaframma. Immediatamente sotto il diaframma e in rapporto con lui troviamo a destra il fegato e a sinistra la parte superiore dello stomaco. Altri organi come il pancreas non si osservano in questa immagine perché si trovano dietro stomaco e fegato. Il fegato occupa tutta la zona di destra che prende il nome anche di ipocondrio di destra e si sviluppa anteriormente fino a toccare lo stomaco. Esso risente del movimento del diaframma che essendo un movimento verso il basso lo sposta e lo fa leggermente ruotare in avanti. Il colon trasverso (cioè la parte che va da destra a sinistra dell’intestino crasso) è protetta solo ai lati dalle coste false mentre nella parte centrale è protetto dalla muscolatura addominale. Esso va a dividere la parte addominale del nostro corpo in porzione sovracolica in cui sono presente fegato, stomaco e pancreas e porzione sotto colica formata principalmente dall’intestino tenue che per la sua lunghezza si rigira su se stesso per occupare meno spazio dando luogo alle convulozione che ne caratterizzano la morfologia. Apparato digerente E’ l’apparato formato da organi che come dice il nome ci aiuta a digerire il cibo che digeriamo. In verità la digestione è formata da una parte meccanica che scompone il cibo in pezzi più piccoli e una parte biochimica che è forse la più importante che scompone il cibo nei suoi elementi costitutivi metabolicamente essenziali che poi verranno assorbiti (nel senso quando mangiamo una proteina non è importante la proteina in sé ma gli amminoacidi che la compongono). E’ composto principalmente da un lungo tubo che parte dalla cavità buccale e si estende fino all’orifizio anale; lungo il percorso sono annesse delle ghiandola che fanno sempre parte dell’apparato digerente che hanno ruolo essenziale all’interno della digestione. Cavità buccale I confini della cavità buccale all’esterno sono dati dai piani cutanei delle guance e dalle labbra che serrano e chiudono la cavità stessa. All’interno troviamo le arcate dentali mandibolare e mascellare formate dai denti che sono profili duri non tutti uguali tra loro che fondamentalmente forniscono la base meccanica e rigida per la masticazione del cibo. La masticazione è possibile grazie all’unica articolazione diartrotica del cranio, l’articolazione temporo- mandibolare che con la sua grande mobilità consente il movimento rotatorio della mandibola rispetto alla mascella. Disposta all’interno dei confini dell’arcata dentale troviamo la lingua, una struttura muscolo-membranosa che a bocca chiusa occupa tutta la cavità buccale. È formata da muscolatura striata che si divide in intrinseca ed estrinseca. Con muscolatura intrinseca si intende tutta la parte che forma il corpo della lingua e hanno la funzione di modificarne la sua forma. Con muscolatura estrinseca si intende invece i muscoli che determinano il movimento di tutto il corpo della lingua. Sono ad esempio muscoli estrinseci il muscolo ioglosso che come dice il nome va dall’osso ioide alla lingua, il genioglosso che va dalla porzione anteriore della mandibola Un altro organo importante all’interno della cavità buccale sono le ghiandole salivari, responsabili della produzione del secreto salivare. La saliva è prevalentemente acquosa, definita lo stesso mucosa per la presenza delle glucine. Le ghiandole salivari si dividono in maggiori, visibili ad occhio e al tatto, e minori disseminate tra lingua, palato e labbra. Le ghiandole salivari minori sono quelle che principalmente producono la saliva. Per quanto riguarda le ghiandole salivari maggiori il discorso cambia un pochino perché la ghiandola sottomandibolare e sottolinguale sono ghiandole miste, cioè ghiandole che presentano adenomeri ghiandolari mucosi che producono muco e adenomeri ghiandolari sierosi ovvero produttori di tutte le altri componenti di natura batteriostatica che conferiscono alla saliva la sua capacità protettiva e di contenimento delle popolazioni batteriche della cavità buccale. Il dotto di queste due ghiandole è comune ed è chiamato condotto di Wharton. La ghiandola più grande è la parotide, entra in rapporto con la porzione verticale della mandibola. Ha una morfologia triangolare, si appoggia al muscolo massetere. Essendo una ghiandola di secrezione esocrina il suo secreto converge in un dotto comune chiamato condotto di Stenone riversando la saliva nella cavità buccale a livello del secondo dente molare dell’arcata superiore. E’ una ghiandola a secrezione sierosa, infatti troviamo nel secreto di base acquosa la presenza di enzimi come l’amilasi, la lipasi, enzimi batteriostatici tra cui il lisozima. La saliva ha un importante funzione perché lubrifica la cavità buccale e aiuta l’inizio della digestione grazie alle amilasi e lipasi presenti al suo interno. È presente già a livello della bocca un assorbimento che avviene solo per diffusione passiva di molecole molto piccole o acidi grassi a catena corta. La saliva contiene anche anticorpi detti salivari che vanno a contribuire al mantenimento e controllo della flora batterica e intervengono in caso di entrata di antigeni estranei al corpo. Esofago L’esofago è un tubo che mette in comunicazione la cavità orale e faringea con lo stomaco. Inizia intorno alla quarta vertebra cervicale con uno sfintere chiamato sfintere superiore dell’esofago. Passa attraverso la zona toracica, si apre attraverso il diaframma attraverso lo iato esofageo del diaframma. L’esofago si pone a contatto con la colonna vertebrale posteriormente e anteriormente con la trachea attraverso un sottile strato connettivale. Intorno alla sesta vertebra cervicale l’aorta discendente si mette tra l’esofago e la colonna vertebrale, quindi nella parte cervicale troviamo trachea, esofago e colonna vertebrale in questo ordine, quando la trachea finisce e si divide nei bronchi l’esofago si trova anteriormente il cuore e posteriormente troverà l’aorta. Nella sua lunghezza l’esofago non è perfettamente verticale ma presenta delle curvature a causa del cambiamento dei rapporti con colonna vertebrale e aorta. È formato da una parete muscolare alternata in striata presente nel primo terzo e liscia negli altri due terzi. La muscolatura striata sostiene la prima deglutizione del bolo alimentare. L’esofago ha un lume asteriforme (cioè a forma di stella) dovuto alla presenza di rilievi della lamina propria della mucosa attrezzata per ricevere boli alimentari di diverse dimensioni. Il lume è formato da un epitelio pavimentoso pluristratificato molto più spesso rispetto alla cavità buccale. La struttura del tubo è formata da due piani muscolari di cui uno interno circolare e uno esterno longitudinale. Le ghiandole mucose nell’esofago si trovano nella sottomucosa rispetto agli altri organi dell’apparato digerente dove le ghiandole mucose si troveranno nella lamina propria. Nell’epitelio pluristratificato si trovano delle papille dermiche molto pronunciate (l’altezza di queste papille è dovuta all’epitelio molto spetto della parete dell’esofago) dove si vanno ad incuneare i profili vascolari microcircolatori che determinano l’apporto metabolico all’esofago. La porzione addominale dell’esofago è molto corta (circa 3-5 cm) e ha i suoi confini nello iato esofageo del diaframma e nel cardias, ovvero il punto di passaggio tra esofago e stomaco. Essendo un tratto molto corto lo stomaco si ritrova ade essere molto vicino al diaframma risentendo della sua contrazione ritmica questo può portare in seguito ad una pasto molto abbondante dei reflussi che potrebbero essere lesivi nei confronti dell’esofago perché lo stomaco lavora in un ambiente molto acido; in caso succeda questo il diaframma si ispessisce e chiude ermeticamente lo iato in modo che il tratto toracico dell’esofago non sia coinvolto da questi reflussi. Stessa cosa non succede nel tratto addominale dove il cardias non ha la forza di chiudere lo sfintere, quindi per sopperire a questa mancanza la mucosa del tratto addominale dell’esofago assume una struttura che è molto simile a quella presente nella parete dello stomaco (si trasforma in un epitelio monostratificato aiutato da ghiandole che secernono un muco altamente protettivo). Peritoneo Il peritoneo è una membrana sierosa che riveste la superficie interna della cavità addominale; quest’ultima accoglie tutta la parte sottodiaframmatica del digerente, la milza e i vari organi dell’apparato urogenitale tra cui nel maschio testicolo ed epididimo. La sua funzione è quella di evitare attriti tra i vari organi che nell’apparato digerente sono molto frequenti data la contrazione dei vari organi. Per quanto riguarda la struttura è molto simile a quella delle pleure e del pericardio sieroso, quindi con un epitelio monostratificato semplice, formato da cellule poligonali con un nucleo sporgente unite per adesione dei margini. Sono presenti cuticole su tutte le cellule e brevissime ciglia vibratili. Rispetto alle membrana di protezione citate precedentemente il peritoneo ha una modalità di avvolgimento diversa perché riveste la parte interna dei muscoli addominali e poi si prolunga ad avvolgere tutti gli organi. La membrana che avvolge la parete interna dei muscoli addominali prende il nome di foglietto parietale mentre foglietto viscerale è la stessa lamina che avvolge gli organi. Il foglietto viscerale protegge in continuità i vari organi quindi per esempio stomaco e intestino tenue sono protetti dalla stessa lamina che si prolunga; il prolungamento che passa da un organo all’altro prende il nome di epiploon. Qui vi decorrono sia vasi venosi che arteriosi che utilizzano l’epiploon per giungere i visceri. Gli spessori più o meno grandi colorati in giallo sono riempiti da tessuto adiposo. La struttura invece di rivestimento peritoneale che va dalla zona parietale a quella viscerale prende il nome di meso. Tra il foglietto parietale e viscerale si apre una cavità che a volte è estremamente sottile ma in altre porzioni, soprattutto tra il viscere e la zona posteriore dell’addome, si aprono degli spazi un po’ più grossi che prendono il nome di recessi peritoneali. La cavità nel suo insieme è definita cavità sierosa o peritoneale. La cavità sierosa è ripiena di liquido. Essa dal punto di vista medico viene utilizzata per iniezioni di liquido che data la grande permeabilità delle membrane della zona addominale riesce a diffondere attraverso il foglietto viscerale e raggiungere i vari visceri. -la cellula ossintica, che produce la parte acquosa e acida del succo gastrico. È una cellula molto grande, ricca di mitocondri che presenta una serie di rientranze chiamate caveole che hanno il compito di aumentare la superficie a disposizione dell’elemento cellulare per le sue attività secretive. Questa cellula pompa in un ambiente acquoso ioni H+ e Cl-. La cellula ossintica produce un elemento proteico chiamato fattore intrinseco che lega la vitamina B12 per proteggerla dall’ambiente acido e successivamente farà anche da marker nell’intestino tenue per l’assorbimento degli elementi nutritivi. Nelle ghiandole tubolari sono state trovate anche delle cellule chiamate cellule entero-endocrine che come dice il nome produce elementi di natura endocrina come la sostanza glucagone-simile e somatostatina che attuano una comunicazione paracrina che fa si che tutti gli organi vicino allo stomaco sappiano della sua operatività in quel preciso momento e la quantità di materiale in digestione. La stimolazione per la produzione del muco avviene prima che il cibo arrivi all’interno dello stomaco. Sono presenti anche cellule staminali per la sostituzione delle cellule dello stomaco che vanno in apoptosi in un periodo relativamente breve. Cosi come la cavità buccale anche lo stomaco opera un’elaborazione di tipo meccanico oltre che enzimatica grazie alla parete muscolare molto spessa fatta da tre tonache muscolare (circolare interna, longitudinale e plessiforme esterna). La parete muscolare rimescola il cibo e facilita anche l’azione enzimatica delle cellule citate precedentemente. Una volta che l’azione digestiva dello stomaco è avvenuta il materiale si accumula nell’antro pilorico stimolando lo svuotamento che avviene attraverso delle fasi di contrazione in maniera intermittente in modo da far pervenire al duodeno una quantità limitata di digerito gastrico (circa 1-3 ml). Ovviamente il piloro allenta la sua tonicità per far passare queste piccole quantità fino poi a rinchiudersi e riaprirsi fino a quando lo stomaco sarà completamente vuoto. Lo stomaco non è attrezzato per l’assorbimento dei metaboliti; nonostante tutto l’ampia vascolarizzazione che deve sostenere il grande lavoro dello stomaco fa si che alcuni metaboliti possano passare per diffusione passiva (soprattutto glucidi e acidi grassi a catena corta). L’etanolo è un’altra specie che riesce a passare a livello dello stomaco perché viene considerato come se fosse un acido a catena corta (verrebbe già assorbito a livello della cavità buccale se noi lo tenessimo per qualche tempo di più rispetto a quello che facciamo di solito con i liquido) quindi entra già a livello circolatorio a questo punto. Per questo ha effetti più ampi assumere alcol a stomaco vuoto perché c’è uno strato di muco meno spesso e quindi può diffondere in maniera più semplice e in quantità maggiori. L’etanolo inoltre disturba e rallenta il processo produttivo delle cellule secernenti muco aumentando le possibilità di gastrite. Rapporti dei visceri addominali In questa foto siamo nella parte sottodiaframmatica, in una porzione detta sovramesocolica (meso è il prolungamento dorsale del peritoneo verso il colon trasverso; il mesocolon divide la parte addominale in una cavità sovramesocolica sottodiaframmatica e sottomesocolica). Il fegato in questa immagine è stato omesso e lo stomaco tagliato perché sarebbero andati ad oscurare tutti gli organi che si posizionano dietro. Qui vediamo bene i rapporti anatomici del pancreas, che si sviluppa dall’epigastrio verso sinistra arrivando ad appoggiarsi alla milza nella loggia ienale. La milza è situata posteriormente allo stomaco insieme al rene sinistro che si posiziona dietro al pancreas ed entra a contatto con la milza nella parte mediale. Al di sotto di milza, stomaco e pancreas e in rapporto col rene sinistro vediamo passare il colon, in particolare la flessura colica di sinistra dove il colon da trasverso diventa discendente. A destra invece dietro la massa epatica troviamo la prima parte dell’intestino tenue chiamata duodeno che ha una forma a C ed abbraccia una parte del pancreas definita testa. Poi troviamo il rene destro che si trova quindi in rapporto con il duodeno e con la flessura colica di destra del colon trasverso e ovviamente con il fegato che si trova sopra. Altro rapporto di un certo interesse anatomico è quello con i principali vasi che passano nella zona addominale, ovvero l’arteria e la vena mesenterica superiore: l’arteria è in dipendenza dall’aorta, qui inoltre vediamo il tripode celiaco con la sua arteria epatica, gastrica e ienale che decorre nel margine superiore del pancreas. L’arteria e la vena mesenterica superiore entrano in rapporto con il pancreas andando anche a dare un confine alla zona più slargata che prenderà il nome di testa del pancreas e quella più lungi linea che prenderà il nome di corpo del pancreas. Pancreas Il pancreas insieme al fegato costituiscono quelle che prendono il nome di grandi ghiandole extra murarie dell’apparato digerente, perché non fanno parte del tubo digerente ma si connettono direttamente al duodeno tramite dei dotti. Il pancreas si presenta come un organo mediale di forma allungata che inizia a sinistra in stretto rapporto con l’ansa duodenale con una porzione slargata chiamata testa e una porzione più allungata che si protende verso sinistra fino a toccare quasi la milza chiamata corpo. Si dice quindi che il pancreas si trova nel cosiddetto epigastrio fino ad arrivare nella zona dell’ipocondrio sinistro. Il pancreas è una struttura ghiandolare dove prevale principalmente la ghiandola esocrina di tipo tubulo acinoso composto percorso al suo interno da tutta una serie di sottili tubuli che vanno a confluire in un dotto comune che attraverso tutto il pancreas che si biforca a livello della testa. Il pancreas esocrino è responsabile della produzione di tutti quegli enzimi necessari per la digestione delle varie classi metaboliche quali l’amilasi, le lipasi e le peptidasi (enzimi attrezzati per scindere i peptidi negli amminoacidi) insieme a una soluzione di bicarbonato che serve a tamponare l’acidità del digerito gastrico oltre a creare un ambiente basico che passa da pH=4 (tipico dell’ambiente gastrico) a pH=8 (disattiva la pepsina e attiva gli enzimi citati prima). I due dotti che si trovano nella testa del pancreas vanno a confluire nel duodeno attraverso due aperture che prendono il nome di papilla duodenale maggiore e papilla duodenale minore. La papilla minore entra in contatto solo con la muscolatura duodenale mentre la struttura di quella maggiore è un po’ più complessa, infatti da un punto di vista morfologico si presenta come un rilievo troncoconico aperto superiormente. Inoltre sbocca da qui oltre al dotto principale del pancreas anche il dotto coledoco (il dotto di trasporto della bile, una sostanza prodotta dal fegato e immagazzinata nelle colecisti). Il fatto che ci siano due dotti diversi che sfociano nella papilla duodenale maggiore fa si che ci sia anche un anello sfinterico chiamato sfintere di Oddi che va regolare il flusso dei due dotti a seconda delle esigenze. Il pancreas tuttavia ha anche una funzione endocrina, infatti si parla anche di pancreas endocrino. Esso ha una composizione architetturale particolare perché riguarda degli ammassi di cellule che rimangono separati dal parenchima esocrino da una esile capsula connettivale che vengono chiamate Isole del Langherans. La maggior parte delle isole si trovano nella testa del pancreas, in un numero minore nel corpo e pressoché assenti nelle porzioni terminali. Abbiamo una disposizione diversa delle cellule perché sono disposte a cordoni e sono ampiamente vascolarizzate con profili capillari. Le isole del Langherans sono responsabili degli ormoni del controllo glicemico ovvero insulina (promotore dell’assorbimento di glucosio), glucagone L’unità morfofunzionale del fegato è il lobulo epatico. Esso si configura come una porzione del parenchima epatico in cui, circondato da un esile trama connettivale, gli epatociti (le cellule del fegato) si dispongono in un sistema di tanti cordoni concentrici diretti verso una struttura vascolare centrale che prende il nome di vena centro lobulare. Tra i diversi cordoni prende spazio una rete di capillari che prendono il nome di sinusoidi. Essi hanno un andamento sinusoidale ed hanno un alto livello di permeabilità. Quest’alto livello di permeabilità è definito sostanzialmente da due tipi di organizzazioni: -le fenestrazioni, cioè gli elementi che caratterizzano la parete dei capillari sinusoidi che presentano dei veri e propri fori (alcuni liberi altri con un piccolo diaframma che ne limita la diffusione); -le giunzioni a lembi sovrapposti, giunzione meno serrate che permettono un ampia permeabilità Quest’alta permeabilità è la base strutturale che permette la possibilità agli epatociti di lavorare a livello del plasma e produrre o drenare le proteine del sangue. All’esterno del lobulo epatico notiamo un complesso di profili vascolari che prende il nome di triade portale e si posiziona ai vertici del lobulo epatico (che assomiglia a un poligono regolare). La triade è formata da un ramo della vena porta, un ramo dell’arteria epatica e un ramo biliare. Il ramo arterioso e venoso confluiscono insieme nei capillari sinusoidi e si mescolano insieme. Quindi quello che si viene a formare è un sangue misto ovvero un sangue ossigenato sporcato con sangue deossigenato. Questo sembrerebbe un controsenso date le funzioni del fegato, tuttavia è possibile perché il metabolismo del fegato è lento, cioè compie le sue innumerevoli funzioni in maniera più lenta rispetto all’encefalo o ad un muscolo striato che hanno Fenestrazioni e giunzioni Lobulo epatico Sinusoidi un metabolismo molto veloce e quindi hanno bisogno di molto ossigeno per compiere il loro lavoro. Quindi il fegato proprio per questo può permettersi di sopportare una circolazione di sangue misto. Le sinusoidi convergono tutte nella vena centro lobulare che a loro volta confluiscono tra di loro fino a dare origine a sistemi via via più grandi che confluiranno fuori dalla massa epatica e tre corte vene epatiche che sono confluenti a livello della vena cava inferiore che sta proprio passando posteriormente al fegato. L’epatocita e le sinusoidi comunicano tra di loro attraverso uno spazio in cui sono presenti dei villi chiamato spazio di Disse. Sono presenti anche cellule diverse dagli epatociti chiamate cellule di Ito ( le masse di colore giallo nella foto) che oltre ad accumulare grasso hanno la funzione di gestire risposte infiammatorie e di emergenza. Negli epatociti sono presenti anche macrofagi che fanno da spazzini, cioè cellule che allontanano detriti cellulari e metabolici; inoltre sarebbero i responsabili eritrocateresi in caso di assenza della milza. Il fegato, come nella milza, è circondato da una capsula fibrosa ( o capsula del Glisson) che inviano nell’organo dei setti corti che suddividono nelle zone più esterne l’organo in lobuli. Queste capsule sono connesse ad elementi muscolari lisci che rendono fegato e milza capaci di contrarsi. Queste contrazioni le sentiamo quando in caso di mancanza di ossigeno nei muscoli il corpo spreme fegato e milza facendo diminuire la quantità di sangue presente all’interno di questi due organi per essere spostata laddove ce n’è più bisogno (cuore e muscoli). Questa contrazione però stringe il peritoneo e le terminazioni nervose facendoci avvertire una fase algica. Vie biliari Le vie biliari nascono all’interno del fegato, perché sostanzialmente la bile si configura come il secreto esocrino del fegato. Le vie biliari nascono da sottili capillari che prendono di capillari intraepatici, che hanno la caratteristica di essere strutture duttulari formate senza pareti nell’ambito dell’accostamento tra epatocita ed epatocita. All’interno di questi canalicoli (nella foto precedente) gli epatociti riversavano il loro contenuto biliare. Via via la bile scorre in canali sempre più grandi fino a raggiungere e riversarsi nella triade portale, in particolare nel ramo del condotto epatico, fino a portarsi all’esterno del fegato. Da un punto di vista macroscopico queste sistema duttulare delle vie epatiche lo vediamo emergere attraverso un dotto epatico destro e sinistro; questi due dotti dopo un percorso di un paio di centimetri si uniscono a livello di un dotto epatico comune. Il dotto epatico comune a circa metà del suo percorso (si ricorda che il dotto epatico comune sfocia nella papilla duodenale maggiore) vede la confluenza di un altro dotto detto cistico che arriva dalla cistifellea. Il dotto dato dall’unione di questi due prende il nome di dotto coledoco. La produzione di bile è una secrezione continua, tuttavia utilizzata solo nel momento in cui arriva del materiale alimentare nel duodeno. Quindi durante la fase di digiuno la papilla duodenale maggiore è chiusa con lo sfintere di Oddi, che impedisce il deflusso e la perdita di bile. Quando trova lo sfintere chiuso la bile risale attraverso il dotto coledoco e poi quello cistico per accumularsi all’interno della cistifellea. La cistifellea è un organo a forma di cisterna allungata (sacciforme) con parete muscolare che la aiuta nella sua contrazione con la funzione di accumulare la bile (ATTENZIONE: LA CISTIFELLEA NON PRODUCE LA BILE MA LA CONTIENE SOLO!!). Anche la cistifellea, come lo stomaco, è distinta in tre parti, che sono fondo, corpo e collo. I Sali biliari, da un punto di vista chimico, sono un trasformato del gruppo eme dell’emoglobina (sono la linearizzazione dell’anello tetrapirrolico del gruppo eme). Quando a livello della milza avviene l’eritrocateresi, dove il globulo rosso viene distrutto, vengono recuperati tutte le componenti tra cui anche l’emoglobina come frazione proteica sia come frazione prostetico (gruppo eme); il gruppo eme viene linearizzato e glucosidato ( aggiunta di gruppi che lo rendono particolarmente idrofilo) e attraverso il sangue viene trasferito al fegato. Questo elemento che in queste condizioni è un sale biliare, va a far parte di una secrezione complessiva, di cui è la componente essenziale, che vede la presenza di Sali, ioni fosfato e solfato oltre che ad acqua. La bile, che viene riversata nel duodeno, ha l’essenziale compito di definire l’emulsione delle micelle di grasso. Il digerito, una volta arrivato nel duodeno, ha subito già la fase di masticazione nella cavità orale e l’operato dello stomaco che però non coinvolge i lipidi che si vanno ad unire in gocce abbastanza grandi che vanno a rallentare l’effetto delle lipasi (portate nel duodeno dal succo pancreatico). Quindi per rendere più efficiente le lipasi il nostro organismo va ad immettere i Sali biliari che frammentano le gocce lipidiche in goccioline più piccole rendendo molto più veloce l’azione delle lipasi e consentendo la digestione delle componenti lipidiche. tenue. Esse hanno recettori specifici per amminoacidi, glucidi, acidi grassi e per le vitamine. Al di sotto dell’epitelio monostratificato degli enterociti troviamo la lamina propria dove abbiamo lo sviluppo dei capillari, che hanno il compito di drenare le molecole assorbite. Troviamo inoltre lo sviluppo di un capillare linfatico più voluminoso rispetto agli altri organi detto vaso pilifero, che durante la fase di assorbimento si riempie di una linfa lattescente dovuta alla presenza di lipoproteine (chiromicroni) che data la loro grandezza vengono drenati dal vaso linfatico. Il materiale drenato dai vasi piliferi va a confluire nel più grande vaso linfatico presente nel nostro corpo, ovvero il dotto toracico. Nell’asse del villo troviamo fibre di muscolatura liscia cha coadiuvano i movimenti del villo per facilitare l’assorbimento. Questi fascetti dipendono dalla muscolaris mucosae. Troviamo anche gli ammassi di tessuto linfoide (linfociti T e B) per il controllo immunitario. Alla base dei villi ci sono una serie di ghiandole tubolari semplici, responsabili della produzione di fattori batteriostatici per la flora batterica e alcuni enzimi digestivi. La parte del tubo dell’intestino tenue è per la maggior parte occupata da tessuto muscolare liscio oltre ovviamente a tutto quello che abbiamo citato precedentemente. Questa muscolatura si dispone in due strati, uno più spesso in disposizione circolare all’interno e l’altro esterno a disposizione longitudinale. All’esterno troviamo la tela sottosierosa e la tonaca sierosa che vanno a formare il peritoneo viscerale. Nella tela sottosierosa si sviluppano i profili nervosi che innervano l’organo. La differenza tra duodeno e intestino mesenteriale non si ferma all’aspetto anatomico, infatti andando ad osservare una sezione microanatomica notiamo sempre la presenza delle valvole condiventi e dei microvilli ma troviamo anche delle differenze come la grandezza dei microvilli che nell’intestino mesenteriale si sviluppano molto di più in altezza e in spessore con la lamina interna ampiamente vascolarizzata con ben evidente le ghiandole tubulari alla base dei villi. Nel duodeno i villi sono più piccoli e meno spessi, tuttavia si nota l’ampia strutturazione ghiandolare di natura tubulo acinoso composta che compongono le cosiddette ghiandole duodenali o ghiandole del Brunner. Questa differenza va ricercata nella particolarità funzionale che si trova a vivere l’ambito duodenale. Esso è direttamente connesso con la sacca gastrica, quindi è la parte che riceve purché in piccole quantità (1-3 ml) per prima il digerito gastrico; quindi il duodeno deve formare un sistema di protezione per evitare lesioni dovute all’acidità del materiale che riceve. Questo sistema si basa su una secrezione molto abbondante di un muco neutro che tampona il succo gastrico, aiutato successivamente dal succo pancreatico che presenta sia enzimi digestivi che bicarbonato che disattiva la pepsina e va ad invertire il pH del digerito. Nelle ghiandole tubulari troviamo nella parte alta cellule caliciformi mucipare che hanno la funzione di produrre muco e nel fondo troviamo una serie di elementi cellulari tra cui la cellula di Paneth con funzione zimogenica (secerne lisozima e fattori batteriostatici utili a tenere sotto controllo l’ampia sviluppo della flora batterica presente nella mucosa dell’intestino tenue). La presenza delle cellule di Paneth permette la permanenza della fase digestiva enzimatica lungo pressoché tutto il tratto dell’intestino tenue. Struttura della parete dell'intestino duodenale Struttura della parete dell'intestino mesenteriale Ghiandole tubulari nell'intestino Intestino crasso L’ultimo tratto della massa intestinale è rappresentata dalla struttura che nel suo insieme prende il nome di intestino crasso. Con questo termine si intende la porzione ampia e slargata che fa da cornice all’intestino tenue e che termina con il retto (tutta invece la parte dell’intestino crasso prende il nome di colon). Nel colon sono ancora presenti strutture deputate alla funzione di assorbimento degli elementi nutritivi mentre il retto ha solo la funzione di espulsione del materiale fecale. Il colon si configura in diverse porzioni: 0. Colon cieco, ovvero una sacca in cui penetra l’intestino tenue. Qui si inserisce un elemento allungato che prende il nome di appendice vermiforme. È completa avvolta da peritoneo. In seguito a forme di infiammazione deve essere rimossa (in casi estremi viene anche la peritonite). L’appendice vermiforme è una tonsilla linfoide, quindi condivide tutte le caratteristiche proprie delle strutture tonsillari (sono presenti linfociti T e B) 1. Colon ascendente, che arriva fino sotto al fegato. Di seguito troviamo una piega, che prende il nome di flessura colica di destra 2. Colon trasverso (struttura colica avvolta dal peritoneo realizzando la cosiddetta lamina del mesocolon che individua un piano orizzontale che divide la zona addominale in sovramesocolica sottodiaframmatica e sottomesocolica). Andando verso sinistra il colon trasverso si porta più in alto raggiungendo la loggia ienale. 3. Colon discendente, che troviamo dopo la flessura colica di sinistra. 4. Colon sigmoideo, un tratto che viene chiamato così per la sua forma a S. Il colon sigmoideo termina con il retto. Il colon occupa la porzione bassa della zona addominale, anche se in realtà già il colon sigmoideo nella seconda metà invade pienamente la zona pelvica. Il rapporto peritoneale è particolare perché come già detto è avvolto nel colon trasverso e anche nel colon sigmoideo (formando il cosiddetto mesocolon sigmoidale), invece il tratto ascendente e discendente rimangono avvolti dal peritoneo viscerale solo nella parte laterale anteriore e mediale. Il colon ha un rapporto diretto con l’intestino tenue attraverso lo sfintere ileo-cecale. Questo sfintere penetra nell’area colica con una formazione a becco. Nel colon arriva un materiale alimentare che ha avuto un lungo decorso nell’intestino tenue in cui si è provveduto a una parte l’assorbimento oltre che alla digestione enzimatica. Tuttavia il materiale, che è quasi del tutto fluido, presenta ancora tutta una serie di metaboliti (soprattutto acqua e Sali che l’intestino tenue assorbe solo in parte). Tutto questo unito alla presenza di batteri presenti nella flora batterica dell’intestino tenue porta all’arrivo nell’intestino crasso di un materiale che presenta delle tasche dette seni rettali che hanno una grande importanza per il possesso di aggregati di tessuto linfoide per un ultimo controllo antigenico delle feci. Sono presenti anche cuscinetti emorroidali, che si configurano come rilievi della mucosa, che aiutano la chiusura dell’anello sfinterico garantendo non solo una migliore tonicità ma anche permettendo la capacità di regolare l’allentamento del tono sfinterico soprattutto valido per l’evacuazione dei gas che si formano per la fermentazione del materiale alimentare nel colon. Un altro elemento di importanza per le funzioni del retto è lo sfintere anale, che è gestito ed organizzato da due piani muscolari. Abbiamo un muscolo sfintere interno (involontario), che si genera da un ipertrofia fisiologica della muscolatura liscia del retto e un muscolo sfintere esterno (volontario) che deriva da un piano muscolare del muscolo scheletrico elevatore dell’ano che prende stretto contatto con questa area rettale terminale. L’accumulo delle feci allenta lo sfintere interno ma perché ci sia l’espulsione completa è necessario che ci sia anche l’apertura del muscolo sfintere esterno. Nel momento in cui viene meno l’azione del muscolo sfintere esterno (nei bambini per l’incompletezza del sistema nervoso e negli adulti per vari altri motivi) la defecazione si basa solo sull’azione del muscolo sfintere interno causando la mancata tenuta delle feci. L’arrivo del colon sigmoideo nell’area pelvica lo porta insieme al retto ad avere rapporti differenti a seconda che ci troviamo a parlare del genere maschile o femminile (per la presenza degli organi genitali diversi). A livello femminile, in cui la cavità pelvica è un po’ più ampia, il tratto sigmoidale si trova posteriormente a contatto con l’area sacrale e anteriormente il corpo dell’utero. Tra corpo dell’utero e colon sigmoideo si genera uno spazio che prende il nome di tasca di Douglas che a volte può essere occupata anche da alcune anse intestinali. L’ampolla rettale si trova a stretto contatto con la porzione superiore dell’area vaginale e con l’ultima porzione dell’utero, la cervice. Nell’ambito maschile i rapporti anatomici cambiano del tutto ovviamente perché cambiano gli organi genitali. Il colon sigmoideo si trova posteriormente alla vescica mentre l’ampolla rettale è in rapporto nella sua prima porzione sempre con la vescica e nella parte anteriore è in rapporto con la prostata. Organizzazione microanatomica del tratto digerente Su tutto l’apparato digerente a partire dall’esofago fino al colon troviamo un organizzazione architetturale della parete simile ma anche delle specifità che riguardano soprattutto la mucosa. La parete nel suo insieme è simile in tutte le pareti del tubo digerente con un piano interno formato dalla mucosa, una muscolaris mucosae che divide la lamina propria dalla sottomucosa dove abbiamo lo sviluppo dei piani vascolari. Nella parete esterna troviamo un ampio spessore muscolare liscio fatta eccezione per il primo tratto di esofago che vede la presenza di muscolatura striata per permettere una deglutizione più efficiente. La muscolatura liscia si divide in uno strato circolare e uno longitudinale (nello stomaco è piu spessa e presenta anche uno strato plessiforme interno). A livello del colon lo strato longitudinale esterno è visibile sotto forma di tenia. Di azzurro si vede lo strato di peritoneo viscerale che in alcuni organi forma un meso (intestino tenue, colon trasverso e colon sigmoideo).
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