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Lineamenti di sociologia della scuola -Lorenzo Fischer, Appunti di Sociologia Dei Processi Culturali

Sintesi per l'esame basato sul libro lineamenti di sociologia della scuola

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 14/06/2016

Denise.Comandini
Denise.Comandini 🇮🇹

4.5

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Scarica Lineamenti di sociologia della scuola -Lorenzo Fischer e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! LO STUDIO SOCIOLOGICO DEI SISTEMI SCOLASTICI CAPITOLO 1 Siamo portati a pensare che la scuola sia un’istituzione presente in ogni epoca della storia. In parte questa affermazione è vera, ma se vediamo alla scuola come non una semplice istituzione educativa ma come un modo di socializzazione, la scuola moderna ha inizio nel 16 e 17 secolo. (Quando la scuola smette di essere di competenza della religione ma dello stato e quindi gestita con leggi statali). La scuola tradizionale era fondata sul “veder fare”, ossia i ragazzi andavano presso le botteghe degli artigiani ed osservavano il loro lavoro per poi riproporlo. Non vi era alcun tipo di apprendimento ma una semplice imitazione delle azioni dei più grandi. La scuola moderna invece porta con te un carattere pedagogico e una rivalutazione dell’età infantile, precedentemente ignorata in quanto ritenuta un qualcosa di naturale. Il passaggio fra scuola tradizionale e moderna è supportato anche dalla nascita della stampa e alla possibilità di poter stampare in minor tempo più copie di libri, che andranno a sostituire i manoscritti. Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione educativa: • Prima rivoluzione educativa: scuola ai tempi degli antichi greci, romani ed egizi • Seconda rivoluzione educativa: la scuola moderna intesa come imparare a leggere, scrivere e far di conto (c’è una terza rivoluzione educativa ma verrà spiegata dopo) Altro motivo per cui parliamo di scuola moderna è grazie al fenomeno della scolarizzazione popolare, proprio del 17 secolo. Mentre inizialmente l’educazione e la formazione educativa era pensata solo per le classi popolari più ricche, le uniche a potersi permettere di sostenere le spese scolastiche dei propri figli, in alcuni stati inizia a diffondersi l’idea dell’obbligo scolastico esteso a tutti i bambini di sei anni. Sono per lo più paesi protestanti, che in seguito alla riforma luterana avevano permesso a tutti i fedeli di leggere da sé le sacre scritture (e ciò necessitava di un’istruzione elementare). Ma nella maggior parte di tali paesi l’obbligo rimase solo su carta perché: • Le famiglie povere non erano in grado di sostenere le spese • A sei anni molti bambini già lavoravano, e seguivano la scuola nei corti periodi in cui non servivano mani per il raccolto o la semina • Non era chiaro cosa si volesse intendere per scuola elementare e di conseguenza non vi erano né programmi definiti né insegnanti preparati L’ unico paese a non avere problemi in merito fu la Germania che molti anni prima aveva affrontato il processo di laicizzazione della scuola. Infatti già nel 17 secolo la grande maggioranza dei tedeschi era già alfabetizzata. L’ apice di tale scolarizzazione di massa si raggiunge nel 20 secolo quando ci si pone come obiettivo una scolarizzazione di massa anche per l’istruzione secondaria. • Oggi infatti di parla di terza rivoluzione educativa, per la quale di intende una scolarizzazione universale. L’ obbligo scolastico si è esteso fino a 16-18 anni e le porte della scuola superiore si sono aperte anche per gli studenti che precedentemente erano allontanati e non ritenuti idonei. Non tutti gli stati però ebbero lo stesso percorso di scolarizzazione e nel corso del tempo sono andati a formarsi due sistemi scolastici: centralizzato e decentrato. (a seconda di come è stato il passaggio alla scuola laica) In Francia (sistema centralizzato) il passaggio è stato netto e completo. Dopo la rivoluzione francese il controllo della scuola passò nelle mani del gruppo politico che aveva conquistato il potere. Tale sistema educativo è definito dall’ alto verso il basso: ogni cambiamento e ogni modifica infatti avviene solo se è l’autorità a deciderlo, quindi l’autonomia è molto limitata. In Inghilterra (sistema decentrato) la situazione era diversa: l’élite politica era appoggiata dalla chiesa anglicana che si occupava dell’aspetto educativo. Per questo motivo la scuola continuò ad essere materia della chiesa, perché era l’unico modo di proteggerla dal pericolo della classe operaia. Questo portò a sistemi educativi separati, da una parte le scuole private dall’ altra gli istituti professionali. Negli ultimi anni, il sistema di riforme di entrambi i sistemi ha evidenziato una tendenza a convergere uno verso l’altro. In Gran Bretagna la riforma ha imposto un curriculum scolastico comune e una limitazione delle autonomie locali; mentre in Francia ci si sta aprendo verso una maggiore autonomia. Entrambi i sistemi in tal modo cercano di limitare le proprie mancanze al fine di un’autonomia delle singole istituzioni scolastiche. Un’ autonomia che può essere un rischio se pensiamo ai dislivelli qualitativi che ne possono emergere: da alcune indagini dell’Ocse (PISA) emerge infatti che alcuni sistemi sono migliori di altri. Per questo nei paesi europei si sta cercando di mettere a punto un curriculum minimo comune a tutti gli stati, quali competenze sono necessarie e il modo in cui valutare tali competenze. In Europa infatti distinguiamo 4 diversi sistemi scolastici: • Scandinavo (scuola unica): i bambini per tutto il ciclo dell’istruzione frequentano la stessa scuola, gli stessi compagni e possibilmente gli stessi insegnanti e non sono previste verifiche intermedie per il passaggio da un ciclo scolastico all’ altro, in quanto non è prevista tale suddivisione. Alla fine dell’intero percorso formativo i ragazzi vengono sottoposti a della valutazioni graduate da 1 a 5. L’ obiettivo è quello di fornire a tutti gli studenti la stessa possibilità di riuscita e successo scolastico e future opportunità lavorative. È considerata la scuola più efficace e giusta. NORVEGIA FINLANDIA SVEZIA DANIMARCA ISLANDA PORTOGALLO CROAZIA • Anglosassone (scuola polivalente): invece di essere unificate la primaria e la secondaria inferiore, c’è una continuità fra la seconda inferiore e superiore, in cui sono gli stessi ragazzi e le loro famiglia a scegliere i programmi più consoni. Oggi tale possibilità è limitata dalla nuova riforma che prevede un curriculum di base unico, ma l’attività delle scuole tradizionali è ancora attiva in particolar modo fra le famiglie più ricche . GRAN BRETAGNA, SCOZIA, GALLES, IRLANDA DEL NORD • Germanico (indirizzi divisi): Il bambino entra a scuola a sei anni e dopo soli quattro anni di scuola primaria è chiamato a scegliere il percorso più consono ai risultati scolastici ottenuti. Sceglie così fra quattro indirizzi, passerelle: la prima è la scuola corta, che alterna periodi di studio a periodi in cui si sperimenta sul campo. Un sistema duale ben visto dagli altri paesi fra cui anche l’Italia, ma criticato dalla stessa Germania, che in seguito alla crisi economica le aziende presso cui i ragazzi svolgevano il tirocinio non erano più in grado di fornire stage formativi. La seconda passerella è la scuola media che permette di giungere agli studi superiori ma non all’ università, per la quale invece è prevista una terza passerella di scelta. In realtà esisterebbe un quarto canale: la scuola riservata agli alunni con difficoltà fisiche e psicologiche, quindi per alunni con difficoltà, che negli ultimi anni sta accogliendo anche alunni stranieri o di bassa estrazione sociale. Il punto debole di questo sistema è caratterizzato da una scelta precoce del proprio percorso, e gli studenti il più delle volte tendono a sceglie la scuola in accordo con il suo status sociale, contrariamente al sistema scandivano che invece mantiene aperte tutte le strade. GERMANIA OLANDA SVIZZERA AUSTRIA BELGIO LUSSEMBURGO incentivi, per non permettere a tutti di attingere alle posizioni più alte ma solo a chi lo merita. Tale approccio ha molti punti deboli, primo fra tutti la troppa genericità nell’ affermare che esistono posizioni importanti e altre meno; e il fatto di non prendere in considerazione due aspetti: il potere e l’ereditarietà. Infatti molti parlano di una impossibilità di mobilità sociale dovuta al fatto che chi è al potere utilizza quest’ ultimo per ricevere privilegi per se e i propri figli e per ciò si tende molto spesso ad occupare la stessa posizione e importa sociale dei propri famigliari. Aspetto che fa parte della realtà sociale e ben lontano dal concetto di meritocrazia. La teoria della riproduzione, dell’approccio conflittualista, afferma proprio questo, che la scuola non ha che garantire la stessa struttura sociale già esistente, in maniera occulta e perciò maggiormente efficace. Essa si basa su due concetti di base quello del capitale culturale e quello dell’ideologia del dono. Per capitale culturale si intende che ogni bambino che arriva a scuola porta con se la cultura del suo ambiente famigliare: se essa è buona buono sarò anche il suo successo scolastico, se è scarsa sarà scarso anche il suo rendimento scolastico. Ma il successo scolastico dipende anche dalle proprie doti naturali. In questo modo la scuola trasforma un fatto culturale in qualcosa di naturale. Scontato pensare che tale teoria sia stata ampiamente criticata per questa sua visione pessimista. In particolar modo è stata criticata è il fatto di non tener minimamente presente l’aspetto modificante della scuola, che invece esiste. Per loro come si entra si esce. Scuola e socializzazione: Funzionalismo: La scuola crea coesione e integrazione fra gli studenti Conflittualismo: La scuola non crea nessuna coesione anzi inculca fra gli d studenti l’ideologia della classe dominante Nell’ ottica funzionalista di Parsons, la scuola elementare è il primo ambiente extra famiglia che il bambino incontra e il suo atteggiamento all’ interno della scuola dipende dal grado di autonomia e indipendenza rispetto agli adulti. Se il bambino si è identificato con la figura del genitore ed ha raggiunto una sua indipendenza, autonomia e autostima, sarà molto più semplice per lui relazionarsi ed accettare il ruolo e la figura dell’insegnante. Contrariamente se si è identificato nel ruolo del figlio, è molto più lento il processo di autonomia e si identificherà con il gruppo dei pari: sono questi studenti che secondo Parsons che difficilmente accederebbero all’ università. Quindi secondo tale approccio la classe scolastica aiuterebbe per quattro motivi: sviluppare l’autonomia, assimilare i valori della società in maniera diversa da quanto appresi in famiglia, ordinare gli alunni in base al rendimento scolastico e selezionare le capacità degli alunni in funzione a quelli che saranno i loro ruoli da adulti. Nell’ ottica conflittualista la scuola non fa altro che inculcare l’ideologia della classe dominante negli individui di tutte le classi sociali. Un esponente di tale pensiero è Althusser che parla degli apparati repressivi che tramite la forza convincono riguardo ad una ideologica. Gli apparati sono tantissimi, politico religioso scolastico famigliare giuridico; e mentre prima è sempre stata la Chiesa ad imporre la sua ideologia, il suo posto oggi è stato preso proprio dalla scuola. Il motivo per cui la scuola, molto più degli altri apparati è molto più efficiente dipende principalmente da due aspetti: il primo è che interviene sull’ individuo già da quando è bambino, un individuo fragile e poi perché ha a disposizione i bambini e i ragazzi per molte ore al giorno e per molto mesi all’ anno. Alla fine degli anni 70 si è incominciato a parlare di una nuova teoria, quella della resistenza. Con questo termine si indica la resistenza dei dominati al processo di inoculamento dell’ideologia dominante. Willis nella sua ricerca condotta su ragazzi di famiglia operaia, rileva una serie di atteggiamenti e comportamenti messi in atto da tali ragazzi adolescenti caratterizzati da violenza, aggressività, disobbedienza, insolenza, vandalismo. Loro non sono vittime dell’insuccesso scolastico, ma lo ricercano come a dimostrazione di aver compreso le vere finalità del sistema scolastico e l’impossibilità della classe operaia accettare i valori della cultura borghese. SCUOLA E AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE CAPITOLO 3 La scuola non avendo più il monopolio della socializzazione deve essere in grado di dialogare in accordo con le altre agenzie di socializzazione, in particolar modo la famiglia (agenzia primaria), mass media e gruppo dei pari (agenzie secondarie). Scuola e Famiglia: secondo uno studio fatto negli Stati Uniti abbiamo tre diversi modelli famigliari caratterizzati da tre diverse relazioni fra i membri, che influenzerebbero il comportamento dei ragazzi. Il primo è lo stile repressivo ed è quello in cui il genitore educa il figlio attraverso un educazione rigida e assoluta. La comunicazione fra i membri è molto ridotta e unidirezionale: sono i genitori a rivolgersi ai figli. Questo modello famigliare comporterebbe ad un’assenza di autonomia e indipendenza, scarsa fiducia in se stessi e passività. Lo stile permissivo è caratterizzato da genitori che lasciano molto più liberi i figli e hanno l’idea che qualsiasi cosa sia da loro fatta sia quella giusta da fare. Ciò comporta nel bambini atteggiamenti arroganti e violenti sia verso i compagni che verso gli insegnanti. Infine abbiamo lo stile autoritario o democratico, dove tutti i membri hanno gli stessi diritti. Qui l'autonomia del bambino la fiducia in se stessi e l essere attivo è ben sviluppata. In Italia mancano ricerche di questo fenomeno, ma dalla cronaca possiamo dedurre una tendenza delle famiglie italiana caratterizzate dallo stile permissivo, con un ulteriore sfumature: quella che ad essere in torto sono sempre gli altri. Secondo invece delle ricerche ginevrine condotte sulle famiglie, ci sarebbero delle differenze a seconda della classe sociale: le famiglie più agiate danno molta importanza all’ autonomia a differenza di quelle più povere che invece improntano un educazione famigliare sulle regole. Le ricerche hanno delineato tre stili educativi: il primo è quello disciplinare, in cui i ruoli di padre e madre sono ben definiti e c’è una distanza affettiva fa genitori e figli; il secondo stile è quello maternalista, molto simili alla precedente con la differenza che qui i ruoli di madre e padre sono più vicini; l’ultimo stile è quello contrattualista caratterizzata da una grande importanza che i genitori attribuiscono all’ autocontrollo e all’ autonomia. Non si parla di obblighi ma di una tendenza allo stimolo e all’ incitamento. Per quanto riguarda il rapporto fra scuola e famiglia, sembra che quest’ ultima negli ultimi anni segua molto di più i propri figli nel loro percorso scolastico, in particolar modo la madre che per seguire i figli nello studio ha ridotto il numero della prole e le ore lavorative. Il padre rispetto alla madre partecipa di meno se non in casi difficili o se ha l’istruzione necessaria. Questa partecipazione dei genitori alla vista scolastica dei figli risulta essere molto positiva anche sull’ andamento scolastico dei figli stessi, anche se ancora non del tutto positivi sono i rapporti fra genitori ed insegnanti. Infatti quest’ ultimi tendono ad evidenziare continuamente due atteggiamenti negativi dei genitori: di essere una presenza troppo eccessiva e che spesso mettono in discussione il ruolo e le capacità degli insegnanti. Efficace sarebbe da parte dei genitori una partecipazione attiva ma che non sia invadente. Scuola e gruppo dei pari: Il gruppo dei pari è una agenzia di socializzazione molto importante perché, soprattutto nel periodo adolescenziale, soddisfa nel ragazzo dei bisogni che non riesce in famiglia. Famiglia e gruppo dei pari si differenziano fra loro per un serie di motivi: il gruppo dei pari è una struttura ugualitaria, è formato da un gruppo di coetanei con lo stesso livello di sviluppo; la partecipazione è volontaria, il ragazzo sceglie quali amici avere intorno e di quale gruppo fare parte; soddisfa il desiderio di non essere sotto il controllo degli adulti. L’ adolescenza infatti sappiamo essere una fase dello sviluppo molto particolare, in cui il ragazzo si sente ben lontano da ciò che era (un bambino) ma non ancora appartenente al mondo degli adulti e trovano nei loro coetanei i loro stessi bisogni e le loro stesse caratteristiche. È il periodo dei grandi cambiamenti, sia un piano psicologico che fisico. Molti genitori sono preoccupati dei rischi che si possono ricavare, come il fatto di scegliere particolari forme di divertimento (violente e aggressive). In realtà sono molti gli autori che ritengono che il gruppo dei pari sia importantissimo per un adolescente, sia nelle attività extra scolastiche ma anche quelle all’ interno delle mura della classe. Ne è un esempio il Cooperative Learning: i ragazzi collaborano in un lavoro da svolgere insieme. La scuola in questo modo diventa ancora più interessante. Alcuni studi sulle subculture anglosassoni hanno rilevato tre subculture giovanili: quella del divertimento, quella accademica e quella deviante. La prima è tipicamente maschile e consiste in una serie di attività extrascolastiche che richiedono movimento e divertimento, come il fare sport e attività extracurricolari. La seconda invece è tipicamente femminile: le ragazze passano molto più tempo nella loro camera, a leggere libri e romanzi, ascoltare musica, scrivere lettere o diari segreti, da sole o con la loro migliore amica. Infatti rispetto ai maschi che fanno parte di gruppi sociali molto ampi, le femmine partecipano a gruppi molto più ristretti, costituiti da pochi membri. L’ ultima subcultura è quella deviante che è fra tutte quella che più ostacola l’apprendimento (Anche quella ludica del divertimento, anche se in maniera minore, mentre quella accademica sembrerebbe favorirlo). C’è un'altra differenza fra il gruppo dei pari costituito da ragazze da quello dei ragazzi, quest’ ultimo sarebbe infatti caratterizzato dal conformismo, tanto che un individuo può essere facilmente isolato. Isolamento che può dipendere anche dall’ esperienza scolastica: un ragazzo di un liceo professionale può essere allontanato dagli altri perché studia troppo, o uno del liceo isolato perché studia meno. Scuola e mezzi di comunicazione di massa: Riguardo a tale argomento abbiamo due schieramenti contrapposti: da un lato abbiamo gli apocalittici, che vedono le forme di comunicazione di massa, come ad esempio la televisione, come un male che provoca altrettanto male nei ragazzi, problemi sia psicologici (alienazione, violenza, consumismo) che fisici (problemi di vista). Dall’ altra parte ci sono gli integrati i quali vedono questi strumenti come un’opportunità di democrazia del sapere e della cultura. I mass media possono essere nocivi solo se vengono usati in modo errato, ma usati nel giusto modo possono benissimo favorire anche l’apprendimento. La scuola non dovrebbe sottovalutare questo aspetto, tanto meno il fatto che il bambino è esposto ad una educazione televisiva di massa ancora prima che inizi la scuola e anche durante il percorso scolastico, i ragazzi passano più ore davanti alla televisione che a scuola (se consideriamo anche i sabati e domenica e i periodi di festa in cui non si va a scuola). La scuola continua invece a sostenere che la televisione sia un fattore determinate nell’ insuccesso scolastico; in realtà non è così, infatti non c’è nessuna ricerca che confermi questo in maniera oggettiva. Nella nostra epoca contemporanea, la scuola non solo dovrebbe allargare le sue vedute riguardo alla televisione, ma anche ai nuovi mass media, come ad esempio il computer. Per la scuola più della televisione questo risulta essere un argomento tabu, quando invece può essere un ottimo strumento didattico di sostegno per alcuni alunni (dsa). Molte ricerche sono state condotto sul modo in cui gli studenti utilizzano il computer per la scuola. È emerso che prendendo come analisi l’indirizzo scolastico, ad utilizzare maggiormente il computer sono gli studenti dei licei classici e scientifici, rispetto ai magistrali e professionali. Per quanto riguarda i magistrali la ragione va trovata nelle differenze di genere: infatti le ragazze in generale utilizzano il computer molto meno dei ragazzi e il liceo magistrale è per la maggioranza frequentato da ragazze. lacune proprie, ma lo si può fare solo se prima si analizzano i propri limiti e si impara a gestirli. In base alle proprie capacità si fissano gli obiettivi e le modalità di apprendimento. Per quanto riguarda, invece, la teoria della differenza culturale, la riuscita scolastica si faceva risalire alle diverse modalità di linguaggio utilizzate dalle diverse classi sociali. Infatti ogni classe sociale, secondo Bernstein, si esprime con un proprio linguaggio, che può essere pubblico (caratterizzato da frasi corte e grammaticalmente semplici, utilizzate dalle classi operaie) o formale (con frasi grammaticali e parole più elaborate accompagnato da un linguaggio astratto). L’ autore non le differenzia in modo da proporre una gerarchia fra i due linguaggi ma che il secondo, quello formale ed elaborato sia più utile in determinate occasioni, fra cui quelle scolastiche. Da non sottovalutare sono però le cause interne alla scuola. Prima fra tutti abbiamo l’effetto pigmalione, ossia una vera e propria profezia che si realizza. Infatti, molte ricerche hanno dimostrato, che la riuscita scolastica è molto legata alle aspettative degli insegnanti, per cui se un insegnante pensa che uno studente abbiamo ottime possibilità di riuscita, lo studente le avrà e viceversa. È per questo che molti insegnanti devono stare molto attenti a tale fenomeno durante il loro operato, per prevenire gli effetti indesiderati. Insieme all’ effetto pigmalione, abbiamo anche l’effetto scuola, ossia la riuscita scolastica dipenderebbe dall’ efficacia della scuola, facendo emergere quei fattori che secondo gli studiosi determinerebbero tale riuscita: direzione forte, leadership capace di sollecitare l’impegno di tutti, attese elevate verso la riuscita degli studenti, clima ordinato senza essere rigido… Differenze etniche è un’idea che inizia a diffondersi intorno agli anni ottanta con l’entrata dei studenti stranieri nella scuola, arrivando a pensare che questo sia un fattore più determinante nella riuscita scolastica rispetto a quello culturale. A contare non è tanto l’intelligenza che è distribuita in maniera equa in tutte le etnie, ma da un atteggiamento diverso nei confronti dell’istruzione, inteso come mobilità sociale. Un aspetto importante è la volontà dell’atto migratorio, infatti ci sono molte culture che nei secoli hanno subito forti discriminazioni nel paese ospitante e le nuove generazioni presentano un forte rifiuto verso il processo educativo (ne è un esempio quello degli studenti afroamericani negli Stati Uniti). Alcune indagini condotte mettendo a confronto la riuscita scolastica degli stranieri e degli autoctoni, ha evidenziato, in particolare in Germani e in Italia, tre chiavi di lettura molto importanti: come prima cosa il fatto che gli studenti stranieri prediligono scuole meno prestigiose o verso un’ uscita precoce della scuola; gli studenti straniera a parità di condizione sociale con quelli autoctoni hanno risultati nettamente positivi; e per ultimo le famiglie straniere hanno aspirazioni educative molto forti. Un altro elemento da non sottovalutare è il fatto che fra gli studenti delle scuole medie italiane è emerso che, in particolar modo le ragazze, si trovano molto bene con gli insegnati e da ciò si deduce che la scuola media italiana sia piuttosto accoglienti nei confronti degli immigrati. Possiamo quindi dedurre che la differenza etnica non sia una possibile causa all’ insuccesso scolastico, mentre è assai evidente l’appartenenza sociale e il livello di istruzione dei genitori. Differenze di genere Da una ricerca condotta dall’ Ocse, gli studenti con il grado più alto di istruzione è maggiormente femminile (Anche se ci sono ancora paesi in cui la scolarizzazione femminile è ancora poco diffusa come Turchia, Giappone, Cina). Alcune ricerche hanno evidenziato delle differenze scolastiche fra maschi e femmine, come ad esempio il fatto che le ragazze portino risultati migliori nelle materie letterarie, sociali, mediche e nelle scienze della formazione, mentre i ragazzi sono migliori nelle materie scientifiche e tecniche. Questa migliore riuscita potrebbe essere dipesa dal fatto che le ragazze dedicano molto del loro tempo allo studio rispetto agli alunni di sesso maschile. Le indagini PISA ci forniscono ulteriori informazioni: le ragazze presentano migliori risultati nella comprensione del testo scritto, i ragazzi nella cultura matematica, mentre emergono risultati paritari per quanto riguarda la cultura scientifica. Anche in Italia emergono questi dati dalle ricerche, ma anche se la scolarizzazione femminile sia nettamente aumentata superando quella maschile, le ragazze incontrano ancora molta difficoltà nel mercato del lavoro privato, e questo è uno dei motivi che ha portato le studentesse ad allungare la loro istruzione, disponendo così di qualifiche maggiori per maggiori possibilità lavorative. La spiegazione di questo sorpasso delle ragazze è da leggere nell’ ottica della terza rivoluzione educativa, con la scuola aperta a tutti i bambino dai sei ai diciotto anni. Infatti, per le ragazze, andare a scuola ed essere istruite significava per loro avere una qualifica che le facesse attingere al mondo del lavoro e avere una vita più appagante di quella materna. In tal senso è molto interessante una ricerca sociologica francese la quale afferma che oggi le ragazze siano molto più libere di scegliere il percorso che più le soddisfi e le interessi. Ciò va a smentire la convinzione che la scelta di una ragazza di segnarsi ad ingegneria sia una protesta, una scelta trasgressiva, ma semplicemente una scelta determinata dai propri gusti. Andando a vedere più da vicino la situazione nel nostro paese, questo fenomeno di riuscita scolastica prende il nome di dispersione scolastica, ponendo l’accento sull’ elevato tasso di ripetenze e bocciature. Per comprenderne il perché dobbiamo riscostruire la storia scolastica del nostro paese: negli anni 40 ancora si parlava di una bassa scolarizzazione, con un obbligo scolastico solo per 5 anni di istruzione, bisognerà aspettare gli anni 62 perché, con l’introduzione della scuola media, la scuola diventi per tutti e fornendo maggiore possibilità di studio per gli studenti che non potevano andare a liceo, proseguendo gli studi professionali. Oggi la situazione è cambiata ma il tasso di bocciature e ripetenze è molto elevato soprattutto nella scuola superiore di secondo grado con una notevole differenza fra i licei e le scuole professionali. Si potrebbe pensare che i primi, essendo più difficili, riscontrino maggiori bocciature rispetto alle professionali; in realtà non c’è così, perché tutto dipende principalmente all’ aspetto culturale famigliare, e solitamente nei licei troviamo i figli dei dirigenti, insegnanti... Nelle scuole medie sono molti gli studenti che finiscono la scuola con il giudizio sufficiente, nonostante la metà di essi sia stata definita invece insufficiente. Questi studenti sono quelli che più facilmente subiscono ripetenze e bocciature nelle scuole superiori. Dobbiamo però tenere presente un importate cambiamento degli ultimi anni, quello dell’abolizione dell’esame di riparazione a settembre e l’introduzione del debito formativo. Ciò ha portato al risultato che meno della metà degli studenti passa all’ anno successivo. Tutta questa situazione aveva portato negli anni 80 che i ragazzi erano molto meno attenti al loro percorso scolastico e l’unica cosa che interessava loro era quella di trovare un lavoro stabile e retribuito, per questo molti erano pronti ad interrompere la loro istruzione e lavorare. Purtroppo però tali scelte sembrano essere ideali solo per un periodo corto medio di tempo, perché a lungo andare altro non porta che a disoccupazione e a non avere un base sufficiente per mantenere il loro posto a lavoro. Infatti gli individui che portavano a termine il percorso di studio non solo trovavano facilmente un posto di lavoro ma erano maggiormente retribuiti. La disoccupazione per chi possiede un diploma o una laurea è molto lontana, rispetto a chi possiede solo quello della scuola dell’obbligo. Negli ultimi anni i curricula scolastici sono modificati anche grazie ad una serie di ricerche comparative internazionali che hanno permesso di fornire un quadro generale delle competenze necessarie per la vita sociale e lavorativa adulta. Ne è un esempio l’indagine PISA sui quindicenni dei paesi dell’OCSE sulla loro comprensione dello scritto, della cultura matematica e delle scienze. La situazione italiana è molto contradditori, perché mentre i risultati dei studenti elementari sono molto alti, anche al di sopra della media, le prestazioni dei quindicenni sono molto deludenti, tanto che nelle diverse indagini l’Italia si è trovata agli ultimi posti. Contraddittoria sono anche i risultati interni. Mentre il nord mostra risultati al di sopra della media e il centro risultati discretamente nella media, nel meridione i risultati sono fortemente al di sotto della media tanto da raggiungere alti livelli di dispersione scolastica. Ma la differenza non è solo territoriale, ma anche fra maschi e femmine (le ragazze possiedono competenze maggiori della media) e fra licei e gli istituti (sono i primi che superano i risultati medi internazionali). Un ultimo dato che emerge ed anche fra i più importanti è che le competenze realmente acquisite non sono adeguatamente verificate e ciò evidenzia un’ulteriore falla nel nostro sistema scolastico. Queste ricerche comparative se ben utilizzate possono anche aiutare i paesi che si trovano nelle ultime posizioni per migliorare, Purtroppo ciò non è avvenuto in Italia, perché essendo alle elementari la situazione positiva non si ha questa necessità di modificare, rispetto invece alle scuole superiori dove maggiori sono i problemi, in particolar modo tre: tronco comune nella secondaria inferiore, le ripetenze, troppa possibilità di scelta dell’istituto scolastico. Per quanto riguarda la prima, in Italia con la nascita della scuola media si pensava ad unificare in tal modo la scuola secondaria, ma in realtà non c’è nessuna continuità fra i cicli scolastici, né come quello scandinavo, né come quello anglosassone. Nel 2001 la riforma che prevedeva una scuola di basa di sette anni e biennio nella secondaria superiore, è stata bocciata, ma avrebbe invece permesso ai studenti di scegliere il proprio percorso di studi in base alla loro vocazione e ai loro interessi. Invece in questo modo si continua a scegliere il proprio percorso secondo il proprio modello socioculturale. Per quanto riguarda le ripetenze, sempre dall’ indagine PISA, si evidenzia la loro inutilità perché gli studenti bocciati non recuperano affatto le competenze mancanti, anzi più si ripetono le stesse cose e più lo studente regredisce e ciò dimostra l’urgenza di trovare soluzioni alternative. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, quello legato ad una scelta ampia degli istituti scolastici, in Italia un grande passo in avanti c’è stato con l’abolizione delle classi differenziali e l’inserimento degli studenti con handicap e disabilità nelle classi normali. Purtroppo sono molto i genitori che non credono nell’ efficacia delle classi eterogenee e credono invece che si realizzi l’effetto Robin Hood, per cui gli allievi con capacità minori ruberebbero a quelli che sono dotati la possibilità di apprendere. Ciò che non viene compreso è che nella classe eterogenea il beneficio è di tutti, sia degli alunni con difficoltà che quelli migliori, soprattutto se si utilizza la strategia del tutor, in cui l’alunno con migliori capacità in una materia aiuta il suo compagno che non riesce. GLI INSEGNANTI CAPITOLO 6 La figura del docente è molto particolare perché nasce come un mestiere umano ma è pur sempre un lavoro salariato e di conseguenze nell’ analizzare il suo ruolo e il perché di un alto grado di insoddisfazione, dobbiamo necessariamente tenere conto anche della questione retributiva. Il lavoro del docente si differenzia dagli altri perché l’oggetto verso quale l’attività è diretta non è materiale ma un altro essere umano, per questo tale attività deve essere distinta dalle altre professioni. Ma soprattutto è opportuno parlare di professione? Tale termine è stato utilizzato a partire dagli anni 30 per quelle professioni fondate su abilità specifiche, come il medico e l’avvocato, caratterizzate dallo svolgere un servizio per la comunità, il rispetto di un codice deontologico e un sapere specializzato. I sociologi che hanno delineato questo quadro professionale parlano di semiprofessioni per quanto riguarda il mestiere di insegnante, assistente sociale e infermiera, perché pur avendo le stesse caratteristiche sopra citate, possiedono un’ulteriore caratteristica, quella dei essere prevalentemente femminili e per questo pagate molto meno. Successive definizioni dell’immagine del professionista lo vedono come colui che esercita il proprio servizio in maniera autonoma. Prendendo tale definizione come veritiera, anche in questo caso la figura dell’insegnante sarebbe molto incerta.
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