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Linguaggio e problemi della conoscenza, Sintesi del corso di Linguistica Generale

Riassunto del libro "Linguaggio e problemi della conoscenza"

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/09/2019

alberto_brogi
alberto_brogi 🇮🇹

4.5

(40)

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Scarica Linguaggio e problemi della conoscenza e più Sintesi del corso in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Linguaggio e problemi della conoscenza Introduzione Il testo di basa su una serie di lezioni tenute da Chomsky nel 1986. Per orientamento formale s’intende l’uso non descrittivo di un sistema di simboli astratti e di regole di composizione. In tal senso si può dire che il formalismo della grammatica generativa permette di indicare classi di fatti distinti e di creare teoremi e deduzioni, in quanto il formalismo permette l’elaborazione di nuove nozioni. Il nuovo modello proposto persiste in un nucleo composto da tre elementi: 1. La teoria dei costituenti. Secondo la quale la composizione delle varie classi di parole in costituenti e la composizione di costituenti in frasi precede secondo regole ricorsive uniformi 2. Il movimento sintattico. Spiega il fenomeno per cui la posizione di una parla può non coincidere con la posizione in cui la parola viene interpretata 3. L’esistenza di categorie sintattiche vuote, cioè prive di contenuto fonologico. 1. Un quadro teorico per la discussione Lo studio del linguaggio presenta due aspetti distinti: 1. La tradizione della filosofia occidentale e della psicologia che si occupano della natura degli esseri umani 2. La scienza contemporanea che tenta di affrontare le domande tradizionale alla luce di ciò che conosciamo Lo studio del linguaggio è centrale in entrambi gli ambiti e vi sono diverse ragioni per le quali il linguaggio ha un significato particolare per lo studio della natura umana. Innanzitutto il linguaggio sembra essere una proprietà legata alla specie e di fatto unica. Inoltre il linguaggio entra in modo cruciale nel pensiero e nelle azioni. Infine il linguaggio è accessibile allo studio. Nei periodi precedenti il termine “filosofia” era utilizzato per includere ciò che noi chiamiamo “scienza”. Ne consegue che la grammatica filosofica (o universale) era intesa come una scienza deduttiva riguardante i principi immutabili e generali del linguaggio parlato e scritto. Una persona che parla una lingua sviluppa un certo sistema di conoscenza dotato di una rappresentazione nella mente e quattro sono le domande da affrontare nello studio del linguaggio: 1. Qual è questo sistema di conoscenza 2. In che modo tale sistema, si forma nella mente 3. In che modo si utilizza questo sistema nel parlato 4. Quali sono i meccanismi fisici che fungono da base materiale per questo sistema. La prima domanda costituisce il tema centrale della grammatica filosofica del XVII e XVIII secolo. La seconda domanda è un caso speciale del problema di Platone (come mai gli esseri umani il cui contatto con il mondo è così breve sono in grado di avere una conoscenza così ampia?). Platone propose una risposta al quesito: la conoscenza veniva ricordata sulla base di un’esistenza precedente. Una variante moderna invece assume che certi aspetti della nostra conoscenza sono innati e quindi facenti parte del nostro patrimonio biologico. La terza domanda viene considerata sotto due aspetti: il problema della percezione e il problema della produzione. All’interno di questa domanda vi è poi il problema di come spiegare l’aspetto creativo del linguaggio. Quest’ultimo venne teorizzato da Cartesio il quale constatò che in un discorso non si ripete mai semplicemente ciò che si è udito ma si producono nuove forme linguistiche ed inoltre si adatta alla situazione che lo ha evocato. Per i cartesiani l’aspetto creativo dell’uso del linguaggio fornisce la prova che un altro organismo che assomiglia al nostro possiede una mente come la nostra. Da qui ne deriva una differenza tra una macchina e l’uomo: la prima agisce secondo una configurazione interna, il secondo tende a compiere delle azioni da un incitamento. La quarta domanda non rientra nel dominio della linguistica come le altre ma nel dominio della scienza. In tale ambito nello studio del cervello, quando si parla di mente si parla di un certo grado di astrazione e oggi le ricerche linguistiche-psicologiche aprono il campo per ulteriori ricerche sui meccanismi del cervello. Le domande 1 – 3 sono spesso assimilate pertanto si sostiene che parlare e comprendere un linguaggio consista nell’avere una capacità di tipo pratico, conosce invece vuol dire avere una certa capacità ed una certa abilità. Quindi il linguaggio è un sistema di abitudini che si comporta in un certo modo date certe condizioni. Tuttavia l’idea che la conoscenza coincida con la capacità non può essere legittimata: ad es, due persone che condividono la stessa conoscenza di una lingua possono differire nella loro capacità nell’uso della lingua. Inoltre la capacità può migliorare senza che avvengano cambiamenti nella conoscenza. Allo stesso modo la capacità può essere danneggiata senza che la conoscenza diminuisca. Analizzando le diverse lingue si denotano delle regole del linguaggio. Ad un livello più generale italiano, inglese e spagnolo possono produrre costruzioni causative incassando una frase come complemento di un verbo causativo, a un livello più basso di generalità però l’inglese differisce dall’italiano dal momento che il soggetto della frase incassata rimane nella sua posizione base in inglese mentre diventa un aggiunto in italiano. Tale proprietà viene definita proprietà della frase incassata e l’inglese la interpreta in modo diverso dall’italiano. Considerando questi fatti dal punto di vista di un bambino che impara una lingua è necessario determinare in che modo ciò avvenga. Si tratta di un problema empirico e in linea di principio la fonte di una tale conoscenza o risiede dell’ambiente o nel patrimonio genetico, in particolare nella componente della mente denominata facoltà del linguaggio. Sono tre quindi i fattori da considerare: • I principi geneticamente determinati dalla facoltà del linguaggio • I principi geneticamente determinati dai meccanismi di apprendimento • L’esperienza linguistica del bambino Ipotizzando, è plausibile che la possibilità di formare costruzioni complesse non coinvolga per niente l’apprendimento, come lo richiede invece la necessità di anteporre “a” davanti agli oggetti inanimati in spagnolo, ma tale possibilità appare disponibile come principio della facoltà del linguaggio. Per quanto riguarda il problema di Platone, si risolve grazie ad alcune proprietà della mente e di certe caratteristiche dell’ambiente linguistico. Dalla loro interazione viene generato un sistema di conoscenza che viene rappresentato nella mente come uno stato maturo della facoltà del linguaggio. La grammaticalità o l’agrammaticalità delle frasi in italiano ad esempio viene riconosciuta grazie al sistema di conoscenza che si è sviluppato nella mente e non dall’analogia in quanto il riconoscimento di tali fenomeni avviene anche per frasi mai sentite prima d’ora. Un altro problema visibile è quella della struttura dei suoni. Una persona che ha acquisito la conoscenza di una lingua possiede anche una conoscenza riguardo a fatti che trascendono la sua esperienza ad esempio riconosce quali forme sono possibili parole e quali no. L’acquisizione delle regole della struttura del suono dipende da principi fissi, comuni alle diverse lingue e appartenenti alla facoltà del linguaggio. Ancora una volta ambedue gli esempi sopracitati mettono in luce che alcune caratteristiche come il principio o l’ordine dei sintagmi faccino parte della facoltà del linguaggio, in quanto sono nozioni che non vengono insegnate a un bambino. Ricordando il processo di acquisizione del linguaggio (dati – facoltà del linguaggio – lingua – espressioni strutturate), è possibile delineare un certo programma di ricerca per lo studio del linguaggio. La facoltà del linguaggio è una componente della mente, parte della dotazione biologica dell’uomo. Il compito del linguista è quello di determinare la natura degli elementi nel processo di acquisizione del linguaggio con l’ausilio di prove empiriche. In seguito deve descrivere la lingua che determina i fatti empirici cercando di costruire una grammatica di una lingua particolare. Se la grammatica è sufficientemente esplicita verrà definita grammatica generativa e predita una serie illimitata di espressioni strutturate. Il compito seguente del linguista è quello di spiegare perché i fatti sono come sono e ciò lo conduce alla ricerca della facoltà del linguaggio e una teoria della facoltà del linguaggio è ciò che viene definito grammatica universale. Quest’ultima mira alla formulazione dei principi che entrano nel funzionamento della facoltà del linguaggio. Nello specifico la grammatica di una lingua particolare rende conto dello stato della facoltà del linguaggio successivo all’incontro con l’esperienza, la grammatica universale rende conto dello stato iniziale della facoltà del linguaggio precedente all’esperienza. I principi della grammatica universale non conoscono eccezioni perché costituiscono la facoltà stessa del linguaggio e sono dotati di parametri che possono essere fissati sulla base dell’esperienza in un modo o nell’altro. Si può pensare alla facoltà del linguaggio come ad una rete intricata associata a un dispositivo di interruttori in grado di assumere uno stato fra due possibili. Ogni diversa configurazione degli interruttori determina una lingua in particolare. 3. Principi della struttura del linguaggio I livelli di ricerca del linguaggio sono: 1. Livello descrittivo: tenta di mostrare le proprietà di una singola lingua 2. Livello esplicativo: si concentra sulla natura della facoltà del linguaggio, i suoi principi e i suoi parametri di variazione La grammatica universale permette l’esistenza di alcune categorie lessicali: verbi (V(ì), nomi (N), aggettivi (A), adposizioni (P). Per ciascuna di esse la grammatica universale fornisce delle proiezioni di cui la categoria costituisce la testa: sintagma verbale (SV), sintagma nominale (SN), sintagma aggettivale (SA), sintagma adposizionale (SA). In italiano la testa precede il suo complemento e la struttura del sintagma può essere espressa come: SX=X-SY, principio che appartiene alla grammatica universale. E specifica le proprietà generali dei sintagmi in lingua umana. L’ordine della testa e del complemento è uno dei parametri della grammatica universale e il valore del parametro può essere appreso da frasi brevi e semplici. Alcune lingue mostrano l’ordine VSO che sembra violare il principio sovraesposto, di fatto però esistono dati empirici che mostrano che in tali lingue la struttura di base della frase è SN-SV e che il verbo si muova all’inizio della frase. La regola che muove l’elemento principale all’inizio della frase è un’opzione ammessa dalla grammatica universale. Si noti inoltre che alcune delle opzioni rese disponibili dalla grammatica universale possono non essere utilizzate da una lingua. Ad esempio la distinzione fra caro e carro in italiano non è riconosciuta in inglese e u parlante inglese può avere difficoltà nel riconoscere la diversità. I principi come quello dell’ordine dei sintagmi facilitano il compito di acquisire il linguaggio e facilitano anche il compito di percepire e comprendere ciò che si sente. I principi della grammatica universale sono parte della struttura fissa della mente e si può assumere che operino simultaneamente. Per quando concerne il sistema pronominale la grammatica universale fornisce molte possibilità di variazione. In italiano: [1] Gianni si rade Possiede una struttura astratta soggiacente del tipo [2] Gianni [rade si] Ma dal momento che “si” viene visto come un clitico deve spostarsi in posizione preverbale. Principio generale della grammatica universale è il principio di proiezione che richiede che le proprietà lessicali di ogni elemento siano conservate a ogni livello di rappresentazione. Nell’esempio sovraespsoto il principio di proiezione implica che le proprietà di “radere” siano rispettate, pertanto essendo un verbo transitivo necessita di un oggetto e pertanto anche [1] deve avere un oggetto. La grammatica universale include che quando un elemento si muove viene lasciata una traccia ossia una categoria vuota che non ha alcun tratto fonetico che viene legato all’elemento mosso: [3] Gianni si [rade t] Niente di tutto ciò deve essere appreso perché sono proprietà della grammatica universale. Ulteriore esempio è dato dalla frase [4] Gianni fece [radersi i ragazzi] [5] Gianni fece [i ragazzi [radere si]] – Struttura soggiacente Il clitico “si” deve essere legato e deve avere un antecedente che determini la sua referenza, è di fatto un’anafora e viene definita con concetto di dominio (il dominio di un sintagma è il più piccolo sintagma che lo contiene). L’anafora viene definita dal seguente principio: un’anafora deve essere legata entro il dominio minimo del soggetto. In questo caso [4] “si” si deve riferire ai ragazzi e non a Gianni. Il principio dei pronomi dice invece un pronome deve essere libero nel dominio minimo di un soggetto. Prendendo ora in considerazione: [6] Chi fece radersi Gianni? “sì” non viene legato dal soggetto più vicino ma da quello più lontano “chi”. Il principio della teoria del legamento impone che “si” sia legato nel dominio minimo del soggetto. In questo caso “si” viene legato a “radere” perché il verbo ha un soggetto in relazione a “chi” e non a “Gianni”. Di fatti [7] chi fece [radersi t] Gianni? In questo caso la traccia c’è il soggetto della frase, pertanto “si” deve essere lato entro il dominio di t e il principio è rispettato. In questo caso “chi” non è un’espressione referenziale ma un operatore che lega delle variabili che funzionano come espressioni referenziali. La traccia di un operatore come “chi” funzione da variabile ed è quindi da ritenersi un’espressione referenziale. L’esistenza di categorie vuote è di fatto molto interessante. Il bambino che apprende la lingua non possiede prove empiriche dirette riguardo ad esse perché non vengono pronunciate. Ma la facoltà del linguaggio incorpora la conoscenza delle loro proprietà. La mente colloca queste categorie al loro posto facendo uso del principio di proiezione e determina le loro proprietà facendo uso dei principi della grammatica universale. La conosce delle proprietà delle categorie vuote costituisce parte dello schema con il quale la mente umana contribuisce al problema dell’acquisizione del linguaggio. 4. Principi della struttura del linguaggio II La mente fa uso di principi generali della grammatica universale e di certi valori dei parametri e di significati per le parole particolari. La computazione attuata è di fatto istantanea e inconscia. Inoltre l’uso reale del linguaggio implica elementi della mente che vanno al di là della facoltà del linguaggio. Quando i parlanti non hanno un’idea chiara di ciò che significhi una certa espressione, riflettono e dopo un certo periodo viene in mente un significato dell’espressione. [1] [colui il quale Maria ci vuole vedere esaminare] sta aspettando Nell’analisi di una frase tipo [1] il primo compito è quello di identificare le parole e assegnare a loro le categorie. In seguito la mente utilizza i principi della struttura sintagmatica per determinare la struttura generale dell’espressione. [2] colui il quale [Maria ci vuole vedere esaminare] Si può dire che l’antecedente e la traccia costituiscano una catena, una rappresentazione astratta di un’espressione referenziale. Per essere propriamente ben formata, una catena deve contenere un’unica posizione che sia marcata dal caso e un’unica posizione che riceva un ruolo semantico: la sua posizione iniziale e finale. Ne consegue che un sintagma non può mai muoversi in una posizione cui sia stato assegnato un ruolo semantico, altrimenti la catena che ne risulta avrebbe due posizione di questo tipo. Questi requisiti limitano la possibilità di movimento o alla posizione esterna alla frase, come nel caso di un operatore, oppure alla posizione di soggetto di un verbo che non assegna alcun ruolo semantico al suo oggetto. Un aggettivo deve essere sufficientemente vicino al nome che esso modifica. Quando questo non viene espresso deve trattarsi di una categoria vuota che compare o come soggetto della frase di modo finito pro o come soggetto di una frase di modo infinito PRO. [20] loro giurarono che pro avrebbero pubblicato l’articolo felici [21] loro giurarono di [PRO pubblicare l’articolo felici] In [20] pro è semplicemente un pronome che non vinee pronunciato, in [21] PRO è differente, in quanto non può avere referenza libera: o è legato come in [21] dove si riferisce a “loro” o si riferisce a qualcosa di non specificato (“viaggiare in treno è cosa piacevole”) Nella sua funzione semantica PRO è in parte simile ai pronomi e in parte alle anafore (i riflessivi). Come riflessivo, è necessariamente legato a un suo antecedente se disponibile, come pronome invece può essere libero. PRO differisce anche per il fatto che non richiede caso e può apparire come soggetto di una frase di modo infinito. Le differenze fra pro e PRO implicano diverse conseguenze. Considerando [23] [che piova] è un fatto piacevole – pro piova [24] [piovere] è un fatto piacevole – PRO piovere La prima frase è accettata la seconda no. Di fatti nella solo forma astratta PRO non può ricevere alcuna interpretazione. Non ha antecedenti e non può riferirsi ad alcuna persona non specificata. La differenza fra i due può essere vista anche in frasi con verbi come promettere che prendono un soggetto, un oggetto diretto e una frase come complemento: [25] Maria promise a Gianni che avrebbe parlato coi ragazzi [26] Maria promise a Gianni [di parlare con i ragazzi] In [25] il soggetto del verbo può essere sia Maria che Gianni questo perché la rappresentazione mentale del soggetto è pro, la [26] ha invece una sola interpretazione, il soggetto è Maria e nella rappresentazione mentale è PRO. In conclusione, il sistema cognitivo fornisce una conoscenza specifica e precisa di molti fatti intricati. Sembra che la mente elabori precise operazioni computazionali utilizzando rappresentazioni mentali di una forma specifica per arrivare a conclusioni specifiche complesse senza riflessione a livello cosciente. I principi che determinano la natura delle rappresentazioni mentali costituiscono una porzione centrale della nostra natura biologicamente determinata e costituiscono la facoltà del linguaggio della specie umana. 5. Uno sguardo al futuro: prospettive per lo studio della mente Quattro sono i quesiti centrali all’interno dello studio del linguaggio: 1. Cosa conosciamo quando siamo in grado di parlare una lingua? 2. Come si acquisisce tale conoscenza 3. Come viene utilizzata questa conoscenza 4. Quali sono i meccanismi fisici coinvolti nella rappresentazione e nell’uso di questa conoscenza Il compito di rispondere al quesito 1 è puramente descrittivo: si tenta pertanto di costruire una grammatica di una lingua particolare che descriva il modo in cui la lingua assegna delle rappresentazioni mentali a ciascuna espressione linguistica. In seguito si tenta di costruire una teoria della grammatica universale, una teoria di principi stabiliti che costituiscono la facoltà del linguaggio umano ed i parametri associati. Da qui si possono quindi dedurre le lingue particolari fissando i parametri in un modo. Il quesito 2 è un caso particolare del problema di Platone che sorge in relazione allo studio del linguaggio. L’apprendimento di una lingua è il processo di determinazione dei valori dei parametri lasciati aperti dalla grammatica universale. Chi apprende una lingua deve scoprire gli elementi lessicali della lingua e le loro proprietà. Pertanto l’apprendimento di una lingua è qualcosa che capita al bambino e l’ambiente determina il modo in cui i parametri della GU assumono una certa configurazione. Il quesito 3 ha due aspetti da considerare: l’aspetto inerente alla percezione e quello inerente alla produzione. Si vuole quindi capire come chi ha acquisito il linguaggio utilizzi la propria conoscenza per comprendere ciò che ha udito e per esprimere dei pensieri. Il problema della produzione viene definito problema di Cartesio è posto dall’aspetto creativo dell’uso del linguaggio. Perché una persona comprenda un’espressione la mente deve comprendere la forma fonetica e le sue parole e quindi utilizzare i principi della GU. La soluzione al quesito 4 è compiuta invece della ricerca del futuro e parte del problema è rappresentato dall’impossibilità di effettuare esperimenti sugli umani. Nel caso di altri sistemi della mente, come il sistema visivo, gli studi sperimentali su altri organismi forniscono informazioni importanti perché i sistemi visivi sembrano simili fra le specie. Le risposte che oggi diamo ai quattro quesiti sono diverse da quelle date nel passato. In passato il linguaggio veniva considerato come un insieme di abitudini, un sistema di disposizioni al comportamento acquisite tramite allenamenti e condizionamenti, dove ogni aspetto innovativo era il risultato di un’analogia. Inoltre né il problema di Platone, né quello di Cartesio venivano riconosciuti. Tornando al problema di Cartesio, il problema di come il linguaggio viene usato nel modo creativo. È importante sottolineare che con creativo non si intende estetico bensì l’uso del linguaggio nella vita di tutti i giorni. Questo tema è sorto in relazione al contesto del problema della relazione mente-corpo. Cartesio sviluppò una teoria meccanica dell’universo, convinto che tutto ciò che avviene nell’universo possa essere spiegato in termini di meccanica. Tuttavia non tutta l’esperienza umana poté essere inclusa in questo sistema, l’eccezione riguardava l’uso creativo del linguaggio. A seguito di diversi esperimenti si è arrivata alla conclusione che se un individuo mostra l’aspetto creativo dell’uso del linguaggio allora possiede una mente come la nostra. In generale una macchina viene costretta ad agire in una certa maniera, un essere umano invece è solo incitato e disposto a comportarsi in un modo. Per rendere conto dei fatti che sorpassano le spiegazioni meccaniche, è necessario quindi trovare un altro principio definito principio creativo. Secondo i cartesiani, tale principio appartiene alla mente, una seconda sostanza separata dal corpo e non soggetta a spiegazione meccanica. A seguito di Cartesio div ersi sono stati i lavori per ampliare il concetto di mente a partire da Kant o dalla psicologia della Gestalt. Una particolare linea di sviluppo era la grammatica generale e filosofica del XVII secolo influenzata dalla concezione cartesiana. Questa cercò di mettere a nudo i principi generali del linguaggio che non erano distinti dai principi generali del pensiero, ma tali osservazioni furono svalutate e abbandonate. La concezione cartesiana del corpo e della mente entrò anche nel pensiero sociale, soprattutto nelle idee libertarie di Rousseau. Il concetto cartesiano di una seconda sostanza fu però abbandonato negli anni a seguire anche se fu confutato solo il concetto di corpo dal lavoro di Newton. Questo mostrò che i moti dei corpi celesti non potevano essere spiegati dai principi della meccanica, abbandonando così la concezione cartesiani di corpo. Alla fine di ciò comunque non vi fu un vero concetto di corpo, vi è però un mondo materiale le proprietà del quale vanno scoperte. Pertanto in assenza di un concetto di corpo, il problema della mente e del corpo non può nemmeno essere formulato e non si può proporre anche il problema di altri menti. È comunque doveroso continuare a usare una terminologia mentalistica nello studio delle proprietà del mondo materiale. 6. Nuovi orizzonti nello studio del linguaggio Lo studio del linguaggio è uno dei più antichi filoni di ricerca sistematica, ma le linee di ricerca principali di oggi furono elaborate solo nella metà del 900. La facoltà del linguaggio umana sembra essere una vera proprietà della specie che varia in misura minima tra gli esseri umani per cui l’abilità di usare segni linguistici per esprimere pensieri formati liberamente segna la vera distinzione tra l’uomo e l’animale. La facoltà del linguaggio è responsabile del fatto che gli esseri umani siano gli unici nel mondo biologico ad avere una storia e una diversità culturale. Il linguaggio umano è basato su una proprietà isolata dal punto di vista biologico: l’infinità discreta. I bambini non imparano questa facoltà, la quale afferma che è sempre possibile costruire una frase più complessa con una forma e un significato definito. È ragionevole considerare la facoltà del linguaggio come un organo di linguaggio, come un sottosistema di una struttura più complessa. Inoltre, come ogni altro organo si può assumere che il linguaggio sia un’espressione di geni. È chiaro comunque che ogni lingua sia il risultato dell’interazione di due fattori: lo stato inziale e il corso dell’esperienza. Si può pensare allo stato iniziale come a un dispositivo di acquisizione del linguaggio che prende l’esperienza come input e dà la lingua come output. Inoltre vi è un motivo per ritenere che lo stato iniziale sia condiviso fra gli esseri umani: se i miei figli fossero giapponesi imporrebbero a parlare il giapponese. In questo modo è possibile imporre delle condizioni empiriche che la teoria dello stato iniziale deve soddisfare e impostare una serie di problemi per la biologia del linguaggio. L’approccio delineato da Chomsky ha quindi come oggetto la facoltà del linguaggio: il suo stato iniziale e gli stati che assume. Tale teoria, viene a definirsi grammatica generativa. La GG è nata nel contesto della rivoluzione cognitiva degli anni 50 con la quale avvenne un importante cambiamento si passò dallo studio del comportamento dei suoi prodotti allo studio dei meccanismi interni coinvolti nel pensiero e nell’azione, considerando di fatto il comportamento come dati che posso fornire indizi sui meccanismi interni la mente. L’approccio in questo senso è mentalistico e p interessato agli aspetti mentali del mondo. Il suo scopo è di studiare un oggetto reale del mondo, il cervello. La rivoluzione cognitiva ha di fatto rinnovato le perplessità della prima rivoluzione cognitiva del Settecento. All’epoca venne riconosciuto che il linguaggio presupponeva l’uso infinito di mezzi finiti. I primi tentativi di mettere in pratica il programma della GG rivelarono che le proprietà più elementari erano passate inosservate. Lo studio dell’acquisizione del linguaggio rivelò rapidamente che il bambino sa molto più di quanto l’esperienza non gli possa aver fornito. Quando il bambino supera lo stadio delle parole semplici, la conclusione diventa più netta. E tale acquisizione somiglia alla crescita di un organo. Studiando le lingue si capì quindi che la loro diversità e la loro complesssità erano state sottovalutate. Queste conclusioni delimitano la questione chiave dello studio del linguaggio: come mostrare che le lingue sono variazioni di un unico tema. Un’autentica teoria del linguaggio umano deve in questo senso soddisfare un’adeguatezza descrittiva e un’adeguatezza esplicativa. La grammatica di una lingua particolare soddisfa la prima, mentre per la seconda una teoria del linguaggio deve mostrare come ogni lingua possa derivare da uno stato inziale nelle condizioni dell’esperienza. L’adeguatezza descrittiva conduce verso regole sempre più complesse, mentre l’adeguatezza esplicativa richiede che la struttura del linguaggio sia invariabile. Il modo di risolvere tale contrasto è di mettere in discussione l’ipotesi tradizionale secondo la quale una lingua è un sistema complesso di regole. Il fulcro era quindi di individuare delle proprietà generali dei sistemi di regole che potessero essere attribuite alla facoltà del linguaggio. Questo approccio, detto principi e parametri rifiutò il concetto di regola e costruzione grammaticale. Da qui si può pensare allo stato iniziale del linguaggio come a un circuito collegato a un blocco di interruttori. Una diversa configurazione degli interruttori determini una diversa lingua. All’interno di questo programma lo scopo è scoprire e chiarire i principi, i parametri e la maniera in cui interagiscono. La facoltà del linguaggio è immessa nell’architettura della mente. Interagisce con altri sistemi che impongono delle condizioni che il linguaggio deve soddisfare: le condizioni di leggibilità. Con queste si intende che gli altri sistemi devono poter leggere le espressioni del linguaggio e di usarle come istruzioni per il pensiero e l’azione. È quindi legittimo chiedersi se il linguaggio sia una buona soluzione alle condizioni di leggibilità. Il programma minimalista è un tentativo di esplorare tali questioni. Impone che si sottopongano le ipotesi convenzionali a una attenta ricerca. Questo si traduce nell’ipotesi che la facoltà del linguaggio coinvolga altri sistemi della mente a due livelli di interfaccia: una, espressione, contiene una rappresentazione fonetica, l’altra una rappresentazione semitica. Il tentativo è di dimostrare che le uniche operazioni computazionali ammesse siano quelle che sono forzate dalle ipotesi minimi che si debbono fare sulle proprietà delle interfacce. (Una è che esistano unità come le parole, un’altra che queste siano organizzate in sistemi più ampi, la terza è che questi elementi abbiano proprietà di suoni e significati). Esistono quindi tre tipi di elementi nel linguaggio: 1. Tratti. Proprietà di suono e significato 2. Elementi lessicali. Elementi composte dai tratti 3. Espressioni anatomiche. Espressioni complesse. Il sistema computazionale genera quindi due operazioni: una mette insieme i tratti e compone unità lessicali, l’altra forma oggetti sintattici più ampi. Inoltre viene ad essere dimostrato che il linguaggio sia imperfetto. Le lingue differiscono fra loro sia nella scelta dei suoni che nell’associazione fra suono e significato. Inoltre differiscono nei sistemi flessivi: nel sistema del caso. Le condizioni di leggibilità impongono una divisione tripartita dei tratti assemblati in elementi lessicali: • Tratti semantici (interfaccia semantica) • Tratti fonetici (interfaccia fonetica) • Tratti non interpretabili (caso strutturale, nominativo e accusativo) Una seconda imperfezione è quella definita proprietà di dislocamento dove i sintagmi vengono interpretati come se si trovassero in una posizione diversa dall’espressione. Due le imperfezioni: i tratti non interpretabili e la proprietà di dislocamento, proprietà specifiche del linguaggio umano. Proprietà imposte dalle condizioni di leggibilità. Si è assunto inoltre che le operazioni computazionali possibili fossero di due tipi: • Regole di struttura sintagmatica: formano oggetti sintattici più ampi a partire da elementi lessicali • Regole trasformazionali: esprimono le proprietà di dislocamento. Regole che differiscono per varietà e complessità. Il programma mirava a dimostrare che tale complessità sia solo apparente. Secondo il programma, una soluzione perfetta per la varietà delle regole sintagmatiche era quelle di eliminarle tutte a favore dell’operazione di Fusione. La procedura computazionale ottimale consiste nella Fusione (Merge) e nelle operazioni in grado di esprimere le proprietà di dislocamento. Il secondo progetto mirava a condurre il componente trasformazionale alla forma più semplice possibile. Il risultato fu la tesi che esiste un’unica operazione di Movimento (Move). La prima operazione prende due oggetti distinti e li unisce, la seconda prende un oggetto e un altro che fa parte di esso e gli unisce. Il passo successivo della ricerca fu quello di dimostrare che sono i tratti non interpretabili a implementare le proprietà di dislocamento in modo da ridurre a una le imperfezioni del sistema computazionale. L’idea di base è che tali tratti debbano essere cancellati per soddisfare la condizione di interfaccia e che tale cancellazione richieda una relazione locale tra il tratto incriminato e un tratto corrispondente in grado di cancellarlo. Chomsky conclude ponendo l’attenzione sul disaccordo generale sul significato. Gli studi empirici tentano di individuare le proprietà semantiche di una parola come “libro” e ci si può chiedere se tali proprietà siano proprie della parola o del conetto che essa veicola. Le parole sono interpretate in termini di fattori quali costituzione materiale, scopo, uso…E secondo queste proprietà definiti tratti semantici le parole vengono associate alle categorie. Ma una parola come libro può essere considerata sia concretamente che in forma astratta. Pertanto, gli elementi dipendenti nella loro referenza osservano alcune distinzioni ma ne ignorano altri. Queste proprietà possono essere studiate in vario modo: l’acquisizione del linguaggio, la generalità fra le lingue… Un approccio all’interpretazione semantica è stato sviluppato nella filosofia del 700 partendo dal principio di Hume per cui l’identità che attribuiamo alle cose è solo fittizia, stabilita dalla comprensione umana. Ne deriva che le proprietà semantiche delle parole sono usate per pensare e parlare del mondo. La filosofia del linguaggio contemporanea segue un corso differente. Si chiede a cosa si riferisce una parola e da varie risposte. Ma è la domanda stessa a non avere significato in quanto la risposta dipende da come vengono usati i tratti semantici della parola.
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