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Linguistica Generale: riassunto del libro + appunti, Appunti di Linguistica Generale

Riassunto del libro "Linguistica Generale" di F. Casadei, L. Lorenzetti, G. Schirru, A.M. Thornton, G. Basile, con aggiunta di appunti del corso; sono completi di: 1) Le lingue del mondo; 2) Lingua e segni; 3) Fonetica; 4) Fonologia; 5) Morfologia; 6) Lessico; 7) Sintassi; 8) Pragmatica. Includono la tabella IPA, con immagini e schemi utili per comprendere tale alfabeto; esempi pratici per ogni tipo di argomento; descrizioni dettagliate e complete.

Tipologia: Appunti

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Scarica Linguistica Generale: riassunto del libro + appunti e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! 1 Linguistica Generale Programma: 1) Le lingue del mondo; 2) Lingua e segni; 3) Fonetica; 4) Fonologia; 5) Morfologia; 6) Lessico; 7) Sintassi; 8) Pragmatica Le lingue del mondo Le lingue viventi, nel 2008, erano 6909, anche se la distribuzione delle lingue rispetto al numero di persone che la parlano non è omogenea. Più della metà delle lingue del mondo è infatti usata da comunità relativamente piccole. Molti milioni di parlanti usano delle lingue come seconde lingue, che vengono definite superlingue (lingue che vengono usate per comunicare tra nazioni linguisticamente diverse). Inoltre, il numero delle lingue è superiore al numero di Stati (sono in rapporto 1:27). Questo significa che gran parte della popolazione mondiale utilizza più di una lingua. Anche la distribuzione delle lingue nel mondo è disomogenea: le zone più ricche di lingue sono quelle più vicine all’Equatore. Lo sviluppo delle lingue piò essere: 1) Divergente: nuove lingue nascono dalla frammentazione di una lingua principale (es. latino); 2) Convergente: lingue che si impongono come nazionali a discapito delle minoranze linguistiche esistenti. Con dialetto si intende una lingua che si trova a convivere con un’altra che possiede usi più estesi (es. nel 900, molti abitanti usavano l’italiano come seconda lingua rispetto ai proprio dialetti). Non ci sono differenze dal punto di vista strutturale tra lingue e dialetti, ma una differenza sostanziale è presente nel lessico: la quantità di parole di una lingua è maggiore rispetto a quelle dei dialetti, differenza dovuta a motivi storici, non linguistici. I canali usati per la comunicazione (dove il primo termine del canale si riferisce a ciò che fa il mittente, il secondo ciò che fa il destinatario) sono: 1) Canale fonico-acustico: si producono foni che sono uditi dal destinatario (es. comunicazione attuata parlando una lingua storico-naturale verbale); 2) Canale mimico-visivo: si producono movimenti del corpo che vengono visti dal destinatario (es. lingua dei segni); 3) Canale chimico olfattivo: si emettono sostanze chimiche che vengono percepite dal destinatario (es. comunicazione tra formiche). Si distinguono tradizionalmente due modi di classificare le lingue: 1) La classificazione genealogica, che distingue le lingue in base al loro grado di parentela; 2) La classificazione tipologica, che distingue le lingue in base alle loro caratteristiche, dividendole per tipi. 2 Ferdinand de Saussure È il fondatore della linguistica europea. Parlava di facoltà di linguaggio, posseduta dall’uomo fin dalla nascita, che gli consente di imparare una lingua. Le lingue vengono perciò definite storico- naturali, perché vengono apprese in modo spontaneo e sono il prodotto di un’evoluzione attraverso il tempo. La lingua è ciascuno dei sistemi simbolici, propri della specie umana, ma diversi di comunità in comunità, trasmessi per via culturale e non ereditati biologicamente, attraverso i quali gli appartenenti alle società umane conoscono la realtà, sviluppano pensieri articolati, comunicano le proprie conoscenze. I segni linguistici sono arbitrari (arbitrarietà = quella proprietà che permette di riferirsi alla stessa realtà tramite segni diversi), quindi il nesso tra realtà ed espressione linguistica è di tipo culturale, non naturale. Lingua e segni Le lingue sono sistemi di segni, basate su segni vocali o gestuali. I segni sono entità complesse, composte da: 1) Una parte sensibile, cioè percepibile materialmente attraverso i sensi (es. il cielo grigio) = è l’espressione del segno; 2) Una parte mentale, che rinvia ad oggetti o situazioni del mondo reale che cogliamo con la mente grazie alla parte sensibile (es. la minaccia di pioggia); questa parte non è l’oggetto in sé, ma il rinvio ad un oggetto = è il contenuto del segno. Il segno è un’entità costituita da espressione e contenuto. Distinguiamo tre tipi di segni: 1) Indici: segni in cui l’espressione e il contenuto sono legati da un rapporto di origine naturale e di tipo causale. Non sono segni prodotti volontariamente (es. nuvole: non si addensano al fine di segnalare un temporale); 2) Icone: segni che rinviano ad un oggetto o ad un evento per analogia, in virtù di una somiglianza con esso. Sono segni prodotti volontariamente, con il fine di comunicare qualcosa (es. segnali stradali); 3) Simboli: il legame tra espressione e contenuto non ha motivazioni di tipo naturale o analogico, ma è di tipo convenzionale (es. simbolo della pace). Il rapporto tra espressione e contenuto è arbitrario. Il linguista Hjelmslev ha distinto nel segno linguistico due piani diversi (espressione e contenuto), a loro volta divisi in due strati (sostanza e forma): espressione contenuto forma significati, fonemi significati sostanza significanti, foni sensi I fonemi formano le parole di una lingua; sono entità astratte, non suoni concreti. I foni sono i suoni linguistici che produciamo fisicamente quando diciamo una parola. 5 Fonetica La fonetica è il livello di analisi relativo alla sostanza dell’espressione, la cui unità minima è il fono. Ogni atto comunicativo orale si compone di un parlante che emette suoni, una serie di onde sonore che si trasmettono nell’aria e infine un ascoltatore che percepisce i suoni prodotti dal parlante. La fonetica si suddivide in tre settori: 1) La fonetica articolatoria, che studia il modo in cui l’espressione linguistica è prodotta dal parlante; 2) La fonetica acustica, che si occupa della trasmissione dei suoni linguistici nell’aria; 3) La fonetica uditiva, che osserva il processo di ascolto e percezione dei suoni linguistici da parte dell’ascoltatore. Gran parte dei suoni usati per la comunicazione linguistica sono prodotti attraverso il turbamento del flusso di aria sospinto dai polmoni all’esterno del nostro corpo: questi suoni sono definiti polmonari. Nella produzione di tali suoni, il flusso d’aria è creato dalla pressione dei muscoli intercostali sui polmoni; il meccanismo utilizzato è quindi il medesimo che viene usato per la respirazione. Mentre nella respirazione i tempi di ingresso e di uscita dell’aria hanno durata simile; invece, quando parliamo, l’aria viene ispirata con grande velocità, ed espirata lentamente. Durante il rilascio dell’aria, questa viene incanalata nella rete dei bronchi fino ad essere convogliata nella trachea, che collega i polmoni al tratto vocale. Il tratto vocale è l’ultimo tratto compiuto dall’aria prima di uscire all’esterno. Nella parte più interna c’è la laringe, mentre il confine esterno è delimitato dalle labbra e dalle narici. Molte superfici del tratto vocale sono mobili e dai loro movimenti dipende gran parte della nostra capacità di differenziare i diversi suoni. Questi organi vengono detti articolatori. Organi articolatori 1) La laringe, che è un complesso di cartilagini situato alla sommità della trachea; 2) La glottide, che è la parte della laringe compresa tra due estroflessioni, chiamate 3) Pliche vocali, che possono assumere due posizioni: essere completamente distanziate l’una dall’altra, lasciando quindi aperto il condotto laringeo (posizione assunta normalmente durante la respirazione), oppure entrare in tensione ed essere accostate l’una all’altra; in questo caso, danno vita al meccanismo laringeo (vibrazione), che consiste in una rapidissima sollevazione ed apertura e successiva chiusura provocata dall’aria in uscita; 4) La faringe, che si trova immediatamente al di sopra della laringe; ha un volume estremamente variabile, dal momento che la sua parete anteriore coincide con la radice della lingua; 6 5) La lingua, che si divide in radice (parte posteriore), dorso (parte centrale) e corona (parte anteriore); la corona a sua volta si divide in apice (l’estremità anteriore) e lamina (superficie superiore anteriore); 6) Il velo del palato, che è l’organo che pende dal palato duro e che divide la parte superiore della laringe dalla cavità orale. Quando la sua muscolatura è rilassata, il velo del palato è in posizione quasi verticale, e la cavità orale, nasale e faringale sono a contatto; se invece entra in tensione, il velo si solleva e aderisce alla parete posteriore della faringe, isolando la cavità nasale dal resto del tratto vocale; 7) L’ugola, che è il piccolo rigonfiamento che si trova all’estremità inferiore del velo del palato; 8) Il palato duro, che è la superficie superiore ossea della cavità orale; 9) Gli alveoli, che sono il rigonfiamento della parete della cavità orale, in corrispondenza dei quali si trovano le radici dei denti; 10) I denti (gli unici coinvolti nell’articolazione linguistica sono gli incisivi); 11) Le labbra, che possono assumere diverse posizioni, molte delle quali utilizzate per distinguere i diversi suoni; 12) Le cavità nasali, che sono collocate al di sopra della cavità orale. La prima distinzione operata nella fonetica distingue: 1) Foni vocalici; 2) Foni consonantici, che sono realizzati mediante un diaframma, ovvero un restringimento o chiusura del tratto vocale. Foni vocalici I suoni vocalici sono realizzati con l’azione del meccanismo laringeo, ovvero le pliche vocali sono in vibrazione. Le vocali sono foni sempre sonori, prodotti senza che al flusso di aria espiratoria sia frapposto alcun ostacolo a livello supralaringeo. Si distinguono tra di loro in base a quattro parametri: 1) Anteriorità/posteriorità: questo coefficiente è determinato dalla posizione della lingua, che causa una variazione del volume della cavità orale, che è minore nelle vocali anteriori e maggiore in quelle posteriori. Si distinguono pertanto vocali anteriori, centrali e posteriori; 2) Grado di altezza: dipende dalla posizione più o meno alta della lingua. La posizione della radice determina il volume della cavità, che è minore nelle vocali basse e maggiore nelle vocali alte. Si distinguono pertanto vocali alte, vocali medio-alte, vocali medio-basse e vocali basse; 3) Arrotondamento: dipende dalle labbra, che possono essere arrotondate, cioè con gli angoli accostati tra di loro, oppure non arrotondate, cioè in posizione di riposo. Si distinguono pertanto vocali arrotondate e non arrotondate; 4) Nasalizzazione: dipende dal velo del palato, che può trovarsi in posizione alzata, in cui l’aria passa esclusivamente nella cavità orale, o abbassata, in cui una parte dell’aria passa per la cavità orale e una parte per le cavità nasali. Si distinguono pertanto vocali orali e vocali nasali. Si distinguono dodici foni vocalici orali: 1) [i]: vocale alta, anteriore, non arrotondata (fili); 2) [ɪ]: vocale alta, anteriore, non arrotondata, centralizzata (thin); 3) [u]: vocale alta, posteriore, arrotondata (tu); 4) [ʊ]: vocale alta, posteriore, arrotondata, centralizzata (book); 5) [e]: vocale medio-alta, anteriore, non arrotondata (mele); 7 6) [o]: vocale medio-alta, posteriore, arrotondata (voce); 7) [ɛ]: vocale medio-bassa, anteriore, non arrotondata (festa); 8) [ɔ]: vocale medio-bassa, posteriore, arrotondata (corpo); 9) [æ]: vocale bassa, anteriore, non arrotondata (bad); 10) [ɐ]: vocale bassa, centrale, non arrotondata (casa); 11) [ɑ]: vocale bassa, posteriore, non arrotondata (father); 12) [ə]: vocale centrale, non arrotondata (the). Foni consonantici I foni consonantici sono caratterizzati dalla presenza di un diaframma nel tratto vocale. Le consonanti sono foni prodotti ostacolando in qualche modo la fuoriuscita del flusso di aria espiratorio. Inoltre, per ogni consonante si deve individuare il valore di sonorità (cioè se è sorda o sonora) e di nasalità (cioè se è nasale o orale). Si classificano in base a: 1) Modo di articolazione, che riguarda la natura dell’ostacolo o diaframma. Si distinguono due gruppi di consonanti: le ostruenti (in cui il diaframma ostruisce il flusso d’aria) e le sonoranti (in cui il diaframma non determina una differenza rilevante di pressione nel flusso d’aria). Le ostruenti, inoltre, si dividono in: occlusive (con il sottogruppo delle affricate) e fricative, mentre le sonoranti sono divise in: nasali, vibranti, laterali e approssimanti; 2) Luogo di articolazione, che è classificato in base agli organi articolatori. Gli organi mobili responsabili delle distinzioni consonantiche sono: il labbro inferiore, la corona, il dorso e la radice della lingua, e le pliche vocali. Si distinguono quindi: bilabiali, labiodentali, dentali, alveolari, retroflesse, postalveolari, palatali, velari, uvulari, glottidali; 3) Coefficienti laringei, le articolazioni consonantiche possono essere accompagnate o meno dal meccanismo laringeo. Si dividono in: sonore, realizzate con la glottide in vibrazione (prodotte con meccanismo laringeo), e sorde, in cui la glottide è aperta (assenza di meccanismo laringeo). M ostruenti occlusive (e affricate) fricative sonoranti nasali vibranti laterali approssimanti MODO DI ARTICOLAZIONE 10 Consonanti affricate Il diaframma è realizzato in modo analogo a quanto avviene nelle occlusive. Labiodentali Il diaframma è realizzato dall’incontro del labbro inferiore con gli incisivi superiori.  [pf]: affricata labiodentale sorda. Alveolari Il diaframma è realizzato dall’incontro dell’apice della lingua con gli alveoli dentali.  [ts]: affricata alveolare sorda (forza);  [dz]: affricata alveolare sonora (zero). Retroflesse Il diaframma è realizzato dall’apice della lingua che è spinto indietro, in modo che la superficie inferiore della parte anteriore della lingua aderisca alla regione postalveolare.  [ʈ͡ ʂ]: affricata retroflessa sorda;  [ɖ͡ʐ]: affricata retroflessa sonora. Postalveolari Il diaframma è realizzato dall’incontro dell’apice della lingua con una zona del palato molto avanzata.  [t͡ ʃ]: affricata postalveolare sorda (ciao);  [d͡ʒ]: affricata postalveolare sonora (gioco). Consonanti nasali Il diaframma è molto simile a quello realizzato nelle occlusive.  [m]: nasale bilabiale (mamma);  [ɱ]: nasale labiodentale (invece);  [n]: nasale alveolare (nano);  [ɲ]: nasale palatale (gnomo);  [ŋ]: nasale velare (tengo). Consonanti vibranti e monovibranti Sono realizzate mediante un diaframma intermittente che permette la fuoriuscita del flusso d’aria ad intervalli.  [r]: vibrante alveolare (raro);  [ɾ]: monovibrante alveolare (pero);  [ʀ]: vibrante uvulare (Richter). Consonanti laterali Il diaframma è realizzato dalla lingua nella linea mediana della cavità orale.  [l]: laterale alveolare (lato);  [ɫ]: laterale alveolare velarizzata (feel);  [ʎ]: laterale palatale (figlio). 11 Consonanti approssimanti Non si realizza un vero e proprio diaframma; gli articolatori sono avvicinati tra di loro e il flusso d’aria non ha alcun tipo di ostacolo.  [ɥ]: approssimante labiopalatale, avvicinamento e arrotondamento della labbra e del dorso della lingua al palato (huit);  [w]: approssimante labiovelare, contemporaneamente avvicinamento e arrotondamento delle labbra e del dorso della lingua al velo del palato (fuori);  [j]: approssimante palatale (ieri). Fonologia La fonologia è il livello della linguistica relativo alla forma dell’espressione, la cui unità minima è il fonema. Fonema: unità minima della forma dell’espressione linguistica (è un’entità formale, non è un suono fisico); Allofoni: diverse realizzazioni fonetiche di un medesimo fonema; Coppia minima: coppia di parole che si differenzia in una sola proprietà fonologica. Dati due elementi A e B, essi possono avere le seguenti distribuzioni nel contesto linguistico: 1) Distribuzione complementare: in tutti i contesti in cui compare l’elemento A è escluso l’elemento B e viceversa; 2) Distribuzione sovrapposta: i contesi in cui compare l’elemento A si sovrappongono solo in parte a quelli in cui compare l’elemento B e viceversa; 3) Distribuzione coincidente: in tutti i contesti in cui compare l’elemento A compare anche l’elemento B e viceversa. Variazione libera: alla realizzazione di uno o l’altro fonema, il significato non cambia (non sono quindi in posizione contrastiva). Le dimensioni di variazione di una lingua 1) Variazione diacronica: variazione nel tempo; 2) Variazione diatopica: variazione nello spazio geografico; 3) Variazione diastratica: variazione tra gruppi sociali; 4) Variazione diafasica: variazione legata alla situazione comunicativa; 5) Variazione diamesica: variazione legata al mezzo/canale C O N TR A ST IV A 12 Morfologia La morfologia è lo studio delle forme delle parole, la cui unità minima è il morfema. amico/amici singolare/plurale di amico Dobbiamo distinguere tra forme di uno stesso lessema in cui a una differenza di significante corrisponde una differenza di significato che chiamiamo forme flesse, e forme di uno stesso lessema dove a una differenza di significante NON corrisponde una differenza di significato che chiamiamo shapes. Criteri per la classificazione delle parti del discorso 1) Funzione sintattica: soggetto, oggetto, predicato…; 2) Funzione semantica: che tipo di cose indicano, ovvero può riferirsi a riferirsi a persone, animali, cose oppure a azioni, processi, stati; 3) Distribuzione: cosa può avvenire intorno ad un elemento, ad esempio se può essere preceduto o meno da un articolo; 4) Rapporto con le categorie grammaticali: il nome ha genere inerente, varia per numero, non varia per tempo, il verbo varia per tempo, varia per persona, non ha genere inerente. Le categorie grammaticali rendono obbligatoria l’espressione di alcune dimensioni cognitive fondamentali, come: • Numero (singolare, plurale, paucale, duale…) • Caso (chi fa l’azione e chi la subisce, dà informazioni sulla funzione sintattica che un nome ricopre nella frase) • Genere • Persona • Tempo (passato, presente, futuro), aspetto (eventi in corso di svolgimento ed eventi temporalmente determinati), modo (eventi reali ed eventi non reali, ma possibili) Persona: Prima persona = emittente, ‘io’ Seconda persona = destinatario, ‘tu’ Terza «persona» = altri elementi, persone o cose diverse da emittente e destinatario ‘lui’, ‘lei’, ‘questo’, ‘quello’... Interazione tra persona e numero: Prima persona non singolare può essere di due tipi: • Inclusivo: noi = io e te, io e voi destinatari • Esclusivo: noi = io e la mia famiglia / i miei amici / i miei colleghi – ad esclusione dei destinatari Caso: La categoria grammaticale di caso è utilizzata per esprimere la relazione che i diversi elementi nominali di una frase hanno con il predicato (tipicamente, un verbo). Forme flesse lessema 15 Morfo: un'entità fonologica lineare che rappresenta il significante di un morfema, ogni elemento di significante segmentabile all’interno di una parola (es. l’elemento –o è un solo morfema dal punto di vista del significante, ma due morfemi dal punto di vista del significato, perché da l’informazione di maschile e singolare insieme, e i due significati sono inscindibilmente uniti, vengono espressi contemporaneamente). Allormorfo: due o più morfi che hanno esattamente lo stesso significato. La realizzazione delle forme flesse Base: l’elemento che rappresenta un lessema in una delle sue forme flesse. Un lessema può realizzare una sua forma flessa attraverso un’unica base oppure due (il nome “uomo” ha il singolare come “uom-” e come plurale “uomin-”) Le forme flesse possono essere realizzate tramite: 1) Sottrazione e aggiunta della base; 2) Aggiunta di suffissi o prefissi; 3) Raddoppiamento; 4) Sostituzione. Lessico Il lessico è l’insieme di tutti i lessemi (unità minima) che esistono in una lingua. Neologismi: lessemi nuovi (in un certo momento storico) Neosemie: nuovi significati per lessemi già esistenti Vocabolario di base della lingua italiana Vocabolario fondamentale: circa 2000 lessemi Vocabolario di alto uso: circa 2750 lessemi (parole imparate a scuola) Vocabolario di alta disponibilità: circa 2300 lessemi (lessemi che si conoscono prima di andare a scuola, ma che non sono molto frequenti) Regole di formazione dei lessemi (RFL) I vocabolari non sono statici, ma si arricchiscono continuamente di nuove entità. La capacità di produrre e comprendere nuovi lessemi è stata spiegata ipotizzando che i parlanti abbiano a disposizione (apprendano nel corso dell’acquisizione della loro lingua) delle regole di formazione dei lessemi (RFL). 1) Per descrivere una RFL deve essere specificata la classe di lessemi cui la regola può applicarsi, il tipo di operazione che si effettua applicando la regola e il tipo di lessemi cui la regola dà luogo. La classe di lessemi cui una RFL si applica è detta dominio o base della regola. Composizione, che può essere di due tipi: 1) Composizione con elementi nativi; 2) Composizione con elementi neoclassici. Lessemi polirematici: si tratta di strutture che, come i composti, sono costituite da due o più lessemi; a differenza dei composti, però, i lessemi polirematici hanno la struttura interna di un sintagma, ma il loro significato (a differenza di quello dei sintagmi) non è riducibile alla semplice combinazione dei significati dei costituenti (es. scala mobile). 16 Derivazione, che può essere di due tipi: 1) Prefissazione; 2) Suffissazione. Conversione: un procedimento che consiste nel creare un nuovo lessema appartenente a una certa parte del discorso a partire da un lessema esistente appartenente a una parte del discorso diversa, senza però utilizzare alcun affisso. Verbi parasintetici: verbi come abbottonare, imburrare, abbellire, inaridire. Si tratta di verbi prefissati che derivano da nomi e aggettivi senza che sia attestato né un verbo denominale o deaggettivale non prefissato formato per conversione dalle stesse basi (*bottonare, *burarre, *bellire, *aridire), né un corrispondente nome o aggettivo prefissato (*abbottono, *imburro, *abbello, *inarido). Si può ipotizzare quindi che la derivazione di questi verbi avvenga per simultanea prefissazione e conversione. Retroformazione: è un fenomeno analogico che porta alla creazione di un nuovo lessema, erroneamente ricostruito dai parlanti in quanto considerato fonte di un lessema già esistente, che è invece frutto di un diverso processo di formazione. Ad esempio, in italiano è una retroformazione il verbo compravendere, formato a partire da compravendita, che non è, come si potrebbe credere, un nome deverbale derivato da compravendere, ma un composto di due nomi: compra, formato per conversione da comprare, e vendita, formato per suffissazione da vendere. Riduzione: un insieme di procedimenti che portano alla formazione di varianti più brevi di lessemi esistenti, che a volte però divengono così frequenti nell’uso da essere da molti parlanti percepite come lessemi autonomi: sono riduzioni parole come auto, frigo, foto, moto (rispettivamente da automobile, frigorifero, fotografia, motocicletta); rientra nell’ambito della riduzione anche la formazione di sigle, come CAI (Club Alpino Italiano), CD (compact disc). Parole macedonia: lessemi formati unendo elementi di altri lessemi già esistenti che non sono però dei morfi, ma solo sottoparti di un lessema (estese più o meno di un morfo): sono esempi di parole macedonia vocaboli come quallina e zebrallo, che indicano animali ibridi (rispettivamente tra una quaglia e una gallina e tra una zebra e un cavallo).  I lessemi che una RFL può formare sono detti uscita della regola. I tipi di significati delle RFL si raggruppano per lo più in categorie generali. Le regole che formano Nomi possono essere raggruppate secondo il tipo di uscita almeno nelle categorie che seguono: 1. NOMI D’AZIONE 2. NOMI DI QUALITÀ 3. NOMI D’AGENTE 4. NOMI DI STRUMENTO 5. NOMI DI LUOGO 6. NOMI COLLETTIVI Restrizioni sulle RFL Blocco: questo principio rende conto del fatto che un lessema, che sarebbe possibile formare secondo una RFL esistente, non viene formato se nella lingua in questione esiste già una parola con lo stesso significato (es. thief e stealer). Ipotesi della base unica: ogni RFL si applica a lessemi appartenenti ad una sola parte del discorso. Le restrizioni possono essere di tipo fonologico (es. la –s che si applica all’inizio di alcuni aggettivi, ma non a tutti i tipi), morfologico (i determinati affissi che possono essere applicati alla fine di un lessema), sintattico-semantico (es. il suffisso –tore si applica solo alla fine di verbi d’agente). Una RFL si dice produttiva quando i parlanti possono utilizzare quella regola per formare nuovi lessemi. La produttività si divide in: produttività qualitativa, ovvero se una RFL è produttiva o meno, e produttività quantitativa, ovvero se ha maggiore o minore produttività. 17 Altri meccanismi di arricchimento del lessico 1) Prestito: passano da una lingua (lingua modello) a un’altra (lingua replica) interi lessemi, con il loro significante e il loro significato. 2) Calco: • Calco strutturale: si riproduce con elementi indigeni della lingua replica la struttura di una parola della lingua modello ingl. basketball  it. pallacanestro • Calco semantico: ampliamento di significato di un lessema della lingua replica in analogia a fenomeno di estensione di significato avvenuto nella lingua modello ingl. mouse ‘topo’  ‘strumento per dare comandi al computer’  francese souris ‘topo’  ‘strumento per dare comandi al computer’ 3) Estensione metaforica di significante (neosemie): nuovo significato assunto da una parola. Rapporti sintagmatici e paradigmatici Paradigmatici: si manifestano nella memoria e nella mente dei parlanti (sono rapporti in absentia). Comprendono tre tipi di relazioni semantiche: 1) Sinonimia (sinonimia assoluta o completa, sinonimia parziale, geosinonimia); 2) Opposizione (antonimia -> i due estremi di una dimensione graduabile; complementarità - > costituiscono uno la negazione dell’altro; inversione -> indicano la stessa entità o relazione vista due punti di vista opposti; incompatibilità -> quest’ultima è l’unica tra rapporti non binari, es. stagioni); 3) Gerarchiche (iponimi e iperonimi, tassonomie, meronimia -> relazione tra un lessema che denota una parte e un lessema che denota tutto il corrispondente) Sintagmatici: riguardano la successione lineare degli elementi linguistici; ogni elemento si colloca in una posizione che ne esclude altri e acquisisce il suo valore in relazione agli elementi che lo precedono e lo seguono (sono rapporti in praesentia). Le condizioni che stabiliscono quali combinazioni sono possibili dal punto di vista sintattico non coincidono con le condizioni e le regole che stabiliscono quali combinazioni sono possibili dal punto di vista semantico: la buona formazione dal punto di vista sintattico non coincide con la sensatezza dal pinti di vista semantico e che l’una non è condizione necessaria e sufficiente per l’altra. Collocazioni Sono combinazioni di parole che si trovano regolarmente vicine sull’asse sintagmatico, e tendono a cooccorrere molto spesso; dato il loro significato, tendono ad avere forti limitazioni alla loro libertà di combinarsi con altri lessemi. Casi come questi vengono definiti solidarietà semantiche o lessicali. Esempi:  Lessemi che tendono a cooccorrere solo con pochi altri pur avendo un significato che non escluderebbe altre combinazioni (lessemi con distribuzione limitata);  I componenti possono comparire anche in altre combinazioni, ma in alcune danno dei significati fissi (restrizione di collocazione);  Le restrizioni di selezione, che indicano quali proprietà semantiche deve presentare un lessema per potersi combinare in modo sensato con un altro. 20  Sintagma verbale: ha per testa un verbo; se la struttura è biargomentale o triargomentale, il sintagma verbale conterrà rispettivamente un sintagma nominale (l’oggetto) oppure un sintagma verbale e un sintagma preposizionale (l’oggetto e l’oggetto indiretto);  Sintagma aggettivale: ha per testa un aggettivo; è collocato di norma dopo la testa nominale, ma alcuni sono collocati prima, ad es. i possessivi, oppure altri hanno più libertà di movimento; se preceduto da un avverbio, e in questo caso è preferita la collocazione a destra della testa;  Sintagma preposizionale: ha per testa una preposizione; quando è contenuto in un sintagma nominale, deve obbligatoriamente collocarsi a destra del nome (l’unica eccezione è rappresentata da sintagmi preposizionali che contengono un pronome). I diversi tipi di sintagmi, che hanno un ruolo semantico (Agente, Esperiente, Tema...) e una relazione grammaticale (Soggetto, Oggetto, Oggetto indiretto) sono costituenti di una frase. Per rendere esplicito il raggruppamento delle parole in costituenti si possono usare i test di costituenza. 1) Test del movimento: in molte lingue, l’ordine delle parole non è rigido, ma ammette un certo grado di libertà; è quindi possibile spostare gli elementi principali all’interno della frase;  A mezzanotte il poliziotto catturò il ladro  Il poliziotto a mezzanotte catturò il ladro  Il poliziotto catturò il ladro a mezzanotte Attenzione: gli aggiunti o circostanziali hanno più libertà di movimento dei costituenti nucleari (= argomenti) 2) Test dell’isolabilità: un costituente può essere usato in isolamento, ad es. come risposta ad un’interrogativa parziale;  Quando catturò il ladro il poliziotto? A mezzanotte  Chi preparò una torta molto buona? Lo zio  Cos’è che un mio amico ha pulito con lo spazzolone? Il pavimento  Con che cosa un mio amico ha pulito il pavimento? Con lo spazzolone 3) Test della scissione: si trasforma una frase semplice in una frase scissa, spostando dopo la copula solo un costituente intero (es. è di notte che ho problemi a guidare, è poco cotta che mi piace);  È il pavimento che un mio amico ha pulito con lo spazzolone  È il ladro che il poliziotto catturò a mezzanotte  È Roberta che ha scritto una lettera a Franco  È a Franco che Roberta ha scritto una lettera  È una lettera che Roberta ha scritto a Franco  È Roberta ha che scritto una lettera a Franco 4) Test della coordinazione: le congiunzioni e ed o non possono unire qualsiasi parola o gruppo di parole, ma solo quelle che sono anche di costituenti; inoltre le parole e i gruppi di parole uniti da una congiunzione appartengono alla stessa categoria lessicale o sintagmatica, ed è inaccettabile congiungere parole o sintagmi di categorie diverse;  Un mio amico ha pulito [il pavimento] e [il terrazzo] con lo spazzolone  Un mio amico ha pulito il pavimento [con lo spazzolone] e [con l’aspirapolvere] 21 5) Test dell’ellissi: riguarda la possibilità di omettere dei costituenti a certe condizioni all’interno dell’enunciato, qualora il loro contenuto sia recuperabile;  Lo zio preparò una torta molto buona e la zia [preparò] un ciambellone  Mario è andato al cinema martedì scorso e Valerio [è andato al cinema] ieri 6) Test della sostituibilità (o della pro-forma): identifica i costituenti grazie alla loro proprietà specifica di essere sostituibili da parte di altri elementi, tipicamente pronomi.  Lo zio la preparò per il compleanno di Maria. la = una torta  Un mio amico lo ha pulito con lo spazzolone lo = il pavimento  Un mio amico ci ha pulito il pavimento ci = con lo spazzolone  Egli catturò il ladro a mezzanotte egli = il poliziotto  Il poliziotto lo catturò a mezzanotte lo = il ladro MA  *Il poliziotto ci catturò il ladro * ci = a mezzanotte  perché non esiste una pro-forma per circostanziali di tempo 7) Test di non interrompibilità: Non inseribilità di materiale all’interno  *Un ieri sera mio amico ha pulito il pavimento con lo spazzolone  *Un mio amico ha pulito il ieri sera pavimento con lo spazzolone  * Un mio amico ha pulito il pavimento con ieri sera lo spazzolone  *Il catturò il ladro a mezzanotte poliziotto  *il poliziotto catturò il a mezzanotte ladro  *A il poliziotto catturò il ladro mezzanotte L’ordine dei costituenti: 1) SVO: ogni costituente cresce sintatticamente a destra della testa (lingue ricorsive a destra); 2) SOV: i costituenti sono ricorsivi a destra; 3) VSO L’accordo Controllore: elemento che determina l’accordo; Target: parola che assume una determinata forma per effetto dell’accordo; Dominio: il contesto sintattico in cui si manifesta il fenomeno.  Nel sintagma nominale il nome, la testa del costituente, svolge il ruolo di controllore dell’accordo in molte lingue.  In molte lingue è presente un accordo che ha come dominio la frase e come target il predicato;  Accordo anaforico: quando un pronome è usato come anafora, cioè quando richiama un sintagma nominale presente in una frase precedente. Tema e Rema Attenzione: Tema in linguistica è usato per due cose molto diverse A) ruolo semantico dell’entità non affetta dall’azione, che al massimo viene spostata ma non si muove autonomamente Esempio: il libro sta sul tavolo; Marta ha messo il libro sul tavolo Tema Locativo Agente Tema Meta B) elemento dato come noto in una frase: Esempio: il libro sta sul tavolo; Marta ha messo il libro sul tavolo -------- -------- 22 tema rema tema rema Distinzione tra frase ed enunciato: 1) Frase: sequenza accettabile e completa dal punto di vista grammaticale; 2) Enunciato: sequenza verbale prodotta oralmente o per iscritto in una situazione comunicativa concreta. Quando si vuole enfatizzare un pezzo dell’informazione nell’enunciato, uno dei mezzi più usati consiste nello spostare dalla sua sede canonica la parte di frase che contiene quell’informazione. I movimenti più frequenti sono:  Topicalizzazione: messa in rilievo di un costituente grazie allo spostamento all’inizio della frase e all’assegnazione di un accento contrastivo alla parte essenziale del sintagma topicalizzato (es. il caffè ho bevuto, non il tè); il costituente topicalizzato presenta le seguenti proprietà: - Messa in rilievo con accento contrastivo - Spostamento a inizio frase - Non c’è ripresa pronominale - Assume la funzione di rema dell’enunciato  Frasi scisse: la messa in rilievo di un costituente avviene attraverso la scissione di una frase semplice in due frasi, una principale, che ha per predicato una forma del verbo essere, e una seconda frase, che mantiene il proprio verbo ed è introdotta da un complementatore relativo; es: È il caffè che ho bevuto, Quello che ho bevuto è il caffè;  Dislocazione a sinistra: procedimento che sposta nella prima posizione della frase il costituente su cui si vuole portare l’attenzione, trasformandolo in rema, e riprendendolo poi con un altro elemento (di solito un pronome) nella seconda parte della frase Il caffè l’ho bevuto Tema O V A Paolo glielo dico io  Dislocazione a destra: non è l’intero costituente che risale verso l’inizio della frase, ma un elemento che lo anticipa, mentre il costituente è posto alla fine, in una posizione che può anche corrispondere a quella che avrebbe avuto nella struttura della frase normale; è molto frequente nelle domande. Come in quella a sinistra, nella dislocazione il costituente spostato non può contenere informazione nuova e deve essere già dato nel discorso: L’ho bevuto, il caffè Glielo dico io a Paolo Il caffè a Mario gliel’ho offerto io Io ho offerto il caffè a Mario Ha due dislocazioni a sinistra e una a destra: Il caffèj a Mariok gliekl’j Øi ho offerto ioi Il caffèj a Mariok gliekl’j Øi ho offerto ioi Sono dislocati a sinistra l’oggetto diretto il caffè e l’oggetto indiretto a Mario, ed è dislocato a destra il soggetto io, anticipato cataforicamente da un pronome zero coreferente. Tema sospeso: l’elemento spostato, corrispondente al tema, è dotato di ripresa pronominale ma resta privo di indicazioni che ne specifichino il ruolo sintattico. Il costituente dislocato è ripreso, ma sul costituente non è specificato il ruolo sintattico. Il caffè, ci metto lo zucchero 25 Abbiamo fatto di tutto perché Gianni potesse arrivare in orario – Consecutiva: G. ci ha fatto attendere tanto a lungo che ce ne siamo andati – Condizionale: Se Gianni fosse arrivato prima, avremmo potuto cenare con lui – Concessiva: Benché G. fosse arrivato in orario, non trovò nessuno – Comparativa: Abbiamo atteso G. più a lungo di quanto fosse necessario Differenza tra dipendenti circostanziali e circostanziali realizzati da sintagmi: Circostanziali = Frasi Circostanziali = Sintagmi Temporale: Quando Gianni è arrivato, Maria era già partita da un pezzo Ieri, Maria era già partita da un pezzo Causale: Dato che Gianni è arrivato in ritardo, ce ne siamo andati // Finale: Abbiamo fatto di tutto perché Gianni potesse arrivare in orario Abbiamo fatto di tutto per Gianni Consecutiva: G. ci ha fatto attendere tanto a lungo che ce ne siamo andati // Condizionale: Se Gianni fosse arrivato prima, avremmo potuto cenare con lui // Concessiva: Benché G. fosse arrivato in orario, non trovò nessuno // Comparativa: Abbiamo atteso G. più a lungo di quanto fosse necessario ? Abbiamo atteso G. più a lungo di te (ellissi?) 3) Frasi dipendenti relative • modificano un nome non-argomentale (cioè che non regge argomenti) – Restrittive: identificano un «sottoinsieme», una sottoclasse ristretta del nome modificato Gli studenti che non hanno studiato non passeranno l'esame – Appositive: aggiungono informazioni sul nome modificato Gianni, che non ha studiato, non può passare l'esame Gianni, il quale non ha studiato, non può passare l'esame 26 Pragmatica La pragmatica è lo studio della relazione tra lingua e utenti. dal greco pragma ‘azione, atto’, dal verbo prassein ‘fare’, pragma = ‘azione e risultato del fare’ Austin fa la distinzione tra:  Enunciati constatativi, che descrivono stati di cose, eventi, processi, e possono essere valutati come veri o falsi (si usano per fare semplici asserzioni); hanno condizioni di verità;  Enunciati performativi, che servono a compiere azioni, eseguire degli attivi (dire una cosa equivale al tempo stesso a compierla); hanno condizioni di felicità. Condizioni di felicità degli enunciati performativi: • deve esserci una procedura convenzionale per eseguire quell’atto, che prevede il proferimento di quel tipo di enunciato • le circostanze devono essere appropriate • la procedura deve essere eseguita completamente e correttamente • inoltre ci si aspetta che gli stati psicologici del parlante corrispondano a quanto previsto dalla procedura, e che il parlante tenga un comportamento conforme alle aspettative suscitate (per es. l’officiante di un matrimonio deve averne i poteri, cioè essere un ufficiale di stato civile o un sacerdote; gli sposi non devono essere già coniugati; ecc.) Secondo Austin, ogni volta che pronunciamo un enunciato realizziamo un atto linguistico e compiamo simultaneamente tre atti parziali: 1) Atto locutivo: il semplice dire qualcosa; 2) Atto illocutivo: il compiere, nel momento dell’enunciazione, una vera e propria azione, che può essere una domanda, una constatazione, un ordine…; 3) Atto perlocutivo: l’effetto che intendiamo produrre sui pensieri, sui sentimenti del nostro interlocutore. Funzionalismo linguistico Si interessa delle funzioni del linguaggio e dell’importanza dell’uso concreto del linguaggio. Si domanda quale sia la funzione svolta dalle singole unità linguistiche in riferimento agli altri elementi che sono in gioco nel processo comunicativo. Funzione: la funzione generale del linguaggio, ciò che per mezzo di esso siamo in grado di realizzare. 27 Le funzioni del linguaggio secondo Jakobson Individua sei fattori necessari per realizzare un atto linguistico: CONTESTO MITTENTE MESSAGGIO DESTINATARIO CANALE CODICE Definisce le sei funzioni corrispondenti, a seconda del fattore che prevale in ciascun atto comunicativo:  Al mittente corrisponde la funzione emotiva, che esprime lo stato d’animo di chi emette un enunciato;  Al destinatario corrisponde la funzione conativa, che esprime l’influenza che si vuole esercitare sul destinatario al fine di fargli compiere un’azione, oppure è una richiesta;  Al messaggio corrisponde la funzione poetica, che si ha quando proiettiamo dell’asse della similarità (o paradigmatico) sull’asse della contiguità (o sintagmatico), accostando suoni o significati simili; ha come oggetto la forma del messaggio più che il contenuto;  Al contesto corrisponde la funzione referenziale, che descrive il contesto, per parlare del mondo esterno;  Al canale corrisponde la funzione fàtica, che si usa per verificare se il canale di comunicazione tra noi e il nostro destinatario funziona;  Al codice corrisponde la funzione metalinguistica, che si realizza quando parliamo del codice stesso (ad es. il significato di una parola). I messaggi raramente sono del tutto monofunzionali, ma spesso si può riconoscere una funzione dominante. • Funzione emotiva Emittente interiezioni • Funzione conativa Destinatario vocativo, imperativo • Funzione referenziale Contesto frasi dichiarative «terza persona» • Funzione fática Canale formule varie, per es. Pronto? • Funzione metalinguistica Codice Che significa X? • Funzione poetica Messaggio
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