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Appunti linguistica generale 2, lezioni dalla 6 alla 10, Sbobinature di Linguistica Generale

- Nozione di costituente - Regola "merge" e "move" - Sintagma - Quantificatori propri (universali, non universali/esistenziali) e impropri - Tratti contestuali - Principio di proiezione esteso - Ruoli tematici e teoria tematica - Sintassi - Costituenti Wh - Prova dei pronomi clitici - Posizione proclitica ed enclitica - Cliticizzazione - Movimento di X, movimento di XP - Sintagma complementatore - Movimento di testa locale - Movimento iterativo - Meccanismo dell'accordo

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 25/10/2022

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laurettt 🇮🇹

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Scarica Appunti linguistica generale 2, lezioni dalla 6 alla 10 e più Sbobinature in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Lezione 6 – 11 ottobre Nozione di costituente = è una nozione fondamentale in ambito linguistico è fondamentale perché i costituenti fanno parte della competenza inconscia di noi individui, ognuno di noi riconosce in ogni enunciato la sua composizione in costituenza, cioè riconosce gli enunciati come costituenti e come questi si combinino tra di loro; abbiamo anche visto che i costituenti permettono anche di esplicitare in un’analisi linguistica, ma anche da parte di un parlante quando si trova davanti a certi enunciati, le ambiguità interpretative che non possono essere esplicitate in nessun altro modo tranne quello di far ricorso a combinazioni diverse di parole all’interno della struttura: Es. “Ha visto la ragazza con il binocolo” → è ambigua, nel senso che il complemento introdotto dalla preposizione “con” può essere interpretato sia separatamente dalla ragazza, quindi costituire il complemento di mezzo attraverso il quale il parlante o il soggetto ha visto la ragazza, oppure può essere una proprietà legata alla ragazza, quindi il costituente sarebbe “la ragazza con il binocolo”. Combinazioni che dipendono da elementi lessicali diverse: nel primo caso dipende da “vedere” (complemento di mezzo dell’azione di vedere la ragazza), mentre nel secondo caso modifica direttamente ragazza. In linguistica, i costituenti permettono di determinare il dominio di applicazione delle regole sintattiche perché tutte queste regole vengono applicate solo ed esclusivamente a sequenze di parole che formano un costituente: Es. “Ho perso il borsellino di pelle” → io parlante la produco ed il mio interlocutore non capisce, quindi formula una domanda sulla sequenza di parole “il borsellino di pelle” chiedendo “che cosa hai perso?” ma non potrà mai chiedere, anche perché nessun parlante lo farebbe mai dopo aver acquisito la competenza della propria lingua, “di che cosa hai perso il borsellino?”. Abbiamo poi visto tutti i criteri che servono per determinare quando una sequenza di parole rappresenta o meno il costituente, dicendo anche che, secondo la GG, la formazione di costituenti viene attribuita all’applicazione di un’unica regola “murge”: i parlanti recuperano dal proprio lessico mentale le parole, le combinano in sequenze e formano un costituente, fino ad arrivare alla generazione dl costituente ultimo ovvero la frase stessa; questa operazione di “murge” (presente anche nel libro della Donati) è un’operazione gerarchica: si parte da un’unità linguistica considerata rilevante e, tramite questa operazione, unisce questa unità con un’altra unità linguistica che stabilisce con la prima un certo tipo di relazione; alcune di queste relazioni sono rappresentate dall’accordo stesso: ci sono relazioni d’accordo ma anche altre che motivano questo tipo di murge piuttosto che un altro e sono anche di tipo contestuale: Es. “Gianni vide il ragazzo simpatico” → come potremmo descrivere questa operazione di murge che dà luogo a questa frase? Tale operazione parte dal basso verso l’alto, quindi dalla parte più interna in maniera gerarchica costruisce fino ad arrivare alle relazioni più esterne e alla formazione del costituente, per cui: - partirà da [ragazzo] e [simpatico] (è un modificatore di ragazzo) → si applicherà la regola di murge avendo come risultato [ragazzo simpatico]; - a questa struttura verrà aggiunto l’articolo [il] che è il determinante ed è necessario davanti a qualsiasi nome comune contabile → si applicherà la regola di murge avendo come risultato [il ragazzo simpatico] che rappresenta un costituente; - si prenderà dal lessico il verbo, in quanto in un enunciato si presuppone ci sia il predicato, [vede] → i verbi vengono listati nel nostro lessico verbale nella forma base, ossia nella forma che troviamo in morfologia per cui non troviamo i tratti di accordo ma troviamo questo evento mentale che corrisponde a “vede” → si applicherà la regola di murge avendo come risultato [vede il ragazzo simpatico] che è un altro costituente; - poi abbiamo un’altra reazione semantica che deve essere soddisfatta dall’argomento esterno, quindi prendiamo l’argomento esterno [Gianni] → si applicherà la regola di murge avendo come risultato [Gianni vede il ragazzo simpatico]; - a questo punto, però, un evento deve essere anche collocato nel tempo, quindi verranno presi i tratti flessivi (sin generale sono rappresentati da un unico morfema, sia quelli nominale che quelli temporali) che corrispondono al tempo che vogliamo utilizzare per poter collocare questa azione in un momento temporale es. prima o dopo il momento della comunicazione) e quindi verrà preso dal lessico: [Flex] [Gianni vede il ragazzo simpatico] T/N/P Murge → darà luogo alla fusione tra i tratti flessivi ed il verbo → [Gianni vide il ragazzo simpatico] La regola “murge” è una regola binaria = ad un elemento ne saldiamo un altro formando un elemento complesso, a questo ne saldiamo un altro ancora e andiamo avanti in questo modo. La nozione di costituente e la proprietà della combinazione binaria vengono formalizzate dalla GG mediante la nozione di sintagma (introdotto la volta scorsa). Che cos’è il sintagma? Costituente e sintagma non sono identici: il costituente può anche essere espresso con più sintagmi. Il sintagma è la costruzione minima che si compone di una testa e di eventuale materiale linguistico che può seguirla o precederla, questo materiale linguistico è strettamente vincolato con la testa stessa (vincolato mediante ragioni morfologiche o morfosintattiche d’accordo, ragioni semantiche di tratti contestuali, ecc.). Dal momento che ogni sintagma, così come si compone internamente, mostra delle similitudini strutturali la grammatica generativa le esprime mediante la “teoria della X-barra”, quindi tutte le combinazioni sintagmatiche avranno, secondo la teoria della x-barra, questo tipo di struttura: - si parte da una testa (X) [la testa deve esserci obbligatoriamente; abbiamo sintagmi che sono costituiti da un unico elemento, ovvero la testa, Es. “Gianni”]; - si proietta un livello intermedio (/\) che viene denominato “livello X una barra” (X’); Flex = flessione, T =tempo N = numero, P = persona I predicati, quindi, devono diventare argomenti e per fare ciò, i nomi comuni hanno bisogno della realizzazione di una forma di articolo → quello che fa l’articolo è trasformare i predicati in argomenti. In italiano troviamo gli articoli definiti/determinati (il, lo, la, i, gli, le), indefiniti/indeterminati (un, un’, uno, una) e dimostrativi (questo, codesto, quello, quel. questa, codesta, quella, quell' questi, codesti, quelli, quei, quegli. queste, codeste, quelle). Se utilizzo un articolo definito davanti ad un nome comune, quello che faccio è obbligare il mio interlocutore a trovare nel contesto chiuso l’entità a cui si riferisce il nome, quindi l’entità rilevante nel contesto chiuso. Questo obbligo che ha l’interlocutore di trovare questa entità può essere soddisfatto sia dal punto di vista delle coordinate in cui avviene la comunicazione, quindi spazio-temporale, ovvero si parla di un valore dattico che ha l’articolo definito, oppure rilevante nel contesto linguistico, ossia non nel contesto in cui avviene la comunicazione bensì in quanto si dice nell’enunciato e si parla di valore anaforico: Es. “per favore, chiudi la finestra” oppure “dammi la penna” → qui “finestra” e “penna” riferiscono ad un’entità che il mio interlocutore, per poter interpretare tuta la frase, deve recuperare il contesto in cui avviene la conversazione utilizzando le coordinate spaziali-temporali, cercando intorno l’oggetto penna e me la presterà oppure cercherà nel contesto l’entità che corrisponde alla finestra, si alza e la chiude. (Valore anaforico). Es. “ieri ho visto Roberto Saviano in televisione, lo scrittore ha presentato il suo ultimo libro” → “lo scrittore” può essere interpretato solo se si rivolge a Roberto Saviano (valore anaforico = riesce a recuperare il suo significato associandosi ad un elemento non ambiguo, quindi il nome proprio, che è stato enunciato precedentemente). Avendo questo valore, si dice che un’espressione nominale introdotta da un articolo definito ha un’interpretazione referenziale o anche un’interpretazione presupposizionale di cercare o recuperare nel contesto l’entità rilevante che coincide con la descrizione introdotta. L’articolo indefinito, invece, si comporta in modo diverso: fa sempre passare un predicato in argomento ma, quando io dico “passami una penna” oppure “uno scrittore ha presentato il suo ultimo libro” quello che faccio non è obbligare il mio interlocutore a recuperare nel contesto l’entità a cui l’espressione nominale si riferisce, bensì gli chiedo di scegliere un’entità tra la classe di entità a cui corrisponde il nome (le penne/gli scrittori). Gli articoli dimostrativi sono un po’ più forti rispetto all’articolo definito, nel senso che obbligano l’interlocutore a recuperare l’entità a cui si rivolge il nome nel contesto d’uso ma a questo sovrappone degli indicatori, quindi mette in relazione un elemento rispetto all’interlocutore e al parlante. La differenza tra l’articolo dimostrativo e l’articolo definito è che quest’ultimo è un elemento clitico, quindi, non può comparire da solo mentre il dimostrativo può comparire da solo, per cui questa differenza tra aggettivo dimostrativo e pronome dimostrativo, nella grammatica, non vale: il dimostrativo è un determinante, infatti è in distribuzione complementare con l’altro determinante (l’articolo) e può realizzare il suo argomento, il sintagma nominale, oppure può non realizzarlo. Lezione 7 – 18 ottobre Scorsa volta: proprietà della teoria di X-barra, la struttura interna di alcune proiezioni sintagmatiche in cui la testa è occupata da diverse categorie grammaticali (soprattutto lessicali). Abbiamo visto che la rappresentane delle espressioni nominali è diversa da quella del libro di Donati perché, durante l’evoluzione della GG, i determinanti non sono più rappresentati come specificatori dei NP ma proiettano loro stessi un proprio nodo sintagmatico indipendente, denominato DP (determinal phrase) e la sua testa selezionerà come argomento un NP. Il linguista che ha proposto nel 1987 il DP è Abney: prima di questo periodo, il determinante veniva considerato come elemento specificatore del NP. ES. “Il/un/questo libro di Gianni” Oltre ai determinanti, poter passare da predicato ad argomento viene permesso ai nomi comuni anche attraverso un quantificatore. Alcuni autori considerano i quantificatori come una sottoclasse dei determinanti ma ci sono motivazioni che dimostrano il contrario: i quantificatori non sono delle sottoclassi. In primis per il tipo di processo che implicano: la quantificazione non è uguale alla determinazione poiché se fossero dei determinanti, darebbero luogo a delle frasi agrammaticali se compaiono insieme ma ciò non è il caso. Es. “Entrambi/Tutti[Q] i[D] ragazzi” → non entrano sempre in distribuzione complementare. Quindi i quantificatori proiettano un loro nodo sintagmatica (QP) e selezionano a loro volta un DP. I quantificatori sono tutti quegli elementi che esprimono una quantità. I quantificatori propri sono espressi da un unico elemento lessicali, mentre quelli impropri sono quelli che esprimono una quantità relativa ad una classe di entità, solitamente sono costruzioni complessi (per esempio “la maggior parte di”, “un gran numero di”, etc.). I quantificatori propri sono suddivisi poi in:  universali → tutti/o, entrambi, ogni, ognuno, ciascuno.  non-universali/esistenziali → molto/i, poco/chi, alcuni, qualche, abbastanza, i numerali cardinali, nessuno/nessun, niente Qual è la differenza tra universali e non-universali? Universali → la quantità corrisponde alla totalità delle entità es. “tutti i ragazzi sono entrati in classe puntualmente” = tutta la totalità delle entità rilevanti nel contesto è entrata in classe puntualmente). Non è necessario che siano plurali perché “ogni” o “ciascuno”, indipendentemente dal tratto singolare/plurale, indica comunque una totalità es. ogni persona/ciascuno ha diritto → questi elementi comunque indicano una totalità). Non-universali/esistenziali → non esprimono la totalità dell’entità ma esprimono solo una parte es. “molti ragazzi sono venuti/poche persone/alcuni ragazzi” = non esprimono una totalità ma un numero piccolo o grande, può anche esprimere zero entità, come “nessun ragazzo”). Il nome “esistenziali” deriva dal loro comportamento sintattico nella lingua inglese perché i quantificatori esistenziali sono gli unici che possono comparire come (NB. argomenti interni come soggetto del verbo inglese “there be” → “there is” , “there are”). Questo verbo può avere come argomento interno, che corrisponde alla funzione grammaticale di soggetto, solo espressioni indefinite (articolo indefinito) o quantificatori non-universali. Queste costruzioni vengono chiamate “costruzioni esistenziali”, la corrispondente in italiano è “esserci”. Esistenziali perché predicano l’esistenza di qualche entità che introducono come elemento nuovo all’interno del discorso. Si differenziano anche per comportamento sintattico: gli universali si comportano come espressioni nominali definite mentre gli altri come espressioni nominali indefinite. Solo il complemento dei quantificatori universali può essere ripreso dal pronome clitico “lo” accusativo (che normalmente riprende espressioni nominali definite). Es. “ho visto [tutti [i tuoi allievi]DP]QP” → tutti i tuoi allievi = argomento interno del verbo; tutti = quantificatore universale; i tuoi allievi = complemento di “tutti” → ”li ho visti anch’io” o “li ho visti tutti anch’io”: “li” può riprendere solo il complemento (“i tuoi allievi”) o tutta la QP (“tutti i tuoi allievi”). gli esistenziali si comportano come espressioni nominali indefinite e il complemento che questi elementi selezionano può essere ripreso da un clitico ma dal clitico “ne”. Es. “ho visto [molti [ragazzi]DP]QP” → “Anch’io ne ho visti molti” ma non “*Ne ho visti tutti/due; Anch’io li ho visti”. Riguardo alle proprietà necessarie per determinare la buona combinazione grammaticale delle parole di una lingua per formare sintagmi, costituenti e frasi abbiamo visto: - tratti sintattici = categorie grammaticali di appartenente; - produzione del nodo sintagmatico ; - tratti Phi/di flessione = giustificano le relazioni tra certe parole e quali dovrebbero appartenere allo stesso sintagma o costituente. Un’altra proprietà sono i tratti contestuali, proprietà di tipo semantico: sono quelle relazioni semantiche che si stabiliscono tra una parola ed altre parole, estremamente rilevanti per la combinazione delle parole in sintagmi e nelle frasi. Es. “Maria sbuccia la mela” → “Maria” e “la mela” sono strettamente vincolate con l’evento di “sbucciare”, nessuno dei due può mancare, altrimenti la frase diventerebbe agrammaticale. Abbiamo detto “relazioni semantiche” perché l’evento del verbo sbucciare necessita dell’intervento di due attori: la mela e Maria; questi due attori vengono definiti come argomenti del verbo “sbucciare” e devono saldarsi obbligatoriamente con la testa lessicale che li seleziona. Questo è giustificato dal principio della proiezione esteso → sostiene che tutte le proprietà che si trovano nel lessico devono essere presenti a tutti i livelli di rappresentazione di una frase. Per cui, se si prende dal lessico “sbucciare”, allora è necessario prendere dal lessico anche “Maria” e “la mela” per costruire una combinazione ben formata. Le diverse categorie lessicali possono selezionare un argomento, più di uno o nessuno, dipende dal tipo di categoria lessicale. Prendendo come esempio la categoria verbi, ce ne sono alcuni che selezionano:  0 argomentali = zero valenti o zero argomentali → Es. piovere, nevicare, grandinare; Es. “Ho letto un libro in biblioteca” → “in biblioteca” = locativo ma non è un argomento del verbo ma un aggiunto - Il locativo potrebbe anche essere un soggetto: Es. “La lista contiene il suo nome” → “La lista” = soggetto, locativo (è possibile esprimere lo stesso contenuto proposizionale utilizzando la preposizione “in” Es. il suo nome compare nella lista). L’assegnazione dei ruoli tematici agli argomenti viene regolata dalla teoria tematica: secondo Chomsky “Ogni argomento riceve uno e un solo ruolo tematico; ad ogni argomento è assegnato uno e un solo ruolo tematico”. Questa teoria tematica spiega come funziona la necessità degli argomenti e giustifica l’agrammaticalità di frasi come: Es. “*Maria sbuccia la mela la pera” → sbucciare è bivalente ma ci sono 3 espressioni, perciò una di queste non riceve un ruolo tematico “*Maria ha dato il libro” → dare = trivalente, manca il destinatario La teoria tematica sostiene che, nel lessico, ogni parola sia provista di una griglia tematica: questa griglia sarà poi funzionale a descrivere i ruoli tematici che vengono assegnati agli argomenti selezionati da quella determinata categoria lessicale. ES. Sbucciare <agente, tema> (Maria sbuccia la mela) Cadere <tema> (Gianni cade) Lavorare <agente> (Paolo lavora) Dare <agente, tema, destinatario> (Maria dà il libro a Gianni) Piovere <Ø> Per quelle categorie lessicali es. verbi) che assegnano più di un ruolo tematico, la griglia tematica non specifica a quale funzione grammaticali es. soggetto) questi ruoli tematici corrispondono, quindi per poter risolvere questo problema, si propone che esista una gerarchia universale che va dal ruolo tematico meno prominente a quelli più prominenti. - PROM Tema Benefattivo , Locativo, Destinatari o Esperiente Agente, Causa, Strumento + PROM L’ipotesi: all’interno di una griglia tematica che contiene più di un argomento, l’argomento che riceve il ruolo tematico meno prominente corrisponderà all’oggetto diretto mentre quello che corrisponde al ruolo tematico più prominente verrà rappresentato come soggetto. ES. <esperiente, tema> → esperiente sarà il soggetto <agente, tema, destinatario> → agente = soggetto Il ruolo tematico di agente è riconoscibile normalmente per proprietà sintattiche che il verbo e tutta la costruzione esprime: se il verbo è un verbo agentivo, ammette avverbi di volontà es. volontariamente, apposta), complementi di fine/complementi preposizionali finali es. per mangiare), frasi passive (se il verbo è transitivo. NB la trasformatine in frase passiva però non è ammessa a tutti i verbi transitivi ma solo ai verbi bivalenti che selezionano un agente, o in maniera parziale un esperiente, come argomento esterno) Es. “Maria sbuccia volontariamente/apposta la mela” “Maria sbuccia la mela per mangiarsela” “La mela è stata sbucciata da Maria” NB. La lista contiene il suo nome (la lista = locativo) → *Il suo nome è stato contenuto dalla lista Lezione 8 – 25 ottobre Scorsa volta: ruoli tematici e teoria tematica (= permette di individuare, quando a all’interno di una griglia tematici ci sono più elementi, quali argomenti coincidono con il soggetto). Secondo questa gerarchia tematica di valore universale, il ruolo tematico più prominente coincide con il soggetto mentre quello meno coincide con l’oggetto diretto. Abbiamo visto poi le proprietà che permettono di individuare quando un’espressione nominale riceve il ruolo tematico di agente. Il soggetto può non essere l’agente ma il suo ruolo tematico è comunque il più prominente nella griglia. Ricapitolando: - ruolo tematico più prominente = argomento esterno (= soggetto); - meno prominente = argomento interno (=oggetto) Queste diverse denominazioni derivano dal fatto che a volte la scelta del ruolo tematico da parte dell’argomento più prominente viene stabilita non solo dal nucleo lessicale verbo (ovvero testa verbo) ma dal verbo insieme con il suo complemento/argomento interno. Es. verbo “mangiare”, possiamo generare costruzioni diverse: 1. Gianni ha mangiato la mela → “mangiare la mela” corrisponde ad un evento, perciò, Gianni corrisponde ad Agente (volontariamente dà inizio all’azione descritta dal predicato). 2. Gianni ha mangiato la foglia → “mangiare la foglia” è una struttura idiomatica, perciò succede che Gianni non è l’agente ma corrisponde all’Esperiente perché “mangiare la foglia” significa accorgersi di qualcosa non esplicitato. Queste 2 frasi, perciò, giustificano che è tutto il predicato responsabile dell’assegnazione del ruolo tematico al soggetto. Sulla base di queste riflessioni, la teoria linguistica è giunta a proporre, per quanto riguarda la rappresentazione strutturale di tutte quelle proprietà che si realizzano all’interno di frasi e sintagmi, che gli argomenti del verbo devono saldarsi all’interno del primo nodo sintagmatico, ovvero che all’interno del nodo sintagmatico si saldano gli argomenti del verbo. Di conseguenza, pensando a “Gianni mangia la mela”, il VP troverà nella posizione di specificatore l’argomento esterno, mentre “la mela” è l’argomento interno: Quindi il soggetto non si salda all’interno del sintagma di flessione (IP) ma all’interno del sintagma verbale. Perciò all’interno di questa proiezione massimale (VP) troviamo la sua testa e i suoi eventuali argomenti. Questo tipo di rappresentazione la possiamo applicare anche al NP: Es. [DP la [NP sua risposta al giudice]] - “risposta” = nome deverbale, ovvero che procede dal verbo corrispondente “rispondere”; - “al giudice” = argomento interno di NP, perciò si trova nella posizione di complemento. - “in aula D” = luogo in cui avviene l’evento - “durante la lezione” = specifica il tempo in cui l’azione avviene. Questi sono informazioni aggiuntive che riguardano il modo, luogo e tempo dell’azione ma non necessariamente obbligatorie, perciò non fanno parte della griglia tematica. Non c’è un limite nella produzione di circostanziali, tutto dipende dal tipo di verbo e i ruoli tematici che assegna, però hanno un ordine non-marcato/canonico in cui si realizzano. A differenza degli argomenti, gli aggiunti possono comparire in posizioni diverse senza dare luogo a interpretazioni diverse dell’intera costruzione. Tutti i circostanziali vengono rappresentati in posizioni superiori alla proiezione VP dando luogo ad una duplicazione del nodo sintagmatico stesso, è possibile avere anche più duplicazioni. Es. “Lo studente risponde al professore durante la lezione” Lo stesso avviene con NP: Es. “La sua risposta al professore durante la lezione” Il DP con il suo nucleo “la” si troverà sopra di tutta la costruzione sottostante, domina tutto ciò che c’è all’interno di NP. Da ricordare che DP è l’intera espressione nominale, la parte riquadrata del DP fornisce informazioni che riguardano il tipo di riferimento che ha l’espressione nominale (se l’interlocutore deve recuperarlo o lo introduce nel contesto) e rappresenta l’area referenziale, mentre da NP in giù abbiamo l’area argomentale (dove si esprime i tratti di connotazione dell’espressione nominale, perciò il suo nucleo, complementi e modificatori). NB. l’aggiunzione si fa con il nodo sintagmatico massimale, che si duplica, perché è l’aggiunto ha a che fare con l’evento: avviene una duplicazione del nodo massimale perché l’aggiunto si trova a di fuori delle relazioni che si stabiliscono all’interno del primo livello di proiezione (ovvero del 1° XP). In base a quanti aggiunti ci sono, si duplicano poi i XP. Non si duplica il nodo X’, lui proietta i costituenti e quest’ultimi non possono stare sotto un X’ reduplicato perché riescono a muovere. Nel caso di ambiguità strutturale come: Es. “Gianni guarda la ragazza col cannocchiale” - (1°) “con cannocchiale” = aggiunto che dipende dal “guarda”, si tratta di un aggiunto all’evento - (2°) “con cannocchiale” = ragazza ha il cannocchiale, perciò è un modificatore di DP. Es. “Filù guarda la luna con il telescopio in camera” - (1°) Filù si trova fisicamente in camera e quindi “in camera” e “con il telescopio” dipendono dal VP, perché vanno a modificare entrambi l’espressione “Filù guarda la luna” - “Filù”, “la luna” = argomento esterno e interno; - “con il telescopio” = aggiunto, strumento; - “in camera” = aggiunto, locativo - (2) interpretazione → Filù guarda con il telescopio, il quale si trova in camera. Perciò “in camera” è un modificatore del nome “telescopio” CAPITOLO 4: SINTASSI Un’operazione in sintassi è quella di Merge/Salda → un’operazione che mette insieme le parole di una lingua, in determinati modi e forme utilizzando proprietà delle varie parole (tratti di flessione, tratti contestuali come ruoli tematici, argomenti o non, categoria grammaticale). Un’altra regola che opera in sintassi è la regola “muovi”: diversamente da come dice la regola Salda, molti dei costituenti che compaiono in una posizione non canonica/non standard. Es. “che cosa guardava <__>?” “la luna” Rispondendo “la luna” si capisce che “che cosa” viene interpretato come l’argomento del verbo “guardare” ma non si trova nella posizione canonica subito dopo verbo. Questo elemento compare in quella posizione perché si è applica la regola di movimento che, una volta saldato come oggetto diretto del verbo “guardare”, si muove ad una posizione più alta nell’albero che precede tutta la costruzione frasale. Indica inoltre un tipo di modalità diverso dalla modalità che ha “guardava la luna”, ovvero una frase standard dell’italiano, dichiarativa che segue l’ordine tipologico SVO con complementi sempre dopo il nucleo che li seleziona; in questo caso invece la frase ha una modalità interrogativa. Perciò la differenza che lega queste 2 ostruzioni ha a che fare con le loro diverse modalità. Es. “Gianni guarda Maria/la sorella di Gianni” → Gianni la/le guarda (“la” è in posizione proclitica). posizione proclitica = quando il verbo è in forma flessa. Es. “Gianni vuole guardarla” → il pronome segue il verbo, la posizione è adiacente al verbo, posizione enclitica. posizione enclitica = quando il verbo non esprime tratti di tempo o di accordo col soggetto. Se abbiamo il clitico non possiamo avere nessun costituente nominale nella posizione di base: -*Gianni la guarda lei - *Gianni la guarda la sorella di Franco → eccesso di argomenti (teoria tematica violata) Con altre forme clitiche il movimento, come propone la Donati, viene anche motivato dal punto di vista morfo-fonologico, e il caso che prendo è per esempio quello del clitico “ne”: Es. Ho visto [una luna enorme] Ho visto [un’_ enorme luna] Cliticizzazione → ne ho vista una _ enorme *ne ho vista un’enorme → “enorme” non è adiacente a “una” poiché la cancellazione vocalica non si può effettuare in quanto, tra “una” e “enorme” è presente materiale linguistico invisibile (traccia): Es. “ne t ho vista una t/ne enorme” → t/ne = NP La struttura sarebbe: Nel generare costruzioni linguistiche possiamo/dobbiamo muovere una testa/sintagma → nella grammatica generativa su dimostra che esistano due tipi di movimenti differenti: 1. Movimento di un X (testa) 2. Movimento di un XP (sintagma) 1. Movimento di un X (testa) Esempio proposto da Donati → “John will go” = dichiarativa → “Will John go?” = interrogativa totale (totale poiché si formula una domanda su tutto il contenuto proposizionale della frase) Pensando al movimento pensiamo a due ipotesi: A. soggetto che si muove a destra di will; B. will che si muove a sinistra del soggetto. A. Trovare dati empirici per corroborare o falsificare l’ipotesi: Es. Definitely (avverbio) può modificare il contenuto del sintagma verbale; compare sempre dopo il soggetto e prima del verbo → es. John definitely will go → (1ª ipotesi) nella formazione della frase interrogativa è “John” che si muove dopo l’ausiliare e si applica all’esempio: “*John Definitely will John go” → Ipotesi falsificata poiché agrammaticale B. Es. “Will John definitely will go?” (grammaticale) → Struttura della frase “John will go”: lo spostamento di “will” a sinistra del soggetto è un movimento che rende la frase corretta; l’avverbio divide i due elementi. Questo dimostra che è sempre l’ausiliare a muoversi in una posizione superiore ma qual è la posizione? Il movimento sintattico genera sempre struttura: un elemento entrerà in sintassi saldandosi con una determinata posizione, se poi questo elemento viene interessato da una regola di movimento genererà una struttura sempre superiore a quella appena creata e potrà essere una proiezione sintagmatica superiore, oppure potrà occupare determinate posizioni * ll Il sintagma complementatore si crea poiché è una frase interrogativa. Il CP rappresenta la modalità interrogativa della frase, quindi come la rappresentiamo? Dal punto di vista della rappresentazione attraverso CP. Es. Ho detto [che arriverà domani] → subordinata. Ho chiesto [se arriverà domani] → interrogativa indiretta, ce lo dice il “se”. La posizione che “will” occupa è CP e possiamo giustificala poiché in inglese se appaiono “if” o “whether”, “will” non può comparire come testa in quanto ci può essere solo un elemento: Es. *I wonder [CP[C if/whether will [TP john _ go]] I wonder [CP[C if/whether][TP john will go] Movimento di teste locale = quando una testa viene sottoposta a movimento sintattico, questo movimento deve esser nella prima testa disponibile, la più vicina: (Donati) Es. John will have gone ≠ will go - ha due ausiliari (will e have) - ne ha uno solo (will) L’interrogativa sarebbe: Will John __ have gone? *Have John will __ gone? Perchè “*Have John will __ gone?” è agrammaticale? “Have” nel movimento ha superato un’altra posizione di testa per lui disponibile, quella occupata da “will”. La categoria che si muove deve essere quella il cui movimento è più corto rispetto ad un’altra che invece potrebbe sperare una posizione intermedia. (prossima pagina) Lezione 10 – 15 novembre La scorsa volta abbiamo visto come opera la regola “muovi”: - quando un elemento interessato al movimento è una testa, questo si muove in una posizione gerarchicamente superiore e genera struttura/realizza posizioni già create, dove prima non c’era nessun elemento; - quando l’elemento interessato è un XP, il movimento è sempre verso alto, generando struttura e la posizione di arrivo è sempre quella di SpecCP, quando il movimento è un movimento del sintagma WH. In base al tipo di sintagma, le posizioni saranno differenti. Il movimento del sintagma Wh (interessato alla formazione di frasi relative parziali) può essere un movimento iterativo, ovvero che un sintagma WH può non solo muoversi dalla sua posizione argomentale a quello del SpecCP superiore ma anche del SpecCP di un’altra frase principale, di cui il CP inferiore è subordinato. movimento iterativo = movimento a piccoli passi, locale. È un movimento che si ripete ed è composto da più passi intermedi. Es. [Che cosa] dici che guardava <__>? L’elemento [che cosa] corrisponde all’argomento interno del verbo guardare. Questo verbo fa parte dell’area argomentale della frase subordinata (che vediamo attraverso la presenza del complementatore “che”). Diversamente da casi semplici di movimenti semplici/non iterato, la costruzione non è “che cosa guardava” ma è “che cosa dici”. [Che cosa] (caratterizzato dal tratto +Wh = operatore che indica una frase interrogativa parziale) non si limita solo di muoversi in questa posizione: Che cosa dici [<_>] che guardava <_>? Ma diventa ospite dello SpecCP della frase principale, di cui verbo è “dire”. [Che cosa] dici [<_>] che guardava <_>? In questi casi, il movimento non può essere diretto, ovvero dall’argomento interno di “guardare” non può spostarsi direttamente allo specificatore della frase principale. Come motivare che sia un movimento iterato? Lo capiamo perché se la posizione del SpecCP subordinato è occupata da qualche elemento, allora [che cosa] non potrà spostarsi. Se cerchiamo di muoverlo lo stesso, la frase risulterà agrammaticale. Es. *[CP Che cosa [TP pro dici [CP chi [TP __ guardava __ ]]]] Per generare questa frase, abbiamo sottoposto a movimento sintattico: 1° l’argomento esterno (soggetto) di guardava in una posizione di specificatore del CP subordinato 2° movimento dell’argomento interno alla posizione di specificatore di “dici” → Il secondo movimento è impossibile, perciò la frase risulta agrammaticale. La grammaticalità di una frase come: “dici chi guardava la TV” → dipende dal fatto che il verbo “dire” seleziona frasi subordinate, che non devono essere interrogative ma solo dichiarative; perciò, non è possibile creare una frase interrogativa parziale quando il verbo della frase principale è “dire”. Ma, prendendo come esempio un altro verbo: “non sai chi guardava” → in questo caso, il movimento non è più agrammaticale perché il verbo “sapere” può selezionare una subordinata interrogativa, specie quando appare in forma negativa. “Non so [che cosa ha detto Maria]” → la frase subordinata è un’interrogativa, la frase infatti resta sempre grammaticale. I verbi come “dire” o “credere” non possono mai selezionare una frase subordinata interrogativa, totale o parziale. Le interrogative subordinate totali sono introdotte dal complementatore “se” (non so se Gianni arriverà in tempo). Andando a sostituire il verbo “dire” con “sapere”: [CP Che cosa [TP pro non sai [CP chi [TP __ guardava __ ]]]] → la grammaticalità di questo tipo di costruzione sta nel fatto che non possiamo muovere [che cosa] nella posizione di specificatore della frase principale e non del fatto che non possiamo muovere “chi” nel SpecCP subordinata. Quindi per poter uscire da una frase subordinata un elemento deve salire per forza da una posizione di specificazione della frase subordinata vuoto/disponibile. Da questo comportamento, possiamo dedurre che il movimento di un costituente XP (sintagma, testa) sono dei movimenti locali, ovvero ogni elemento (sia testa che sintagma), che è interessato ad un movimento sintattico, deve muoversi alla prima posizione superiore compatibile con il suo movimento. Se questa posizione superiore è occupata allora questo elemento non può muoversi. La scorsa volta abbiamo visto i movimenti dei sintagmi WH (caratterizzati da una informazione interrogativa), un altro caso di movimento del costituente (quindi XP) potrebbe essere rappresentato da un movimento di DP (espressione nominale). MOVIMENTO XP, esemplificato da un DP e non da uno Wh Un esempio di questo movimento è rappresentato dal movimento dell’argomento esterno del verbo, dalla sua posizione di SpecVP ad una posizione di SpecTP (Tense Phrase). Es. “Gianni ha guardato la luna” NB. La generazione di questa frase parte sempre dal basso verso l’alto (da elementi semplici per poi andare a saldare altri elementi, rendo la struttura più complessa) Si salda prima il verbo (VP), poi i suoi argomenti. → Questa rappresenta l’area argomentale della frase Area argomentale = area dove troviamo il verbo (che esprime un evento) e i suoi relativi argomenti, a cui assegna i ruoli tematici. A questo punto si aggiungono al VP, altre proprietà grammaticali, tipiche della frase → il tempo, che proietta una sua proiezione massimale e nel suo nucleo troviamo i tratti di tempo che sono specifici delle forme verbali. In questo caso troviamo l’ausiliare: questo è un elemento funzionale, di per sé non esprime nulla (non ha nessun valore semantico) ma esprime i tratti di tempo, modo e i tratti phi (di natura nominale, persone e numero). “Ha” = esprimerà i tratti di tempo presente, modo indicativo, aspetto perfettivo (questi sono tratti specifici, inerenti, interpretabili del verbo proprio); tratti di persona e numero (tratti-phi, quest’ultimi non sono intrinseci al verbo stesso ma dipendono dalla relazione che si stabilisce tra il verbo e il suo argomento esterno). Poiché questi tratti-phi non sono interpretabili, per questo vanno valutati. Per valutarli devono mettersi in stretto contatto con l’argomento esterno del verbo. La stretta relazione può avvenire obbligando/richiedendo che l’argomento esterno del verbo, dalla sua posizione saldata per ricevere ruolo tematico, si muova alla posizione di SpecTP (tracciando una traccia “ti”), diventando così il soggetto strutturale. Da questa posizione è possibile, tramite il meccanismo dell’Accordo (o Agree) tra testa T (ha) e SpecTP (Gianni), l’ausiliare può valutare questi tratti di persona e numero, scegliendo in questo caso la 3° persona singolare. Questa zona viene definita area funzionale, dove troviamo tutte le informazioni grammaticali che ci interessano in relazione alla frase (aspetto, tempo, modo, accordo tra soggetto e verbo. sono tutte relazioni che hanno a che fare con la semantica). Questo è quindi un esempio del movimento di DP, il movimento è quindi da specificatore a specificatore di una proiezione sintagmatica superiore. Se invece di “ha guardato”, avessimo “Gianni guarda la luna” I tratti di flessione lo vediamo che è presente nel verbo lessicale, più precisamente in questo caso nel suffisso –a (tempo presente, modo indicativo, aspetto imperfettivo, oltre ai tratti-phi). Il verbo, essendo nella testa di VP, deve muoversi alla testa di TP per inglobare i tratti di flessione dell’affisso → il movimento è possibile perché non essendoci un ausiliare, la posizione di testa resta vuoto. Anche qui si presenta la questione che vanno valutati i tratti-phi mediante l’accordo, perciò di nuovo l’argomento esterno del verbo dovrà muoversi alla posizione di SpecTP, dove sceglierà i tratti di persona e numero adeguati mediante l’accordo. Lo stesso movimento sintattico può interessare anche l’argomento interno, succede quando una costruzione è passiva. Es. “La luna è guardata (da Gianni)” → guardando questa costruzione, il verbo rimane lo stesso però la frase generata specifica che l’elemento DP, che assume la funzione grammaticale di soggetto, corrisponde all’argomento interno del verbo “guardare”.
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