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Struttura della frase e morfemi: analisi sintattica e fonetica, Appunti di Linguistica

Una introduzione alla struttura di una frase semplice in lingua italiana, con un focus sulla sintassi e sulla morfologia. Viene spiegato come il soggetto completa il significato del verbo e concorda con esso, e come i complementi oggetto e indiretti completano la frase. Inoltre, viene presentato il concetto di nucleo e valenza del verbo, e la distinzione tra argomenti necessari e extranucleari. Inoltre, viene introdotto il concetto di sintassi marcata e i suoi ordini, insieme ai costrutti specifici. Infine, viene discusso il concetto di morfemi, sia lessicali che grammaticali, e come essi contribuiscono alla formazione di nuove parole. Una base solida per chi vuole approfondire la grammatica italiana.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 03/06/2019

abcdefgh9999
abcdefgh9999 🇮🇹

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Scarica Struttura della frase e morfemi: analisi sintattica e fonetica e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! 21.02.2019 SINTASSI -Frase semplice è costituita da una singola proposizione indipendente. -Frase complessa o periodo è costituita dall’unione di più proposizioni. Un tipo di frase complessa è la coordinazione o la paratassi (es. ha preso le chiavi ed è uscito). Un altro è la subordinazione o ipotassi (es. ha dimenticato le chiavi perché è uscito di corsa) La proposizione si può definire l’unità di base della sintassi all’interno di un periodo. La struttura della frase semplice - il soggetto (espresso o sottinteso) è il primo elemento che completa il significato del verbo, e concorda con esso dal punto di vista grammaticale. il soggetto grammaticale può non coincidere con il soggetto logico (es. il topo è inseguito dal gatto sogg. Grammaticale: topo, sogg. Logico: gatto che compie l’azione). Il soggetto può essere un nome, un pronome, un verbo ecc. - predicato verbale o nominale: indicano lo stato e l’azione attribuiti al soggetto. Il primo è costituito da verbi predicativi, che hanno significato compiuto, il secondo costituito da verbi (verbi copulativi) seguiti da un nome o da un aggettivo con funzione predicativa. - complemento oggetto e complementi indiretti: il primo è ciò su cui ricade l’azione compiuta dal soggetto ed espressa dal predicato (senza uso di preposizioni), i complementi indiretti sono gli elementi che completano ulteriormente il significato della frase e sono introdotti da preposizioni. - attributo: aggettivo che determina o qualifica il sostantivo a cui si riferisce, con cui concorda in genere e in numero. - apposizione: sostantivo che accompagna un altro sostantivo per caratterizzarlo e specificarlo meglio. Prospettiva di analisi della linguistica strutturalista Si sviluppa grazie a Lucien Tesnière (attorno al 1950): modello di analisi basato sulla struttura argomentale del verbo ( elemento centrale in grado di vincolare a sé gli altri elementi della frase). nucleo: insieme del verbo e dei suoi argomenti (elementi necessari al completamento della frase) Valenza del verbo: nella frase è necessario un certo numero di argomenti per saturare il significato del verbo. In base a questo ci sono verbi zerovalenti, monovalenti, bivalenti... ecc. - Verbi zerovalenti: piove, nevica, grandina (i verbi meteorologici). A meno che non si usi con un altro significato (es. piovono soldi). SI dice anche verbo a zero posti. - verbi monovalenti (necessitano di un soggetto): il gatto miagola; io corro… verbi intransitivi. Si dice anche verbi a due posti. - verbi bivalenti (necessitano di due argomenti: un soggetto e un oggetto o un complemento indiretto): Dario legge un romanzo; Dario abita a Milano. - verbi trivalenti: (necessitano di tre argomenti: un soggetto, un oggetto e un oggetto indiretto): Dario ha inviato un messaggio a Luca; io do un regalo alla mamma. - verbi tetravalenti: l’azienda mi ha trasferito dalla sede di Roma a quella di Milano; l’interprete ha tradotto il discorso dal tedesco all’italiano. Un verbo può avere un numero di valenze diverse a seconda del significato che assume (verbi polisemici verbi con valenza variabile). Es. Carla ha abbandonato la gara (bivalente)/ Carla ha abbandonato le braccia lungo i fianchi (trivalente) Es. Questa lezione tratta della sintassi / alcune aziende alimentari trattano i cibi con conservanti nocivi. Il verbo insieme agli argomenti forma il nucleo della frase, ma possono esserci anche complementi meno essenziali al significato del verbo, ovvero gli elementi extranucleari o circostanziali, elementi aggiuntivi che specificano uno o più costituenti del nucleo o che si riferiscono all’intera frase. es . La sera, dopo cena, Marco legge un libro sul divano del soggiorno. / sinceramente, non sono d’accordo con te. Vantaggi del modello di Tesnière: - è valido per più lingue - più efficace per la didattica delle lingue. La prospettiva di analisi della linguistica pragmatica: Il nuovo o rema o comment è l’elemento che all’interno dell’enunciato rappresenta la novità informativa, portatore di un’informazione nuova. es. (Ha telefonato qualcuno?) Ha telefonato la nonna. es. (Quando vai in piscina) In piscina ci vado domani. es. (Parliamo di Anna) Anna studia? Il dato o tema o topic è ciò a cui si riferisce il rema, è l’elemento dato, l’informazione già nota che spesso coincide con il soggetto, non sempre. Progressione tematica: (cap.3) è il modo in cui tema e rema si susseguono nella concatenazione delle frasi. - progressione a tema costante: le frasi hanno lo stesso tema - progressione lineare (o tema-rema): le frasi si agganciano l’una all’altra usando come tema il rema della frase precedente. es. Il corso si conclude con un test. Il test consiste in una serie di domande sugli argomenti trattati nelle dispense. Le dispense sono reperibili in biblioteca. Sintagma: “Gruppo di parole che costituiscono un’unità nella frase”. Può essere anche definito un’unità intermedia tra la parola e la frase. es. La ragazza (sintagma nominale) legge un libro (s. verbale) La ragazza bionda (s.n.) legge un libro di storia (s.v.) La ragazza bionda di Milano (s.n.) legge un libro di storia medievale (s.v.) - I sintagmi sono intercambiabili (posso combinare gli elementi del s.n. con quelli del s.v.) - costituiscono un’unità sintattica coesa - possono essere enunciati in isolamento, cioè possono costituire frasi autonome (chi legge un libro? La ragazza). Stile nominale: caratterizzato da una maggiore presenza di frasi nominali (prive di verbi) rispetto a frasi verbali. L’elemento principale del sintagma è la testa del sintagma che in una frase nominale è un sostantivo, in un sintagma verbale è il verbo. I vari tipi di sintagma si distinguono in base alla testa di essi. - sintagma nominale la tua casa è bella - sintagma verbale: siamo arrivati in tempo - sintagma aggettivale: sono orgoglioso delle sue vittorie. - sintagma preposizionale: Maria gode di ottima salute. - sintagma avverbiale: Maria ha mangiato molto velocemente. Ordine delle parole e sintassi marcata La sintassi marcata si usa per dare particolare enfasi ad alcuni elementi, utilizzati più spesso nella lingua parlata Ordine basico o non marcato: Soggetto-Verbo-Oggetto (SVO) o SVOOI Ordine marcato: variazione nella collocazione degli elementi nucleari della frase (gli elementi circostanziali possono posizionarsi con più libertà) Inversioni rispetto all’ordine diretto: VSO, OSV (il caffè devi comprare!), OVS (lo prendi tu?), OSV, VOS (prendilo tu!) Qualificativi: attributivi (un ragazzo allegro); predicativi (quel ragazzo è allegro), avverbiali (gli piace guidare veloce) descrive un verbo, veloce è riferito al verbo guidare. Determinativi: possessivi (la mia ragazza); dimostrativi (questa ragazza); indefiniti (alcune ragazze); interrogativi (quale ragazza?); esclamativi (che ragazza!), ordinali (dieci ragazze) Variazione di forme ma anche semantica, una flessione del significato. Pronomi Il pronome indica una parola che può sostituire il nome o un altro elemento della frase o addirittura un’intera frase. Sono parole vuote e variabili. Personali (io, tu), possessivi (il mio), dimostrativi (quello non va bene), indefiniti (alcuni sbagliano); interrogativi (chi è arrivato?); relativi (la casa che ho comprato) che ci permettono di aprire una parentesi nel discorso. I pronomi nell’italiano ‘neostandard’: -egli/ella/essi lui/lei/loro come soggetto (Manzoni); -esso/a lui/lei Verbo “È una parola variabile indicante: a) un’azione che il soggetto compie o subisce; b) l’esistenza o lo stato del soggetto; c) il rapporto tra soggetto e nome del predicato”. Sono parole variabili e piene. Variazioni morfologiche: modo; tempo; persona; diatesi (attiva/passiva) Verbo: la grammatica valenziale Secondo alcuni linguisti come Sabatini, il verbo è il nucleo della frase attorno alla quale si articolano le altre parti della frase. Le parti invariabili Congiunzioni e/ed, Avverbi, interiezioni (ehm, ah, beh), segnali discorsivi (connettivi, demarcativi ecc.) Parole piene e invariabili Italiano ‘neostandard’: “tipo” come avverbio (lui pensa tipo che...; tipo che sono andato là e c'erano...). Questo uso non è ancora registrato dai dizionari italiani. “tipo” è sostantivo che passa ad avverbio: processo di grammaticalizzazione. Tipologia linguistica Le lingue sono classificabili su base morfologica. Ad esempio ci sono lingue isolanti (i suoi termini son quasi totalmente privi di declinazioni e flessioni), come quella vietnamita (es. toi chung= “io” “plurale”=noi”), oppure agglutinanti (parole costituite dall'unione di più morfemi) come il turco (ellerimde= el- mano, ler= plurale, ecc.), o polisintetiche (possibilità di fondere elementi logici e grammaticali in un’unità) come l’eschimese. 25.02.2019 FONETICA Fonetica - Fonologia - Grafia = tre zone della linguistica che si occupano di tre cose diverse. Fonetica: Branca della linguistica che si occupa della materialità dell’espressione; studia la produzione e la percezione dei suoni (foni), cosa avviene quando pronunciamo una parola. → Parte della linguistica che si occupa dello studio dei suoni prodotti dall’essere umano intenzionato a produrre una forma di comunicazione = siamo nella dimensione dell’oralità. → La fonetica si distingue in tre tipi di studi: 1) articolatoria: produzione fisica dei suoni (apparato fonatorio) 2) acustica: caratteristiche fisiche dei suoni e la loro propagazione 3) sensitiva: ricezione dei suoni prodotti (apparato uditivo) Si occupa quindi della produzione → propagazione → ricezione dei suoni. Fonologia: Branca della linguistica che si occupa della forma dell’espressione; studia come i foni divengano unità linguistiche con valore distintivo (fonemi). Si occupa di come un suono assuma una certa forma per dare un certo significato. Un certo suono assume un certo significato essendo diverso dagli altri e questa opposizione è la caratteristica basilare del linguaggio. Riconoscendo la distinzione dei suoni iniziamo a comprendere il linguaggio. Basta la minima distinzione di suono per creare una distinzione di senso → cosi si creano le coppie minime. Quindi: la fonetica si occupa dei Foni = suoni fisicamente intesi La fonologia si occupa dei Fonemi = possibilità dei foni di acquisire un senso, distinguendosi. L’unione di suono e senso rappresenta il linguaggio stesso = è una cosa convenzionale e non naturale. Bisogna riconoscere i suoni come unita linguistiche minime che hanno un senso. Grafia: Non c’è una connessione naturale tra il suono e il simbolo che lo rappresenta → Modo convenzionale di rappresentazione dei suoni di una lingua tramite segni scritti. L’insieme dei segni forma l’alfabeto. I segni scritti seguono, in modo convenzionale, i suoni prodotti oralmente. → É il modo con cui parla una certa lingua e la rappresenta in modo scritto. Alfabeto fonetico: Sistema di segni caratterizzato dalla piena corrispondenza tra ogni singolo segno e ogni singolo suono. Doppia articolazione: consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è articolato a due livelli nettamente diversi. A un primo livello è organizzato e scomponibile in unità che sono ancora portatrici di significato (prima articolazione) gatto è scomponibile in due 'pezzi' più piccoli, gatt- e -o, che recano un proprio significato ("felino" e "singolare"). Le unità minime di prima articolazione, i 'morfemi', sono associazioni di un significante e un significato. A un secondo livello (seconda articolazione), sono a loro volta scomponibili in unità più piccole che non sono più portatrici di significato autonomo, sono cioè meri pezzi di significante, e che combinandosi insieme in successione danno luogo alle entità di prima articolazione: il morfema gatt- è scomponibile nei suoni g, a, t, t. Tali elementi, che non sono più segni in quanto non hanno un significato e che chiameremo 'fonemi' costituiscono le unità minime di seconda articolazione. Ogni singola parola o forma linguistica, attraverso la conoscenza e la consapevolezza che in ogni forma d’espressione ritroviamo due binari di formazione di quella parola. → ogni volta che si pronuncia qualche cosa si agisce su due livelli diversi: 1) livello fisico/fonetico: produzione di suoni che acquisiscono un valore, quindi la produzione di fonemi distinti tra loro. Mentre fisicamente acquisiamo un suono, nel frattempo riflettiamo sul 2) significato lessicale e sul valore grammaticale che gli stiamo dando. Ad esempio quando pronunciamo la parola “gatto” stiamo facendo sia un atto fisico di pronuncia, ma ci accorgiamo anche che la prima parte di suoni ci da quel valore lessicale e la fine da una certa informazione grammaticale (genere e numero). Vocalismo Le vocali sono foni prodotti senza che l’aria incontri alcuno ostacolo uscendo dalla bocca. In posizione atona (senza accento) sono 5, ma in posizione tonica sono 7. Si parla di triangolo vocalico perché si passa da: una vocale centrale di massima apertura, ossia la “a”, a un maggiore grado di chiusura con “o” ed “e”. Le vocali che sono più in alto nel triangolo la “i” e la “u” sono quelle di maggior chiusura. Questo schema del vocalismo è tipico del fiorentino → che è stato un modello di riferimento. Le consonanti suonano insieme a qualcos’altro, hanno bisogno di appoggiarsi a qualche cosa. Esse si distinguono in base a tre caratteristiche: - punto di articolazione: - modo di articolazione - caratteristica propria: sonorità o sordità La distanza che c’è tra la grafia e la fonetica la si vede da un confronto tra l’alfabeto italiano e l’alfabeto fonetico corrispondente. Nell’alfabeto italiano abbiamo i segni che tutti conosciamo (le 21 lettere, a cui si potrebbero aggiungere delle lettere che prendiamo all’inglese) ci sono alcuni grafemi che corrispondono a più suoni. Ad esempio: → fricativa alveolare “z” ha due segni nell’alfabeto fonetico. Le parole “zio” “zaino”: sono suoni che comportano delle lievi differenze nel momento in cui le pronunciamo. L’alfabeto grafico italiano non rappresenta graficamente la differenza, ma utilizza un segno solo. > Alcuni grafemi corrispondono a più foni. Esistono delle lettere come la “H” che non hanno un valore fonetico, ma solo diacritico = ossia che distingue, ad esempio la “o” dall’indicativo presente. Es. chiave con ch, per distinguerlo da ciao La “Q” è sovrabbondante, perché ha lo stesso valore fonetico della lettera “C”, quindi ha un valore più o meno diacritico. > Ci sono dei fonemi che non sono rappresentati da rispettivi grafemi nell’alfabeto italiano (es. sc/gl/gn), sono suoni singoli che vengono rappresentati graficamente, in un altro modo. Bisogna distinguere ciò che viene scritto e ciò che viene pronunciato. Approssimanti Dal punto di vista articolatorio stanno a metà tra un suono vocalico e uno consonantico. Jod e wau, sono approssimanti perché sono vicine sia a una vocale che a una consonante, infatti sono dette semi vocali o semi-consonanti. Jod e wow, la J e la w, formano dei dittonghi tra una semi-consonante atona e un’altra vocale tonica (es. ieri, piano, piuma; uomo, buono, guerra), fungendo da suono di appoggio. jod è una palatale sonora wau è una velare sonora Si parla di variazioni diacroniche intendendo quelle variazioni che riguardano la lingua nel suo cambiare attraverso il tempo. Ci aiutano a comprendere meglio la formazione di dittonghi (unione tra due vocali di cui una ha un valore leggermente diverso dall’altra). Questa variazione ci chiarisce la derivazione toscana dell’italiano che non è un fatto solo lessicale → il modello standard non è tanto dovuto al lessico, ma al prestigio degli scrittori toscani → ne abbiamo le prove a livello fonetico, il sisma vocalico (dal latino all’italiano) varia a seconda di quale italiano andiamo a considerare. In situazioni di “E”, “O” o di sillaba aperta (termina con vocale) la trasformazione da “pede” a piede, dato dal fatto che in certi contesti quando abbiamo una e o una o toniche in una sillaba aperta c’è una sorta di allungamento. Es. bono → buono (italiano standard). Quando parliamo di vocalismo dobbiamo prendere in considerazione le differenze di sistemi, i quali persistono in certe aree e non in altre. L’italiano standard deriva dal fiorentino. Le eccezioni: esiste in italiano un dittongamento. L’italiano standard: è una varietà specifica tra quelle possibili che viene utilizzata con il suo modello di riferimento. Es. Bontà senza dittongamento, ma abbiamo anche buono → ci sono delle differenze dovute alla fonetica fiorentina che portano alla mobilità del dittongo. Dittongo mobile: Piede, ma: pedale, pedata, pedone Variazioni diatopiche: sono variazioni rispetto a uno standard e dovute al luogo differenze in cui si pronuncia o si parla. Queste sono caratteristiche di certe aree sono rimaste confinante a varietà locali. Uno dei fenomeni del centro sud è: il raddoppiamento fono-sintattico = fenomeno per cui abbiamo una pronuncia rafforzata della consonante iniziale di una parola. In alcune varietà si forma una sorta di rafforzamento, in alcune parole tronche e nei monosillabi la parola termina con una vocale e quella successiva inizia con una consonante → questa si appoggia alla vocale precedente. É un fenomeno fonetico non grafico → nella codificazione poi, attraverso l’uso di segni, questo fenomeno non viene rappresentato.
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