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Livio: Prefazione alle Storie - Confessione e Intenzioni dell'Autore, Appunti di Latino

Storia romanaCiviltà classicaStoria antica greca e romana

Livio, nella prefazione alle storie, esprime la sua passione per Roma e l'intenzione di mostrare come l'impero romano si sia formato attraverso la condotta di vita, gli uomini e le virtù, e come la corruzione dei costumi abbia portato alla decadenza. Rinuncia all'imparzialità e invoca gli dèi come i poeti, proponendosi come artista piuttosto che critico. Non è sicuro di ottenere un risultato degno dello sforzo di scrivere la storia del popolo romano dall'inizio di Urbe, ma è felice di contribuire al ricordo delle gesta del primo popolo della terra. Il tema è vasto e, partendo da umili inizi, Roma si è ingrandita tanto da essere travagliata dalla sua stessa grandezza. Le leggende sulle origini di Roma sono più convenzionali per i poeti che per un'opera storica rigorosa. Non gli importa come queste cose saranno considerate e giudicate, ma vorrebbe che ognuno osservasse attentamente come l'impero sia stato creato e ingrandito, e in particolare come i costumi morali decadano. Questo è util

Cosa imparerai

  • Come Livio considera le leggende sui tempi antecedenti alla fondazione di Roma?
  • Quali sono le intenzioni morale-pedagogiche di Livio nella sua opera storica?
  • Come Livio descrive la crescita e la decadenza dell'Impero romano?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 08/05/2022

Greciabruna
Greciabruna 🇮🇹

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Scarica Livio: Prefazione alle Storie - Confessione e Intenzioni dell'Autore e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Livio: Praefatio alle Storie Il proemio della storia di Livio è in primo luogo una confessione sincera e appassionata dell’autore, che esprime la trepidazione e la serietà con cui si accinge al lungo lavoro, e la venerazione per Roma, per la sua tradizione, per i valori che la storia del popolo romano ci tramanda. Inoltre Livio afferma l’intento moralistico pedagogico della storia, che addita le virtù da imitare e i vizi da seguire: suo compito è mostrare attraverso a quale condotta di vita, a quali uomini, a quali virtù, l’impero di Roma si sia formato e sia cresciuto, e come poi con la corruzione del costume sia cominciata la decadenza, che giunge fino ai tempi più recenti. E’ da notare, come Livio rinunci alle consuete dichiarazioni programmatiche di imparzialità e di veridicità, e come nel finale rivolga un’invocazione agli dei, come i poeti, proponendosi dunque di fare opera di artista più che di critico. Non ho la certezza, né, se anche l’avessi, oserei esprimerla, di conseguire un frutto degno della fatica scrivendo la storia del popolo romano dall’inizio dell’Urbe, in quanto vedo che la cosa ò antica e assai diffusa, e sempre nuovi scrittori cercano o di meglio accertare la verità dei fatti o di superare nell’arte dello scrivere i rozzi scrittori del passato. Comunque sarò lieto di aver contribuito anch’io, per quanto è nelle mie facoltà, al ricordo delle gesta del primo popolo della terra; e se in tanta folla di scrittori la mia fama avesse a rimanere oscura, mi consolerò col pensiero dell’eccellenza e della grandezza di coloro che offuscheranno la mia rinomanza. L’argomento è poi d’immensa mole, poiché risale ad oltre settecento anni addietro, e partita da umili inizi Roma a tal punto è cresciuta, che già è travagliata dalla sua stessa grandezza (ut iam magnitudine laboret sua); non dubito che alla maggior parte dei lettori offrirà scarso diletto la narrazione delle origini e dei fatti più vicini alle origini, per la fretta di giungere a questi ultimi eventi, in cui le forze del popolo da lungo tempo già dominante da se stesse si consumano: per me invece proprio questo sarà il premio che chiedo alla mia fatica, l’allontanarmi dalla vista dei mali di cui per tanti anni la nostra generazione è stata spettatrice, almeno fino a quando sarò immerso con tutto l’animo nel ripercorrere quegli antichi tempi, libero da ogni preoccupazione che possa, se non far deflettere dal vero la mente dello scrittore, renderla tuttavia turbata Le leggende che corrono circa l’età anteriore alla fondazione di Roma o circa la fondazione stessa, più convenienti a favole di poeti che ad una rigorosa opera di storia, non mi sento né di accettarle né di respingerle. Alle antiche età si suole fare questa concessione, di rendere più sacri e venerabili i primordi delle città col mescolare gli uomini agli dèi; e se mai ad un popolo deve essere lecito il fare sacre le sue origini e il riportarne agli da la fondazione, tanta è la gloria di guerra del popolo romano, che se esso ama vantare Marte come fondatore e padre del suo fondatore, le umane genti dovrebbero sopportare ciò altrettanto di buon animo come ne sopportano l’impero. Ma invero del modo come queste e simili cose saranno considerate e giudicate non molto mi preme: a questo piuttosto vorrei che ciascuno guardasse con grande attenzione, con quale genere di vita e quali costumi, con quali uomini e quali virtù in pace e in guerra sia stato creato e ingrandito l’impero; e più innanzi vorrei mi seguisse con tutto l’animo, per vedere come decadendo a poco a poco la disciplina morale i costumi dapprima si siano rilassati, poi sempre siano discesi in basso, ed infine abbiano preso a cadere a precipizio, finché siamo giunti a questi tempi, in cui non siamo più in grado di sopportare né i nostri vizi né i rimedi (donec ad haec tempora quibus nec vitia nostra nec remedia pati possumus perventum est). Questo soprattutto è utile e salutare nello studio della storia, l’avere davanti agli occhi esempi. di ogni genere testimoniati da un’insigne tradizione (omnis … exempli documenta in inlustri posita monumento intueri); di qui potrai prendere ciò che devi, imitare per il bene tuo e della cosa pubblica, di qui ciò che devi evitare, come cosa turpe nei moventi e negli effetti. D’altra parte, se non mi trae in inganno l’amore all’opera intrapresa, nessun popolo mai fu più grande o più virtuoso o più ricco di buoni esempi, né vi fu città in cui cosi tardi siano penetrati l’avidità e il lusso, né dove cosi grande e durevole onore sia stato reso alla povertà e alla semplicità di vita: come è vero che quanto minori erano le ricchezze, tanto minore era la cupidigia. Recentemente invece le ricchezze hanno trascinato col sé l’avidità, e i soverchi piaceri hanno condotto alla bramosia di rovinarsi e di rovinare ogni cosa col lusso e le libidini.. Ma i lamenti, che neppure allora saranno graditi, quando forse si renderanno necessari, almeno all’inizio di così grande impresa siano banditi; piuttosto, se come ai poeti anche a noi storici ne fosse concessa l’usanza, più volentieri comincerei con invocazioni e voti e preghiere agli dèi ed alle dee, perché diano un felice successo a chi si accinge a tanta fatica.
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