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Lo psicodramma junghiano, Sintesi del corso di Psicologia Dinamica

Sintesi libro psicodramma junghiano

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 01/03/2022

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Scarica Lo psicodramma junghiano e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! Lo psicodramma junghiano Capitolo 1 Moreno e Jung: la patica dello psicodramma e la psicologia analitica Moreno e Jung, pionieri della cultura psicologia dell’ultimo secolo, hanno fondato due scuole di psicoterapia: lo psicodramma e la psicologia analitica. Queste due scuole e le loro prassi sono, in apparenza, profondamente diverse. I riferimenti teorici di Moreno e Jung sono stati coniugati nelle prassi psicodrammatiche condotte dagli analisti junghiani soprattutto a partire dagli anni 70. Ci soffermeremo ora su Moreno e Jung e le loro concezioni sull’individuo e il gruppo, cercando di rilevare quali aree del loro lavoro si possono mettere in relazione. Nato in Romania nel 1889, Moreno si trasferì a Vienna a cinque anni e vi trascorse ben trent’anni. Per Moreno, tutto il genere umano doveva diventare un gruppo in psicoterapia, ed egli sostenne che un processo veramente terapeutico doveva avere come meta tutta l’umanità. A Vienna si formò come psichiatra e fu considerato come uno psichiatra “magico” occupato a salvare la tribù. Moreno divenne così un geniale regista dell’improvvisazione teatrale, organizzando psicodrammi nei giardini di Vienna, nelle strade, nei teatri, negli accampamenti militari, in prigioni, ospedali, tra gruppi eterogenei, bambini, prostitute, carcerati. Sviluppò la sua teoria psicodrammatica valorizzando la spontaneità, la creatività e la catarsi. Quest’ultima era così concepita da Moreno: “Lo psicodramma produce un effetto benefico, non solo sullo spettatore (catarsi secondaria) ma sugli attori che fanno il dramma e nello stesso tempo se ne liberano”. Moreno nello psicodramma promosse una catarsi attiva. Egli prese le distanze dalle teorie in voga alla fine dell’Ottocento, che parlavano del caos sociale in senso negativo. Moreno cos’ fondò la sociometria e costruì una teoria dei ruoli interpretati che può essere vista come una teoria della personalità basata sull’interpretazione delle interazioni di ruolo. Moreno, come Jung, lavorava in un anelito religioso per il divenire completo dell’uomo. Per Moreno la natura della relazione dell’uomo con Dio è di primaria importanza, importanza del giocare il ruolo di Dio, oppure il suo concetto dell’Io- Dio all’interno di ogni uomo. Moreno, con l’aiuto dello psicodramma e del sociodramma, da un lato aprì nuove possibilità per la comprensione della struttura dinamica dei gruppi, dall’altro portò i gruppi, attraverso i giochi dei ruoli, verso un processo di guarigione dell’anima. Nel 1925 emigrò negli Stati Uniti, non come medico, ma come fisico, in conseguenza di un’invenzione chiamata “radio film”. Nel 1936 aprì la sua clinica psichiatrica a Beacon, dove operò per trent’anni, costruì il teatro dello psicodramma a Washington e nel 1951 organizzò il Comitato internazionale di Psicoterapia di gruppo. L’estroversione portava Moreno a comportarsi in modo positivo rispetto all’oggetto, al sociale, alla massa degli altri. Moreno sostenne che Jung, che postulò l’esistenza di un inconscio collettivo, non applicò questo concetto alle attività concrete in cui la gente vive. Jung investigò l’inconscio soprattutto attraverso l’analisi individuale della serie di sogni dell’analizzato nella relazione duale e teorizzò l’esistenza di un inconscio collettivo accanto all’inconscio personale. Jung elaborò una teoria di tipi psicologici, formulando i concetti di estroversione e introversione, che si rivelarono di grande importanza per la diagnostica e per la psicopatologia, e propose la complessa concezione degli archetipi. Jung riteneva l’uomo parte di un processo in continua evoluzione e aveva una visione ottimista delle forze che agiscono nelle profondità psichiche dell’individuo. Jung considerò per lungo tempo il gruppo come un ostacolo per lo sviluppo dell’individuo. Ma in un articolo pubblicato postumo nel 1970 Jung sembra rivalutare l’imitazione nel gruppo e specifica che individuazione e collettività costituiscono una coppia di opposti. Jung appare più interessato ai fenomeni collettivi di gruppo, come la Chiesa cattolica, il comune, il nazismo piuttosto che alla psicoterapia di gruppo come tale. Le sue fertili intuizioni sui concetti di inconscio collettivo e di archetipo possono essere utili nel lavoro analitico con i gruppi. Le esperienze nei gruppi di psicologi analitici hanno mostrato come gli junghiani stiano cercando di sviluppare un approccio originale alla psicoterapia analitica di gruppo. Jung riassunse così le sue conclusioni: - La terapia di gruppo è indispensabile per l’educazione sociale dell’essere umano; - Non è sostituibile all’analisi individuale; - Le 2 forme di psicoterapia sono complementari; - Il pericolo della terapia di gruppo è essere limitati dal livello collettivo; - Il pericolo dell’analisi individuale è il trascurare l’adattamento sociale. Da qui emerge quella concezione di complementarità tra l’analisi individuale del profondo e psicoterapia di gruppo che ha caratterizzato il nostro lavoro con i pazienti. In questo volume intendiamo mostrare come si possano integrare le concezioni della psicologia analitica con quelle del “corpus moreniano”. Esiste una relazione tra i ruoli e gli archetipi. I ruoli psicodrammatici possono essere visti come personificazioni di immagini archetipiche e appaiono anche negli psicodrammi. L’archetipo dell’Ombra e il Sosia o Doppio pur non essendo sinonimi hanno delle analogie: Ombra come la parte inferiore della personalità. L’Ombra ha un atteggiamento di compensazione con la coscienza, perciò il suo effetto può essere tanto negativo che positivo. Per Moreno il Sosia è un espediente utilizzato quando il protagonista si trova in difficoltà a sostenere il proprio modo di sentire di fronte agli altri. Il Doppio sta a fianco o dietro il protagonista e agisce come se fossero due individui che hanno la stessa identità. Il Doppio come Ombra può essere anche personificato dall’immagine del diavolo, ovvero la tentazione, dall’insieme di quei desideri e di quelle azioni indicibili, per l’individuo, al gruppo e alla propria coscienza. Scopo dello psicodramma è dare spesso diritto di cittadinanza al diavolo attraverso la tecnica del Doppio. Non sempre il Doppio è l’Ombra del protagonista; talvolta è un sostegno che rassicura, talvolta una presenza silenziosa, talvolta un alter ego dialogante, interrogante, una guida all’introspezione. È importante notare quanto l’anelito mistico e la ricerca di senso e di una religiosità universale abbia pervaso l’opera di entrambi. Moreno sostenne che è stata spesso sottolineata la relazione significativa tra psicodramma e sogno e che sia nel sogno che nello psicodramma appare un’esposizione della dinamica inconscia. Si deve compiere una transizione dal mondo esterno al mondo interno. L’azione rituale dello psicodramma va più in profondità della comunicazione verbale, tocca tutto l’uomo, sia il corpo che la mente. Una cosa che non si può toccare diventa percepibile con i sensi attraverso il rito. Nello psicodramma si congiungono elementi dei rituali di gruppo con i rituali individuali. I rituali di gruppo formano la cornice, i rituali individuali sono la forma stessa dello psicodramma. Lo psicodramma è un’esteriorizzazione di un processo interiore. È importante che le azioni esteriori dello psicodramma si comprendano come processi interiori. L’azione rituale psicodrammatica può avere un estremo valore terapeutico; essa ha funzione protettiva, canalizza certe forze e può fertilizzare dove prima c’era un vuoto del corpo. Il rito nello psicodramma è già di per sé la via che rende possibile il processo di cambiamento e che lo rende trasparente. All’interno dei precisi rituali psicodrammatici i giochi sono sempre diversi. Il gioco è l’ordine. Un ruolo fondamentale nella drammatizzazione è assunto dall’elemento di tensione; tensione significa incertezza, possibilità, con una certa tensione si può riuscire. Nella tensione vengono misurate le capacità del giocatore, cioè la sua resistenza, il suo coraggio, la sua ingegnosità e anche le sue forze spirituali. Fin dall’inizio di una seduta di psicodramma c’è nell’aria una grande tensione, su chi sarà oggi il protagonista, chi giocherà, e anche quando questo è stato chiarito, rimane sempre l’attesa. Il rito, il gioco e il dramma hanno il significato di azione. La mitopoiesi ha funzioni di riorganizzazione del materiale inconscio. Gli eventi personali vengono raccontati e messi a confronto, il dolore viene condiviso, e la consolazione deriva anche dall’ascoltare problemi e dolori analoghi che sono stati provati e sdrammatizzati. Non si arriva comunque mai a interpretazioni conclusive. Lo psicodramma come la tragedia antica può, grazie alla sua assoluta non intenzionalità provocare cambiamenti nell’uomo; sono come i temporali. Impariamo a considerare la catarsi come una tempesta che è passata, come sollievo poiché la tensione è passata, come l’eliminazione di cui un pericolo che incombeva sul protagonista ma che era soprattutto al suo interno. Così si ha la sensazione che tutto possa ricominciare in modo nuovo, e gli eventi della realtà vengono affrontati con un atteggiamento nuovo. Capitolo 4 Note sull’uso dei sogni raccontati in gruppo nella pratica dello psicodramma Quando, in una seduta di psicodramma, un membro si offre all’attenzione degli altri con il raccontare un sogno, viene a crearsi per il conduttore un problema di scelta tra diverse possibilità di utilizzare il sogno nel contesto analitico del gruppo. Egli può infatti orientarsi in 3 distinte direzioni: - Attraverso il gioco del sogno stesso e dai vissuti che ne emergeranno - Dall’approfondimento di ciò di cui nella vita del paziente rimanda il sogno - Cogliere, nell’enunciazione di quel sogno a quel gruppo in quel modo e momento particolari, una maniera di rapportarsi agli altri del paziente. Esempi pag. 43, 44, 45, 46. I sogni richiamano un’interpretazione in quanto sembrano avere in sé (a differenza dei sogni ad occhi aperti) qualcosa di enigmatico. Interpretare un sogno è allora inserito in un contesto nel quale cessi di essere enigmatico. Si tratta cioè di non spiegare il sogno ma di comprenderlo. L’inconscio che si manifesta nei sogni appare allora come un insieme di altri possibili modi di essere in una situazione, rispetto al possibile che si attualizza nella coscienza della veglia. Il sogno riproduce quella situazione interiore del soggetto che la coscienza non vuole riconoscere, o riconosce solo a malincuore, come vera o reale. La presa di coscienza del rapporto con sé stessi può rendere possibile rivedere successivamente sotto altra luce le relazioni con persone e situazioni esterne. Capitolo 5 Problemi di transfert e controtransfert Quelle dinamiche che di solito si denominano transfert e controtransfert sono ritenute prodursi durante l’analisi. Il transfert si origina come il coagularsi di aspettative che variano a seconda di ciò che cerca il paziente: guarire da un sintomo, acquisire una nuova conoscenza di sé e nuove prospettive sulla sua vita, mutare e maturare nella ricerca di un significato ultimo in cui realizzare la propria esistenza individuale. Il futuro analista, ancora sconosciuto, riceverà così ambigue proiezioni dell’immagine di guaritore, di logos, di vecchio saggio. Immagini ambigue e polivalenti già di per sé lo divengono ancor più perché ciò che il paziente cerca consciamente nell’analisi cela ben più profonde e complesse richieste. La scelta di un particolare analista viene così determinata da criteri (scuola di appartenenza, tipo di formazione) da canali attraverso i quali a costui si perviene e informazioni sull’immagine pubblica dell’analista. A un attento esame tutto ciò mostrerà che le scelte fatte, a volte dopo lunghe esitazioni, sono state una elaborazione delle iniziali fantasie di analisi e quindi nel transfert. Ma anche i possibili controtransfert che l’analista svilupperà verso i futuri pazienti sono in embrione presenti nei motivi per cui l’analista si è trovato a scegliere una simile professione. Si esprimeranno inoltre nell’immagine pubblica che, quale analista, egli offrirà di sé stesso. Accade perlopiù che a ciascun analista giungano più spesso particolari tipi di pazienti, con specifiche richieste, in qualche modo complementari al suo controtransfert latente che a tale eventualità lo predispone. Conservare la flessibilità necessaria costringe però l’analista a porsi e a porre sempre nuove domande sul suo specifico stare nel rapporto con il paziente. È sospetto quando l’analisi va troppo bene e l’analista e paziente trovano e danno all’altro ciò che questi si aspetta. L’essenza dell’analisi non può più essere contenuta in alcuna teoria e in alcuna tecnica. Ma è diverso il rituale dello psicodramma moreniano e, più in generale, della forma di psicodramma non analitico: la spontaneità, l’esporsi con i movimenti del proprio corpo, il recitare una parte, il dividere e confondere le emozioni con un gruppo. Per parafrasare Moreno, non si vuole trarre il significato dai sogni spiegandoli, ma si insegue il significato creando altri sogni. Lo psicodramma analitico è un ibrido: si rappresentano scene per capire, si rivivono per ricordare o per ritrovare un significato rimosso. Dal gioco di transfert e controtransfert l’identità dello psicodrammatista analitico è così determinata: - Il paziente giunge allo psicodramma con aspettative originariamente riferite all’analisi. Altre volte vi giunge deluso dall’esito di una precedente analisi individuale. Quasi sempre, comunque, lo psicodramma analitico è cercato in attesa, in sostituzione o come superamento di un’analisi individuale, e ciò predetermina le proiezioni transferali su terapeuti e gruppo - Gli stessi fattori ci sono stati per lo psicodrammatista quando ha iniziato la sua formazione come paziente in un gruppo di base Avrà lo psicodrammatista, quando comincerà lui stesso a condurre un gruppo, elaborato le dinamiche transferali verso coloro che l’hanno formato fino a poter prescindere dall’identificarsi nel modello di questi? Che lo si evochi o meno, nel gruppo di psicodramma il mito dell’analisi sarà presente. Essendo già presente agirà su transfert e controtransfert attraverso le aspettative sul gruppo, sul proprio operare in esso, sul singolo paziente da parte dell’analista, sull’analista da parte di ciascun paziente. Esempio di Pietro pag 61 Capitolo 6 Compiti e problemi della conduzione in psicodramma Nel gruppo di psicodramma non si ha di fronte un avversario ma un senso che in ogni istante può manifestarsi attraverso l’accadere nel gruppo e che ci sfugge se ci lasciamo catturare da razionalizzazioni interpretative, artifici tecnici, bisogni e desideri personali, anche se interpretazioni, tecnica e sentimento del terapeuta sono al tempo stesso elementi insostituibili nel vedere e condurre il gruppo. Nello psicodramma infatti i ruoli, parti del mondo interiore di ciascun partecipante, costituiscono una complessa rete di interazioni e proiezioni sotto la superficie del gruppo e di volta in volta possono essere portati alla luce per essere elaborati e trasformati attraverso il gioco. Il linguaggio di immagini che ne risulta è più ricco di qualsiasi linguaggio verbale. Il conduttore può intervenire in esso solo rimanendo aperto al parlare del gruppo attraverso ogni agire fuori e dentro la scena. Esempio pag. 71 È infatti proprio nello psicodramma che si cerca di cogliere il tema profondo inconscio non come interpretazioni verbali che rimandano a teorie precostituite, ma con immagini concrete evocate dalla situazione. Tali immagini sono simboli. Un simbolo: - Esprime l’essenza di una situazione o un problema che possono non essere adeguatamente ed esaurientemente esprimibili nei termini logici di un linguaggio noto - L’immagine usata combina tra loro elementi in sé incongruenti o contraddittori Quando un problema non ha alcuna soluzione in esso vi è una contraddizione: ad esempio la quadratura del circolo, se i mezzi usati a tale scopo sono riga e compasso, non è possibile ma, se la gamma dei mezzi viene estesa e vengono usati altri strumenti allora è possibile eseguire la trasformazione. Se il paziente avverte come nucleo del conflitto la corporeità, questo può venire meglio evidenziato portandolo a giocare una scena in cui quel solo componente, del problema originario, sia posto in evidenza e isolato dagli altri. I soggetti in cui la funzione dominante è il pensiero cercano di solito di giocare solo certe scene che giudicano importanti, scoprendo così soltanto cose che già prima sapevano. Quando il tipo pensiero è estremizzato, nell’esercizio della sua attività di psicodrammatista suscita le più violente opposizioni. Il tipo intuizione è portato a costruire le osservazioni sulla base della percezione dell’inconscio e quindi dedicherà un notevole spazio all’utilizzo delle proprie immagini interne controtransferali. Dotato spesso di un pensiero poco ordinato, ma a mosaico, dedicherà notevole attenzione ai sogni e avrà una maggiore capacità di altri tipi a interpretarli celermente. Avrà la capacità di essere la dove sussistono delle possibilità, delle porte aperte, e fiuterà ciò che sta germogliando nel gruppo e che promette di realizzarsi per l’avvenire dei pazienti. Scarsa è la sua considerazione per lo stato fisico degli altri. Il tipo sensazione è piuttosto raro tra i conduttori di psicodramma, poiché troppo spesso si trova spiazzato dalle troppe possibilità interpretative e conoscitive che offrono i giochi. Il tipo sentimento tende a identificarsi facilmente con i membri del gruppo, il che gli permette di comprendere le sfumature della richiesta del paziente. Decalogo del buon osservatore 1) Osservare, nello psicodramma, è ricoprire un preciso ruolo che permette di avere un controllo finale delle informazioni, osservare è impegnarsi a scegliere ciò che è importante e utile nella conoscenza individuativa dei singoli membri del gruppo. Osservare è esplicitare il tema o i temi impliciti o d’ombra a cui il gruppo sta reagendo, ma quest’ultimo aspetto è molto complesso e non è possibile esserne consapevoli in tutte le sedute. 2) Ricostruire nell’osservazione i singoli percorsi individuali nel gruppo ricordando trasversalmente al singolo partecipante la serie di giochi portati, di parti interpretate, di sogni raccontati in successive sedute, eventualmente collegandole al romanzo familiare. 3) Annotare le domande esplicite portate dai membri del gruppo a se stessi, agli analisti, all’interno del gruppo, nella seduta e in quelle immediatamente precedenti, e osservare come il contenuto dei giochi interpretativi attraverso la trama inconscia che ne muove le rappresentazioni tende a rispondere a queste domande. 4) Trascrivere la sequenza delle scene drammatizzate, annotare le differenze tra la scena narrata e quella interpretata utilizzando le motivazioni che hanno spinto gli io ausiliari dei protagonisti a modificarle accettando e non castrando le distorsioni e le trasgressioni, le modificazioni, e se vi sono sufficienti elementi a interpretarne i motivi. 5) Considerare nell’osservazione le scene drammatiche come fasi oniriche del gruppo, che vanno interpretate come i sogni, e lasciano però trapelare bisogni, desideri e reazioni al tema o al rito subconscio collettivo. I giochi interpretati e i sogni raccontati vanno comunque annotati e analizzati nell’osservazione. 6) È importante che l’osservatore si interroghi sulla fantasia e i vissuti e i sentimenti in lui stimolati dal materiale presentato dai pazienti. 7) Cogliere, durante la fase centrale della seduta, un tema implicito, il tema ritenuto più importante e al quale i membri del gruppo con i ricordi, le associazioni, gli stati affettivi stanno reagendo. 8) Osservare è comunicare al gruppo, è continuare la costruzione di quel peculiare rapporto terapeutico con quel momento della sua storia e della sua evoluzione. 9) Quando si osserva qualcosa di interessante non lasciarlo trapelare, non anticiparlo esplicitandolo prima dell’osservazione ma attendere che il gruppo con il susseguirsi dei giochi porti ulteriore materiale che possa essere collegato al termine della seduta a ciò che riteniamo interessante nella costruzione dell’osservazione. 10) Conservare una capacità di attenzione fluttuante ed elastica nella costruzione dell’osservazione curando di avere non due ma cento, mille occhi rivolti verso i mille angoli del mondo interno ed esterno dell’esperire del gruppo e di se stessi. Capitolo 8 Il problema dell’acting out Espressioni quali acting out, acting in, passaggio all’atto sono state indipendentemente inventate e introdotte nell’ambito dello psicodramma. Qui riporteremo solamente che cosa si intende con acting secondo alcuni psicodrammatisti di differenti correnti. Per Moreno l’acting out consisteva nel fatto che un attore dello psicodramma, nell’agire la parte, uscisse da quella parte che gli altri aveva assegnato, esprimendo invece qualcosa di personale. Per Moreno realtà e drammatizzazione si rispecchiano e l’agire (da distinguersi dall’acting out), la piena esteriorizzazione della propria spontaneità e creatività, appartiene all’uno come all’altro. Nello psicodramma non si agisce prima o invece di pensare ma, proprio come nelle terapie verbali, si esamina criticamente e si prende coscienza prima di agire nella realtà. Però tale esame non avviene parlando ma rappresentando drammaticamente. Lo strumento con cui agisce l’analisi è la parola, lo strumento dello psicodramma è la rappresentazione drammatica. Nell’analisi verbale le emozioni, gli avvenimenti, i ricordi vengono ridotti alla dimensione della parola. È uno psicodramma a ruoli fissi che attraverso l’elaborazione di transfert e controtransfert può produrre una modificazione del problema in quel momento focale per il paziente. I ruoli prevedono una comunicazione verbale da entrambe le parti. Nello psicodramma la regola è che si comunichi, si viva e si rappresenti la scena attraverso una molteplicità di dimensioni: il gesto, l’immagine, la percezione dei propri movimenti, la dislocazione e la disposizione spaziale, la percezione tattile e quella del tono della voce e di altri suoni. Esempio pag. 101 È come se ciascuno fosse perduto nel ruolo di cui già è attore nella vita e in cui si identifica. È necessario allora che, anziché agirlo, nella dinamica del gruppo, sia portato esplicitamente a rappresentarlo nel gioco drammatico. Tali ruoli non appaiono allora più identici all’individuo e questi si pone come colui che è libero o meno di assumerli. Ciò permette al paziente di passare dalla posizione in cui viene agito egli stesso da una sua parte a quella in cui può scegliere di volta in volta di quali parti essere attore e come tale interpretarle. Esempio pag. 104 La drammatizzazione ha una funzione trasformativa permettendo al paziente di distinguersi come soggetto dal ruolo in cui si identificava. Lo psicodramma è il regno della reversibilità. Ogni scena può essere rappresentata, annullata ricominciando da capo, modificata infinite volte. Solo la conoscenza di sé così acquisita è irreversibile. Ma essa pure muta significato iscrivendosi in conoscenze più ampie. L’agire fisico, concreto, il toccare, lo scollare di per sé hanno effetti negativi, anzi possono contribuire a far rivivere realisticamente una scena. È acting quando il paziente agisce in gruppo in luogo di comunicare e il suo agire è messaggio o modo di rappresentare qualcosa che nel processo di gruppo si sta elaborando. Quando il paziente è attore in gruppo di qualcosa di questo genere la parte agita deve essere riportata ad un gioco drammatico. Questa è una regola costitutiva dello psicodramma. Ma la conseguenza irreversibile in bene o in male ne resta fuori. L’uso del termine che fa Moreno (passaggio all’atto inteso come attualizzazione dei propri impulsi, della creatività, della spontaneità latenti in ciascuno) non corrisponde al nostro. In Moreno non si ha una sola tecnica con limiti precisamente definiti, ma una molteplicità di tecniche diversamente adatte a varie circostanze, un mondo così ricco e multiforme che è impossibile ridurlo a regole più semplici. Nel concetto di passaggio all’atto usato da noi in psicodramma sono implicitamente e senza che ce ne rendessimo conto confluiti significati appartenenti a teorie profondamente diverse e, ciò nonostante, con un nucleo comune. Per noi il passaggio all’atto non è una precipitazione dall’immaginario al reale, ma l’esserci del reale che in qualche modo preesiste, resiste, residua, al passaggio dell’immaginario dove il reale diviene ruolo, simbolo, immagine archetipica, mito e può così essere trasformato. Capitolo 9 Gioco psicodrammatico, emozione e vissuto corporeo I movimenti del corpo, il gioco, è di fondamentale importanza per la psicoterapia di gruppo con il metodo psicodrammatico secondo la tradizione moreniana, anche per quei modelli di lavoro psicodrammatici che non privilegiano la sola catarsi energetica. Infatti, attraverso il gioco drammatizzato si sperimentano le emozioni, si amplificano i vissuti corporei, e la successiva analisi e l’osservazione al termine della seduta hanno il compito di integrare le emozioni e i contenuti elaborati verbalmente dal gruppo nella coscienza, aiutando il protagonista nella sua ricerca consapevole di senso. L’animazione nella scena drammatizzata di vissuti o parti di sé invitati ad essere fantasticati dal conduttore come in un’immaginazione attiva delucida il rapporto tra le parti interne e l’eventuale natura delle conflittualità tra esse. Abbiamo notato come lo psicodramma abbia una buona incidenza nella cura di alcuni pazienti che non traggono benefici da altre modalità psicoterapeutiche. Laddove nello psicodramma terapeutico si favorisce la drammatizzazione di un gioco, si attivano con il movimento corporeo dei fasci muscolari una serie di emozioni che sono il terreno del lavoro dello psicodrammatista con il paziente. L’agito, sia corporeo che verbale, è nello psicodramma parte necessaria e integrante del metodo; è ciò che prepara e favorisce l’azione psichica e il cambiamento terapeutico. Il gioco è ciò che attiva particolari vissuti corporei: senso di impotenza, forte rabbia, gioia e dolore percepiti posturalmente. L’agire deve essere stimolato e promosso e si deve permetterlo in un ambiente psicodrammatico che ne renda sicura l’esecuzione, sotto la guida di analisti capaci di utilizzarne l’esperienza. Capitolo 10 mago, la fata, il saggio che trasforma le persone, che può nel gioco modificare gli atteggiamenti e gli stati d’animo del paziente. Le fiabe mettono direttamente a contatto con le energue dell’inconscio, con grandi mense interiori che noi come psicoanalisti e psicodrammatisti abbiamo il compito e il potere di evocare. D’accordo con Jung riteniamo che le immagini siano il terreno nativo delle idee e quindi dei progetti di cambiamento e cura. Capitolo 12 Complessità e funzioni terapeutiche dello psicodramma analitico nelle istituzioni pubbliche La conduzione di gruppi analitici o di psicodrammi nelle istituzioni pubbliche pone problemi complessi che è sempre bene conoscere e analizzare. Il ceto sociale, le abitudini e soprattutto la patologia dei pazienti in cura nello studio privato sono di solito profondamente diversi rispetti ai pazienti che affluiscono ad un servizio di igiene mentale, o ad un day hospital psichiatrico italiano. Negli psicodrammi condotti in questi servizi c’è una forte presenza di pazienti gravi, di livello socioeconomico medio basso, affetti da psicosi, sindromi dissociative e maniaco depressive, stereotipie comportamentali contratte da lunghi ricoveri in ospedali psichiatrici. Nello studio privato, un buon psicodrammatista, che non ha problemi di clientela, è molto più libero nel selezionare i pazienti, per un miglior funzionamento del gruppo di psicodramma. Nel servizio pubblico, lo psicoterapeuta, non ricevendo direttamente un onorario dal paziente, può essere meno creduto, e i suoi interventi hanno meno effetto; ciò dipende naturalmente anche dal suo carisma. Inoltre, il paziente medio grave nel servizio pubblico non domanda di partecipare alle sedute di psicoterapia per una sua scelta consapevole. In questi anni anche noi abbiamo inizialmente sofferto l’aumento dell’ansia del nostro operare nelle istituzioni a causa della contraddizione tra la qualità delle metodiche che potevamo applicare in un servizio pubblico e le esperienze che andavamo facendo nel privato; successivamente però ci siamo accorti che le eventuali frustrazioni che vivevamo, nell’incontro tra le prassi dicotomiche pubblico/privata, dovevano essere superate con la costituzione di progetti differenziati di lavoro psicodrammatico in funzione della personalità e della patologia ben diversa degli utenti. Passeremo ora in rassegna le funzioni terapeutiche dello psicodramma analitico per pazienti ambulatoriali del servizio di psichiatria il quale, sottolineiamo, differisce notevolmente dal sociodramma: nello psicodramma l’attenzione del conduttore e dei suoi collaboratori è più centrata sull’individuo e sui suoi problemi personali che vengono rivelati ad un pubblico, gli altri pazienti. Lo psicodramma così concepito è una psicoterapia che agisce più profondamente e in modo più esteso sulla vita del paziente di quanto non accada con la partecipazione al sociodramma. I membri del gruppo riflettono come specchi l’immagine del protagonista, riscrivendone il comportamento e favorendo nel paziente la presa di coscienza di dimensioni psichiche espresse solo attraverso la drammatizzazione nello spazio e nel tempo, ma tuttora a lui ignote, negate e sconosciute allo stato di coscienza. Ci è sembrato utile rifarci alla scala di Yalom sulle funzioni terapeutiche nella psicoterapia di gruppo: 1. Imparare che non sono l’unico con questo tipo di problema 2. Il gruppo mi insegna il tipo di impressione che faccio sugli altri 3. Sentire più fiducia nel gruppo e nelle altre persone 4. I terapeuti mi suggeriscono nuovi comportamenti da intraprendere 5. Imparare come esprimere i miei sentimenti 6. Esprimere sia i sentimenti negativi che quelli positivi verso un altro membro 7. Essere nel gruppo è come stare nella famiglia 8. Imparare che reagisco alle situazioni in modo spropositato con sentimenti che si riferiscono ad eventi della mia infanzia 9. Venire a sapere che gli altri pazienti hanno risolto problemi simili al mio 10. Permettersi delle regressioni controllate come il gioco 11. Essere coinvolti, attraverso la motivazione alla ricerca estetica del terapeuta a trovare un significato nella vita 12. Costruzione di una fiducia verso il sogno come una forma di pensiero creativo 13. Costruzione di una percezione di accettazione atraverso le scene drammatizzate, preverbali, corporee 14. I pazienti nevrotici trovano facilmente smascherate le loro difese o le loro strategie narcisistiche. Capitolo 13 Analisi, confronto di esperienze e paradosso nello psicodramma con psicotici La principale differenza tra lo psicodramma per psicotici e quello per nevrotici o normali è che nel primo fa difetto spesso la distinzione tra realtà, qui ed ora e rappresentazione, la e allora. Esempio pag. 143 Nello psicodramma con soggetti non psicotici è generalmente possibile focalizzare i conflitti attuali dei pazienti, attraverso le rievocazioni della loro storia passata che li richiamino, mentre attraversano la scelta dei partner per tali rappresentazioni si può analizzare il transfert verso i membri del gruppo, il tutto secondo una sequenza razionale coerente. In un gruppo di psicotici tale metodo deve essere continuamente alternato con estrema flessibilità ad altri. Nell’esprimere i conflitti in gruppo, l’agire e il rappresentare sfumano qui l’uno nell’altro e non possono venire tradotti in uno schema stabile preesistente di rappresentazione del mondo esteriore o interiore. Capitolo 14 L’attribuzione dei ruoli, momento di esplicitazione del transfert nello psicodramma Due cose principalmente caratterizzano l’espressione e l’elaborazione del transfert in psicodramma, differenziandole da quelle dell’analisi classica. La prima, che lo psicodramma ha in comune con la terapia di gruppo, è che differenti funzioni che il paziente potrebbe proiettare sull’analista in un’analisi individuale, sono non tanto diluite fra terapeuti e membri del gruppo, quanto piuttosto distribuite attraverso i ruoli che vengono assegnati. La seconda differenza, specifica dello psicodramma, è che tali proiezioni emergono prevalentemente attraverso le scelte che i membri del gruppo effettuano nell’assegnare le parti all’atto di giocare una scena. La tecnica stessa dello psicodramma porta cioè ad intrecciarsi i modi in cui il transfert si manifesta. Ci proponiamo qui di porci quesiti su come e perché sia determinante l’operare del transfert nello psicodramma e in che direzione si porti, con ciò, il paziente. Esempio pag. 147, 148, 149, 150, 151 Capitolo 15 La supervisione degli psicoterapeuti in gruppo e lo psicodramma analitico di supervisione Teoricamente si possono definire due finalità alternative della supervisione in gruppo. La prima consiste nell’essere totalmente concentrati sulla discussione delle osservazioni dello psicoterapeuta sul materiale prodotto dal paziente e aiutarlo a chiarire e a risolvere i reali conflitti, le sue difficoltà nel suo mondo interno ed esterno. Quest’approccio è largamente didattico. L’alternativa è quella di concentrarsi sulle reazioni dello psicoterapeuta ai suoi pazienti, sulle sue ansie e i conflitti, affrontandoli come il risultato del suo coinvolgimento con il paziente. È frequente, infatti, che anche psicoanalisti esperti, con una notevole dialettica con il proprio inconscio, presentino il riattivarsi di conflitti subcoscienti stimolati dalle caratteristiche del paziente e della relazione con lui instaurata. Tali conflitti costituiscono un costante ostacolo alla risoluzione dell’opera psicoterapeutica e rappresentano spesso, per il paziente, motivo di insoddisfazione per il non risolto e, per il terapeuta, di sofferenza trasportata all’esterno del setting analitico. Per Moreno la spontaneità è la capacità di giocare il maggior numero di ruoli, e noi abbiamo sperimentato che lo psicodramma è il luogo dove si dà al terapeuta la possibilità di aprirsi nuove possibilità di esistere con il paziente. Nello psicodramma analitico di supervisione una delle modalità che intervengono a rompere ogni ancoraggio teorico è lo scambio dei ruoli, che porta lo psicoanalista ad interpretare il personaggio del paziente e a interagire con un Io ausiliario che interpreta il modo in cui è stato descritto l’essere analista con quel determinato paziente in quella determinata fase della seduta. Qui non solo è data la possibilità di una più completa identificazione con i vissuti e le problematiche dell’analizzato, ma è anche spesso felicemente messa a nudo la modalità di essere altro rispetto al paziente in quello specifico trattamento. Lo psicodramma esercita quindi per il terapeuta anche una funzione protettiva della sua stabilità psichica, in base all’oniricità che il gioco immaginario permette di esprimere; per Moreno lo psicodramma, al pari del sogno, si presenta come un successore di dinamiche inconsce.
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