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Ludwing van Beethoven, vita e opere, Dispense di Teoria e Analisi della Musica

biografia Beethoven enciclopedia della musica

Tipologia: Dispense

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Scarica Ludwing van Beethoven, vita e opere e più Dispense in PDF di Teoria e Analisi della Musica solo su Docsity! Ludwig van Beethoven « Dal tubare della colomba allo scrosciare della tempesta, dall'impiego sottile dei sagaci artifici al tremendo limite in cui la cultura si perde nel tumultuante caos della natura, egli ovunque è passato, tutto ha sentito. Chi verrà dopo di lui non continuerà, dovrà ricominciare, perché questo precursore ha condotto l'opera sua fino agli estremi confini dell'arte. » (Franz Grillparzer, orazione funebre, 29 marzo 1827) Ludwig van Beethoven (pronuncia tedesca; Bonn, battezzato il 17 dicembre 1770 – Vienna, 26 marzo 1827) è stato un compositore e pianista tedesco. Figura cruciale nella transizione tra il classicismo e la musica romantica, fu l'ultimo rappresentante di rilievo del classicismo viennese ed è considerato uno dei più influenti compositori di tutti i tempi. Benché abbia avuto una vita segnata dalla sordità, Beethoven ha lasciato una produzione musicale fondamentale nella storia della musica per la sua forza espressiva, capace di evocare una gran mutevolezza di emozioni. Beethoven influenzò così fortemente il linguaggio musicale del successivo romanticismo, che nel XIX secolo e fino agli inizi del XX secolo fu un modello per molti compositori. Crebbe in tal modo il mito del Beethoven artista eroico, capace di trasmettere attraverso la sua opera ogni sua emozione, esperienza personale o sentimento; ciò nondimeno, la sua adesione alle regole dell'armonia nelle modulazioni e il rigetto dei cromatismi nelle melodie lo collocano a metà strada fra Classicismo e Romanticismo. Nel vasto catalogo di composizioni beethoveniano, i ruoli di maggior rilievo e importanza sono occupati dalla sua produzione cameristica, dalle opere per pianoforte e dalla sua produzione sinfonica; quest'ultima è forse ancora oggi il simbolo principale della sua universale popolarità. La vita Le origini e l'infanzia « Ludwig van Beethoven è un ragazzo di otto anni dal talento assai promettente. Suona il pianoforte con molta abilità e potenza, legge molto bene a prima vista e suona soprattutto il Clavicembalo ben temperato di Sebastian Bach che il signor Neefe gli ha messo fra le mani [...] Ora gli sta insegnando composizione e per incoraggiarlo gli ha fatto pubblicare a Mannheim nove Variazioni per pianoforte scritte da lui su una Marcia di Ernst Christoph Dressler. Questo giovane genio ha bisogno di essere aiutato a continuare gli studi. » (Valutazione dell'allievo Ludwig di Christian Gottlob Neefe, marzo 1783) La famiglia di Beethoven, di umile origine, perpetuava una tradizione musicale da almeno due generazioni. Il nonno paterno, dal quale prendeva il nome, Ludwig van Beethoven (Malines, 1712 – Bonn, 1773 ) discendeva da una famiglia fiamminga di contadini ed umili lavoratori, originaria del Brabante. La particella «van» non ha dunque origini nobiliari ed il cognome «Beethoven» deriva con ogni probabilità dalla regione olandese chiamata Betuwe e situata nella Provincia di Gheldria. Uomo rispettabile e buon musicista, si era trasferito a Bonn nel 1732, diventando Kapellmeister del Principe elettore di Colonia e sposando nel 1733 Maria Josepha Pall. Il figlio di questi, Johann van Beethoven (1740 – 1792) era musicista e tenore alla corte del principe arcivescovo elettore di Colonia Clemente Augusto di Baviera. Uomo mediocre e brutale, dedito all'alcool, educò i suoi bambini con grande durezza. La madre, Maria Magdalena van Beethoven, nata Keverich (19 dicembre 1746 – 1787) era nativa di Ehrenbreitstein, in Coblenza, ed era la figlia di un cuoco dell'Elettore di Treviri. I suoi antenati, provenivano dalla Mosella, molto probabilmente da Köwerich, da cui ne deriverebbe il cognome. All'età di 17 anni, nel 1762 andò sposa a un servo e cameriere del Principe elettore di Treviri, chiamato Laym, e da lui ebbe un figlio che morì abbastanza presto. A soli 18 anni, nel 1764, rimase vedova. Tre anni più tardi, il 12 novembre 1767 , contrasse un secondo matrimonio , questa volta con Johann van Beethoven; il 2 aprile 1769 venne battezzato il loro primo figlio, Ludwig Maria van Beethoven, che morì dopo appena sei giorni. Il 17 dicembre 1770 nella Remigiuskirche (Chiesa di San Remigio) di Bonn venne battezzato il suo terzo figlio, il secondo del loro matrimonio. Nel libro di battesimo fu registrato con il nome di Ludovicus van Beethoven. Non è possibile documentare con certezza la sua esatta data di nascita, che rimane convenzionalmente accettata al 16 dicembre 1770 (all'epoca i bambini venivano solitamente battezzati il giorno dopo la nascita effettiva, ma non esistono prove documentali che ciò sia avvenuto nel caso di Beethoven). La sua casa natale, divenuta oggi il museo Beethoven-Haus, è a Bonn, in Bonngasse 20. L'amico d'infanzia Franz Gerhard Wegeler scrisse nelle sue memorie: «Il nostro Ludwig era nato il 17 dicembre 1770». Il nipote Karl nei Quaderni di conversazione del 1823 scrisse: «Oggi è il 15 dicembre, il tuo giorno di nascita, per quanto ne so; solo non posso essere sicuro se fosse il 15 o il 17, perché non ci si può fidare dell'atto di battesimo». Divenuto adulto, Beethoven credeva di essere nato nel 1772; a riguardo affermava che quello battezzato nel 1770 era il fratello più vecchio, Ludwig Maria. Alcuni biografi asseriscono che il padre cercasse di farlo passare di età più giovane di quella reale, per fare di lui un bambino prodigio simile a Mozart; tuttavia questa tesi è stata molto discussa. Si conosce che i suoi familiari e l'insegnante Johann Georg Albrechtsberger celebravano il suo compleanno il 16 dicembre. Dal secondo matrimonio, Maria Magdalena avrà altri cinque figli, dei quali soltanto due raggiungeranno l'età adulta e avranno un ruolo importante nella vita di Beethoven: Kaspar Anton Karl (battezzato l'8 aprile 1774 – morto nel 1815) e Nikolaus Johann (battezzato il 2 ottobre 1776 – morto nel 1848). Essa è descritta come una donna di carattere dolce ma con frequenti cadute depressive. Legati alla madre nell'infanzia, i figli in seguito mantennero per lei solo un tiepido affetto. Non passò molto tempo prima che Johann van Beethoven individuasse il dono musicale del figlio e tentasse di coltivarne le doti eccezionali per trarne il maggior profitto possibile, soprattutto economico. Pensando a Mozart bambino, esibito dal padre in tournée concertistiche attraverso tutta Europa una quindicina di anni prima, Johann avviò Ludwig allo studio della musica già dal 1775 e notandone fin dall'inizio l'eccezionale predisposizione tentò nel 1778 di presentarlo come virtuoso di pianoforte in un giro di concerti attraverso la Renania, da Bonn a Colonia e nel 1781 nei Paesi Bassi. Tuttavia, il tentativo di trasformare Ludwig in un bambino prodigio non ebbe l'esito sperato dal padre. Johann van Beethoven sembra essere stato capace solo di brutalità e di ostinata autorità: pare che spesso, completamente ubriaco, costringesse Ludwig ad alzarsi da letto a tarda notte, ordinandogli di suonare il pianoforte o il violino per intrattenere i suoi amici. Così come la sua educazione, anche l'istruzione musicale del piccolo Ludwig fu burrascosa: il padre lo affidò inizialmente a tale Tobias Pfeiffer, dimostratosi degno compare nel suo vizio di bere che non valente insegnante musicale per il figlio. Successivamente Ludwig venne seguito dall'organista di corte Aegidius van der Aeden, poi dal violinista Franz Georg Rovantini, cugino della moglie Maria Magdalena, ed in seguito dal francescano Willibald Koch. L'amicizia, iniziata sin dai tempi dell'infanzia, con il medico Franz Gerhard Wegeler (1765-1848) gli schiuse le porte della casa della famiglia von Breuning, alla quale rimase legato per tutta la vita. Helene von Breuning era la vedova di un consigliere di corte e cercava un insegnante di pianoforte per i propri figli. Ludwig, definito da Wegeler nelle sue memorie spesso stravagante e scontroso, venne trattato come un componente della famiglia, si trovò perfettamente a proprio agio e si mosse con disinvoltura in questo ambiente intellettuale, fine e cordiale, dove si discuteva di arte e letteratura, e dove la sua personalità ebbe modo di svilupparsi con pienezza. Il giovane Ludwig divenne inoltre allievo del musicista e organista di corte Christian Gottlob Neefe e compose, tra il 1782 e il 1783, le sue prime opere per pianoforte: le Nove Variazioni su una Marcia di Dressler WoO 63, pubblicate a Mannheim e le tre Sonatine dette all'Elettore. Il mecenatismo di Waldstein e l'incontro con Haydn (composizione delle Sonate per piano n. 5 e n. 7, e delle prime Sonate per violino e pianoforte), il compositore partecipò almeno sino al 1800 a tenzoni musicali molto frequentate dalla buona società viennese, che lo consacrarono come il primo virtuoso di Vienna. Pianisti apprezzati come Muzio Clementi, Johann Baptist Cramer, Josef Gelinek, Johann Hummel e Daniel Steibelt ne fecero le spese. A conclusione di questo periodo inizia la produzione dei primi capolavori quali: il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 (1798), i primi sei Quartetti d'archi (1798-1800), il Settimino per archi e fiati (1799-1800), la Sonata per pianoforte n. 8, detta Patetica (1798-1799) e la Prima Sinfonia ( 1800). Benché l'influenza delle ultime sinfonie di Haydn fosse evidente, quest'ultima in particolare era già impregnata dal carattere beethoveniano (in particolare nel terzo movimento, detto scherzo) e conteneva le premesse e la promessa delle opere della piena maturità. Il Primo Concerto e la Prima Sinfonia vennero presentati con grande successo il 2 aprile 1800, data della prima Accademia di Beethoven, concerto organizzato dallo stesso musicista e dedicato esclusivamente alle sue opere. Confortato dalle entrate finanziarie costantemente versate dai suoi mecenati, per Beethoven si aprivano le porte per un percorso artistico glorioso e felice che cominciava a superare le frontiere dell'Austria. La scoperta della sordità La prima pagina autografa del Testamento di Heiligenstadt, redatto da Beethoven il 6 ottobre 1802. Colpito dalla sua sordità iniziale, vi esponeva allo stesso tempo la sua disperazione e la sua volontà di continuare. « Sono poco soddisfatto dei miei lavori scritti sino ad oggi. Da oggi, voglio aprire un nuovo cammino. » (Lettera di Beethoven all'amico Krumpholz, 1802) L'anno 1806 segnò una prima grande svolta nella vita del compositore. In gran segreto iniziava a prendere coscienza di una sordità che doveva irrimediabilmente progredire fino a diventare totale prima del 1820. La causa della sordità di Beethoven è rimasta sconosciuta. Le ipotesi di una labirintite cronica, di una otospongiosi e della malattia di Paget ossea sono state ampiamente discusse ma nessuna è stata mai confermata. Costretto all'isolamento per timore di dover rivelare in pubblico questa terribile verità, Beethoven si fece una triste reputazione di misantropo, della quale soffrì in silenzio fino al termine della sua vita. Cosciente dell'infermità che gli avrebbe impedito la carriera di pianista, dopo aver anche, per un momento, pensato al suicidio, si dedicò anima e corpo alla composizione. In una lettera postuma indirizzata ai fratelli espresse tutta la sua tristezza e la fede nella sua arte ( Testamento di Heiligenstadt): « O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un'apparenza [...] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento [...] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo [...] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l'infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore. » ( Beethoven, 6 ottobre 1802[18]) Fortunatamente, la sua vitalità creatrice non si arrestò. Dopo la composizione della Sonata per violino n. 5 detta La Primavera (Frühlings, 1800) e della Sonata per pianoforte n. 14 detta Al Chiar di Luna (1801), durante un periodo di crisi morale e spirituale compose la gioiosa e misconosciuta Seconda Sinfonia (1801-1802) e il più scuro Concerto per pianoforte n. 3 (1800-1802) dove la tonalità in do minore annunciava chiaramente la caratteristica personalità del compositore. Queste due opere vennero accolte molto favorevolmente il 5 aprile 1803. Tuttavia le difficoltà della sua condizione lo condussero ad una ulteriore evoluzione: privato della possibilità di esprimere tutto il suo talento si dedicò interamente alla composizione con un coraggio e una forza di carattere che si annunciava con l'eroismo trionfante della Terza Sinfonia. 1802 – 1812: il periodo detto "eroico" Dall'Eroica al Fidelio « In questa Sinfonia Beethoven si era proposto come argomento ispiratore Bonaparte, quando quest'ultimo era ancora Primo Console. All'epoca Beethoven ne faceva un caso straordinario, e vedeva in lui l'epigono dei grandi consoli romani. » (Testimonianza di Ferdinand Ries sulla genesi della Terza Sinfonia) La Sinfonia n. 3, detta «Eroica» segna una tappa capitale in tutta l'opera di Beethoven, non soltanto a causa della sua potenza espressiva ma anche perché inaugurava una serie di opere brillanti, notevoli per durata ed energia, caratteristiche dello stile del secondo periodo di Beethoven, detto «stile eroico». Il compositore intendeva inizialmente dedicare questa sinfonia al generale Napoleone Bonaparte, nel quale vedeva il salvatore degli ideali della Rivoluzione francese. Non appena apprese la notizia della proclamazione del Primo Impero francese (maggio 1804), infuriato, cancellò velocemente la dedica. Infine, il capolavoro ricevette il titolo «Grande sinfonia Eroica per celebrare la memoria di un grande uomo». La genesi della sinfonia si estese dal 1802 al 1804 e la presentazione pubblica, avvenuta il 7 aprile 1805 smorzò gli entusiasmi: quasi tutti la giudicarono troppo lunga. Beethoven non ebbe nessun risentimento, al punto che non ne avrebbe composta nessuna della durata superiore a un'ora, e doveva, fino alla composizione della Nona, considerare l'Eroica come la migliore delle sue sinfonie. Anche nella scrittura pianistica lo stile si evolveva: scritta immediatamente dopo la Terza Sinfonia negli ultimi mesi del 1803, la Sonata per pianoforte n. 21 op. 53, dedicata al conte Waldstein, colpì per il virtuosismo, l'energia "eroica" e l'utilizzo sinfonico dello strumento. Dello stesso stampo fu la grandiosa Sonata per pianoforte n. 23 detta Appassionata (1805), al quale seguì il Triplo Concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra (1804). Nel luglio 1805 il compositore incontrò Luigi Cherubini, che non gli nascose la sua ammirazione. A trentacinque anni, Beethoven affrontò il genere musicale per il quale Mozart era più portato, l' opera. Nel 1801 si era entusiasmato per il libretto Léonore o l'amore coniugale del francese Jean- Nicolas Bouilly, e la composizione dell'opera Fidelio, che portava originariamente nel titolo il nome della sua eroina, Léonore, venne intrapresa fin dal 1803. Questa opera fu accolta male al debutto (soltanto tre rappresentazioni nel 1805), al punto che Beethoven si ritenne vittima di una cabala. Il Fidelio doveva conoscere non meno di tre versioni (1805, 1806 e 1814) e soltanto l'ultima ebbe un'accoglienza adeguata. Beethoven aveva composto un'opera oggi considerata fondamentale nel repertorio lirico ma questa esperienza non venne ripetuta a causa delle troppe amarezze subite, anche se studiò alcuni altri progetti tra cui un Macbeth ispirato all'opera di Shakespeare, e soprattutto un Faust da Goethe, verso la fine della sua vita. L'indipendenza affermata Beethoven verso il 1804, nell'epoca della Sonata Appassionata e di Fidelio. Risoluto ad «affrontare il suo destino alla gola», compose nel periodo dal 1802 al 1812 una serie di opere brillanti ed energiche, caratteristiche del suo stile «eroico». Ritratto di Willibrord Joseph Maehler, 1804-05. « Principe, ciò che siete, lo siete in occasione della nascita. Ciò che sono, lo sono per me. Principi ce n'è e ce ne saranno ancora migliaia. Di Beethoven ce n'è soltanto uno. » (Biglietto di Beethoven al conte Lichnowsky, ottobre 1806) Dopo il 1805, e nonostante il fallimento artistico del Fidelio, la situazione di Beethoven era tornata favorevole. In pieno possesso della sua vitalità creatrice, sembrò adattarsi al suo udito difettoso e trovare, almeno per qualche tempo, una vita sociale soddisfacente. Gli anni tra il 1806 e il 1808 furono quelli più fertili di capolavori: il solo anno 1806 vide la composizione del Concerto per pianoforte n. 4, dei tre Quartetti per archi n. 7, n. 8 e n. 9 dedicati al conte Andrei Razumovsky, della Quarta Sinfonia e del Concerto per violino . Nell'autunno di quell'anno Beethoven accompagnò il suo mecenate, il principe Carl Lichnowsky, nel suo castello di Slesia, ed in occasione di questo soggiorno diede la dimostrazione più luminosa della sua volontà di indipendenza. Poiché Lichnowsky aveva minacciato di mettere Beethoven agli arresti se si fosse ostinato a rifiutare un'esibizione al piano per alcuni ufficiali francesi ospiti del castello (la Slesia era in quel momento occupata dall'esercito napoleonico dopo Austerlitz) il compositore lasciò il suo ospite dopo un violento litigio. Fece allora domanda di impiego alla Direzione dei Teatri Imperiali, dove si impegna a consegnare annualmente un'opera e un'operetta richiedendo la somma di 2400 fiorini e una percentuale sugli incassi dalla terza rappresentazione di ciascun opera, ma la domanda non venne accolta. Perso il finanziamento e la protezione del suo principale mecenate, Beethoven riuscì ad affermarsi come artista indipendente e a liberarsi simbolicamente dal patronato aristocratico. Ormai lo stile eroico poteva raggiungere il suo parossismo. Dando seguito al suo desiderio di «affrontare il suo destino alla gola» espresso a Wegeler nel novembre 1801, Beethoven mise in cantiere la Quinta Sinfonia. Attraverso il suo celebre motivo ritmico di quattro note esposto fin dal primo movimento, che irradia tutta l'opera, il musicista intendeva esprimere la lotta dell'uomo contro il destino, e il trionfo finale su di esso. L'ouverture del Coriolano, con la quale condivide la tonalità in do minore, era della medesima epoca. Composta contemporaneamente alla Quinta, la Sinfonia pastorale sembra quella più contrastata. Descritta da Michel Lecompte come «la più serena, la più ridotta e la più melodica delle nove sinfonie» e nel medesimo tempo la più atipica è l'omaggio alla natura di un compositore profondamente innamorato della campagna, nella quale ritrovava sempre la calma e la serenità propizie alla sua ispirazione. Autentica anticipatrice del romanticismo musicale, la Pastorale porta come sottotitolo questa frase di Beethoven «Espressione di sentimenti piuttosto che pittura» e ciascuno dei suoi movimenti porta un'indicazione descrittiva. Il concerto dato da Beethoven il 22 dicembre 1808 fu certamente una delle più grandi Accademie della storia (con quella del 7 maggio 1824). Furono eseguiti in prima assoluta la Quinta e la Sesta sinfonia pastorale, il Concerto per pianoforte n. 4, la Fantasia corale per piano e orchestra e due inni dalla Messa in Do maggiore composta per il principe Esterházy nel 1807. Dopo la morte di Haydn nel maggio 1809, benché gli restasse ancora qualche avversario in campo artistico, non si poteva più contestare la posizione di Beethoven nel pantheon dei musicisti. La maturità artistica « Non avevo mai incontrato un artista così fortemente concentrato, così energico, così interiore. [...] Il suo ingegno mi ha stupefatto; ma egli è purtroppo una personalità del tutto sfrenata, che, se non ha certamente torto nel trovare detestabile il mondo, non si rende così più gradevole a sé e agli altri. [...] Malauguratamente, è una personalità fortemente indotta. » (Giudizio di Goethe su Beethoven, 1812) Nel 1808 Beethoven aveva ricevuto da Girolamo Bonaparte, posto dal fratello Napoleone sul trono della Westfalia, la proposta per un impiego di Kapellmeister alla corte di Kassel. Sembra che il compositore abbia per un momento pensato di accettare questo incarico prestigioso che, se da un lato rimetteva in discussione la sua indipendenza fino a quel momento difesa così strenuamente, dall'altro gli garantiva una situazione economica e sociale più serena. Fu allora che ebbe un ritorno patriottico e l'occasione di staccarsi dall'aristocrazia viennese (1809). L'arciduca Rodolfo, il principe Kinsky e il principe Lobkowitz garantirono a Beethoven, qualora fosse restato a Vienna, un vitalizio di 4.000 fiorini annui, una somma notevole per l'epoca. Beethoven accettò, sperando di mettersi definitivamente al riparo dalle necessità, ma la ripresa della guerra tra la Francia e l'Austria nella primavera del 1809 rimise tutto in discussione. La famiglia imperiale fu costretta a lasciare Vienna occupata, la grave crisi economica che subì l'Austria dopo Wagram e il Trattato di Schönbrunn imposto da Napoleone rovinò economicamente l'aristocrazia viennese e rese nullo il contratto stipulato da Beethoven. Questi episodi segnarono duramente la sua vita, sempre Conquistata una fama a livello europeo, diversi pittori si offrirono di immortalare l'immagine del compositore: già ritratto da Joseph Willibrord Mãhler nel 1805 e da Johann Cristoph Heckel nel 1815 – i due ritratti, specie quest'ultimo, sono probabilmente i più veritieri perché privi di abbellimenti di circostanza. Il berlinese August von Kloeber lo ritrae nel 1818 non prima di averlo spettinato sapientemente, in modo da dargli quell'aspetto fra l'eroico e il demoniaco che ormai il mito romantico pretendeva di attribuire alla sua figura. E tale aspetto piaceva a Beethoven, che dichiara di non amare essere ritratto "tirato a lucido, come se stessi per prendere servizio a corte". Il dipinto è perduto ma ne resta il disegno preparatorio. Nello stesso anno si fece ritrarre dall'ungherese Ferdinand Schimon, che aveva già ritratto Ludwig Spohr e Weber. Ne riprodusse la fronte ampia, il volto pieno e il mento a conchiglia, migliorando la forma del naso e soprattutto facendogli volgere lo sguardo scrutatore verso spazi lontani e indeterminati. Il pittore accademico di re e principesse Joseph Karl Stieler, forse intimidito dal famoso "modello", costrinse Beethoven a lunghe ore di posa, immobile, per svariati giorni. Finita nell'aprile del 1820 l'opera, che lo rappresentava mentre componeva la sua Missa, benché eseguita con cura come ci si poteva attendere da un pittore alla moda, nobilitò romanticamente la figura del musicista ma non riuscì a dargli espressione e forza interiore. Un ultimo ritratto fu eseguito nel 1823 da Ferdinand Georg Waldmûller, ma se ne è perduto l'originale. Ne resta una copia che ci trasmette l'immagine di un uomo solitario che, lontano da ogni illusione romantica, non riesce a mascherare l'amarezza. 1818 – 1827: l'ultimo Beethoven L'addio al pianoforte, la religiosità e la Messa in re « Voglio dunque abbandonarmi con pazienza a tutte le vicissitudini e rimettere la mia fiducia unicamente nella tua immutabile bontà, o Dio! [...] Sei la mia roccia, o Dio, sei la mia luce, sei la mia assicurazione eterna! » (Citazione religiosa di Christian Sturm copiata da Beethoven nei Quaderni di conversazione, 1818) Le forze di Beethoven ritornarono pienamente nel 1817, epoca nella quale scrisse una nuova opera destinata ad essere la più vasta e complessa composta fino ad allora, la Sonata per piano n. 29 op. 106 detta Hammerklavier. La durata superiore ai quaranta minuti e la esplorazione oltre ogni limite di tutte le possibilità dello strumento, lasciò indifferenti i pianisti contemporanei di Beethoven che la giudicarono ineseguibile, ritenendo che la sordità del musicista gli rendeva impossibile una corretta valutazione delle possibilità sonore. Con l'eccezione della Nona Sinfonia lo stesso giudizio verrà dato per tutte le restanti opere composte da Beethoven, la cui complessità e modernità di architettura sonora erano ben note allo stesso Beethoven. Dolendosi un po' delle frequenti lamentele dei vari interpreti, nel 1819 dichiarò al suo editore: «Ecco una sonata che darà filo da torcere ai pianisti, quando la eseguiranno tra cinquanta anni». A partire da allora, chiuso totalmente nella sua infermità, iniziò ad essere circondato da una corte di allievi, ammiratori, servitori che lo adulavano e spesso lo irritavano. Per comunicare con loro usò i Quaderni di conversazione scritti direttamente dal musicista o trascritti dai suoi collaboratori, i quali costituiscono una testimonianza inestimabile sull'ultimo periodo di vita del compositore. Pur non essendo un assiduo praticante Beethoven era sempre stato credente, ma il suo avvicinamento alla fede e al Cristianesimo aumentò negli anni più duri, come testimoniano le numerose citazioni di carattere religioso che trascrisse nei suoi quaderni a partire dal 1817. Nella primavera del 1818 decise di comporre una grande opera religiosa che inizialmente prevedeva di utilizzare in occasione dell'Incoronazione dell'arciduca Rodolfo, che anelava di essere elevato al rango di Arcivescovo di Olmütz alcuni mesi più tardi. Tuttavia la colossale Missa Solemnis in re maggiore richiese al musicista quattro anni di duro lavoro (1818-1822) e fu dedicata soltanto nel 1823. Beethoven aveva studiato a lungo le Messe di Bach e l'oratorio Messiah di Händel al punto di ritenere la composizione della Missa Solemnis come «la mia migliore opera, il mio più grande lavoro». Parallelamente a questo lavoro vennero composte le ultime Sonate per pianoforte opere n. 30, 31, 32 (op. 111), che si chiudeva su un'arietta di variazioni di alta spiritualità. Gli restava ancora da comporre l'ultimo capolavoro pianistico: l'editore Anton Diabelli aveva invitato nel 1822 tutti i compositori del suo tempo a scrivere una variazione su un valzer molto semplice nella struttura musicale. Dopo aver studiato questo valzer, Beethoven superò lo scoglio proposto e compose le 33 variazioni che Diabelli ritenne comparabili alle famose Variazioni Goldberg, composte da Bach ben ottanta anni prima. La Nona sinfonia e gli ultimi quartetti Beethoven nel 1823, all'epoca della composizione delle Variazioni Diabelli e della Nona Sinfonia. Nella sua sordità diventata totale, comunicava con il suo ambiente soltanto tramite i Quaderni di conversazione. Ritratto di F.G. Waldmüller. « Il vostro genio ha superato i secoli e non vi sono forse uditori abbastanza illuminati per gustare tutta la bellezza di questa musica; ma saranno i posteri che renderanno omaggio e benediranno la vostra memoria molto più di quanto possano fare i contemporanei. » (Lettera del principe russo Boris Galitzin a Beethoven dopo la prima rappresentazione della Missa Solemnis, 1824) L'inizio della composizione della Nona Sinfonia coincise con il completamento della Missa Solemnis. Questa opera ebbe una genesi estremamente complessa che si può fare risalire alla gioventù di Beethoven, e all'intenzione di mettere in musica il poema An die Freude (Inno alla gioia) di Schiller. Attraverso l'indimenticabile finale che introduce il coro, l'innovazione nella scrittura sinfonica della Nona Sinfonia appare in linea alla Quinta, come l'evocazione musicale del trionfo della gioia e della fraternità universale sulla disperazione e la guerra. Essa costituisce un messaggio umanista e universale. La sinfonia venne eseguita per la prima volta davanti a un pubblico in delirio il 7 maggio 1824 e Beethoven ritrovò il grande successo. È in Prussia e in Inghilterra, dove la notorietà del musicista era da tempo commisurata alla grandezza del suo genio, che la sinfonia ebbe l'accoglienza più folgorante. Più volte invitato a Londra, come Haydn, Beethoven ebbe la tentazione verso la fine della sua vita di stabilirsi in Inghilterra, paese che ammirava per la sua vita culturale e per la sua democrazia, in contrapposizione alla frivolezza della vita viennese, ma questo progetto non si realizzò e Beethoven non conobbe mai il paese del suo idolo Händel. L'influenza di quest'ultimo fu particolarmente sensibile nel periodo tardo di Beethoven, che compose nel suo stile, tra il 1822 e il 1823, l'ouverture La Consacrazione della Casa. I cinque ultimi Quartetti per archi (n. 12, 13, 14, 15 e 16) misero il sigillo finale alla produzione musicale di Beethoven. Con il loro carattere immaginario, che si ricollega a forme vecchie (utilizzo del modo musicale lidio nel n. 15) segnarono la conclusione della sperimentazione di Beethoven nel campo della musica da camera. I grandi movimenti lenti ad alto tasso drammatico (la cavatina del n. 13 e il Canto di ringraziamento alla Divinità di un convalescente, in modo lidio del n. 15) annunciavano l'inizio del periodo romantico. A questi cinque quartetti, composti nel periodo 1824- 1826, occorre aggiungere ancora la Grosse Fuge in si bemolle maggiore op. 133, che era in origine il movimento conclusivo del Quartetto n. 13 ma che Beethoven separò in seguito su richiesta dell'editore. Il 15 ottobre 1825 si trasferì nel suo ultimo appartamento viennese, al numero 15 della Schwarzspanierstrasse, in due stanze che facevano parte di quello che era stato un convento degli Spagnoli Neri, lungo le mura della capitale austriaca. Alla fine dell'estate 1826, mentre completava il suo ultimo Quartetto n. 16, Beethoven progettava ancora numerose opere: una decima sinfonia della quale sono giunti sino a noi alcuni schizzi, una ouverture su temi di Bach, il Faust ispirato a Goethe, un oratorio sul tema biblico di Saul e Davide, un altro sul tema degli Elementi e un Requiem. Il 30 luglio 1826 suo nipote Karl tentò il suicidio sparandosi un colpo di pistola e rimanendo leggermente ferito, giustificando il gesto col fatto di non sopportare più i continui rimproveri dello zio il quale, sconfortato, dopo aver rinunciato alla sua tutela in favore dell'amico Stephan Breuning, lo fece arruolare in un reggimento di fanteria, comandato dal suo amico barone Joseph von Stutterheim. La storia fece scandalo, e in attesa che Karl partisse per la sua destinazione a Iglau, in Moravia, zio e nipote andarono a trascorrere una vacanza, ospiti, dietro pagamento, del fratello Nikolaus Johann Beethoven, a Gneixendorf. Qui Beethoven compose la sua ultima opera, un Allegro per sostituire la Grosse Fuge come finale del Quartetto n. 13. La malattia e la morte I funerali di Beethoven, il 29 marzo 1827, radunarono molte migliaia di persone. Quadro di F. Stober, 1827 « Egli sa tutto, ma non possiamo ancora capire tutto e passerà ancora molta acqua sotto i ponti del Danubio prima che tutto ciò che quell'uomo ha creato sia compreso dal mondo. » (Franz Schubert, 1827) Ritornato a Vienna il 2 dicembre 1826 su un carro scoperto e in una notte di pioggia, Beethoven contrasse una polmonite doppia da cui non doveva più risollevarsi; gli ultimi quattro mesi della sua vita furono segnati da un terribile logoramento fisico. La causa diretta della morte del musicista, secondo le osservazioni del suo ultimo medico (il dottor Andras Wawruch) sembra essere la decompensazione di una cirrosi epatica. Beethoven presentava un'epatomegalia, un'itterizia, un' ascite (allora chiamata «idropisia addominale») nei diversi ordini dei membri inferiori, elementi di una sindrome cirrotica con ipertensione, e, costretto perennemente a letto, dovette sottoporsi a un'operazione per rimuovere l'acqua accumulata. Fino alla fine il compositore restò circondato dai suoi amici tra i quali Anton Schindler e Stephan von Breuning, oltre alla moglie del fratello Johann e al musicista Anselm Huttenbrenner, che fu l'ultima persona a vederlo in vita. Alcune settimane prima della morte avrebbe ricevuto la visita di Franz Schubert, che non conosceva e si rammaricava di avere scoperto così tardi. È al suo amico, il compositore Ignaz Moscheles, promotore della sua musica a Londra, che invia la sua ultima lettera nella quale promette nuovamente agli inglesi di comporre, una volta guarito, una nuova sinfonia per ringraziarli del forte sostegno. Ma era troppo tardi. Il 3 gennaio 1827 fa testamento, nominando il nipote Karl suo erede: il 23 marzo riceve l'estrema unzione e il giorno dopo perde conoscenza. Il 26 marzo 1827 Ludwig van Beethoven si spegne all'età di 56 anni. Nonostante Vienna non si occupasse più della sua sorte da mesi, i suoi funerali, svoltisi il 29 marzo, riunirono una processione impressionante di almeno ventimila persone. L'orazione funebre venne pronunciata da Franz Grillparzer. Venne inizialmente sepolto nel cimitero di Wahring, a ovest di Vienna. Nel 1863 il corpo di Beethoven venne riesumato, studiato e di nuovo sepolto. Il suo teschio venne acquisito dal medico austriaco Romeo Seligmann per ricavare un modello, tuttora conservato al Center for Beethoven Studies presso la San José State University in California. I suoi resti vennero sepolti nel Zentralfriedhof nel 1888. Il suo segretario e primo biografo Anton Felix Schindler, nominato custode dei beni del musicista, dopo la sua morte distruggerà una grandissima parte dei Quaderni di conversazione e in quelli rimasti addirittura aggiungerà arbitrariamente frasi scritte di sua mano. La distruzione venne giustificata con il fatto che molte frasi erano attacchi grossolani e sfrenati ai membri della famiglia imperiale, contro l'imperatore e anche contro il principe ereditario, diventato anch'esso imperatore e con il quale aveva mantenuto rapporti stretti di amicizia, nonostante per gran parte della sua vita Beethoven fosse stato in costante rivolta contro le autorità costituite, le norme e le leggi. Negli anni che seguirono la sua morte, furono formulate diverse ipotesi riguardanti una malattia di cui Beethoven avrebbe sofferto durante tutto l'arco dell'esistenza – indipendentemente dalla sordità, il compositore lamentava continui dolori addominali e disordini alla vista – e attualmente tendono a stabilirsi al livello di un saturnismo cronico o intossicazione severa da piombo. Il 17 ottobre 2000 , dopo quasi 200 anni dalla morte del compositore, fu il dottor William J. Walsh, direttore del progetto di ricerca su Beethoven (Beethoven Research Project), a rivelare questa ipotesi come causa probabile del decesso. Beethoven, grande degustatore del vino del Reno, aveva l'abitudine di bere da una coppa di cristallo di piombo, oltre ad aggiungere un sale piomboso per rendere il vino più dolce. Dai risultati delle analisi sui suoi capelli furono riscontrati importanti quantità di piombo, e questi risultati sono stati confermati dalla Argonne National Laboratory, nei pressi di Chicago, grazie a ulteriori analisi di frammenti del cranio, identificati grazie al DNA. La quantità di piombo realizzare l'unità di un movimento nelle composizioni maggiori. Ugualmente notevole è l'uso di "motivi base" (source-motives) che ricorrono in molte composizioni e che danno una certa unitarietà alla sua opera. Ha innovato diverse forme musicali, egli ha rimodellato persino la forma del rondò, rendendola molto elastica e spaziosa e portandola vicino alla forma-sonata, sostituì il minuetto in gran parte delle composizioni, sia cameristiche sia orchestrali, con lo scherzo. La sua opera si discosta dalla successiva musica romantica per l'aderenza ai modelli formali del classicismo; il manifestarsi dell'emotività si calibrava preparando accuratamente le modulazioni e rigettando i cromatismi nelle melodie, tanto da farlo diventare per alcuni musicisti e musicologi del XX secolo un emblema della razionalità; complessivamente la sua figura è di transizione: la sua opera contiene elementi sia romantici sia tipicamente classicisti. Periodizzazione Wilhem von Lenz propose una ripartizione stilistica ancora in uso della carriera di compositore di Beethoven in tre "periodi" creativi: • il Primo (Early, 1770-1802) • il Mediano (Middle, 1803-1814) • il Tardo (Late, 1815-1827) Benché possa risultare alquanto problematico distinguere nettamente i confini tra un periodo e l'altro, la tripartizione è accolta da molti studiosi. Nel primo periodo, subì l'influenza di Haydn e Mozart, come spiegato nella sezione Le influenze. Il periodo mediano cominciò subito dopo la crisi personale del compositore centrata intorno allo sviluppo della progressiva sordità. Infine il periodo tardo è caratterizzato da lavori che mostravano profondità intellettuale, un'alta e intensa personalità espressiva, e innovazioni formali. Decisamente contrario a tale divisione dell'opera beethoveniana fu il filosofo e musicologo Theodor Wiesengrund Adorno: esistono aspetti armonici, ritmici e melodici comuni ai tre cosiddetti periodi perfino in opere definite minori o di apprendistato. Per esempio, l'inizio della Seconda Sinfonia che anticipa il famoso incipit della Nona, nel materiale tematico e, più profondamente, nel colore. Inoltre, Adorno dimostrò come il contrappunto, anima delle ultime definitive opere, sia la profonda caratteristica del pensiero compositivo beethoveniano fin dall'opus 1; per questo questa suddivisione rischia di falsare l'intera opera beethoveniana. Si può dividere la produzione del compositore in tre periodi solamente considerando i caratteri e gli atteggiamenti psicologici e non quelli musicali, secondo Adorno. Le innovazioni Nella storia musicale, l'opera di Beethoven rappresenta una transizione tra l'era classica (approssimativamente 1750-1810) e l'era romantica (approssimativamente 1810-1900). Se le sue prime opere sono influenzate da Haydn o Mozart, le opere mature sono ricche di innovazioni e hanno aperto la strada ai musicisti dal romanticismo esasperato, quali Brahms, Schubert, Wagner o ancora Bruckner: • L'incipit della sua V Sinfonia (1807), per di più in levare, espone un motivo violento, onnipresente nelle sue opere giovanili, che è riutilizzato durante tutti i quattro movimenti. La transizione tra lo scherzo e l'allegro finale avviene senza interruzione, mediante un " attacca". • La IX Sinfonia (1817) è la prima sinfonia ad introdurre un coro, al quarto movimento. L'insieme di questa elaborazione orchestrale rappresenta una vera innovazione. • La sua opera Fidelio utilizza le voci come degli strumenti sinfonici, e questo senza preoccuparsi delle limitazioni tecniche dei coristi. Sul piano della tecnica compositiva, l'impiego di motivi che alimentino interi movimenti è considerato come un apporto fondamentale. Di essenza squisitamente ritmica - cosa che costituisce una grande novità - questi motivi si modificano e si moltiplicano. Tra i più famosi: • Primo movimento del IV Concerto per piano (presente sin dalle prime battute); • Primo movimento della V Sinfonia (idem); • Secondo movimento della VII Sinfonia (dal ritmo dattilico): il turbinio sempre rinnovato che ne risulta è estremamente avvincente, all'origine di questa grande veemenza che va incessantemente alla ricerca dello spettatore. Beethoven è anche uno dei primi a dedicarsi all'orchestrazione con tanta cura. Negli sviluppi alcune associazioni cangianti, specialmente al livello dei legni, permettono d'illuminare in maniera singolare i ritorni tematici, anch'essi leggermente modificati sul piano armonico. Le variazioni di tono e di colore che s'inseguono rinnovano il discorso, sempre conservando i riferimenti della memoria. Le opere di Beethoven vengono così apprezzate, in virtù della loro forza emozionale, che verrà fatta propria dal Romanticismo. Il grande pubblico conosce soprattutto le sue opere sinfoniche, spesso innovatrici, in particolare le sinfonie «dispari» (terza, quinta, settima e nona) e la sesta, detta Pastorale. I suoi concerti più conosciuti sono il Concerto per violino e soprattutto il Quinto Concerto per piano, detto L'Imperatore. La sua musica strumentale è molto apprezzata in alcune magnifiche sonate per piano, tra le 32 che ha scritto. Dalle caratteristiche più classiche, la sua musica da camera è meno conosciuta. Le influenze La giovinezza a Bonn Fu alla corte del principe Maximilian Franz d'Asburgo, suo mecenate a Bonn dal 1784 al 1792, che Beethoven fece la conoscenza decisiva della musica dei Bach e dei compositori della scuola di Mannheim. Le prime influenze musicali esercitate sul giovane Beethoven non furono tanto quelle di Haydn e di Mozart - dei quali, eccettuate poche partiture non scoprì davvero la musica fin quando non giunse a Vienna - quanto lo stile galante della seconda metà del XVIII secolo e dei compositori della scuola di Mannheim, di cui poté ascoltare le opere a Bonn, alla corte del principe elettore Maximilian Franz d'Asburgo. Le opere di questo periodo che ci sono pervenute (nessuna delle quali appariva nel catalogo Opus), composte fra il 1782 e il 1792, testimoniano già una rimarchevole padronanza della composizione; ma sono assenti i caratteri peculiari di Beethoven che troviamo nel periodo viennese. Nelle Sonate all'Elettore WoO 47 (1783), nel Concerto per pianoforte WoO 4 (1784) o ancora nei Quartetti con pianoforte WoO 36 (1785), si svela soprattutto una forte influenza dello stile galante di compositori come Johann Christian Bach. Due altri membri della famiglia Bach costituiscono d'altronde lo zoccolo della cultura musicale del giovane Beethoven: Carl Philipp Emanuel, di cui eseguì le sonate, e naturalmente Johann Sebastian , di cui imparò a memoria le due raccolte del Clavicembalo ben temperato. L'influenza di Franz Joseph Haydn L'influenza esercitata da Haydn - soprattutto in rapporto a quella di Clementi - impregna fortemente la concezione beethoveniana della musica. In effetti, il modello del maestro viennese non si manifesta tanto, come troppo spesso si crede, nelle opere "del primo periodo", quanto in quelle degli anni seguenti: la stessa Eroica, in spirito e proporzioni, ha che fare con Haydn ben più delle due sinfonie precedenti; analogamente, Beethoven si avvicina al suo predecessore più nell'ultimo quartetto, terminato nel 1826, che nel primo, composto una trentina d'anni addietro. Nello stile haydniano si distinguono pure gli aspetti che diverranno essenziali nello spirito di Beethoven: soprattutto, è il senso haydniano del motivo che influenza profondamente e durevolmente l'opera di Beethoven, come nel primo movimento della Quinta. Alla riduzione quantitativa del materiale di partenza corrisponde un'estensione dello sviluppo: attraverso l'uso del motivo, ereditato da Haydn, Beethoven genera uno sviluppo tematico di un'ampiezza fino ad allora inedita. Beethoven raccoglie da Haydn il senso del motivo. In questo modo, una cellula ritmica di due misure serve da materiale per tutto il primo movimento della Quinta sinfonia. Talora l'influenza di Haydn si estende anche all'organizzazione interna di un intero movimento di sonata. Per il maestro classico viennese, è il materiale tematico che determina la struttura dell'opera. È quanto avviene, ad esempio, come spiega Charles Rosen,[50] nel primo movimento della Sonata "Hammerklavier" op. 106: è la terza discendente del tema principale a determinare l'intera struttura (si può notare ad esempio che lungo l'intero brano le tonalità si susseguono in un ordine di terze discendenti: si bemolle maggiore, sol maggiore, mi bemolle maggiore, si maggiore, ecc.). Altri caratteri meno fondamentali dell'opera di Haydn hanno talvolta influenzato Beethoven. Haydn è il primo compositore ad avere fatto uso più o meno sistematicamente della tecnica di iniziare il brano in una falsa tonalità, mimetizzando la tonica. Questo principio illustra bene la propensione tipicamente haydniana a suscitare sorpresa nell'ascoltatore, tendenza che si ritrova ampiamente in Beethoven: l'ultimo movimento del Quarto concerto per pianoforte, ad esempio, sembra, per qualche battuta, iniziare in do maggiore, prima di stabilire chiaramente la tonica (sol). Haydn è anche il primo a essersi dedicato alla questione dell'integrazione della fuga nella forma sonata; questione alla quale ha risposto specificamente impiegando la fuga come sviluppo. In quest'ambito, prima di mettere a punto nuove metodiche (che non appariranno prima della Sonata op. 111 e del Quartetto op. 131), Beethoven sfrutterà più volte le intuizioni del suo maestro: l'ultimo movimento della Sonata op. 101 e il primo della op. 106 ne sono probabilmente chiari esempi. L'influenza di Mozart Dal 1800, l'influenza di Mozart su Beethoven appare più formale che estetica. Occorre distinguere nell'influenza di Mozart su Beethoven un aspetto estetico e un aspetto formale: • L'estetica mozartiana si manifesta principalmente nelle opere del "primo periodo", ma superficialmente, poiché l'influenza del maestro si riduce il più delle volte a prestiti di formule stereotipate. Fin circa al 1800 la musica di Beethoven s'iscrive più che altro ora nello stile postclassico ora nel preromantico, all'epoca rappresentato da compositori come Clementi e Hummel: uno stile che imita Mozart soltanto in superficie, e che si potrebbe qualificare come "classicheggiante" piuttosto che veramente "classico" (secondo l'espressione di Rosen). • L'aspetto formale dell'influenza di Mozart si manifesta quasi esclusivamente a partire dalle opere del "secondo periodo". Nella scrittura di concerti, il modello di Mozart sembra più presente: nel primo movimento del Concerto per pianoforte n. 4, l'abbandono della doppia esposizione della sonata (orchestra e solista in successione) a vantaggio di un'unica esposizione (orchestra e solista simultanei) riprende in qualche modo l'idea mozartiana di fondere la presentazione statica del tema (orchestra) nella sua presentazione dinamica (solista). Più in generale, si può notare che Beethoven, nella sua propensione ad amplificare È noto che Beethoven, nei suoi ultimi anni, si riferiva alla Missa Solemnis come al "coronamento dell'opera della sua vita". Questa messa è composta rispettando gli standard delle messe cattoliche in musica: vale a dire che ha musicato l'antichissimo Ordinarium Missae come fecero Schubert, Bruckner e tantissimi altri compositori. Tuttavia, ciò non prova che Beethoven morì da cattolico, o almeno non più di quanto l'aver scritto Le Creature di Prometeo dimostra che sia morto credendo nel pantheon greco. Secondo alcuni, Beethoven si interessò anche all'Induismo. Come si legge nel sito A Tribute to Hinduism, «Il primo a fargli conoscere la letteratura indiana fu l'orientalista austriaco Joseph von Hammer-Purgstall (1774-1856), che fondò una rivista per la divulgazione della sapienza orientale in Europa nel gennaio 1809». I frammenti di testi religiosi indiani che sono stati scoperti nel diario di Beethoven Tagebuch sono in parte traduzioni e in parte adattamenti delle Upanishad e del Bhagavad Gita. Opere Musica sinfonica • Sinfonie Haydn ha composto più di cento sinfonie e Mozart più di quaranta. Rispetto a quest'ultimi, Beethoven non è stato altrettanto prolifico, componendo solo nove sinfonie, e lasciando alcuni abbozzi per una decima sinfonia mai realizzata; questa discrepanza tra il numero delle sue sinfonie rapportate a quelle dei suoi diretti precedessori è data dalla sua volontà e scelta di comporre prediligendo la qualità rispetto alla quantità dei suoi lavori. A riprova di questa considerazione basta prendere in esame l'intera produzione compositiva di Beethoven raffrontandola a quelle di altri compositori; ad esempio l'intera produzione di Mozart consta di oltre 600 opere (il Catalogo Köchel giunge fino all'opera K 626) mentre Beethoven, seppur vissuto quasi il doppio degli anni di Mozart, ci ha lasciato un catalogo di opere che arriva solo fino al numero d'opera 139 (Catalogo Kinsky/ Halm). Le nove sinfonie di Beethoven quindi, pur non essendo molte, hanno però ognuna una propria forza distintiva e insieme alle altre sinfonie sembrano aver creato un corpus di opere dalla forza espressiva difficilmente eguagliabile. É cosa nota che curiosamente, diversi compositori succeduti a Beethoven, romantici o post-romantici, abbiano completato l'insieme delle proprie sinfonie fermandosi alla nona; che sia un caso o sia una scelta voluta forse in omaggio proprio a Beethoven, non ci sono certezze, però a seguito di questi avvenimenti è nata il mito della " maledizione della nona" legata appunto all'ultima cifra d'opera delle sinfonie di una lista di molti compositori, dei quali Beethoven ne è il precursore: Beethoven, Bruckner, Dvorak, Mahler, Schubert, ma anche Ralph Vaughan Williams. Le prime due sinfonie di Beethoven sono d'ispirazione e d'impostazione classica. Diversamente da queste prime due, La 3ª sinfonia, detta «Eroica», segnerà invece un grande cambiamento nella composizione sinfonica e orchestrale. L'Eroica si caratterizza per l'ampiezza dei suoi movimenti e per l'orchestrazione. Il primo movimento era già da solo più lungo di una qualsiasi intera sinfonia scritta fino a quel momento. Quest'opera monumentale, in partenza scritta per Napoleone, prima che fosse incoronato imperatore, ci mostra un Beethoven simile ad grande "architetto musicale" e rimarrà come esempio per il Romanticismo musicale. Nell'intenzione dell'autore l'opera non è semplicemente il ritratto di Napoleone o di un qualsivoglia eroe, ma in essa Beethoven voleva rappresentare l'immortalità delle gesta compiute dai grandi uomini; questi suoi pensieri ci sono giunti dalle lettere scritte di suo pugno. Vengono poi la 5ª sinfonia e la 6ª sinfonia che possono avvicinarsi alla terza per il loro aspetto monumentale. Della quinta è noto il suo famoso motivo a quattro note, spesso detto «del destino» (il compositore avrebbe detto, parlando di questo celebre tema, che rappresenta «il destino che bussa alla porta») utilizzato ripetutamente con variazioni in quasi tutta la sinfonia. La 6ª sinfonia detta «Pastorale» evoca perfettamente l'idea della natura di Beethoven. Ha un carattere quasi impressionistico: oltre a momenti sereni e trasognati, la sinfonia possiede un movimento in cui la musica cerca di rappresentare una tempesta. La 7ª sinfonia è caratterizzata dal suo aspetto gioioso e dal ritmo frenetico del suo finale, per questo giudicata da Richard Wagner come Apoteosi della danza. La sinfonia successiva, brillante e spirituale, ritorna ad una forma più classica. Infine, la 9ª sinfonia è l'ultima sinfonia compiuta. Lunga più di un'ora, è una sinfonia in quattro movimenti che non rispetta la forma di sonata. All'ultimo movimento Beethoven aggiunge un coro ed un quartetto vocale che cantano l' Inno alla Gioia, un'ode di Friedrich Schiller. Quest'opera richiama all'amore e alla fratellanza tra tutti gli uomini e fa ora parte del patrimonio mondiale dell' UNESCO. L' Inno alla Gioia è inoltre stato scelto come inno europeo. • • Sinfonia n. 1 in Do maggiore, op. 21 (1800) • Sinfonia n. 2 in Re maggiore, op. 36 (1802) • Sinfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore, op. 55 "Eroica" (1804) • Sinfonia n. 4 in Si bemolle maggiore, op. 60 (1806) • Sinfonia n. 5 in do minore, op. 67 (1808) • Sinfonia n. 6 in Fa maggiore, op. 68 "Pastorale" (1808) • Sinfonia n. 7 in La maggiore, op. 92 (1812) • Sinfonia n. 8 in Fa maggiore, op. 93 (1813) • Sinfonia n. 9 in re minore, op. 125 "Corale" (1824) • Ouvertures • Le Creature di Prometeo, (balletto), op. 43 (1801) • Ouverture Leonore I, op. 138 (1805) • Ouverture Leonore II, op. 72 (1805) • Ouverture Leonore III, op. 72a (1806) • Coriolano (ouverture) op. 62 (1807) • Egmont - Ouverture e musica di scena, op. 84 (1810) • Le Rovine di Atene, op. 113 (1811) • Re Stefano, op. 117 (1811) • Ouverture Fidelio, op. 72b (1814) • Ouverture Zur Namensfeier, op. 115 (1815) • La consacrazione della casa (Die Weihe des Hauses), op. 124 (1822) • Altre Opere • Romanza per violino n° 1, op. 40, in Sol Maggiore (1802) • Romanza per violino n° 2, op. 50, in Fa Maggiore (1802) • Fantasia per piano, coro e orchestra, op. 80 (1808) • La vittoria di Wellington, op. 91, in Mi bemolle Maggiore (1813) • Concerti per pianoforte e orchestra • Concerto n. 1 in Do maggiore, op. 15 (1798) • Concerto n. 2 in Si bemolle maggiore, op. 19 (1795) • Concerto n. 3 in do minore, op. 37 (1802) • Concerto n. 4 in Sol maggiore, op. 58 (1806) • Concerto n. 5 in Mi bemolle maggiore, op. 73 "Imperatore" (1809) • Altri concerti • Triplo concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra in Do maggiore, op. 56 (1804) • Concerto per violino e orchestra in Re maggiore, op. 61 (1806) Musica per pianoforte • Sonate Riconosciuto molto presto quale maestro nell'arte del pianoforte, il compositore s'interesserà attentamente, nel corso della sua esistenza, a tutti gli sviluppi tecnici dello strumento al fine di sfruttarne tutte le possibilità. Seguendo la catalogazione mediante il numero di Opus assegnato da Beethoven stesso, si dice che Beethoven abbia scritto 32 sonate per pianoforte, ma esistono 35 sonate per piano interamente compiute. Le prime tre consistono nelle sonate per piano WoO 47, composte nel 1783 e dette Sonate all'Elettore (Kurfürstensonaten). Per quanto riguarda le 32 sonate con numero di Opus, la loro composizione avviene nel lasso di una ventina d'anni. Questo insieme, oggi considerato come una parte principale del repertorio allo strumento, testimonia, in modo più evidente rispetto alle sinfonie, l'evoluzione dello stile del compositore nel corso degli anni. Le sonate, di forma classica inizialmente, si sganciano man mano da questa forma; in esse Beethoven si diverte a cominciare o concludere una composizione con un movimento lento (come per esempio nella celebre sonata detta «al Chiaro di Luna»), a iscriverci una fuga (vedi ultimo movimento della Sonata n. 31 in La Bemolle Maggiore, Op. 110), o a chiamare sonata una composizione a due movimenti (vedi Sonate n. 19 e 20, Op. 49, 1-2). Gradualmente le composizioni guadagnano sempre più libertà di scrittura e diventano sempre più complesse e costruite. Si possono citare fra le più celebri l' Appassionata e la Waldstein (1804) o Gli Addii (1810). Nella celebreHammerklavier (1819), lunghezza e difficoltà tecniche raggiungono proporzioni tali da mettere in gioco le possibilità fisiche tanto dell'interprete quanto dello strumento, ed esigono un'attenzione sostenuta da parte dello spettatore. Essa fa parte delle cinque ultime sonate, nelle quali l'Autore abbandona il rigore della forma-sonata (che egli stesso aveva portato a compimento) e sperimenta altre architetture sonore, come la fuga (finale opp. 101, 106 e 110) e la variazione (finale opp. 109 e 111): in questi ultimi due brani, in particolare, al dinamismo tipico del periodo "eroico" subentra una calma estatica e apparentemente atemporale. Le ultime cinque sonate costituiscono un punto culminante della letteratura pianistica. L'«ultima maniera» di Beethoven, associata all'ultimo periodo della vita del maestro, rappresenta la manifestazione più acuta del suo genio. La variazione del secondo movimento dell'opera 111 anticipa di circa un secolo i temi deljazz e dello swing, risultando talmente ostica ai suoi contemporanei da essere per vari decenni considerata un vero e proprio "refuso" dovuto allo stato di sordità del compositore. [senza fonte] • • Tre Sonate op. 2 (n. 1 in fa minore, n. 2 in La maggiore, n. 3 in Do maggiore) (1795) • Sonata n. 4 in Mi bemolle Maggiore, op. 7 (1797) • Tre Sonate op. 10 (n. 5 in do minore op. 10,1, n. 6 in Fa maggiore op.10,2, n. 7 in Re maggiore op. 10,3) (1798) • Sonata n. 8 in do minore op. 13 "Patetica" (1799) • Due sonate op. 14 (n. 9 in Mi maggiore op. 14, 1, n. 10 in Sol maggiore op. 14,2 ( 1799) • Sonata n. 11 in Si bemolle maggiore op. 22 (1800) • Sonata n. 12 in La bemolle maggiore op. 26 (1801)[56]
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