Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

LUIGI PIRANDELLO PDF, Appunti di Italiano

PDF COMPLETO CON PENSIERO E OPERE (PROSA E TEATRO) DI LUIGI PIRANDELLO

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 27/06/2024

matteo-livecchi
matteo-livecchi 🇮🇹

5 documenti

1 / 15

Toggle sidebar

Anteprima parziale del testo

Scarica LUIGI PIRANDELLO PDF e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! LUIGI PIRANDELLO Temi principali: La crisi dell’io e della verità oggettiva, rifiuto della trappola sociale, umorismo, sogno di una vita libera e autentica. Agrigento 1867. Apparteneva a una famiglia benestante, il padre aveva alcune miniere di zolfo in Sicilia. Studia a Palermo, poi a Roma e per finire l’università va a Bonn, si laurea nel 1891. Era già avviato sulla strada della scrittura e nel 1892 torna a vivere a Roma, sarà una città importante per Pirandello. Ebbe rapporti con Luigi Capuana (esponente del verismo). Si sposa con Maria Antonietta Portulano, poi diventa docente di italiano al magistero di Roma e continua a scrivere e come docente dando contributi a riviste. Disastro economico del 1903: allagamento di una miniera di zolfo del padre, siccome in questo disastro fu coinvolta la moglie, ebbe un totale impatto sulla loro vita. Di conseguenza tra alti e bassi finì per essere una vita difficile accanto a lei che era quasi caduta nella follia (ricoverata). Era infatti ossessionata da una patologica gelosia e ciò costituì per Pirandello un tormento, la causa della sua concezione di famiglia come trappola che imprigiona e soffoca l’uomo. Quando perde la sua agiatezza e la moglie si ammala lui dovette arrotondare lo stipendio e quindi e costretto a lavorare tantissimo, scrive molto. Questo ci dice qualcosa sulla condizione dell’intellettuale, che doveva guadagnare con la sua arte, il che non era per nulla facile. Ha vissuto sulla sua pelle l’esperienza della declassazione sociale. Attività teatrale: Dal punto di vista della sua visione della vita, il teatro è il luogo deputato per esprimerla. Il suo teatro essendo un teatro di impatto, e presentando temi nuovi gli diede anche successo pubblico, ci fu però una brutta esperienza con la sua ultima opera, “I sei personaggi in cerca di autore” che venne fischiato e insultato. A Milano venne poi riconosciuto come innovatore del teatro europeo. In questa sua carriera teatrale scelse un’attrice, Marta Abba, la quale diventa la sua musa. Dovette ricoverare la moglie in una casa di cura ma non visse mai un'altra storia se non platonica con Marta Abba. Nel 1924 Pirandello aderì al fascismo. Questo era ambiguo perché si, era un critico della società, d’altra parte però il fascismo rappresentava il bisogno di ordine, controllo e disciplina, che è molto in contrasto con la sua visione del mondo. L’adesione al fascismo servì a Pirandello per ottenere appoggi da parte dello stesso regime e fondi per il teatro. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore di polmonite nel 1936. CRISI DELL’IO E DELLA REALTA’ OGGETTIVA Critico dell’oggettività assoluta. Non esiste una realtà oggettiva ma punti di vista, mentre l’uomo si affanna a cercare delle certezze, non si accorge che queste non esistono proprio. La sua critica al positivismo è radicale, questo perché la realtà ha più dimensioni, è multiforme e polivalente, non può essere colta da una sola prospettiva che per il positivismo sarebbe quella razionale. Quindi sostituisce a una visione univoca, una visione relativistica. Alla base della visione del mondo di Pirandello c’è una concezione vitalistica: la realtà è vita, flusso continuo, incandescente, indistinto. Tutto ciò che si stacca da questo flusso e assume una “forma” distinta e individuale, comincia per lui, a “morire”. La trappola sociale è la maggiore fonte di infelicità dell’uomo; non si può aderire ad un unico modello sociale perché la realtà è multiforme. Anche gli uomini sono in continuo divenire, ma la società vuole che ognuno indossi una maschera: dove va a finire il vero io? In realtà, siamo parte indistinta nell'universale ed eterno fluire della vita, ma tendiamo a fissarci in una realtà che noi stessi ci diamo, in una personalità che vogliamo coerente e unitaria. Ma questa personalità è un'illusione e nasce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo. Non solo noi, però, ci fissiamo in una “forma”. Anche gli altri, vedendoci secondo, ci associano determinate “forme”. Noi crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri, invece siamo tanti individui diversi, a seconda della visione di chi ci guarda. Ciascuna di queste “forme” è una costruzione fittizia, una “maschera”, che noi stessi ci imponiamo e che ci impone il contesto sociale. Sotto questa maschera non c'è un volto definito, immutabile: non c'è “nessuno”, ma c’è un fluire indistinto e incoerente di stati in trasformazione. Letture che spingono Pirandello a formare il suo relativismo: Alfred Binet (psicologo francese che approfondì la teoria del doppio), che parla di un io interno che non si manifesta rispetto a quello che noi dimostriamo nella realtà, riprende contrasto tra realtà e apparenza. LA TRAPPOLA SOCIALE Lui individua la fonte dell’infelicità dell’uomo nelle strutture sociali. Le trappole sono i ruoli sociali che dobbiamo interpretare. Mentre la vita scorre libera dentro di noi, la società ci impone di indossare una maschera per essere accettati: saremo figli, poi scolari, lavoratori, mariti, genitori… La frantumazione dell'io è un dato significativo, perché nella civiltà novecentesca entra in crisi sia l'idea di una realtà oggettiva, sia di un soggetto “forte”, coerente, punto di riferimento sicuro di ogni rapporto con la realtà. La crisi dell’identità è tipica della realtà contemporanea, dove si muovono forze che tendono alla frantumazione e alla negazione dell'individuo; ad esempio: l'espandersi della grande industria e l'uso delle macchine hanno meccanizzato la vita dell’uomo riducendolo al singolo, la creazione di infiniti apparati burocratici hanno cancellato la sua interiorità, riducendolo così alla pura funzione esteriore. Per questo, l'individuo non conta più, l'io si indebolisce e perde la sua identità. La presa di coscienza di questa inconsistenza dell'io provoca nei personaggi di Pirandello smarrimento e dolore. L’avvertire di non essere “nessuno” genera un senso di solitudine. Queste “forme” sono sentite come una “trappola”, in cui l'individuo lotta per liberarsi, senza riuscirci. Pirandello ha un senso acutissimo della crudeltà che domina i rapporti sociali. Per questo, la società gli appare come “un'enorme pupazzata”, una costruzione artificiosa, che isola l'uomo dalla vita, conducendolo alla morte anche se egli continua apparentemente a vivere, e quindi annullando il suo io. Alla base di tutta l'opera di Pirandello c’è un rifiuto della forma e della vita sociale, e un bisogno disperato di autenticità, immediatezza e spontaneità vitale. Le manifestazioni della “trappola” e della “forma” che imprigiona l’uomo, separandolo dall’immediatezza della vita, è la famiglia, caratterizzata da tensioni segrete, odi, ipocrisie e menzogne che si mescolano. L'altra trappola è quella economica, costituita dalla condizione sociale e dal lavoro, a livello piccolo borghese: i suoi eroi sono prigionieri di una condizione misera, di lavori monotoni e frustranti, di un'organizzazione gerarchica oppressiva. Con il concetto di “trappola” Pirandello esprime tutto il suo pessimismo, che non gli consente di vedere altre forme di società diverse. L’unica via di salvezza, dalla “trappola”, che dà ai suoi eroi è la fuga nell'irrazionale: nell'immaginazione o nella follia. Il rifiuto della vita sociale, fa nascere una figura ricorrente, emblematica: “il forestiere della vita”, colui che “ha capito il giuoco”, ha preso coscienza del carattere fittizio della società e si esclude, si isola, guardando vivere gli altri dall'esterno della vita e dall'alto della sua consapevolezza, rifiutando di assumere la sua parte e osservando gli uomini imprigionati dalla trappola con un atteggiamento umoristico. di un'altra vita, al di là di quella usuale e monotona di ogni giorno. Questa rivelazione l’ha avuta attraverso il fischio di un treno che ha causato in lui la tendenza all'evasione nel mondo dell'immaginazione e della fantasia. Belluca riferì al capoufficio che il fischio del treno lo aveva portato in luoghi lontani come la Siberia e il Congo. Allora si pensa che sia pazzo e venne ricoverato in un ospedale psichiatrico! All'improvviso un vicino di casa che lo conosce, inizia a gridare che Belluca non è pazzo ma che è necessario conoscere la vita che egli è costretto a condurre prima di esprimere un giudizio e di accusarlo di pazzia. ▪ Si tratta di un narratore-testimone, che conosce l'eroe ed è lui a formulare l'ipotesi che il fatto assurdo possa avere una spiegazione. L'inchiesta su cui si basa il racconto segue un movimento dall'esterno all'interno del personaggio, che prima viene visto con occhi estranei dei colleghi, poi attraverso la prospettiva familiare del narratore-testimone, si presenta da sé, rivelando le cause del fatto assurdo attraverso un discorso indiretto libero. Vi è un’analessi della voce narrante. Egli vive in una situazione familiare disastrosa: la sua numerosa famiglia è composta 12 persone: la moglie, la suocera e la sorella della suocera, tutte e tre cieche, più due figlie vedove con complessivi 7 figli: tutto ciò non può che non suscitare il riso. Scatta quindi il “sentimento del contrario”, la scomposizione umoristica della realtà. Belluca doveva sfamare tutte queste bocche, per questo si è dovuto procurare un secondo lavoro che lo portò all'esaurimento. Belluca rappresenta l'uomo imprigionato nella “trappola” della “forma”. La spontaneità della “vita” è in lui mortificata perché è prigioniero di un meccanismo ripetitivo, monotono, formato da due facce: il suo lavoro di computista, che non gli concede mai un attimo di respiro e lo allontana dalla vita, e la sua famiglia opprimente, soffocante. La causa che ha scatenato la follia di Belluca ha determinato la rottura del meccanismo alienante della forma sociale, costituito dal lavoro e della famiglia. È stata una sorta di Epifania, la rivelazione improvvisa di una realtà rimasta ignota. L'epifania si ha con un fatto banale, insignificante, il fischio di un treno nel silenzio della notte che ha fatto assumere all'eroe la coscienza della vita che scorre fuori dalla “trappola”. La rottura del meccanismo genera comportamenti folli, ma dopo il gesto liberatorio Belluca ritornerà entro i limiti del meccanismo, riprenderà la sua computisteria, la sua parte di padre di famiglia. Ma potrà sopportare la meccanicità della “forma” attraverso la fantasia. Un momento di evasione gli consentirà di sostenere il peso delle forme sociali che lo imprigionano per poi tornare all'ordine. ▪ Come sempre in Pirandello nella follia c’è una logica che smonta quel meccanismo, fa apparire l'assurdo, l'inconsistenza e la fragilità perché basta un fatto banale per interromperlo. La razionalità del meccanismo è solo apparente. Belluca è uno dei tanti eroi pirandelliani che hanno capito il giuoco, che hanno preso coscienza della vera natura della realtà. ▪ Pirandello ci vuole anche dimostrare che il vero folle non è Belluca, ma i suoi colleghi perché accettano di lasciarsi imprigionare nella vita quotidiana di ufficio (la forma o la maschera). Invece Belluca cerca di uscirne con la fantasia e trovare così un elemento che lo stimoli a dare un senso alla sua esistenza. ▪ Belluca è intrappolato nella forma della vita ripetitiva, ma, diversamente da Zolà, Pirandello non ha intenzione di rappresentare Moment, Milieu, Race e quindi rappresenta i ruoli impiegatizi (come Svevo). ▪ Il linguaggio è moderno ed innovativo, mescola parole della copisteria con il linguaggio medio, definizioni mediche e i nuovi termini del parlato. Sono presenti dialoghi, botte e risposte (come nel teatro). ▪ Il treno è simbolo di modernità, progresso (come per i Futuristi). Pirandello è comunque molto critico nei confronti del mito della velocità. ▪ La struttura è definita “dell’inchiesta”: ricerca di una verità dietro ad un evento assurdo. L’ESCLUSA L'esclusa presenta la storia ambientata in Sicilia di una donna accusata ingiustamente di adulterio che viene cacciata di casa dal marito. Il romanzo ha legami con il Naturalismo, sia nella materia (il quadro di un costume provinciale chiuso, con cui si scontra una donna intelligente alla ricerca di un'emancipazione che il meccanismo sociale rende impossibile), sia nell'impianto narrativo (narrazione in terza persona, con focalizzazione sul protagonista attraverso lo strumento indiretto libero). Al centro, come nella narrazione verista, c'è un “fatto”: l'adulterio, il quale non ha però una vera consistenza oggettiva, Marta non è colpevole. La struttura della vicenda (Marta viene cacciata quando è innocente, riaccolta in casa quando è colpevole) sottolinea gli aspetti assurdi e paradossali delle azioni umane. Pirandello fa una polemica al Naturalismo, che aveva impostato in maniera deterministica, il rapporto tra cause ed effetti. Nel romanzo si può anche scorgere l'impostazione umoristica. Da un lato si ha la vicenda seria e drammatica di Marta, dall'altro si contrappongono figure grottesche e ridicole, il cui aspetto fisico è ritratto con esasperata deformazione espressionistica. Si ha un forte salto tonale, che dà l'impressione di due romanzi diversi, forzatamente accostati ma incompatibili. Questa singolare struttura disomogenea e frammentata riprende l'idea pirandelliana dell'arte umoristica. La vicenda al centro è il probabile tradimento di Marta; infatti, lei ha uno spasimante che le scrive e il marito crede che lei lo abbia tradito. Perciò, Rocco sfida Alvignani a duello e dopo la sua vittoria gira con una prostituta con addosso i vestiti della moglie. Tutti credono che Marta sia diventata maestra a Palermo per Alvignani e per questo motivo Rocco la paga per smettere di insegnare. I 4 punti chiave della narrazione sono: la relazione tra Avignani e Mara, il perdono di Rocco verso Marta, la lettera e l’incontro e il paradosso del fatto che Rocco la caccia quando Marta era innocente, ma la rivuole una volta “colpevole”. Non vi è una denuncia sociale (diverso dal Verismo), ma la metafora della condizione infelice dell’uomo nella società. Il romanzo è autodiegetico: il protagonista è il narratore. I QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE Nel romanzo ci sono due filoni narrativi: “il drammone passionale” che coinvolge l'attrice Nestoroff, divoratrice di uomini, il barone Nuti, folle di un amore infelice per lei, e la giovane, Luisetta innamorata di Nuti; vicenda che si conclude con l'uccisione della donna fatale da parte dell'amante geloso, poi sbranato dalla tigre utilizzata nel film che si sta girando. Il secondo filone riguarda “Serafino Gubbio” e il suo percorso interiore: vero soggetto del romanzo, mentre l’altra vicenda fornisce solo la parte esteriore dello svolgersi, suscitando riflessioni e le reazioni emotive del protagonista-narratore. Il problema centrale è il contemporaneo trionfo della macchina, verso la quale Pirandello è ostile perché essa rende meccanico il vivere. Il finale è tragico: Aldo Nuti (innamorato dell’attrice), mentre gira una scena con una tigre, spara alla donna e viene sbranato. Serafino, dallo shock, rimane fermo e continua a girare la manovella della macchina da presa. È autodiegetico: il protagonista è anche narratore. Serafino è un emarginato, dotato di una cultura umanistica e filosofica da autodidatta, che al suo arrivo a Roma dovete accettare un impiego come operatore presso una casa cinematografica. Da condizione di intellettuale si trova degradato ad appendice di una macchina. Questa condizione negativa si rovescia in positivo: l'attività di operatore alla macchina diventa per lui l'occasione di adottare uno sguardo estraniato, impassibile su tutto ciò che lo circonda, di studiare e giudicare la realtà alienante della modernità. La sua è la condizione del “forestiere della vita” che osserva in modo crudele l'assurda società umana. Così conduce una critica spietata della nuova realtà industriale e meccanizzata. Nella sua solitudine in cui si è chiuso per difendersi dalla realtà degradata del moderno, c'è un punto debole: un bisogno di amare e di essere amato. Così si innamora di Luisetta, ma lei non ricambia perché è innamorata di Nuti, ma il sentimento fa crollare la sua estraneità impassibile. Contro ogni suo proposito, segue le vicende della Nestoroff, diventando un angelo custode al fianco dell'infelice Nuti, rischiando così di farsi contaminare dalla stupidità della vita del suo tempo, la vita segnata dal trionfo delle macchine delle merci. Lo shock farà assumere a Serafino consapevolezza della volgare meschinità dei casi in cui si è mescolato e della gente con cui si è ridotto a trattare. Capisce che nell'era delle macchine e dell'industria dello svago, non è più possibile l'autenticità dei sentimenti e delle azioni, tutto diviene vita da cinematografo. Pirandello attraverso la vicenda della donna fatale, mette in evidenza come nella modernità industriale la vita sia banale. Serafino, nauseato dalla sua scoperta, rifiuta il ruolo di fraterno consolatore e torna all'atteggiamento originario di distacco impassibile. Grazie a questa consapevolezza si salva da quella realtà meschina e squallida. “Io finii di esser dubio ed iniziai ad essere una macchina”. La salvezza può venire solo dalle estraneità, non dalla partecipazione. • Pirandello segue il pensiero di Pascoli, D’Annunzio e Verga: nel rifiuto della modernità e nella fiducia del progresso. • AUTODIEGETICO: narrazione rappresentata dai suoi pensieri/ dal suo punto di vista (dentro ed è il protagonista); • ETERODIEGETICO: fuori dalla storia; • OMODIEGETICO: dentro la storia ma non è il protagonista. IL FU MATTIA PASCAL È il suo terzo romanzo, pubblicato prima a puntate e poi in un volume “la nuova antologia”. Le caratteristiche principali sono: l’umorismo (tragico+comico) e la retrospettiva (narratore autodiegetico e tempo misto). Mattia in siciliano significa “pazzia” e Pascal è un filosofo che parla del non saper chi si è; questo difatti è un nome parlante (sottintende la tematica che tratta). Vi è inoltre il paradosso “il fu” che ci fa pensare che il protagonista fosse morto quando in realtà non lo è. Mattia Pascal, vive a Miragno. Egli ha ereditato dal padre una grande fortuna, ma è ridotto in miseria da un disonesto amministratore, Batta Malagna, che si impossessa del patrimonio, approfittando dell'inettitudine del giovane. Mattia si vendica seducendo la nipote di Malagna, Romilda, e mettendola incinta, è costretto a sposarla, ma il matrimonio per lui si rivela un inferno, sia a causa della moglie che della suocera. Anche la misera condizione sociale pesa su di lui: dopo un’agiata giovinezza di proprietario che vive di rendita, si deve adattare ad un impiego squallido e mortificante, quello di bibliotecario. Mattia Pascal rappresenta uno degli eroi tipici in Pirandello: il piccolo borghese prigioniero di una “trappola” sociale, costituita dalla famiglia oppressiva e da un lavoro frustrante. Mattia cerca di rompere il meccanismo che lo imprigiona fuggendo in cerca di fortuna in America. Ma due fatti casuali modificano la sua condizione: la vincita alla roulotte di Montecarlo, che gli assicura un notevole patrimonio, e poi la notizia della propria morte; perché la moglie e la suocera lo hanno riconosciuto nel cadavere di un uomo annegato in uno stagno. Lui interpreta questo secondo evento come un’occasione per svincolarsi dalle forme. A differenza di Pascal, Moscarda cerca una soluzione all’inettitudine provando a liberarsi dalla prigione della forma, constata che i giudizi della società sono irremovibili e successivamente si abbandona al flusso vitale, una vita priva di maschere. Pascal vuole rientrare in una forma, Moscarda invece è come se fosse il continuo della storia di Pascal in cui però Moscarda supera quel momento di ideologia delle forme diventando pura vita. La soluzione finale del romanzo è nichilistica, sfocia nel nulla. Questo abbandono mistico al flusso vitale consiste nell’annullamento della vita nel flusso. Nomi parlanti. I nomi hanno importanza, per questo gli autori li usano. Si associa a nome e cognome un significato. “NESSUN NOME”, ultimo brano di uno nessuno e centomila Il titolo indica la volontà di allontanarsi dalle forme e vi è un monologo sul perché. Il finale de “Il Fu Mattia Pascal” è negativa mentre in “Uno, Nessuno, Centomila” Moscarda realizza al massimo l’estraniazione, poiché nessun legame lo unisce più alla società. Il nome è l’identità personale, indica la volontà di staccarsi dalle forme; infatti arriva a dire che non sa più chi è ma vuole identificarsi ogni volta in un’identità diversa e fondersi con la natura. “Panismo” (identificazione di io e natura). IL TEATRO Pirandello si interessa da subito al teatro perché nell’attività teatrale trovava il luogo e la forma artistica più adatta per rappresentare la sua visione del mondo infatti, le sue prime opere teatrali sono caratterizzate dall’assurdo, deformazione, caricatura. Spesso novelle trasformate in dramma teatrale. Ma per capire meglio come poteva e doveva muoversi, possiamo dire che, il teatro tradizionale che veniva presentato, riproduceva degli schemi e quindi era ripetitivo, si basava soprattutto sul triangolo amoroso e sulla famiglia borghese dove appunto i valori erano matrimonio e patrimonio. Pirandello fa esplodere le trame dall’interno, svuota il dramma borghese, e ne attacca le convenzioni: periodo del teatro grottesco. Questo teatro si basa sul giocare sull’assurdo, il contesto sociale era quello borghese. Inizialmente Pirandello sembra abbracciare i temi del teatro borghese, ma li fa implodere nella poetica del grottesco, che altro non è che la trasposizione nel teatro della poetica dell’umorismo. I ruoli imposti dalla società borghese, il marito, l'uomo d'affari, vengono assunti con rigore, fino ad arrivare al paradosso e all'assurdo, e così vengono smascherati nella loro inconsistenza. Ad esempio: • In pensaci, Giacomino! Il vecchio professor Toti, che non ha potuto farsi una famiglia a causa del suo piccolo stipendio statale, decide di vendicarsi sposando una donna giovane, in modo da costringere lo Stato a pagargli la pensione. Mette in conto anche le corna e quasi arriva a favorire il legame della ragazza con il giovane Giacomo, suo allievo, ma afferma che le corna non andranno in testa a lui ma alla parte che recita, alla professione di marito, che lo riguarda solo nell'apparenza. • In così è (se vi pare), il signor Ponza, ha la moglie relegata nel suo alloggio, alla periferia di una cittadina di provincia, affinché la suocera (signora Frola), non possa vederla. L'uomo afferma che si tratta in realtà della seconda moglie, essendo la prima (figlia di Frola), morta in un terremoto; l'anziana è pazza, sostiene il genero, ed è convinta che si tratti di sua figlia. A sua volta la signora Frola afferma che il genero sia pazzo e che la donna chiusa in casa è davvero la figlia, che si finge una seconda moglie per assecondare il marito. Ciò suscita la curiosità di tutti i cittadini, che vogliono scoprire la verità. Alla fine, compare la signora Ponza, velata; la donna delude le aspettative: “Io sono colei che mi si crede” (relativismo assoluto). In questo modo Pirandello porta sulla scena il suo relativismo assoluto, definendo una verità oggettiva e critica l'idea di identità personale. • Nel Piacere dell'onestà, Angelo Baldovino, un fallito, accetta di sposare per formalità Agata Renni, dando un padre al figlio che aspetta dal suo amante, ma poi pretende di osservare la forma e smaschera l’ipocrisia del contesto borghese che ha combinato l'intrigo. • Nel giuoco delle parti, Leone Gala, è separato dalla moglie e guarda con indifferenza la sua relazione con Guido Venanzi, accettando di fare la sua parte di marito sfidando a duello un gentiluomo che l’ha offesa, poi però rifiuta di battersi, lasciando il compito all'amante. La rivoluzione teatrale di Pirandello consiste nell’iniziare l’opera apparentemente tradizionale ma stravolgerla nel suo corso. È una realtà straniata. Nel 1920, Pirandello definisce “grottesco”: una farsa che includa la parodia e la caricatura della tragedia rappresentata. Il grottesco è la traduzione dell’umorismo nel teatro, il tragico è straniato nel comico. In questi drammi Pirandello sconvolge due principi del teatro borghese naturalistico, la verosimiglianza e la psicologia. Gli spettatori non hanno l'illusione di trovarsi di fronte a un mondo “naturale”, simile a quello in cui sono abituati a vivere, ma vedono un mondo stravolto, ridotto alla parodia e all'assurdo, in cui i casi della vita “normale” sono forzati all'estremo e deformati, lasciando gli spettatori sconcertati e spaesati. I personaggi non sono caratteri corposi, ma sono sdoppiati, contraddittori, irrigiditi, come gli intrecci in forme astratte e assurde. Il linguaggio è turbato e caotico con interrogazioni, esclamazioni, sospensioni, mezze frasi, frasi interrotte che danno l'idea dell'agitarsi delle passioni come nel vuoto, in uno spazio lontano dalla vita reale, e impediscono l'identificazione emotiva degli spettatori, inducendoli a vedere la scena in una prospettiva straniata. I recensori e il pubblico non erano preparati a queste novità e restano sbalorditi, per questo all’inizio il teatro di Pirandello ebbe scarso successo di pubblico. IL TEATRO NEL TEATRO Pirandello approda al “Metateatro”: il teatro nel teatro (ci sono sia attori che personaggi, confusione dello spettatore). La trilogia metateatrale è costituita da: “I sei personaggi in cerca di autore”, “Ciascuno a suo modo” e “Questa sera si recita a soggetto”. Le opere metateatrali sono questa trilogia che scompaginano il teatro naturalista (teatro convenzionale borghese, caratterizzato da una storia con filo logico che vuole rappresentare una vicenda normale). Il teatro di Pirandello opera uno straniamento sul teatro stesso e sugli spettatori. Uno dei mezzi attraverso i quali Pirandello ottiene ciò è l’abbattimento della così detta “quarta parete”, una parete immaginaria che però esiste, che separa il pubblico dal palcoscenico. Nelle opere metateatrali viene messa in scena una riflessione sul teatro e questa parete cade. Un altro espediente per abbattere la parete è tenere il sipario aperto, non si divide più la finzione dalla realtà. “SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE” I sei personaggi a cui allude il titolo sono: un Padre, una Madre, un Figlio, una Figliastra, una Bambina, un Giovinetto, nati vivi dalla mente di un autore, che si è rifiutato di scrivere il loro dramma, che è proprio un “drammone” borghese, basato sul classico triangolo amoroso, conflitti familiari, lutti strazianti e colpi di scena sorprendenti. C’è stato un autore che ha immaginato la loro storia ma a un certo punto li ha abbandonati e quindi sono rimasti senza un autore che li registri ma loro sono nati, ci sono, esistono. Non li ha creati lui, la sua fantasia li ha portati a casa (si sdoppia di nuovo). “nati vivi volevano vivere” Gli spettatori entrano in sala e trovano il sipario alzato e il palcoscenico senza scena. Entrano in scena gli attori e cominciano le prove dello spettacolo (“Il giuoco delle parti” di Pirandello), interrotte da una discussione fra il capocomico e il primo attore. Il sipario era il confine che separava la platea dal palcoscenico, cioè la realtà dalla finzione teatrale: solo così, la finzione poteva essere vissuta dagli spettatori come realtà, a cui partecipare emotivamente, come si partecipa ai fatti della vita vera. L'illusione è convenzionale e spezzata da Pirandello: gli spettatori hanno l'impressione non di assistere a uno spettacolo, ma di cogliere realmente la compagnia mentre sta provando una commedia. A questo punto entrano dal fondo della sala, dal pubblico, sei figure con delle maschere. I sei personaggi avevano bisogno di vivere il dramma, di trovare la sublimazione delle loro vicende nella superiore forma artistica, che li liberi dalla “forma” in cui sono imprigionati e costretti a vivere con le loro sofferenze e le loro frustrazioni. Si rivolgono alla compagnia affinché la vicenda possa prendere vita sulla scena della rappresentazione teatrale.  La vicenda inizia con il Padre che ha scoperto che tra la Moglie e il proprio segretario è nato un sentimento: egli decide di assecondarlo e spinge la moglie a vivere con l'amante, a formarsi una nuova famiglia, abbandonando il figlio nato dall'unione legittima. Il padre assiste alla crescita della nuova figlia, alla nascita di tre bambini, e segue l'infanzia della Figliastra. (Questo in un certo modo è l'antefatto). Per le difficoltà economiche, la Madre, rimasta vedova, è costretta a lavorare come sarta per l'atelier di Madame Pace, ma in realtà la famiglia può sopravvivere perché la Figliastra si prostituisce nell'atelier, che maschera una casa d'appuntamenti. Un giorno giunge il Padre, e, senza saperlo, stava per avere un rapporto con la Figliastra, che egli non ha riconosciuto, ma arriva in tempo la Madre per impedirlo. Il secondo “atto” è costituito dalla morte della Bambina, la figlia minore, che affoga nella vasca del giardino, e del Giovinetto, che si spara un colpo di pistola. Pirandello invece del dramma dei personaggi, mette in scena la sua impossibilità di scriverlo, ed è questo il vero soggetto dell’opera e non i sei personaggi. Non si accontenta più di svuotare il “dramma borghese” dall'interno, ma lo rifiuta del tutto. I sei personaggi costituiscono un testo metateatrale, dove, attraverso l'azione drammatica si tratta del dramma stesso e dei problemi che li investono. Il dramma suscitò una reazione furibonda del pubblico, ma in seguito riscontrò successo. Pirandello afferma che il suo metateatro è il proseguimento dell'”umorismo” e del “grottesco”: le passioni tragiche dei personaggi, vengono straniate e negate. I Sei personaggi sono la storia di una rappresentazione teatrale che non si può fare, per due motivi: 1. perché l'autore si rifiuta di scrivere il dramma dei personaggi;
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved