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Luigi XIV e la francai del suo tempo., Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto completo e dettagliato del libro di P.R. Campbell.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Luigi XIV e la francai del suo tempo. e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! LUIGI XIV E LA FRANCIA DEL SUO TEMPO di Peter Robert Campbell INTRODUZIONE Il regno di Luigi XIV è sempre stato al centro di polemiche. Anche ai suoi tempi il re fu attaccato come tiranno, mentre nel saggio storico di Voltaire “Il secolo di Luigi XIV” troviamo una prima difesa del suo operato. Con i saggi di Lemontey, Tocqueville e dei loro seguaci, il re viene poi visto come l'artefice dello stato assoluto. Per molti anni ha prevalso una visione convenzionale di Luigi XIV (detto il “Re Sole”), rafforzata dalla continua ristampa di opere agiografiche e di studi oggi superati. A cominciare dal 20° sec, molti storici hanno suggerito l'idea che il regno di Luigi XIV vide il trionfo dell'assolutismo questo implicò il consolidamento del potere regale, le riforme amministrative e la centralizzazione, oltre alla riduzione delle libertà provinciali e urbane. - Alla luce degli studi più recenti, sembra poco probabile continuare a difendere tali posizioni durante gli anni 80, studi francesi e inglesi porsero un'attenzione puramente verbale alle vecchie teorie, tanto che divenne comune porre l'accento sulla sopravvivenza di vari aspetti di uno pseudo feudalesimo durante tutto il regno e nel ‘700. È ormai accettato da tutti che lo stato francese era in verità una specie di compromesso, in quanto i ceti dominanti erano partner (spesso anche riluttanti) del governo reale tale compromesso, a cominciare dal 1630, doveva assumere forme diverse, e la sua natura divenne più chiara dopo la fine della Fronda nel 1650. Questo implicò un aumento del potere regale, non tanto contro le élite locali, ma con il loro aiuto. - Entrambe le parti dovevano beneficiare del ristabilimento dell'ordine grazie a questo compromesso, il re otteneva il suo scopo nella maggioranza dei casi, purché tenesse conto degli interessi acquisiti; le élite, d'altra parte, beneficiando della stabilità, erano felici di cooperare con un regime che confermava i loro privilegi e accordava loro protezione e superiorità sociale. - Gran parte dell'accordo si basava sul sistema del privilegio (= ossia sull'esenzione individuale da un'impostazione generale) e sulle vantaggiose opportunità offerte dal sistema finanziario. Per ottenere i loro scopi, il re e i suoi ministri avrebbero voluto imporre il potere dello stato in modo più sistematico. I primi anni furono caratterizzati dalle riforme, ma il prevalere della politica estera tra i compiti del sovrano portò all'abbandono delle riforme per le necessità finanziarie delle guerre. Se le preoccupazioni interne influenzarono la politica estera, è vero anche il contrario. La monarchia non poteva evitare di dipendere da alcuni gruppi che controllavano il denaro liquido necessario per le guerre essa finì così con il confermare quegli elementi dell'ordine sociale, come i privilegi, che nei suoi progetti a lungo termine avrebbe dovuto combattere. Nonostante tutto, la corona non poté evitare alcune opposizione sul piano religioso e politico, in particolare verso la fine del regno. CAP. 1 – IL CONTESTO STORICO 1.1. LA SITUAZIONE POLITICA NEL 1661 Nel 1661 la Francia era appena uscita da 25 anni di guerre esterne contro gli Asburgo di Spagna e d’Austria. A cominciare dal 1624, con la politica dei sussidi, e dal 1635, con la forza delle armi, la politica estera francese aveva cercato di spezzare la stretta mortale esercitata sulla Francia dall’ascesa della potenza spagnola, che possedeva territori vicini ai suoi confini = una situazione resa ancora più pericolosa dall’alleanza familiare fra Filippo IV e i suoi parenti Asburgo, imperatori del Sacro Romano Impero. Con un enorme sforzo che gravò pesantemente su tutte le classi sociali, ma specialmente sul popolo, la Francia fu in grado di raccogliere un forte esercito che poté tenere a distanza il nemico e che infine, sia esaurendo le risorse degli avversari sia infliggendo loro importanti sconfitte militari, condusse ai trattati di pace. L’operazione riuscì a stento, dal momento che nessuno stato moderno aveva un sistema finanziario tale da sostenere una guerra tanto lunga con armate così imponenti; inoltre le rivolte interne erano piuttosto frequenti. Pur avendo fatto ricorso a tutti i possibili espedienti per raccogliere fondi, nel 1648 sia la Spagna che la Francia erano in bancarotta. La pace di Westfalia del 1648 pose fine alla guerra dei 30 anni questi trattati costituirono un fondamentale punto di riferimento delle politiche estere per alcune generazioni successive, e videro la nascita di nuove potenze come la Svezia, la repubblica olandese e l’Austria. - L’imperatore era stato costretto ad abbandonare l’alleato spagnolo e a fare una pace separata, promettendo di non intervenire nella lotta contro i Paesi Bassi spagnoli che Mazzarino voleva annettere ma la Spagna continuò a combattere. Da questi trattati la Francia uscì come la prima potenza in Europa. L’accerchiamento spagnolo fu spezzato e i confini francesi furono estesi fino ai Pirenei, mentre si facevano conquiste territoriali sui confini orientali. Da un lato queste conquiste rafforzarono i confini della Francia, dall’altro erano potenziali teste di ponte per un’eventuale annessione della Francia Contea spagnola e dell’Alsazia imperiale inoltre, contribuirono di fatto ad isolare i Paesi Bassi spagnoli. - La pace tra Francia e Spagna non fu firmata ufficialmente fino al novembre 1659 in quell’anno la Spagna cedette i territori sul lato francese dei Pirenei, in particolare il Rossiglione, e si accordò per il matrimonio dell’infanta Maria Teresa con Luigi XIV. Lo stato francese era un insieme di diverse province, regioni e città, che era stato tenuto insieme per secoli dalla politica dinastica e militare dei sovrani. Le acquisizioni più recenti, come la Borgogna, la Bretagna, la Provenza, e ora il Rossiglione e l’Artois, tutte alla periferia del regno, mantennero le loro franchigie provinciali, il loro codice giuridico tradizionale e le loro istituzioni, che in genere comprendevano anche le loro istituzioni. - Sono infine da ricordare anche le numerose città con esenzione dalle tasse, che avevano lo statuto di pays d’élections = che erano organizzate in circoscrizioni fiscali sottoposte al controllo di un funzionario reale detto élu (eletto), responsabile della riscossione di tutte le imposte indirette in quanto tali, queste città erano soggette a un controllo reale più rigido rispetto ai pays d’états, in cui erano presenti delle assemblee che rappresentavano i 3 stati ed esercitavano l’amministrazione generale e finanziaria. Ma c’erano anche disordini in senso stretto, dal momento che vari elementi nella società protestavano contro i cambiamenti nella forma del governo e nel sistema di tassazione che era stato imposto al paese erano cominciati nel 1630, quando l’aumento delle imposte combinato a un’epidemia di peste provocò miseria e proteste. Rivolte popolari, sia rurali che cittadine, continuarono a scoppiare fra il 1630 e il 1650. Il fallimento di Mazzario nello stipulare la pace con la Spagna nel 1648, il desiderio di difendere i privilegi locali e corporativi contro i tributi e gli espedienti fiscali della monarchia che causavano continue discordie interne, La convinzione che il Re dovesse mantenersi con gli introiti delle proprietà reali rimaneva una barriera forte, così come l'idea che le tasse straordinarie imposte in periodi di difficoltà non dovessero continuare in tempo di pace. La chiesa si credeva immune da tasse dirette in virtù del suo ruolo spirituale, ed era disposta a fare una donazione libera alla sua assemblea quinquennale. Per trovare denaro i ministri sfruttavano le risorse già esistenti, ma facevano anche ricorso a uomini che suggerissero nuove idee per aumentare gli introiti reali con nuove imposte indirette così, si era sviluppato un sistema nel quale le entrate regolari di cui si aveva bisogno, che superavano quelle procurate dalle proprietà reali e dalla taille, venivano aumentate fino a raggiungere la quota necessaria con una varietà di esazioni privilegiate e di tasse, note come “traités”, riscosse indirettamente alla vendita o al trasporto delle merci. Complessivamente, sembra che la tassazione diretta ammontasse circa al 5-10% della produzione di un contadino ma c'erano molte variazioni sia nel tempo che nello spazio l'incidenza della taille spesso non aveva alcun rapporto con le entrate di un villaggio, e una comunità che guadagnava poco poteva essere tassata come una più ricca, anche nello stesso circondario. In tempi di carestia e pestilenze, o di guerre esterne (periodi nei quali il commercio tendeva a contrarsi e i guadagni a crollare) le imposte diventavano proporzionalmente più pesanti. C'erano sostanzialmente 4 modi per lo stato di raccogliere fondi : 1. Il primo era costituito dalle entrate delle affittanze del demanio reale. 2. Il secondo era costituito dall'imposta diretta detta “taille” = l'imposta su case e terreni che gravava soprattutto sui contadini. 3. La terza era un insieme di imposte indirette note come: aides, traités e gabelles, quest'ultima un'iniqua tassa sul sale. 4. La quarta fonte di reddito era costituita dai prestiti. A parte alcune sfumature, le prime 3 venivano raccolte da funzionari al servizio diretto della corona, o da compagnie private che, in cambio del loro servizio, potevano tenere la differenza tra quanto avevano pattuito di pagare al Re e quanto effettivamente raccoglievano questo sistema privato, noto come appalto o concessione di esazione delle tasse, era molto diffuso nell'Europa dei secoli XVII e XVIII. La stessa vendita delle cariche era parte del sistema finanziario infatti, quando la corona vendeva per la prima volta una carica, la somma pagata poteva essere di decine di migliaia di livres, l'unità monetaria corrente, ma, una volta alienata, la carica poteva essere venduta privatamente e la sola entrata per il fondo reale proveniva dall'annuel = la tassa che il Re riscuoteva in cambio del permesso ai funzionari di trasmettere le cariche agli eredi. Questo spiega perché il governo fosse attratto dalla creazione di nuove cariche pubbliche, utili o meno, e dal raddoppiamento di quelle già esistenti che venivano esercitate in modo alternato, e tutto per un rapido profitto. La maggior parte delle entrate proveniva da affari straordinari, come la vendita delle cariche, ma soprattutto da prestiti di ogni tipo. Poiché le necessità belliche avevano superato di gran lunga gli introiti regolari del demanio reale e della taille, il Re era stato costretto a fare maggior ricorso al prestito finanziario tale sistema era messo in atto da finanzieri che si servivano in genere di prestanome per i loro contratti e che attingevano non tanto ai loro fondi personali, ma a quelli di ricchi aristocratici, cortigiani e mercanti. - I finanzieri anticipavano denaro alla corona a corto di liquidi in cambio di interessi dal momento che i tassi di interesse erano più alti di quanto non permettessero le leggi della monarchia, i ministri stessi incoraggiavano trattative nascoste e rendiconti truccati. Per la monarchia, questo sistema finanziario ebbe serie conseguenze il peso delle tasse e la corruzione legata alla loro esazione, produssero una pesante condizione di miseria per i contadini, che a malapena raggiungevano il livello di sussistenza inoltre, il denaro non veniva investito in miglioramenti nell'agricoltura e nel commercio da coloro che ne disponevano, ma veniva dissipato nelle cariche di prestigio e nelle finanze dello stato. La pressione fiscale su tutte le classi sociali, persino su coloro che dovevano esserne esenti, produceva scontento e rivolta. 1.4. LA GIUSTIZIA E L'AMMINISTRAZIONE Dal momento che le cariche si potevano acquistare e i loro benefici erano in teoria irreversibili, i funzionari erano liberi di offrire la loro lealtà a coloro che meglio favorivano i loro interessi in senso generale questa lealtà si doveva al Re, ma lui era lontano, e se il suo rappresentante, il governatore, era in conflitto con un'altra figura che lo rappresentava, per esempio il parlement (una specie di corte d'appello), stava poi a ciascuno decidere dov'era il proprio interesse. La società francese era molto legalitaria, ed esisteva una gerarchia delle corti di giustizia con un sistema di appelli alle giurisdizioni più alte. I tribunali signorili dominavano nei villaggi francesi, ma la giustizia reale cominciò nelle città dove esistevano i tribunali di bailliage (tribunali di 1° e 2° istanza con a capo un balivo), al di sopra dei quali stavano i parlements, che non erano solo corti d'appello ma aveva anche un'ampia competenza amministrativa. - Il parlament più importante era quello della regione di Parigi, che aveva giurisdizione su circa 1/3 del territorio francese al di sopra, ma con poca influenza sugli affari correnti, stava il consiglio reale di stato composto da maitres des requetes, i referendari addetti alle petizioni. In molte province c'era anche la Corte dei conti. - I soli elementi strettamente burocratici erano rappresentati da una trentina circa di intendenti questi erano maitres des requetes nel consiglio del Re, e venivano mandati in missione nelle province o nell'esercito per osservare soprattutto le questioni finanziarie, intervenendo in caso di necessità. Gli intendenti erano emissari del consiglio reale, per cui avevano considerevole autorità in materia giudiziaria e potevano cambiare le ripartizioni dei tributi a loro piacimento i loro poteri speciali potevano danneggiare i funzionari in carica e i potenti evasori fiscali = infatti erano abbastanza sgraditi, al punto che i conflitti erano numerosi. La soluzione che Colbert trovò per risolvere questo problema fu di limitare il loro potere agli argomenti specifici descritti nelle loro lettere di incarico. Il problema principale che i ministri si trovavano di fronte nel governare era la mancanza di informazioni, e uno dei principali compiti degli intendenti era quello di osservare e riportare le notizie inoltre, essi cominciarono a impiegare dei sottodelegati che li aiutassero, i quali contribuirono allo sviluppo di una nuova burocrazia accanto all'amministrazione tradizionale. CAP. 2 - IL RE, LA CORTE, I MINISTRI Il re governava con l'aiuto dei ministri, dei segretari di stato e di qualche consigliere non ufficiale ciascuno dei 4 segretari di stato aveva il compito di prendere decisioni di minore importanza e di rimanere in contatto con gli altri membri del proprio departement. I compiti del segretario includevano, oltre alla responsabilità degli affari esteri, l'amministrazione di un certo numero di province. Le decisioni ufficiali del sovrano venivano prese nel consiglio reale, che era diviso in gruppi separati, e che si riuniva in giorni diversi a seconda dell'ordine del giorno. Fin dal tempo della morte di Mazzarino, Luigi XIV ridusse a 3 i membri del consiglio segreto, chiamato “consiglio dei Tre” e più tardi “Alto consiglio di stato”. Durante i primi 6 mesi del suo governo , Luigi completò rapidamente il proprio apprendistato nell'arte di governare pare che tutte le decisioni prese fossero in pieno accordo con gli ultimi consiglio di Mazzarino. - Il consiglio dei Tre annoverava i suoi ministri più esperti essi erano Lionne, Le Tellier e Fouquet, tutti precedentemente clienti di Mazzarino, che avevano da lungo tempo servito lui e la corona. Questo consiglio di stato, che si interessava anche di tutti gli affari esteri, si riuniva di solito di mercoledì, giovedì, domenica e a lunedì alterni. Le questioni finanziarie erano trattate all'interno del consiglio reale delle Finanze, costituito il 15 settembre 1661, che si riuniva 2 volte la settimana, ma le decisioni importanti erano prese privatamente dal Re e dal suo ministro delle Finanze (chiamato controllore generale dopo il 1665), e poi presentate al consiglio per la ratifica ufficiale. La maggior parte degli affari interni erano di competenza del consiglio dei Dispacci, che si riuniva 2 volte la settimana = questo era il consiglio più grande, dal momento che vi partecipavano i segretari di stato, il cancelliere e i principi di sangue reale. Era abitudine del Re chiedere privatamente dei pareri, oltre che ai suoi ministri, a quei cortigiani che più rispettava, prendendo poi le decisioni su importanti questioni di stato nell'Alto consiglio. Durante l'ultima fase del suo regno, i duchi di Chevreuse e di Beauvillier ebbero entrambi notevole influenza. Luigi soleva ascoltare tutti gli argomenti che i ministri provvedevano a sottoporgli, esprimeva le sue opinioni, poi nella maggior parte dei casi decideva secondo la maggioranza. Il nucleo originario dei consiglieri fra il fra il 1660 e il 1680 era composto da uomini duri, competenti e dotati di notevole esperienza tutti lavorano per molte ore di seguito, e anche i loro piaceri erano calcolati in modo da proteggere e favorire la loro posizione. Uno dei 3, Hugues de Lionne, era probabilmente il più intelligente = quando divenne ministro non aveva un dicastero particolare, tuttavia, era lui a dirigere la politica estera, essendo stato amico intimo di Mazzarino e suo allievo in questo settore. Fu Lionne a tentare di ricostruire una politica estera coerente dopo la guerra di Devoluzione, che aveva distrutto la politica di Mazzarino, e a tentare di impedire la guerra franco-olandese che il Re era determinato a far scoppiare. Michel Le Tellier, ministro della guerra, era stato anche cliente e persona di fiducia del cardinale Mazzarino la sua totale fedeltà al Re, ad Anna d'Austria (la regina madre) e a Mazzarino durante la Fronda, gli permise di salvare la vita nel 1650. Era un uomo prudente, assennato e pieno di esperienza, che sapeva come proteggere i propri interessi attraverso matrimoni di figli e nipoti con i rampolli delle famiglie della corte: inoltre, egli era in grado di accrescere il patrimonio familiare con l'acquisto di grandi appezzamenti di terra. - Dal 1664 Michel condivise l'incarico di segretario di stato per la guerra con suo figlio Louvois, da lui educato nel migliore dei modi, e dal 1675 divenne cancelliere, una carica che tenne fino alla morte nel 1685. Il sovrintendente alle finanze, Nicolas Fouquet, era già molto ricco fin dal 1640 Nicolas, il futuro ministro di Luigi XIV, era un giovane particolarmente brillante; nel 1651, rimasto vedovo e senza eredi, fece un 2° matrimonio molto vantaggioso, che gli portò buone relazioni a corte e nelle finanze. Astuto, diplomatico e fedele a Mazzarino, Fouquet giocò un ruolo molto importante nel dividere l'opposizione durante la Fronda la sua ricompensa fu di essere nominato come uno dei 2 sovrintendenti alle finanze nel 1653, il più giovane controllore finanziario dell'Ancien Regime. Il suo compito era di raccogliere dei fondi per la guerra contro la Spagna (e per rimettere in sesto il patrimonio personale del suo protettore Mazzarino). fiscali malgrado la pressione esercitata dagli intendenti non fu mai possibile, durante l'Ancien Régime, impedire a ricchi e potenti (capaci di minacciare o ignorare le opposizioni locali) di beneficiare di cospicue esenzioni fiscali. Un'efficace, anche se parziale, soluzione a questo problema fu quella di spostare la pressione fiscale sulle imposte indirette pagate da tutti Colbert decise di aumentare le imposte indirette rispetto a quelle dirette allo stesso tempo, riorganizzò il sistema di riscossione di queste imposte indirette (già raccolte attraverso numerosi appalti d'imposta) in un singolo contratto di concessioni. 3.3. L'ORDINE AMMINISTRATIVO: PARLEMENTS, INTENDENTI E ASSEMBLEE PROVINCIALI La riorganizzazione finanziaria andò di pari passo con quella amministrativa. Non era possibile impedire gli abusi nel sistema fiscale senza una capillare rete informativa nelle varie regioni e un corpo di funzionari statali capaci di esercitare le necessarie pressioni. Il ruolo degli Intendenti, o Commissari (come Colbert preferiva chiamarli) era proprio questo Colbert diede loro un ruolo preminente, facendone gli agenti più importanti del governo reale affidò loro moltissimi incarichi, dotandoli dell'autorità necessaria per denunciare i casi di corruzione e spronare i funzionari locali pretendendo che raddoppiassero gli sforzi gli intendenti diventarono gli occhi e le orecchie del governo centrale. I doveri principali degli intendenti erano di: sovrintendere alla raccolta delle entrate reali, assicurare la liquidazione dei debiti municipali e sradicare la corruzione. Ricevettero anche molti altri incarichi, quali l'organizzazione degli approvvigionamenti alimentari locali in periodi di carestia, evitando tuttavia di interferire con le amministrazioni locali. Gli intendenti furono severi nel reprimere i disordini che scoppiavano durante la riscossione delle tasse, ma allo stesso tempo divennero i difensori dei contadini contro la rapacità degli esattori della corona. Secondo gli standard del vecchio regime, gli intendenti ottennero grandi successi tuttavia, lo sforzo per regolare il problema del debito municipale fu in larga parte un fallimento. Una delle ragioni di ciò fu la resistenza passiva dei municipi, ma le cause fondamentali rimasero l'ampiezza e la complessità del problema. - Infine, il governo stesso minò le basi della riforma: la necessità di ulteriori prestiti alla corona fece sì che i controllori generali forzassero le città a prestare denaro al governo; inoltre la creazione di nuovi uffici municipali durante i periodi di guerra aveva spinto i consiglieri ad usare i fondi municipali per acquistare nuove cariche, e ciò scredita completamente la loro posizione. 3.4. L'ORDINE PUBBLICO: LE RIVOLTE, I GRANDS JOURS, LA PROMULGAZIONE DEI NUOVI CODICI Quando si presentava l'occasione, Colbert e il Re sapevano come usare il pugno di ferro = la rivolta popolare nel Boulonnais ne è un chiaro esempio le cause di tale rivolta furono politiche: il Re non poteva facilmente attaccare i diritti acquisiti senza una giusta causa; ma nei suoi Memoires Luigi XIV ammise di aver provocato la piccola provincia di Boulogne stabilendo imposte simboliche che contravvenivano ai legittimi privilegi di quella cittadinanza così ci fu una protesta, che sfociò in rivolta quando l'élite locale, che era di sicuro contenta per come si stavano svolgendo le cose, rifiutò di intervenire. Le 38 compagnie di soldati domarono la ribellione e la repressione giudiziaria cominciò le province furono private dei loro privilegi e 1.000 uomini condannati ma il Re seppe come mitigare la durezza della giustizia con il perdono = tutti gli uomini implicati nella rivolta tra 70 e i 21 anni vennero graziati, e solo 400 furono mandati sulle galere. Così, sebbene non potessero mai essere uno strumento di dominio, le repressioni selvagge delle truppe reali scoraggiarono l'insorgere di nuove rivolte dopo gli anni ‘70. - Sporadiche manifestazioni di rabbia popolare continuarono a presentarsi, ma furono soltanto espressione del malumore degli animi sotto pressione. Ai ministri la vittoria non sembrò mai assicurata e uno degli obblighi degli intendenti fu di provvedere all'approvvigionamento delle città e al mantenimento dell'ordine pubblico. Nel settembre 1665 una commissione speciale fu inviata a Clermont per richiamare all'ordine i nobili e il clero e giudicare le illegalità commesse. Insieme alla restaurazione dell'ordine pubblico vi fu la necessità di propugnare un corpus giuridico uniforme e di integrare e definire con rigore l'attività giuridica un ampio gruppo di leggi provinciali e consuetudinarie era sopravvissuto allo sviluppo della sovranità monarchica, sovranità che in molti casi rese più complicato l'espletamento di procedure o cause giudiziarie. La codificazione fatta nel XVI sec era stata soltanto parziale = così, Colbert istituì dei comitati per studiare il sistema giudiziario e promulgare nuovi decreti. L'unica riforma utile ed efficace fu la creazione di una nuova giurisdizione ufficiale per la città di Parigi la città medievale, che aveva cominciato ad ampliarsi a dismisura, aveva creato una caotica sovrapposizione tra giurisdizione pubblica e privata. Le prescrizioni sanitarie di base venivano spesso ignorate e la città era diventata un luogo pericolosamente malsano e sporco. 3.5. L'ECONOMIA Colbert è noto soprattutto per aver tentato di sviluppare il commercio e l'economia come i suoi contemporanei, Colbert ebbe una visione piuttosto statica dell'economia mondiale riguardo alla quantità di denaro in circolazione e all'entità degli scambi commerciali con l'estero, passibili solo di modesti incrementi. Da tutto questo seguiva logicamente che la quantità di denaro dello stato poteva essere aumentata soltanto sottraendo nello stesso momento quella stessa quantità agli stati confinanti era perciò necessario attrarre capitali da altri stati e mantenerli all'interno della Francia. Le esportazioni risolsero il problema della mancanza di denaro liquido, e la prosperità dei commerci non avrebbe soltanto portato oro nel paese, ma avrebbe anche rinsanguato, con nuove imposte, le casse reali impedendo allo stesso tempo che i funzionari reali rimanessero nell'ozio. Altrettanto importante era che le navi francesi subentrassero a quelle olandesi nel controllo delle rotte commerciali ennero istituiti dei dazi sui beni introdotti da navi straniere nel 1664 e nel 1667, rivolti specialmente a inglesi e olandesi. Colbert nutriva un fortissimo senso di rivalità nei confronti dell'Olanda, ed era determinato a rovinarne il commercio a favore della Francia = ciò richiedeva un forte incremento della flotta militare e mercantile, nonché la disponibilità di marinai addestrati. Colbert stabilì questo ampio programma di interventi reali nei primi anni dopo il 1660 prima di tutto, fu necessario avere informazioni sull'andamento economico del paese. Ai lavoratori stranieri che portavano in Francia manodopera qualificata vennero concessi programmi governativi e privilegi, ed esperti dirigenti vennero messi a capo delle imprese che avevano ottenuto i finanziamenti non solo dirigenti e lavoratori, ma anche le stesse imprese trassero beneficio dai monopoli e dai privilegi concessi. Contemporaneamente, Colbert emanò nuovi decreti legge per aumentare la qualità dei prodotti francesi: il più famoso fu quello che regolava la produzione laniera, promulgato nel 1669. Istituì anche una compagnia di ispettori per ottenere informazioni di mercato, fornire consulenze ed assicurare il controllo sulla qualità dei prodotti le corporazioni privilegiate vennero incoraggiate, dato che controllavano scrupolosamente la qualità dei loro prodotti facilitando le ispezioni statali. Colbert fu sempre a favore della libertà dei commerci interni e non esitò ad annullare i dazi che rendevano i trasporti troppo dispendiosi. Per incoraggiare imprese commerciali in nuove aree, Colbert decise di creare compagnie commerciali d'oltremare la più famosa fu “la Compagnia delle Indie Orientali”, che rimase operativa tra molte difficoltà a partire dal 1664 fino al 1780-90; poi ci fu “la Compagnia delle Indie Occidentali” fondata nello stesso anno, ma abolita nel 1674; altre compagnie ebbero vita più o meno breve, come la Compagnia del Levante e la Compagnia del Nord. - La reazione degli avversari commerciali della Francia costrinse Colbert ad abbassare le proibitive tariffe doganali sulle importazioni, con il risultato che l'estenuante concorrenza fece entrare in crisi le compagnie. In realtà, i suoi progetti facevano fronte a molti problemi, la maggior parte dei quali derivava dal prevalere di determinate esigenze e classi sociali per Es: nonostante gli incentivi che i commercianti ricevettero per continuare le loro attività, e le parallele agevolazioni ai nobili affinché prendessero parte al commercio all'ingrosso, senza formale perdita del loro status = entrambi i gruppi rimasero attaccati alle tradizionali consuetudini commerciali. Nei primi anni del 700, le associazioni di commercianti protestarono sostenendo che i nobili, essendo più ricchi, non dovevano entrare in concorrenza con loro. - Le corporazioni e le municipalità fecero resistenza alle innovazioni, mentre gli artigiani non erano interessati ad alcun cambiamento poiché i loro prodotti avevano già un buon mercato. L'esempio più chiaro fu quello della città di Marsiglia (restia alla cooperazione) che deluse tutti gli sforzi fatti da Colbert per indurla a cambiare la propria politica commerciale. Il colpo di grazia inflitto alle imprese commerciali venne con il taglio dei sussidi, quando Luigi XIV, mai molto interessato all'economia, impiegò le rendite della monarchia per la costruzione di palazzi e per la conduzione delle guerre. Fu soltanto nel 1669 che Colbert divenne segretario di stato per la marina, ma la sua carica non fu altro che il riconoscimento ufficiale di un ruolo che già da prima ricopriva. - Il tentativo di fornire alla flotta nuovi equipaggi è stato oggetto di uno degli studi più accurati e precisi sulla resistenza al governo centrale in quegli anni. Colbert istituì un sistema di 3 classi navali, entro le quali avrebbero dovuto essere registrati tutti i marinai, e dalle quali, a turno, essi sarebbero poi stati reclutati per equipaggiare la flotta. Il sistema era più equo dell'arruolamento forzato e avrebbe dovuto funzionare meglio, ma il vero problema era che Luigi XIV non si interessò mai della marina da guerra e preferì sempre concentrare la propria politica estera sulle guerra di terraferma, escludendo la possibilità di costruire un impero d'oltremare e una potenza navale stornando i fondi dello stato all'esercito. Il fondo per la marina fu ridotto nel 1680-90, e tagliato drasticamente dopo il 1692. 3.6. ARTE E ARCHITETTURA: L'IMMAGINARIO DELLA GLOIRE I primi decenni del regime personale sono particolarmente importanti sotto il profilo della strumentalizzazione delle arti per gli scopi della monarchia. Luigi XIV diede libero sfogo alle sue velleità artistiche, e in particolare alla sua passione per l'architettura. In generale tutte le arti furono messe al servizio del Re. In Europa la monarchia aveva già da tempo fatto ricorso all'arte e alla propaganda ed in particolare il Rinascimento aveva favorito la riscoperta della classicità. Per comprendere ciò che Luigi XIV fece nel campo delle arti dobbiamo comprendere quelli che erano i valori dell'epoca. 2 concetti sono particolarmente importanti : frontiere naturali per la Francia. Sebbene i testi storici più antichi facciano riferimento a queste teorie, l'opinione oggi prevalente afferma che nessuno dei 2 motivi è in grado di spiegare la politica estera di Luigi XIV. Importanti storici di questo periodo ritengono che la più coerente direttrice politica di Luigi XIV fosse quella dell'acquisizione di frontiere difendibili (piuttosto che naturali); un confine di frontiera delineato da fortezze inespugnabili, senza enclave o vie d'accesso attraverso le quali il nemico sarebbe potuto entrare. Se l'obiettivo, messo in luce dalla vaga formulazione dei trattati di Westfalia del 1648, era quello di confermare i diritti sull'Alsazia = le province di Alsazia, Borgogna e Delfinato erano chiaramente ancora vulnerabili agli attacchi attraverso il Lussemburgo e la Francia Contea (ancora spagnola); e le piazzeforti preposte al passaggio sul Reno, come Strasburgo e Philippsburg, potevano essere considerate, per le armate imperiali, via d'accesso alla Francia. Se il Re avesse tentato di rafforzare le frontiere, ciò avrebbe potuto tradire un atteggiamento difensivo della Francia; tuttavia possiamo notare che Luigi XIV scelse una tattica aggressiva per raggiungere i suoi scopi. Questo significò rinunciare alle strategie di Mazzarino, che era riuscito a garantire la sicurezza del paese con le sue azioni diplomatiche . La prospettiva di subentrare nella successione dell'impero spagnolo, quando si sarebbe estinta la linea maschile diretta, è stata spesso avanzata come l'elemento focale della politica estera di Luigi XIV. Perciò, sarebbe errato interpretare l'acquisizione dell'impero spagnolo come uno tra gli obiettivi principali della politica estera di Luigi XIV. All'inizio la politica del Re fu caratterizzata da una comprensibile cautela, che però veniva sopraffatta dall’impetuosità giovanile e dal desiderio di splendore, ma in seguito le dure lezioni dell'esperienza lo condussero gradualmente a moderare le sue ambizioni e le sue inclinazioni. Tuttavia, diversamente da Mazzarino e Richelieu, e anche dai suoi più recenti ministri Lionne e Pomponne, Luigi XIV non aveva la capacità di concepire un sistema di relazioni diplomatiche che fosse efficiente ed oculato. La situazione generò tanta ostilità e terrore da facilitare la costituzione di una coalizione anti-francese. Per Luigi XIV la Spagna rimase fin dai primi anni del suo regno il nemico più temibile. La Francia aveva ancora bisogno di tempo per riprendersi dopo le estenuanti guerre, e perciò in una prima fase venne mantenuta la linea politica di Mazzarino. • La Spagna veniva indebolita mediante gli aiuti nascosti al Portogallo, che cercava di riavere l'autonomia. • L'Inghilterra e l’Olanda venivano allontanate dalla Spagna con opportune alleanze diplomatiche. • La Lega del Reno, un gruppo di stati della Germania nord-orientale sotto l'egida francese, veniva sostenuta al fine di separare i Paesi Bassi spagnoli dall'Austria. • L'Imperatore Leopoldo I era completamente assorbito dai suoi problemi in Ungheria e con i turchi, ed era intenzionata a mantenere la pace a occidente. In questa situazione Luigi XIV si accontentava di consolidare la propria reputazione di giovane regnante determinato = da un lato insistendo sul diritto di priorità dei propri ambasciatori, dall'altro (con effetti piuttosto controproducenti) ostinandosi a non riconoscere alle autorità romane i diritti di polizia all'interno dell'enclave diplomatica ciò offese molto il Papa. La guerra anglo-olandese del 1665-66 mise in difficoltà la Francia, che era legata da alcuni trattati a fornire aiuti all'Olanda, ma che allo stesso tempo voleva rimanere in buoni rapporti con l'Inghilterra . La Francia entrò in guerra a fianco dell'Olanda nel 1666, ma senza svolgere un'azione significativa nel 1667, Luigi XIV combatté la sua prima guerra contro la Spagna nei Paesi Bassi spagnoli, la c.d “guerra di Devoluzione”. In questo contesto, nel 1665 era morto Filippo IV, che aveva lasciato i suoi possedimenti al figlio Carlo II, e, alla morte di questo (avvenuta poi nel 1700), alla 2° figlia, avuta dal secondo matrimonio. Questo testamento ignorava i diritti della moglie di Luigi XIV (Maria Teresa D'Asburgo-Spagna) primogenita di Filippo IV = il primo tentativo di Luigi XIV fu di rivendicare, anche se in modo blando, i territori lasciati in eredità in virtù di una legge che dava diritto di prelazione ai figli di primo letto. - Tutto ciò aveva lo scopo di cogliere di sorpresa la Spagna che era impreparata a un attacco delle forze francesi decisamente superiori così, Luigi XIV intraprese una campagna militare contro la Spagna, durante la quale conquistò posizioni una dopo l'altra in rapida successione. L'attacco improvviso indusse l'Inghilterra e l'Olanda a sottoscrivere la pace e a stipulare un'alleanza di cui , all'inizio del 1668 , entrò a far parte la Svezia: la Triplice Alleanza. Era chiaro che le ampie conquiste francesi avrebbero allargato il conflitto coinvolgendo anche altri stati, perciò Luigi XIV invase e conquistò la Franca Contea con lo scopo di usarla come merce di scambio, e successivamente decise di agire secondo una linea di perfetta moderazione. Con la PACE di Aquisgrana egli ottenne 12 città nei Paesi Bassi spagnoli, restituendo il resto delle conquiste alla Spagna = le nuove acquisizioni lasciarono i Paesi Bassi spagnoli pericolosamente esposti a nuovi attacchi. La guerra aveva portato al definitivo decadimento del sistema politico e diplomatico di Mazzarino. Una seconda ragione per terminare la guerra era che Luigi XIV e l'imperatore Leopoldo I erano venuti a patti nel gennaio 1668, stipulando un trattato che prevedeva una divisione dell'impero spagnolo nel caso in cui dovesse morire il giovane Carlo II, già gravemente malato. Alla luce di una forte riluttanza dei suoi sottoposti a finanziare la guerra nel 1667, Leopoldo I optò per una soluzione politica che ledeva i suoi diritti dinastici: la divisione dell'impero. - Alla Francia dovevano andare: Napoli, la Sicilia, le Fiandre, la Francia Contea e la Navarra, mentre l'Austria avrebbe ottenuto: la Spagna, gli altri territori italiani e la maggior parte dell'impero d'oltreoceano Luigi XIV aveva condotto la sua breve campagna invernale per conquistare la Franca Contea, allo scopo di costringere la Spagna a concordare una pace che riconoscesse le clausole del trattato di divisione. Solo dopo che la Spagna avesse fatto ciò, egli avrebbe acconsentito a restituire la provincia. - Tuttavia, il trattato di divisione non fu mai applicato perché Carlo II era ancora vivo, e perché l'occupazione francese della Lorena nel 1670 pregiudicò la politica di ravvicinamento all'imperatore, essendo l'Austria moralmente vincolata a difendere una regione che era parte dell'impero. Il trattato di divisione è una prova evidente degli interessi territoriali che la Francia ebbe fino alla fine del secolo. 4.1. LA GUERRA FRANCO-OLANDESE Per lungo tempo gli storiografi hanno creduto che la causa della guerra fosse stata una combinazione tra la collera di Luigi XIV nei confronti dell'arroganza olandese nel 1668 e le esigenze di Colbert che riteneva necessario ridurre la concorrenza economica dell'Olanda. Luigi XIV voleva la guerra a tutti i costi e intendeva vendicarsi degli olandesi che lo avevano abbandonato per formare la Triplice alleanza nel 1668. Pur perseverando in questa imprudente politica, non venne definito alcun piano strategico appropriato se non quello di attaccare l'Olanda con la speranza di ottenere concessioni in tempi brevi (cosa che difficilmente sarebbe stata utile alla Francia dal p.d.v strategico, ma che avrebbe rilanciato i commerci), oppure, e questo era lo scopo principale, quello di indurre la Spagna a entrare nel conflitto. In realtà, la guerra era destinata a spingere l'Olanda, un tempo alleata della Francia, tra le braccia della Spagna e dell'Austria, per creare così uno schema di alleanze per il futuro. La campagna militare del 1672 fu un tale successo che l'Olanda dovette aprire le dighe e allagare il paese per proteggere Amsterdam e guadagnare tempo per l'intervento degli altri stati. Tuttavia, tale campagna provocò in Olanda la caduta del partito filo-francese e spinse Guglielmo d'Orange a prendere il controllo della repubblica. - Successivamente, nel 1673 si formò una coalizione antifrancese costituita da Spagna, Austria e Olanda a questo punto, messo fuori gioco dai suoi stessi trionfi, Luigi XIV rifiutò le generose concessioni fatte dall'Olanda. La guerra assunse proporzioni sempre maggiori, fino a che nel 1677 le forze francesi cominciarono a imporsi. Le misure fiscali straordinarie che vennero adottate cancellarono molte delle riforme di Colbert, causando insurrezioni popolari nel 1674 e nel 1675. Le trattative di pace cominciarono nel 1676, ma le vittorie francesi del 1677 e 1678 migliorarono la posizione del Re nel negoziato. La PACE di Nimega (1678-79) concesse alla Francia alcune fortificazioni nei Paesi Bassi spagnoli e l'intera Francia Contea. 4.2. LE RIUNIFICAZIONI Questo atteggiamento caratterizzò il decennio successivo alla pace, solitamente considerato come l'apogeo della potenza francese. In politica interna questo fu il periodo delle persecuzioni degli ugonotti e del conflitto con il papa. In tempo di pace il potente esercito reale contava 140.000 uomini, e rappresentava un onere enorme per le finanze dello stato. In politica estera, il Re decise di sfruttare la sua posizione di predominio per ampliare ulteriormente i confini e il controllo sui territori = fu così che si intraprese la politica delle c.d "Réunions", le riunificazioni forzate promosse tra il 1679 e il 1684. - Moltissimi territori lungo il confine orientale della Francia, dai Paesi Bassi spagnoli fino alla Lorena, furono annessi con vari pretesti di carattere feudale Vauban fece erigere molte fortificazioni in importanti zone strategiche, costruendo una linea di piazzeforti lungo la frontiera che si snoda dall'Olanda fino all'Alsazia. - Non furono fatte rivendicazioni ufficiali su Strasburgo ma, poiché era una postazione vitale per il passaggio sul Reno, le venne intimata la resa nel settembre del 1681 contemporaneamente, la fortezza di Casale, nell'Italia del nord, venne annessa e quindi occupata questa città era strategicamente importante dal momento che teneva sotto controllo le potenziali aggressioni del duca di Savoia (= ciò indispose fortemente questo alleato). Il Lussemburgo venne stretto d'assedio a partire dal novembre del 1681. Sebbene ci fossero proteste, le armate francesi erano talmente forti che nessuno osò intervenire alcuni principi tedeschi vennero tacitati col pagamento di ingenti somme mentre l'imperatore era troppo occupato dalla minaccia dei turchi per intervenire. Quando i turchi furono costretti ad abbandonare l'assedio di Vienna nel 1683, la Spagna riacquistò sicurezza e attaccò la Francia cercando di impedire la perdita del Lussemburgo; tuttavia nessun alleato le venne in soccorso e presto il Lussemburgo venne conquistato dai francesi. - La TREGUA di Ratisbona del 1684, stipulata con la mediazione dell'imperatore, riconobbe per 20 anni le conquiste che la Francia aveva fatto attraverso le guerre e le riunificazioni. 4.3. LA GUERRA DEI 9 ANNI Le promettenti vittorie austriache sui turchi avevano rafforzato il prestigio dell'imperatore in Germania, e avevano anche aumentato le sue speranze di rivolgere le proprie truppe vittoriose contro la Francia. Inoltre, per il mancato aiuto nella guerra contro i turchi, Luigi XIV aveva perduto l'aura di difensore della cristianità e del cattolicesimo. In questo periodo furono le battaglie piuttosto che gli assedi a decidere l'esito dei conflitti. Nel 1703 Vittorio Amedeo di Savoia passò a far parte dell'alleanza, mettendo a repentaglio le postazioni francesi in Italia, pur se in principio fu sconfitto dai francesi. Nel 1704 Marlborough e Eugenio di Savoia vinsero l'importante battaglia di Blenheim, che condusse le armate alleate a occupare la Baviera, e costrinse la Francia a cedere le sue piazzeforti tedesche. Nel 1705 la Francia resisteva sul fronte olandese e su quello italiano, perdendo però la Catalogna. Nel 1706 la vittoria di Marlborough a Ramillies permise l'invasione dei Paesi Bassi spagnoli di conseguenza la Francia fu costretta ad arrestare la sua campagna nella Germania del sud in Italia le truppe vennero ritirate, ma in settembre il principe Eugenio sconfisse i francesi a Torino e le loro armate si ritirarono oltre le Alpi. Senza dubbio la Francia era ormai sconfitta, ma nel 1707 le sue truppe resistevano ancora la sconfitta del 1708 a Oudenarde aprì i confini del nord della Francia alle invasioni Lilla, l'ultima roccaforte nelle Fiandre, cadde nel dicembre di quell'anno. La Francia si trovava in condizioni disperate, le finanze dello stato sembravano completamente prosciugate e Luigi XIV era disposto alla pace. Il re sottoscrisse tutte le richieste della Grande alleanza tranne quella di rimuovere Filippo V dal trono di Spagna, dove il re Borbone era divenuto popolare. Luigi XIV era pronto a rinunciare all'impero spagnolo pur di salvare l'onore = ciò permise alla Francia di resistere per il 1709 e il 1710, periodo durante il quale i cambiamenti nella politica inglese avevano condotto a negoziati di pace separati con Torcy. La morte dell'imperatore (Giuseppe I 1705 - 1711) e la successione al trono imperiale dell'arciduca Carlo d'Asburgo, sino ad allora pretendente alla corona spagnola, eliminarono gli ultimi ostacoli alla pace: non aveva molto senso che l'Olanda combattesse per ricostruire l'impero di Carlo V (del 1500) così, nel 1713 venne negoziata la PACE di Ultrecht, e nel 1714 seguì la PACE di Rastatt con l'imperatore. Perciò, alla fine del regno di Luigi XIV, la Francia era riuscita con la pace di Rastatt ad imporre le proprie condizioni all'Europa, confermando i possedimenti dell'Alsazia, e mantenendo parte dei territori conquistati nelle Fiandre e nella Franca Contea era stata quindi costruita una frontiera ben difendibile. Se la pace sembrò mantenere lo status quo francese, ciò era solo un'illusione: in verità le conquiste della guerra di Successione Spagnola furono molto modeste. L'impero spagnolo venne smembrato e la presenza dei Borboni in Spagna venne resa puramente accessoria. Misura del reale cambiamento che si era verificato è il fatto che l'Inghilterra e l'Austria furono gli unici stati a trarre veramente profitto dalla pace erano divenute a buon diritto grandi potenze, alterando con ciò gli equilibri di potere e arrestando le potenzialità egemoniche della Francia. La ricorrente crisi del settore agricolo in Europa, e quindi anche in Francia, impose nuove restrizioni per il mantenimento degli apparati militari francesi. CAP. 5 - CHIESA E STATO Durante il regno di Luigi XIV la religione era ancora una questione di vitale importanza . Era considerato diritto e dovere del Re dirigere gli affari religiosi in Francia, e quindi governare i rapporti fra la chiesa e lo stato. La monarchia era ancora teocratica, perché si riteneva che il potere del Re derivasse da Dio = era cioè credenza diffusa che il Re avesse qualcosa di divino, che gli derivava dalla consacrazione nel momento della sua incoronazione. Il Re così aveva il diritto divino di governare, un diritto nel quale Luigi XIV credette fermamente disobbedire al Re, luogotenente di Dio in terra, era quindi considerato un atto sacrilego la chiesa diventava in questo modo il più forte sostegno morale e ideologico della monarchia. La struttura amministrativa dello stato rifletteva questo rapporto. Le circoscrizioni amministrative reali si basavano grosso modo sulle divisioni ecclesiastiche, dalle parrocchie alle diocesi e agli arcivescovati, anche se i confini coincidevano raramente. La comunità si serviva dei preti e dei vescovi per informare la popolazione sulle leggi e sulle vittorie, e i vescovi spesso ricoprivano un ruolo importante in vari aspetti del governo locale. Le strutture ecclesiastiche mantenevano ancora una giurisdizione indipendente, giustificata dal ruolo spirituale della chiesa nella società in contrasto con il potere temporale del Re tuttavia, era difficile tracciare un confine netto fra la sfera spirituale e quella temporale anche se i loro rispettivi ruoli erano stati definiti dal concordato di Bologna (1516), e il Re insisteva sulla supremazia totale nelle corti, da esercitarsi attraverso il suo parlement di Parigi, sorsero ancora numerosi conflitti di giurisdizione. La monarchia era ansiosa di estendere il suo potere sulle istituzioni della chiesa e di respingere l'ingerenza papale (anche senza giungere a una vera rottura con Roma). Se fossero stati perseguitati dallo stato, i vescovi, e anche i vescovi e i curati giansenisti, potevano appellarsi direttamente all'alta giurisdizione di Roma. D'altra parte, quando il papa si schierava con il Re, gli stessi giansenisti potevano appellarsi al concilio della chiesa in quanto superiore allo stesso Papa. - C'erano conflitti fra i tribunali ecclesiastici e il parlement di Parigi, che era sempre pronto a sfruttare il proprio privilegio di accogliere gli appelli contro gli abusi della giustizia ecclesiastica, rovesciando i verdetti pronunciati dai tribunali della chiesa. Il potere temporale della chiesa era considerevole = essa possedeva grandi proprietà terriere, con notevoli introiti dagli affitti, dalle rendite signorili e dalle decime clericali parte di queste rendite servivano al mantenimento della chiesa come istituzione che doveva preoccuparsi della salvezza delle anime ma la maggior parte del denaro andava ai vescovi e agli abati, che spesso avevano lo stesso stile di vita degli aristocratici (infatti il 90% di essi erano aristocratici di nascita). Sia le chiese protestanti che quelle cattoliche avevano subito dei notevoli cambiamenti dalla fine delle guerre di religione le 2 chiese continuavano ad avere esistenza legale in Francia, in quanto la chiesa ugonotta era protetta dall'editto di Nantes del 1598. Comunque, la posizione degli ugonotti era stata certamente danneggiata dalla politica trionfante del cardinale di Richelieu, che aveva abbattuto il loro potere militare, distruggendo le loro fortezze ma, anche se in certe località c'erano ancora delle tensioni fra protestanti e cattolici, la comunità protestante era del tutto fedele alla corona. Per la chiesa cattolica il XVII secolo fu un periodo di grande dinamismo la riforma cattolica messa in moto dal concilio di Trento era in piena attuazione, cercando di porre rimedio a tutti quegli abusi che avevano contribuito alla nascita del protestantesimo. Il rinnovamento cattolico ebbe un effetto salutare sul clero. Negli anni intorno al 1660-70 i religiosi cattolici erano molto ben istruiti, più virtuosi e coscienziosi, ed erano state istituite varie comunità sia per insegnare il Vangelo ai contadini pagani, sia per attuare opere di carità. La chiesa cattolica non era priva di conflitti al suo interno in un'età come questa, fervente di dibattiti e di tentativi di rinnovamento, tutto era in movimento. La Compagnia di Gesù esercitava un'influenza sempre crescente sulla politica ecclesiastica, soprattutto perché i confessori del Re erano gesuiti fra i loro oppositori, i Giansenisti rappresentavano la forma più rigida del cattolicesimo = pessimisti sulla natura umana, profondamente influenzati dagli scritti di Sant'Agostino e intransigenti sulla spinosa questione della grazia e del libero arbitrio anche se si fermarono a un passo dall'accettare la dottrina calvinista della predestinazione, essi credevano che non tutti fossero benedetti dalla grazia e che quindi solo alcuni potessero salvarsi. - Lo spirito di opposizione dimostrato da alcuni giansenisti durante la Fronda, portò Mazzarino a intraprendere una politica di persecuzione fin dal 1656. Il parlement di Parigi, come la corte di giustizia reale, esercitavano la loro influenza contro Roma, ed erano sempre pronti a interferire negli affari della chiesa, nella speranza di espandere la propria giurisdizione. I vescovi gallicani potevano anche resistere all'interferenza del Re e del parlamento, perseguendo la loro linea anti-papale, ma erano di solito restii a irritare troppo Roma, dal momento che il papato appoggiava il loro posto nella gerarchia ecclesiastica. Nuove difficoltà sorsero quando il Re, per ragioni politiche, provò a cambiare il suo atteggiamento nei confronti di Roma i suoi stessi tribunali e le università erano pronti a sostenere la sua politica originaria, anche se il sovrano l'aveva abbandonata e insistevano, in modo piuttosto polemico da p.d.v reale, che la Francia aveva delle leggi che neppure il Re poteva cambiare. Tutti i problemi che Luigi XIV si trovò ad affrontare erano nati molto prima della sua ascesa al trono se affrontiamo prima di tutto il gallicanesimo (= la chiesa cattolica francese), vediamo che le posizioni di Luigi XIV sul suo ruolo di grande monarca lo condussero a un conflitto poco opportuno con il papa rispetto alla “regalie” = il diritto che la monarchia si attribuiva di ricevere le entrate di quelle diocesi che fossero rimaste vacanti. Era un diritto riconosciuto da lungo tempo nel nord della Francia, ma che venne esteso alle diocesi del sud con gli editti fiscali del 1673 e 1675. Due vescovi giansenisti, che osarono protestare, furono condannati dai loro arcivescovi e uno di loro si appellò a Roma Papa Innocenzo XI, che era al tempo stesso favorevole ai giansenisti e intransigente difensore dei diritti papali, scomunicò l'arcivescovo e criticò la politica reale. Luigi XIV rispose convocando una sessione speciale dell'assemblea del clero, e tramò con i vescovi a lui favorevoli per sfidare i proclami papali Innocenzo rispose rifiutando di investire i vescovi nominati dalla corona, col risultato che 35 diocesi presto rimasero senza guida episcopale. Nel 1687 l'ambasciatore francese a Roma fu scomunicato, e nel 1688 Luigi fu clamorosamente sconfitto dal Papa nel suo progetto di eleggere un suo protetto al vescovado di Colonia, importante dal p.d.v strategico. Il risultato fu che “i 4 articoli” (che erano divenuti dottrina ufficiale del regno) non vennero più insegnati (anche se il Re non poteva evitare che il parlement continuasse a sostenerli) mentre il papa avrebbe dato l'investitura ai vescovi incaricati dal Re, purché le rendite raccolte nel frattempo fossero versate alle diocesi. La questione si concluse del tutto con la pacificazione del 1693 e la dichiarazione altamente ortodossa del 1695, con la quale il Re concesse ai vescovi maggiore potere giurisdizionale sul clero all'interno delle loro diocesi. - Avignone fu restituita, e vennero concesse le franchigie diplomatiche a Roma, mentre fu annullata la scomunica segreta del Re Luigi XIV aveva dovuto accettare i valori tradizionali della gerarchia. Al culmine della contesa con Roma, e proprio quando aveva rifiutato di aiutare l'Europa cristiana a sconfiggere l'invasione turca, Luigi scelse di revocare l'editto di Nantes (nel 1685). Dal 1661 Luigi XIV decise di confinare i protestanti sempre più entro i confini originari imposti dall'editto di Nantes metà delle chiese ugonotte esistenti vennero demolite fra il 1663 e il 1665. Furono imposte delle restrizioni economiche e amministrative a ugonotti praticanti, che ebbero la vita sempre più difficile, mentre si concedevano incentivi fiscali e finanziari a coloro che si convertivano al cattolicesimo. La guerra franco - olandese portò a un rallentamento della politica repressiva, ma dopo la pace di Nimega, Luigi fu più che mai convinto del proprio ruolo di monarca assoluto si rinnovò dunque, con raddoppiato vigore, la persecuzione dei civili e le prime “dragonnades” (persecuzioni dei protestanti ad opera dei dragoni) ebbero luogo nei Poitou nel 1681. Il 1683 assisté a numerose dragonnades, come pure il 1684, così che nei primi mesi del 1685 si ebbero circa 300/400.000 conversioni. Le province lontane dai campi di battaglia erano restie a contribuire alle spese di una guerra che non le coinvolgeva direttamente poiché le richieste erano troppo grandi, le resistenze locali troppo forti e i contadini troppo poveri, le imposte non potevano essere completamente riscosse. ▲ I Borbone regnarono in Spagna dal 1700 in poi con Filippo V (ex duca d’Angiò). In Francia i Borbone regnarono dal 1589 in poi con Enrico IV (succedendo ai Valois) L’impero di Carlo V, alla sua morte nel 1556, venne diviso fra i suoi 2 figli: Filippo II divenne Re di Spagna / Ferdinando I divenne il nuovo imperatore (e Re dell’Austria) = così naquero i 2 rami distinti della casata degli Asburgo (quello spagnolo e quello austriaco). 6.2. GLI INTENDENTI IN PROSPETTIVA Molte delle interpretazioni sul regno di Luigi XIV si sono incentrate su una certa visione dell'efficienza e dei risultati degli intendenti essi sono la personificazione del trionfo della figura del commissario su quella del funzionario, che acquistava la propria carica, e rappresentano a maggior ragione il trionfo dello stato moderno sul particolarismo degli interessi locali. Il tentativo di sottomettere le municipalità a un controllo più stretto da parte degli intendenti non fu un tentativo di centralizzazione per sé, ma un espediente per ridurre i debiti dello stato e assicurare che le città fossero in condizioni di pagare le imposte e, in seguito, di prestare più denaro alla corona. - Benché gli intendenti fossero i rappresentanti dei ministri nelle varie province, erano comunque obbligati a non usurpare le funzioni delle amministrazioni locali i mandati che gli intendenti ricevevano non conferivano loro pieni poteri. Ci furono temporanei interventi degli intendenti in quasi tutte le aree delle varie amministrazioni locali, ma ingerenze prolungate erano rare e per lo più consistevano nel fare rapporto al consiglio di stato. A Olreans per esempio, un intendente aveva poteri molto più diretti, ma si occupava per lo più di questioni di ordine pubblico e di riscossione delle imposte in tempo di guerra, specialmente lungo le frontiere delle province, doveva dedicare molto tempo al controllo delle operazioni di spostamento e approvvigionamento delle truppe. Benché il loro ruolo fosse destinato a cambiare durante il XVIII secolo, sotto il regno di Luigi XIV gli intendenti continuarono ad essere uno strumento di guerra piuttosto che amministratori nel senso moderno del termine. Tutti erano obbligati a servirsi di funzionari locali come delegati, ma questi ovviamente erano uomini che conoscevano e difendevano gli interessi provinciali. Sebbene Colbert si lamentasse spesso dei criteri con cui venivano scelti questi delegati, e ripetutamente li dichiarasse inutili, allo stesso tempo aumentò il carico di lavoro degli intendenti ma a lungo termine, la corruzione nelle cariche pubbliche ebbe l'effetto di identificare l'ufficio con quella particolare circoscrizione, mentre le intendenze vennero definitivamente vincolate a una città e a una généralité. Nel XVIII secolo la mappa amministrativa della Francia venne definita in modo più articolato e le varie intendenze vennero divise in circoscrizioni più piccole controllate da delegati. 6.3. IL FINANZIAMENTO DELLE GUERRE Il fattore che più di ogni altro compromise le riforme dei primi decenni, mettendo in crisi il governo monarchico, fu il problema del finanziamento delle guerre. Nel 1687 il bilancio delle spese militari reali era di circa 54 milioni di livres il bilancio salì poi a 103 milioni nel 1689, e aumentò a 138 milioni nel 1692, rimanendo sopra i 100 milioni all'anno fino al 1698. La stessa cosa accadde per la guerra di Successioni Spagnola. Come abbiamo visto, la taille pesava enormemente sui contadini, le cui condizioni di estrema indigenza limitavano l'imposizione di tasse dirette. Coloro che possedevano molto denaro spesso evadevano il fisco grazie a privilegi ed esenzioni in questo modo le ingenti somme di denaro liquido necessarie per le imprese militari erano nelle mani dei ricchi l'ovvia soluzione, politicamente e socialmente impossibile, era di tassare i ricchi annullando le loro esenzioni. - Si tentò di fare questo in 2 occasioni: con la capitation del 1695 (un'imposta generale diretta su tutti gli uomini, compresi i detentori di privilegi, clero escluso) e la dixieme del 1710 (un'imposta reale sulle sostanze in terre, cariche e manifatture) è utile ricordare che questo fu un tentativo per eliminare quei privilegi fiscali che nel 1787 avrebbero condotto al collasso dell'Ancien Régime. La mancanza di una vera riforma del sistema finanziario, spiega la perdurante importanza degli iniqui ma usuali affari straordinari questi consistevano in una vasta gamma di espedienti governativi: dall'aumento dei tassi sui prestiti e delle somme da riscuotere annualmente, ai prestiti forzosi, alla vendita di cariche, titoli e privilegi, e all'istruzione di imposte decretate sulla base di progetti nuovi e talora piuttosto raffazzonati. - Questo sistema di affari straordinari dipendeva dalla partecipazione dei finanzieri, noti come partisans o traitants: essi anticipavano al tesoro dei fondi in cambio di un contratto per recuperare il capitale attraverso l'imposizione di tributi o attraverso l'acquisto di una carica e così via. Paradossalmente la maggior parte del denaro ricavato dagli affari straordinari, proveniva dalle entrate reali attraverso gli esattori generali per le province o l'esercito come amministratori privati del denaro pubblico, responsabili del sistema di centralizzazione fiscale e indipendenti perché avevano comprato le cariche che ricoprivano, questi uomini erano in grado di posticipare i pagamenti alla corona, di agire come banchieri con il denaro a loro disposizione, e anche di farla franca in caso di frode. - Tuttavia un'enorme quantità di denaro proveniva direttamente dall'aristocrazia di corte, che si serviva di meno dei finanzieri come intermediari per mascherare il proprio coinvolgimento negli affari la maggior parte degli stessi finanzieri ricopriva incarichi reali e molti erano impiegati delle famiglie aristocratiche più ricche in qualità di consulenti finanziari. La taille era l'imposta reale permanente e fondamentale che permetteva di aumentare i prestiti tuttavia, con l'aumento delle cariche soggette alla compravendita e i conseguenti privilegi che esentavano i proprietari dal pagare la taille o di alloggiare le truppe = il prelievo fiscale sui poveri si inasprì ulteriormente. Così il Re prendeva denaro a prestito dai ricchi e imponeva al resto della popolazione l'onere delle imposte come se si trattasse del paese di un nemico poiché la comunità veniva tassata in quanto tale, tutti coloro che ottenevano delle esenzioni non facevano che passare le proprie tasse su qualcun altro. La recrudescenza di disordini locali e la profonda miseria del popolo, così evidente nel 1694 e nel 1702, furono il risultato di questo iniquo e improvvisato sistema fiscale. Una 2° conseguenza fu l'incredibile proliferazione di uffici minori che davano la fuorviante impressione di un certo sviluppo della monarchia amministrativa. La 3° conseguenza fu che la monarchia era di fatto nelle mani di coloro che fornivano il denaro = i ricchi aristocratici del clero e della corte che incanalavano le loro ricchezze in eccedenza nelle finanze dello stato, attraverso i finanzieri. 6.4. LE CRITICHE ALLA POLITICA MONARCHICA Le necessità fiscali del governo monarchico aumentavano drasticamente non appena le guerre si protraevano nel tempo. Anche facendo ricorso a tutti i vecchi espedienti degli anni 1650-60 i revisori generali dei conti degli ultimi 2 decenni del regno erano allo stremo per pagare le campagne militari divennero sempre più frequenti le critiche alla monarchia e alla sua condotta. In Francia c'erano molte riserve riguardo il crescente potere della monarchia gli anni 1690-1700 videro l'elaborazione di una critica prudente della monarchia di Luigi XIV da parte del circolo di intellettuali aristocratici e uomini d'azione raccolti intorno al duca di Borgogna, il quale era destinato a diventare re per successione legittima. Le idee del circolo del duca di Borgogna sono state spesso male interpretate, considerate come lo sfogo dell'aristocrazia feudale privata dei suoi poteri. Le loro analisi erano acute e i loro suggerimenti certamente realistici = invocavano il ritorno a un ordine aristocratico, in quanto consideravano la forza e l'indipendenza della nobiltà come una difesa dalla tirannia. Erano turbati dall'estensione del potere monarchico nelle province senza un’adeguata conoscenza degli interessi e delle condizioni locali. - La loro soluzione consisteva nel creare nelle province degli organi di consultazione controllati dalla nobiltà, una classe che essi ritenevano + responsabile di quanto essa probabilmente non fosse. Tuttavia, i loro progetti fiscali, come la capitation e la dixième, prevedevano la fine delle esenzioni per i nobili, e inoltre la loro idea di nobiltà non prevedeva una legittimazione in nome di lontane origini feudali, ma piuttosto in nome dei servizi compiuti. 6.5. L'ECONOMIA Secondo l'interpretazione a lungo dominate, l'economia stagnava ed era in recessione durante il regno di Luigi XIV, e questa depressione venne aggravata dalla politica governativa. Le tasse di guerra, un eccesso di regolamentazione, le restrizioni al commercio e la perdita del lavoro specializzato seguito all'esodo dei protestanti si univano nel deprimere il mercato manifatturiero e nell'impedire al contempo qualsiasi cambiamento. L'economia agricola era in uno stato precario, con un calo del 15-30% delle entrate delle decime del clero tuttavia la terribile crisi del 1693-94 e del 1709 non ebbe effetti duraturi e permise di mantenere i salari alti nello stesso tempo, tali crisi non furono di eguale gravità nelle varie regioni. Infatti, Bretagna, Piccardia e Maine soffrirono poco, mentre nell'Angiò l'impatto fu grave, per quanto i morti fossero pochi; il sud fu relativamente risparmiato i buoni raccolti del 1710 permisero un pronto recupero. Una situazione diversa emerge relativamente al commercio e alle manifatture è stato messo in discussione il tradizionale quadro di depressione, evidenziato dal movimento dei prezzi e da una flessione delle importazioni dei metalli preziosi. - Il risultato di una politica governativa che impediva il commercio con i paesi nemici fu forse il declino di alcuni porti per Es: il commercio di Saint-Malo venne gravemente colpito dalla guerra sul mare e il mercato inglese delle stoffe venne definitivamente perduto d'altra parte molti porti si avvantaggiarono delle operazioni corsare contro le potenze marittime. L'industria più importante era la manifattura delle stoffe che impiegava circa 1 milione di persone essa soffrì una profonda depressione dagli anni ‘50 ai primi anni ’90, poi ci fu una netta ripresa la richiesta per gli eserciti in tempo di guerra, unitamente all'allargamento dei mercati spagnoli e americani, permise alla produzione di superare i livelli raggiunti all'inizio del secolo. 6.6. LA MONARCHIA E LA RIFORMA
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