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Il Titolo Esecutivo: Sostanziale vs. Documentale e il Processo di Pignoramento, Appunti di Diritto Processuale Civile

Il concetto di titolo esecutivo in senso sostanziale e documentale, la figura del pignoramento immobiliare e mobiliare, e i diritti e obblighi dei creditori e dei debitori in relazione a essi. Il testo illustra le norme del Codice Civile che regolano questi aspetti del diritto processuale esecutivo.

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 27/06/2017

cicciobis89
cicciobis89 🇮🇹

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Scarica Il Titolo Esecutivo: Sostanziale vs. Documentale e il Processo di Pignoramento e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL PROCESSO ESECUTIVO. TITOLO ESECUTIVO: secondo l'art. 474 c.p.c., l'esecuzione forzata non può aver luogo se non in virtù di un titolo esecutivo. Quest'ultimo è la fattispecie da cui nasce un effetto giuridico che è la tutelabilità del diritto sostanziale. Il titolo esecutivo, perciò, è condizione necessaria affinchè l'ufficio esecutivo sia obbligato a fornire la tutela giurisdizionale richiesta. Si deve fare a questo punto una distinzione tra: diritto oggetto dell'esecuzione che consiste nel diritto sostanziale; diritto alla tutela esecutiva è il diritto processuale a che l'ufficio si metta in moto e ponga in essere misure giurisdizionali previste. La pretesa DA eseguire è il diritto SOSTANZIALE, la pretesa AD eseguire è il diritto PROCESSUALE, in presenza del quale l’ ufficio esecutivo è obbligato a fornire la sua opera. Il titolo esecutivo non può sopravvenire nel corso del processo esecutivo esso deve permanere per tutta la sua durata, dall'inizio alla fine. L’ art.474 c.p.c. stabilisce che l’ esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo “per un diritto certo liquido ed esigibile”: • per diritto CERTO ci si riferisce all’ esecuzione per consegna o rilascio e all’ esecuzione per obblighi di fare (certezza nell‘individuazione del bene oggetto dell’ intervento); • l’espressione diritto LIQUIDO si riferisce ai crediti relativi a somme di denaro; • il diritto ESIGIBILE significa non sottoposto a un termine o condizione (naturalmente sospensiva; il dato dell’ esigibilità è riferito al momento dell’ esecuzione forzata). 1) La prima categoria sono i titoli giudiziali, appunto, ossia tutte quelle sentenze che condannano l'obbligato a tenere un determinato comportamento e non quelle di mero accertamento (ordinanze e decreti). 2) La seconda categoria di titoli esecutivi previsti dall’ at.474 c.p.c. è costituita dalle scritture private autenticate e dai titoli di credito (cambiali, assegni). Le scritture private autenticate costituiscono titolo esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute. Per quanto riguarda i titoli di credito la legge sulla cambiale e sull’assegno prevedono che questi siano titoli esecutivi solo se in regola con il bollo fin dal momento della loro emissione(se non lo sono valgono come titoli di credito ma non hanno efficacia esecutiva). 3) L’atto pubblico costituisce titolo esecutivo anche in relazione all’ esecuzione per consegna e rilascio, atti ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale a utorizzato a riceverli. 4) Infine vi sono altre migliaia di titoli esecutivi che il legislatore individua qua e la in leggi speciali; tra le tante la CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE che è volta a favorire una soluzione negoziale della controversia, ad essa è attribuita efficacia piena di titolo esecutivo. E la diffida al datore di lavoro per i crediti nei confronti del lavoratore. Rimane da capire quale operazione compie il legislatore per scegliere gli atti ai quali dare efficacia di titolo esecutivo, in dottrina è prevalente l’opinione che riconduce il comune denominatore dell’efficacia esecutiva di certi atti al fatto che questi atti darebbero CERTEZZA dell’ esistenza del diritto da tutelare (questa impostazione però non convince). L'elemento fondamentale è la MERITEVOLEZZA di una certa situazione giuridica sostanziale a ricevere tutela esecutiva. Importante è anche chiarire i rapporti con la tutela dichiarativa: infatti quest'ultima non è un prius logico rispetto alla tutela esecutiva, dato che un soggetto può, come abbiamo visto prima, possedere un titolo esecutivo stragiudiziale; ma se non lo possiede, allora per ottenerlo dovrà instaurare sicuramente un processo dichiarativo, per poi tutelarlo in via esecutiva. IL TITOLO ESECUTIVO IN SENSO SOSTANZIALE E IL TITOLO ESECUTIVO IN SENSO DOCUMENTALE. OGGETTO DELLA TUTELA ESECUTIVA E' IL DIRITTO SOSTANZIALE DA TUTELARE E NON IL TITOLO ESCUTIVO. Non deve essere il titolo esecutivo l'elemento che deve essere preso in considerazione per affrontare i vari problemi che sorgono in tema di esecuzione forzata. La sola esistenza del titolo esecutivo però è condizione necessaria per l'attivazione della tutela esecutiva. L'effetto di natura processuale scaturisce dal titolo esecutivo ed è necessaria l'effettiva esistenza del diritto da tutelare. L’ufficio esecutivo non può rifiutare la propria attività anche se così facendo commetterà un illecito, una volta venuto alla luce l’illecito ne risponderà colui che ha chiesto all’ ufficio di intervenire. Si deve quindi distinguere il piano del diritto processuale alla tutela esecutiva e la liceità dell’attività esecutiva sul piano del diritto sostanziale(perché la liceità dipende dall’esistenza del diritto che si vuole tutelare). È evidente quindi che sia possibile una utilizzazione ILLECITA della tutela esecutiva, quindi chi la utilizza commette un illecito dal punto di vista del diritto sostanziale. Per titolo esecutivo in senso SOSTANZIALE si intende la fattispecie da cui sorge l’effetto giuridico di rendere tutelabile in via esecutiva una situazione sostanziale protetta(l’esistenza di un titolo esecutivo in senso sostanziale fa si che vi sia una pretesa fondata). Come tutte le fattispecie produttive di effetti giuridiche è composta di elementi che possiamo distinguere in due settori; Costitutivi da un lato, e impeditivi modificativi ed estintivi dall’altro. Diverso è il concetto del titolo esecutivo in senso DOCUMENTALE è un documento che rappresenta in modo non completo la fattispecie del diritto a procedere ad esecuzione forzata. La maggior divergenza tra i due titoli si presenta nel settore dei fatti estintivi e modificativi del diritto di procedere ad esecuzione forzata. Nell' art. 474 1°comma il legislatore si riferisce al titolo esecutivo in senso sostanziale, l’ordinamento ha introdotto la figura del titolo esecutivo in senso documentale per rendere informato l’ufficio esecutivo dell’ esistenza del diritto di procedere, onerando il soggetto di fornire la prova documentale dell’ esistenza dei fatti costitutivi della fattispecie. Il titolo esecutivo in senso documentale non è costituito dall’originale ma da una copia di esso; c’è quindi il pericolo che entrino in circolazione una pluralità di titoli esecutivi (per le scritture private autenticate e per i titoli di credito il problema non si pone perché essi sono titoli esecutivi documentali in originale). Il pericolo della presenza di più titoli documentali è fronteggiato dalla SPEDIZIONE IN FORMA ESECUTIVA questo meccanismo consiste nell’ identificare la copia dell’ atto che costituisce il titolo esecutivo in senso documentale attraverso l’apposizione della formula riportata nell’ art 475 2°c.(o 3°c) c.p.c.. la spedizione in forma specifica non ha alcun effetto sul diritto di procedere ad esecuzione forzata. Se un atto ha efficacia esecutiva, la mantiene anche se il titolo esecutivo in senso documentale manca della formula esecutiva. L’EFFICACIA DEL TITOLO ESECUTIVO VERSO I TERZI: Sappiamo che la noma giuridica individua i soggetti cui sono riferiti determinati comportamenti, non nominativamente ma attraverso delle fattispecie, gli atti giurisdizionali sono invece atti concreti, producono i loro effetti verso i soggetti in essi stessi nominativamente individuati, anche il titolo esecutivo ha il carattere della concretezza, esso individua nominativamente i destinatari dei suoi effetti. Il problema da vedere è se si può avere un processo esecutivo da e contro soggetti diversi da quelli individuati nominativamente dal titolo esecutivo. L’art. 2909 c.c. prevede che la sentenza passata in giudicato ha effetti fra le parti, gli eredi, e gli aventi causa. L’art. 111 c.p.c. prevede che la sentenza emessa fra le parti originarie dispiega i suoi effetti anche in capo ai successori nel diritto controverso. Però per fondare l’ efficacia del titolo verso terzi non ci si può rifare alle norme sopracitate ma si deve ricorrere a norme che prevedono specificatamente l’ efficacia del titolo esecutivo nei confronti di determinati terzi. -> Art 475 2°c. c.p.c. qui si può riscontrare l’ efficacia del titolo esecutivo in favore di terzi. Ad esempio in ipotesi di successione (pregiudizialità-dipendenza del diritto), il successore non ha l’obbligo di dimostrare, neppure documentalmente la sua qualità di successore, la tutela contro i falsi successori è data dall’ opposizione all’ esecuzione( soluzione ritenuta migliore dal nostro ordinamento). In base all’art.477 c.p.c. il titolo esecutivo contro il de cuius vale anche contro gli eredi (situazione identica ma rovesciata rispetto alla precedente; anche qui eventuali false dichiarazioni sono fronteggiabili con l’opposizione all’ esecuzione e l’onere della prova è a carico di chi procede ad esecuzione forzata). Quindi il titolo esecutivo è utilizzabile da o contro un terzo quando costui è titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quelli contenuti nel titolo esecutivo; ciò a condizione che l’ atto abbia verso il titolare della situazione dipendente gli stessi effetti che ha nei confronti del dante causa. LA NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO: Secondo l’art.479 c.p.c. il TITOLO ESECUTIVO deve essere notificato all’ esecutando prima dell’ inizio dell’esecuzione forzata. Contestualmente o successivamente deve essergli notificato il PRECETTO, atto disciplinato dall’art. 480 c.p.c. (il precetto è l’intimazione ad adempiere all’ obbligo in un termine non inferiore ai 10 gg, salvo che non sia previsto l’inizio immediato, art.482 c.p.c.), un elemento essenziale del precetto è l’ indicazione delle parti del processo esecutivo; se il titolo esecutivo è usato da o contro un terzo, le parti individuate devono essere quelle nei cui confronti si svolgerà il processo esecutivo(attualizzazione del titolo esecutivo). Per quanto riguarda l’individuazione dei beni bisogna distinguere; se al precetto segue un ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO, bisogna identificare i beni oggetto dell’ esecuzione, se al precetto segue un ESPROPRIAZIONE, è necessario individuare il credito tutelato, ma non i PIGNORAMENTO DEI CREDITI: Qui l’ordinamento non si accontenta della semplice affermazione del creditore, e neppure è possibile quell’ indice di appartenenza che forma il presupposto del pignoramento mobiliare. Il legislatore in questo caso richiede un pieno accertamento dell’ esistenza, in capo al debitore o del credito o della proprietà del bene mobile. Il pignoramento si effettua notificando al debitore esecutato e al terzo debitore un atto che deve contenere l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto e l’indicazione, almeno generica delle somme o cose dovuto dal terzo debitore al debitore esecutato. Ora la disciplina diverge, se il terzo è il DATORE DI LAVORO, il terzo debitore deve essere citato a comparire all’udienza fissata, al fine di rendere la dichiarazione prevista dall’art. 547 c.p.c., in tutti gli altri casi il terzo debitore è invitato a rendere tale dichiarazione mediante lettera raccomandata, da inviare al creditore nel termine di 10 giorni dal pignoramento. Con la notifica si producono tutti quanti gli effetti del pignoramento, ma gli effetti sono provvisori in quanto sono condizionati dalla sussistenza effettiva del credito. La posizione del terzo debitore dal momento in cui gli viene notificato il pignoramento è quella di CUSTODE ( art.546 c.p.c.). Vi è però un limite agli effetti del pignoramento, il credito dell’esecutato è pignorato per l’entità massima del 150% della somma oggetto del pignoramento (per la parte eccedente il terzo non è soggetto agli obblighi di custodia). L’ulteriore sviluppo del procedimento di pignoramento differisce a seconda che il credito pignorato sia un credito di lavoro subordinato oppure un altro credito diverso. Nel primo caso nell’udienza fissata con l’atto di pignoramento, il terzo debitore deve confermare l’ affermazione fatta dal creditore nell’atto stesso (art. 543 2°comma), se ciò avviene si consolidano quegli effetti che si erano provvisoriamente prodotti con la notifica dell’ atto stesso; se il terzo non conferma o non si presenta si deve procedere all’ accertamento dell’ esistenza del credito pignorato. Nel secondo caso l’udienza di comparizione deve essere ugualmente fissata, anche se il terzo è stato invitato a rendere la dichiarazione mediante lettera, e quindi non ha la necessità di essere presente. Se la lettera non arriva o non viene confermato ciò che sostiene il creditore qst ultimo dovrà proporre domanda di cui all’art. 548 c.p.c., se non lo fa il pignoramento perde i suoi effetti. Quindi si evince che il pignoramento dei crediti costituisce una fattispecie a formazione progressiva. L’espropriazione dei crediti si colloca rispetto a quella mobiliare o immobiliare nel gradino piu estremo relativamente alla certezza che il legislatore richiede, infatti: • nell’ espropriazione IMMOBILIARE basta l’affermazione del creditore procedente; • nell’espropriazione MOBILIARE per individuare l’oggetto del processo esecutivo è sufficiente che il bene si trovi in certi luoghi; • nell’espropriazione di CREDITI l’ ordinamento come abbiamo visto esige un grado di certezza maggiore, il pignoramento si perfeziona sulla base della dichiarazione del terzo debitore che ha la natura latu sensu confessoria. Art. 548 c.p.c., il giudice procede all’accertamento non di ufficio ma su istanza di parte, proposta dal creditore procedente o da eventuali altri creditori intervenuti (muniti di titolo esecutivo). Il pignoramento individua e conserva il diritto pignorato per adibirlo alla tutela del creditore procedente. La sentenza che accerta l’esistenza del diritto pignorato, ha il seguente oggetto, il creditore pignorante ha validamente costituito oggetto del processo di espropriazione la situazione creditoria tra debitore esecutato e terzo debitore. Questa sentenza non accerta, con efficacia anche nei rapporti fra il debitore esecutato e il terzo debitore, l’esistenza del diritto di credito, quindi non forma giudicato fra il debitore esecutato e il terzo debitore. GLI EFFETTI CONSERVATIVI O SOSTANZIALI DEL PIGNORAMENTO. Non è possibile accordare al creditore la tutela richiesta, nel momento in cui egli propone la domanda ma dopo un certo lasso di tempo. I pericoli che egli corre sono 2: da un lato, vi sono le modificazioni della realtà materiale che riguardano il bene su cui ricade il diritto pignorato(si fa fronte a ciò con la custodia), dall’ altro lato vi sono le modificazioni attinenti alla titolarità del dritto pignorato, attraverso atti di disposizione idonei a sottrarre il bene alla garanzia del credito (per questa evenienza è prevista una disciplina speciale per gli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato dopo il pignoramento). Gli effetti conservativi del pignoramento servono proprio per arginare questi pericoli. Art.2912 c.c. il pignoramento comprende le pertinenze, gli accessori i frutti del bene pignorato. I frutti che maturano dopo il pignoramento vengono acquisiti al esecuzione, sia quelli civili che quelli naturali. Ciò è possibile perché al momento del pignoramento il bene è affidato ad un soggetto, che ha l’obbligo di amministrarlo nell’ interesse dell’ esecuzione. Art. 1148 c.c. i frutti sono percepiti dal possessore e quindi la percezione dei frutti è conseguenza della situazione possessoria. Per gli immobili abbiamo detto che è possibile che il pignoramento ricada su beni di cui l’esecutato non abbia il possesso; se il bene pignorato non è in possesso del debitore esecutato ma di terzo allora il debitore esecutato non può divenire custode. Comunque sia il debitore esecutato, possessore del bene al momento del pignoramento perde dunque il possesso del bene(se ne mantiene la titolarità ciò avviene a titolo di custodia/il possesso non viene acquistato nemmeno dal creditore procedente (perchè egli acquista un diritto processuale non sostanziale sul bene), il possesso si congela). Art.2913c.c. gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengono nell’esecuzione; se però il terzo acquirente del bene mobile pignorato riceve il possesso in buona fede, acquista un diritto che è opponibile anche al creditore procedente, e che travolge gli effetti del pignoramento. Gli strumenti dell’ ordinamento per evitare questo inconveniente sono svariati. Si potrebbe qualificare nullo l’ atto di alienazione del bene pignorato(anche se questo meccanismo ha un effetto esagerato erga omnes). Un secondo meccanismo potrebbe essere quello di affermare l’ inefficacia relativa sul piano sostanziale dell’ atto di alienazione (l’atto di trasferimento del bene pignorato trasferisce la proprietà sia fra le parti del negozio giuridico sia ai terzi , ma non nei confronti del debitore che continua a vedere il debitore come proprietario anche questa scelta però risulta eccessiva). Quindi la regola che sembra piu idonea è quella della INEFFICACIA RELATIVA SUL PIANO PROCESSUALE; quindi l’atto di alienazione sul bene pignorato trasferisce efficacemente la proprietà sul piano sostanziale, ma questo trasferimento non è idoneo a fondare una opposizione ex art. 619 c.p.c.. L’art.2913 c.c. stabilisce che il pignoramento è un vincolo a “porta aperta” perché gli effetti del pignoramento vanno a vantaggio di tutti i creditori che intervengono nel processo esecutivo, anche se l’intervento ha luogo dopo che il bene è stato alienato. L’art 2913 c.c. ha il compito di far conservare al creditore procedente i diritti che sul bene spettavano al debitore esecutato e non far acquistare piu diritti di quelli che aveva il debitore. Oggetto dell’ espropriazione rimane quindi il diritto del debitore e non quello dell’ acquirente. L’art.2914 va a mettere in pratica il 2913 stabilendo dei limiti temporali nel senso che se prioritario è l’atto di pignoramento rispetto all’ alienazione allora si determina l’inefficacia prevista dall’art.2913. L’art. 2914 prevede 4 ipotesi per cui si risolve il conflitto tra creditore procedente e terzo acquirente dal debitore esecutato, attraverso gli stessi criteri per i quali si risolve un conflitto fra due aventi causa dallo stesso dante causa, equiparando cosi il creditore procedente, nel conflitto con gli aventi causa del debitore esecutato, ad un avente causa del debitore stesso. L’art.2915 c.c. detta una disciplina identica a quella che si ha quando un soggetto acquista un diritto sul quale grava un vincolo di indisponibilità(anche in questo caso se il vincolo è trascritto prima della trascrizione dell’ atto di acquisto , il vincolo prevale sull’ atto di acquisto,1° comma). Dall'art. 2916 c.c. possiamo infine ricavare due principi, innanzitutto il pignoramento congela le ragioni di prelazione dei vari debitori, in secondo luogo il pignoramento non effettua il blocco dei crediti, i quali possono essere fatti valere all’ interno del processo di espropriazione anche se sorti dopo il pignoramento(si differisce dall’ espropriazione concorsuale nella quale non possono essere fatti valere crediti sorti dopo la dichiarazione di insolvenza). Art. 2917 c.c. gli effetti del pignoramento del credito sono l’ inopponibilità dell’esecuzione forzata degli atti di disposizione compiuti dopo il pignoramento dal titolare del diritto di credito pignorato; il pignoramento rende indisponibile il credito in capo al debitore esecutato e agli atti di disposizione che il debitore esecutato compie dopo la notifica dell’ atto previsto dall’ art. 543 c.p.c. sono inefficaci processualmente verso il creditore procedente e i creditori intervenuti. Il terzo debitore con la notifica dell’atto previsto art. 543 diventa custode, occorre quindi far ricorso all’espropriazione presso terzi. L’INTERVENTO DEI CREDITORI: L’intervento dei creditori nell’espropriazione trova il suo fondamento nell’art. 2741 c.c., che va letto congiuntamente con l’ art. 2740 c.c.; l’ art.2741 stabilisce che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione. I privilegi si caratterizzano dal fatto che sono previsti dalla legge in ragione della natura del credito (non hanno però diritto di sequela essi hanno effetto finchè il bene resta nel patrimonio del debitore). Pegno e ipoteca al contrario dei privilegi sono DIRITTI REALI DI GARANZIA, cioè hanno sequela anche nei confronti del patrimonio di un soggetto diverso dal debitore. Dalla lettura congiunta dei due articoli si ricava che le ragioni di prelazione sono l’unico meccanismo che incide sul principio della par condicio dei creditori. La vera portata del principio di par condicio va cercata sul terreno de diritto processuale. La riforma del 2006 ha introdotto una nuova disciplina riguardo l’intervento dei creditori (forse una fra le più infelici innovazioni della riforma, presenta profili di incostituzionalità). Ora l’art. 499, 1°c. c.p.c. limita l’intervento a chi ha titolo esecutivo , a chi al momento del pignoramento ha un credito garantito da pegno, da prelazione iscritta o da sequestro; nonché a chi è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili. Il creditore che non sia munito di titolo esecutivo, e che purtuttavia abbia il potere di intervenire nell’esecuzione in quanto appartenente ad una delle categorie previste al primo comma, deve notificare al debitore l’atto di intervento e copia autentica delle scritture contabili se l’intervento ha luogo in virtù di esse. Art. 499 5° e 6° c. il giudice fissa un udienza dinanzi a se per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. All’udienza fissata, se il debitore non compare o, comparendo riconosce l’esistenza di tutti o in parte dei crediti, questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti. La profonda ristrutturazione dell’ intervento dei creditori nell’ esecuzione va sicuramente in controtendenza rispetto all’ ispirazione della riforma del 2006, che ha teso ad eliminare tutti i processi di cognizione strumentali unicamente alla tutela esecutiva, qui al contrario si rende necessario instaurare un processo di cognizione al solo fine di ottenere la soddisfazione del proprio credito in un espropriazione già in corso, è criticabile anche la scelta di consentire l’intervento ai soli creditori muniti di titolo esecutivo, i creditori che non rientrano in questa categoria non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza art. 700 c.p.c., allegando appunto il pregiudizio imminente e irreparabile, questa scelta va a tradire il principio della par condicio, che è l’ attuazione di un principio costituzionale(e non può quindi essere rimesso alla scelta del legislatore) quello per cui il processo deve essere strumento di attuazione e non di distorsione del diritto sostanziale. Va specificato che niente impedisce al legislatore di restringere l’intervento nell’ espropriazione ad alcune categorie di creditori, a condizione però che consenta, a chi non appartiene a queste categorie, di munirsi di un titolo di legittimazione a partecipare alla distribuzione del ricavato(in assenza di questa previsione c’è violazione del diritto costituzionale). Per quanto riguarda gli effetti dell’intervento questi sono previsti dall’art. 500 (più il 526 per i beni mobili e il 564 per gli immobili). L’art. 500 fa riferimento a due conseguenze dell’ intervento: il diritto a prendere parte alla distribuzione del ricavato e il diritto di partecipare attivamente al processo. Solo ai creditori che intervengono con titolo esecutivo queste due conseguenze sono assicurate in modo incondizionato. Invece chi interviene senza titolo esecutivo può prendere parte alla distribuzione del ricavato solo se si verificano le condizioni previste dall’art. 499 6°c.. Gli art. 526 e 564 stabiliscono che i creditori intervenuti partecipano all’ espropriazione e se muniti di titolo esecutivo possono provarne i singoli atti. L’atto più importante che il creditore intervenuto può compiere è l’istanza di vendita, che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 gg e non superiore a 90 gg. In mancanza di tale istanza il processo esecutivo si estingue. In sostanza tutta la fase (dal pignoramento alla avvenuta vendita) richiede il compimento di atti di impulso, che possono essere compiuti oltre che dal creditore procedente da qualunque altro creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo. Se questi non coordinano la loro attività, ci possono essere più istanze di vendita, piu depositi della documentazione necessaria, una di queste attività è utile le altre superflue. Art. 631 c.p.c. la mancata comparizione da parte del creditore a due udienze consecutive porta all’estinzione del processo. La distinzione tra creditori con o senza titolo esecutivo vale finchè non sia effettuata la vendita, dal momento in cui il bene è trasformato in una somma di denaro, si perde la distinzione tra creditori muniti e creditori non muniti di titolo esecutivo; quindi una volta effettuata la vendita, il diritto di procedere ad esecuzione forzata spetta a tutti i creditori. Una particolare disciplina riguarda i creditori muniti di prelazione; alcuni creditori muniti di ragioni di prelazione hanno una posizione particolare, l’art.498 stabilisce che essi devono essere necessariamente avvertiti della pendenza del processo esecutivo, devono essere cioè avvertiti che è stato pignorato il bene sul quale avevano un diritto di prelazione, solo quei creditori le cui ragioni di prelazione risultano dai pubblici registri. Si devono distinguere creditori muniti di un semplice privilegio, essi hanno prelazione finchè il bene rimane nel patrimonio del debitore (non c’è diritto di sequela). Al contrario il diritto reale di garanzia
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