Scarica LUSSO E BENESSERE NELL'ITALIA DEL 1700 C.CARLINO e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Marta Vignola Lusso e benessere nell’Italia del Settecento In Italia il lusso si impose come un tema chiave delle riflessioni economiche a partire dal 1750, con un certo ritardo rispetto alla Francia e all’Inghilterra, per poi affievolirsi nel periodo del Triennio rivoluzionario e con l’inizio del nuovo secolo, in quanto si diffuse la consapevolezza di una fase storica ormai completamente diversa dal punto di vista politico-istituzionale e socio- economico rispetto a quella settecentesca. L’Italia del Settecento, nell’eterogeneità delle diverse realtà locali e regionali, presentò condizioni di arretratezza rispetto ad altri contesti europei, che resero lento il decollo verso moderne forme di sviluppo economico. Ciò determinò una perdita di posizione del commercio internazionale, principalmente causato dall’incapacità del sistema manifatturiero di competere con i paesi del nord Europa nella produzione di beni più rispondenti ai nuovi gusti dei consumatori e più economici. In tale contesto economico, la discussione sul lusso trovò un primo fondamentale impulso nella volontà degli autori italiani di confrontarsi con il dibattito economico europeo e con i modelli di sviluppo economico posti alla ribalta anche attraverso la nuova riflessione sul tema. Più specificatamente, il saggio prende avvio col discorso sulla valorizzazione del concetto di ‘lusso’, il quale fu a lungo bersaglio di una critica composta dalla morale di matrice cristiana, dai crescenti timori di ordine sociale e dalle preoccupazioni legate al saldo della bilancia commerciale, ma col tempo venne interpretato come stimolo allo sviluppo economico e come simbolo di progresso materiale. Questo profondo mutamento nella riflessione sul lusso portò, fin da subito, a una discussione sul significato stesso del termine, ma soprattutto sulle difficoltà incontrate nel fissare una definizione condivisa del concetto. Inoltre, questo dilemma sulla definizione, rimase al centro del dibattito del contesto italiano per molto tempo, tanto che vari furono gli autori che ne cercarono un significato, come P. Verri e A. Genovesi e rilevante fu anche l’importanza che assunse il dibattito portato avanti dalle varie edizioni di enciclopedie e dizionari specializzanti e letterari. Il libro passa poi all’analisi delle principali posizioni e teorie rivolte al concetto di lusso e di conseguenza, a quello di consumo e benessere. Gli di autori italiani, costantemente influenzati da figure di spicco europee, vedono una rilevante opposizione tra sostenitori e oppositori sulla definizione e sugli effetti del concetto nella società 1 settecentesca. Alcuni dei principali autori che apportarono una visione positiva alla concezione di lusso furono F. Galiani, A. Genovesi, I. Bianchi, A. Paradisi, P. Verri e C. Beccaria. In particolar modo, Galiani e Genovesi focalizzarono la loro riflessione sul lusso e sul commercio partendo dalla considerazione di una economia napoletana in declino, in quanto il commercio del Regno era subordinato rispetto ai centri mercantili europei ed extra-europei. L’unica maniera per far riemergere il Regno economicamente era l’apertura al commercio internazionale, rintracciando nell’utilità e nella rarità il valore dei prodotti, compresi quelli di lusso, definito da Genovesi ‘il lusso delle cose interne’. L’espansione del commercio, trainata dai beni di lusso, veniva così legata al progresso civile, in quanto il lusso, sottolineando la valorizzazione del concetto dell’’amor proprio’, permetteva il passaggio dalla società primitiva, limitata alle necessità primarie, a quella moderna e civilizzata, fondata sul raffinamento dei bisogni e dei desideri. La riflessione sul nesso lusso-commercio- produzione trovò un’importante articolazione anche nel contesto lombardo degli anni ’70, quando Bianchi e Paradisi ripresero l’idea delle implicazioni positive dello ‘spirito del commercio’, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista dello sviluppo della modernità civile e culturale, assegnando al lusso il valore di incentivo allo sviluppo del commercio. Infine, Verri, come Beccaria, sostennero che in una società segnata dalla disuguale ripartizione delle ricchezze, il lusso fosse lo stimolo principale allo sviluppo economico di un paese. Essi si focalizzarono in particolare sul rapporto tra lusso e investimenti agricoli. Per Beccaria le spese di lusso erano direttamente proporzionali alla riduzione degli investimenti nell’agricoltura, mentre Verri riconobbe proprio nel lusso il principale incentivo per incrementare gli investimenti sulle terre. Il dibattito però non vide un percorso lineare, infatti, nel corso del Settecento si approfondì il discorso di critica al lusso, che pur argomentato da finalità anche molto diverse, fu principalmente espressione dei timori suscitati in quanto iniziarono a percepirlo come fattore di messa in discussione degli assetti economici e sociali tradizionali. La prima espressione di denuncia è riconducibile al contesto napoletano, dove autori come M. Doria e A. Broggia, vedevano il lusso come la causa di corruzione e sovvertimento dei valori delle società ben regolate. Vi era una generale denuncia verso le società moderne, le quali erano incapaci di distinguere quali ‘fossero le cose veramente necessarie e concrete’ (pag. 105) e dunque avviate verso la decadenza. 2