Scarica M. Baxandall - Pitture ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! M.BAXANDALL - PITTURA ED ESPERIENZE SOCIALI NELL’ITALIA DEL QUATTROCENTO Le condizioni del mercato (1) Un dipinto del XV secolo è la testimonianza di un rapporto sociale. Abbiamo da una parte un pittore che sovrintendeva all’esecuzione del quadro, dall’altra parte un cliente che lo ordinava, forniva denaro per la realizzazione dello stesso e successivamente, una volta pronto, stabiliva come utilizzarlo. Entrambe le parti, lavoravano all’interno di istituzioni e convenzioni (sociali in senso più lato), che influivano sulle forme e sulla realizzazione che artista e committente, in qualche modo creavano insieme. La pittura era ordinata, quindi, su commissione. Colui che ordinava il dipinto, potrebbe essere definito <<Il Mecenate>>: egli ordinava il prodotto specificandone le caratteristiche. Generalmente, “pale d’altare” e “affreschi”, erano eseguiti su commissione (opere di minore importanza erano spesso “già pronte” ed affidate ad artisti meno richiesti). Artista e committente sancivano un vero e proprio contratto legale in cui entrambe le parti si impegnavano a consegnare quanto il cliente aveva richiesto in maniera più o meno dettagliata. Il denaro che il cliente devolveva all’opera, era investito secondo l’ottica del ‘400. Il denaro, dunque nel XV secolo, riveste un ruolo di grandissima importanza all’interno della storia dell’arte, non solo per quanto riguarda l’investimento da parte del cliente, ma soprattutto, per quanto riguarda gli eventuali criteri di spesa. Borso d’Este, che pagava i suoi dipinti a <pede quadrato>1, sicuramente otterrà un diverso tipo di dipinto, rispetto a Giovanni De’ Bardi che, invece, pagava l’artista in base ai materiali utilizzati e il tempo impiegato per la realizzazione dell’opera2. Dunque, i criteri che nel ‘400 erano stati stabiliti per sancire il prezzo dei manufatti, incide in maniera significativa sullo stile dei dipinti: i dipinti, infatti, rappresentano “FOSSILI DELLA VITA ECONOMICA” del tempo. Non è necessario indagare sul motivo che spingesse un committente ad ordinare un dipinto, poiché varia da caso a caso. Giovanni Rucellai, era sicuramente, un ottimo cliente per i pittori. Egli possedeva opere di Domenico Veneziano, Filippo Lippi, Paolo Uccello ecc.. ed evidente era la sua soddisfazione nel possedere opere di tale calibro3. Egli suggerisce tre motivi per i quali commissionare opere: ● All’onore di Dio, ● All’onore della Città; ● A memoria di me.4 Sicuramente commissionare un ciclo di affreschi o una pala d’altare, poteva soddisfare tutte queste esigenze. 1 La lettura in cui Francesco del Cossa si lamenta del metodo di pagamento di Borso d’Este è pubblicata in E. RUHMER, Francesco del Cossa, München 1959, p. 48: [<< Ill.me Princeps et Excel.me Domine Domine mi Singularissime etc. Adì passati insieme cum li altri dipintori suplicai ad V.Sig.ria supra il pagamento dela salla de Schivanoglio: Dove V. Sig.ria ripose che se intasse la relacione: Ill.mo principe io non voglio esser quello il quale, et a pelegrinode prisciano ed al altri venga a fastidio, pertanto mi sonto deliberato a ricorrere solo a V.ra Sig.ria per che forsi a quella pare on egi stato referito che li sono de quelli che bene poteno stare contenti et sono tropo pagati del merchato deli dece bolognini. Et ricordare suplicando a quella che io sonto francescho del cossa il quale a sollo fatto quili tri campi verso l’anticamara: Siche Ill.mo S.r quando la Sig.ria V.ra non mi volesse dare altro cha dece bolognini del pede: et bene ne perdesse quaranta on cinquanta ducati continuamente avenga Viva sule mie braze staria contento et bene posato: Ma bene essendogi altre circonstancie assai me dolgeria et tristaria fra mi medemo: Et massime considerando che io che pur ho incomenciato ad avere uno pocho di nome, fusse tratato et iudicato et apparagonato al più tristo garzone de ferara: Et che lo mio avere studiato et continuamente studio non dovesse avere a questa volta qualunque più premio et maxime dala Ill.ma V.ra Sig.ria che quelli che abesenti da tale studio certo Ill.mo principe non poria che esser che dentro da mi non me ne natristase e dolesse. E poi che lo mio lavorare a fede come ho fato et adornare de oro e de boni coluri foseno de quelo precio che talle parte de i altri che se sono passato senza talle fatiche et spexe mene pareria pure strano: Et questo dicho Sig.ria perche io ho lavorato quasi el tutto a frescho che e lavoro avantazato e bono e questo e noto a tuti li maistri de larte: Tuta via Ill.mo Sig.ria rimeto ali pedi de la Sig.ria V.ra Et quella prego quando havesse questo obieto de dire non voglio fare a ti per che mi sarebe forza fare ali altri. Sig.r mio continuamente la Sig.ria non volesse andare drieto ad extime prego quela Voglia se non el tutto che forsi me vegneria: ma quella parte li pare de gratia et benigniate Sua me la doni: Et io per gracioso dono lacceptarò et cossì predicarò. Me ricomando ala Ill.ma S. V.ra: Ferrarie die XXV Martij 1470. Ill.me D:D:V.re Servitor quamvis infimus franc.us del cossa>>]. 2 Cfr. p.18 3 Giovanni Rucellai ed il suo Zibaldone, vol I: Il Zibaldone Quaresimale, a cura di A. Perosa, London 1960, pp. 23-24. 4 Ibid., p.121.