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M. Scialuga "introduzione allo studio della Filologia classica", Sintesi del corso di Filologia Classica

Appendice M. Scialuga "introduzione allo studio della Filologia classica"

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 01/07/2024

ginevra-giunta-4
ginevra-giunta-4 🇮🇹

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica M. Scialuga "introduzione allo studio della Filologia classica" e più Sintesi del corso in PDF di Filologia Classica solo su Docsity! INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA FILOLOGIA CLASSICA Appendice I Una classificazione soddisfacente delle variazioni testuali (volontarie e involontarie) è impossibile, inoltre, le categorie classificatorie, per quanto valide astrattamente, accomunano in concreto fenomeni di origine diversa. I.I. Le più antiche variazioni consapevoli risalgono alle origini di un testo, apportate dall’autore stesso, e sono chiamate “varianti d’autore”. Più o meno antiche sono le modifiche di terzi che hanno avuto a che fare col testo; a questa categoria appartengono i rimaneggiamenti “libreschi”(introdotti da maestri di scuola per adattarli alla comprensione)= modifiche con cui i citanti inserivano nel proprio discorso, in modo grammaticalmente e sintatticamente corretto, un testo oppure lo adeguavano ai propri scopi, Appartengono a questa categoria anche gli emendamenti degli errori, i rimaneggiamenti teatrali(operati per lo più da attori). I.II. Un esempio di variante inconsapevole è: quando il copista trascrivendo un testo che leggeva sull’antigrafe, tendeva a modernizzare una forma ortografica superata con quella in uso al suo tempo ( se invece avesse arcaizzato la forma classica sarebbe stata una correzione voluta). Una possibile causa degli errori volontari è la discontinuità dell’attenzione. Gli errori dovuti alle vicende del testo durante le varie copie sono anche detti “varianti di trasmissioni”. 1)Una delle cause più comuni di questa trascrizione è l’errata lettura del modello dovuta a vari fattori( confusione di lettere; fraintendimento di un’abbreviazione; scrittura poco chiara, o obsoleta o illeggibile, quindi difficoltà di decifrazione; scriptio continua nel modello, che dovrebbe sciogliersi con l’interpretatio=scansione delle parole, interpungendo e interpretandone il significato; dal dettato interiore, cioè il copista ripete a se stesso la pericope, pronunciando vocali, sillabe o parole secondo la pronuncia corrente o la propria lingua madre). 2)Tra gli errori di trasposizione vi è: l’errata interpretazione visuale del copista=attribuzione di correzioni marginali o interlineari ad un punto del testo diverso da quello di cui si riferiscono; la debolezza della memoria e/o autodettatura= il copista invertiva l’ordine delle sillabe (anasillabismo), l’ordine delle parole secondo la propria interpretazioni sintattiche. 3)La maggior parte degli errori di sostituzione è ancor imputabile all’autodettatura=sostituire con una parola più familiare; la tendenza alla semplificazione=banalizzazione di un’espressione difficile con una di uso corrente o modernizzazione di un’espressione arcaica; l’errata o distratta lettura del modello=una glossa marginale o interlineare era scambiata per una correzione e rimpiazzava nel testo la parola o l’espressione glossata; una correzione era travisata(alterare, distorcere) e l’errore era a sua volta sostituito con un altro errore. 4)La presenza di annotazioni marginali o interlineari nell’antigrafo poteva determinare molte delle inserzioni scorrette. Tali annotazioni potevano essere di vario genere: glosse; correzioni non intese; osservazioni o richiami di un lettore relativi al testo; titoli correnti, interlocutori, etc.. Sempre ad un errore di lettura si deve: la dittografia, cioè scrivere due volte la stessa lettera, sillaba, parola. 5)I fattori che determinano l’omissione sono numerosi. La più frequente è la presenza nel testo di lettere, parole, frasi ripetute; a ciò si accompagna la disattenzione, l’autodettatura, il correre degli occhi dall’apografo all’antigrafo e viceversa; da ciò ne deriva: l’aplografia= omissione di una lettera o sillaba o parola ripetute; saut da meme au meme (salto da uguale a uguale)=omissione di segmenti di testo delimitati da parole uguali; omissioni di monosillabi e bisillabi. A volte nasce dalla difficoltà di lettura, che spiega: l’omissione di parole incomprensibili o scritte in una lingua sconosciuta al copista; omissione di lettere o sillabe o parole illeggibili a causa delle cattive condizioni del supporto scrittorio. Appendice II Il riconoscimento di una relazione tra il codice e i cristiani risale a C.H. Roberts 1955, che classificò tutti i frammenti pagani e cristiani e ne risultò che i pagani, almeno sino ai secoli II-III d.C., incrementandone l’uso tra III-IV d.C. e, soprattutto il IV d.C., si servirono molto scarsamente del codice, mentre per i cristiani esso fu l’unico depositario e tramite dei testi scritturali: resta da spiegare il motivo di questa scelta. II.I. Furono fatte varie ipotesi, quali scarsa praticità (dovuta alla necessità dell’uso di entrambe le mani per tenerlo aperto, avvolgerlo e riavvolgerlo), deperibilità, maggiore costo del rotolo rispetto al codice, la difficoltà di consultazione, di trasporto, la scarsa capienza (limitata dal fatto che un solo lato era per consuetudine destinato alla scrittura ;l’ampiezza del rotolo, sebbene sia aumentata, non poteva competere con quella del codice), la fragilità (si sono portati come esempio rotoli letterari strappati in senso verticale), la questione economica (il costo del rotolo sarebbe stato più elevato per la minor superficie utilizzata-solo una delle due facce-mentre nel codice la scrittura su entrambe comportava un certo risparmio, inoltre come il materiale) del rotolo rispetto al codice. Anche se queste argomentazioni furono altrettanto validamente messa in discussione: la mansione del riavvolgere, taciuta dagli autori, probabilmente veniva fatta dagli schiavi, dove non ci fossero, la pratica ne fece un automatismo tale che da non sollecitare un urgente cambiamento da rotolo a codice; il rotolo, quanto lungo potesse essere, se arrotolato, misurava pochi centimetri; opere molto brevi non erano autonome, ma unite con altre sullo steso rotolo e, a loro volta, opere più estese le suddivise in più rotoli (la cui ampiezza fu ampliata in età alessandrina); per la robustezza si cita il rotolo di cuoio scoperto a Qumran e rinforzato laddove iniziava a rompersi; per quanto riguarda il prezzo, questi non sono rapportabili poiché non sono documentati in nessun periodo i prezzi relativi. La sostituzione della pelle al papiro non fu un tratto essenziale, tanto è vero che i primi codici furono di papiro, quindi il vero cambiamento fu da rotolo a codice. Secondo Roberts 1955, la diffusione del codice cristiano avvenne intorno al 70 d.C.(quando Marco scrisse a Roma il suo Vangelo), divenendo, in versione autografa, il primo autorevole scritto cristiane a giungere in Egitto(vincolo tra Occidente e chiesa alessandrina), dove fu oggetto di venerazione da parte delle comunità cristiane, le cui copie derivatene avrebbero imitato il formato del modello, scritte cioè su codice però col papiro, materiale scrittorio del luogo. L’ipotesi di Roberts(pur riconoscendo l’ipotesi occidentale), si fonda su argomentazioni molto fragili: non è dimostrabile la partecipazione di Marco alla fondazione della chiesa alessandrina; notoriamente il Vangelo di Marco sarebbe il meno considerato e il meno diffuso in Egitto; il materiale papiro sembra incompatibile col brogliaccio; contrasterebbe con le recenti teorie sull’oralità delle prime diffusioni dei vangeli, solo in un secondo momento messi per iscritto. Mentre Skeat 1976,1983, l’invenzione del codice sarebbe dovuta a una figura dominante/autorevole nella Chiesa, che volle differenziare, nel formato i manoscritti crisiani delle Scritture sia dal rotolo di pergamena(giudaico) sia di papiro(pagano), come anche l’uso di compendi rappresentati da un trattino orizzontale sovrapposto ad alcune lettere della parola abbreviata di ambito divino. Cioè per i cosiddetti “nomina sacra”. La presenza di questi in area orientale e occidentale farebbe pensare alla comunità cristiana di Gerusalemme o di Antiochia, dove il nuovo formato avrebbe tratto sua origine da tavolette papiracee (ipotesi orientale). II.II. G. Cavallo 1976 crede che l’adozione rapida del codice non ne determina “l’invenzione cristiana”, infatti l’attribuisce ai romani(ipotesi occidentale), affermando che a Roma il libro fu prima codice e poi rotolo sotto l’influenza greca per poi ritornare al codice. Inoltre i primi codici cristiani si presentano, formalmente e contenutisticamente, come libri di qualità inferiore rispetto ai rotoli, soprattutto in ambiente greco, in quanto la destinazione era infatti destinata alla manualistica tecnica e, nel caso di scritti letterari, a quella scolastica e a opere di basso profilo per un pubblico poco colto, offrendo ad altri ceti l’opportunità di accedere alla parola scritta. Per questo sarebbe stato adottato dai cristiani, tra cui fasce sociali meno abbienti, di modesta cultura, prive di ruolo politico, contrapponendosi al rotolo delle élites sociali, quindi nascerebbe da una spinta dal
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