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Macroeconomia CLEMI UNIMORE, Appunti di Macroeconomia

Prima parte del corso di macroeconomia CLEMI

Tipologia: Appunti

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Scarica Macroeconomia CLEMI UNIMORE e più Appunti in PDF di Macroeconomia solo su Docsity! Macroeconomia L’inflazione è il tasso al quale il prezzo medio dei beni nell’economia cresce nel tempo. La crisi economica ha provocato l’emergere di tassi di inflazione negativi ovvero in alcuni periodi si ha una riduzione dell’indice dei prezzi di consumo (il livello medio dei prezzi si riduce) questa condizione si chiama anche deflazione (condizione molto rara. Avvenuta nella grande recessione degli anni ’30 negli Stati Uniti, per un certo numero di anni si registrarono tassi di inflazione negativi es:-10) La deflazione comporta una forte caduta dei prezzi e della domanda, può persistere per anni. Dal 2017 è in atto una modesta ripresa dell’inflazione, con valori intorno all’ 1% sia in Italia che nell’area europea Un tasso di in inflazione uguale o superiore al 2% è indicatore di stabilità macroeconomica e può essere ritenuto soddisfacente Quando l’economia è in fase espansiva, le BC tendono ad aumentare i tassi di interesse e viceversa. La ragione per il quale il tasso viene aumentato è perché questo evita che ci sia un surriscaldamento dell’economia, cioè la capacità produttiva viene usata al massimo, c’è piena occupazione, e quindi c’è molta pressione sui prezzi. Quando l’economia è in recessione, la BC cerca di evitare una caduta dell’economia, quindi attua una riduzione dei tassi di interesse (politica monetaria espansiva) con lo scopo di stimolare una ripresa economica. 1. Nozione di PIL Misura principale della produzione aggregata nella contabilità nazionale. Non è l’unica misura, ma è più nota e la più utilizzata per misurare la dimensione economica di un paese. In verità, trattasi anche di misura variamente criticata. In generale, una singola grandezza aggregata non può misurare il benessere di una nazione. 1 1.1 PIL: produzione e reddito Esistono tre definizioni equivalenti di PIL di un sistema economico: a) Valore dei beni e dei servizi finali prodotti in un dato periodo di tempo (trimestralmente) in un sistema economico b) Somma del valore aggiunto realizzato in dato periodo di tempo in un sistema economico c) Somma dei redditi conseguiti dai soggetti partecipanti ai processi produttivi dell’economia in un dato periodo di tempo 1.1 PIL come valore dei beni e servizi finali  Ipotizziamo un’economia in cui si producono N beni  Indichiamo con Y la produzione  In questo contesto Y indica il PIL nominale: Y= P1tq1t+ P2t q2t+…Pnt q o ∑ i=1 n Pi t q i t o pit e qit indicano, rispettivamente il prezzo di mercato e la quantità prodotta del bene i nel periodo t. o Scriveremo anche Y=PQ, dove P e Q sono indici dei prezzi e delle quantità 1.1 PIL come valore aggiunto Nozione di valore aggiunto = valore produzione – valore beni intermedi Es. La farina viene utilizzata come input per la produzione di pane; l’acciaio è un bene intermedio per la produzione di automobili. Utilizzando il concetto di valore aggiunto a ciascuno stadio di produzione, e dunque sommando per ciascuno stadio, si evita il doppio computo del bene utilizzato come intermedio. Il PIL è un flusso di beni e servizi, al contrario del debito che è l’accumulazione nel tempo di disavanzi pubblici, più basso è il tasso sul debito e più è sostenibile, come il fatto che l’avanzo primario, se è grande rende il PIL più sostenibile. 1.2PIL come somma dei redditi Concettualmente, il valore delle vendite di beni e servizi realizzato dalle imprese viene distribuito sotto forma di salari e stipendi per i lavoratori e di profitti per gli imprenditori. Se assumiamo, temporaneamente, assenza del settore pubblico: PIL= SALARI + PROFITTI In sostanza, le imprese assumono lavoratori e organizzano il processo produttivo. Dato il valore delle vendite, pagano un salario ai lavoratori e il residuo rappresenta il profitto conseguito. 2 L’importanza della distinzione tra grandezze reali e nominali in macroeconomia La distinzione tra variabili nominali, cioè misurate in moneta, e variabili (idealmente) misurate in quantità è importante negli studi di macroeconomia. In realtà è importante anche nella vita quotidiana, la costruzione degli indici di prezzo è un passo importante verso la separazione del PIL nominale da quello reale. In questa lezione abbiamo introdotto il deflatore, nella prossima presenteremo l’indice dei prezzi al consumo, forse l’indice più utilizzato da studiosi e autorità responsabili delle scelte di politica economica. (Il valore desiderabile su cui punta la BCE per l’inflazione è del 2%) 1.6 Il deflatore del PIL (rilevato trimestralmente)  Il deflatore del PIL, P, è dato dalla seguente relazione :  Utilizzando la notazione già presentata:  Costruita una serie storica del deflatore del PIL, sarà possibile ottenere i valori del tasso d’inflazione così definito: 1. Indici di prezzo: l’indice dei prezzi al consumo Introduciamo ora un importante indice di prezzo, l’indice dei prezzi al consumo: Il significato economico è il seguente: si seleziona un paniere fisso (o meglio stabile) di beni e si confronta il suo valore nel tempo, dunque: Al denominatore troviamo l’anno base perché fissato il paniere (si attribuiscono le varie quote delle spese) esso rimane stabile nel tempo e valutiamo come evolve, non è necessario che ci sia il periodo base, ma comunque il modo classico è relativo a quello. In questo modo possiamo costruire una serie come l’indice di prezzo. 5 1.1 Il tasso di inflazione Una volta che si sia costruita una serie storica dell’IPC, sarà possibile calcolare il tasso di inflazione registrato nel sistema economico lungo un dato arco temporale: Il tasso d’inflazione è dunque il tasso di variazione del livello medio dei prezzi. I valori dell’inflazione potranno differire, almeno parzialmente, in relazione allo specifico indice di prezzo utilizzato. 1.2 I 3 distinti indici di prezzi al consumo costruiti dall’Istat  NIC – IPC per l’intera collettività. È utilizzato come misura dell’inflazione per l’intero sistema economico;  FOI – IPC per le famiglie di operai e impiegati. Si riferisce ai consumi dell’insieme delle famiglie che fanno capo ad un lavoratore dipendente  IPCA – IPC armonizzato per i paesi UE. Consente di ottenere una misura dell’inflazione comparabile con quella ottenuta per i paesi dell’UE, in virtù di una metodologia comune. 1.1 I tassi di crescita di inflazione e PIL Ricordiamoci che il PIL ha frequenza trimestrale ed il IPC ha frequenza mensile. Supponiamo di avere una serie mensile dell’IPC. Ad esempio, l’IPC ha frequenza mensile, mentre il deflatore trimestrale. Abbiamo almeno due possibili misurazioni dell’inflazione. La prima è questa: Ovvero il tasso di variazione annuale (su 12 mesi) del livello dei prezzi. Una misurazione alternativa dell’inflazione è la seguente: Qui invece abbiamo calcolato il tasso d’inflazione mensile e poi lo abbiamo annualizzato. Dunque, variazione rispetto al mese precedente proiettata su base annuale. 6 1.2 I tassi di crescita di inflazione e PIL Il PIL viene calcolato dall’ISTAT a frequenza trimestrale. Dunque, anche nel caso del tasso di crescita del PIL, si potranno calcolare due tassi di crescita- Il tasso di crescita annuale: Oppure il tasso di crescita trimestrale annualizzato: In effetti l’ISTAT e gli istituti di altri paesi forniscono entrambe le misure ed è importante saperle distinguere Per poter interpretare i cambiamenti dell’economia abbiamo bisogno di entrambe le informazioni, tuttavia quella congiunturale potrebbe avere dei cambiamenti troppo alti. 1.3 Ancora sul tasso d’inflazione: la misura di riferimento della BCE L’obbiettivo preminente della BCE è incardinato nel Trattato di Maastricht (1992: la stabilità dei prezzi. La BCE identifica la stabilità dei prezzi nell’Unione Economica e Monetaria come un valore “vicino, ma al di sotto del 2%” della seguente misura di inflazione: In sostanza, la variazione del cosiddetto IPCA sull’arco di 12 mesi. Preferita alla variazione mensile, in quanto quest’ultima è soggetta a movimenti erratici, che introducono “rumore” al tasso d’inflazione. Quando il tasso del 2% viene superata, la BCE aumenterà il tasso di interesse per raffreddare la cosa. 7 4.1 La costruzione del modello reddito-spesa in economia chiusa: la domanda di beni Scriviamo l’equazione della domanda totale di beni, Z, in economia chiusa: Z = C + I + G Stiamo introducendo una prima semplificazione, ovvero assumiamo che il sistema economico sia chiuso agli scambi con l’estero. Alcune ipotesi semplificatrici (da rimuovere in seguito): 1- Nel sistema economico si produce un solo bene, che può fungere sia da bene di consumo che da bene di investimento 2- Si considera un contesto di breve periodo a prezzi fissi, o dati. Implica che le imprese siano in grado di offrire qualunque quantità del bene al prezzo dato. 4.2 La funzione del consumo Il consumo aggregato dipende dal (cioè è funzione del) reddito disponibile: C = C(YD) (+ c’è un rapporto positivo tra variazione del reddito e del consumo) Il reddito disponibile (YD) è il fattore principale, sebbene non esclusivo, da cui dipendono le decisioni di consumo: YD = Y – T Dove Y è il reddito aggregato e T indica le imposte al netto dei trasferimenti. Utilizzeremo invece la seguente funzione lineare della relazione tra il consumo e il reddito disponibile: 4.3 La funzione del consumo: significato dei parametri c0 e c1 e restrizioni imposte Il parametro c0 rappresenta il livello di consumo quando il reddito disponibile è zero. Il parametro c1 rappresenta la propensione marginale al consumo (PMC o MPC acronimo anglosassone). In sostanza, c1 misura l’intensità della variazione del consumo al variare del reddito: 10 Due restrizioni (abbastanza) naturali sulla propensione al consumo:  c0 > 0 : ci sarà un consumo positivo anche quando il reddito disponibile è pari a zero  0 < c1 < 1 : un aumento del reddito disponibile genera un aumento meno che proporzionale del consumo. I consumatori consumano solo una parte dell’aumento del loro reddito disponibile Grafico della funzione del consumo La funzione del consumo è una funzione crescente, l’inclinazione dipende dalla propensione marginale al consumo. 4.4 Spostamenti della funzione del consumo: una ondata di ottimismo colpisce i consumatori 11 4.5 Spostamenti della funzione del consumo: aumento delle imposte 4.6 Risparmio e consumo, due scelte connesse Le scelte di risparmio e consumo delle famiglie sono logicamente collegate: scelta la quota di reddito disponibile destinata alla spesa per consumi, la quota destinata a risparmio è determinata. E viceversa La somma di consumo e risparmio privato equivale al reddito disponibile: Il parametro 1 – c1 è la propensione marginale al risparmio (PMS). Si noti che : In presenza di un incremento di un euro del reddito, la frazione c1 è consumata e la frazione 1-c1 viene risparmiata. Supponiamo che c1 sia pari a 0.75, segue che 0.75€ sono destinati a spesa per consumi ed i restanti 0.25€ al risparmio. 12 Cone, Con c; = __1 1a 0,5 siha: AY=2x/00=200 ,75 siha: AY=4x100=400 AY AG 15 -Y=Z è la condizione di equilibrio imposta per trovare Y - Z= C0+C1(Y-T)+ −I+ G - Ad esempio, se I cambia, dovuto al pessimismo (dazi, fanno salire P vendita) 16 5.5 Effetti di un aumento della spesa per investimenti Con l’algebra: A parole: un aumento degli investimenti induce un aumento della domanda aggregata di beni e servizi. Le imprese osservano l’aumento iniziale di spesa e di domanda per i propri prodotti. Sotto l’ipotesi di prezzi fissi aumenta la produzione. Con l’analisi grafica: la funzione di domanda (ZZ), si sposta verso l’alto, il nuovo equilibrio di breve periodo viene raggiunto in A’. Si noti che dato il moltiplicatore, l’aumento di Y sarà un multiplo dell’aumento iniziale di I, ipotizzato di €1mld. 5.6 L’equilibrio sul mercato dei beni in termini di equilibrio risparmio – investimento 5.7 Effetti di un aumento di I sul mercato dei beni: come si modificano reddito di equilibrio e risparmio Un aumento della spesa per investimenti causa un aumento della produzione e del reddito, attraverso l’aumento indotto nella domanda aggregata. Il risparmio nazionale nel nuovo equilibrio (E”) aumenta. Tale aumento è dovuto alla crescita del reddito, dal quale S dipende positivamente. 17 6.4 Effetti sull’equilibrio monetario da un aumento del reddito 6.5 Effetti sul tasso d’interesse di un aumento dell’offerta di moneta 20 6.6 Equilibrio tra offerta e domanda di moneta in termini reali 6.7 L’equilibrio monetario nell’ipotesi la banca centrale fissi il tasso di interesse: la curva LM Assumendo che la banca centrale fissi il tasso di interesse e lasci libera di fluttuare l’offerta di moneta in relazione al livello della domanda di moneta, aumenti di Y non causeranno rialzi nel tasso d’interesse di equilibrio che è esogenamente determinato dalla banca centrale. In questo caso il settore monetario è rappresentato dall’equazione: i=−i . Fissando il tasso interesse la BC, lascia che sia il mercato a decidere la quantità di moneta da erogare. La domanda aumenta, ad esempio per un aumento di reddito. 21 7. Mercati Finanziari e Tasso d’Interesse Sia PB il prezzo di un titolo con durata annuale. Per esempio, Buoni del Tesoro Italiano a scadenza, il risparmiatore ottiene PB più un certo ammontare monetario che definiamo interesse. Fissiamo a 100 la somma complessiva ottenuta a fine periodo. Abbiamo: PB+X=100 X è il flusso di interessi ottenuto. In sostanza, X non è altro che il prodotto tra il tasso di interesse nominale, i, e prezzo del titolo. Dunque: Esiste dunque una relazione inversa tra prezzo dei titoli e tasso d’interesse nominale. In conclusione: il tasso di interesse nominale è il rendimento del risparmio, ovvero dal punto di vista del debitore è il costo dell’indebitamento, al lordo del tasso di inflazione. La relazione inversa tra prezzo dei titoli e tasso d’interesse 22 Introduciamo due parametri comportamentali, riferiti a famiglie e banche. Si tratta, rispettivamente, del rapporto Circolante/Moneta e del rapporto Riserve/Depositi: Possiamo anche scrivere: - Domanda di circolante: Cd = cMd - Domanda di riserve: Rd = θDDd In sostanza, le famiglie devono stabilire la quota di moneta detenuta sotto forma di circolante e quella detenuta sotto forma di depositi presso le banche. Le banche, a loro volta, devono stabilire la quota di depositi detenuta in forma di riserve. Vogliamo mostrare come queste scelte di famiglie e banche influiscano sulla quantità complessiva di moneta in circolazione Riscriviamo ora Md come: Md = cMd + (1-c) Md e la base monetaria come: Hd = cMd + θDDd = cMd+ θD(1-c) Md Quando utilizziamo la condizione di equilibrio è superfluo utilizzare la notazione indicante domanda e offerta. La relazione tra quantità di moneta in circolazione, moltiplicatore monetario e base monetaria, chiarisce che l’offerta di moneta è sì sotto il controllo della banca centrale, ma con alcune importanti precisazioni: la banca centrale esercita il pieno controllo solo su H, base monetaria, ed 25 essa riuscirà a determinare l’offerta complessiva di moneta secondo i propri obbiettivi macroeconomici a condizione che i parametri c e θD siano sufficientemente stabili. Friedman e la contrazione dell’offerta di moneta negli USA durante la grande depressione 7.5 Moltiplicatore monetario con riserve bancarie del 100% Riprendiamo la relazione: Assumiamo ora che il coefficiente θD sia pari a 1. Si verifica facilmente che in questo caso il valore del moltiplicatore monetario è pari a 1. Significato economico importante: nel caso le banche di credito ordinario mantengano tutti i depositi sotto forma di riserve, il sistema bancario cessa di contribuire alla creazione di moneta. In altri termini, il sistema bancario si limita a conservare i depositi dei clienti, senza rimetterne in circolazione una parte. Viene lasciato a studenti il caso di studio sul valore moltiplicatore monetario in presenza di un parametro c, rapporto circolante/moneta pari a 1. (Data una definizione di domanda M1 come somma circolante sui depositi, le famiglie scelgono di tenere la moneta in forma di circolante (c=1), quando la F scelgono questa cosa non ci sono più depositi, se ciò non avviene non sono in grado di contribuire al processo di creazione monetaria. Il processo moltiplicativo di creazione di moneta si interrompe, la Q di M in circolazione coincide con la Q complessiva creata dalla BC) 26 7.7 Aggregati monetari ristretti e ampi Abbiamo già introdotto M1, che rientra nell’ambito degli aggregati monetari ristretti: M1 = Circolante + depositi in c/c Un aggregato monetario intermedio è rappresentato da M2: M2 = M1 + Depositi con scadenza fino a 2 anni + depositi vincolati (rimborsabili con preavviso fino a 3 mesi) Un aggregato monetario ampio è invece dato da: M3 = M2 + attività finanziarie con alto grado di liquidità e certezza di prezzo Esempi di attività finanziarie liquide e dal valore certo: quote di partecipazione in fondi comuni monetari; obbligazioni bancarie con scadenza fino a due anni. 27
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