Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

mafia e contesto antropo-culturale. Brevi note sullo psichismo mafioso, Dispense di Psicologia Dinamica

Il grande punto di forza del pensare mafioso – come è ampiamente noto – è dato dall’incredibile coesione tra i membri interni dell’organizzazione, tale da rendere i loro “affari” realmente “Cosa Nostra”. Questa coesione, che nel tempo si è incrinata grazie al fenomeno del pentitismo, è stata costruita facendo coincidere ampiamente la famiglia biologica con quella sociale ed affettiva, tramite i diffusi matrimoni all’interno della famiglia stessa di appartenenza degli uomini di onore

Tipologia: Dispense

Pre 2010

Caricato il 26/03/2022

carmen-mangiafico
carmen-mangiafico 🇮🇹

8 documenti

1 / 3

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica mafia e contesto antropo-culturale. Brevi note sullo psichismo mafioso e più Dispense in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! ALLEGATO (12) MAFIA E CONTESTO ANTROPO-CULTURALE: “UOMO D’ONORE” O “NUDDU AMMISCATU CU NENTI”? Brevi note sullo psichismo mafioso  di Marcantonio Di Palma Il grande punto di forza del pensare mafioso – come è ampiamente noto – è dato dall’incredibile coesione tra i membri interni dell’organizzazione, tale da rendere i loro “affari” realmente “Cosa Nostra”. Questa coesione, che nel tempo si è incrinata grazie al fenomeno del pentitismo, è stata costruita facendo coincidere ampiamente la famiglia biologica con quella sociale ed affettiva, tramite i diffusi matrimoni all’interno della famiglia stessa di appartenenza degli uomini di onore, seguendo il millenario esempio occidentale dell’aristocrazia, facendo cioè coincidere la famiglia d’origine con la famiglia dell’organizzazione. Si crea così una coesione “fondamentalista” cioè basata su rigide fondamenta affettive dell’individualità. Nella psicologia fondamentalista, laddove non vi sia la coincidenza tra famiglia biologica e famiglia di nuova appartenenza (dell’organizzazione), è quest’ultima a divenire più importante della famiglia biologica.  Per la mafia si può uccidere il proprio congiunto che ha “sgarrato”. La famiglia mafiosa risponde principalmente al bisogno estremo del soggetto di identità e di appartenenza. Il mafioso, prima di diventare tale, era nuddu ammiscatu cu nenti, e quindi per mezzo della sua identificazione totalizzante con i valori della famiglia mafiosa, divenuta più importante e vitale della famiglia originaria, raggiunge una propria dimensione identitaria accompagnata da un forte senso di protezione, tanto agognati per muoversi e orientarsi nel mondo e per costruire un proprio progetto di vita.Il familista amorale – sia mafioso che non -  concepisce come vantaggioso soltanto quello che può rinforzare l’organizzazione familiare. La famiglia è vista e vissuta come unico rimedio all’insicurezza del singolo; essa offre protezione all’individuo e, di conseguenza, più ognuno dei suoi componenti contribuisce all’arricchimento della famiglia e maggiormente si sente da essa protetto (Banfield, 1958).  “Nuddu ammiscatu cu nenti” è un’espressione tipica del dialetto siciliano che, nel rafforzativo delle due negazioni – nessuno e niente – viene utilizzata per indicare colui che non conta nulla, che esiste come realtà fisica, come corpo, ma che non conta nulla come soggetto. Colui che non ha visibilità sociale perché privo di un’identità. Tuttavia, l’identità così ottenuta è un’identità priva di autonomia di pensiero, di individualità, di diversità e di soggettività autentici. Non è un’identità personale in senso proprio, con un pensiero autonomo e con conflitti propri, ma un’identità “robotizzata”, da replicante. Non a caso il pensiero e il sentire mafioso sono stati definiti dai più autorevoli studiosi del campo come un non pensiero, così come testimonia anche lo slogan cinematografico ricorrente all’interno dei film di mafia “mamma comanda picciotto va e fa”. Alla radice di questo bisogno estremo di identità e di appartenenza  viene suggerita un’impossibilità da parte di larghe fasce della popolazione di identificarsi con lo Stato, inteso come potere razionale ed impersonale. Per molti secoli il potere statale in Sicilia è stato incarnato da dominatori stranieri, quindi da un’aristocraziaterriera parassitaria e sfruttatrice con la quale era impossibile un’identificazione da parte del popolo, e poi ancora da una borghesia agraria che ha “replicato i vizi dell’aristocrazia”. Il vissuto antropologico e culturale del siciliano, derivato da questi avvenimenti storici e tramandatosi da generazione in generazione, si presenta come un vissuto depressivo di espropriazione e di sfiducia, di attesa passiva e di impotenza, di incertezza ma anche di minaccia, insicurezza e rassegnazione. L’insicurezza atavica e storica del popolo siciliano che impedirebbe ai siciliani, nell’espressione del loro pensiero, una costruzione sintattica rivolta al futuro: infatti, 1 correntemente in Sicilia si dice “domani vado, domani faccio”, non esistendo nella lingua dialettale la coniugazione dei verbi al futuro. Vissuto quello appena descritto nel quale la mafia ha trovato terreno fertile per potersi radicare e diffondersi. A questo si aggiunge la collusione tra Stato e mafia per mezzo dei politici locali, che rende quindi ancora difficile la possibilità di un’identificazione forte con esso. Queste considerazioni sul contesto antropo-culturale siciliano risultano oggi quanto mai necessarie per comprendere il fenomeno “mafia”. Risultano necessarie per non ripetere quell’antico errore epistemologico legato al voler comprendere la mafia e la psiche mafiosa adottando ora questo ora quel paradigma (freudiano, junghiano ecc., ecc.) in maniera del tutto avulsa dal contesto di riferimento in cui il fenomeno si radica e cresce, con pesanti ricadute nella lettura del fenomeno stesso. In linea con le più recenti analisi del fenomeno ritengo che esso possa essere tematizzato solo nella sua continuità strumentale e/o discontinuità con la cultura di origine. Come scrive Fallowell: « In Sicilia la mafia cresce non a forza, ma in maniera naturale, come il fico d’India… prospera in modo insidioso più che in maniera rumorosa». Tuttavia, confondere la cultura siciliana e la cultura mafiosa è stato uno degli errori teorici ed operativi più perniciosi così come lo è confondere il ricchissimo dialetto siciliano con la lingua mafiosa. La cultura siciliana ha anche prodotto centinaia di persone che hanno pagato con la vita la loro opposizione alla mafia e le altre che continuano, oggi, a rischiare la vita e le carriere professionali, mentre lo Stato italiano ed i poteri siciliani, in buona parte, colludevano con il fenomeno, lo sottovalutavano, ne condividevano alcuni aspetti di fondo. Sono chiare le parole di Falcone (1991): «Per lungo tempo si sono confuse la mafia e la mentalità mafiosa, la mafia come organizzazione illegale e la mafia come semplice modo di essere. Quale errore! Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale». Ma il sentire mafioso non può essere inteso moralisticamente come struttura psicologica negativa, nel senso che il soggetto che ne è attraversato non lo sente come tale, al contrarioper lui rappresenta un tema antropo-culturale che, attraverso la famiglia e i suoi miti, fonda ampie quote di identità personale, bisognosa di certezze istituite, certezze che assumono valore positivo proprio perché rappresentano una continuità con il codice di tipo materno-dipendente ed assistenziale. In questo senso si può parlare di disturbo psicopatologicodell’individuo, che però a ben riflettere è prima di tutto un disturbo ambientale. Per comprendere il fenomeno è stato anche ipotizzato un atteggiamento di adorcismo della realtà mafiosa, piuttosto che di esorcismo della stessa, intendendo fare riferimento a quel pensare mafioso che si presenta come salvifico in un sistema sociale in cui lo Stato viene percepito come incapace di tutelare i cittadini ed in cui le leggi sono avvertite come sostanzialmente  ingiuste. Ciò genera anche quel diffuso sentimento di adesione ai comportamenti illegali pure da parte di chi, nella propria vita, nulla ha a che vedere con le attività criminali. Nell’attuale società segnata dal deserto dei valori collettivi e dalla legge di violenza, Cosa Nostra ha riempito difatti molti vuoti, dando risposta in modo deviato ed abnorme ad un bisogno profondo e inappagato di identità e di appartenenza, donando l’opportunità a molti di entrare da protagonisti nella complessità del reale, trasformando (magicamente) l’impotenza e la rassegnazione in potere che ordina e dona senso al mondo. Il cursus honorem offerto dall’organizzazione – soldato, capo decina, consigliere, tesoriere, ambasciatore, capofamiglia, capo mandamento, componente della commissione provinciale, componente della commissione regionale – copre l’arco di un’esistenza, trasformando il vuoto in pieno, il nulla in senso, l’”assenza di storia” in storia. Come afferma Marino Mannoia -  un importante collaboratore di giustizia, killer pluriomicida e trafficante di droga  - al giudice Scarpinato in un interrogatorio risalente al 1989:  “Sa perché sono diventato uomo d’onore? Perché prima ero nuddu ammiscatu cu nentie poi, invece, dovunque arrivavo le teste si abbassavano e questo per me non aveva prezzo; valeva molto di più di tutti i soldi che avevo fatto e avevo speso”.  Un altro collaboratore, Giovanni Drago -  ex appartenente alla famiglia palermitana di Corso dei Mille componente del gruppo di fuoco agli ordini della Commissione, partecipante attivo all’uccisione dei famigliari di Mannoia -  disse allo stesso 2
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved