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Malattie dell’apparato cardiovascolare: appunti dettagliati e ricchi di immagini, Appunti di Malattie Cardiovascolari

Gli argomenti trattati sono: semeiotica dell’apparato cardiovascolare, prevenzione cardiovascolare, fisiologia cardiaca ed ECG, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco. Gli appunti sono stati presi totalmente in presenza e integrati poi con il libro.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 12/01/2024

arianna.malpezzi
arianna.malpezzi 🇮🇹

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Scarica Malattie dell’apparato cardiovascolare: appunti dettagliati e ricchi di immagini e più Appunti in PDF di Malattie Cardiovascolari solo su Docsity! SEMEIOTICA APPARATO CARDIOVASCOLARE Il cuore è una pompa premente (perché pompa sangue verso il letto arterioso- arterie polmonari/aorta) e aspirante (perché aspira sangue dal letto venoso- vene cave/vene polmonari). ANATOMIA DELLA CIRCOLAZIONE POLMONARE - attività fisica: durante lo sforzo aumenta la portata cardiaca➔ onde evitare l’edema polmonare c’è una vasodilatazione del circolo polmonare (il termine «rompere il fiato» significa superare i limiti dell’edema polmonare); - gravidanza: durante la gravidanza aumenta la portata cardiaca e quindi c’è una vasodilatazione del circolo polmonare; - anemia. La portata cardiaca di una persona sana è di 5L/min. Il circolo polmonare è estremamente compliante ed entra in gioco per il compenso. ESAME CLINICO DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE L’esame clinico dell’apparato cardiovascolare va inteso come componente integrante dell’esame clinico generale di un paziente e comprende: - anamnesi; - esame clinico generale; - esame fisico del cuore e del circolo; - esami strumentali principali, quali: - elettrocardiogramma (ECG); - ecocardiogramma; - imaging cardiovascolare (Rx torace; RMN cardiaca; TAC); - esami radioisotopici (scintigrafia miocardica); - ergometria; - cateterismo cardiaco; - angiografia coronarica. Se c’è un segno (quindi qualcosa di oggettivo) si parte con gli esami, ma gli esami strumentali si effettuano solo se l’ECG risultata anomalo/scompensato. Ad ogni sintomo/segno ogni esame che viene effettuato deve essere congruo con la risposta che si vuole avere in base a quei sintomi/segni. L’anamnesi è la storia del paziente, cioè raccolta di sintomi e segni che possono aiutare il clinico nella diagnosi di una patologia. L'anamnesi è il primo dei tre processi utilizzati nella fase analitica del processo diagnostico. L’anamnesi raccolta correttamente è fondamentale e insostituibile per giungere a una diagnosi. La capacità di fare emergere i sintomi significativi dal colloquio con il paziente o con i loro familiari è frutto di impegno, pazienza e esperienza (capire il livello socioculturale del paziente onde evitare di utilizzare «paroloni» che altrimenti sarebbero incomprensibili). L’anamnesi porta via molto tempo quindi va fatto con una certa metodica (anamnesi fisiologica, remota, farmacologico/alimentare per le allergie e l’anamnesi patologica remota). SEGNI E SINTOMI I sintomi sono i disturbi scatenati da una patologia riferiti dal paziente durante il colloquio anamnestico (soggettivo, per esempio la dispnea, astenia, facile affaticabilità). I segni sono la manifestazione oggettiva della patologia che rileva il medico durante la visita (per esempio edemi declivi, turgore delle giugulari ed epatomegalia). ANAMNESI - guardare il paziente con occhi critici: - xantelasmi: deposito di colesterolo giallastro, nettamente delimitato sotto la pelle, di solito sopra o intorno alle palpebre. ANAMNESI PRINCIPALI SINTOMI - dolore cardiaco; - dispnea; - tosse; - debolezza/astenia; - palpitazione. PRINCIPALI SEGNI - sincope/presincope; - emottisi; - edema; - cianosi. DOLORE CARDIACO Una delle manifestazioni sintomatologiche tipiche e di grande importanza per l’identificazione diagnostica di diverse cardiopatie. Il pericardio è una struttura anatomica che avvolge il cuore costituito da 2 foglietti: pericardio viscerale, uno strato di cellule mesoteliali, di collagene e fibre elastiche aderente alla superficie epicardica e il pericardio parietale, uno strato fibroso di circa 2mm. I due strati non sono a diretto contatto: esiste un film liquido virtuale di 50 cc circa (liquido trasudatizio) che serve per far cambiare la dimensione del cuore senza creare danni. Il pericardio è ricco di meccanocettori, di chemiocettori e di innervazione e questo spiega l’intensa percezione di dolore in caso di patologia pericardica. Il miocardio è la componente muscolare del cuore, il dolore viene scatenato dall’ischemia del tessuto. Il dolore cardiaco è una delle manifestazioni sintomatologiche tipiche, le cause: - miocardio: ischemia➔ angina pectoris-infarto: la ridotta perfusione a valle della stenosi porta alla «disfunzione endoteliale» ➔ riduzione di produzione di sostanze vasodilatatorie (ossido nitrico) e aumento della produzione di sostanze vasocostrittorie (endotelina) ➔ angina/infarto. - pericardio (pericarditi); - grossi vasi (dissezione aortica/sindromi aortiche). Dal punto di vista anamnestico il dolore va caratterizzato: sede; estensione; irradiazione; intensità; durata (pochi minuti, ore o giorni); fattori precipitanti/aggravanti (sforzo fisico; esposizione al freddo; inspirazione profonda; cambio posturale); manifestazioni associate (ad.es. sudorazione, vomito). Le sedi tipiche e irradiazione del dolore coronarico sono: Il dolore coronarico è secondario ad ischemia, viene considerato come un peso retrosternale che non si modifica con la postura nè con gli atti respiratori. Spesso associato a disturbi neurovegetative: sudorazione algida, nausea, vomito. SEGNI E SINTOMI Le algie precordiali di origine non coronarica sono: - più frequenti nel sesso femminile; - riferite come un punto (indicato dal dito); - all’emitorace sinistro in regione sottomammaria; - non sono irradiate. Dolore cardiaco da irritazione pericardica è il dolore di tipo pericardico è considerato come una delle manifestazioni cliniche più importanti della pericardite acuta (infiammazione del pericardio), ma, per la sua aspecificità, può essere anche un sintomo che causa confusione ed errori diagnostici. Di solito è improvviso, intenso e precordiale ma ampiamente irradiato al collo, al dorso e alla spalla sinistra. È di lunga durata (giorni). Il carattere del dolore può essere descritto come puntorio e viene accentuato da alcune posture o dagli atti respiratori. Dolore cardiaco da dissezione aortica: per dissezione si intende uno slaminamento della parete vasale con infiltrazione di sangue tra la tonaca media e l’avventizia con la creazione di un falso lume all’interno del vaso. I sintomi sono estremamente variabili ed infatti è una delle grandi simulatrici (come l’embolia polmonare). Il dolore toracico, nei casi tipici, è improvviso e percepito come lacerante. È relativamente frequente l’irradiazione antero- posteriore e dorso-lombare. Viene descritto come «rasoiata». Viene considerata un'emergenza se la dissezione è dal piano valvolare all’emergenza dei grossi vasi (dissezione aortica di tipo A) e lo si porta subito in sala operatoria; per la dissezione di tipo B (malata l’aorta discendente ma sano l’arco coronario) non viene operato, ma deve essere raffreddato per regolarizzare la pressione e centralizzato per diminuire l’ematoma che ha causato la dissezione, se poi dopo alcune settimane c’è il rischio, comunque, che si spacchi il vaso si mette uno stent. DISPNEA È la sensazione di difficoltà a eseguire gli atti respiratori associata ad un aumento della loro frequenza (normale 16-18/min). Il paziente la descrive come «mancanza di respiro». Avviene quando nel paziente con patologie cardiache c’è un cedimento del polmone quindi il polmone non è più elastico, la rigidità del polmone aumenta se è pieno di acqua (se questo non viene curato, l’acqua passa dagli interstizi agli alveoli andandoli a soffocare⇒ edema polmonare) e ciò avviene quando c’è uno scompenso cardiaco. Rientra quindi in diagnosi differenziale con le patologie polmonari. La dispnea è il sintomo principale e, quindi, più frequente dello scompenso cardiaco sinistro che si associa a congestione venosa polmonare o nell’ipertensione arteriosa polmonare (malattia primitiva del circolo polmonare). La dispnea può essere: - da sforzo: lieve; moderata; severa; grave. Nelle fasi iniziali la dispnea compare solo in occasione di sforzi di notevole entità (dispnea da sforzo). Progressivamente il paziente non riesce più a fare gli sforzi a cui era abituato. Con l’aggravarsi della condizione patologica che ne è la base, la dispnea si presenta per sforzi progressivamente più lievi finché nelle fasi più avanzate compare anche a riposo. Viene classificata attraverso NYHA (I, II, III e IV) in base ai sintomi e alla resistenza fisica. - a riposo (severa cardiopatia➔ severa congestione venosa polmonare). Un’esempio di dispnea a riposo è la dispnea parossistica notturna ossia episodi improvvisi e molto intensi di dispnea che si verificano frequentemente durante la notte che costringono il paziente ad alzarsi a cercare sollievo dal senso di soffocamento. La causa è una severa insufficienza del ventricolo sinistro/ apparato valvolare sinistro che determina edema polmonare acuto DISPNEA SOSPIROSA Dispnea sospirosa o dispnea psicogena è la sensazione di mancanza d’aria e di respiro corto in assenza di danni organici e funzionali che possano giustificare questo tipo di disturbo che nella maggior parte dei casi insorge in particolari situazioni di stress psicofisico più o meno temporanee. Viene descritto come la necessità di fare respiri profondi improvvisamente. TOSSE È in genere una tosse secca, insistente, irritativa precede o accompagna gli episodi di dispnea parossistica che rivelano, durante sforzo o a riposo, le condizioni di insufficienza ventricolare sinistra (scompenso sinistro). L’acqua negli alveoli irritano gli alveoli stessi per cui si tossisce e non esce escreato, ma acqua. Una tosse con abbondante escreato è riconducibile a problemi polmonari (ad esempio: broncopenumopatia cronica ostruttiva). DEBOLEZZA Debolezza, o astenia o facile affaticamento, è un sintomo molto aspecifico perché può essere ricondotto sia a problemi cardiaci che non (ad esempio il decondizionamento muscolare). Se, però, la debolezza viene riferita da un paziente con una storia di cardiopatia non può essere trascurata perché può essere sinonimo di progressione dello scompenso con bassa portata cardiaca. Le cause principali sono: valvulopatie, ipertensione, miocarditi (infiammazioni virali del miocardio), cardiomiopatia ipertrofica, radio e chemioterapia. PALPITAZIONE È la sensazione sgradevole con la quale il paziente avverte i battiti cardiaci aumentati. I meccanismi alla base della palpitazione possono essere vari e sono esacerbati dallo stato emotivo in cui versa il soggetto o dallo stile di vita e comorbidità. Se un soggetto apparentemente sano avverte le palpitazioni bisogna fare una accurata anamnesi fisiologica per capire se assume sostanze psicoattive (thè, caffè, cioccolata, bevande energetiche, droghe, derivati tiroidei) o sternocleidomastoideo (quello che collega la testa con sterno e clavicola). Il polso carotideo è da preferire in caso di soggetto privo di coscienza. Nel polso arterioso devono essere sistematicamente valutati: - frequenza; - ritmicità; - qualità o morfologia, cioè la sua ampiezza e velocità, l’uguaglianza o meno tra le pulsazioni che si succedono; - tensione; - elasticità e durezza della parete; - per quanto riguarda la morfologia e la tensione del polso deve essere valutata bilateralmente. FREQUENZA I valori di frequenza cardiaca normale, a riposo, sono compresi tra i 60 e 90 bpm nell’adulto e 100-130 bpm nel bambino. La frequenza del polso può non essere uguale alla reale frequenza cardiaca: nei soggetti senza aritmie la frequenza di polso e la frequenza cardiaca sono uguali. Nelle aritmie quali la fibrillazione atriale, ad esempio, la frequenza cardiaca (valutata con l’elettrocardiografo o con l’auscultazione con fonendoscopio) può essere più elevata della frequenza del polso perché non tutte le sistoli vengono trasmesse all’aorta e quindi alla periferia (dissociazione tra centro e periferia). Quindi se il polso arterioso ha una frequenza aritmica è sempre necessario valutare la frequenza centrale. RITMO Il polso arterioso può essere ritmico (come un orologio) o aritmico. In caso di aritmia bisogna effettuare ECG e valutare se è una cosa sporadica (l’extrasistolia) o se è fissa (fibrillazione atriale, flutter). Se una aritmia è ben organizzata è impossibile individuarla semplicemente attraverso l’esame obbiettivo del polso arterioso: in questi casi è necessario auscultare il cuore o fare un ECG. QUALITÀ O MORFOLOGIA DEL POLSO Quando il polso è di ampiezza ridotta viene definito piccolo: è espressione di una ridotta gittata cardiaca e corrisponde a una ridotta pressione arteriosa media e differenziale. Possiamo avere un polso piccolo anche nelle giovani donne con pressione bassa (perché non c’è bisogno di un’onda sfigmica grande), presente anche nella reazione vagale (quindi è molto difficile sentire il polso in una giovane donna con ipotensioni dopo una reazione vagale). Il polso piccolo, però, può essere anche patologico: il polso è piccolo e tardo (tanto vuol dire che l’ampiezza massima viene raggiunta tardivamente) quando oltre ad essere di ampiezza ridotta non raggiunge velocemente il picco (onda di percussione e onda di marea sono fuse): è frequente nella stenosi aortica severa. Quando il polso è di ampiezza elevata si definisce ampio: il polso ampio è tipico dei soggetti con iperattività simpatica o nei soggetti con aumentata gittata sistolica (bradicardie degli sportivi, fisiologicamente normale). Il polso AMPIO è frequenti negli anziani che hanno un indurimento della parete aortica o con insufficienza aortica (il sangue va in aorta, viene sparato il sangue in ventricolo ma la valvola non si chiude totalmente quindi il sangue torna indietro all’aorta e dà il soffio diastolico, il cuore si dilata, se il cuore si dilata perché torna il sangue dell’aorta e ad un certo punto il cuore spara tutto quel volume. Quando non riesce più a sparare il sangue si va incontro allo scompenso cardiaco e il cuore non garantisce più il fabbisogno metabolico all’organismo). Il polso è definito ampio e celere se è di ampiezza elevata ma si abbassa velocemente: questo è secondario ad una rapida caduta delle resistenze (insufficienza aortica per cui il sangue dall’aorta refluisce in ventricolo sinistro). TENSIONE La tensione del polso è la difficoltà che si ha nel bloccare il flusso comprimendo l’arteria stessa (l’arteria non si comprime se non andandola a schiacciare contro l’osso perché ha una tensione di parete). Se uno ha la pressione alta, avrà un’alta tensione di parete ed è così più difficile da schiacciare l’arteria. riferita alla difficoltà a comprimerlo, in conseguenza di una elevata pressione arteriosa sistolica. Se c’è differenza nell’ampiezza del polso tra destra e sinistra bisogna sospettare una dissezione aortica. VALUTAZIONE DELLA PRESSIONE VENOSA CENTRALE -PVG La valutazione della PVG è spesso sottovalutata nella pratica clinica ma ci dà una idea sullo stato di riempimento volemico del paziente. Per valutare la pressione venosa centrale del paziente, si mette il paziente a 45° (perché è la condizione ottimale per vedere la volemia, se a 45° le giugulari sono piene allora il paziente è in scompenso) e si vanno a valutare il turgore delle giugulari. Il paziente con scompenso cardiaco congestizio presenterà un aumento della PVG e il «classico» turgore delle giugulari. Al classico turgore delle giugulari si associano gli edemi declivi (frequentemente agli arti inferiori). I provvedimenti terapeutici sono: riduzione dell’introito di liquidi (normalmente < 1500 cc/die) e terapia diuretica (terapia dialitica nei casi di insufficienza renale/anuria). Il paziente con schock ipovolemico (con ↓PVG, per esempio nello schock emorragico) o il soggetto con forte disidratazione avranno una PVG bassa e non aumentabile neanche ostruendo manualmente dall’esterno la giugulare interna. I provvedimenti terapeutici sono: aumentare l’introito di liquidi (sia per os che per via parenterale) e dare massa nobile (trasfusioni di globuli rossi concentrati). L’esame fisico del cuore segue le regole dell’esame fisico generale e comprende (IPPA): ispezione, palpazione, percussione e ascoltazione. ESAME FISICO DEL CUORE ISPEZIONE L’esame obiettivo del cuore deve sempre iniziare con l’ispezione. Il paziente, prima che toccato, va guardato. L’ispezione ha il compito di individuare pulsazioni visibili sull’area toracica o su alcune zone del torace (ad esempio tra gli spazi intercostali). I pazienti che hanno aneurisma dell’aorta (cioè una dilatazione eccessiva del vaso) possono presentare una «bozza precordiale» visibile all’esame obiettivo. Anche cardiopatie congenite (nel caso specifico difetto interatriale) possono mostrarsi con evidenti bozze precordiali. PALPAZIONE Le pulsazioni che i movimenti del cuore e dei grossi vasi trasmettono alla parete toracica sono rilevabili nel modo migliore con il paziente rilassato in posizione supina e con la parete toracica completamente scoperta, appoggiandolo alla regione precordiale i polpastrelli delle dita distese senza esercitare pressione oppure, per alcuni rilievi la mano destra piatto. La palpazione serviva per vedere se aveva cardiomegalia. Palpando e percuotendo si può individuare l’area cardiaca. Ovviamente gli impulsi sono più evidenti dei soggetti magri e meno evidenti in soggetti obesi o in donne con seni abbondanti o in pazienti che presenza versamento pericardico o severo enfisema. L’impulso cardiaco, o itto della punta, è identificato come punto più basso e laterale nel quale si percepisce un movimento del cuore. Con la palpazione siamo in grado di individuare l’aia cardiaca, cioè le dimensioni del cuore. Aree abituali di palpazione: - ventricolo sinistro - ventricolo destro, - tronco dell’arteria polmonare PERCUSSIONE La percussione del torace, mentre è indispensabile per una corretta valutazione semeiologica dell’apparato respiratorio, raramente fornisce elementi significativi e specifici per la definizione diagnostica delle cardiopatie. La percussione, insieme alla palpazione, può aiutarci a delimitare l’AIA cardiaca. continuo (ore o settimane) che varia con gli atti respiratori e con la postura. La pericardite infiammatoria colpisce i giovani dopo un episodio flogistico, ma la pericardite può essere anche una complicazione dell’infarto. LA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE La prevenzione cardiovascolare è l’insieme dei comportamenti, delle procedure e delle terapie che dobbiamo mettere in atto per ridurre il rischio di morte da malattie cardiovascolari. Negli ultimi decenni si è assistito ad una riduzione della mortalità cardiovascolare e questo è dovuto: - per un 75% a migliore trattamento dei cardiopatici noti - per un 25% a una riduzione della incidenza della malattia Le malattie cardiovascolari rappresentano tuttora la principale causa di morte prematura nei paesi occidentali e contribuiscono in maniera rilevante alla morbilità e ai costi dell’assistenza sanitaria. Esempio: un paziente che ha avuto un infarto, opportunamente trattato, può sviluppare una cardiopatia ischemica cronica che necessita, oltre che di terapia per tutta la vita, di frequenti ricoveri per eseguire rivascolarizzazione percutanee (coronarografia) o per scompenso cardiaco (che richiede terapia medica se il soggetto è anziano o trapianto di cuore se è giovane). Il substrato fisiopatologico alla base delle malattie cardiovascolari è l’aterotrombosi (aterosclerosi complicate dalla formazione di trombosi). L’aterotrombosi è polidistrettuale (colpisce cioè potenzialmente tutti i distretti arteriosa del nostro corpo) e quindi determina non solo i problemi coronarici (angina, infarto, degenerazione valvolare) ma anche l’ictus cerebri e le malattie vascolari periferiche (PAD: Peripheral artery disease) e dei grossi vasi (patologie dell’aorta). Per tale motive oggi non si parla più di prevenzione delle malattie coronariche ma di prevenzione globale delle malattie cardiovascolari. Le sindromi coronariche acute sono manifestazioni acute di un processo aterosclerotico che si è sviluppato nel corso di decadi. L’aterotrombosi è una malattia subdola che si sviluppa in modo insidioso nel corso di molti anni, addirittura fin dalla giovane età. La prevenzione delle malattie cardiovascolari è fondamentale. FATTORI DI RISCHIO Il fattore di rischio è qualcosa che impatta negativamente sulla sopravvivenza o sulla comparsa di un evento infausto e derivano da grandi studi di popolazioni. La possibilità di attuare una prevenzione cardiovascolare trae origine dalla dimostrazione, da parte di studi epidemiologici condotti a partire degli anni ’60 (il più famoso è lo studio di Framingham), che le malattie cardiovascolari sono fortemente correlate ad alcuni fattori di rischio e che la modificazione di questi ultimi reduce la mortalità e la morbilità cardiovascolare. L’algoritmo sviluppato dallo studio di Framingham permetteva di valutare quale fosse il rischio di un evento coronarico in base ai fattori di rischio. Con il termine fattore di rischio si intende una caratteristica individuale che aumenta la probabilità di sviluppare la malattia. I fattori di rischio delle malattie cardiovascolari sono: - fattori di rischio non modificabili: età, sesso maschile (i maschi hanno un maggior rischio cardiovascolare fino alla menopausa femminile dove le donne cominciano ad avere lo stesso rischio), familiarità (polimorfismi, qualcosa che va a dare una risposta diversa nell’endotelio) ed evento precedente; - fattori di rischio modificabili: fumo, diabete, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, obesità, inattività fisica. Lo studio Interheart ha dimostrato che i fattori di rischio tradizionali spiegano oltre il 90% degli eventi cardiovascolari. Le dislipidemie e il fumo sono singoli fattori di rischio che rendono ragione della maggior parte del rischio ambientale alla popolazione. DISFUNZIONE ENDOTELIALE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE L’endotelio (cellule di origine mesenchimali) è un organo autocrino-paracrino dalle dimensioni molto estese (diverse centinaia di mq). Oltre a quelle tradizionalmente conosciute come la regolazione del tono vascolare e della coagulazione, l’endotelio, grazie alla secrezioni di molte sostanze, svolge un ruolo chiave nella patogenesi e nella progressione dell’aterosclerosi e quindi delle malattia cardiovascolari. Produce le seguenti sostanze: ossido nitrico (NO, gas a brevissima emivita che agisce sulle cellule muscolari lisce delle arterie e determina vasodilatazione; agisce anche sulle piastrine inibendo l’aggregazione), trombossano A2 (sostanza che aumenta l’aggregazione piastrinica), endotelina 1 (sostanza ad azione vasocostrittiva), angiotensina 2 (sostanza ad azione vasocostrittiva). Se queste cellule impazziscono (per invecchiamento, per mancanza di ossigeno o per i fattori di rischio) non c’è più omeostasi. L’endotelio funzionante ha il giusto equilibrio tra sostanze vasodilatatorie/antitrombotiche e sostanze vasocostrittrici/protrombotiche. Noi oggi sappiamo che i fattori di rischio I farmaci utilizzati per ridurre il colesterolo appartengono a diverse classi farmacologiche: - statine: farmaco di 1°scelta, il problema della stativa e che da problemi muscolari (mialgia); - statine naturali (nutraceutici): il riso rosso fermentato ha un effetto statino- simil. Come effetti collaterali si hanno dolori muscolari e aumento delle CPK; - sequestratori degli acidi biliari (non esistono in mercato); - inibitori dell’assorbimento di colesterolo: riducono l’assorbimento intestinale del colesterolo alimentare (ezetimibe). Utile per ridurre il colesterolo della dieta; poco utile nelle ipercolesterolemie familiari. I farmaci utilizzati per ridurre il colesterolo appartengono a diverse classi farmacologiche: - inibitori del PCSK9 (nuovi farmaci – alirocumab e evolocumab): PCSK9 è una proteina che aumenta i livelli circolanti di colesterolo LDL. Questa nuova classe di farmaci è indicata in chi non tollera le statine ed ha un rischio cardiovascolare molto alto, nelle ipercolesterolemie familiari, in prevenzione secondaria in chi ha il colesterolo non a target (< 70 mg/dl o secondo le nuove linee guida < 55 mg/dl) nonostante statine ed ezetimibe. È un farmaco molto forte ad iniezione. Quindi le terapie sono: - stile di vita +/- prodotti nutraceutici; -stile di vita + statine; - stile di vita + statine + ezetimibe; - stile di vita + statine + ezetimibe + PCSK9i; - in chi non tollera le statine: ezetimibe +/- PCSK9i (in base al profilo di rischio). Il colesterolo basso bassa il rischio cardiovascolare ma la membrana cellulare è costituita da colesterolo, quindi, bisogna stare attenti a non diminuire troppo il livello di colesterolo! OBESITÀ Il peso corporeo gioca un ruolo importante nella determinazione del profilo di rischio cardiovascolare. L’aumento del peso corporeo (soprattutto del grasso addominale che è un vero e proprio organo perché produce sostanze autocrine/paracrine) aumenta il rischio di ipertensione arteriosa e dislipidemia, di intolleranza glucidica/diabete. Chi ha un BMI > 25 Kg/mq dovrebbe calare di peso attraverso la combinazione di dieta ipocalorica/ipolipidica (riduzione dei grassi saturi a vantaggio dei grassi monoinsaturi o polinsanturi) associata ad attività fisica regolare. FISIOLOGIA CARDIACA Il nodo senoatriale è costituito da cellule di miocardio specifico caratterizzate, dette pacemaker perché generano potenziale di azione in «autonomia» grazie alla loro instabilità di membrana. Mentre le cellule del nodo atrioventricolare sono cellule di miocardio specifico che conducono il segnale elettrico generato dal nodo seno atriale. In condizioni particolari (arresto sinusale) possono generare esse stesse un ritmo cardiaco ma con frequenza di automatismo molto più bassa (30-40 bpm). TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO Le cellule muscolari cardiache sono ramificate, possiedono un unico nucleo e sono unite tra loro da giunzioni specializzate dette dischi intercalari in corrispondenza dei quali le cellule sono connesse tra loro sia meccanicamente (tramite desmosomi) sia elettricamente (attraverso giunzioni comunicanti). PROPRIETÀ ELETTRICHE DEL CUORE: RISPOSTE RAPIDE E LENT PROPRIETÀ ELETTRICHE MIOCARDICO Tutto ciò viene fatto affinché il calcio leghi i filamenti actinomiosinici per far contrarre il cuore. La tetradotossina blocca i canali del sodio voltaggio dipendenti per cui la cellula idel miocardio non risponde più alla depolarizzazione per cui si muore di arresto cardiaco. CONDUZIONE L'impulso che viaggia lungo una fibra cardiaca viene propagato attraverso correnti locali e giunto al termine della fibra trasmesso a quella successiva attraverso le gap junctions. La velocità della conduzione varia in maniera diretta con l'ampiezza del potenziale d'azione e con la velocità con cui si sviluppa la fase 0. La velocità di conduzione delle risposte rapide è pertanto molto maggiore (0,3 - 4 m/s) di quella delle risposte lente (0,02-0,1 m/s). GENESI E PROPAGAZIONE DELL’IMPULSO CARDIACO II battito cardiaco consiste nella contrazione (sistole) e nel rilasciamento (diastole) ritmici dell'intera massa muscolare del cuore. La contrazione di ogni cellula è associata ad un potenziale d'azione. L'attività elettrica ha inizio in una regione del cuore detta pacemaker e si propaga di cellula in cellula (le cellule del miocardio sono infatti accoppiate elettricamente attraverso giunzioni comunicanti). Il pacemaker è costituito da cellule muscolari autoritmiche. La depolarizzazione atriale (ossia lo stimolo che nasce dal seno NA) sull’ECG è l’onda P, la ripolarizzazione dell’atrio è nel QRS ma la depolarizzazione del ventricolo è maggiore quindì non si vedrà la ripolarizzazione atriale. L’onda P è seguita dal plesso QRS che rappresenta la depolarizzazione del ventricolo (al ventricolo arriva il segnale elettrico da sopra, si attiva il canale del sodio voltaggio dipendente, entra sodio nelle cellule e si ha la contrazione ventricolare). L’intervallo PR è il tempo fisiologico che serve affinché il ventricolo si contragga sfasato rispetto all’atrio. - derivazioni unipolari degli arti aumentate (3): le derivazioni aumentate degli arti sono 3: aVr, aVl, aVf. L’elettrodo esplorante è messo su ciascuno dei tre arti. Non sono interpolazione quindi vedono soltanto il loro punto di vista. - derivazioni precordiali (6): le derivazioni precordiali registrano il potenziale in ciascuno dei sei punti toracici stabiliti, esplorano il cuore anteriormente. ECG NORMALE In un ECG normale si vede l’onda P (nasce nel nodo senoatriale) che deve essere positiva quando è vista dall’alto e negativa quando vista dal basso⇒ ritmo sinusale se è positiva eccetto in aVR. Se l’onda P risulta negativa in tutte le derivazioni eccetto in aVR, il paziente non ha un ritmo sinusale (non nasce dal nodo SA) oppure si sono messi gli elettrodi in modo sbagliato. Il QRS (depolarizzazione dei ventricoli) bisogna vedere l’asse elettrico (quando c’è una grossa Q c’è un infarto), bisogna fare attenzione alla R (che è la depolarizzazione massima) e la S (polarizzazione massima). D2 è l’elettrodo che vede maggiormente arrivare l’asse elettrico (infatti nell’ECG risulta più altro il Q). aVL è bifasica, ossia è sia positiva che negativa (quindi di carica ne vede poca, però la vede avvicinarsi e poi allontanarsi). CARDIOPATIA ISCHEMICA STRUMENTI DIAGNOSTICI E/O TERAPEUTICI Angiografia coronarica: - pro: diagnosi (coronarie indenni; stenosi; anomalie)→ terapia (angioplastica con/senza posizionamento di stent); - contro: esame invasivo (richiede un accesso arterioso: radiale o femorale). CT-scan coronaria: - pro: esame non invasivo; permette di quantificare le stenosi e permette di quantificare il calcio; - contro: non è terapeutica (vedo una stenosi ma non la posso trattare); non ottimale in caso di frequenza cardiaca alta. 3D ricostruzione: molto utile nel caso in cui si sospetta una origine anomala delle coronarie o per vedere i by-pass aorto-coronarici. CARDIOPATIA ISCHEMICA È uno spettro di malattie a diversa eziologia in cui il fattore fisiopatologico unificante è rappresentato dall’ ischemia miocardica cioè da uno squilibrio tra la richiesta metabolica e l’apporto di ossigeno al miocardio. In caso di ischemia acuta, il primo a soffrirne è la ripolarizzazione elettrica e non la depolarizzazione. EZIOPATOGENESI La causa più frequente di ischemia è indubbiamente l’aterosclerosi che porta ad una riduzione del lume vascolare e quindi a una riduzione del flusso coronarico a valle. - tromboembolia coronarica da trombosi intracardiaca (endocardite; trombosi endoventricolare sinistra); - spasmo coronarico (danno da cocaina, quindi comune per gli infarti nei giovani); - sindrome di Tako-Tsubo→ infarto a coronarie indenni dopo forte stress; - anomalie congenite delle coronarie (ischemie/morti improvvise nei giovani); - vasculiti. La sindrome coronarica acuta è data dalla formazione della placca aterosclerotica, mentre nella sindrome coronarica cronica il paziente a riposo sta bene, a sforzo subentra angina, il lume si riduce e iniziano a comparire i sintomi. Se il lume si riduce, aumenta il flusso, aumenta il flusso che va a slaminare la placca (questo rende visibile delle cellule spumose→ colesterolo). (↓) CAUSE DELL’ANGINA La placca aterotrombotica può svilupparsi in maniera eccentrica, inizialmente soprattutto verso l’esterno e senza compromettere il lume vascolare. Ne consegue che i test diagnostici per ricercare l’ischemia (prova da sforzo; scintigrafia miocardica) o addirittura la coronarografia siano negativi. Con l’avanzare del processo aterotrombotico, la placca può progressivamente ridurre il lume del vaso provocando l’angina. La ridotta perfusione a valle della stenosi porta alla «disfunzione endoteliale» che porta alla riduzione di produzione di sostanze vasodilatatorie (ossido nitrico) e aumento della produzione di sostanze vasocostrittorie (endotelina). Le sindromi coronariche sono manifestazioni di un processo aterosclerotico che si è sviluppato nel corso di decadi. Inizio, progressione e complicanze della placca coronarica aterosclerotica. In alto: sezione longitudinale che illustra i tempi di sviluppo delle varie fasi. In basso: sezioni trasvenosa dell’arteria durante ogni stadio di sviluppo della placca. FATTORI DI RISCHIO Con il termine fattore di rischio si intende una caratteristica individuale che aumenta la probabilità di sviluppare la malattia. I fattori di rischio possono essere: - non modificabili: età, sesso maschile e familiarità; - modificabili: fumo, diabete, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, obesità e inattività fisica. - ha un'insorgenza recente (minore di 1-2 mesi); - può essere a riposo o per sforzi di minima entità; - in crescendo per frequenza, durata, intensità, minor soglia di sforzo e minor risposta ed efficacia TNT. Un'ischemia prolungata, però, può portare a danno del miocardio. Il viraggio da angina instabile a sindrome coronarica acuta è molto frequente. All’ECG c’è negativizzazione dell’onda P, ST sottoslivellato (che indica dolore toracico) INFARTO MIOCARDICO STEMI L’infarto miocardico consegue a un’ischemia miocardica protratta, che porta a danno cellulare irreversibile, la necrosi miocardica (aumento degli enzimi di miocardiocitonecrosi: troponina alta sensibilità; si positivizzano CPK e CPK-Mb). Anche l’infarto può essere silente. Le sue caratteristiche sono: - dolore: ha una durata maggiore di quello dell’angina instabile (> 20-30 minuti), non sensibile alla TNT con sede/irradiazione angina; - di solito associata a sintomi “neurovegetativi” come diaforesi, nausea, vomito, sincope (data dalle aritmie), insufficienza cardiaca, tachicardia, orripilazione, cute pallida o morte improvvisa. L’ECG rimane il test chiave per la diagnosi delle sindromi coronariche acute (e anche croniche). Le cellule che hanno ischemia hanno un potenziale di membrana meno negativo, l’ischemia acuta riduce il potenziale di membrana a riposo della cellula del miocardio, riduce l’ampiezza e la velocità della fase 0 e riduce la durata della depolarizzazione (avviene quindi una ripolarizzazione precoce). Durante l’ischemia acuta avremo cellule con un potenziale di membrana normale a – 90 mV (quelle non interessate dall’ischemia) e cellule con un potenziale di membrana ridotto a – 70 mV (quelle con ridotto flusso di sangue). Tra queste cellule si crea un gradiente elettrico e quindi onda di lesione che l’ECG di superficie vede come sopralivellamento del tratto ST (se il sopralivellamento del tratto ST è in due derivazioni vicine in un paziente con dolore toracico, allora vuol dire che gli elettrodi stanno controllando una zona con ischemia). - nel grafico A è presente la forma morfologica dell’onda T; - nel grafico B l’onda T è alta, tendenzialmente simmetrica e il punto J (punto iniziale del tratto ST-T) lievemente sopraslivellato. Questi aspetti rappresentano la fase iniziale dell’ischemia transmurale; - nel grafico C è presente l’onda di lesione caratterizzata da un sopraslivellamento del tratto ST-T che inizia praticamente all’apice dell’onda R e ingloba completamente l’onda T. La fase acuta può durare alcune ore. - successivamente, come evidenziato nel grafico D il sopraslivellamento del tratto ST-T comincia a ridursi di entità e ad assumere concavità superiore. Nelle ore successive l’entità del sopraslivellamento del tratto ST-T continua a ridursi, la concavità del tratto ST-T diviene inferiore, l’onda R si riduce progressivamente di ampiezza e compare l’onda Q (grafici E, F, G); - nel grafico H è rappresentata la fase ECG non più acuta dello STEMI che generalmente si manifesta a distanza di diverse ore o giorni dall’esordio dell’ischemia: il sopraslivellamento del tratto ST-T non è praticamente più presente, l’onda T diviene negativa a branche simmetriche, nel complesso QRS appare evidente la presenza di un’onda Q patologica, l’onda R è assente o di ridotto voltaggio. Conoscere l’evolutività è importante! L’emergenza è il sopralivellamento del ST. Entro 120 minuti dalla comparsa del dolore ha senso effettuare l’intervento per riaprire la coronaria e riportare il cuore ad integrum. Prima si riapre il vaso coronarico e meno rischio c’è di perdere l’onda r che esprime la depolarizzazione delle cellule del miocardio ventricolare. L’assenza di onda r presuppone la morte delle cellule miocardiche. ANGIOPLASTICA PRIMARIA L’angioplastica primaria ha il vantaggio di riaprire il vaso che ha causato l’infarto senza effetti collaterali (emorragie in primis). Nel momento in cui si riapre la coronarica, il paziente sta già meglio e non sente più dolore. Il cuore ischemico è un cuore con una frizione contrattile che non sarà quella normale con minor frazione di elezione del sangue ma si può migliorare. Se non si riapre la coronaria muore per necrosi: dopo una settimana il cuore si ferma perché muore tutto. Si va ad agire solo sul vaso colpevole. Tra trombolisi ed angioplastica si ha solo il vantaggio che l’angioplastica diminuisce gli effetti collaterali della trombolisi. La trombolisi ora viene usata in caso di ictus, embolia polmonare, sindrome coronarica acuta (se non si può accedere all’emodinamica). INFARTO MIOCARDICO NSTEMI Le sue caratteristiche sono: - dolore: ha una durata maggiore di quello dell’angina instabile (> 20-30 minuti), non sensibile alla TNT con sede/irradiazione angina; - di solito associata a sintomi “neurovegetativi” come diaforesi, nausea, vomito, sincope (data dalle aritmie), insufficienza cardiaca, tachicardia, orripilazione, cute pallida o morte improvvisa; - assenza di sopralivellamento persistente del tratto ST; - non occorre la rivascolarizzazione primaria; - si attende il valore della troponina hs per discriminare tra angina instabile e NSTEMI. - la placca instabile non si vede subito (a differenza della placca stabile) quindi si inserisce uno strumento all’interno del vaso per vedere la parete del vaso stesso (se ci sono delle irregolarità è instabile). Una volta fatta la diagnosi di NSTEMI e iniziata terapia medica (aspirina, beta- bloccante) si procederà con la esecuzione della coronarografia per valutare se ci sono lesioni da trattare con angioplastica. DIAGNOSI DIFFERENZIALE - malattia da reflusso gastroesofageo - disturbi della motilità esofagea - colica biliare - sindrome costo-sternale - gastrite FISIOPATOLOGIA Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica: - riduzione del flusso coronarico; - aumento del consumo miocardico di ossigeno. ANGINA STABILE: DIAGNOSI L’elettrocardiogramma a riposo è nella maggior parte dei casi normale. Per fare la diagnosi bisogna slatentizzare il dolore (scintillografia coronarica o prova da sforzo con pedana mobile o bicicletta)⇒ bisogna replica lo sforzo per cui il paziente ha dolore e mette in evidenza alterazioni della ripolarizzazione di tipo ischemico da sforzo. La scintigrafia miocardica è una metodica di immagine la cui accessibilità è molto più bassa della prova da sforzo; di solito la si esegue se non è possibile fare la prova da sforzo (pazienti con ridotta attività motoria). Con la scintillografia si va ad evidenziare dove arriva il sangue: se a riposo non si vede l’evidenziamento del sangue allora vuol dire che in quella l’arte non arriva sangue. Il tracciante radioattivo viene iniettato in una vena periferica e si distribuisce a livello del miocardio in modo direttamente proporzionale al flusso coronarico. Viene fatta una valutazione col paziente a riposo. SHOCK CARDIOGENO È una severa ipotensione, segni clinici di ridotta perfusione d’organo/tessuti (oliguria, marezzatura cutanea), tachicardia, edema polmonare. In caso di shock cardiogeno in conseguenza di un infarto, è possibile aiutare la funzione di pompa posizionando il contropulsatore aortico. CONTROPULSAZIONE AORTICA L’obiettivo del contropulsatore aortico è quello di mantenere la pressione diastolica e quindi la corretta perfusione diastolica di organo. Senza contropulsatore, il cuore in shock non riesce a garantire una pressione di perfusione continua. Domanda esame: la terapia dello scompenso cardiaco? Diuretico e riduzione idrica. SCOMPENSO CARDIACO È l’incapacità del cuore ad adeguare la portata cardiaca (ml/min) al variare dello stato metabolico dei tessuti (o se l’incremento di portata si associa a pressioni di riempimento ventricolare e/o di frequenza cardiaca superiori ai limiti fisiologici). Lo scompenso cardiaco non è una malattia ma una vera e propria sindrome clinica molto eterogenea che nella maggior parte dei casi determina: - ritenzione idrica intra-extravascolare; - inadeguata perfusione tissutale (bassa portata cardiaca); - aumento delle pressioni di riempimento ventricolare; - sinistro: aumento delle pressione in atrio sinistro⇒ vene polmonari (quindi nel circolo polmonare) che porta ad edema polmonare ed ortopnea (se acuto); - destro: aumento delle pressioni in atrio destro⇒ vene cave che porta a congestione. Lo scompenso cardiaco congestizio va ad interessare il ventricolo destro portano ad edemi periferici declivi, epatomegalia, turgore delle giugulari. VALUTAZIONE DELLA PRESSIONE VENOSA CENTRALE Il paziente con scompenso cardiaco congestizio presenterà un aumento della PVG e il «classico» turgore delle giugulari. Al classico turgore delle giugulari si associano gli edemi declivi (frequentemente agli arti inferiori). Tipico dell’ipertensione polmonare end stage o Scompenso ventricolare sinistro destrizzato. La valutazione della PVG è spesso sottovalutata nella pratica clinica ma ci dà una idea sullo stato di riempimento volemico del paziente CAUSE DELLO SCOMPENSO CARDIACO Le principali causa dello scompenso cardiaco oggi sono: - cardiopatia ischemica (pregresso infarto NSTEMI, pregresso infarto STEMI che porta a cardiopatia ischemica cronica con ridotta frazione di eiezione); - cardiomiopatie (malattie primitive del miocardio contrattile); - ipertensione arteriosa; - valvulopatie (mitrale e aorta); - cardiopatie congenite; - malattie del circolo polmonare (ipertensione polmonare) che può portare a scompenso destro. PROGNOSI DELLO SCOMPENSO - scompenso cardiaco severo: la mortalità in un anno è di circa il 50-60% dei casi; - scompenso cardiaco lieve-moderato: la mortalità in un anno è di circa 15-30%; - scompenso cardiaco lieve-disfunzione ventricolare asintomatico: la mortalità in un anno è di circa 10%. EDEMA POLMONARE ACUTO DIAGNOSI La Diagnosi di scompenso cardiaco si basa su 2 criteri essenziali: - rilievo di uno o più sintomi e/o segni clinici dello scompenso cardiaco; - documentazione oggettiva di disfunzione ventricolare (ECO, Rx torace, risonanza magnetica, scintigrafia miocardica, aumento dei biomarkers come BNP). SEGNI E SINTOMI DELLO SCOMPENSO CARDIACO Sintomi: - dispnea; - astenia/debolezza; - facile affaticabilità; - palpitazioni; - tosse. Segni: - turgore delle giugulari; - edemi declivi; - sincope (segno di bassa portata cardiaca); - pallore della cute (segno di bassa portata cardiaca); - marezzatura della cute. DOCUMENTAZIONE OGGETTIVA - ECO: dilatazione del ventricolo sinistro con ridotta frazione di eiezione in cardiomiopatia dilatativa; - Rx torace: cardiomegalie; - ECO: dilatazione del ventricolo destro in ipertensione polmonare tromboembolica. FISIOPATOLOGIA Sul piano fisiopatologico è possibile distinguere 4 profili emodinamici: - la funzione di pompa del cuore può essere insufficiente perché è depressa la sua funzione contrattile (insufficienza miocardica); questo meccanismo è il più frequente ed è alla base dello scompenso con ridotta funzione sistolica. Le cause possono essere: cardiopatia ischemica, cardiomiopatia, miocardite; - in altri casi è compromessa l’alimentazione della pompa, ossia è ostacolato il riempimento ventricolare. Il meccanismo di Starling non viene utilizzato appieno perché il cuore è rigido e non compliante. In questo caso la funzione contrattile è preservata: scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Le cause possono essere: cardiomiopatie restrittive; cardiopatia ipertensiva; cardiopatia ischemica cronica; - scompenso cardiaco senza insufficienza miocardica può manifestarsi se le condizioni di carico ventricolare aumentano acutamente e in misura abnorme. Questo può accadere nella insufficienza aortica acuta, nella crisi PROCESSO DI DIAGNOSI - anamnesi; - esame Clinico; - Rx torace: rapporto C/T, congestione polmonare, versamento pleurico; - elettrocardiogramma; - ecocardiografia-Doppler; - emodinamica/angiografia/cateterismo cardiaco; - risonanza magnetica. TERAPIA La terapia utilizzata è una terapia eziologica, cioè quella che consiste nel rimuovere la causa (ove possbile): - chirurgia valvolare; - correzione dei difetti congeniti; - terapia dell’ipertensione arteriosa/ipertensione arteriosa polmonare. Si cerca poi di correggere le cause precipitanti: - anemia; - sindrome climaterica; - infezioni intercorrenti; - aritmie; - distiroidsimi. In più c’è una terapia «propria» medico-farmacologica (scompenso sinistro): - farmaci; - provvedimenti collaterali (PM con risincronizzazione; defibrillatore). Le terapie particolari (scompenso sinistro) sono: - contropulsatore aortico; VAD - trapianto di cuore/polmone nel caso di ipertensione arteriosa polmonare; - ultrafiltrazione; - anticolagulanti. FARMACI I farmaci servono a: - ottimizzare la “funzione meccanica” ventricolare pre e post carico funzione contrattile (funzione diastolica); - migliorare le proprietà “biologiche” del miocardio e dei vasi azione “anti neuro- umorale” (SNS, SRA, ALD, ET1); - ottimizzare il bilancio idro-salino diuretici rimozione meccanica dei liquidi. Vengono utilizzati principalmente beta-bloccanti: vengono utilizzati nello scompenso cronico (controindicati nello scompenso acuto) in quanto agiscono bloccando il sistema nervoso autonomo e il sistema renina-angiotensina- aldosterone e quindi agiscono sul rimodellamento cardiaco. LVAD - come bridge al trapianto cardiaco (affinchè il paziente non muoia in lista d’attesa); - per ridurre le pressioni di riempimento polmonari (che sono controindicazione al trapianto di cuore); - nel paziente che non è candidabile al trapianto di cuore (per età; comorbidità; ipertensione polmonare). RACCOMANDAZIONI FINALI Così come per la cardiopatia ischemica anche per i pazienti con scompenso cardiaco vale la indicazione alle vaccinazioni: antinfluenzale, anticatarrale e antipneumococcica (quest’ultima ogni 5 anni). Per la dieta e alcol: proibire l’eccessivo introito di liquidi (<1500cc inclusa frutta/verdura). Il paziente deve essere educato su quelle condizioni che possono alterare l’introito di liquidi: febbre, gastroenterite e caldo eccessivo. Monitorare il peso corporeo quotidianamente e tenere un diario (nei casi di scompenso avanzato monitorare anche la diuresi). Prevenire la malnutrizione (evitare che si sviluppi la cachessia cardiaca): se c’è congestione viscerale non vi è assorbimento quindi il paziente aumenta di peso ma è sarcopenico. Il paziente si deve alimentare in maniera salutare: evitare eccessivo introito di sale, mantenere un BMI ideale e valutare l’apporto proteico in base alla funzione renale. Se la funzione renale è buona è possibile assumere proteine per evitare il decadimento muscolare. Se, però, siamo in una fase avanzata dello scompenso con insufficienza renale limitare l’introito di proteine al fine di evitare i cataboliti (ulteriore incremento dell’azotemia). Astenersi dall’eccessivo introito di alcol (soprattutto se la causa dello scompenso è una cardipatia alcolica). Chiedere sempre al paziente quanti liquidi introduce facendo molta attenzione: il paziente il più delle volte afferma di seguire la restrizione idrica quando, invece, non è vero. Eseguire un esame obiettivo accurato: non sempre il mantenimento del peso corporeo vuol dire stabilità clinica. Il paziente scompensato a lungo andare sostituisce massa magra con acqua quindi il peso non varia ma non ha più muscoli (sarcopenia) a scapito di ritenzione di liquidi. L’obesità è un fattore di rischio per cardiopatia ischemica e quindi per lo sviluppo di scompenso cardiaco a ridotta frazione di eiezione. L’obesità, però, molto frequentemente è causa di uno scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Lo shock è un colpo, collasso, cedimento; ossia un evento acuto, con “cedimento” della funzione circolatoria “storicamente” identificato nella riduzione della pressione arteriosa. Lo shock “cardiogeno” è una sindrome clinica ed è “insufficienza circolatoria acuta” che determina: perfusione tissutale e alterazioni cellulari funzionali e strutturali morte cellulare. La riduzione di perfusione tissutale determina: SHOCK CARDIOGENO - riduzione sintesi ATP; - metabolismo anaerobio; - aumento acido lattico; - deplezione Ca2+ intracellulare; - danno membrane con ingresso Na e H2O con rigonfiamento cellulare.
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