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Management dell'Energia ed Ecosostenibilità, Dispense di Economia

Dispense complete (appunti delle lezioni + integrazioni dalle slide) su tutto il programma di "Management dell'Energia ed Ecosostenibilità" del professor Boccacci Mariani (a.a. 2019/2020).

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 19/09/2020

ecraun
ecraun 🇮🇹

4.5

(6)

3 documenti

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Scarica Management dell'Energia ed Ecosostenibilità e più Dispense in PDF di Economia solo su Docsity! Management dell’energia e dell’ecosostenibilità Maurizio Boccacci Mariani A.A. 2019/2020 Oggi dobbiamo fronteggiare tre grandi problemi globali, cd. Megatrends: 1. Problema Economico (crisi economica diffusa) 2. Problema alimentare diffuso e scarsità di alcune risorse soprattutto nei paesi meno sviluppati; 3. Problemi ambientali diffusi (cambiamenti climatici, perdita biodiversità, ecc) Problema attuale è il problema sanitario, che chiede nuovi investimenti per far fronte a questo nuovo tipo di emergenza. Crisi ambientale ed economica Per un certo tempo di è assistito ad un’attenzione particolare per il presente, deprezzando il futuro. Si è lasciato in secondo piano il problema delle generazioni future, portando a scaricare i “debiti” ambientali sulle generazioni future. Da qui siamo arrivati ad emergenze ambientali che oggi sono diventati sempre più importanti. Per realizzare un cambiamento di questa situazione bisogna tornare indietro nel tempo, agli inizi degli anni '70, quando fu pubblicato il rapporto sui limiti dello sviluppo, che si rifaceva a una serie di studi commissionati al MIT per cercare di spiegare le conseguenze plausibili di quello che era lo sviluppo dell'uomo in relazione a quello che era il sistema l'ecosistema terrestre e le potenzialità di sopravvivenza per la specie umana. Gli autori di questa pubblicazione, considerata un pilastro di quelle che sono le tematiche dello sviluppo sostenibile, commissionarono questo studio e tenendo in considerazione i 5 fattori prioritari: 1. Aumento della popolazione; 2. Limiti della produzione agricola; 3. Impoverimento delle risorse non rinnovabili 4. La produzione industriale; 5. La generazione di inquinamento. Nonostante l’età dello studio, la cosa più importante è il messaggio finale che ancora oggi è validissimo: il sistema globale e della natura - fatto di risorse terrestri ad incastro e in cui non noi tutti viviamo - probabilmente non è in grado di sopportare i tassi attuali di crescita economica e della popolazione molto oltre l'anno 2100 anche con l'avvento della tecnologia avanzata. Se guardiamo a quello che è successo all’uso globale di materiali dal 1970 al 2015 ci rendiamo conto che in questo lasso di tempo siamo passati da un uso globale di materiali di 27mld di tonnellate a oltre 84mld nel 2015, che corrisponde al consumo pro - capite di risorse che da 7,2 tonnellate è passato a 11,8 tonnellate pro – capite. Il grafico ci mostra i dati, disaggregati per risorsa. Troviamo un consumo crescente di minerali da fonti fossili e le proiezioni al 2050: questo uso globale di materiali potrebbe raggiungere la quota variabile tra 170 e 184 miliardi di tonnellate e per quello che è la previsione al 2050. Oggi l'uso delle risorse viene associato a quello che si chiama overshoot day, che rappresenta il lasso di tempo che intercorre, in giorni, rispetto alla disponibilità globale delle risorse disponibili per quell'anno. Un rimedio che molti autori stanno pensando è quello di cambiare il modello di economia quindi passare da un’economia di mercato, o economia lineare, ad un'economia che si chiude in una sorta di loop, o economia circolare. Ciò che fa chiudere il loop è la parte finale del modello. In altre parole, tutto ciò che consideriamo come rifiuti rientra in pieno in quello che è un processo produttivo. Quindi, dove possibile, si adottano delle strategie particolari per far rientrare tutta quella parte di scarti e di rifiuti all’interno del ciclo produttivo. Ciò che caratterizza l’economia circolare è il concetto di utilizzare la stessa logica che la natura utilizza. In altre parole, tutto ciò che è rifiuto può diventare un nutriente per un altro processo, o comunque può essere restituito all’ambiente o riciclato senza perdere in qualità. È un paradigma che si basa sul cambiamento progettuale basato sul concetto di gestione dei nutrienti. Nell’economia circolare abbiamo due categorie di nutrienti: quelli che chiamiamo nutrienti biologici e i nutrienti tecnici: i primi sono biodegradabili e sono facilmente inseribili all’interno dei cicli naturali, mentre i nutrienti tecnici, o tecnologici, continuano a circolare come materiali puri e pregiati, nel senso che essendo di natura sintetica non hanno la proprietà di essere riassorbiti dalla natura, quindi l'unica alternativa è cercare di re inserirli nei sistemi produttivi (cd. brown economy). L’economia di scala che tutti conosciamo, caratterizzata da costi marginali sempre più bassi per ogni unità aggiuntiva, ha come problema fondamentale, che si è rivelato poi nel tempo, che consuma molto a discapito della natura dell'umanità e dei beni comuni, senza tener conto del debito che genera e che finisce per essere trasferito alle generazioni future. Una serie di domande abbastanza intuitive: - Perché stiamo cercando dei nuovi modelli economici; - Qual è il motivo perché quelli che abbiamo sperimentato fino a oggi, soprattutto per quanto riguarda le conseguenze che hanno generato in termini di sostenibilità. Probabilmente questi modelli oggi non sono più adatti, ed è altrettanto plausibile che questi nuovi modelli economici dovrebbero essere più compatibili con l'ambiente, o quanto meno più compatibili su dimensioni dello sviluppo sostenibile e che tengano in considerazione il fatto che l'umanità è fatta di generazioni. È proprio il discorso intergenerazionale la ragione per cui si stanno cercando questi nuovi modelli economici. Il fatto che stiamo diventando tanti; il fatto che secondo quelli che sono gli aspetti dell'impronta ecologica e della capacità del pianeta, è come se avessimo bisogno oggi di una terra che abbia una dimensione di 1,5 volte la dimensione reale. Dal 1980 abbiamo consumato un terzo delle risorse più importanti e abbiamo distrutto una quantità di foreste significativa. Questo è uno degli elementi che ci fa e riflettere sul discorso di risorse scarse, dell’uso di energia e dei problemi del futuro. È un modellino che spiega in maniera elementare quello al quale stiamo assistendo: abbiamo un legame tra ciò che è la crescita della popolazione con la domanda globale di risorse e con la domanda globale di energia. Questi aspetti sono tutti correlati tra di loro, e generano come conseguenza un aumento dell'anidride carbonica e della temperatura globale. Lo vediamo delle risorse globali che tendono a diminuire in maniera più elementare, e al crescere della popolazione mondiale crescono i consumi di energia. Come conseguenza, almeno per quello che si è registrato fino ad oggi, peggiora costantemente la qualità ambientale a causa delle emissioni di anidride carbonica (che derivano proprio dal settore energetico, dai trasporti) e questo si ripercuote anche sulla disponibilità di risorse. Naturalmente l’aumento demografico genera una pressione maggiore su quella che è la disponibilità delle risorse. Alcune strategie che possono essere introdotte nella gestione dei rifiuti, in una logica circolare sono: prevenire la produzione di rifiuti, agendo ad esempio sulla riduzione degli imballaggi; riparare e riutilizzare e, dov'è possibile, acquistare prodotti di seconda mano; selezionare, riciclare e dove possibile compostare; in una logica waste to fuel oggi è possibile trasformare i rifiuti in nuova produzione energetica; cercare di mandare il meno possibile in discarica. Con efficienza intendiamo il rapporto tra gli ingressi (input) in un sistema con le sue uscite (output). Questo rapporto ci dà un'idea di come siamo efficienti, nello specifico l'efficienza energetica può essere ottenuta in diversi modi (ad esempio efficienza energetica di tipo economico selezionando i contratti di fornitura o delle materie prime energetiche, posso fare un'efficienza energetica di tipo tecnico quindi lampade per esempio a basso consumo, miglioramento sia termico che energetico degli edifici e soprattutto posso fare anche un' efficienza ambientale che spesso deriva dalle prime due perché io riducendo per esempio l'uso o riducendo i consumi energetici direttamente in su quelle che sono le missioni e climalteranti). A livello energetico l'UE si trova di fronte ad alcuni problemi importanti: maggiore dipendenza dalle importazioni; preoccupazione su quella che sarà la disponibilità futura di combustibili fossili a livello mondiale; rapporto tra lo scenario energetico e quello del cambiamento climatico. Nonostante queste perplessità, ancora oggi l'unione europea continua a sprecare per inefficienza un quinto di quello che il suo consumo energetico. Disaccoppiamento (decoupling): prendendo in considerazione l'andamento di quelle che sono delle grandezze economiche, ad esempio, l'andamento crescente tipico di un’economia in cui aumenta il pil, vediamo come conseguentemente alla crescita di questi indicatori, cresce anche l'uso di risorse. Quindi, se l'uso di risorse fosse perfettamente sovrapponibile alla crescita del benessere, avremmo una condizione di non sostenibilità, perché significa che ad ogni unità di ricchezza in più aumenta il consumo di risorse. Quindi non sarebbe un andamento disaccoppiato. Se ho un andamento di crescita minore ho quello che si chiama un disaccoppiamento delle risorse. Lo stesso ragionamento può essere applicato agli altri fattori. In altre parole, se alla crescita economica si ha un andamento disaccoppiato, quindi che va in senso inverso a quello dell’indicatore principale, io sto operando in una logica di sostenibilità. Con meno uso di materiali, di energia, di acqua o di terra ottengo la stessa e produzione. La dematerializzazione viene spesso considerata come una condizione necessaria per raggiungere lo sviluppo sostenibile delle risorse, ed è sinonimo di assoluto disaccoppiamento delle risorse. Nel 2005 la commissione europea ha pubblicato un libro verde sull’efficienza energetica che riporta una serie di priorità, tra le quali quella di migliorare la disponibilità e la qualità delle informazioni sui consumi energetici e sulle tecnologie a basso consumo di energia; migliorare l'efficienza energetica anche nel settore dei trasporti, visto che questo settore è responsabile del consumo più elevato di prodotti petroliferi; ridurre la domanda di energia. Questo grafico ci mostra un dato significativo: mettendo insieme tutti i livelli di energia risparmiata a livello comunitario si riesce a raggiungere una quota che è praticamente paragonabile a una quota energetica. (Megajoule) Anche nel settore dell’efficienza energetica è stata messa a punto una specifica norma tecnica volontaria, inizialmente nota come ISO16.001, oggi classificata come ISO50.000, che è un modello fondamentalmente basato sul modello PDCA, e si può applicare a ciascuna attività che vuole portare a termine un risparmio energetico: parte da una politica energetica, una fase di pianificazione, una fase implementazione operatività, e un sistema di miglioramento continuo. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, il legislatore ha creato un mercato ad hoc, quello dei titoli di efficienza energetica o il mercato dei certificati bianchi, in cui c’è un obbligo di risparmio energetico da raggiungere associato ai distributori di energia elettrica e gas. Il sistema ruota intorno ad un soggetto che vigila (ARERA). Estendendo le considerazioni fino al 2050, gli scenari energetici sono ancora fondamentalmente legati all’uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone e gas) per poi entrare in tutto quello che è il settore delle fonti rinnovabili. Per quanto noi oggi stiamo parlando di incrementi rilevanti della quota di fonti rinnovabili, indubbiamente anche per i prossimi 20/30 anni i combustibili fossili avranno ancora un ruolo importante (+45% di domanda energetica). Il quadro energetico italiano vediamo come tra il 2000 e il 2015 ha un contributo importante che viene dal petrolio e dal gas naturale (energia primaria) per tutti gli usi dell'energia, ed è meno evidente la transizione che sta facendo l’Italia verso le rinnovabili e il gas naturale, anche se la quota del 14% persa dal petrolio è stata conquistata da rinnovabili e gas. Non dobbiamo dimenticare che la caratteristica tutta italiana è una quota importante di energia elettrica che viene dall’estero, derivante soprattutto da una totale rinuncia all'uso della fonte nucleare. Se andiamo a disaggregare la produzione di Enel vediamo che la transizione energetica italiana appare più evidente, perché è riferita alla sola produzione di Enel di energia elettrica in Italia, una quota importante di denaro che viene dalle rinnovabili circa il 43%, ma comunque il gas ha una quota importante del 35%. In Francia il 78% dell'energia prodotta in viene dal nucleare. Se facciamo una media viene fuori che la dipendenza energetica italiana, per quanto riguarda le fonti fossili, è dell’80%. La questione della fattura energetica italiana ha una rilevanza importante perché vediamo come fino al 2008 c’è un andamento sempre crescente, c'è un solo una piccola flessione dopo il 2008 conseguente alla crisi economica, dove probabilmente abbiamo consumato di meno in virtù della crisi, però è significativo esaminare anche la fattura energetica in termine dei singoli componenti: tra le cose significative la crescita, dal 2007 in poi, della quota che riguarda la biomasse e biocarburanti. Questa progressiva transizione verso uno scenario energetico diverso, ci fa vedere come le emissioni in tonnellate equivalenti di anidride carbonica sono sempre crescenti. Questo ci porta anche a una serie di considerazioni, e riguardo a quelli che sono stati gli studi per valutare l'intensità emissiva va associato naturalmente a quella che è la situazione della temperatura media terrestre. quindi periodo considerato 1880 al 2020. Cambia il modo di produrre e distribuire energia: ad oggi la generazione e la distribuzione di elettricità avviene attraverso centrali di grandi dimensioni. Questo sistema genera criticità: - il flusso di energia è unidirezionale (dal luogo di produzione a quello di consumo); - Utenti passivi, sono solo consumatori; - Energia combustibili viene in alcune percentuali persa; - Elevati costi di costruzioni e manutenzione; - Mancata intelligenza di rete. Oggi si sta cercando di muoversi verso approcci “smart grids” (sistemi in rete con centrali molto più vicine al luogo di consumo, e di dimensioni ridotte). Protagonista di questo approccio è l’intelligenza, anche artificiale, con inserimento di flussi bidirezionali consumatore-produttore. L’intelligenza della rete permette di gestire, attraverso i contatori intelligenti, l’interruzione di forniture per far fronte alla domanda, o chiedere ai consumatori di immettere l’energia autoprodotta sulla rete. Rischi globali per l’umanità Il riscaldamento globale così come il collasso dell’ecosistema riguarda tutta l’umanità. Rockstrom nel suo “l’umanità e i limiti del pianeta” individuò alcune questioni: - Quale può essere l’impatto dell’umanità sull’ambiente fisico; - È possibile identificare i limiti operativi prudenziali di questa attività per consentire uno sviluppo che rimanga entro i limiti del pianeta. Contesto ambientale attuale l’ambiente ha subito diverse crisi caratterizzate da diversi fattori che hanno però elementi di interdipendenza: - Influenzano direttamente e indirettamente esposizione a fattori ambientali con effetti sulla salute e il benessere umano; - Sono legate a modelli di consumo e uso delle risorse; - L’evoluzione dipende da tendenze europee e da megatendenze globali. Rockstrom, ha proposto un modello di riferimento: il modello dei 9 confini planetari. Per confine planetario si intende lo spazio operativo sicuro per l’umanità. Ha individuato 9 settori che corrispondono alle 9 maggiori emergenze a livello globale. Ed individua che 3 dei 9 confini erano già stati oltrepassati: cambiamento climatico; ciclo dell’azoto; perdita di biodiversità. Umanità e limiti del pianeta: il 10% della popolazione mondiale richiede un elevato utilizzo di risorse, ed è anche il più ricco a livello mondiale tale da detenere il 57% del reddito globale. La biocapacità del pianeta è stata largamente superata, e si è arrivati già ad utilizzare in modo figurato l’equivalente di un pianeta e mezzo. Se il modello sociale del “business as usual” continuasse ad essere il prediletto, entro il 2050 l’umanità avrebbe bisogno di una Terra grande tre volte la sua reale dimensione per soddisfare i propri bisogni. Verso la sostenibilità La consapevolezza europea per le emergenze ambientali sta crescendo. Le 3 principali tematiche di sensibilizzazione sono il cambiamento climatico, l’inquinamento dell’aria e i rifiuti. [“Effetto Greta”: danno intergenerazionale su cui ricadono gli effetti sui danni ambientali]. Attuali modelli economici, quelli possibili e quelli futuri: - Sviluppo Sostenibile (rapporto Brundtland); - Blue Economy (anni 90, modello rigenerativo e resiliente); - Green Economy (1989 Blueprint per una green economy); - Economia Circolare (si afferma di recente, prevede meccanismi di retroazione provenienti dai sistemi viventi); - Sharing Economy (nuovo modello basato non sull’acquisto e la proprietà, ma sul riuso e la condivisione). Secondo Bostman, i tratti distintivi della sharing economy sono: condivisione, relazioni P2P, piattaforme tecnologiche. Le 4 principali pratiche dell’economia condivisa sono il riutilizzo dei beni; l’ottimizzazione dell’uso di beni durevoli; lo scambio di servizi e la condivisione dei mezzi di produzione e degli spazi. La green economy mira alla riduzione dell’impatto ambientale garantendo lo sviluppo sostenibile attraverso l’uso di energie rinnovabili, riduzione dei consumi e riciclaggio dei rifiuti. La blue economy intende invece creare un ecosistema sostenibile attraverso la trasformazione di sostanze precedentemente sprecate in risorse di valore. Mentre l’economia circolare tende più alla sostenibilità, la green economy tende invece ad una maggiore tutela della biodiversità. L’UE è divisa in due blocchi: In marrone i paesi meno virtuosi che usano discariche; Virtuosi: come Belgio, Svezia, etc. Questi comportamenti sono traducibili nella gerarchia dei rifiuti introdotta con direttiva 2008/98/CE. Esiste una gerarchia comunitaria sulla gestione dei rifiuti. Scendendo lungo la piramide si perdono punti in termini di vantaggio economico, come il livello di sostenibilità (Economici e ambientali) > perché non riqualifico il valore economico dei beni che smaltisco. Il modello vincente per la gestione dei rifiuti CONAI: consorzio nazionale imballaggi Il meccanismo del sistema CONAI per la gestione degli imballaggi prevede un’attiva partecipazione da parte della cittadinanza, attraverso la raccolta dei rifiuti urbani. Seguito dal ruolo dei Comuni, il cui compito è quello di organizzare sul territorio la raccolta differenziata e di comunicarlo ai cittadini. I Consorzi di Filiera (gestiscono le fasi a valle della gestione dei rifiuti), dai centri di selezione si prendono carico del materiale raccolto e ne garantiscono l’avvio a riciclo. L’Italia, in relazione ai Paesi UE, si trova nella condizione di attività di studio più basse. Importante è il confronto con Svezia e Finlandia, dove si riscontrano le percentuali più alte di cittadini formati. Nonostante molti ritenessero che il consumo di carta sarebbe ridotto con la rivoluzione tecnologica, i dati smentiscono questa ipotesi. La carta continua ad essere un prodotto fondamentale per molti aspetti della nostra vita quotidiana anche se era stato pronosticato che i media elettronici avrebbero causato una contrazione della domanda mondiale. La rivoluzione dell’informazione elettronica non ha prodotto l’ufficio senza carta. La diffusione di computer, stampanti e fotocopiatrice ha invece aumentato il suo consumo. La carta resta fondamentale per l’istruzione, le comunicazioni, l’imballaggio, gli usi domestici e genico- sanitari. Il consumo di carta resta uno degli indicatori dello sviluppo economico di un paese. USA ed Europa occidentale sono di gran lunga i maggiori consumatori di carta, ma il consumo sta crescendo molto rapidamente in Cina e in India, in parallelo con l’espansione delle loro economie. Attualmente, ci sono circa 3600 cartiere in Cina, ma gli esperti prevedono altre 200- 220 imprese entro il 2010 e 2011. La produzione di carta in Cina ha ancora ampi spazi di crescita, considerando che il consumo pro capite di carta in Cina è di 54,8 kg su abitante, contro circa 280 kg nel Nord America, 245 kg in Giappone ehi 142,4 in Europa (valore medio). In Italia si nota che al crescere della ricchezza aumenta l’uso degli imballaggi. È un problema tipico delle società ricche. Rischio? Maggior produzione di rifiuti. Innovare il processo di produzione in linea con l’esigenza di tutelare l’ambiente può avere importanti effetti positivi sulla competitività aziendale. Un esempio emblematico è quello dei frigoriferi: dall’utilizzo dei gas clorofluorocarburi per la refrigerazione, dall’alto consumo energetico e la difficoltà di smaltimento, si è passati a nuovi gas refrigeranti, miglioramento dei materiali di isolamento e compressori, e così ad un miglioramento del 10% nell’efficienza energetica a parità di costo del prodotto [Condizione fondamentale è la possibilità che i clienti siano disposti a pagare un premium price tra il 5-10%]. Il modello di analisi IPO permette di comprendere meglio la propensione di un sistema produttivo verso la sostenibilità. Quindi normalmente si va a vedere tutta la parte iniziale di input (materie prime, energie), una fase centrale riguardante il sistema di produzione, infine gli output. Da una parte abbiamo macro-inquinanti, quindi rifiuti di produzione. Infine, si tiene conto della possibilità di recupero dei rifiuti in un’ottica propria dell’economia circolare. Ma qual è l’origine dell’economia circolare? Dalla rivoluzione industriale in poi lo sviluppo delle nostre economie è avvenuto all’insegna del prendi, produci, usa e getta, con un modello di crescita lineare. Con il presupposto che le risorse fossero abbondanti, disponibili, accessibili ed eliminabili a basso costo. Sono sistemi produttivi che hanno consumato molte risorse. un anello di oro da 5 g è pari a 2 t di materie prime. un diamante di 2 g è pari a 106 kg di materie prime 12 battute bottiglie da vino sono pari a 2 kg di materie prime uno spazzolino da denti è pari a 1,5 kg di materie prime un paio di scarpe 8000 litri di acqua una maglietta a 2700 l di acqua un foglio a quattro a 10 l di acqua. Oggi questo modello sta compromettendo la competitività dell’Europa e resta la stessa sopravvivenza dell’uomo sulla terra. Infatti se si perseguisse il modello lineare secondo le stime di crescita demografica i risvolti saranno significativi. Si pensi al passaggio di un’importante porzione di popolazione alla fascia media dei consumi. Circa 1,8 miliardi di persone si uniranno alla classe media nel 2025, mentre l’aumento generale della popolazione sarà di 1,1 miliardo. Questo rappresenta la più grande e veloce crescita del reddito disponibile. In aggiunta, ci saranno più consumatori ricchi nell’area OCSE. Si stima un amento dell’imballaggi e 47% è un incremento dei rifiuti del 41%, dato il possibile aumento della spesa per l’alimentazione del 57%. La Banca mondiale ha descritto il prossimo aumento della domanda dei consumatori come una potenziale bomba. Green economy Il concetto abbastanza nuovo anche se già la dichiarazione di Rio del 92 includeva principi che promuovessero l’internalizzazione dei costi ambientali e l’uso di strumenti economici, quali il principio 16, così come la promozione della produzione e del consumo sostenibili, principio otto. A livello internazionale non è stata ancora stabilita una definizione univoca e chiara di Green economy, tuttavia esistono numerose definizioni sperimentali. Un esempio sono le definizioni che limitano la materia semplicemente al settore dell’energia pulita. Nonostante la disparità nelle definizioni è opinione comune che essa rappresenti la confluenza dello sviluppo economico, dello sviluppo della forza lavoro e della tutela dell’ambiente. I valori associati ai servizi ecosistemici, pur non essendo generalmente valutati in termini economici, sono sostanziali. Una delle difficoltà principali è che costi crescenti associati all’aumento della scarsità ecologica non si riflettono normalmente sui mercati. Da una ricerca condotta con il supporto delle Nazioni Unite, conclusa il 2005, è emerso che oltre 60% dei beni e servizi degli ecosistemi importanti del mondo sono stati degradati o utilizzati in modo non sostenibile. I cambiamenti sugli ecosistemi hanno contribuito ad un aumento del benessere del pianeta, ma degradando la capacità gli ecosistemi di fornire servizi, aumentando il rischio di cambiamenti non lineari e il livello di povertà di alcuni settori della popolazione. Servizi e beni ecosistemici: acqua dolce pesca di cattura depurazione delle acque trattamento di rifiuti cibi selvatici risorse genetiche e biochimiche legna da ardere impollinazione valori spirituali ed estetici regolazione del clima regionale e locale. Considerazioni generali sull’energia Lo sviluppo della civiltà è stato accompagnato da un impiego crescente di energia in forma sempre più concentrata e versatile. Lo sviluppo economico è quindi accompagnato da un enorme aumento della quantità di energia consumata. Ma il sole manda al giorno sulla terra una quantità di energia 20.000 volte superiore a quella che l’umanità consumo in un giorno. Le diverse forme di energia sono misurate con unità differenti scelte anche per motivi pratici: il petrolio in barili, e il gas in metri cubi, il carbone in tonnellate. La fisica misura il contenuto comune di energia attraverso la caloria o attraverso il joule. Nei comuni bilanci energetici viene anche usata la tonnellata equivalente di petrolio o tep, che rappresenta la qualità di energia rilasciata dalla combustione di 1 t di petrolio greggio è pari a circa 42 giga joule. 1 t equivalente di petrolio corrisponde a circa 6,841 barili, ogni barile equivale a circa 15 8,99 l di olio greggio. Produzione e tecnologie energetiche Via via che ci sono state le invenzioni più importanti, e a causa anche della crescita demografica, la domanda globale di energia è aumentata notevolmente. Un’altra considerazione è anche com’è cambiato il modo di fare energia: nel XV secolo l’energia era generata con l’uso degli animali, nel XIX secolo entra il carbone, per arrivare poi nel XX secolo dove compaiono nuove fonti energetiche e ne cominciano a sparire alcune. Si sta assistendo ad un progressivo spostamento della domanda energetica globale verso zone che hanno un forte sviluppo economico in corso, tra cui Cina, Indie a Sud – Est asiatico. Questi paesi hanno registrato più del 65% in più di domanda di energia. L’energia rappresenta a capacità di un sistema di compere un lavoro. In natura, ogni sistema fisico contiene o immagazzina un determinato quantitativo di energia. Però, non tutta l’energia di un sistema può essere immagazzinata in forma utilizzabile; cioè, la quantità di energia di un sistema, disponibile per produrre, può essere inferiore a quella totale del sistema. Dobbiamo sempre tenere conto delle perdite di un processo di produzione. In generale, tutta l’energia disponibile sul nostro pianeta deriva direttamente o indirettamente dal sole: idrica, eolica, chimica. Due eccezioni che risalgono alla formazione della Terra sono l’energia geotermica e quella nucleare. L’energia solare, da sola, eroga in un anno molto più della quantità di energia prodotta da tutte le altre fonti. Alla base della trasformazione energetica vale il primo principio della termodinamica: legge di conservazione dell’energia. Afferma che l’energia di un sistema non si crea né si distrugge, ma si trasforma passando da una forma ad un’altra. I combustibili (sostanze solide, liquide o gassose in grado di reagire con l’ossigeno dell’aria (comburente) e sviluppare energia termica (calore) e quindi lavoro) sono alla base della produzione energetica. Quando un combustibile brucia, la sua energia chimica si trasforma in calore. Questa si può trasformare in altre forme di energia. Dal punto di vista economico è essenziale conoscere e sfruttare al massimo le capacità energetiche dei combustibili (potere calorifico e qualità). Nel processo di combustione, i combustibili che presentano un valore elevato del rapporto idrogeno/carbonio nella loro struttura, producono meno CO2 durante la loro combustione. I combustibili fossili hanno assunto un ruolo rilevante nella nostra società per via, soprattutto, del costo relativamente basso dell’energia ottenuta; per via della loro elevata densità energetica e la relativa semplicità delle tecnologie per la loro combustione. Ancora oggi, nonostante siamo in un’economia in transizione verso le rinnovabili, la consistenza dei sussidi legati ai combustibili fossili è molto rilevante. In Italia, il CIP 6 nato per sostenere, attraverso la componente A3 della bolletta, la produzione di fonti rinnovabili attraverso l’estensione alle cosiddette “fonti assimilate” ha esteso questi sussidi anche alle centrali alimentate da combustibili fossili. Esistono poi altri sussidi, come il servizio di interrompibilità dove l’operatore di sistema (TERNA, in Italia) può chiedere volontariamente alle aziende di interrompere le loro esigenze di energia perché ci sono elevate richieste dalla rete. Una centrale termoelettrica è un impianto che usa vapore o gas per la produzione di energia elettrica. Si divide in caldaia, turbina, alternatore, bruciatore e impianto di raffreddamento. Il calore sviluppato dalla combustione fa aumentare il calore dell’acqua e si ottiene vapore. Nella fase iniziale, il vapore in uscita dal ciclo precedente preriscalda l’acqua all’interno della caldaia. Il vapore proveniente dalla caldaia viene fatto espandere in una turbina che, collegata ad un rotore, alimenta direttamente il sistema elettrico principale della centrale. L’energia meccanica viene convertita in energia elettrica attraverso fenomeni di conversione elettromagnetica all’interno dell’alternatore. Un particolare tipo di centrale termoelettrica è la centrale turbogas che usano il gas metano, ed hanno la possibilità di funzionare in un ciclo combinato. Alla fine del primo ciclo, quindi in uscita dalla caldaia, il calore dei fumi viene utilizzato per scaldare l’acqua da inviare ad una turbina termica. In questo modo riusciamo a raccogliere maggiore energia termica dal vapore. Questa tecnologia ha dei rendimenti migliori. I principali vantaggi degli impianti termoelettrici sono dei costi ridotti, una facile ubicazione della centrale ed un costo di produzione dell’energia elettrica estremamente competitivo. Gli svantaggi sono l’uso di combustibili esauribili ed inquinanti, e la perdita di energia in ogni passaggio. Una centrale idroelettrica sfrutta dei salti altimetrici per raccogliere l’energia potenziale dell’acqua e trasformarla in energia cinetica, che mette in movimento una turbina collegata al sistema elettrico della centrale. Le centrali più importanti includono anche un sistema di pompaggio notturno che va a rifornire il bacino idrico che alimenta la centrale. In base alla potenza nominale si distinguono: - Microimpianti: <100 kWp - Mini – impianti: 100 kWp – 1MWp - Piccoli impianti: 1- 10 MWp - Grandi impianti: > 10 MWp Interessante il settore dell’idroelettrico su piccola scala perché ha impatti ridotti rispetto alle centrali idroelettriche tradizionali. Stiamo assistendo a quello che viene definito “grande tsunami idroelettrico” che prevede la costruzione di 3700 dighe. Se questi impianti verranno costruiti l’idroelettrico arriverà al 18% del totale nel mix energetico globale e potrebbe in parte risolvere il previsto aumento dei consumi energetici. Le 3700 nuove dighe, però, ridurrebbero ulteriormente in numero dei grandi sistemi fluviali (free lowing river) rimasti senza sbarramenti. Questi danneggiano l’intero ecosistema fluviale poiché impediscono i movimenti della fauna acquatica e altera il flusso delle piene. La costruzione di grandi dighe significa costringere milioni di persone ad abbandonare valli fluviali abitate da millenni. In molti casi si tratta di zone ad alto rischio sismico, in altri casi di fiumi che scorrono in più paesi, e questo porterebbe ad un aumento delle tensioni internazionali. Per quanto riguarda i mini – impianti, vediamo che molti sono i fattori che rendono questa categoria di centrali molto interessante: - Copertura della domanda elettrica nazionale: anche se di potenza limitata possono apportare contributi ad ampliare il mix energetico; - Salvaguardia dell’ambiente: gli impianti di piccola taglia sono caratterizzanti da scarso impatto sul territorio, possono essere gestiti da piccole comunità e integrati nell’uso equilibrato della risorsa acqua; - Tutela del territorio: a presenza di piccoli impianti induce all’osservazione e manutenzione del territorio; - Tecnologia: gli impianti mini si basano su tecnologie consolidate negli impianti maggiori; nel caso del micro, invece, le tecnologie sono più innovative e mostrano ampi margini di sviluppo; - Costi di installazione e tempi di ritorno dell’investimento: competitivi rispetto alle altre fonti di energia rinnovabili, anche grazie alle forme di incentivo. Le tecnologie micro – idroelettrico sono impianti con meno di 100kW di potenza che sfruttano risorse idriche minori, disponibili in molteplici siti; necessitano di una limitata risorsa idrica e producono energia vicino alle utenze. Le centrali idroelettriche si diversificano sulla base delle tipologie degli impianti: - Ad acqua fluente: l’acqua viene convogliata in un canale di derivazione, non una condotta forzata, e inviata alle turbine che ruotano grazie alla spinta dell’acqua; - Centrali a bacino: viene creato un bacino di carico, per mezzo dello sbarramento di una gola fluviale tramite una diga, da cui partono le condotte forzate che arrivano alle turbine. Per smorzare l’energia dell’acqua, ed evitare effetti negativi sulle turbine (come il colpo d’ariete) viene interposto un pozzo piezometrico prima della turbina; - Centrali con impianti ad accumulazione: sono dotati di un bacino di raccolta dell’acqua anche a valle. L’acqua che ha generato energia durante il giorno viene raccolta e riportata a molte nelle ore in cui la richiesta di energia è minore, sfruttando l’energia elettrica prodotta in eccesso dalle centrali di tipo “aways on”. I principali svantaggi sono derivanti dal progressivo interramento dei bacini; dall’erosione accelerata dall’interposizione di dighe sul corso d’acqua; da impatti ambientali che provocano la perdita di habitat naturali e spostamenti di popolazione; e da incidenti rilevanti come quello del Vajont nel 1963. Le centrali solari sono centrali che utilizzano l’energia del sole per produrre corrente elttrica. La brevità con cui le biomasse si rigenerano fa sì che queste rientrino all’interno delle fonti rinnovabili. È però necessario che le biomasse provengano da pratiche aventi impatto ambientale basso o nullo. Quando brucio le biomasse viene comunque prodotta anidride carbonica, ma la stessa quantità emessa durante la combustione viene assorbita dall’atmosfera durante la crescita delle biomasse. Il processo è ciclico. In linea di principio, fino a quando le biomasse bruciate sono rimpiazzate con nuove biomasse, l’immissione netta di CO2 in atmosfera è nulla. Sempre il decreto prevede anche una garanzia di origine: un documento elettronico che serve a provare al cliente finale che un determinato quantitativo di energia acquistata sia prodotta da fonti rinnovabili. In Italia il settore delle biomasse è fortemente in crescita. Alcuni esempi di biomassa potrebbero essere la manutenzione del verde agricolo e urbano; la raccolta di potature; la gestione forestale e le produzioni dedicate. I processi di trasformazione delle biomasse sono essenzialmente 3: - Processi biochimici: permettono di ottenere biocombustibili grazie a reazioni chimiche prodotte da particolari agenti come enzimi, funghi e microrganismi, che si formano nella sostanza trattata in particolari condizioni; - Processi termochimici: si basano sulla degradazione termica della biomassa per produrre direttamente energia termica o altri prodotti che poi potranno essere utilizzati a scopi energetici; - Processi di estrazione di oli vegetali: sono tecnologie applicate a piante oleaginose quali palma, soia, girasole o colza che consistono in una fase di spremitura a freddo dei semi e successiva filtrazione dell’olio vegetale puro che può essere utilizzato come biocombustibile. Tra i processi industriali maturi per la produzione di biomasse troviamo: - Combustione diretta; - Produzione di biogas da fermentazione anaerobica di reflui zootecnici, civili e agroindustriali; - Trasformazione in biocombustibili di 1^generazione legati a coltivazioni di tipo alimentari. Tra i processi industriali non ancora ritenuti maturi abbiamo, invece i processi di gassificazione e pirolisi; e di produzione di biocombustibili liquidi di 2^generazione. I processi termochimici sono quelli più semplici. Consiste nell’azione del calore che va a trasformare la materia prima in energia. - La combustione diretta è quella più semplice. Si realizza in generale all’interno di caldaie. Abbiamo buoni rendimenti di combustione se si utilizzano sostanze ricche di cellulosa e lignina; - La carbonizzazione è un processo di pretrattamento di materiale vegetale che porta all’ottenimento di carbone. Si somministra calore in presenza di poco ossigeno e si ottiene il carbone vegetale; - La pirolisi è un trattamento ad alta temperatura (400 – 800°C) in assenza, o comunque in pochissima presenza, di aria. Si ottengono prodotti gassosi, liquidi e solidi sulla base dei metodi utilizzati. Le prospettive sono migliori per impianti di grandi dimensioni; - La gassificazione trasforma il combustibile fossile in un gas, ad alta temperatura (900 – 1000°C). Presenta ancora alcuni problemi, principalmente per il non elevato potere calorifico dei gas ottenuti e per le impurità presenti. Per rendere economicamente più valido questo processo si trasforma il gas in alcool metilico (o metanolo) che può essere impiegato per l’azionamento dei motori. Il metanolo può essere poi raffinato per ottenere una benzina sintetica con potere calorifico analogo a quella tradizionale. Alcune tipologie di biomassa legnosa sono: legno in varia pezzatura utilizzato in sistemi di potenza non elevata come le tradizionali stufe o caldaie; bricchette di legno ottenute per pressatura di trucioli hanno dimensioni simili ai tronchetti; pellet di legno ottenuti aggregando materiali di scarto ed hanno elevata densità energetica; legno cippato. Una risorsa è qualunque bene che esiste in natura, ed è utilizzabile dall’uomo. Le riserve sono quella parte delle risorse sfruttabili dall’uomo con i mezzi e le tecnologie disponibili. Una risorsa diventa riserva solo se il suo sfruttamento è economicamente conveniente. Discorso importante, oggi per valutare le riserve d gas e di petrolio. Le risorse si dividono in identificate e no, mentre le riserve in provate, probabili e possibili. Come si legge un bilancio energetico? Il consumo e la domanda di energia vengono presentati in un’unità di misura particolare: il tep. La tonnellata equivalente di petrolio, e il suo multiplo più usatto Mtep (un milione di tep), rappresenta a quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio greggio e vale circa 42Gj o 11.63MWh. 1Tep = 7.4 barili di petrolio. Il consumo e la domanda di energia elettrica vengono invece presentati in KWh o nei suoi multipli. Il Watt è l’unità della misura erogata o assorbita. Il bbl (barile) è un’unità di misura usata nel mondo degli idrocarburi liquidi. Nasce come unità di misura quando i liquidi estratti dai pozzi venivano trasportati in barili di legno, entrò in uso nei campi petroliferi della Pennsylvania e rimase in vigore anche successivamente all’introduzione di sistemi di trasporto più efficienti. Un barile di petrolio corrisponde a circa 159 litri di petrolio. Oil & Gas industry La Oil & Gas industry è un’industria complessa che opera nel campo degli idrocaburi, coprendo le attività di ricerca, produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione. Le caratteristiche più importanti sono: opera su risorse naturali; ha dimensione internazionale; risente dell’innovazione tecnologiche; richiede alti investimenti; opera su scenari di medio – lungo termine; subisce la volatilità dei prezzi delle altre materie prime; risente degli scenari geopolitici; etc. Il petrolio è considerato una materia prima globale, ma nella sua forma greggia non ha alcun valore. Le materie prime derivanti dal petrolio derivano tutte da un processo di raffinazione, che aggiunge valore a quello che è il petrolio greggio. Il processo di raffinazione è un processo chimico che consente di riscaldamento del petrolio che isola le sostanze chimiche più utili nel prodotto finito (ad es. benzina). Il modo tradizionale di descrivere la qualità del petrolio è in termini di dolcezza (sweetness) o di pesantezza (heaviness). La dolcezza è legata al quantitativo di zolfo presente nella materia prima, più zolfo c’è più è difficile da lavorare. La pesantezza è invece legata alla densità: greggi più leggeri possono essere raffinati in prodotti di valore più elevato, come la benzina. Il gas naturale è per lo più metano, e viene anch’esso descritto come dolce o acido a seconda della quantità di idrogeno solforato presente nel giacimento. Le riserve di petrolio vengono generalmente misurate in tonnellate o barili. Le quanità prodotte sono abbrevite in BBL/D o BPD (barili per day). La value chain si divide in tre parti: - Upstream: include attività di ricerca e produzione. È una fase comune a tutti i combustibili fossili; - Midstream: include il traspoero ai mercati di trasformazione e consumo; - Downstream: include la raffinazione del petrolio e la distribuzione del gas e dei prodotti della raffinazione. - Di solito, petrolio e gas, si trovano insieme in uno stesso giacimento. Se il serbatoio contiene solo gas, e niente petrolio, il gas sarà non associato; se invece il serbatoio contiene sia petrolio che gas, il gas sarà definito associato. Il gas associato è disciolto nel petrolio o ne costituisce lo strato di copertura. Al momento dell’estrazione del greggio anche il gas fuoriesce. In alcuni paesi le imprese riescono a catturare questo gas e a riutilizzarlo, in altri, meno dotati di infrastrutture per il trasporto, si brucia (fiammella perpetua accanto ai pozzi di estrazione). La banca mondiale stima che la combustione del gas associato raggiunge i 140 miliardi di metri cubi l’anno con un’emissione di più di 300 milioni di tonnellate l’anno. Il profilo tipico della produzione di un campo petrolifero si divide in 3 fasi: - Build up: fase iniziale di costruzione, ed inizio produzione; - Peak: fase di massima quantità estratta; - Decline: diminuzione della produttività, con conseguente abbandono (decommissioning). Le tre fasi più importanti della catena del valore: Nella fase di upstream i cicli, per petrolio e gas naturale, si equivalgono. I processi sono diversi dalla fase di midstream: mentre il petrolio può essere trasportato solo attraverso oleodotto o nave, il gas naturale prevede un trasporto via gasdotto, o sotto forma di GNL (gas naturale liquefatto) sulle metaniere, per arrivare alla destinazione finale dove viene riportato alla forma gassosa e immesso in rete. Nella fase di downstream petrolifero abbiamo la prima fase di raffinazione, che non è invece inserita nel downstream relativo al gas. Per il resto distribuzione e marketing sono praticamente uguali. La catena del valore dell’industria Oil & gas: La nuova area della bioeconomia, relativa a biogas e biocarburanti. I principali operatori sono soggetti che si differenziano per: - Assetto proprietario; - Operatività internazionale; - Servizi forniti; - Fasi del ciclo di business coperte. Che danno luogo a quattro diverse tipologie di operatori: Il Medioriente rimane, ancora oggi l’area con il maggior livello di export. In questa regione le NOC hanno assunto un ruolo dominante sui mercati petroliferi per l’accresciuta capacità finanziaria e per il miglioramento delle competenze tecniche e tecnologiche. Le IOC hanno perso terreno, e l’accesso alle risorse petrolifere è sempre più sotto il controllo delle NOC; tuttavia, le IOC sono ancora il motore dello sviluppo e dell’innovazione del settore. Le attuali IOC sono nate da fusioni di società importanti nel campo petrolifero (ad es. le 7 sorelle). MIDSTREAM e DOWNSTREAM Una volta estratto il petrolio necessita di un processo di raffinazione (refining), quindi andrà trasportato dal luogo di estrazione agli impianti di raffinazione. Storicamente le raffinerie sono localizzate nei paesi industrializzati, dove avviene il maggior consumo. La non coincidenza tra aree produttive e di consumo ha dato vita a flussi di scambio globali. Le principali modalità di trasporto sono via mare o via terra. In particolare, nei trasporti via terra bisogna tenere in considerazione la distanza da percorrere: per grandi distanze è conveniente l’oleodotto per via dei ridotti costi di gestione (anche se prevede degli ingenti investimenti iniziali); per distanze e volumi ridotti conviene sempre il trasporto ferroviario o su gomma. Ciclo operativo della raffinazione - Processi di separazione: il petrolio greggio viene scomposto nelle sue diverse frazioni, differenti per proprietà chimico – fisiche; - Processi di conversione: alcune frazioni petrolifere, a causa della loro densità o delle loro caratteristiche, vengono trattate chimicamente e fisicamente per aumentare la resa di prodotti a maggior valore commerciale e per raggiungere gli standard ambientali; - Processi di trattamento finali: i prodotti finali dei processi di conversione sono trattati con additivi particolare, sulla base delle richieste del mercato finale. Processi di conversione: - Processo di cracking: possibilità di trasformare prodotti pesanti in prodotti più leggeri; - Processo di reforming: usato per aumentare la qualità delle benzine; - Processo di desolforazione: per rimuovere lo zolfo presente negli idrocarburi; - Processo di alchilazione: processo per convertire i sottoprodotti gassosi del cracking in idrocarburi liquidi a più alto peso molecolare e di maggiore valore economico. Dal punto di vista economico il petrolio ha valore non solo per il settore dei trasporti, ma anche per usi diversi Distribuzione e marketing La logistica distributiva è l’anello finale della catena del valore dell’industria petrolifera, ed include anche le infrastrutture necessarie alla trasformazione e allo stoccaggio e al trasferimento alla rete di distribuzione dei prodotti petroliferi. Le compagnie petrolifere commercializzano i propri prodotti in vari settori sia con sistemi all’ingrosso (per i clienti industriali e commerciali), sia al dettaglio attraverso stazioni di servizio di proprietà della compagnia (COCO: company owned, company operated). Le stazioni di servizio hanno margini unitari più elevati rispetto a quelli dei distributori industriali o commerciali, ma con volumi minori e maggiori investimenti di capitale. Tra le strategie per decarbonizzare le società attuali e renderle più sostenibile esiste una tecnologia CCS (carbon capture and storage) che ha l’obiettivo di catturare l’anidride carbonica che andrebbe immessa in atmosfera e confinarla in una serie di depositi naturali (stratificazioni orizzontali di rocce impermeabili, vecchi giacimenti di gas o di petrolio, iniezione in acquiferi salini molto profondi). Questo potrebbe garantire la possibilità di usare impianti termoelettrici tradizionali, rendendoli più sostenibili dal punto di vista ambientale. Limiti e prospettive per il mercato delle fonti rinnovabili A livello europeo vediamo che il mix energetico dei 28 stati membri è molto diversificato: 11 paesi mostrano una quota di rinnovabili nel consumo interno lordo totale superiore al 15%, mentre quelli dell’est fanno ancora largo uso di combustibili solidi e 12 paesi registrano una quota di prodotti petroliferi ancora superiore al 35%. L’Italia dipende fortemente dall’estero per l’approvvigionamento energetico. Dipende anche, e soprattutto, per la tecnologia (ad es. il fotovoltaico). Inoltre, l’Italia, da più di 20 anni, ha deciso di seguire una politica di incentivi per la produzione di energia dei privati favorendo i sistemi di autoproduzione e autoconsumo (attraverso scambio sul posto, ecc), abbandonando completamente il nucleare. Un fenomeno attuale sono le imprese italiane che investono in rinnovabili all’estero. Le imprese italiane, probabilmente, scontano oggi il mancato sviluppo di una filiera specifica per questo tipo di tecnologie. Il nuovo programma energetico italiano non è ancora definito. Manca ancora una politica energetica chiara, che porti a adeguare il modello produttivo; razionalizzare i consumi nei vari settori; migliorare le tecnologie e le logiche della distribuzione. Riguardo alle FER oggi esistono tre livelli di tecnologie: - Prima generazione: idroelettrico, geotermia e biomasse tradizionali; - Seconda generazione: eolico, solare termico e fotovoltaico; - Terza generazione: onde, maree, biomasse innovative e geotermia avanzata. Nel mercato delle FER abbiamo tre tipi di players, diversi tra loro per strategie di internazionalizzazione: - Imprese globali: hanno ampia visione dei mercati internazionali e strategie di crescita rivolte a tutto il mix energetico. Si tratta dei principali player europei (Enel, Iberdrola, etc.); - Imprese tradizionali: con una vocazione prevalentemente nazionale e una strategia di crescita su mercati nazionali solitamente rivolta al core business. Solo in parte diversificano in rinnovabili. - Imprese nuove: con un core business specifico per le energie rinnovabili. Hanno una vocazione prevalentemente nazionale ed una strategia di crescita sui mercati nazionali rivolta ad accrescere la propria capacità di produzione di energie rinnovabili. Per quanto riguarda gli investimenti sul parco delle fonti rinnovabili, i governi mondiali hanno aumentato di molto gli investimenti verso queste fonti. Gli investimenti interessano tre macroaree: la produzione elettrica, anche distribuita (che assorbe la quota maggiore); la produzione di calore (anche distribuita); i biocarburanti per i trasporti. Tre sono i grandi poli mondiali: - Cina: area leader per eolico e fotovoltaico; - Europa: leader per le biomasse; - Brasile: leader nei biocarburanti. Gli investimenti possono essere diretti a realizzare nuovi impianti; transazioni finanziarie (fusioni e acquisizioni); a operazioni di investimento rivolte alla R&S di nuove tecnologie e alla promozione di imprese emergenti e attive nella ricerca applicata di innovazione di prodotto. Le ragioni del successo delle FER sono da riscontrarsi nella scarsità relativa dei combustibili fossili; nelle considerazioni riguardo all’impiego dei combustibili fossili in relazioni agli equilibri geopolitici; la consapevolezza dell’emissione di gas clima alternanti di carattere antropico; le problematiche legate all’uso delle nucleari e una maggiore accettazione delle FER a livello locale, come abbiamo visto nel caso del mini e micro idroelettrico. A partire dagli anni ’90, poi, sono stati introdotti alcuni strumenti come i regimi di sostegno o incentivazione; la semplificazione dei procedimenti amministrativi di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti; l’adozione di misure destinate a favorire l’immissione in rete dell’energia prodotta da rinnovabili in via prioritaria e lo sviluppo delle reti stesse. Limiti delle rinnovabili con le tecnologie disponibili: - Spazio: serve una superficie maggiore per gli impianti, rispetto a quelli tradizionali; - Densità: l’energia ottenibile da 1kg di benzina equivale a quella di 1.5kg di bioetanolo. Questo fa aumentare i costi di trasporto e stoccaggio; - Intermittenza: alcune fonti hanno per loro stessa natura una forte dipendenza dalle condizioni metereologiche; - Misfit geografico: talvolta i luoghi caratterizzati da maggiore potenziale produttivo sono distanti dai punti di consumo; - Costi: con le attuali tecnologie, le fonti rinnovabili non sono economicamente competitive. Anche se, i costi di generazione di grandi impianti eolici o fotovoltaici misurati secondo il metodo LCOE (levelized cost of energy), manifestano un trend di riduzione dei costi che sta portando queste tecnologie verso la market parity. I costi diventano paragonabili solo se teniamo in considerazione le esternalità negative derivanti dalla produzione da fonti fossili. La direttiva 2009/28/CE prevede: - L’approntamento di un piano d’azione nazionale per il 2020 per stabilire come raggiungere i due obiettivi primari (+20%FER e +10% rinnovabili nei trasporti); - Raggiungimento in maniera efficiente degli obiettivi, sotto il profilo dei costi. I paesi UE possono scambiare energia da fonti rinnovabili. Prevista anche la possibilità di ricevere energia d paesi non UE a patto che l’energia venga consumata nella zona UE e che venga prodotta da impianti moderni ed efficienti; - Garanzia dell’origine dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili del riscaldamento e del raffreddamento; - Si avvia la transizione da biocarburanti convenzionali a biocarburanti avanzati (di seconda generazione). Intanto, il mondo si concentra sul gas naturale, e gli USA cambieranno gli equilibri mondiali del gas, perché lo scenario dei prezzi dell’energia cambia in relazione alle nuove scoperte di fonti energetiche. Questa concentrazione di poli di produzione è giustificata da tutti gli investimenti fatti in questo settore. L’Italia si trova in una situazione critica perché gli utenti finali pagano prezzi dei beni energetici più alti. Incidono molto i fattori interni come: l’imposizione fiscale tra le più alte d’Europa; gli investimenti necessari per il potenziamento della rete di trasmissione; lo scarso grado di concorrenza dei mercati energetici nazionali; il peso crescente degli oneri che gravano sulla bolletta elettrica dei consumatori per finanziare lo sviluppo delle fonti rinnovabili. La transizione verso una produzione di energia elettrica ambientalmente più sostenibile sta avvenendo grazie a meccanismi di supporto (incentivi). Questi, in Italia, hanno permesso lo sviluppo di tutte le tecnologie delle fonti rinnovabili, in termini sia di crescita di un tessuto industriale ad alta tecnologia, sia il mix produttivo per una potenza complessiva di 51GW. Il notevole incremento della componente di produzione elettrica derivante da FER è stato reso possibile dai meccanismi di sostegno pubblici che hanno causato un aumento degli oneri di sistema in bolletta (componente A3). In parte, i costi legati agli incentivi per le FER sono stati compensati da una riduzione del prezzo all’ingrosso dell’energia, controbilanciato poi da un aumento del costo dei servizi di bilanciamento sulla rete, a cura di Terna. Da un certo punto in poi si è assistito ad un ridimensionamento degli incentivi per le rinnovabili. La riduzione dei costi delle tecnologie e l’introduzione di più stringenti criteri di controllo della spesa per gli incentivi hanno portato al rallentamento del trend di crescita degli oneri. A seguito degli attuali prezzi di mercato, è prevista una riduzione della componente A3 della bolletta fino al 025. Questo perché alcuni impianti che hanno conseguito il diritto di accesso agli incentivi ancora non sono in esercizio; per il calo dei costi delle tecnologie; per la possibilità di rendere più efficienti alcune filiere. La composizione della bolletta elettrica in Italia è varia. È composta solo al 54% dalla componente elettricità. I costi energetici a carico delle imprese industriali sono difficilmente comprimibili: ciò influisce significativamente sulla loro competitività. Dal 1990 al 2012 la domanda industriale di energia si è ridotta del 22% a causa sia di un uso più efficiente delle risorse, ma sia per fattori strutturali come il calo dell’incidenza dell’industria pesante che è quella più energivora. In Italia, le imprese che usano l’energia come fattore produttivo accrescono l’efficienza energetica dei processi di produzione. Il piano straordinario per l’efficienza energetica al 2020 prevede un miglioramento di tutti i settori industriali che porterebbe a diversi benefici (migliore sicurezza degli approvvigionamenti, calo delle emissioni, riduzione dei costi per le imprese). La situazione elettrica italiana vede due aspetti significativi per quanto riguarda la transizione energetica: - Processo di liberalizzazione che ha favorito la nascita di centrali termoelettriche o a gas (turbogas soprattutto); - L’incentivazione pubblica ha dato un impulso allo sviluppo di alcune fonti rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico. Questi due fenomeni hanno portato ad un aumento della capacità installata, rafforzando così il margine di riserva, ossia l’eccesso di disponibilità rispetto alla domanda di picco. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento del costo dell’energia per i consumatori di circa il 52% tra il 2002 ed il 2012, il motivo principale è la forte dipendenza da fonti fossili. L’Italia è infatti in balia degli eventi che accadono attorno al prezzo del greggio (conflitti, speculazioni, etc). Il costo medio dell’energia segue esattamente l’andamento della voce “energia e approvvigionamento” legata alle importazioni di energia dall’estero. Dal 2000 ad oggi le fonti rinnovabili hanno aumentato la capacità elettrica di 47.4TWh, in aggiunta ai vecchi impianti. L’idroelettrico è quello che rimane costante, a differenza di altre fonti come il solare e l’eolico che fanno registrare un netto aumento del loro contributo al mix energetico nazionale. Per quanto riguarda il settore gas, la capacità di importazione è de 30% superiore rispetto alla domanda interna. 12 sono i nuovi rigassificatori in fase di autorizzazione dal MISE che aumenteranno la quantità di gas da distribuire. Il problema delle fonti rinnovabili è che hanno una discontinuità nella generazione elettrica. Questo genera problemi sui prezzi finali dell’energia sul mercato: c’è una forte segmentazione del mercato con un numero elevato di ore con prezzi bassi, ed un numero ridotto di ore con prezzi estremamente elevati. C’è quindi un eccesso strutturale per quanto riguarda l’offerta di energia, ma una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti accompagnata da maggiori oneri per finanziare le fonti alternative e le nuove infrastrutture. Possibili ostacoli alle politiche per l’efficienza energetica sono: - Costi non manifesti; - Vincoli di durata finanziaria, se il soggetto che investe non è chi ne raccoglie i benefici (incentivi asimmetrici); - Sussidi alle fonti fossili che ogni anno ammontano a 1.5mld di euro. Principali filiere delle FER: - Eoliche o Leader mondiale di produzione turbine è la VESTAS; o La Cina possiede tre tra le prime industrie produttrici che rappresentano il 23% dell’eolico globale. - Fotovoltaico o 15 produttori di celle solari producono il 65% della produzione mondiale; o La First Solar in USA è leader nel mercato; o Le aziende localizzate in Cina e Taiwan realizzano il 49% delle celle solari, seguite da Europa, Giappone e USA. - Solare termico o I produttori hanno concentrato le proprie vendite in Spagna e USA; o Le imprese leader le troviamo in USA e Germania. - Idroelettrico o Il mercato mondiale è estremamente concentrato in pochi grandi player storici; o Rilevante il peso delle industrie elettromeccaniche, soprattutto cinesi. - Geotermico o Investimenti molto elevati e un know – how specifico; o Richiede conoscenze più specifiche; o È molto concentrato, i principali gruppi controllano il 75% della capacità mondiale. - Biomasse o Necessita di caldaie e turbine prodotte da pochi gruppi esteri (Hitachi, Siemens). Il settore della green energy è un settore che considera tutte le tecnologie di generazione energetica a ridotto impatto ambientale, tra cui si include anche il nucleare per via della sua caratteristica di produrre energia senza emettere CO2. Oggi le energie pulite sono la nuova frontiera della green economy. Il loro valore strategico per il futuro dell’Italia è legato alla loro sicurezza ed alla minore dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas. I fattori geografici del territorio sono rilevanti per l’affermazione delle rinnovabili. Il Sud Italia può raggiungere facilmente gli interscambi di energia che avvengono all’interno del bacino del Mediterraneo, e che per la sua conformazione è ben predisposta all’uso di certe rinnovabili. Nel 2010 il Mezzogiorno ha Il sistema energetico Per sistema energetico intendiamo l’insieme dei processi di produzione, trasformazione o conversione, trasporto, distribuzione ed utilizzo finale di fonti di energia. In un processo energetico si applica sempre la prima legge della termodinamica che ci ricorda che l’energia in un sistema chiuso si conserva. Non può mai essere creata né distrutta, ma solo trasformata. Un secondo aspetto da tenere in considerazione è che è sempre necessario verificare che il bilancio energetico di un sistema sia in pari: la quantità di energia in entrata deve essere uguale alla quantità di energia in uscita, fatte salve le quantità di energia disperse durante il processo di conversione. La seconda legge della termodinamica si occupa della qualità dell’energia durante i processi di conversione da una forma all’altra. Il sistema energetico si basa sull’energia immagazzinata all’interno di sostanze fossili. Queste sostanze si sono conservate fino ai giorni nostri, e sono in grado di restituire quell’energia accumulata sotto forma di calore grazie alla combustione. Tutte queste risorse vengono chiamate non rinnovabili perché non possono essere rimpiazzate dall’uomo ad un tasso utile, in quanto derivano da processi geologici millenari. L’effetto della radiazione solare porta, però, all’originarsi di nuove fonti di energia considerate rinnovabili. Queste hanno la caratteristica di essere disponibili in quantità non costanti e in modalità intermittente. Esistono poi fonti considerate primarie che esistono come tali in natura, e fonti secondarie che derivano dalla trasformazione di fonti primarie. I vettori energetici sono fonti prodotte artificialmente mediante la trasformazione di fonti primarie, che ne rende più facile o efficiente l’impiego da parte delle utenze finali. Tra i vettori energetici troviamo l’idrogeno. Secondo alcuni questo è il vettore energetico che renderà possibile questa transizione energetica quando i combustibili fossili verranno abbandonati o si esauriranno. La sua combustione libera consistenti quantità di energia senza produrre inquinamento, in quanto l’ossigeno con l’aria forma solo vapore. I problemi principali sono: - A temperatura ambiente è gassoso, quindi ha una minore densità energetica; - Non è presente in natura e si trova associato ad altri elementi all’interno delle molecole d’acqua, degli idrocarburi e di molte sostanze biologiche; - Deve essere prodotto in grandi quantità per rimpiazzare i combustibili fossili, ma le uniche tecniche attuali sono l’idrolisi dell’acqua o la scomposizione termica del metano che richiedono apporti esterni di energia, che incide sul costo di produzione. Il vettore energetico per eccellenza è, però, quello elettrico. Questo consente grande flessibilità nella scelta della tecnologia e della fonte da cui generarlo. È facilmente adattabile alle strutture di trasporto e può essere economicamente accumulato rispetto al fabbisogno reale. Le singole centrali elettriche si differenziano per due aspetti: - Il processo tecnologico usato per arrivare a generare elettricità; - La tipologia di impianto in funzione della potenza istantanea richiesta dalla rete: o Base load (carico di base); o Intermediate load (modulazione del carico); o Peak load (copertura dei carichi di punta). L’energia elettrica può essere accumulata attraverso una generazione diretta mediante alcuni convertitori: - Pile a combustibile (fuel cell): un combustibile alimenta una pila; - Pile fotovoltaiche (solar cell): trasformano l’energia del sole in energia elettrica, grazie a particolari semiconduttori sensibili alle radiazioni solari. Tipicamente, una centrale termoelettrica di grandi dimensioni sfrutta tre possibili processi: - Processo rankine: sviluppa acqua pressurizzata fino a 550°C dalla quale si ottiene vapore che viene fatto espandere in una turbina. Adatto a potenze fino a 800MWe (megawatt elettrici), con rendimenti tra il 34 – 40%. - Ciclo di Bryton: sfruttato nelle moderne centrali turbogas, consente un avvio molto rapido ed è adatto a carichi di punta o al servizio di riserva. Un compressore comprime l’aria in un bruciatore dove viene convogliato il combustibile. Impianti di 100 – 230MWe, con temperature fino a 1400°C. - Ciclo CCGT (combined cycle gas turbine): si ottiene accoppiando un impianto che opera secondo il ciclo Bryton con un impianto a turbina a vapore. Questa combinazione consente il recupero dell’energia termica residua in uscita dal primo impianto turbogas per alimentare la seconda turbina. Si ottiene un rendimento aggiuntivo del 50 – 60% ed è considerata la tecnologia di generazione più innovativa per la sua economicità ed efficienza per la domanda di rete di base o di modulazione. Il ciclo combinato ci porta a quello che è il ciclo di cogenerazione che permette di produrre in maniera combinata energia e calore (CHP combined heat and power). Si recupera in forma utile parte dell’energia termica in uscita dal processo di combustione. I vantaggi: - Risparmio economico legato al minor costo di fonti energetiche; - Riduzione dell’impatto ambientale; - Riduzione delle perdite di trasmissione sulla rete, per la maggiore vicinanza degli impianti di cogenerazione ai bacini d’utenza; - Maggior conservazione dell’energia per effetto della sostituzione di vecchie caldaie con caldaie più efficienti. Ulteriore tecnologia innovativa è la generazione distribuita. Si tratta di piccoli impianti collocati presso gli utenti finali e collegati in parallelo alla rete di distribuzione. I vantaggi ricadono nella riduzione degli investimenti in nuova capacità di trasporto; riduzione delle perdite di trasmissione; migliore livellazione del carico massimo. Attualmente, il sistema di trasporto dell’energia elettrica si compone di: - Reti AAT e AT (altissima e alta tensione); - Stazione di trasformazione (elevatrici di centrale AAT); - Stazioni ricevitrici che trasformano l’energia da AAT/AT in MT/BT; - Rete di distribuzione in MT e BT. Le reti consentono la consegna dell’energia elettrica dalle centrali alla localizzazione della domanda attraverso le linee aeree (elettrodotti), interrate (per ragioni ambientali) e sottomarine (per alimentare le isole minori, ad esempio). Le reti elettriche di trasmissione mettono in contatto la domanda con l’offerta. Creano una connessione tra l’uscita della centrale produttiva ed il punto di consumo. Permettono di interconnettere sistemi elettrici differenti. Il sistema di trasporto dell’energia rappresenta il “luogo fisico del mercato” per l’energia. Le reti elettriche nazionali non sono isolate, ma risultano interconnesse a livello transfrontaliero per consentire lo scambio di energia a livello europeo. Queste interconnessioni consentono di ovviare all’impossibilità di accumulare l’energia, essa deve essere prodotta istantaneamente. Questo bilancio della rete viene assicurato da sofisticati sistemi di controllo (servizi di dispacciamento). La capacità di trasporto di un elettrodotto dipende da: la tensione nominale con cui viene caricata l’energia; i materiali utilizzati come conduttori; la sezione utile dei conduttori; la temperatura di esercizio; perdite dovute al passaggio della corrente nei cavi (es. effetto Joule causato dal riscaldamento); limite massimo nominale di capacità di trasporto (TTC: total transfer capability o ATC: available transfer capability). Stiamo andando incontro ad un cambiamento di paradigma in quella che è la distribuzione. Questo è dovuto soprattutto alla crescente quantità di energia immessa da fonti rinnovabili. Il futuro della rete di distribuzione è la smart grid. Per la loro realizzazione si richiedono reti di trasmissione primaria efficienti; rete elettrica di distribuzione attiva e bidirezionale (scambio sul posto); strati di intelligenza diffusa che servono per governare la rete in tempo reale. La rete attuale di trasmissione risulta già intelligente, in quanto riesce a controllare in tempo reale tutti i grossi generatori per garantire l’equilibrio tra generazione e consumo. Ulteriori problemi da affrontare sono la difficoltà nella realizzazione di nuove linee; l’aumento della generazione non programmabile da mettere in rete; la maggior variabilità degli scambi di energia con l’estero. Le attuali reti sono state pensate per trasportare l’energia prodotta da poche centrali ad un numero elevato di utenze distribuite sul territorio. Si trattava di flussi monodirezionali che dalle centrali arrivavano alle utenze. La domanda è vista come una domanda aleatoria, e viene gestita costantemente dall’operatore di sistema (TERNA). Il passaggio alla generazione distribuita è considerato ancora opzionale. Significa che oggi gli impianti di produzione vengono collegati alla rete secondo l’approccio fit & forget, cioè una volta connesso l’impianto produce liberamente (in base alla disponibilità della fonte rinnovabile) senza possibilità per l’operatore di gestirlo e la connessione è consentita solo nel rispetto di regole tecniche e solo se il funzionamento dell’impianto non determina problemi alla rete in qualsiasi situazione di carico ci si trovi. Gli impianti di generazione distribuita sono di proprietà di imprese elettriche o di utenti della rete. La GD è molto legata alla promozione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica garantita dalla cogenerazione. Questo approccio deve essere attuato con estrema cautela, in quanto: è necessario avere cautela nell’immettere grossi volumi di GD e può compromettere l’affidabilità del sistema elettrico. Un sistema è affidabile se è adeguato a soddisfare la domanda e se è sicuro, quindi, capace di gestire l’eventuale perdita di alcuni elementi del sistema. I sistemi di accumulo sono tecnologie per immagazzinare energia prodotta da fonti rinnovabili e poterla utilizzare in modo programmato. Nascono a seguito dei grandi mutamenti imposti dall’attuale transizione energetica che mette insieme: decarbonizzazione; uso di energia rinnovabile e generazione distribuita. - Consumo pro – capite; - Intensità energetica complessiva, o settoriale. Disponibilità = produzione domestica + importazioni – esportazioni +- variazione delle scorte Le importazioni non prendono in considerazione il consumo di carburante di navi o aerei italiani all’estero ma la spesa causa, comunque, un esborso registrato. Lo stesso discorso vale per le esportazioni: comprendono solo i quantitativi inviati all’estero ma non tengono conto delle vendite di carburante a navi o aerei nel territorio nazionale. La variazione delle scorte può assumere un significato vago quando un bilancio energetico è in grado di rilevare solo parzialmente la variazione delle scorte di fonti di energia dei grandi utenti finali. Gli impieghi di font primarie e secondarie sono invece calcolabili come: impieghi e consumi del settore energetico + consumi delle utenze finali + bunkeraggi Bunkeraggi: vendite di carburanti a navi o aerei esteri che circolano nel territorio nazionale. Il bilancio energetico può essere redatto in due modi: - Esprimendo le fonti di energia in quantità fisiche proprie; - Esprimendo le fonti di energia in una specifica unità di misura. La seconda modalità è la più utilizzata e consente la verifica dell’energia complessivamente prodotta, trasformata e domandata da un sistema. Generazione efficiente L’efficienza energetica si può realizzare in diversi modi (efficienza economica, efficienza tecnica o ambientale, come già detto) ma anche attraverso il buon funzionamento della rete di distribuzione. Le reti energetiche costituiscono l’ossatura di un paese industrialmente sviluppato. L’UE ha individuato una strategia fondata su alcune linee d’azione: - Piano baltico di interconnessione; - Corridoio meridionale del gas - Interconnessioni di gas ed elettricità Nord – Sud nell’Europa centrale e sudorientale. In Italia e nel resto d’Europa si genere elettricità da sistemi centralizzati, afferenti ad una rete di trasporto di tipo passivo e, fino a poco tempo fa, si alimentavano le utenze finali con flussi energetici unidirezionali da AT a BT. Due sono state le necessità che hanno determinato il cambiamento del mix energetico: - Modello di domanda di energia in continua evoluzione; - Raggiungimento di rigorosi obiettivi di sostenibilità (pacchetto 202020, Roadmap 2050). È stato quindi necessario lo sviluppo di un nuovo sistema di reti intelligenti e di smart metering, caratterizzati da requisiti elevati di efficienza e affidabilità. Una politica energetica coerente dovrebbe fornire l’energia necessaria ad un paese per garantire una sicurezza energetica; differenziare le fonti di approvvigionamento e la loro origine geografica; essere sostenibile nel tempo; compatibile in termini ambientali; invariata al susseguirsi dei cicli politici e incardinata in un quadro normativo chiaro, efficiente e stabile. L’attuale rete di distribuzione è stata strutturata per veicolare ai consumatori la potenza erogata dai generatori di grande taglia connessi alla rete. La nuova politica energetica però, considera tanto le nuove e piccole unità di generazione. Queste considerazioni contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Comunità Europea. La flessibilità delle smart grid è coerente con un innovativo sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia, interattivo, affidabile, flessibile e sostenibile, incentrato sugli utilizzatori e basato sul mercato dell’energia. L’Italia ha definito tre sottogruppi del sistema di generazione distribuita: - Generazione distribuita: insieme di impianti di generazione connessi al sistema; - Piccola generazione: insieme di impianti per la produzione di energia elettrica con capacità di generazione non superiore a 1MW; - Microgenerazione: insieme di impianti per la produzione di energia con capacità inferiore a 50kW. La generazione distribuita in Italia Per produzione lorda si intende la produzione lorda di un impianto, cioè la quantità di energia elettrica prodotta e misurata dai morsetti dei generatori. La produzione netta è l’energia in uscita dall’impianto, dedotta della quantità di energia elettrica destinata ai servizi ausiliari delle centrali e le perdite nei trasformatori. La produzione netta viene poi suddivisa in consumata in loco e immessa in rete. In Italia c’è una netta differenza tra Nord e Sud Italia. Questo si deve principalmente al livello di industrializzazione delle varie regioni. Vediamo come la Puglia risulta la seconda regione per potenza installata e la terza per impianti di GD. Eolico e fotovoltaico si concentrano soprattutto al Sud, dove le condizioni geografiche permettono una maggiore efficienza degli impianti. Nell’ambito dei meccanismi introdotti dal GSE troviamo: - Dal I al IV conto energia (tariffa normale) l’incentivo veniva calcolato moltiplicando la quantità di energia prodotta dall’impianto per la tariffa incentivante; - Dal IV a V conto energia (tariffa omnicomprensiva e premio autoconsumo) l’incentivo è dato dalla somma della tariffa fissa omnicomprensiva e da una tariffa per l’autoconsumo. o La tariffa omnicomprensiva è riconosciuta a tutti coloro che immettono energia in rete attraverso un impianto fotovoltaico; o La tariffa premio per l’autoconsumo riguarda, invece, tutta l’energia prodotta e autoconsumata presso la propria utenza. - L’ultimo decreto del 04/07/2019 vuole comunque contribuire alla costruzione di nuovi impianti di produzione da fonti rinnovabili. Gli impianti incentivabili vengono suddivisi in quattro classi: o Gruppo A comprende gli impianti eolici “on – shore” di nuova costruzione, ristrutturazione o potenziamento; fotovoltaici di nuova costruzione. o Gruppo A – 2 comprende tutti gli impianti fotovoltaici di nuova costruzione, i cui moduli sono installati come copertura di fabbricati in cui viene sostituito l’amianto. o Gruppo B comprende gli impianti idroelettrici di nuova costruzione; a gas residuati dei processi di depurazione di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento. o Gruppo C comprende gli impianti oggetto di rifacimento totale o parziale di eolici “on – shore”, idroelettrici, a gas residuati. Lo scambio sul posto è un meccanismo che permette di immettere in rete l’energia elettrica prodotta ma non consumata, in modo da poterla prelevare successivamente. Si utilizza il sistema elettrico come mezzo per l’immagazzinamento virtuale dell’energia. Questo servizio è regolato dal GSE che eroga un contributo finanziario al prezzo di mercato pari all’energia scambiata con la rete elettrica. È necessario che questi impianti (produzione e consumo) siano collegati con la rete elettrica in un unico punto. Il ritiro dedicato è una modalità per il ritiro a prezzo amministrato (da ARERA) dell’energia prodotta e immessa in rete. Il prezzo è definito dall’autorità. Questo regime si pone come un’alternativa alla normale vendita dell’energia e consiste nella cessione dell’energia degli impianti che possono accedere al meccanismo del GSE. Il sistema elettrico nazionale è gestito da TERNA S.p.A (TSO: trasmission system operator). L’elevata penetrazione delle fonti non programmabili richiede continui investimenti per evitare gli squilibri. I nuovi vettori energetici: - Cogenerazione: produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di energia termica, ottenuta in impianti che utilizzano la stessa energia primaria. L’energia è utilizzata per scopi civili o processi industriali. o Vantaggi: rendimenti più alti che permettono di ridurre le emissioni di CO2. Possono essere collocate in maniera ottimale, date le loro dimensioni. Possono ottenere agevolazioni per produttori. - Teleriscaldamento: trasporto dell’energia termica generata dalle centrali cogenerative alle singole utenze finali tramite un fluido termovettore che viene convogliato in apposite tubature. Un TLR consiste in una rete di distribuzione che consente di servire contemporaneamente più edifici, alimentata da una o più centrali. Il teleriscaldamento prevede l’acquisto di energia termica da parte degli utenti e il costo d’acquisto prevede anche i costi di manutenzione degli impianti o Vantaggi: minore inquinamento locale; maggiore sicurezza per i cittadini; riduzione della dipendenza energetica. Nell’ambito della generazione distribuita si pensa di creare dei distretti energetici residenziali, terziari o industriali, per consentire di accelerare la diffusione delle nove fonti rinnovabili e delle tecnologie per la GD. Le tecnologie informatiche e di ICT svolgono, e svolgeranno, un ruolo fondamentale in questa evoluzione sia per la gestione del distretto energetico, sia per l’interazione con il mercato. In un’ottica di GD si supera l’atteggiamento passivo dei consumatori, ma si parla di prosumer, cioè soggetti che diventano consumatori e produttori di energia stessa. La casa diventa attiva, e l’utente gestisce e programma i consumi conoscendo i costi dell’energia. Si passa ad un regime di consumi in tempo reale. Le micro – reti sono considerati l’elemento base delle smart grid. Queste sono dei carichi interconnessi tra loro di risorse distribuite, che agisce come un’entità singola, controllabile e modulabile rispetto alla smart grid. Questa micro – rete si può collegare o scollegare dalla rete principale e operare come isolata o grid connected. Non sempre un basso valore di intensità energetica corrisponde ad un’elevata efficienza energetica. Un basso valore dell’intensità energetica può dipendere da diversi fattori: struttura industriale non energivora; clima favorevole; tassazione sui prodotti energetici; crisi economica. Ha più senso un confronto relativo all’ambito dello stesso paese, piuttosto che un confronto in termini assoluto, valutando l’intensità energetica nel corso degli anni. Per migliorare l’efficienza energetica di un paese si utilizzano strategie di gestione della domanda (DSM: demand side managemet): - Incentivi in conto capitale; - Imposizioni normative. In Italia i livelli della tassazione sono i più elevati, e le politiche per incrementare l’efficienza energetica non hanno portato ai risultati sperati. Le nuove politiche europee e italiane per l’efficienza energetica si caratterizzano principalmente per due aspetti: - L’introduzione della certificazione energetica degli edifici, che determina un legame tra il valore economico dell’immobile o dell’importo dell’affitto e le prestazioni energetiche del sistema edificio – impianto; - L’utilizzo di meccanismi di mercato per incentivare gli investimenti in efficienza energetica. Per impresa energy intensive si intende un’impresa in cui i costi di acquisto dei prodotti energetici e elettricità siano almeno pari al 3% del valore produttivo ovvero l’imposta nazionale sull’energia pagabile sia almeno pari allo 0.5% del valore aggiunto. In Italia, circa i 2/3 dei consumi complessivi di energia sono dovuti al trasporto passeggeri, la restante parte al trasporto merci, e sono entrami dominati dalla modalità stradale: 89% del trasporto passeggeri su gomma; 93% del trasporto merci su gomma. Gli strumenti previsti per migliorare l’efficienza energetica - Strumenti normativi: standard di performance e strumenti urbanistici; - Formazione e sensibilizzazione; - Incentivi e sovvenzioni: si incoraggiano determinate attività, comportamenti o investimenti utilizzando strumenti finanziati e fiscali; - Ricerca e sviluppo; - Permessi commerciabili: sistemi di scambio di titoli di emissione di gas effetto serra (Emission Trading System ETS); certificati bianchi di efficienza energetica derivanti dal risparmio energetico; sistemi di certificati verdi in base agli obblighi di produrre o acquistare energia di origine rinnovabile; - Accordi volontari. Analisi economica dei costi di generazione dell’energia I costi di generazione delle principali tecnologie utilizzabili si basano sul calcolo del LCOE (Levelized Cost Of Electricity). Si tratta di un calcolo che porta alla stima del prezzo di vendita necessario a coprire tutti i costi relativi alla costruzione e all’esercizio dell’impianto e per ottenere un determinato ritorno sul capitale investito. Per calcolare i costi di produzione dell’energia teniamo in considerazione anche i costi delle esternalità ambientali. Si avrebbero, altrimenti, valutazioni falsate dalla mancanza dei costi ambientali. Uno studio elaborato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente utilizza una metodologia che si basa sul valutare il danno provocato alla salute e all’ambiente dai principali inquinanti con effetti su scala locale, e dagli inquinanti con effetti su scala globale. Lo studio è semplificato e contiene i costi di generazione con un LCOE calcolato nell’ipotesi di nuove costruzioni e con costi di combustibili, materiali, mano d’opera e investimenti ai valori odierni. Dal confronto del mix energetico nell’ambito UE si possono comprendere le cause del gap di prezzo osservabile fra i prezzi italiani e quelli degli altri Stati membri. Le principali componenti che contribuiscono a prezzo del kWh sono: - Costo di approvvigionamento dell’energia elettrica e comprende anche i costi sostenuti dal fornitore di energia per la commercializzazione e la vendita; - Costo per il servizio di dispacciamento: copre le risorse acquistate dal gestore di rete per garantire la gestione del sistema elettrico; - Costo dei servizi di trasmissione, distribuzione e misure: include i costi connessi alle infrastrutture necessarie per portare l’energia elettrica dalle centrali di produzione ai consumatori e misurarne le quantità fornite; - Oneri di sistema: oneri di interesse generale per il sistema Paese. In questa voce rientrano quelli della componente A3 della bolletta, come gli incentivi per sostenere le rinnovabili; - Imposte. Lo Human Development Index (HDI) è stato messo a punto a partire dagli anni ’90 e viene utilizzato accanto al PIL per valutare la capacità di vita nei Paesi considerati. Rispetto al PIL che misura solo il valore monetario dei beni e servizi prodotti in un anno in un determinato territorio, l’HDI tiene conto anche di altri fattori come l’alfabetizzazione e varia in una scala decrescente da 1 a 0. L’elevato prezzo dell’energia genera una penalizzazione in termini di competitività per tutti quei settori energy intensive. Prendendo in considerazione i parametri della tabella: I principali costi per un impianto eolico on – shore sono: - Costi di investimento specifici (sviluppo progetto, acquisto aerogeneratore, opere civili, montaggio, collegamenti) ammontano a circa 1.75M€/MW per un parco eolico di 2MW. - Costi fissi di esercizio (assicurazione, concessione) ammontano a circa 0.013M€/MW/anno - Costi variabili di esercizio (manutenzione) aumentano di solito all’aumentare della vita dell’impianto. Ammontano a circa 13€/MWh (in 20 anni); - Rendimento, o efficienza complessiva, è il risultato di tutti gli effetti penalizzanti della produzione. Il valore medio è dell’85%. - Il tempo di costruzione è di 1 anno circa; - La vita del parco eolico è di circa 20 anni; - La taglia considerata è di 10 – 50 MW; - La producibilità dell’impianto è funzionale alla posizione a livello geografico. I principali costi per un impianto turbogas a ciclo combinato sono (ipotesi di centrale con 2 gruppi turbogas da 800MW): - Costo specifico dell’investimento, al netto degli oneri finanziari, 650k€/MW; - Tempo di costruzione di 30/36 mesi; - Rendimento pari al 56%; - Vita utile 20 anni; - Costo del gas: dipende dal contratto stipulato con i fornitori: La domanda di energia nell’arco delle 24 ore ha un andamento caratteristico: ha un picco prima di mezzogiorno ed uno la sera intorno alle 18. Consumare energia nelle ore di picco significa non poter usufruire di tariffe vantaggiose, contribuire al rischio black – out, contribuire alla richiesta di nuove centrali. In Italia, la domanda elettrica giornaliera viene coperta con: Gli impianti si distinguono in: - Impianti di picco (peakload) di piccole dimensioni, flessibili, programmati per funzionare nelle ore centrali della giornata; - Impianti di mid merit caratterizzati da flessibilità e costi intermedi di produzione. Sono soprattutto impianti a ciclo combinato che garantiscono la maggior parte della produzione nazionale; - Impianti di base (base load) di grandi dimensioni che utilizzano combustibili a basso costo, difficili da modulare e adatti a regimi di produzione costante. Garantiscono quote di energia costanti lungo le 24 ore, e programmati per funzionare il maggior numero di ore possibile. Storicamente l’Italia ha risposto alla richiesta di energia usando le fonti termoelettriche tradizionali. L’idroelettrico invece si sviluppa più lentamente, fino a raggiungere un picco nel 2014. Alla fine degli anni 2000 cresce esponenzialmente la produzione di energia elettrica da fonte solare ed eolica, grazie alla maturazione di queste tecnologie e agli incentivi statali messi a disposizioni per l’installazione di impianti. Dagli anni ’60 e fino agli anni ’80 si osserva la breve parentesi dell’energia nucleare con quattro centrali attive (Caorso, Latina, Sessa Aurunca e Trino). Nel 2016 i consumi di energia sono diminuiti dello 0.6% rispetto all’anno precedente, con una crescita del PIL. Nel 2016 quindi si è verificato un disaccoppiamento dei consumi complessivi di energia elettrica rispetto all’andamento del PIL. Due sono le tipologie prevalenti di reti: - Dorsali di trasmissione nazionale che consentono il trasporto di gas naturale ed elettricità in grandi quantità e a grandi distanze ad alta tensione/pressione; - Reti di distribuzione regionale e locale che raggiungono la maggior parte dei clienti finali. La gestione della rete, per lungo tempo, è stata gestita come attività economiche direttamente dai singoli Stati o enti pubblici locali. Spesso erano monopoli di tipo legale di aziende verticalmente integrate e con un assetto giustificato da ragioni di natura storica, strutturale e culturale. Monopolio naturale: una sola impresa copre tutta la domanda, e non essendoci incentivi per l’ingresso di altre imprese si trova in una posizione di monopolio. È una condizione determinata dalla presenza di economie di scala e costo marginale inferiore al costo medio. Rimane meno oneroso potenziare le reti esistenti piuttosto che crearne di nuove. Per lungo tempo gli operatori energetici si sono comportati come monopolisti delle proprie aree. L’ingente richiesta economica, derivante dal processo di elettrificazione europea/nazionale richiedeva: - Sfruttamento delle economie di scala a causa di elevati costi fissi necessari a potenziare, o realizzare, reti in un contesto di forte crescita della domanda di elettricità; - Accentramento degli investimenti in un unico player; - Massimizzazione dell’efficienza operativa. L’intervento pubblico, oltre ad evitare posizioni dominanti degli operatori, è necessario per: rilevanza del servizio offerto (l’energia è un bene essenziale); necessità di imporre obblighi di servizio pubblico; sicurezza delle forniture. Due sono i tipi di intervento pubblico possibili: - Regolamentazione imposizione ad operatori privati delle norme. Si tratta di introdurre interventi amministrativi per definire e controllare l’operato degli agenti economici in un certo settore. In genere la regolamentazione serve a correggere i fallimenti del mercato, e per il fatto che si tratta di servizi pubblici particolarmente rilevanti per le ricadute sull’intera economia; - Nazionalizzazione di imprese private. Dal 1990 anche in Europa si è ridotta l’ampiezza della proprietà pubblica attraverso la privatizzazione, l’introduzione di autorità di regolamentazione governative o indipendenti, o liberalizzando alcuni settori. Prima della liberalizzazione gli operatori energetici erano integrati verticalmente, con la presenza di un soggetto a capo di più attività all’interno di una filiera produttiva. I fattori che hanno portato al cambiamento sono diversi, tra questi troviamo lo sviluppo delle tecnologie informatiche; a forte crescita del redito complessivo pro capite che riduce l’interesse per i sistemi di controllo tariffario a protezione degli utenti; la richiesta di minori capitali per la costruzione di infrastrutture; l’avvento di nuovi soggetti che possono operare in contesti di generazione elettrica meno costosi; eliminazione dei vincoli legali e strutturali all’ingresso di nuovi operatori sui mercati energetici. In Italia, prima della liberalizzazione, gli utenti sono stati vincolati allo stesso operatore, proprietario della rete anche in presenza di altri potenziali concorrenti in grado di vendere elettricità o gas. In Italia il processo di liberalizzazione inizia con il decreto Bersani. Il decreto prevede la separazione contabile delle imprese che fanno capo ad ENEL, si costituiscono quindi società indipendenti per la produzione, trasmissione, distribuzione e vendita. Il governo approva poi il piano di cessione presentato da ENEL per la cessione di 15GW. Le società beneficiarie sono 3 (cd. GenCo1/2/3). Le altre fasi della liberalizzazione hanno previsto la concessione all’attuale TERNA della trasmissione e del dispacciamento, e la creazione di due soggetti pubblici: - L’acquirente unico; - Il GME (gestore dei mercati energetici); Dal 2005 le attività vengono tutte assegnate a TERNA, e nasce il GSE. Viene inoltre definito un nuovo regime di incentivazione per l’uso delle energie rinnovabili che prevede la creazione di un meccanismo di mercato/certificati verdi. Dal 1/1/2003 viene stabilito che nessun operatore potrà produrre o importare direttamente più del 50% del totale di energia elettrica prodotta/importata sul mercato nazionale. La ristrutturazione di ENEL porta ad una riduzione di potenza su impianti base, mantenendo il grosso della potenza sugli impianti di mid merit. In questo modo ENEL rimane l’unica società in grado di determinare il prezzo dell’energia elettrica nelle ore critiche. Il CIP 6 è una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi, adottata nel 1992, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e assimilate. La dizione assimilate include tutte le fonti non previste espressamente dalla normativa in materia. Chi produce energia da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto di rivenderla al GSE a un prezzo superiore a quello di mercato. I costi di tale incentivo furono finanziati attraverso la componente A3, da parte dei consumatori finali. Questo provvedimento è stato criticato a causa di tutta quell’energia elettrica che veniva prodotta da fonti non proprio sostenibili, come ad esempio quella generata da termovalorizzatori, e venduta al pari di quella prodotta da fonti rinnovabili. Questa controversia non si è ancora conclusa. I mercati dell’energia In Italia il modello basato sul monopolio naturale ha resistito a lungo, per due motivi: - Ritardi nell’apertura del mercato che ha favorito le imprese già operanti sul territorio; - Difficoltà intrinseche e tecniche della fase di dispacciamento dell’energia. Il dispacciamento è un’operazione fondamentale. Permette di controllare i flussi di energia per fare in modo che l’elettricità immessa in rete sia uguale a quella prelevata dagli utenti, per garantire la continuità del servizio. Essendo un’attività strategica ai fini della sicurezza del sistema, si è sempre pensato che tale attività dovesse essere a carico di una struttura verticalmente integrata. L’assetto delle reti con intervento pubblico permette di evitare l’insorgere di monopoli da parte di imprese che si integrano verticalmente su più fasi della filiera, che porterebbe a prezzi superiori rispetto a quelli di concorrenza, minore quantità di energia e scarsi incentivi a migliorare la qualità del servizio; nei casi di servizi di pubblica utilità si richiede una fruizione universale da parte dei cittadini. La proprietà pubblica nelle attività legate all’energia favorisce lo sviluppo di determinati settori per assicurare la proprietà nazionale di imprese che operano in comparti ritenuti di rilevanza strategica. La proprietà pubblica può comunque estendersi oltre i settori nei quali sarebbe giustificata, con i suoi vantaggi e svantaggi. La diffusione della proprietà pubblica in comparti come quello energetico può costituire una fonte di distorsione e restrizione della concorrenza. Le imprese pubbliche, infatti, possono trarre condizioni vantaggiose a causa dell’assenza di una netta separazione tra l’attività di regolazione e quella imprenditoriale; a causa della possibilità per le imprese pubbliche di realizzare sussidi incrociati tra attività in monopolio e sul mercato; a causa della possibilità di ottenere prestiti a tassi inferiori rispetto a quelli sul mercato. A partire dagli anni ’20 e ’30 si avvia, in America, un processo di deregulation del settore elettrico per eliminare i vincoli amministrativi che impedivano l’accesso alla rete di nuovi operatori. Si ha quindi una Autorità di regolamentazione Di natura pubblica; Competenze adeguate dei membri per la complessità delle tematiche trattate (tecnico-ingegneristiche, economiche e legali); Indipendenza dalla politica/governi; In Italia le nomine dei vertici avvengono su proposta del governo e successiva approvazione parlamentare a maggioranza di due terzi; Finanziamento a carico delle imprese regolamentate (imposizione); Organizzazione interna e politiche relative al personale, in autonomia; Processi decisionali semplici e trasparenti, pubblicazione informazioni sull'attività svolta, possibilità di ricorso da parte di imprese regolate e consumatori (TAR, Consiglio di Stato), ecc. Assetto del mercato elettrico nazionale dopo la liberalizzazione GemerAzIoNE È | Maggiori produttori: IMPORTAZIONE Enel, Edison, Eni UNERO MERCATO [ TRASMISSIONE Oestore principale e proprietario della rete MONOPOLIO di trnaminaione: Terna riomencincammni {TITTI pci Nazionale S.p.A. DISTRIBUZIONE Gestori individuati MISURA tramite gara Pubblica aMdatari IN CONCESSIONE della rete in concenzinne VENDITA unero < tmeromeRca: MERCATO su Fig.3- Schema delle funzioni del sisterna elettrico e confronto con l'assetto del mercato liberalizzato (fonte: Ronco 6) Liberalizzazione del settore elettrico UE: l’obiettivo principale è quello di creare un mercato unico tra gli stati membri, basato sulla libera circolazione delle merci sul territorio dell’unione. Il trattato di Maastricht rafforza questo impegno, allargandolo anche ai servizi. La situazione del sistema elettrico però è carente di infrastrutture di interconnessione, e questo è un limite allo sviluppo. Tre sono i periodi principali di intervento 1990 – 1998, 2003 e 2009 (cd. Terzo Pacchetto): - 1990: direttiva transiti regola il trasporto dell’energia elettrica su reti interconnesse; - 1996: direttiva norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica liberalizza le fasi di produzione e vendita, e apre alla concorrenza; - Introduce lo switching, cioè la possibilità di cambiare il proprio fornitore sulla base delle offerte presenti nel mercato libero per i clienti idonei (con consumo di energia elettrica superiore a 40GWh/anno nel corso del 1999); - 2003: apertura del mercato per tutti i clienti non domestici entro il 2004 e per quelli domestici entro il 2007. Le tariffe per il TPA vengono stabilite dall’autorità e si passa all’unbundling societario. - 2009: nasce l’ACER (Agency for the Cooperation of Energy Regulators) per il coordinamento sovranazionale delle strutture di regolamentazione. Si istituisce la rete europea dei gestori dei sistemi di trasmissione (ENTSO) e codici di rete europea per le interconnessioni. La filiera elettrica italiana si compone di 3 grandi parti: Le due attività principali, trasmissione e dispacciamento, sono soggette a vincoli tecnici molto severi: - Bilanciamento istantaneo e continuo tra energia immessa ed energia prelevata, al netto delle perdite; - Mantenimento della frequenza e della tensione entro i limiti previsti, per tutelare la sicurezza degli impianti; - Garantire flussi di energia sull’elettrodotto non superiori ai limiti massimi di transito ammissibili. Il dispacciatore è il coordinatore centrale, dotato di un potere di controllo su tutti gli impianti di produzione facenti parte del sistema elettrico, assicura il funzionamento del sistema nelle condizioni di massima sicurezza, per garantire la continuità e la qualità del servizio. Interviene attivamente sulla rete inviando alle unità di riserva ordini di accensione, aumento o riduzione della potenza erogata, se i margini operativi dei sistemi di regolazione automatici sono inferiori agli standard di sicurezza. Il consumo annuale di energia di una famiglia media dipende dal numero e dall’età dei componenti, dall’efficienza delle apparecchiature usate, dalle ore di utilizzo degli elettrodomestici e impianti di riscaldamento/condizionamento, abitudini d’uso degli apparecchi. Merit order: le offerte, prima della liberalizzazione, venivano raccolte e classificate dalle società che gestivano le reti secondo un ordine crescente di prezzo. Il valore dell’ultima offerta accettata determinava il prezzo di vendita per tutti gli altri produttori (marginal price). L’energia elettrica come commodity L’energia elettrica può essere considerata alla stregua di una commodity (in genere un bene indifferenziato che non presenta caratteristiche rilevanti diverse in relazione al produttore). La qualità della commodity riguarda il rispetto dei valori di tensione e di frequenza rispetto a quelli standard, e la fascia oraria in cui viene fornita. A partire dagli anni ’90 si sono sviluppati dei mercati spot dell’energia, dettata dalla necessità di trovare migliori condizioni di scambio nelle transazioni che riguardano l’energia. I mercati si organizzano spontaneamente intorno a sedi di contrattazione dove un unico soggetto si incarica di raccogliere offerte di acquisto e vendita, e gestirle. Vantaggi: - Efficienza e certezza della controparte; - Minimizza i costi delle transazioni; - Garantisce trasparenza sui prezzi di mercato; - Garantisce efficienza produttiva e allocativa, utilizzando le risorse più efficienti e concludendo le transazioni mutuamente vantaggiose. Borse elettriche (IPEX in italia) Sono mercati centralizzati e regolamentati, dove gli operatori scambiano contratti di acquisto e vendita di energia. I contratti possono essere per consegna fisica o di tipo finanziario. Non tutta l’offerta e la domanda devono necessariamente transitare nelle borse: può essere stabilito che gli operatori siano liberi di vendere la loro energia in borsa, o accordarsi privatamente tra loro, tramite contratti bilaterali. Il compito è quello di stabilire l’equilibrio tra domanda e offerta su base orario. Il prezzo di equilibrio è detto System Marginal Price (SMP), proprio perché viene determinato dall’ultima unità a produrre. Il prezzo può essere: - PUN: su base nazionale (prezzo unico); - Prezzo Zonale: nasce dall’esigenza di dover segmentare il mercato in zone, in base ai flussi e ai vincoli della rete (dynamic market splitting), necessario quando emergono colli di bottiglia tra le diverse aree servite. Mercato zonale emerge quando la rete non è in grado di far passare più di un certo quantitativo di energia elettrica. Questo significa che il bilanciamento teorico, in pratica, non è raggiungibile. Quando questo accade si parla di congestioni. compravendite anche al di fuori della borsa, attraverso contratti bilaterali (over the counter). È affidata al GME e deve raccordarsi con la struttura industriale del sistema elettrico italiano, basato su importazioni dai paesi del centro Europa, su un parco termoelettrico in via di rinnovamento e su un sistema di trasmissione in via di adeguamento. Altro elemento da tenere in considerazione è il sistema di priorità di dispacciamento e tariffe incentivate per le FER. Dal decreto Bersani, al GME è stato dato il compito di definire il modello di mercato più adatto all’Italia, in accordo con l’AEEG (oggi ARERA), il MAP (Ministero attività produttive), e di gestirlo insieme al GRTN (TERNA). Viene infine stabilito l’acquirente unico come soggetto garante per la fornitura del mercato vincolato, cioè dei soggetti non ancora liberi di scegliersi il fornitore. Dal 1° novembre 2009 viene introdotto il mercato a termine dell’energia per consentire la negoziazione di energia elettrica su orizzonti temporali più estesi rispetto a quelli giornalieri. I soggetti che concorrono al funzionamento del sistema elettrico italiano: - MISE: definisce gli indirizzi strategici ed operativi per garantire la sicurezza e l’economicità; - ARERA: garantisce la promozione della concorrenza e dell’efficienza; - TERNA: gestisce la rete di trasmissione nazionale e i flussi di energia; - GSE: holding pubblica (detenuta al 100% dal MEF) che sostiene lo sviluppo delle fonti rinnovabili mediante la gestione e l’erogazione dei meccanismi di incentivazione; - AU (acquirente unico): fa da garante per la fornitura di energia elettrica nell’ambito del servizio maggior tutela; - GME: organizza e gestisce il mercato energetico, secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e concorrenza tra produttori (gestore borsa IPEX). I contratti bilaterali sono contratti particolari che possono però portare ad ostacoli all’ingresso di nuovi operatori dato il forte potere contrattuale delle società maggiori. Prevedono maggiori spese dovute all’esclusività del rapporto (one to one) tra operatori. Sono utilizzati per scambi di energia a lungo termine ed hanno una ridotta esposizione al rischio di volatilità dei prezzi dell’energia, tipico, invece, delle borse dell’energia. Mercato a pronti: - Mercato del Giorno Prima: finalizzato alla programmazione del servizio giornaliero di dispacciamento. Inizia 9 giorni prima della data di consegna, e si chiude alle 9 de giorno precedente a quello di consegna; - Mercato Infragiornaliero: o di aggiustamento, consente di aggiustare le offerte di acquisto e di vendita effettuate una volta definito l’MGP; - Mercato per il Servizio di Dispacciamento: serve a garantire il bilanciamento preventivo e in tempo reale, ed è governato da TERNA. Il mercato infragiornaliero (MI) è suddiviso in quattro sessioni (MI! – MI4). Le prime due organizzate il giorno precedente rispetto a quello di consegna fisica dell’energia elettrica; le sessioni infragiornaliere MI3 e MI4 vengono organizzate il giorno stesso della consegna fisica. Immissioni e prelievi L’immissione avviene con un programma che segue un diagramma orario che definisce le quantità di energia per le quali si applica la disciplina di dispacciamento. Il prelievo avviene con un programma orario che segue un diagramma orario che definisce le quantità di energia elettrica per le quali si applica la disciplina del dispacciamento. MGP e MI vengono definiti mercati dell’energia perché ci consentono di scambiare forniture di energia. MSD e MB (mercati bilanciamento) vengono considerati mercati della riserva perché consentono a TERNA di mantenere in equilibrio il sistema elettrico. La partecipazione ai mercati energetici e ambientali, gestiti dal GSE, è soggetta a corrispettivi. Un primo esperimento di mercato artificiale per l’ambiente viene dal settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nasce dopo l’introduzione del provvedimento CIP 6, oggi trasformato in CIP sviluppo sostenibile, che ha portato misure di incentivazione a favore dell’incremento della produzione di energia elettrica mediante fonti non inquinanti e assimilate. Un altro settore dove sono state introdotte misure a favore dell’ambiente è quello dei consumi negli usi finali di energia, con un meccanismo di titoli di efficienza energetica. Infine, la direttiva europea del 2003 che ha portato in Italia uno schema di contenimento delle emissioni da impianti industriai attraverso un sistema di trading di permessi ad emettere CO2 (Certificati grigi). Il mercato dei certificati verdi (titoli commerciabili he attestano il meccanismo virtuoso e premiante della produzione/consumo di energia più sostenibile per il sistema) nasce dal fatto che l’incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili risulta fondamentale per supplire alla scarsa competitività delle fonti rinnovabili. Occorre adottare scelte di investimento indirizzate alla costruzione di nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili, convenienti dal punto di vista economico. Il provvedimento CIP 6 ha stabilito che l’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, fosse venduta ad un prezzo incentivato per otto anni consecutivi. L’energia viene ritirata e pagata dal GSE ad un prezzo garantito. Cesserà definitivamente allo scadere di tutte le convenzioni stipulate dai produttori e il GSE per la cessione di energia. Il decreto Bersani ha previsto la sostituzione del CIP 6 con un meccanismo di certificati verdi per incentivare l’uso delle energie rinnovabili, il risparmio energetico, la riduzione di emissione e l’utilizzo di risorse energetiche nazionali. Il decreto, in particolare, obbliga i soggetti che producono o importano più di 100 GWh/anno da fonti convenzionali a immettere in rete una quota di FER non inferiore al 2% dal 2002, con incrementi dello 0.35% l’anno, 0.75% tra il 2007 ed il 2012. I soggetti obbligati possono adempiere a questo requisito anche attraverso l’acquisto di una quota equivalente di diritti da altri produttori. Gli impianti alimentati da FER devono essere qualificati IAFR (impianti alimentati da fonti rinnovabili) e vengono ricevuti un numero di V pari all’energia rinnovabile prodotta. I CV sono al portatore, ognuno vale 1MWh che certifica l’origine da fonte rinnovabile dell’energia. Produttori e importatori possono adempiere immettendo in rete il quantitativo di energia rinnovabile corrispondente al proprio obbligo, oppure acquistando CV. I CV conseguiti, devono essere consegnati al GSE per attestare il raggiungimento dell’obbligo. Quindi, i soggetti possono adempiere realizzando nuovi impianti, o acquistando CV. Il GSE predispone una piattaforma informatica per la negoziazione dei certificai. L’elevata partecipazione al mercato garantisce un’efficiente formazione del prezzo dei CV. Le forme di incentivazione delle FER hanno contribuito al raggiungimento dell’obiettivo nazionale del 17% (pacchetto 202020) di incremento nell’uso di tali fonti. Il decreto Burden Sharing del MISE assegna ad ogni regione e provincia autonoma obiettivi in termini di sviluppo delle rinnovabili e stabilizzazione dei consumi, sulla base del rapporto tra consumi lordi totali da FER/Consumi finali lordi totali. Mercato della riduzione delle emissioni climalteranti Il progressivo incremento delle emissioni antropogeniche di gas serra e l’aumento della loro concentrazione in atmosfera è legato all’uso di combustibili fossili, alla crescita della popolazione mondiale e al processo di industrializzazione. L’IPCC concorda che la maggior concentrazione di gas serra sta comportando l’aumento delle temperature medie del pianeta. Il protocollo di Kyoto, e i cosiddetti meccanismi flessibili, vedono la riduzione delle emissioni efficace indipendentemente dal luogo in cui avviene. L’abbattimento delle emissioni può avvenire sia con il miglioramento delle tecnologie utilizzate nei processi produttivi, con l’applicazione di criteri di efficienza e con l’utilizzo di energie rinnovabili. Il protocollo di Kyoto ha anche introdotto degli strumenti (meccanismi flessibili), complementari alle misure individuali di ciascun paese. Il monitoraggio dei risultati della decarbonizzazione può avvenire attraverso: - Intensità carbonica del PIL: quante tonnellate di CO2 emesse per unità di PIL; - Intensità carbonica dell’energia: quante tonnellate di CO2 emetto per ogni tep di petrolio utilizzata. I meccansmi flessibili previsto dal protocollo sono tre: - Clean development mechanism: Stati o aziende, realizzano progetti di tecnologia pulita nei paesi in via di sviluppo. Ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetti ai livelli che si sarebbero raggiungi in assenza del progetto. I crediti vengono definiti in Certified Emissions Reductions (CERs); - Joint Implementation: è un meccanismo di collaborazione tra paesi industrializzati e ad economia di transizione. Permette di ottenere crediti di emissione attraverso investimenti in tecnologie pulite nei paesi con economia di transizione. I crediti vengono definiti in Emissions Reductions Units (ERUs); - Emission trading: consente ai paesi di adempiere agli obblighi di riduzione delle emissioni attraverso l’acquisto o la vendita di permessi di inquinamento. Consente la vendita o l’acquisto quando le emissioni del soggetto interessato sono al di sopra o al di sotto della quota assegnata. Vengono definiti in Assigned Amount Units (AAUs). La direttiva sullo scambio di quote di emissione è per sua natura uno strumento di tipo economico per il raggiungimento di fini ambientali. L’ETS è un sistema di tipo Cap and Trade: prevede la fissazione di un limite massimo (cap) alle emissioni realizzate dagli impianti industriali che producono gas serra; consente poi di rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni attraverso il meccanismo di acquisto o di vendita di diritti di emissione (trade). Il limite è fissato attraverso l’allocazione di un determinato numero di unità di emissione a ciascun impianto. Le unità distribuiscono il diritto ad immettere una tonnellata di biossido di carbonio (critica al “permesso ad inquinare”) equivalente in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento, e vengono assegnate agli impianti regolate da ETS attraverso i PNA (Piani Nazionali di Assegnazione). Criteri di assegnazione delle quote di emissione nel PNA - L’autorità nazionale verifica che la definizione della quantità di unità da assegnare a livello nazionale sia coerente con gli obblighi del Protocollo di Kyoto. Determina, quindi, il numero totale di emissioni da allocare; - Ripartisce l’ammontare di emissioni tra di diversi settori che rientrano nel meccanismo dell’emission trading; - Le unità allocate nei vari settori vengono distribuite ad ogni singolo impianto, adottando criteri differenziati per settori. Il meccanismo dell’ETS parte col regolatore che fissa il livello di emissioni tollerato per una certa area; in seguito rilascia ai singoli soggetti partecipanti dei permessi di emissione in una quantità tale da assicurare il livello di inquinamento fissato; viene consentito ai soggetti di acquistare o vendere i permessi secondo la loro posizione. Le imprese che devono sostenere costi di abbattimento delle emissioni più elevati, hanno convenienza ad acquistare il permesso; le imprese che hanno costi di abbattimento più bassi, hanno convenienza a vendere i loro permessi, o risparmiali per utilizzi futuri. Si crea così una domanda e un’offerta di permessi di emissioni. Dal 2006, all’inizio di ogni anno, viene assegnata alle imprese una quota di emissioni che queste sono tenute a monitorare all’interno dell’anno solare. In caso di surplus questo può essere accantonato o venduto, in caso di deficit, questo si può coprire con l’acquisto di permessi. Il mercato del carbonio è il risultato degli strumenti di mercato nati a valle del Protocollo di Kyoto. Si tratta di mercati in cui il bene è una tonnellata metrica di CO2 equivalente, che può essere definito bene economico in quanto sottostà ad un equilibrio di domanda ed offerta. Al termine del periodo di validità del Protocollo di Kyoto, l’Italia aveva sfiorato il raggiungimento dell’obiettivo del 6% raggiungendo il 4.6%. Efficienza energetica L’UE stima che il risparmio di energia possa consentire un risparmio energetico del 20% rispetto ai consumi attuali. Questo significa un risparmio di circa 60mld di € all’anno, a livello di UE. L’efficienza energetica consente di: - Contrastare il cambiamento climatico, favorendo la realizzazione degli obiettivi del protocollo di Kyoto; - Ridurre il fabbisogno energetico; - Garantire una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti. Il meccanismo del “fare di più con meno” porta alla nascita di un mercato specifico di titoli sull’efficienza energetica. Questa direttiva prevede che gli Stati membri assicurino l’introduzione di strumenti orientati al mercato, come i certificati bianchi, per il conseguimento di obiettivi di risparmio. I TEE (Titoli di Efficienza Energetica) sono titoli che affermano il risparmio energetico conseguito attraverso interventi di incremento di efficienza nei consumi finali. Sono stati individuati i soggetti obbligati. Gli obiettivi devono essere conseguiti dai distributori di energia elettrica e dalle imprese distributrici di gas naturale con più di 50.000 clienti finali. I distributori annualmente adempiono all’obbligo di risparmio energetico imposto, attraverso l’accumulo di TEE corrispondenti all’obiettivo. Questo sistema vuole limitare il costo complessivo correlato al conseguimento del risparmio energetico, imposto ai distributori. I soggetti possono usare due strategie: - Make: effettuano investimenti diretti nell’attuazione di progetti di risparmio energetico; - Buy: possono decidere di acquistare i TEE dai soggetti che hanno ottenuto risparmi energetici con progetti con costi marginali minori. La domanda di TEE è espressa dai soggetti che hanno ottenuti risparmi minori dipresso al loro obiettivo, e devono acquistare sul mercato i titoli mancanti. L’offerta è data dai distributori che hanno conseguito risparmi superiori agli obiettivi; distributori non soggetti all’obbligo; dalle ESCO (Energy Service Company, non soggette ad obbligo). Il GME ha il compito di organizzare e gestire una piattaforma di mercato per consentire l’incontro di domanda e offerta. Organizza e gestisce il registro con i conti proprietà dei vari soggetti, che contiene i titoli e le transazioni registrate sul mercato. Entro il 31 dicembre di ogni anno il GME calcola il corrispettivo dovuto. Per mettere inpiedi una politica di risparmio enrgetico si possono mettere in campo: - Interventi di tipo regolatorio: obblighi, imposizioni di limiti, etc; - Interventi di tipo fiscale: imposizione di tasse sui consumi energetici; - Promuovere comportamenti virtuosi di tipo volontario, tra i produttori o tra il pubblico; - Facilitare la formazione delle dinamiche di mercato: liberalizzazione, etc. - L’adempimento agli obblighi avviene attraverso interventi realizzati in proprio dai distributori; interventi realizzati in collaborazione con soggetti terzi; attraverso l’acquisto di TEE per attestare il conseguimento degli obiettivi. Il GME eroga i titoli sulla piattaforma, solo dopo l’autorizzazione concessa dall’Autorità di vigilanza. Sono previste sanzioni in caso di inadempienza. I TEE: - sono titoli unitari fissi come i CV, ad ognuno corrisponde il risparmio di 1tep; - Hanno validità di 1 anno solare, la loro contabilità si chiude ad ogni esercizio, ma i beneficiari possono utilizzare i titoli anche nell’esercizio degli anni successivi. Attraverso i vari interventi normativi sono stati fissati gli obiettivi nazionali di risparmio energetico. Col decreto del 2004 gli obiettivi erano crescenti, ed erano ripartiti tra i distributori di energia elettrica e gas con almeno 100.000 clienti finali al 31/12/2001 (abbassata a 50.000 clienti fino al 2016). La ripartizione avveniva in base al rapporto tra la quota di energia elettrica/gas da essi distribuita e la quantità distribuita complessivamente sul territorio nazionale, entrami nell’anno precedente. L’obbligo di risparmio è condizionato al rispetto di un vincolo: almeno il 50% dell’obiettivo deve essere ottenuto attraverso la riduzione di consumi di energia elettrica e gas. L’efficienza energetica acquisita in un periodo continua a produrre risparmi anche nel periodo successivo, per questo motivo gli obiettivi da conseguire sono cumulati. Si abbandona il tep come unità di misura e si adotta il MTEE (milioni di titoli di efficienza energetica). Nella nuova versione del mercato dei TEE troviamo, insieme all’ARERA anche il MISE e in Ministero dell’ambiente. Al centro troviamo il GSE, insieme all’RSE e all’ENEA che si interfacciano con i soggetti obbligati e volontari per valutare la fattibilità dei progetti di efficienza energetica. Sotto troviamo, infine, il GME che si occupa del funzionamento delle piattaforme che fanno funzionare il mercato. Gli utenti finali sono quelli nei confronti dei quali vengono sviluppati i progetti di efficienza energetica. Il GME emette i TEE al soggetto che ha realizzato e presentato il progetto. I TEE sono emessi in numero pari alle TEP risparmiate (oggi sostituita dai MTEE), per un numero limitato di anni, e possono essere ti I, II, III o V tipo. I titoli possono essere negoziati in maniera bilaterali, o attraverso la piattaforma del GME. Le criticità del sistema erano dovute soprattutto alla soglia di ripartizione degli obblighi, infatti si riusciva a coprire solo il 78% dell’obiettivo nazionale. Il 22% dell’energia distribuita proveniva da imprese con meno di 100.000 clienti finali. Per ovviare a questo problema viene rivisto il criterio di ripartizione degli obiettivi nazionali, e viene abbassata la soglia a 50.000 clienti finali a partire dal 2004. Fin dall’inizio i prezzi hanno seguito il livello del rimborso tariffario riconosciuto ai distributori obbligati per ciascun TEE annullato ai fini dell’adempimento. Il contributo è stato costante a 100€/tep fino al 2008. Nei primi anni, in una condizione di eccesso di offerta, il prezzo si è sempre mantenuto sotto il contributo tariffario. In una condizione di eccesso di domanda, invece, il prezzo supera il valore del rimborso. I progetti possono essere realizzati in proprio dal distributore, tramite società ESCO o dai soggetti obbligati attraverso l’acquisto di TEE. Le ESCO (Energy Service Company) sono soggetti specializzati che hanno individuato le direttive europee sull’efficienza. I loro compiti principali riguardano il reperimento delle risorse finanziare per lo sviluppo del progetto, la diagnosi energetica, lo studio di fattibilità e la progettazione, realizzato l’intervento e curano la manutenzione post – intervento. La loro remunerazione è legata alla quantità di energia risparmiata in relazione all’investimento effettuato: il proprietario dell’impianto continua a pagare la stessa cifra e con la differenza rimborsa la ESCo. I TEE ottenuti (pari all’insieme degli interventi realizzati) possono essere rivenduti ai soggetti obbligati. Trattandosi di interventi molto costosi, le ESCo hanno interlocutori bancari privilegiati per il reperimento dei capitali. Strumenti volontari L'Italia si colloca al 120° posto per consumo di energia e si stima che il solo comparto industriale assorba il 60% dei consumi totali di energia; a livello strutturale dipende per circa 1'86% da importazioni; inoltre, a livello produttivo è priva di fonti energetiche tradizionali; può far ricorso alle sole rinnovabili, a livello di risorse endogene e può far ricorso alle opportunità legate all'efficienza energetica. Nel 2008 il MSE (Ministero dello Sviluppo Economico) ha recepito, con il d. l.gvo n. 115/08, la direttiva comunitaria 2006/32/CE cercando di creare sinergie tra: - La necessità di ridurre la dipendenza energetica dall’estero; - L'aumento della sicurezza negli approvvigionamenti; - La riduzione delle emissioni climalteranti; - Il miglioramento della competitività del sistema Paese; - La necessità di trovare un approccio sistemico per il controllo dell’energia a garanzia dei modelli di sviluppo strutturati ed ecocompatibili. Incrementare l'efficienza energetica negli usi finali dell'energia richiede un certo numero di decisioni, di modifica di comportamenti, di interventi e di messa a punto di modalità ottimali di gestione dell'energia. Significa però anche attuare politiche integrate in materia di energia e sostenibilità che portino a cambiare sia le fonti dalle quali ricaviamo l'energia che utilizziamo sia il modo in cui produciamo e usiamo l'energia stessa. Si cerca di passare ad un'economia basata su una combinazione di tecnologie, risorse energetiche e un'accorta gestione dell'energia che sia ecologicamente ed economicamente sostenibile. Nel caso di un'impresa (organizzazione in senso più ampio) l'obiettivo non si raggiunge attraverso una semplice decisione di acquisto; è richiesta una gestione attenta e finalizzata, con il coinvolgimento di tutti gli operatori dell'impresa per poter avere un controllo efficace dei consumi energetici. Sul mercato esistono alcuni strumenti volontari (es. EN 16001, ISO 50001) che dettano requisiti e linee guida per la corretta pianificazione degli interventi ma richiedono un serio impegno della direzione verso il miglioramento dell'efficienza, oltre a un coinvolgimento proattivo da parte di tutti i livelli aziendali. Interessante è allora analizzare il ruolo dell’Energy manager: unica figura interna all'azienda che ha compiti di gestione e razionalizzazione dell'uso dell'energia. Soggetto introdotto in Italia con la legge 10/91 e con la denominazione di ‘responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia"; esso è obbligatorio solo per aziende con consumi superiori ai 10.000 tep (tonnellate equivalenti di petrolio) per le imprese del settore industriale ed ai 1.000 tep per i soggetti non industriali. Le funzioni dell'energy manager sono: - Individuare azioni, interventi, procedure necessari per promuovere l'uso razionale dell'energia; - Assicurare la predisposizione di bilanci energetici in funzione anche dei parametri economici e degli usi energetici finali; - Predisporre i dati energetici di verifica degli, interventi effettuati con contributo dello Stato. A livello aziendale possono esserci diversi sistemi di gestione, a seconda del settore cui si applicano (p.e. qualità, ambiente, ecc.). A ciascun sistema di gestione si applica una particolare norma tecnica volontaria, che definisce le regole alle quali il SG deve rispondere; un Sistema di Gestione (SG) è il complesso di azioni gestionali programmate e coordinate, in particolare procedure operative; sistemi di documentazione e di registrazione ruoli, responsabilità e risorse, chiari e ben definiti. Le norme sono elaborate ed emanate dagli enti di normazione che hanno valenza nazionale (per l'Italia UNI), europea (CEN), internazionale (ISO). Le norme più diffuse sono: - ISO 9001, sistemi di gestione della qualità; - ISO 14001, sistemi di gestione ambientale; - ISO 22000, sicurezza agroalimentare; - ISO 27000, sicurezza delle informazioni; - OHSAS 18001, sicurezza sul lavoro; - ISO 50001, sistemi di gestione energetica. Nel 2011 l'ISO, International Organization for Standardization ha emanato la norma ISO 50001:2011. Si tratta di un nuovo standard internazionale per la gestione dell'energia; la ISO 50001 è valida a livello mondiale e ha preso il posto della precedente EN 16001:2009, quest'ultima emanata dal CEN/CENELEC European Committee for Standardization, e valida esclusivamente in ambito europeo. La Norma UNI CEI EN 16001 si basa su un approccio di miglioramento continuo delle prestazioni energetiche di un'organizzazione, essa porta a un uso più efficiente e più sostenibile dell'energia indipendentemente dalla sua tipologia. Porta quindi alla riduzione dei costi e al contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra e aiuta le organizzazioni nella definizione dei sistemi e dei processi necessari al miglioramento dell'efficienza energetica. Ideata per.... "promuovere un processo di incremento del livello di obiettività e di attendibilità per le misure e i sistemi finalizzati al miglioramento dell'efficienza energetica'. Prevede "una procedura di certificazione per il sistema digestione dell'energia e per le diagnosi energetiche" e un'analisi energetica La metamorfosi digitale Siamo oggi entrati in una nuova fase, quella dell'economia circolare, nella quale la nostra socialità è alla base della creazione del valore economico". Il modello della società verticale è una società in cui le decisioni sono in mano a una o poche persone e il resto dei componenti della società è quasi estraneo alle scelte da affrontare; chi è dotato delle migliori qualità occupa progressivamente livelli superiori. A livello istituzionale è organizzata a piramide: discende dallo Stato centrale fino ad arrivare alla periferia delle municipalità". Come schema tale società "si muove dall'alto al basso, dal centro alla periferia, attraverso una fitta rete di ramificazione di potere intermedi e locali deputati alla realizzazione delle logiche del centro". Il modello della società orizzontale è una società in cui nessuno è più importante di un altro, dove tutti sono partecipi delle decisioni che vengono prese. "La società pone al centro il territorio come principio organizzativo della produzione, dell'inclusione e della mobilità sociale"; le attività imprenditoriali sono legate al territorio, nascono dal sommerso, si sviluppano in maniera reticolare attraverso distretti industriali e, poi, attraverso piattaforme produttive arrivano fino alla globalizzazione. Finanziarizzazione e digitalizzazione della vita quotidiana sono i principali motori globali della circolarità ricorsiva che include il debito, le migrazioni, rendendo disponibili merci e servizi a basso costo in cambio della valorizzazione della società umana" (spesso anche nell'ambito della C.d. sharing economy o economia della condivisione); in questo quadro lo Stato non è più il soggetto centrale della società verticale, è sempre meno il regolatore della società orizzontale, è sempre più il mediatore (forte o debole a seconda della tradizione statuale nazionale) della potenza dei flussi sulla vita nuda delle persone". Una società circolare si presenta con alcuni aspetti che si traducono nella realizzazione di “città circolari”. Risorse più importanti come l’acqua, l’energia e i rifiuti, vengono utilizzate in maniera efficiente limitando l’impatto che questi hanno sull’ambiente. A questi si aggiungono vari aspetti per una città circolare, come ad esempio, la mobilità, le reti digitali, la partecipazione, etc. In questo aspetto legato a circolarizzazione, digitalizzazione e immaterializzazione della società, si inserisce il discorso dell’economia leggera. Definita da molti come l’economia immateriale, negli ultimi decenni in Italia abbiamo assistito ad una frattura dell’economia pesante alleggerita poi da ristrutturazioni, disinvestimenti e delocalizzazioni. Così abbiamo assistito a una riconversione che ora tiene uniti i manager delle reti hard e soft, alcuni conglomerati industriali e finanziari e un'economia leggera, con tante reti sociali, che partendo dai saperi taciti che nutrivano i distretti e le filiere del made in Italy, ha incorporato valore. L’avvento della digitalizzazione ha portato a cambiamenti importanti. Il modo di produzione industriale è basato sulla proprietà privata, sulla separazione dei saperi e le relative professioni. Fondamentale l’idea di progresso. Città e campagna, servo e padrone, pubblico e privato formavano paradigmi dualistici. Nel mondo digitale, invece, i saperi tendono ad essere olistici, e avviene una continua integrazione tra i saperi. Tutto è circolare. Le aziende guardano alla società e investono nel rapporto con le comunità: dei lavoratori, del territorio, di filiera ecc,; imprese low profit che preferiscono alla logica degli investimenti di medio e lungo termine, la remunerazione a breve degli azionisti; imprese for profit che producono beni e servizi alla persona, start up a vocazione sociale, imprese della sharing economy; fabbriche della condivisione come i fab lab che nascono dalla logica reticolare di internet. L'affermarsi di modelli di vita e di socialità smart, green e social. La green economy è a risposa ai modelli economici che credevano fortemente nell’efficienza del settore privato e del mercato. Ha le sue radici all’interno della visione globale del paradigma dello sviluppo sostenibile che fa riferimento al rapporto Bruntland “Our common Future” che mette in luce il principio di responsabilità intergenerazionale. - È considerata pulita perché utilizza sistemi di produzione puliti di beni, materiali ed energia; - È rigenerativa perché tende a proteggere/ricostruire gli ecosistemi naturali attraverso un uso sostenibile delle risorse non rinnovabili; - È circolare perché l’efficienza nell’uso delle risorse impone la minimizzazione dei rifiuti e la loro trasformazione in materia prima di nuovi prodotti; - È bio – based perché utilizza materie prime derivate d piante e rifiuti piuttosto che materiali minerali e fossili non rinovabili; - È basata su un nuovo concetto di ricchezza e di benessere, legati all’accrescimento degli stock di capitale umano, sociale, naturale e finanziario. Alla base dell’attenzione per l’ambiente e il benessere delle persone si è affermato un principio etico ben preciso, cioè quello della responsabilità intergenerazionale. La fondazione Ellen MacArthur definisce l'economia circolare: «Un'economia industriale che è concettualmente rigenerativa e riproduce la natura nel migliorare e ottimizzare in modo attivo i sistemi mediante i quali opera». Alla base del suo sviluppo troviamo: - Assenza di scarti di processo: lo scarto diventa nuova materia prima e alimenta altri cicli produttivi o di riuso; - L'estensione della vita utile dei prodotti; - Produzione di prodotti di lunga durata; - Attivazione di economie di ricondizionamento; - Riduzione della produzione di rifiuti Nell'economia aperta prevalgono logiche industriali, produzione e consumo contribuiscono alla "crescita". Nell'economia circolare (o chiusa) la misura del successo diviene la natura, il limite, la qualità e la complessità del sociale totale che comprende le persone e le menti incluse nel sistema stesso. Non ci sono risorse illimitate ed è necessario operare all’interno di un sistema ecologico chiuso che deve essere in gradi di rigenerare i materiali. "La tragedia dei beni comuni" II biologo americano Garret Hardin nel 11968 scrisse un articolo su "Science" intitola to "La tragedia dei beni comuni" una sorta di parabola. La parabola descrive un fenomeno ben noto agli ecologi: quando una popolazione animale entra in uno spazio di dimensioni e con alimenti limitati dapprima la popolazione cresce rapidamente, poi cresce più lentamente, poi si stabilizza su un numero di individui che il territorio può ospitare senza entrare in crisi: questo numero di individui rappresenta e prende il di «carrying capacity» di un territorio (o capacità portante). Lo sviluppo è un concetto ampio che contempla il benessere economico e sociale. La crescita rappresenta la misura economica e quantitativa della ricchezza, misurabile attraverso il PIL. Non tiene conto degli effetti esterni causati dall’economia, e può verificarsi anche in presenza di povertà. Mentre abbiamo familiarità con una società circolare del materiale (p.e nel campo dei rifiuti o per altre risorse planetarie), meno intuitiva risulta la stessa nella società immateriale. Un aspetto non indifferente della società circolare è il ruolo del denaro e della finanza; nella società circolare infatti cambiano anche le forme di transazione monetaria; l'affermazione del bitcoin è il risultato di questo cambiamento; "il bitcoin non fa uso di un ente centrale ma utilizza un database distribuito tra i nodi della rete che tengono traccia delle transazioni, e sfrutta la crittografia per gestire gli aspetti funzionali come la generazione di nuova moneta e l'attribuzione di proprietà del bitcoin". "La struttura peer-to-peer della rete bitcoin e la mancanza di un ente centrale rende impossibile a qualunque autorità, governativa o meno, il blocco della rete o la svalutazione dovuta all'immissione di nuova moneta. I bitcoin possono essere trasferiti mediante internet verso chiunque disponga di un «indirizzo bitcoin». In futuro potrà garantire il corretto scambio di titoli e azioni, potrà sostituire un atto notarile o garantire la bontà delle operazioni elettorali. Sharing economy Non esiste una definizione unica di sharing economy. Essa si presenta come un nuovo modello di consumo, complementare all’economia tradizionale, di dimensioni globali. La crisi finanziaria ha messo in discussione alcuni modelli di business tradizionale, favorendo lo sviluppo di nuove strutture economiche basate sulla condivisione. Per definire questo fenomeno vengono utilizzate diverse terminologie: peer economy, crowd economy, gig economy. Queste espressioni si rifanno tutte ad un sistema comune che prevede lo sfruttamento pieno delle risorse, incoraggiando l’accesso invece della proprietà, e il riuso invece dell’acquisto. Vengono offerti da una piattaforma web che mette in contatto domanda e offerta e diventa veicolo di reputazione e fiducia. La collaborazione è al centro del rapporto tra pari e le persone, attraverso questi servizi, interagiscono tra loro. La tecnologia digitale è un supporto indispensabile, è necessaria per abilitare questi servizi. È sicuramente parte delle rivoluzioni industriali, in particolare della quarta. Nel 2014 la NESTA ha identificato i quattro pilastri della sharing economy: - Consumo collaborativo: rielaborano il principio del baratto e della condivisione. Servizi come Airbnb, Uber e così via; - Produzione collaborativa: sono pratiche che cercano di applicare i principi di collaborazione diffusa tra individui per la realizzazione di nuovi prodotti/servizi; - Apprendimento collaborativo: sono pratica di condivisione della conoscenza veicolati attraverso il digitale; - Finanza collaborativa: strumenti finanziari e monete alternative (ad es. il Crowdfunding). L’idea è quella di introdurne un quinto, quello della governance collaborativa, cioè un meccanismo di governance orizzontale e partecipativo a livello urbano e all’interno delle imprese. Secondo alcuni autori, la sharing economy si caratterizza per quattro principali tipologie di scambio: - Condivisione: quando si accede ad una risorsa in maniera temporanea e non sono previste transazioni in denaro; - Affitto: quando si accede ad una risorsa in maniera temporanea, dietro il pagamento di una somma di denaro; - Scambio: quando si baratta una risorsa in cambio di un’altra senza intermediazione del denaro; - Vendita: quando si vende in maniera permanente un prodotto usato (subito.it e simili). Un altro aspetto non indifferente della società circolare è il ruolo del denaro e della finanza. Nella società circolare cambiano anche le forme di transazione economica, l’affermazione del bitcoin è il risultato di questo cambiamento. In futuro, questa crypto currency, si pensa che potrà garantire il corretto scambio di titoli e azioni, potrà sostituire un atto notarile o garantire la bontà delle operazioni elettorali. La smart city è la città del futuro, basata sull’uso di meno risorse a fronte di una maggiore produzione di maggiori servizi per cittadini e imprese. Attraverso l’uso di tecnologie avanzate e gestione intelligente, viene usata meno energia (generata da fonti rinnovabili), si riduce la congestione del traffico privato, aumentando il numero di servizi di car sharing o car pooling. L’UE ha stabilito un quadro di azione comune a tutti gli Stati membri per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili stabilendo degli obiettivi da raggiungere entro il 2020 riguardo alla percentuale di energia totale da produrre partendo da fonti rinnovabili e dalla quota di FER usata nei trasporti. I Piani di Azione Nazionali (PAN) fissano gli obiettivi nazionali degli Stati membri per la quota di energia da fonti rinnovabili consumata nei settori dei trasporti, dell’elettricità e del riscaldamento/raffreddamento. Gli obiettivi generali dei PAN sono: - Garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici; - Riduzione delle emissioni di gas dannosi per il clima; - Miglioramento della competitività dell’industria nazionale; Per il raggiungimento di questi obiettivi l’UE ed i singoli Stati hanno messo a punto dei meccanismi incentivanti. I principali meccanismi in Italia sono i certificati verdi, le tariffe omnicomprensive agli impianti che producono da fonti rinnovabili è riconosciuta una tariffa che remunera l’energia immessa in rete e incentiva la produzione, i titoli di efficienza energetica, il conto energia per le PA e le agevolazioni fiscali con la possibilità di detrarre dall’imposta sul reddito il 55% del totale delle spese sostenute. Temi attuali Le crisi che la nostra società sta affrontando sono diverse: emergenza climatica, crescita della popolazione, aumentato bisogno di cibo e acqua, prezzi crescenti dei carburanti, crisi finanziaria, etc. Le attuali crisi sono determinate soprattutto dal fatto che si è sempre preferito il presente al futuro, scaricando il debito alle generazioni future. La ricerca di nuovi modelli economici è dettata soprattutto dall’aumento della popolazione, dalla Terra che sta diventando sempre più piccola per l’elevato numero di persone, dal 1980 ad oggi abbiamo consumato più di un terzo delle risorse più importanti, nell’ultimo decennio abbiamo perso 5.2 milioni di ettari di foreste l’anno, aumenta il debito ambientale. Il sistema globale della natura probabilmente non è in grado di sopportare i tassi attuali di crescita economica e della popolazione molto oltre il 2100, anche con l’avvento della tecnologia avanzata. I limiti alla crescita del pianeta riguardano l’aumento della popolazione, la produzione agricola, l’impoverimento delle risorse non rinnovabili, la produzione industriale e l’inquinamento. Il Rapporto sui limiti dello sviluppo Il «Rapporto sui limiti dello sviluppo» (dal libro The Limits to Growth.), commissionato al MIT dal Club di Roma e pubblicato nel 1972 da Donella H. Meadows , Dennis L. Meadows, J.Randers e William W. Behrens III, rappresenta una prima pietra miliare sul cammino verso lo sviluppo sostenibile che oggi/domani ci riguarda/riguarderà da vicino. Il rapporto, basato sulla simulazione (con i computer di allora), predice le conseguenze della continua crescita della popolazione sull'ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana. Il messaggio di questo libro è ancora oggi molto attuale: "Il sistema globale della natura - fatto di risorse terrestri ad incastro e in cui noi tutti viviamo - probabilmente non è in grado di sopportare i tassi attuali di crescita economica e della popolazione molto oltre l'anno 2100 anche con l'avvento della tecnologia avanzata". Ai tempi della sua pubblicazione, furono esaminati i cinque fattori di base che determinano, anche in base alle loro interazioni, i limiti alla crescita sul nostro pianeta: • L'aumento della popolazione; • La produzione agricola; • L'impoverimento delle risorse non rinnovabili; • La produzione industriale e • La generazione di inquinamento. Il team del MIT alimentò con questi dati (sui cinque fattori) i computer di allora alla ricerca di un modello globale per poi testarne il comportamento con diversi insiemi di ipotesi e quindi determinare modelli alternativi per il futuro dell'umanità. Il testo è una relazione non tecnica sulle scoperte di allora e contiene un messaggio di speranza: L 'uomo è in grado di creare una società in cui può vivere indefinitamente sulla terra se impone dei limiti a se stesso e alla sua produzione di beni materiali per raggiungere uno stato di equilibrio globale tra la popolazione e la sua produzione. Sustainable Development Goals dell’ONU (SDGs) A settembre 2015 le Nazioni Unite hanno adottato l’Agenda 2030 e 17 nuclei strategici e programmatici ai quali è stato dato il nome di Sustainable Development Goals accompagnati ciascuno da obiettivi che ne specificando contenuti e finalità. In particolare: - SDG 7: energia pulita e accesssibile. Parte dalla considerazione che una persona su cinque, nel mondo, non ha accesso ai moderni mezzi elettrici. L’energia è il principale responsabile del cambiamento climatico, rappresentando circa il 60% delle emissioni annue. - SDG 11: città e comunità sostenibili. L’obiettivo è migliorare le condizioni delle città, migliorando i servizi (trasporto pubblico, ad esempio) e riducendo la produzione di rifiuti, di inquinamento e di spreco di risorse. - SDG 12: consumo e produzione responsabili. In linea con il principio “doing more with less” si promuovono modelli di produzione e consumo sostenibile. Politiche generali sulla sostenibilità Dalla sua entrata in vigore, l'Agenda 2030 e i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) sono diventati un punto di riferimento primario delle politiche internazionali per integrare la sostenibilità nelle politiche di più ampio spettro a livello globale. Inoltre, il pacchetto di misure sull'Economia circolare del 2015 (in ambito UE) sottolinea la necessità di passare a un'economia "circolare" che segue il ciclo di vita, con un utilizzo a cascata di risorse e rifiuti residui prossimo allo zero. Si pensa anche allo sviluppo di strumenti finanziari innovativi e finanziamenti a favore dell'eco-innovazione. Il debito ambientale L'uomo si appropria di molte delle risorse disponibili (anche avidamente) a livello ambientale senza fare nulla affinché lo stesso ambiente le ottenga indietro. Genera così debiti ambientali anche nei riguardi delle generazioni future. L'Overshoot Day è nato proprio da queste considerazioni; si celebra il giorno dell'anno in cui si esauriscono le risorse che il pianeta genera annualmente (nell'ipotesi migliore dovrebbe cadere il 31 dicembre). Viene calcolato annualmente dal Global Footprint Network, organizzazione internazionale che si occupa di contabilità ambientale misurando l'Impronta ecologica. Modelli economici La blue economy È un modello economico nato negli Novanta da Gunter Pauli, un economista, imprenditore e scrittore belga. Esso è un modello rigenerativo che si basa sullo studio dei percorsi evolutivi degli ecosistemi cercando di "mimarli". Pauli è stato il fondatore di ZERI, Zero Emission Research and Initiatives, una rete internazionale di 3.000 tecnologi ed economisti, che intendono sviluppare nuovi processi produttivi, in cui gli scarti di un processo possono essere utilizzati come materie prime per un altro, in modo da ridurre drasticamente, se non evitare completamente, la produzione di scarti da eliminare in modo improduttivo e dannoso per l'ambiente. L'obiettivo dei progetti inseriti in ZERI è lo zero: zero incidenti, zero sprechi, e zero emissioni. La sua filosofia non è quella che vede il progresso e la scienza come mali da estirpare, ma quella di incorporare Sviluppo sostenibile Blue Economy Green Economy Economia circolare Sharing Economy nel progresso sia il rispetto per l'ambiente, sia le tecniche usate dalla natura stessa, di fatto rendendo il processo produttivo parte di un ecosistema. Secondo il Libro Bianco dell'Ambiente 1996, dell'Agenzia per l'Ambiente del Giappone, "Zeri sarà lo standard per l'industria del 210 secolo"; l'economia blu è la filosofia di Zeri in azione. È il modello dove la migliore opzione per la salute e l’ambiente, e anche la più economica e i generi di prima necessità per la vita sono liberi grazie ad un sistema locale di produzione e di consumo che è compatibile con ciò che hai. I Principi ispiratori sono: • I modelli di business innovativi sono in grado di portare sul mercato prodotti e servizi competitivi rispondendo alle esigenze di base, mentre la costruzione del capitale sociale e il miglioramento della qualità della vita avvengono in armonia coi percorsi evolutivi della natura; • L'economia blu tenta di rispondere ai bisogni fondamentali con innovazioni ispirate dalla natura e generando molteplici vantaggi; • Sostituire qualcosa con nulla: é una logica diversa da quella tradizionale che conosciamo per quanto riguarda la necessità di produzione di qualsiasi risorsa; • Nei sistemi naturali i rifiuti non esistono; qualsiasi sottoprodotto è la fonte di un nuovo prodotto • La natura si è evoluta da una qualche specie a una ricca biodiversità. Ricchezza significa diversità. Normalizzazione industriale è il contrario; • La Blue Economy è un movimento open-source: utilizzando le risorse disponibili nei sistemi a cascata, la perdita di un prodotto diventa l'input per creare un nuovo flusso di cassa; • Rappresenta uno sviluppo della green economy: mentre quest'ultima prevede una riduzione di C02 entro un limite accettabile, la blue economy prevede di arrivare ad emissioni zero di anidride carbonica; • La natura funziona solo con quello che è localmente disponibile. La green economy Ciò che manca nel modello economico tradizionale è il concetto che la produzione economica dipende direttamente dallo stock di risorse naturali e la qualità dell'ambiente, vale a dire che l'ambiente è un fattore nella funzione di produzione. Solo agli inizi degli anni Settanta la classica teoria della crescita è stata modificata per abbracciare l'ambiente - denominato poi "capitale naturale"- come un fattore di produzione. Il concetto di green economy non è del tutto nuovo infatti fu descritto per la prima volta in una pubblicazione del 1989 a cura del London Environmental Economics Centre (LEEC) e intitolata “Blueprint per un’economia sostenibile”. La green economy fu poi rilanciata dall'UNEP nel 2008-2009 come linea guida della transizione green alla vigilia della più grave crisi economica del dopoguerra. Alla green economy viene riconosciuto il ruolo di guida della transizione green verso un modello di sviluppo economico sostenibile e verso l'eradicazione della povertà. La green economy si basa sulla green growth (crescita verde) un modello di crescita che si differenzia sostanzialmente dalla brown o red growth. Crescita verde significa promuovere la crescita economica e lo sviluppo, garantendo nel contempo che il patrimonio naturale continui a fornire le risorse e i servizi ambientali su cui si basa il nostro benessere. Queste tensioni potrebbero minare le prospettive di crescita futura per almeno due ragioni: - Diventa sempre più costoso sostituire con capitale fisico il capitale naturale. Ad esempio, se l'acqua diventa più scarsa o più inquinata, servono più infrastrutture per trasportarla e purificarla; - I cambiamenti non seguono necessariamente traiettoria lineari e prevedibili. Molte delle considerazioni che la green economy effettua sul valore della natura si basano su due elementi chiave: il Capitale naturale e i Servizi ecosistemici. Oggi definiamo "Capitale Naturale" l'intero stock di beni naturali (organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche) che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto e indiretto, per l'umanità e che sono necessari per la sopravvivenza dell'ambiente stesso da cui sono generati. La nozione di "capitale" è stata mutuata dal settore finanziario per descrivere il valore delle risorse e la capacità degli ecosistemi di fornire flussi di beni e servizi (indicati con il termine di servizi ecosistemici) come: acqua, medicine, cibo.
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