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MANUALE DI LEGISLAZIONE DEI BENI CULTURALI, Appunti di Diritto dei beni culturali

Riassunto MANUALE DI LEGISLAZIONE DEI BENI CULTURALI

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 05/06/2024

Emiis00
Emiis00 🇮🇹

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Scarica MANUALE DI LEGISLAZIONE DEI BENI CULTURALI e più Appunti in PDF di Diritto dei beni culturali solo su Docsity! MANUALE DI LEGISLAZIONE DEI BENI CULTURALI Le origini della tutela 1.1 La Roma e il Rinascimento La tutela del patrimonio affonda le sue radici nel Rinascimento, uno dei provvedimenti più antichi è la Cum Alam Nostram Urbem (bolla emanata da Papa Pio II nel 1462), che imponeva il divieto di distruggere o danneggiare gli antichi edifici pubblici o i loro resti. Il divieto era sanzionatorio con la scomunica, il carcere e la confisca dei beni. L’interesse del pontefice nella protezione del patrimonio si inquadrava nella conservazione della storia e delle tradizioni cristiane. Questo interesse si identifica con l’Editto del 1646, dove si pongono le prime basi per la tutela e l’esportazione di beni artistici assoggettati a una licenza (anche gli scavi archeologici). I monumenti e le opere dell’antica Roma alimentavano il mercato antiquario che spogliava la città, questi monumenti erano protetti perché attiravano il turismo. I pontefici inoltre erano grandi committenti di opere per gli artisti e iniziarono a creare delle collezioni che entrarono a far parte del museo pio-clementino, nucleo di base dei musei vaticani. Anche in altri stati italiani furono emanate disposizioni di tutela dei beni culturali con le finalità di proteggere il patrimonio archeologico dalle distruzioni, assoggettare a controllo i nuovi scavi e contrastare l’esportazione di opere d’arte. Nel 1738 nel regno di Napoli il re Carlo III di Borbone promosse ad Ercolano gli scavi archeologici che misero in luce statue in marmo e in bronzo, decorazioni e iscrizioni. Del 1750 la villa reale di Portici diventò quindi il “Museum Herculanense”, a partire del 1757 l’Accademia Ercolanense pubblicò la documentazione degli scavi contribuendo l’aggiunta di Napoli del Grand Tour. Nel 1764 inoltre Winckelmann pubblica la sua opera frutto del suo soggiorno a Roma e dallo studio diretto del patrimonio artistico della città. 1.2 Napoleone e il saccheggio del patrimonio artistico italiano: Fra il 1796 e il 1815 molte opere d’arte conservate a Roma furono oggetto di vicende che hanno un tronante essenziale per la tutela dei beni culturali in Italia. Dopo lo scioglimento della Convenzione in Francia si insediò il Direttorio che nel 1796 inviò in Italia Napoleone Bonaparte. Napoleone sconfigge i piemontesi e prosegue le battaglie in Italia contro l’Austria fino alla pace di Campoformio. Le campagne d’Italia di Napoleone toccavano anche il patrimonio artistico, la consuetudine ammetteva infatti il saccheggio da parte del vincitore del conflitto (jus predae). Inoltre dal 1794 la Convenzione aveva espresso un orientamento politico volto ad assicurare alla Francia patria delle arti e del genio il patrimonio e le opere d’arte di altri paesi. In occasione della Campagne d'Italia fu costituita una Commission pour la recherche des objets des Siences et de l'Art , operante al seguito delle truppe napoleoniche che organizzò la razzia di molte opere d'arte (ma anche di libri e manoscritti) nei ducati di Modena, Parma, nello stato della Chiesa e a Venezia. Il saccheggio di Napoleone a Roma fu in seguito legittimato dal Trattato di Tolentino che definiva la pace tra la Francia e lo Santa Sede e sanciva il diritto della Francia di trattenere 100 opere a scelta. Le opere d'arte prese da Napoleone sono state trasportate a Parigi e accolte con una cerimonia (Fêtes de la liberté). Il patrimonio francese aveva sofferto per le distruzioni dei rivoluzionari e si arricchì con le opere provenienti dall'Italia. 1.3 Le Lettres à Miranda di De Quincy Il saccheggio di opere d'arte di Napoleone fu osteggiato dalla Francia. Nel 1796 Antoine De Quincy un uomo politico e architetto pubblicava in forma anonima un libretto che comprendeva sette lettere indirizzate al generale napoleonico Miranda. In queste lettere si poneva in fondamento ideologico non solo italiano ma internazionale per la tutela dei beni culturali. Le lettere: - Nella prima: si rifaceva all'illuminismo e sosteneva che una comunità culturale europea sarebbe stata danneggiata nel suo complesso dalle continue spoliazione delle opere dai loro luoghi originali. - Nella seconda: considera l'Italia un "museo generale, un deposito" per la conservazione dei monumenti e delle tradizioni antiche. - Nella terza: esalta Winckelmann per il suo spirito di osservazione, confronto delle opere, individuazione di principi critici e metodo. - Nella quinta: insiste su una concezione universale dell'arte e del valore complesso che avevano i monumenti presenti a Roma. Criticava inoltre le spoliazioni di antichità portate in atti dall'Inghilterra. L'opera di De Quincy non esercitò nessuna influenza sulle vicende del tempo. 1.4 Antonio Canova a Parigi nel 1815 Nel 1815 dopo la caduta di Napoleone, papa Pio VII e il segretario di stato Consalvi incaricarono Canova di recuperare le opere sottratte dai francesi . L'azione di Canova (argomenti a favore della restituzione): - "Se la Francia nutre un amore per l'antichità perché si è impossessata ingiustamente dei monumenti altrui contro il volere degli stessi artisti francesi" - "Tutto ciò che serve all'istruzione locale o generale dei popoli è un oggetto sacro" Per il successo di Canova fu necessario il rimando agli ideali di De Quincy. 1.5 Il Chirografo di Chiaramonti e l'editto del cardinal Pacca Già prima dell'azione di Canova le vicende dello stato pontificio appaiono decisive per la moderna legislazione dei beni culturali. Nel 1802 fu emanato il chirografo di Chiaramonti che rinnovò il divieto di esportazione di opere d'arte e confermò il divieto già posto di distruggere gli antichi edifici e i loro resti. Esso stabilì il divieto di mutilare, spezzare, alterare e danneggiare le statue (bassorilievi, lapidi o antichi monumenti) e di fondere metalli antichi figurati (medaglie, iscrizioni di ogni tipo). Più in generale conferma il divieto di togliere dalle chiese pubbliche e dagli edifici annessi i marmi antichi scolpiti, le iscrizioni, i mosaici e altri ornamenti o monumenti. Consisteva sempre in un divieto relativo ossia: nella sottoposizione degli interventi dei proprietari a un previo provvedimento di permesso dell'autorità, rilasciabile solo se l'intervento non costituisce danno per il patrimonio artistico tutelato. Le violazioni erano sanzionate gravemente a seconda dei casi con: pene pecuniarie o corporali, pena di 500 ducati d'oro o confisca dei beni. 1.6 L'unita d'Italia e le collezioni d'arte Dopo l'unità d'Italia mancò per molti decenni una legge sulla tutela del patrimonio artistico. Nel 1871 fu disposto che continuassero a valere le leggi e i regolamenti speciali preunitari. Il problema si poneva in particolare per la città di Roma, dove oltre alle grandi raccolte papali si erano formate altre raccolte per opera di cardinali e famiglie nobili. L'integrità di queste raccolte era stata protetta con il FEDECOMMESSO, il diritto dell'epoca consentiva di istituire mediante testamento una pluralità di eredi in successione tra loro. I fedecommessi erano una limitazione alla circolazione dei beni culturali e furono aboliti nel 1865. La legge volle evitare il più possibile la dispersione delle collezioni derivate dalli scioglimento dei fedecommessi e quindi tutelò le collezioni stabilendo la loro indivisibilità. 1.7 Tutela della proprietà e protezione del patrimonio artistico Dopo le leggi del fedecommesso furono emanate diverse leggi per la tutela dei singoli monumenti. Il lungo ritardo può considerarsi legato alla mediazione difficile tra interessi pubblici e protezione della proprietà privata. Il codice civile del 1865 prevedeva che le leggi potessero limitare le facoltà di uso delle cose, ma l'ideologia delle forze politiche promuoveva la garanzia piena della proprietà quindi ostacolava L’articolo 5 dice che al fine di tutelare il trasporto dei beni i singoli stati si impegnano ad istituire sul proprio territorio più servizi di controllo. L’articolo 6 della convenzione di che gli stati: a. Istituiscono un certificato mediante il quale lo stato specifica che l’esportazione del bene è autorizzata b. Proibire l’esportazione di beni senza certificato c. Portare questa proibizione a conoscenza del pubblico L’articolo 7 prevede gli impegni per prevenire l’illecita importazione dei beni: a. Misure necessarie per impedire l’acquisizione ai musei di beni culturali provenienti da altro stato b. Proibire l’importazione di beni culturali rubati in un museo o monumento c. Adottare misure per recuperare e restituire i beni L’articolo 10 descrive altri impegni degli stati come: obbligare antiquari a tenere registri delle loro opere (prezzo, nome e indirizzo del produttore) e fare ogni sforzo per sviluppare il sentimento del valore dei beni culturali. L’articolo 13 inoltre aggiunge che gli stati si impegnano a: impedire con tutti i mezzi adeguati i trasferimenti illeciti, fare in modo che i propri servizi collaborino alla restituzione, consentire un’azione di rivendicazione dei beni culturali perduti e rubati e infine riconosce il diritto di alcuni stati di dichiarare alcuni beni inalienabili. 2.7 La convezione Unidroit Questa convenzione è stata promossa dall’Unidroit (istituto per l’unificazione del diritto privato) con sede a Roma. Questa convenzione non è alternativa alle altre ma si affianca solo e le completa. L’articolo 3 stabilisce che i beni devono sempre essere restituiti (in tre, cinquanta o settantacinque anni). Nel caso di beni culturali illecitamente esportati deve essere ordinato il ritorno se l’esportazione comporta un pregiudizio a (art.5): a. Conservazione fisica del bene o del suo complesso b. Integrità di un bene complesso c. Cons3ervazione dell’informazione relativa al bene d. Uso tradizionale o rituale del bene da parte di una comunità autoctona 2.8 Il Commercio internazionale: il GATT Il GATT è un accordo internazionale contenete regole sulla non discriminazione e sul divieto di restrizioni quantitative agli scambi internazionali. Eppure ha autorizzato i singoli stati a porre dei limiti per l’esportazione dei beni culturali. Il GATT non impedisce l’adozione di misure imposte per la protezione dei tesori nazionali, con la sola condizione che queste norme non costituiscano un mezzo di discriminazione ingiustificata 2.9 La Comunità europea e l’Unione europea Il 25 marzo 1957 veniva firmato a Roma il trattato istitutivo della Comunità Economica Europea che costituiva solo sei paesi. Si è progressivamente allargata a 28 paesi. Questo trattato fu modificato dall’Atto unico europeo, dal Trattato sull’Unione Europea e dal trattato di Amsterdam. Il trattato di Maastricht ha anche istituito l’Unione Europea, la quale ha segnato una tappa molto importante per un’unione più stretta tra i popoli europei. A seguito del trattato di Maastricht l’unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli stati membri nel rispetto nelle loro diversità. L’azione dell’unione è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra gli stati, ad appoggiare e integrare le azioni di quest’ultimi, anche nel settore della salvaguardia. 2. 10 Comunità europea e circolazione dei beni culturali La Comunità economica europea, già prima della denominazione di unione, aveva influito sulla disciplina interna dei beni culturali, soprattutto per la circolazione. Il trattato di Roma intendeva realizzare un mercato comune tra i paesi della comunità, però riconosceva i beni culturali come merci speciali e permetteva di porre dei limiti nella loro circolazione. Il trattato però non forniva una definizione comunitaria di beni culturali, quindi ogni stato poteva stabilire quali beni erano beni culturali. 2.11 sviluppi recenti dell’ordinamento europeo Le disposizioni del trattato di Roma sono state confermate dell’atto unico europeo del 1986. In seguito i trattati di Maastricht e Amsterdam non hanno introdotto nessuna novità, quindi la creazione dell’unione europea non ha comportato il disconoscimento della specificità dei patrimoni culturali nazionali. Dal 1° gennaio 1993 è stato però attutato in modo pieno in principio di libera circolazione delle merci all’interno dell’unione che assieme all’accordo di Schengen (soppressione dei controlli alle frontiere) rende più difficile da parte dei singoli Stati il controllo sull’osservanza delle disposizioni che limitano la circolazione dei beni culturali. 2.12 L’esportazione dei beni culturali fuori dall’Unione Europea Disciplinata dal regolamento n.3911/92/Cee, modificato nel 1996. Ha oggetto e obbiettivi diversi dal trattato TFUE che riguardano l’esportazione tra paesi dell’UE, ma riguarda paesi terzi e ha la finalità di istituire un regime di controlli uniformi alle frontiere. Particolare protezione è prevista per tutti i beni che si trovano nella lista contenuta nell’allegato e consente di mantenere traccia delle esportazioni. I beni potranno lasciare il paese solo con una licenza di esportazione, rilasciata dal paese in cui il bene si trova, questa licenza può essere rifiutata qualora i beni siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico e archeologico. Ciascuno stato decide le sanzioni da applicare ai trasgressori. Qualora i beni non rientrino nella lista allegata l’esportazione rimane soggetta in via esclusiva alla legislazione nazionale dello stato membro. 2.13 La restituzione di beni culturali tra paesi dell’Unione Regolata dalla direttiva 93/7/Cee, l’azione è promossa dallo stato richiedente contro il possessore o detentore del bene davanti al giudice. L’azione si prescrive nel termine di 3 anni a decorrere dalla data in cui l’autorità centrale competente dello Stato richiedente è venuta a sapere del luogo dove si trova il bene e il nome del possessore. L’azione in ogni caso si prescrive nel termine di 30 anni. Il giudice competente dello stato membro ordina la restituzione dopo aver accertato che quel bene rientri nella direttiva e che sia uscito illegalmente dal paese. Lo Stato richiedente è tenuto a pagare l’indennizzo al momento della restituzione. III. LA DISCIPLINA INTERNA DEI BENI CULTURALI 3.1 I beni culturali. Limiti di una categoria I beni culturali sono sempre stati in parte proprietà pubblica e in parte privata:  Beni pubblici: soggetti da tempo a un regime speciale che trova la sua base nell’art. 822 (Demanio pubblico) del Codice civile. Il demanio pubblico può essere necessario cioè costituito da beni che appartengono esclusivamente allo stato o eventuale cioè quei beni che appartengono ad altri soggetti. Il codice dei beni culturali stabilisce che i beni del demanio non posso essere ALIENATI (trasferiti ad altri soggetti). L’inalienabilità però è solo una regola generale con delle eccezioni stabilite dal codice dei beni culturali.  Beni privati: Il codice definisce nell’articolo 832 il diritto di proprietà “Il proprietario ha diritto di godere sul bene e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico”. Il codice dei beni culturali distingue il regime dei beni culturali di proprietà privata da quelli di proprietà pubblica. 3.2 Beni culturali soggetti a tutela La prima parte del codice dei beni culturali è dedicata alle disposizioni generali. La seconda parte Beni Culturali è divisa in Tutela e Fruizione e Valorizzazione. La terza è dedicata ai Beni Paesaggistici e la quarta alle Sanzioni. Chiude il codice la parte delle Disposizioni transitorie. Prima Parte: Art.2 (nozione generale sui beni culturali ripresa poi dall’articolo 10) sono beni culturali tutte le cose mobili e immobili appartenenti a Stato, Enti pubblici, Regioni o altre persone private che presentano interesse artistico, storico o archeologico (raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, archivi, documenti e librerie). Il comma 3 dell’art.10 individua alte categorie di beni considerati tali solo a condizione che sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale prevista dall’art.13. Il codice protegge i beni in modo ampio, non è richiesto un collegamento alla storia italia perché il bene sia protetto (protette anche opere di artisti stranieri). 3.3 Le opere d’arte contemporanea Nell’articolo 10 comma 5 si stabilisce che le opere di autore vivente o che la cui esecuzione non risalisse ad almeno 50 anni non fossero soggette a disciplina. Anche dopo la modifica del codice nel 2011 e nel 2017 questi beni non rientravano nella protezione. I beni culturali di autori viventi o con meno di 50 anni sono dunque soggetti al regime generale e comune della proprietà. Sono comprese però nella disciplina protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, Il diritto d’autore comprende i diritti morali (inalienabili e imprescrittibili) come rivendicare la paternità dell’opera, il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di riprodurla. L’autore inoltre rimane il titolare dei diritti di utilizzazione economica anche in caso di alienazione dell’opera a terzi. Questa disciplina protegge soprattutto gli interessi economici e morali dell’autore e dei successori non l’opera in sé. Nel codice questi beni sono considerati per quanto riguarda il commercio. Chi esercita il commercio di questi beni deve presentare all’autorità una dichiarazione preventiva dell’esercizio del commercio, che viene trasmessa al Soprintendente e alla regione e l’esercente è scritto in un registro (in formato elettronico). 3.4 Beni culturali di interesse religioso fissa il termine di 120gg per provvedere alla richiesta da parte della Soprintendenza. Solo in caso di assoluta urgenza possono essere eseguiti i lavori provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato ma occorre informare immediatamente la Soprintendenza. Le sanzioni per chi demolisce, rimuove, modifica o restaura senza autorizzazione sono la detenzione da sei mesi a un anno e un’ammenda fino a 38.700 euro. I provvedimenti di autorizzazione hanno carattere tecnico e sono sempre di competenza di organi periferici. 3.11 Il vincolo indiretto Concerne il caso in cui si vogliono proteggere l’ambiante circostante al bene già posto sotto tutela (bene appartenente a un ente pubblico o una persona giuridica privata).  Il VINCOLO DIRETTO produce importanti conseguenze su regime giuridico del bene (facoltà proprietarie, godimento e obbligo di autorizzazione per alcune forme di utilizzazione)  Il VINCOLO INDIRETTO non tocca il regime del bene immobile ma solo l’ambiente circostante. Il procedimento per l’acquisizione del vincolo indiretto è promosso dalla Soprintendenza: l’avvio del procedimento è comunicato al proprietario (nel caso di complessi immobiliari è inviata anche al Comune e alla Città metropolitana), questa comunicazione comporta già l’immodificabilità dell’immobile (effetto temporaneo che dura fino alla scadenza del termine di conclusione del procedimento). La competenza dell’adozione del provvedimento spetta alla Commissione per la dichiarazione dell’interesse culturale. Contro il provvedimento è ammesso il ricorso in via amministrativa o anche il ricorso giurisdizionale per motivi di legittimità. I vincoli adottati prima del codice mantengono la loro efficacia. 3.12 La circolazione dei Beni Culturali La circolazione dei beni culturali è disciplinata diversamente in base alla natura dei beni: A. BENI DI ENTI PUBBLICI E DI PERSONE GIURIDICHE PRIVATE SENZA SCOPO DI LUCRO: L’alienazione di beni culturali appartenenti allo stato e altre amministrazioni pubbliche è stata oggetto di molte normative. Il codice ha diviso i beni in beni alienabili e inalienabili. L’art. 54 stabilisce come inalienabili i beni del demanio culturale e delle cose d’interesse artistico, storico e archeologico. I beni inalienabili possono essere comunque trasferiti tra stato e altri enti pubblici. Per gli altri beni è richiesta un’autorizzazione ad alienare. L’autorizzazione è rilasciata su parere del Soprintendente tramite gli enti territoriali (non può essere rilasciata qualora la destinazione di uso proposta sia suscettibile di arrecare un pregiudizio). L’autorizzazione è richiesta in caso: di vendita, anche parziale, di oggetti o serie di oggetti in una collezione. L’autorizzazione è rilasciata quando non si reca danno alla pubblica fruizione dei beni. Le alienazioni in favore dello stato non richiedono autorizzazione. Le sanzioni comportano la reclusione fino a un anno e una multa fino a 77.600 euro. B. BENI DI PERSONE FISICHE E GIURIDICHE CON FINE DI LUCRO: L’alienazione dei beni di beni di persone fisiche e giuridiche con scopo di lucro non è soggetta a autorizzazione. L’art. 59 stabilisce però degli obblighi di denuncia: per tutti i trasferimenti a titolo oneroso e gratuito effettuata entro 30 giorni al Soprintendente (indicando il luogo dove si trova in bene). Nel caso i beni siano alienati a titolo oneroso lo stato può esercitare il Diritto di Prelazione esercitato a cura del direttore generale di Archeologia, belle arte e paesaggio entro 60gg, ma anche dalla Regione, Provincia, Città metropolitana etc. L’interesse economico dell’alienante non è pregiudicato ed è tutelato da specifiche previsioni. 3.13 La soppressione della tassa di esportazione La l. 88/1998 ha soppresso la tassa di esportazione (già prevista nella l. 1089/1939) anche nel caso in cui i beni culturali vengano portati fuori dal territorio dell’Unione. 3.14 L'uscita definitiva dal territorio nazionale L'uscita definitiva dei beni culturali dal territorio nazionale è disciplinata dall'articolo 65 che pone due divieti ASSOLUTI (non superabili):  Il primo è il divieto di uscita dei beni mobili indicati nell'articolo 10 tra cui: raccolte di musei e pinacoteche appartenenti a Stato e altri enti pubblici, archivi o singoli documenti, raccolte librarie e biblioteche. Il divieto assoluto colpisce anche i beni culturali appartenenti a soggetti diversi da quelli sopra indicati (quindi quelli dell'articolo 13)  Il secondo riguarda l'uscita definitiva dal territorio nazionale e riguarda: i beni mobili appartenenti allo Stato e ad altri enti pubblici che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a oltre settanta. Il codice prevede poi un divieto relativo, che colpisce delle categorie di beni, tra cui:  le cose a chiunque appartenenti che presentino interessi culturale (di autore non più vivente, oltre settant'anni e con un valore superiore a 13.500€)  gli archivi e i singoli documenti appartenenti a privati che presentino interesse culturale  fotografie, mezzi di trasporto aventi più di 75 anni, beni strumentali e di interesse per la storia, la scienza e la tecnica aventi più di 50 anni Sia i divieti assoluti che quelli relativi di uscita dal territorio nazionale sono fondati sulla natura dei beni culturali. L'ufficio di esposizione del Ministero acquisisce dagli altri uffici dello stesso ministero ogni elemento utile per l'uscita definitiva dei beni. Entro 40gg rilascia o nega un giudizio motivato e l'attentato di libera circolazione. Contro il diniego del rilascio dell'attestato è ammesso un ricorso amministrativo per motivi di legittimità o merito. L'attestato ha validità di 5 anni. Il diniego dell'attestato comporta l'avvio del procedimento di Dichiarazione di interesse culturale. La violazione delle disposizioni comporta la reclusione da uno a quattro anni e una multa fino a 5165€. 3.15 L'acquisto coattivo L'ufficio di esportazione (ora la Soprintendenza) può proporre al ministero l'acquisto coattivo del bene entro 40gg dalla presentazione della denuncia che attesta la libera circolazione dandone comunicazione alla Regione e all'interessato. Il termine è di 100gg dalla presentazione della denuncia. In caso di acquisto coattivo chi ha richiesto l'attestato di libera circolazione intende soltanto trasferire all'estero il bene. L'acquisto coattivo può essere effettuato dal direttore generale Archeologia, belle arti e paesaggio e anche dalla Regione nel cui territorio si trova l'ufficio proponete. Qualora il Ministero non intenda esercitare le sue facoltà ne informa la regione entro 60gg dalla denuncia. La Regione ha facoltà di acquistare il bene entro 90gg dalla denuncia. L'esercizio dell'acquisto coattivo esclude la decisione sulla domanda di rilascio dell'attestato di libera circolazione. Questa facoltà è prevista nella l.185/1902 (art.8). 3.16 L'uscita temporanea dal territorio nazionale È soggetta a una disciplina speciale. Il Ministero può autorizzare l'uscita temporanea per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte. Non possono uscire neanche temporaneamente:  i beni suscettibili a subire danni nel trasporto o nella permanenza  i beni che costituiscono il fondo principale di una sezione di un museo L'uscita temporanea può essere consentita non solo per le manifestazioni e le mostre per i beni:  che costituiscono mobilio privato dei cittadini che ricoprono cariche che comportano il trasferimento all'estero  costituiscono l'arredamento di sedi consolari all'estero  devono essere sottoposti ad analisi, indagini o interventi da eseguire necessariamente all'estero  la loro uscita sia richiesta in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali straniere L'uscita temporanea è regolata dai motivi per i quali essa è richiesta. Non sono soggetti ad autorizzazione i mezzi di trasporto aventi più di 75 anni per la partecipazione a mostre o raduni. Chi intende fai uscire dei beni culturali dal territorio nazionale deve fare denuncia r presentarli al competente ufficio di esportazione del Ministero. La denuncia e la presentazione costituiscono una dichiarazione per il loro interesse culturale. L'attestato di circolazione reca le prescrizioni necessarie e stabilisce il termine per il rientro (prorogabile su richiesta ma non superiore a 18 mesi). I beni devono essere assicurati per il valore indicato nella domanda. Il mancato rientro alla scadenza costituisce delitto, punito con detenzione da uno a quattro anni o con multa fino a 5.165€. 3.17 La restituzione di beni usciti illecitamente L'Italia ancora oggi è un paese produttore ed esportatore di beni culturali e fortemente interessata al rispetto della direttiva da parte degli stati europei. L'azione giudiziaria di restituzione è esercitata dal Ministero dei beni culturali (con l'aiuto della Soprintendenza e il Ministero degli Affari interni). Se:  l'azione si conclude con successo ma il bene non appartiene allo stato, il Ministero provvede alla custodia fino alla consegna all'avente diritto.  non è conosciuto il proprietario del bene il Ministero dà notizia nella GAZZETTA UFFICIALE e se entro 5 anni nessuno richiede la consegna il bene è acquisito dal demanio dello stato e può essere affidato a un museo. 3.18 L'ingresso nel territorio nazionale Gli uffici di esportazione del Ministero certificano l'ingresso nel territorio nazionale di beni culturali provenienti da uni stato membro dell'UE o da un terzo Stato rientranti nelle categorie la cui uscita è soggetta a autorizzazione. I certificati di avvenuta spedizione e di avvenuta importazione sono rilasciati sulla base di documentazione idonea a identificare il bene e a comprovare la provenienza. I certificati di avvenuta spedizione e importazione possono essere prorogati. 3.19 Occupazione temporanea ed espropriazione La disciplina di tutela dei beni culturali prevede anche forme di limitazione. Il codice non richiede la previa dichiarazione dell'interesse culturale come presupposto dell'occupazione temporanea. Il proprietario ha diritto a un'indennità determinata secondo le disposizioni generali in materia di espropriazione. Allo scadere del termine stabilito gli immobili tornano nella disponibilità dei proprietari. Il codice prevede tre casi in cui può essere disposta l'espropriazione:  Art. 95: i beni culturali mobili e immobili posso essere espropriati dal Ministero a causa di pubblica utilità. Il Ministero può anche autorizzare gli altri enti ad eseguire l'espropriazione.  Art. 96: espropriazione per fini strumentali, solo per beni immobili.  Art. 97: l'espropriazione per interesse archeologico, alternativa all'occupazione temporanea. L'espropriazione è di competenza della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio.  La TUTELA consiste nell’esercizio di attività dirette alla conservazione e alla protezione del patrimonio volte alla pubblica fruizione.  La VALORIZZAZIONE tutte le attività diretta alla promozione della conoscenza del patrimonio e assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione. 4.5 L’amministrazione di tutela dei beni culturali In passato il ramo dell’amministrazione statale preposto alla tutela era il Ministero (della pubblica istruzione), in seguito nel 1974 fu creato il Ministero per i beni culturali e ambientali. Nel 1998 è diventato Ministero per i beni e le attività culturali a cui nel 2013 è stato aggiunto il Turismo. 4.6 L’organizzazione centrale del Ministero Il Ministero è formato a livello centrale la 11 direzioni generali:  Educazione e ricerca  Archeologia, belle arti e paesaggio  Arte e architettura contemporanea e periferie urbane  Spettacolo  Cinema  Turismo  Musei  Archivi  Biblioteche e istituti culturali  Organizzazione  Bilancio Le direzioni generali sono coordinate dal segretario generale del Ministero, che coordina: le direzioni generali e i segretari regionali, le iniziative in materia di salvezza del patrimonio, attività di tutela, iniziative atte alla catalogazione e le attività di ricerca, programmi pluriennali e annuali di competenza delle direzioni generali e relativi piani di spesa. Nell’ambito del Ministero abbiamo anche otto Istituzioni centrali, che non hanno lo stesso calibro delle direzioni generali. Hanno inoltre autonomia speciale cinque unità organizzative costituite come uffici di livello dirigenziale non generale. 4.7 Gli organi consultivi generali Gli organi consultivi generali del Ministero sono:  Il CONSIGLIO SUPERIORE DEI BENI CULTURALI: formato dai presidenti dei Comitati tecnico- scientifici e da otto personali della cultura nominate dal Ministro (che nomina anche il Presidente del Consiglio generale). È un organo consultivo di carattere a carattere tecnico-scientifico, esprime sugli schemi di sviluppo culturale.  I COMITATI TECNICO SCIENTIFICI: sono sette e avanzano proposte per la materia di loro competenza, per la definizione dei programmi nazionali per i beni culturali e il paesaggio. 4.8 L’organizzazione periferica. Le Soprintendenze Le Soprintendenza hanno competenza molto varia per il territorio: in alcuni casi è estesa al territorio dell’intera Regione, in altri è limitata ad alcune provincie. I Soprintendenti curano l’istruttoria dei provvedimenti di competenza della Commissione regionale per il patrimonio culturale e dei direttori generali dei Ministero. Inoltre prescrivono le misure necessarie perché in caso di trasporto non subiscano danni, autorizzare nei casi di urgenza la demolizione e imporre ai proprietari interventi di conservazione. 4.9 Le strutture di livello generale Dal 2004 l’amministrazione statale periferica si è arricchita di nuove posizioni:  I Segretari generali (presenti solo nelle regioni generali), sono strutture di livello dirigenziale non generali, si assicurano il coordinamento delle strutture periferiche e curano il rapporto tra Ministero e strutture periferiche. Il segretario regionale dispone il concorso del ministero nelle spese effettuate dei proprietari di beni culturali per gli interventi di conservazione.  La Commissione regionale coordina e armonizza le attività di tutela e valorizzazione nell’ambito regionale. Può riesaminare tutti i pareri. I nullaosta e altri atti di assenso rilasciati dagli organi periferici del Ministero. 4.10 I musei L’ordinamento dei musei è cambiato nel nuovo millennio. Nel ministero è stata creata una direzione generale per i musei da cui dipendono i POLI MUSEALI, uffici di livelli dirigenziale che gestiscono istituti e musei diversi da quelli di rilevante interesse nazionale. Il direttore del Polo museale programma, gestisce e monitora tutte le attività di gestione e valorizzazione. I musei hanno autonomia tecnico scientifica e possono stipulare convenzioni. I musei possono avere autonomia speciale e contenere due organi: il Consiglio di amministrazione (programma le linee di ricerca e le attività del museo) e il Comitato scientifico (funzione consultiva del direttore).
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