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Manuale di Legislazione dei beni culturali, Sintesi del corso di Diritto dei beni culturali

Riassunto secondo capitolo del Manuale di Legislazione dei beni culturali

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 28/01/2020

SimoneDomedi
SimoneDomedi 🇮🇹

4.3

(9)

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Scarica Manuale di Legislazione dei beni culturali e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dei beni culturali solo su Docsity! CAPITOLO II L’Unesco  la tutela del patrimonio culturale costituisce un impegno di ogni singolo Stato ma si svolge anche sul piano internazionale mediante accordi stipulati dagli Stati nonché mediante l’attività di organizzazioni internazionali. A riguardo opera l’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, istituita nel 1946 e con sede a Parigi, la quale si propone di favorire gli scambi culturali internazionali, la diffusione della cultura, lo sviluppo della pace. PROTEZIONE BC NEI CONFILITTI ARMATI – AJA Tra le prime convenzioni promosse dall’Unesco firmata all’Aja nel maggio 1954 quella intitolata “Convenzione per la protezione dei bc in caso di conflitto armato”. Questa prende spunto dalle posizioni sostenute da Q. De Quincy, in particolare modo dall’idea che i danni ai bc, a qualsiasi popolo appartengano, costituiscano danni al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché ciascun popolo apporta il suo contributo alla cultura mondiale. L’articolo 1 reca una definizione dei beni culturali e li suddivide in 3 categorie: a) beni mobili o immobili che presentano una grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli; b) edifici la cui destinazione principale è la conservazione dei beni mobili menzionati nell’ART 1, dunque musei, grandi biblioteche, archivi; c) centri monumentali, ovvero centri comprendenti un numero considerevole di bc definiti precedentemente L’articolo 2 chiarisce che la protezione dei bc riguarda la loro salvaguardia e il loro rispetto. Gli articoli successivi stabiliscono gli impegni delle parti contraenti. In base all’articolo 3 i paesi contraenti si impegnano a predisporre misure di salvaguardia in caso di conflitto armato già in tempo di pace. Gli impegni fondamentali sono fissati nell’articolo 4. Secondo questo i paesi in conflitto si impegnano a rispettare i propri bc cosi come per quelli del paese contraente, astenendosi dall’utilizzo di questi per scopi che potrebbero comprometterne l’integrità. La convenzione considera anche superato il diritto internazionale bellico dello jus predae: i paragrafi 3 e 4 dell’art. 4 vietano furti, saccheggi, qualsiasi atto di vandalismo nei confronti di beni culturali. Secondo l’articolo 5 le forze di occupazione sono tenute ad assicurare la salvaguardia e la conservazione dei bc del paese occupato. Ai sensi dell’art 10 della convenzione un numero limitato di rifugi di bc in caso di conflitti può essere posto sotto protezione speciale, purché questi rifugi si trovino a distanza di obiettivi militari. La convenzione dell’Aja tuttavia presenta vari limiti. Innanzitutto non ha carattere retroattivo, dunque non regola questioni sorte prima dell’entrata in vigore della convenzione. Inoltre essa interessa solo gli stati firmatari (129) e non prevede alcuna disposizione in caso di conflitti civili. Alcuni episodi della storia recente hanno poi dimostrato come, in caso di guerre civili, le parti in causa non si siano sentite vincolate all’osservanza della convenzione. Infine l’adesione a tale convenzione non ne garantisce il suo rispetto. Manca infatti un’autorità superiore ai singoli stati che sia preposta a farla rispettare con poteri preventivi ed eventuali sanzioni. OBELISCO DI AXUM E LA SUA RESTITUZIONE I principi del mantenimento delle opere nel proprio contesto non è sempre stato accolto in modo unanime. E’ il caso dell’Obelisco di Axum, stele funeraria del III sec d.C. trafugata nel 1937 durante la guerra d’Africa dalla città etiope di Axum e poi collocato a Roma. Come detto prima, la convenzione dell’Aja non ha carattere retroattivo . L’Italia si era però già impegnata per la sua restituzione nel 1947 mediante il trattato stipulato con le potenze alleate vincitrici del secondo conflitto mondiale. Il termine di diciotto mesi non venne rispettato, ma l’impegno per la restituzione venne rinnovato nel 1956 con un accordo tra i due stati. Impegno che però non fu rispettato per diversi decenni. Alla base dell’inadempimento del trattato sia ragioni di carattere finanziario e tecnico che ragioni ideologiche. CONVENZIONE SUL PATRIMONIO CULTURALE MONDIALE I valori propugnati da Q. de Quincy nel 1796 per la salvaguardia dei bc sono accolti nella convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale firmata a Parigi nel 1972 in occasione della 17° conferenza generale dell’Unesco. Essa può contare l’adesione di 193 Stati. Il preambolo della convenzione ne indica presupposti e finalità. Si afferma che la degradazione o sparizione di un bene culturale costituisce un impoverimento nefasto per il patrimonio mondiale pertanto è importante che tutti i paesi s’impegnino per la loro salvaguardia. E’ necessaria infatti un’assistenza collettiva, senza che questa si sostituisca all’azione dello Stato interessato bensì che la completi. L’articolo 1 reca una definizione de patrimonio culturale distinto in: - monumenti (opere di architettura, scultura con valore universale eccezionale dal punto di vista artistico, storico e scientifico); - siti (zone, ivi comprese quelle archeologiche, con valore universale eccezionale dal punto di vista artistico, storico e scientifico); - complessi (gruppi di costruzioni che per la loro integrazione con il paesaggio hanno un valore universale eccezionale dal di vista storico, artistico e scientifico) . Secondo l’articolo 4 ogni Stato parte della convenzione riconosce l’obbligo di assicurarsi egli stesso in prima battuta dell’identificazione, tutela, valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale facendo massimo affidamento alle proprie risorse e, in caso di necessità, alla cooperazione internazionale. Nell’articolo 6 viene affermato il principio di cooperazione internazionale. Gli Stati facenti parte della convenzione riconosco il dovere di cooperare per la tutela del patrimonio culturale di ciascun singolo Stato poiché unità del patrimonio universale. La cooperazione internazionale si sviluppa in due direzioni, una negativa e una positiva. Quest’ultima è presente nell’articolo 7, il quale stabilisce che il sistema di cooperazione e assistenza fra i paesi si fondi su un comitato intergovernativo costituito presso l’Unesco e denominato Comitato del patrimonio culturale; il comitato compila, aggiorna e pubblica l’Elenco del patrimonio culturale e, quando le circostanze lo esigono, l’Elenco del patrimonio culturale in pericolo (per la cui salvaguardia è richiesta assistenza nell’ambito della convenzione). Il primo elenco racchiude quei beni, così come sono definiti nei primi due articoli della convenzione, che hanno un valore universale eccezionale. Il secondo comprende quei beni già facenti parte dell’elenco precedente, per la cui salvaguardia si richiedono lavori considerevoli. I singoli stati firmatari possono presentare domanda di assistenza internazionale per i beni presenti in uno dei due elenchi. Tenendo conto dell’importanza della richiesta, il comitato autorizza o meno il ricorso alle risorse del Fondo del patrimonio mondiale, costituito anch’esso presso l’Unesco e sostenuto da contributi, volontari ed obbligatori, degli Stati della convenzione. Va però sottolineato, così come sancito dall’articolo 25, che lo Stato richiedente assistenza deve contribuire con una parte sostanziale alla spesa totale a meno che le proprie risorse non glielo consentano. CONVENZIONE UNESCO 14\11\1970 Convenzione adottata a Parigi il 14 novembre 1970 dall’Unesco concernente le misure volte ad impedire ed interdire l’illecita importazione, esportazione o trasferimento di proprietà di beni culturali. Ai fini della convenzione sono considerati beni culturali quelli che sono designati da ciascuno Stato come importanti per l’archeologia, la storia, la letteratura, l’arte e la scienza e che appartengono a una delle categorie indicate dall’articolo 1. Nell’articolo 2 vengono stabilite le finalità della convenzione secondo cui gli Stati riconoscono che l’importazione, l’esportazione e l’illecito trasferimento di proprietà di bc siano tra le prime cause di impoverimento del patrimonio culturale. L’articolo 3 specifica che si ritiene illecito qualunque tipo di importazione, esportazione, e trasferimento di proprietà di un bene che vada in contrasto con le disposizioni elencate dalla suddetta convenzione. Essa pertanto sposa chiaramente il valore espresso da Q. De Quincy secondo cui i beni debbano rimanere nel
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