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Manuale di Neuropsichiatria infantile, Sintesi del corso di Neuropsichiatria infantile

Riassunto completo del libro di Franco Fabbro, con distinzioni di capitoli, utile a superare l'esame.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 08/02/2021

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Scarica Manuale di Neuropsichiatria infantile e più Sintesi del corso in PDF di Neuropsichiatria infantile solo su Docsity! MANUALE DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE Una prospettiva psicoeducativa Franco Fabbro PARTE PRIMA: LA CONOSCENZA DEL SOGGETTO. Capitolo 1: l’identificazione del problema. La neuropsichiatria dell’età evolutiva una disciplina che vede convergere il contributo di diversi settori della medicina, della psicologia e della pedagogia. Si tratta di una materia relativamente giovane se si considera che il primo caso di "follia" in età evolutiva è stato descritto nel 1799. LA PRIMA VISITA IN NEUROPSICHIATRIA INFANTILE. Le motivazioni che spingono i genitori a richiedere una visita neuropsichiatrica per il loro figlio possono essere molto diverse, nel caso in cui il bambino presenti dei problemi congeniti è lo stesso neonatologo che suggerisce un accertamento; in altri casi è il pediatra. L'ingresso nell'asilo nido o nella scuola dell'infanzia può evidenziare dei comportamenti che si discostano dalla media, che le insegnanti possono segnalare i genitori; con l'ingresso nella scuola primaria le difficoltà in alcuni settori si manifestano in modo ancora più rilevante; con l'adolescenza possono manifestarsi nuo- vi aspetti problematici soprattutto di carattere psicologico. La figura del neuropsichiatra e dei suoi collaboratori non viene percepita come quella di un collaboratore, che cerca di sostenere il ruolo genitoriale e di trovare strategie per risolvere i problemi, ma spesso come quella di un giudice; ovviamente non è così e durante la prima visita al neuropsichiatra deve chiarire le sue funzioni e cercare di realizzare un clima comunicativo che favorisca la solidarietà e la collaborazione in un eventuale progetto terapeutico. La prima visita neuropsichiatrica prevede in genere tre momenti: il colloquio clinico, l'osservazione del bambino e infine un primo esame neurologico e psichiatrico. Il primo colloquio con i genitori è molto importante, se il bambino è piccolo il medico comincerà parlando con essi, verrà precisato il motivo della visita e si raccoglierà la storia biologica, psicologica e sociale del bambino (anamnesi); poi il colloquio con i genitori il medico si rivolgerà il bambino, utilizzando un linguag- gio adeguato, per capire se il bambino è a conoscenza del motivo della visita e per spiegargli che con il suo lavoro cercherò di aiutarla stare meglio; con i soggetti adolescenti il medico incontrerà prima il pazien- te e quindi i suoi genitori per evitare di alimentare le fantasie di controllo e manipolazione presenti negli adolescenti. L'osservazione del bambino è un aspetto centrale della prima visita, durante questo momento è molto im- portante tener conto anche dell'interazione del bambino con adulti e coetanei sconosciuti, poiché ciò evi- denzia alcune caratteristiche fondamentali del soggetto. Il primo aspetto da prendere in considerazione è la reazione del bambini alla separazione dai genitori, questo caso si valuta sia livello d'ansia del bambino sia le reazioni dei genitori; un secondo fattore è l’aspetto fisico del bambino che può fornire indizi di abuso o di negligenza genitoriale; particolare atten- zione verrà dedicata alle capacità motorie: come mantiene la stazione eretta, come avviene la deambula- zione e la corsa, come afferrare oggetti, il comportamento motorio può suggerire la presenza di iper attivi- tà oppure di uno stato di agitazione maniacale. L’espressione verbale può presentare difetti di articolazione e balbuzie; ma se il linguaggio appare incoe- rente, con fuga delle idee e povertà di contenuti, si può trattare di una psicosi dell'età evolutiva; il tono della voce molto ridotto è presente in soggetti ansiosi o depressi, mentre l'assenza di prosa dia emotiva si riscontra in soggetti psicotici o con autismo. Molto importante è anche l'osservazione del comportamenti affettivo. Dopo il colloquio, il medico effettuerà un esame neurologico e una prima valutazione psichiatrica, cui vengono valutati la capacità di mantenere la stazione eretta, la capacità di deambulare, l'organizzazione del movimento fine e della manipolazione di oggetti, la forza e il trofismo dei vari distretti muscolari, i ri- flessi osteo-tendinei. Vengono altresì valutate le funzioni sensoriali, le funzioni dei Nervi cranici e le funzioni cerebellari. Completato l'esame neurologico il neuropsichiatra esplorerà in generale le funzioni neuropsicologiche; gli aspetti emozionali e quelli relazionali; una volta terminato l'iter, il medico può avere sufficienti i dati per concludere l'itinerario di accertamenti e quindi comunicare i genitori l’esito della visita. Nella maggior parte dei casi la prima visita neuropsichiatrica è solo una tap a di un itinerario molto lungo, stabilire la presenza di una malattia neuropsichiatrica è infatti un processo complesso che richiede spesso l'intervento di differenti specialisti e l'utilizzazione di numerose indagini strumentali, in genere, dopo la pri- 1 ma visita il neuropsichiatra riesce a formulare un'ipotesi diagnostica che per essere confermata o smentita ha bisogno di ulteriori accertamenti; redige quindi una scaletta di valutazioni possibili e infine delle indagini strumentali; se necessarie. LA DIAGNOSI E LA RESTITUZIONE AI GENITORI. Una volta terminate le differenti valutazioni il neuropsichiatra incontra tutti gli operatori che hanno visto e valutato il bambino (équipe multidisciplinare) e viene posta la diagnosi. Nel nostro paese le malattie neuropsichiatriche vengono definite in accordo con la classificazione inter- nazionale delle malattie (ICD), la diagnosi permette di comprendere meglio le cause, il decorso e l'evolu- zione della malattia, fornisce inoltre utili indicazioni sul tipo di trattamento riabilitativo o farmacologico. Ogni singolo bambino con una determinata patologia rappresenta un caso a sé, che l'équipe multidiscipli- nare deve prendere in considerazione per progettare un itinerario terapeutico e riabilitativo; in base alle specifiche valutazioni psicologiche, neuropsicologica, logopedica, psicopatologiche, ecc. è possibile forni- re una descrizione funzionale del soggetto che è di fondamentale importanza sia per il progetto riabilitativo sia per il piano didattico personalizzato (PDP); per fornire una valutazione standardizzata delle capacità funzionali e delle disabilità l’OMS ha messo a punto una Classificazione internazionale del funziona- mento, della disabilità e della salute (ICF). Questo sistema di classificazione si suddivide in due parti: funzionamento e disabilità e fattori contestuali; la prima parte raccoglie informazioni sulle funzioni e strutture corporee, la seconda parte registra le infor- mazioni riguardanti i fattori ambientali e fattori personali. La restituzione rappresenta il momento finale di un itinerario che avuto inizio con la richiesta da parte dei genitori di una consultazione neuropsichiatrica, si tratta di un evento estremamente delicato, il medico deve spiegare i genitori i risultati delle valutazioni eseguite e il loro significato; estremamente utile prima dell'incontro con i genitori e il bambino preparare una lettera di restituzione Dove vengono scritte accu- ratamente le valutazioni eseguite, la diagnosi conclusiva e il progetto terapeutico riabilitativo proposto. LA COMUNICAZIONE FRA PERSONALE SANITARIO, GENITORI E INSEGNANTI. Una buona comunicazione fra il personale sanitario, i genitori e il personale insegnante è un prerequisito fondamentale per l'inclusione e lo sviluppo di un alunno portatore di disabilità, se il quadro clinico riscon- trata nel bambino configura una situazione di disabilità, il personale sanitario, gli insegnanti e i genitori col- laborano alla stesura del PDP, che è costituito da tre componenti: la prima consiste nella preparazione del- la diagnosi funzionale; la seconda nella stesura del profilo dinamico funzionale, la terza nella definizione dei mezzi e delle soluzioni per il raggiungimento degli obiettivi che sono stati definiti. La diagnosi funzionale è la prima tappa del PDP, il suo obiettivo e la coscienza dei punti di forza di debo- lezza del bambino nelle varie componenti che influenzano gli apprendimenti e la socializzazione, la dia- gnosi funzionale serve a definire il livello funzionale delle capacità intellettive, linguistiche, neuropsicologi- che e affettivo-relazionali. In alcuni casi il personale sanitario non fornisce le informazioni necessarie, trincerandosi dietro un'errata interpretazione delle normative riguardanti la privacy; spesso ciò avviene perché ci si dimentica che anche il personale scolastico è vincolato dagli stessi principi di privacy del personale sanitario, perciò la comuni- cazione fra gli operatori clinici e la scuola dovrebbe essere piena e fattiva. La diagnosi funzionale viene dunque preparata dal personale sanitario dagli insegnanti della scuola defi- nendo i livelli raggiunti nelle varie aree dello sviluppo in relazione agli obiettivi che si intendono ottenere all'interno della programmazione delle attività scolastiche, che competono al profilo dinamico funzionale. Nel profilo dinamico funzionale vengono definiti i punti di forza e di debolezza dell'allievo insieme agli obiettivi didattici che si intendono raggiungere. Gli obiettivi educativi devono essere selezionati in accordo alle esigenze di tipo medico-psicologico, am- bientali, alle varie aree di sviluppo e alle risorse disponibili; infine nel piano didattico personalizzato vengo- no definite le strategie, i mezzi, i tempi e i luoghi idonei per raggiungerli. LA NORMATIVA INERENTE LE DISABILITÀ NELL'ETÀ EVOLUTIVA. Alcuni disturbi neuropsichiatrici possono interferire significativamente con l'apprendimento scolastico, lo sviluppo psicologico e dell'autonomia, l'inserimento nel contesto sociale e lavorativo. Per ridurre le conseguenze della patologia lo stato italiano ha emanato una serie di leggi E direttive con l'obiettivo di permettere agli individui di migliorare lo sviluppo cognitivo, favorendo l'autonomia e la soddi- sfazione personale, sociale ed economica. La legge n.104, È nata il 5 febbraio 1992, a come obiettivo la garanzia del rispetto della dignità, della liber- tà e della autonomia delle persone portatrici di handicap; si tratta della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e diritti delle persone disabili. Ha come obiettivo la prevenzione e la rimozione delle condizioni invalidanti al fine di raggiungere la massima autonomia possibile e la partecipazione della per- sona disabile alla vita della comunità. 2 • Test del primo linguaggio (TPL): per bambini con età dai 12 ai 36 mesi.valuta lo sviluppo comunicativo e pragmatico, la comprensione e la produzione a livello lessicale e sintattico; nelle prove di comprensio- ne e produzione del vocabolario il bambino deve comprendere e produrre 20 parole. • Test per la valutazione del linguaggio (TVL): È composta da una prova di produzione su tema ed altre quattro prove: una di comprensione di parole, una di comprensione di frasi, una di ripetizioni di frasi e infine una prova di denominazione. • Batteria per la valutazione del linguaggio dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12): si tratta di una batteria di test composta da 15 proprio originali che valutano lo sviluppo del linguaggio nei compiti di comprensione, ripetizione e produzione verbale. I test che misurano la comprensione sono sei: la discriminazione uditiva-verbale, il test di comprensione semantico-lessicale, il test di comprensione delle strutture sintattiche, il giudizio grammaticale, la com- prensione di modi di dire e proverbi e il test di comprensione della prosodia linguistica ed emotiva. Le prove che valutano la ripetizione sono tre: la ripetizione di parole, la ripetizione di non parole e la ripe- tizione di frasi. Le prove di produzione verbale sono cinque: il test di articolazione e denominazione, il test di denomina- zione, il test di fluenza semantica, il test di fluenza fonologica, il test di morfologia flessiva e derivazionale; infine l'ultima prova di produzione verbale è chiamata "eloquio narrativo” nel quale vengono presentate al bambino due vignette che deve descrivere entro un dato periodo di tempo, le descrizioni fornite dei sog- getti vengono registrate e analizzate secondo le procedure di neurolinguistica. LA VALUTAZIONE DELLE ABILTÀ DI LETTURA. Per la valutazione delle abilità di lettura sono state messe a punto una serie di prove standardizzate che misurano le abilità di lettura per quanto riguarda la correttezza, la velocità e la comprensione i bambini del- la scuola elementare e delle medie (prove di lettura MT). La comprensione viene valutata attraverso delle domande che permettono di capire se l'allievo ha com- preso il significato del messaggio scritto, il punteggio di comprensione viene calcolato in base al numero delle risposte esatte, l'esaminatore controlla con il cronometro il tempo impiegato in modo da calcolare la velocità media di lettura delle sillabe; vengono siglati gli errori commessi in modo da attribuire ad ogni bambino un punteggio di correttezza. LA VALUTAZIONE DELLE ABILITÀ DI SCRITTURA. L'apprendimento dei sistemi di scrittura alfabetici prevede il passaggio attraverso quattro fasi la prima vie- ne detta fase logografica o ideografica e si riferisce all'associazione diretta fra una configurazione grafi- ca e il significato; la fase alfabetica prevede che ciascuna parola possa essere scomposta in parti più piccole, e ogni fonema corrisponde un grafema; la fase ortografica perfeziona ed economizza la fase al- fabetica; la fase lessicale permette il riconoscimento globale delle parole senza passare attraverso il pro- cesso di decodificazione fonologica. La scrittura è un compito cognitivo-motorio molto complesso, il bambino deve essere in grado di coordi- nare il sistema percettivo-motorio, il sistema verbale e il sistema attentivo. La batteria messa a punto valuta le abilità di scrittura e le competenze ortografiche dei bambini dalla pri- ma elementare alla terza media; si compone di tre tipi di prove: prove di dettato, prove di scrittura sponta- nea e prove di velocità di scrittura. Le prove di dettato prevedono il dettato di un brano, che a seconda dell'età varia per contenuti, com- plessità sintattica, frequenza d'uso dei vocaboli e velocità di dettatura, e il dettato di frasi caratterizzate dalla presenza di parole omofone, che si pronunciano allo stesso modo ma che si scrivono in maniera di- versa; le prove di scrittura spontanea si suddividono in una prova di narrazione è una prova di descrizio- ne di una vignetta; le prove di velocità di scrittura consistono nello scrivere il numero maggiore di parole in un minuto. La valutazione delle prove eseguite prende in esame i comportamenti e le prestazioni generali della scrittu- ra oltre agli errori ortografici, tutti gli errori di ortografia sono classificati in tre categorie: errori fonologici, errori non fonologici e altri. Capitolo 4: la valutazione dello sviluppo neuropsicologico. La neuropsicologia si occupa dello studio delle funzioni cognitive ed emotive in rapporto ai substrati neu- rologici che le sostengono; la sua importanza pratica consiste nel fornire i fondamenti scientifici per la dia- gnosi delle lesioni localizzate del cervello e per il recupero delle complesse forme dell'attività psichica eventualmente alterate. Lo psicologo russo Lev Vygotskij ipotizzò che i processi psichici superiori dell'uomo non avessero un'ori- gine esclusivamente naturale ma, dipendessero piuttosto dall'interazione fra il cervello e l'ambiente socio- 5 culturale nel quale l'individuo si sviluppa; in seguito Aleksander Lurija perfezionò le idee di Vygotskij giungendo all'elaborazione di un concetto sistemico dei processi mentali nel cervello. Secondo Lurija il cervello è un "mosaico funzionale" le cui singole parti interagiscono in modi diversi per svolgere funzioni cognitive complesse. LE CARATTERISTICHE COGNITIVE TIPICHE DEGLI UMANI. Gli esseri umani si differenziano dagli altri primati per una forma di organizzazione sociale e culturale del tutto caratteristica, gli esseri umani si sono evoluti, fino all'invenzione dell'agricoltura, in società definita di cacciatori-raccoglitori, il centro della socialità tana era costituito dalla dia de madre-figlio e dalla "famiglia" allargata in cui i piccoli umani si sviluppavano. LA MEMORIA UMANA. La memoria umana è una funzione cognitiva suddivisa in un vasto insieme di sistemi relativamente auto- nomi. La scoperta della possibilità di perdere la capacità di memorizzare informazioni a lungo termine con la contemporanea conservazione della memoria breve termine ha permesso di confermare l'ipotesi che la memoria umana è composta da due sistemi funzionalmente indipendenti: un sistema a breve termine e un secondo sistema a lungo termine. Gli studi sulla memoria realizzati nella seconda metà del secolo scorso hanno portato a identificare tre si- stemi generali di memoria a lungo termine: implicita, semantica ed episodica. I sistemi della memoria im- plicita riguardano l'acquisizione e l'utilizzazione di una vasta serie di conoscenze percettive e cognitive e motorie; la memoria semantica si riferisce al bagaglio di conoscenze apprese; la memoria episodica riguarda il ricordo di esperienze o eventi personali. • La memoria implicita: I sistemi della memoria implicita sono collegati alla conoscenza a anoetica, per questa ragione sono i primi a comparire nel bambino e gli ultimi e scomparire nell’anziano; una delle più importanti forme di memoria implicita è la memoria procedurale che riguarda l'acquisizione di abitudini e di abilità cognitivo-motorie, come la capacità di camminare, di parlare, di suonare uno strumento mu- sicale o di guidare una macchina. • La memoria semantica ed episodica: la memoria semantica è collegata alla coscienza noetica, cioè alla capacità di conoscere e operare cognitivamente con oggetti, eventi e relazioni tra oggetti ed eventi, presenti o assenti; questa forma di memoria è alla base della capacità di riconoscere gli ambienti, gli og- getti e gli eventi, di sviluppare un senso di familiarità. La memoria episodica consiste nella capacità di ricordare episodi del proprio passato; la consapevolezza di essere nel presente mentre si sta ricordando un evento del passato caratterizza lo stato di coscienza autonoetica. Mentre la memoria semantica ri- guarda la capacità di magazine immaginare luoghi e oggetti, la memoria episodica è collegata alla capa- cità di "viaggiare mentalmente nel tempo”. • La memoria di lavoro: la memoria di lavoro permette di ritenere ed elaborare piccole quantità di infor- mazioni per un breve intervallo di tempo, è composta da una serie di processi in grado di raggiungere obiettivi come: il calcolo mentale, la comprensione di una frase complessa, lo sviluppo di una conversa- zione, la capacità di seguire la trama di un film o una partita di calcio. LA BATTERIA NEUROPSICOLOGICA NEPSY-II. Gli esseri umani presentano alcune funzioni cognitive distintive, queste funzioni, realizzate con un contri- buto rilevante della corteccia cerebrale, sono: le funzioni esecutive, il linguaggio, la memoria e l'apprendi- mento, le funzioni sensori-motorie, le funzioni visuo-spaziali e la percezione sociale. Per valutare la maturazione delle funzioni cognitive sono state elaborate delle batterie di test che misurano le diverse sotto componenti di ogni funzione per ogni fascia di età, una delle batterie più note è la batteria neuropsicologica NEPSY-II: si tratta di una serie di 33 test che misurano lo sviluppo delle funzioni neuro- psicologiche, nei soggetti dai tre ai 16 anni, in sei domenica ogni TV: le funzioni esecutive, il linguaggio, la memoria e l'apprendimento, le funzioni sensoriali-motorie, l'elaborazione viso-spaziale e la percezione so- ciale. • Le funzioni esecutive: le funzioni esecutive rappresentano alcune delle operazioni cognitive più com- plesse che la mente umana riesca ad organizzare, riguardano la capacità di formulare e monitorare in maniera efficace piani d'azione per raggiungere gli scopi desiderati, numerose sotto componenti cogniti- ve sono coinvolte nella realizzazione di comportamenti orientati verso uno scopo e la prima di queste è la capacità di mantenere nel “qui e ora” tutte le informazioni correnti, di selezionarle ed elaborarle rispet- to alle necessità del contesto. Una seconda componente delle funzioni esecutive è la capacità di filtrare le informazioni più rilevanti rispetto al contesto, per recuperare il contesto e ignorare il contenuto è ne- cessaria una quantità sproporzionata di attenzione volontaria; questo e altri compiti del corpo di control- lo inibitorio (inibizione delle informazioni irrilevanti) sono realizzate dalla corteccia prefrontale laterale. La formulazione di un piano d'azione, la specificazione dei sotto obiettivi e la loro organizzazione gerarchi- 6 ca, l'eventuale correzione di errori richiedono delle capacità di coordinamento, attenzione e selezione che sono svolte da un ulteriore componente delle funzioni esecutive, il sistema attentivi o supervisore, che è collegato con l'attività della corteccia anteriore del cingolo. L'attenzione volontaria e le funzioni esecutive sono delle capacità tipiche degli esseri umani. Alcune rilevanti differenze fra gli esseri umani dipendono dalla maggiore o minore attivazione di queste funzioni; lo sviluppo delle funzioni attentivi ed esecutive sono fondamentali per l'apprendimento, per la risoluzione dei problemi, per l'autonomia e il controllo del comportamento. • Il linguaggio: il linguaggio è una funzione neuropsicologica tipica della specie umana, si tratta di una funzione complessa percettivo-motoria e cognitiva che viene prevalentemente organizzata dall'emisfero cerebrale sinistro. • L’apprendimento e la memoria: l'apprendimento è un processo mediante il quale si acquisiscono nuo- ve informazioni, mentre la memoria si riferisce al persistere temporale di un apprendimento. Si possono distinguere numerose fasi nei processi dell'apprendimento della memoria: la codifica, l'acquisizione, il consolidamento, l'immagazzinamento e il recupero. • La percezione sociale: la percezione sociale rappresenta una delle più complesse funzioni neuropsico- logiche e implica la percezione del sé, il riconoscimento dei segnali sociali evidenziate attraverso l'espressione dei volti e la comunicazione non verbale, insieme alla comprensione dell'azione delle emo- zioni altrui. LA VALUTAZIONE DELLE ABILITÀ DI CALCOLO ARITMETICO. Il calcolo aritmetico rappresenta un compito cognitivo complesso che presuppone l'utilizzazione di molte- plici sistemi neuropsicologici tra i quali: il sistema del linguaggio, il sistema attentivi, il sistema viso-percet- tivo, le funzioni esecutive, la memoria di lavoro e il sistema del calcolo; la comprensione e la produzione dei numeri, a livello verbale scritto, attivano il lessico dei numeri e la sintassi dei numeri. Il sistema di calcolo è composto da differenti subsistemi: il subsistema dei fatti aritmetici, il subsistema responsabile delle operazioni algebriche, il subsistema delle pianificazioni aritmetiche. La scrittura di numeri e l'esecuzione di operazioni aritmetiche scritte coinvolge il sistema viso-percettivo poiché l'organizzazione spaziale ha un ruolo determinante nella corretta esecuzione delle operazioni. Capitolo 5: la valutazione psicopatologica. In età evolutiva spesso è difficile stabilire un confine preciso fra normalità e psicopatologia, ciò che in una determinata età è normale, diventa patologico successivamente, in genere la famiglia e la scuola colgono degli indicatori di disagio nel bambino. Questi "segnali", riportati ai medici e agli psicologi, possono essere riconosciuti come "sintomi" psicopa- tologici, il sintomo è una manifestazione fisica o psichica cui viene attribuito il significato di rivelare un ma- lessere. Alcune caratteristiche consentono di definire come anormale un sintomo emotivo: un cambiamento di sta- to, ad esempio quando il bambino che non manifestava la difficoltà a separarsi da un genitore, torna in- spiegabilmente a manifestare ansia nella separazione; l'incapacità di fare i normali progressi evolutivi, ad esempio di raggiungere una certa età il controllo sfinterico notturno. Anche i problemi comportamentali debbono essere considerati nel contesto in cui si presentano, alcuni bambini non rispondono alle richieste degli adulti, altri sfidano attivamente chi li rimprovera, imprecano o addirittura colpiscono l'insegnante, talvolta i bambini con gravi problemi di attenzione e iperattività non sono consapevoli dei loro disturbi. Qualora sia presente la sintomatologia psicopatologica deve essere descritta in maniera accurata consi- derando la frequenza, la durata e gli effetti che i sintomi hanno sulle prestazioni sociali e scolastiche del bambino. SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA. Il colloquio clinico, la raccolta di informazioni, l'osservazione del bambino, l'esecuzione di test psicologici e di eventuali accertamenti medici permettono a un'équipe coordinata da un neuropsichiatra infantile di formulare una diagnosi. La definizione del quadro psicopatologico viene attualmente formulata in riferimento a due dei più diffusi sistemi di classificazione delle malattie psichiatriche: il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) o la Classificazione multiassiale dei disturbi psichiatrici del bambino e dell’adole- scente. Il DSM-5 È uno strumento diagnostico descrittivo che riflette sostanzialmente gli orientamenti della psi- chiatria americana e classifica i principali disturbi psichiatrici dell'età evolutiva nei seguenti gruppi: disturbi del neurosviluppo, disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici, disturbo bipolare e di- sturbi correlati, disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, disturbi dissociative, disturbo da sintomi 7 Lo sviluppo dell'intenzionalità presenta quindi tre tappe: nella prima, il bambino acquisisce la consapevo- lezza degli obiettivi (volontà), nella seconda la consapevolezza delle proprie intenzioni (autocontrollo); e infine nella terza la consapevolezza delle intenzioni degli altri (teoria della mente). L'ESAME NEUROLOGICO. Le lesioni neurologiche in età evolutiva e nell'adulto non causano soltanto deficit motori ma un insieme di alterazioni della sensibilità, del movimento e delle funzioni psichiche, che vengono analizzati in maniera generale attraverso l'esame obiettivo neurologico, che consiste in una serie sistematica di valutazioni che permettono al neuropsichiatra infantile di farsi una prima idea del funzionamento generale del sistema nervoso del bambino. L'esame neurologico del neonato o del piccolo bambino prevede l'osservazione del comportamento, la valutazione delle funzionalità dei nervi cranici, del tono muscolare, dei riflessi tendinei e di una serie di ri- flessi arcaici che si evidenziano soltanto in certe fasi della crescita, e le valutazioni della sensibilità e delle capacità integrative. L'esame neurologico inizia con la valutazione della motilità spontanea della marcia; si osserva la quali- tà e la quantità dei movimenti, la capacità di eseguire movimenti fini e precisi, la simmetria di esecuzione fra i due lati del corpo, l'osservazione della motilità spontanea e della marcia permette di evidenziare se il bambino presenta disturbi del movimento di tipo piramidale, extrapiramidale o cerebellare. L'esame neurologico prosegue quindi con la valutazione dei riflessi, i più importanti sono quelli osteo- tendinei (ROT), mediante un martelletto di gomma si colpisce un tendine in particolari distretti del corpo, che determina un allungamento improvviso del muscolo; mediante la valutazione dei ROT il neuropsichia- tra infantile studia lo stato di tensione muscolare e il funzionamento delle componenti sensoriali e motorie di numerosi nervi e segmenti del midollo spinale. Un importante riflesso cutaneo è la ricerca del segno di Babinski, mediante una punta smussata si solleci- ta la porzione esterna della pianta del piede con un movimento che inizia dal tallone e che si porta verso la base esterna delle dita, è presente il segno di Babinski quando il bambino estende l'alluce e allarga a ven- taglio le restanti dita del piede. Si prosegue valutando il trofismo, il tono e la forza muscolare. Infine, viene valutata la funzionalità dei nervi cranici: • Nervo olfattivo: mediante alcune sostanze come il cioccolato, la menta… • Nervo ottico: vengono osservate le pupille e la loro reazione durante il riflesso pupillare alla luce; • Nervi oculomotori: studiando i movimenti oculari a riposo durante specifiche manovre; • Nervo trigemino: funzioni motorie, sensoriali e riflesso di pertinenza di questo nervo cranico; • Nervo facciale: si valutano funzioni sensoriali e motorie della faccia; • Nervo vestibolococleare: attraverso prove che valutano l'equilibrio e i riflessi oculocefalgici, mentre la componente cocleare è responsabile delle funzioni uditive; • Nervi glossofaringeo, vago e ippoglosso: mediante l'osservazione della sensibilità tattile, termo-dolo- rifica e gustativa della lingua, delle cavità orali e della laringe; • Nervo accessorio: osservando i movimenti laterali della testa e la capacità di sollevare le spalle. PRINCIPALI VALUTAZIONI STRUMENTALI. Per studiare le funzioni del cervello umano normale e patologico sono state elaborate numerose tecniche di visualizzazione cerebrale e di stimolazione magnetica transcranica. L’ elettroencefalografia (EEG), È uno strumento con il quale è possibile studiare l'attività elettrica prodot- ta dal cervello è registrata a livello del cuoio capelluto; l'ampiezza del segnale e EEG dipende da quanto è sincronizzata l'attività dei neuroni registrati, quando un gruppo di neuroni è eccitato simultaneamente, i piccoli segnali si sommano per generare un unico grande segnale di superficie (sincronizzazione), se lo stesso numero di cellule viene citato in tempi diversi, i segnali sommati risultano esigui e irregolari (desin- cronizzazione). Durante la fase di veglia attiva, il tracciato EEG tende a dei sincronizzarsi, mentre durante l'addormenta- mento il sonno il tracciato si sincronizza progressivamente. I potenziali evocati si basano sulla sommazione dei tracciati EEG in relazione a specifici stimoli sensoriali, motori e cognitivi, questi ultimi vengono analizzati attraverso lo studio dei potenziali correlati a eventi (ERP). La magnetoencefalografia (MEG) è una tecnica di registrazione della componente magnetica dell’EEG. La tomografia computerizzata (TC) permette di visualizzare le principali strutture anatomiche del cervel- lo, con la TC è possibile visualizzare la sede e l'estensione di una lesione cerebrale. La risonanza magnetica (RM) permette di visualizzare la morfologia del cervello mediante la creazione di un campo magnetico che modifica alcune caratteristiche degli atomi di idrogeno presenti nelle strutture cerebrali; la RM permette una migliore definizione delle strutture del cervello rispetto alla TC, inoltre non è 10 lesiva perché il campo magnetico non provoca effetti dannosi alla salute, come invece avviene, anche se in misura limitata, utilizzando i raggi X. La risonanza magnetica funzionale (fMRI) è una tecnica non invasiva di visualizzazione dell'attività ce- rebrale, permette di creare delle mappe statistiche di probabilità che mostrano le attivazioni funzionali di diverse aree cerebrali durante lo svolgimento di un compito linguistico, cognitivo o motorio. Il tensore di diffusione (DTI) permette di acquisire e ricostruire immagini della sostanza bianca del cervel- lo basandosi sull'analisi dei movimenti delle molecole d'acqua presenti nel tessuto cerebrale, la ricostru- zione dei principali fasci di sostanza bianca viene chiamata trattografia. La tomografia a emissione di positroni (PET) è una tecnica che permette la visualizzazione delle aree attivate durante un compito motorio o cognitivo. La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica di studio delle funzioni nervose che si basa sulla generazione di un forte campo magnetico transitorio su una specifica regione del cuoio cappel- luto. Capitolo 9: le malformazioni del sistema nervoso. LE MALFORMAZIONI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE. Le malformazioni del sistema nervoso si riferiscono ad anomalie morfologiche dello sviluppo embrionale e fetale del cervello, e se sono responsabili della maggior parte dei casi di aborto spontaneo e di morte di bambini entro il secondo anno di vita, le cause non sono ancora completamente note. Poiché un deficit di acido folico nelle madri aumenta il rischio di produrre malformazioni cerebrali nel feto, in numerosi paesi occidentali si consiglia l'assunzione di 400 microgrammi di acido folico al giorno duran- te la gravidanza. LE ANOMALIE NELLA CHIUSURA DEL TUBO NEURALE. I disturbi dello sviluppo del tubo neurale si realizzano durante la terza-quarta settimana di gestazione e sono responsabili di importanti malformazioni quali: anencefalia, il cefalocele, la spina bifida cistica, la dia- stematomielia e la stringomielia. L’anencefalia È caratterizzata da un'assenza completa o parziale dell'encefalo; in genere, i bambini con anencefalia muoiono nei primi mesi di vita, tuttavia alcuni sopravvivono per diversi anni, i disturbi neurolo- gici più comuni sono i deficit motori, sensoriali, l'epilessia e la disabilità intellettiva. La spina bifida cistica è un'importante anomalia dello sviluppo del sistema nervoso centrale e colpisce circa lo 0,05% dei bambini nati vivi; consiste nella protrusione di alcune componenti del midollo spinale a livello della superficie posteriore della colonna vertebrale, la spina bifida frequentemente si associa a idro- cefalo e ad anomalie del cranio. I sintomi più frequenti nei pazienti con spina bifida sono disturbi degli arti inferiori, disturbi sfinteri, mentre la disabilità intellettiva è associata all'idrocefalo o ad altre malformazioni cerebrali. Si definisce idrocefalo un aumento patologico del volume dei ventricoli cerebrali, il sistema ventricolare è una complessa serie di spazi, dove circola liquor cefalorachidiano che ha una funzione metabolica di so- stegno di protezione del cervello; l'iper produzione o il mancato riassorbimento provoca un aumento della pressione del liquor che nel bambino è causa di macrocefalia e deficit dello sviluppo psichico. La malformazione di Chiari consiste nella dislocazione del cervelletto attraverso il forame magno, le classificazioni attuali distinguono sei forme di malformazione di cui le prime due rappresentano l'entità più comuni: la malformazione di Chiari di tipo 1 consiste nella discesa maggiore di 5 mm delle tonsille cerebel- lari al di sotto del forame magno, si tratta di una forma in genere benigna; la malformazione di Chiari di tipo 2 è una malformazione complessa del cervelletto, del tronco, del midollo spinale e della colonna ver- tebrale, il bambino può presentare paralisi dei nervi cranici, difficoltà respiratorie, disturbi della deglutizio- ne, ipotonia e tetra paresi. La stringomielia È una condizione caratterizzata dalla presenza di una cavità tubolare all'interno del mi- dollo spinale di natura congenita, infiammatoria o traumatica. LE SINDROMI NEUROCUTANEE. Le sindromi neuro puttane sono un gruppo eterogeneo di malattie congenite, ereditarie e non, nelle quali è presente un'associazione di anomalie della cute e del sistema nervoso, insieme a una propensione allo sviluppo di tumori; le più note sono le neurofibromatosi, la sclerosi tuberosa e la sindrome di Sturge-Web- ber. Le neurofibromatosi se non delle malattie caratterizzate da alterazioni della cute del sistema nervoso, la neurofibromatosi di tipo uno è caratterizzata da numerose macchie color caffellatte da tumori dei nervi pe- riferici, detti neurofibromi. Questa sindrome si associa deficit delle funzioni esecutive, deficit delle funzioni visive, disturbi dell'ap- prendimento e disturbi dell’attenzione/iperattività. 11 La sclerosi tuberosa è una malattia multisistemica trasmissione genetica caratterizzata da anomalie cu- tanee e da tipiche lesioni al sistema nervoso centrale: i tuberi corticali e gli astrocitomi subependimali. Le manifestazioni cliniche principali sono l'epilessia e disturbi cognitivo-comportamentali. La sindrome di Sturge-Weber È caratterizzata dalla presenza di un emangioma capillare del volto asso- ciato e da un glaucoma omolaterale dell'angioma del volto, la sintomatologia clinica è caratterizzata da epilessia solitamente nel primo anno di vita, cefalea, attacchi ischemici cerebrali e disabilità cognitiva. Capitolo 10: le malattie infettive e immunomediate dal sistema nervoso. LE MENINGITI. Le meningiti sono malattie infiammatorie che interessano le guaine che rivestono il cervello, sono causate da batteri (meningiti purulente) o virus (meningiti linfocitarie). Le cause più frequenti di meningiti purulente sono i batteri, mentre le cause più diffuse di meningite lin- focitaria e sono: alcuni virus, alcuni batteri, funghi e protozoi. I sintomi principali sono la febbre, il vomito, la nausea, che possono essere seguiti da segni neurologici e da disturbi dello stato di coscienza fino al coma. Le complicanze più severe sono rappresentate dall'infiammazione dei vasi e dall'ascesso cerebrale, le va- sculiti possono causare occlusione dei vasi venosi e delle piccole arterie con conseguente ischemia a ca- rico del tessuto cerebrale, l’ascesso cerebrale è una raccolta supportiva nel parenchima cerebrale che può causare segni neurologici focali o ipertensione endocranica; nelle meningiti purulente la mortalità è supe- riore al 5% mentre le sequele neurologiche interessano circa la metà dei soggetti. LE ENCEFALITI. Le encefaliti sono delle malattie infiammatorie che colpiscono principalmente il cervello, si dividono in acu- te, lente e a patogenesi autoimmune. Le encefaliti acute sono infezioni non purulente del cervello provocata prevalentemente da virus, la sin- tomatologia principale consiste in deficit motori, sensoriali, turbe del comportamento, convulsioni e so- prattutto nell'alterazione dello stato di coscienza fino al coma; particolarmente gravi sono le encefalite er- petica e quella da morbillo, l'infezione acuta da herpes virus determina lesioni necrotiche a carico dei lobi temporali, responsabili di crisi convulsive, alterazioni dello stato di coscienza, turbe del comportamento e gravi sequele neurologiche soprattutto a carico dei processi di memorizzazione e apprendimento. Le encefaliti lente sono tipiche dei soggetti con difetti del sistema immunitario come l'AIDS, questa infe- zione determina un encefalopatia cronica progressiva che è causa microcefalia, ritardo dello sviluppo psi- comotorio, disturbi motori, convulsioni, deterioramento cognitivo fino alla demenza. Le encefaliti autoimmuni sono una variegata categoria di malattie dovute alla produzione di anticorpi contro antigeni proteici presenti sulle membrane neuronali, come i canali ionici e recettori sinaptici. INFEZIONI DA PARASSITI. Diverse malattie dovute a parassiti intestinali possono colpire il cervello, gli agenti patologici possono es- sere protozoi ed elminti. Le infezioni da protozoi che più frequentemente possono colpire il sistema nervoso sono dovute alle me- ningoencefalite da ameba e la toxoplasmosi, una malattia trasmessa in genere dal gatto, che può presen- tarsi in forma acuta e cronica. Nel 2% dei casi la malattia può causare gravi complicazioni neurologiche dovute a piccoli diffusi infarti ce- rebrali; invece la malattia del sonno, attraverso la mosca tse-tse provoca una sintomatologia neurologica grave caratterizzata da tremori, convulsioni, disturbi motori, disturbi della coscienza e coma. Le malattie da elementi più diffuse sono la cisticercosi e echinococcosi cerebrale, la cisticercosi cerebra- le è causata dalla larva del cestode Taenia, che è un grave parassitosi presente nelle regioni in cui si fa largo uso di carne suina cruda, essa produce sintomi che dipendono dalla sede anatomica della cisti, da crisi convulsive gravi a disturbi cognitivi e della personalità. L'echinococcosi cerebrale è dovuta ad un parassita del cane, la sintomatologia dipende dalla sede della lesione, frequentemente provocano convulsioni e idrocefalo. MALATTIE IMMUNOIMMEDIATE. Le più diffuse malattie demielinizzanti acquisite sono: la sclerosi multipla (SM), la neurite ottica (NO) e l'encefalomielite acuta disseminata (ADEM); la prima è una malattia infiammatoria demielinizzante che colpisce prevalentemente la sostanza bianca del cervello del midollo spinale, la malattia esordisce nei gio- vani adulti ed è stata documentata una disfunzione dei processi autoimmuni probabilmente scatenata da fattori endogeni e da fattori esogeni, come: carenze vitaminiche e/o processi infettivi; la malattia è caratte- rizzata da una serie di episodi che tendono a recidivare. 12 • Ependimoma: È un tumore che ha un grado di malignità variabile, rappresenta circa il 10% delle patolo- gie neoplastiche del cervello e si manifesta prevalentemente prima dei 5 anni di età. L'asportazione di tessuto cerebellare in questi tre tipi di tumore, può determinare quadri di mutismo, disar- tria e deficit di tipo affettivo-cognitivo. • Tumori del tronco: sono in genere astrocitomi o glioblastoma e rappresentano circa il 10-20% dei tu- mori cerebrali, colpiscono i bambini tra i 5 e i 10 anni di età. • Craniofaringioma: rappresenta il 10% dei tumori cerebrali in età evolutiva, produce disturbi visivi, segni di ipertensione endocranica, e deficit delle funzioni endocrine, le percentuali di sopravvivenza sono alte ma soggetti possono presentare gravi disturbi endocrinologici e rilevanti deficit psicologici e di appren- dimento. • Tumori degli emisferi cerebrali: sono gli astrocitomi e i gliomi, rappresentano circa il 20% dei tumori cerebrali del bambino, i sintomi di esordio sono la cefalea, il vomito, la modificazione della personalità e più spesso una crisi convulsiva focale. Anche per i bambini che hanno subito degli interventi neurochirurgici di asportazione di un tumore cere- brale, ed eventualmente dei trattamenti radioterapici e/o chemioterapici, si devono monitorare (con ca- denza annuale) gli eventuali deficit intellettivi, delle funzioni linguistiche e neuropsicologiche e le difficoltà in ambito affettivo-relazionale. I tumori cerebrali, come diverse altre neoplasie maligne, oltre i problemi medici sollevano problematiche psicologico-relazionali e molte domande esistenziali, non solo nei genitori, ma anche nei piccoli pazienti. LA PREVENZIONE DEI TUMORI. Lo sviluppo dei tumori, incluso quelli del cervello, è collegato con i processi che regolano l'infiammazione, le cellule cancerogene, per poter crescere, devono provocare uno stato infiammatorio che disorienta i leu- cociti e le cellule natural killer coinvolte nella eliminazione delle cellule tumorali. LE MALATTIE CEREBROVASCOLARI. Le più importanti malattie cerebrovascolari in età evolutiva sono l’ictus e l'emorragia cerebrale, l’ictus ce- rebrale è dovuto all'interruzione del normale apporto sanguigno a una zona del tessuto cerebrale in segui- to all'occlusione (ictus ischemico) o alla rottura di un vaso sanguigno (ictus emorragico). Esordio è in genere improvviso con segni neurologici di deficit focale, come ad esempio un'emiplegia, un disturbo della coscienza, un afasia; la prognosi per quanto riguarda la sopravvivenza è buona. Capitolo 14: le malattie neuromuscolari. Si tratta di patologie che colpiscono una o più componenti dell'unità motoria, che è costituita dal moto- neurone, dalla sinapsi neuromuscolare e dalle fibre muscolari; i principali sintomi clinici sono la diminuzio- ne del tono e della forza muscolare. L'esame clinico deve valutare l'andatura e la capacità del bambino di rialzarsi dal pavimento, di salire e scendere i gradini delle scale, di reggersi su una gamba sola. LA DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE. La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) È una delle patologie muscolari più frequenti e più gravi del- l'età evolutiva, colpisce soggetti di sesso maschile e dipende da un'anomalia del gene che codifica per la distrofina, una proteina che svolge una funzione essenziale per il funzionamento del muscolo-scheletrico, ma che è anche presente nel sistema nervoso centrale. La malattia si manifesta, in genere, verso i due anni di età, questi soggetti cominciano a presentare diffi- coltà nella deambulazione, frequenti cadute, difficoltà nel salire le scale; verso i tre-quattro anni non sono più in grado di correre, salire le scale e hanno difficoltà ad alzarsi da terra; entro i 15 anni perdono la capa- cità di camminare sono costretti a muoversi con la sedia a rotelle; si possono instaurare deformità schele- triche e complicanze broncopolmonari. Una parte dei soggetti con DMD presenta una disabilità intellettiva di grado medio, mentre la maggioranza presenta difficoltà nella memoria di lavoro in alcune componenti del linguaggio; una variante più lieve della the emme the è la distrofia muscolare di Becker (DMB) con esordio più tardivo, in genere dopo i 15 anni, e una perdita della deambulazione in età più avanzata. ARTROFIA MUSCOLARE SPINALE (SMA). L’artrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia caratterizzata dalla degenerazione dei motoneuroni spinali dovuta ad un deficit genetico; la gravità di questa condizione clinica è variabile da forme molto se- vere a condizione in cui è presente soltanto un moderato deficit di forza. Nei bambini piccoli, i sintomi più frequenti sono la debolezza nel pianto e la difficoltà nella poppata, i bambini più grandi presentano invece debolezza e riduzione del tono muscolare; lo sviluppo intellettivo è 15 nella norma; la SMA può determinare la morte del soggetto durante l'età evolutiva, tuttavia numerosi indi- vidui raggiungono l'età adulta e anche la vecchiaia. Capitolo 15: le cefalee. Le cefalee sono delle malattie caratterizzate da una sensazione dolorosa localizzata in differenti regioni della testa, il mal di testa è una condizione di dolore la cui sintomatologia è molto variabile e può dipende- re da differenti forme cliniche, a seconda delle cause vengono distinte le cefalee primarie, nelle quali non si documenta alcuna lesione al cervello, dalle cefalee secondarie, che dipendono da lesioni organiche. La classificazione internazionale delle cefalee contempla quattro gruppi principali di cefalea: l'emicrania, la cefalea tensiva, la cefalea a grappolo e altre forme più rare. NEUROFISIOLOGIA DEL DOLORE. I recettori della sensibilità dolorifica sono definiti nocicettori, costituiti da terminazioni nervose libere, che si trovano in numerosi organi del corpo e sono attivate da agenti lesivi dei tessuti; sono stati identificati tre tipi principali di nocicettori: i nocicettori termici attivati da temperature corporee sopra i 45 °C e sotto i 5 °C, i nocicettori meccanici attivati da forti pressioni sulla cute e i nocicettori poligonali che possono essere attivati da stimoli termici, meccanici e chimici. L’EMICRANIA. L'emicrania si riferisce a un mal di testa che in genere colpisce una sola parte del cranio; il dolore è pul- sante, peggiora con l'attività fisica e si associa frequentemente a sintomi come nausea, vomito, mal di pancia, iper sensibilità alla luce, ai suoni e agli odori. Durante la crisi il bambino interrompe l'attività di gioco e preferisce riposare, in una stanza con luce e ru- mori attutiti, si distinguono due forme di emicrania: senza aurea e con aurea. L'emicrania presenta dei sintomi di avvertimento che preannunciano la crisi: i cambiamenti dell'umore, mutamenti del comportamento, sintomi intestinali come nausea o forte desiderio di determinati cibi; nel 20% dei soggetti alla fase prodromi cara segue l’aura (emicrania con aura), si tratta in genere di una sin- tomatologia visiva in assenza di mal di testa come marchio di cecità variabile o l’impressione di osservare una scena attraverso uno specchio in frantumi o vetro appannato. L’aura sembra dipendere da un'onda di depolarizzazione della corteccia cerebrale seguita da una iperpo- larizzazione, dopo circa mezz'ora dalla comparsa dell'aura si manifesta il mal di testa. L'emicrania è caratterizzata da un dolore intenso, come se stessero "trapanando il cervello", pulsante e localizzato a un emilato della testa, il mal di testa è spesso accompagnato da nausea, vomito e iper sensi- bilità alla luce, ai suoni e agli odori; la fase di recupero è molto variabile: alcuni soggetti riferiscono di esse- re molto provati dalle crisi, altri sentono, dopo la crisi, di avere molte energie, quando una crisi di emicra- nia non si risolve entro le 72 ore si parla di stato di male emicranico. L'emicrania è una malattia che non si associa evidenti lesioni del cervello, tutte le indagini mediche effet- tuate sono nella norma; le crisi di mal di testa dipendono infatti dalla liberazione nei vasi cerebrali di so- stanze che producono vasodilatazione e dolore. L'emicrania è una malattia neurologica, che presenta una complessa regolazione genetica e numerosi fat- tori scatenanti, nei bambini la causa scatenante più frequente è un'alterazione della nutrizione soprattutto dopo uno sforzo fisico intenso. LA CEFALEA TENSIVA. La cefalea tensiva è la forma più frequente di mal di testa, si può presentare in forma episodica, oppure in forma cronica; la sintomatologia è simile ma nel secondo caso è presente anche 15 giorni al mese, il dolo- re è di gravità medio-lieve, non è aggravato dagli sforzi fisici e in genere non impedisce le normali attività quotidiane. La cefalea tensiva cronica è una delle cause più frequenti che portano i bambini nei centri specializzati per la cura del mal di testa, queste forme di cefalea sono spesso associate problematiche di tipo psicologico, altre forme di cefalea sono state associate le infezioni dei seni nasali, a problemi dentali, all'affaticamento degli occhi, oppure a problemi della colonna vertebrale cervicale. ALTRE FORME DI CEFALEA ED EMICRANIA. Durante l'infanzia si possono manifestare altre forme di emicrania, più rare, ma in genere più gravi dell'e- micrania classica: • Cefalea a grappolo: è una condizione caratterizzata da intenso dolore temporale, orbitale o sopra orbi- tale che colpisce un lato del capo e può durare da 15 minuti a due ore, accanto al dolore e in genere è presente la cremazione, congestione nasale, edema della palpebra; 16 • Emicrania emiplegica familiare: è dovuta ad un'alterazione genetica, è una forma di emicrania spesso preceduta da aura, dove compaiono progressivamente dei sintomi neurologici; • Emicrania dell'arteria basilare: si manifesta per la prima volta durante l'adolescenza, le crisi sono ca- ratterizzate da vertigine, atassia, diplopia, alterazioni dello stato di coscienza e disturbi visivi; • Emicrania cronica parossistica: È un mal di testa estremamente doloroso che colpisce circa una per- sona su mille, quasi esclusivamente adulti, spesso durante il sonno; si tratta di un dolore unilaterale, che si concentra intorno un occhio, il quale comincia a lacrimare. Il dolore è così forte che sono stati descritti abbastanza frequentemente episodi di auto aggressività; • Emicrania oftalmoplegica: È una forma molto rara che si manifesta in età giovanile ed è caratterizzata da un abbassamento della palpebra, offuscamento della vista e visione doppia; questi sintomi dipendo- no da un deficit del terzo nervo cranico, il dolore è localizzato nella zona periorbitaria del lato in cui si manifestano i sintomi oculari. DIAGNOSI E COMORBIDITÀ DELLE CEFALEE. Per il neurologo e il neuropsichiatra e di importanza fondamentale distinguere le cefalee primarie da quelle secondarie, queste ultime dipendono da malattie generali oppure da malattie del sistema nervoso; nel caso si tratti di una cefalea primaria devono essere indagate eventuali con morbidità, quali: la presenza di una sindrome ansiosa, di una depressione, di una condizione di disturbo da deficit di attenzione/iperattivi- tà (ADHD), di una qualche forma di epilessia oppure un disturbo del sonno. Capitolo 16: Le paralisi cerebrali infantili. Le paralisi cerebrali infantili (PCI) sono dei disturbi non progressivi del movimento dovuti a una lesione che ha colpito il cervello fetale o infantile, le paralisi cerebrali sono state classificate da un punto di vista neu- rologico, in relazione alla struttura cerebrale colpita, in tre forme: spastiche, atassiche, discinetiche. CLASSIFICAZIONE DELLE PARALISI CEREBRALI. Tra le paralisi spastiche si riconoscono: • Emiplegia: in cui il deficit motorio prevale in un lato del corpo; • Diplegia: in cui il deficit motorio prevale negli arti inferiori; • Tetraplegia: in cui il deficit motorio coinvolge sia gli arti inferiori sia quelli superiori. Tra le paralisi atassiche si riconoscono tre forme di atassie: • Atassie pure; • Sindromi atassiche; • Atassie acquisite. Le paralisi discinetiche sono suddivise: • Forma coreoatetosica: caratterizzata da movimenti coreici, atetosici o coreoatetosici che interessano gli arti e il volto; • Forma distonica. La classificazione funzionale del PCI si riferisce al tipo e alla gravità di disabilità grosso motoria, sono stati distinti cinque livelli di gravità: 1. Il bambino in grado di camminare senza restrizioni in qualsiasi ambiente, presenta soltanto delle limita- zioni dell'attività motorie complesse; 2. Cammina senza ausili nell'ambiente familiare ha bisogno di assistenza in ambienti esterni; 3. Cammina con ausili sia in ambiente familiare sia all'esterno, per lunghi percorsi deve essere trasporta- to; 4. Non è in grado di camminare neanche con ausili, può spostarsi solo in carrozzina; 5. Presenta gravi limitazioni dell'attività motoria anche con ausili, deve essere trasportato e assistito in tutte le posture. FREQUENZA E CAUSE DELLE PCI. Le cause dei PCI sono state suddivise secondo il periodo in cui la lesione sia verificata, si riconoscono quindi i fattori che agiscono nel periodo prenatale, cioè il periodo che va dal concepimento all'inizio del travaglio; nel primo e secondo trimestre di gravidanza prevalgono le anomalie di sviluppo, nel terzo trime- stre di gravidanza prevalgono le anomalie vascolari. Fattori importanti di paralisi cerebrale prenatale sono anche le infezioni congenite, traumi durante la gravi- danza, malattie metaboliche materne e fattori tossici. Nel periodo perinatale, che va dalla 28ª settimana di gestazione alla prima settimana di vita, e nel perio- do neonatale, che va dalla seconda settimana di vita al primo anno di età, le cause più frequenti sono: traumi connessi al parto che determinano anossia o asfissia, prematurità, basso peso alla nascita, presen- 17 delle palpebre o automatismi semplici, la crisi può ripetersi centinaia di volte al giorno; la prognosi è fa- vorevole perché in genere si ha una remissione della malattia dopo l’adolescenza; • Epilessia con crisi generalizzate tonico-cloniche: l'età di esordio di questo tipo di epilessia e tra i 15 e i 18 anni, le crisi sono sporadiche e possono capitare in veglia, nel sonno o al risveglio, in genere ri- sponde bene alla terapia antiepilettica; • Epilessia del lobo temporale: si caratterizza per la presenza dell'aura, subito dopo l’aura vi è un re- stringimento della coscienza con la manifestazione del fenomeno dell'assenza, nelle epilessie focali del lobo temporale possono presentarsi automatismi oro-alimentari o gestuali; • Epilessie riflesse: si tratta di crisi epilettiche scatenate da specifici stimoli come: stimoli foto sensibili, stimoli cognitivi non verbali, crisi indotta dalla lettura, dalla musica, da un pasto, dall'acqua calda, da particolari stimoli somatosensoriali o propriocettivi; • Epilessie sintomatiche: numerose malattie neurologiche acquisite, genetica, degenerative, cromosomi- che, metaboliche, neuroectodermiche determinano epilessie secondarie; • Convulsioni febbrili: le convulsioni febbrili sono delle crisi tonico-clonica che compaiono durante i rialzi febbrili, l'età di insorgenza oscilla tra il primo e il quinto anno di vita, si tratta di una forma benigna e nel caso di convulsioni febbrili l'accorgimento più importante consiste nel cercare di eliminare le cause della crisi e nel cercare di bloccare la crisi convulsiva mediante la somministrazione di Diazepam, le convul- sioni febbrili prolungate possono determinare danni neurologici permanenti. DEFICIT COGNITIVI E AFFETTIVI ASSOCIATI. Nei bambini affetti da epilessia con livello intellettivo normale lo sviluppo cognitivo risulta essere significa- tivamente inferiore a quello dei bambini controllo, sia nell'area verbale sia in quella viso-percettiva. Uno dei problemi più rilevanti alla presenza dei disturbi dell'apprendimento scolastico rilevati in circa metà dei bambini; in questi pazienti sono stati documentati significativi deficit della memoria di lavoro, della ve- locità di elaborazione delle informazioni e del problem solving. TERZA PARTE: I DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO. Capitolo 20: Le disabilità intellettive. Le disabilità intellettive o i disturbi dello sviluppo intellettivo sono un insieme di disturbi del neurosviluppo che si caratterizzano per un deficit delle funzioni intellettive (Criterio A), una difficoltà di adattamento al- l'ambiente (Criterio B), che si manifestano in un'età evolutiva e che rimangono relativamente stabili fino all’età adulta (Criterio C). Disabilità intellettiva deve essere misurata con un test standardizzato e deve essere inferiore a due DS. CRITERI CHE CARATTERIZZANO LE DISABILITÀ INTELLETTIVE. Il primo criterio (Criterio A) delle disabilità intellettive si riferisce all'ambito concettuale dell'intelligenza, per semplificare si può definire l'intelligenza come la capacità di capire idee complesse, imparare dall'e- sperienza, adottare varie forme di ragionamento, adattarsi con efficacia all'ambiente e superare i problemi utilizzando il giudizio e ragionamento. Il deficit intellettivo deve essere misurato mediante l'utilizzazione di test standardizzati, è possibile parlare di disabilità intellettiva quando il QI è al di sotto di due DS (ovvero < di 70, più o meno cinque punti, cioè tra il 75 e 65); per quanto riguarda la gravità vengono distinti quattro livelli: disabilità intellettiva lieve, mo- derata, grave, estrema. Il secondo criterio (Criterio B) che caratterizza la disabilità intellettiva riguarda il deficit del funzionamen- to adattivo che impedisce al soggetto di raggiungere i normali livelli di autonomia e di responsabilità so- ciale e si articolo in tre ambiti: ambito concettuale, ambito sociale e ambito pratico. Il livello di gravità delle disabilità intellettive deve quindi tener conto anche del funzionamento adattivo: • Disabilità intellettiva lieve: costituisce l'85% dei casi di deficit dello sviluppo intellettivo, i bambini con questo deficit mostrano delle competenze cognitive molto simili a quella della popolazione generale, se il deficit non dipende da una sindrome nuova, la diagnosi viene posta spesso in età scolare quando il bambino si trova ad affrontare i compiti cognitivi complessi; l'età mentale che questi soggetti raggiungo- no è intorno agli 8-11 anni ed è in genere compatibile con una vita sociale autonoma; • Disabilità intellettiva media: interessa circa il 10% dei soggetti con deficit intellettivo, essa spesso di- pende da una causa genetica, come ad esempio una sindrome di Down oppure da una patologia neuro- logica; questi bambini necessitano di un sostegno scolastico continuativo e raggiungono con difficoltà gli apprendimenti di base nell'ambito della letto-scrittura del calcolo, l'età mentale che si possono rag- giungere paragonabile a quella dei bambini di 6-8 anni, spesso sono presenti disturbi psicopatologici associati con sintomatologia autistica e psicotica; 20 • Disabilità intellettiva grave ed estrema: colpisce circa il 5% dei casi con deficit cognitivo e dipende sempre da una o più cause organiche che si associa in genere a patologie neurologiche concomitanti, frequente è la presenza di sintomi autistici e di comportamenti stereotipati; l'età mentale raggiunta da questi soggetti è frequentemente inferiore a quella dei bambini 4 anni. SINDROMI CON ANOMALIE CROMOSOMICHE E GENETICHE. • Sindrome di Down: è il risultato della presenza anomala di un cromosoma in più, è caratterizzata da una disabilità intellettiva moderata, anomalie tipiche di lineamenti del volto, ipotonia, microcefalia; i bambini con sindrome di Down presentano un rallentamento dello sviluppo motorio è una grave compromissione dell'abilità espressive verbali, che cercano di compensare con la comunicazione gestuale. L'interazione sociale è buona, mentre è molto carente l'attenzione e l'applicazione nei confronti dei compiti scolastici proposti, in ambiente scolastico si manifestano frequentemente comportamenti di estrema passività o di fuga, con ostinazione, ritrosia e aggressività; nell'adolescenza e in età adulta possono comparire disturbi psichiatrici come ansia e depressione e circa la metà dei soggetti con più di 45 anni sviluppa la demenza di Alzheimer; • Sindrome dell'X fragile: si tratta di un disturbo genetico caratterizzato dall'amplificazione anormale di un segmento di DNA nel braccio lungo del cromosoma X, la sindrome determina una disabilità intelletti- va lieve o moderata, anomalie del volto e oltre ad uno sviluppo psicomotorio rallentato, i bambini con X fragile spesso presentano un comportamento iper attivo difficilmente controllabile e/o tratti di tipo auti- stico. A livello intellettivo sono maggiormente colpite le abilità viso-spaziali e le performance rispetto le competenze verbali, in ambito scolastico manifestano difficoltà in ambito matematico e in particolare nella risoluzione dei problemi; • Sindrome di Williams: è una rara malattia genetica dovuta ad una microdelezione del braccio lungo del cromosoma 7, con perdita del gene che codifica per l'elastina; le caratteristiche cliniche salienti sono: la disabilità intellettiva, la presenza di un volto caratteristico, scarso accrescimento e la presenza di cardio- patia congenita. A livello cerebrale questi soggetti presentano una riduzione globale del volume cerebra- le con un aumento del neo cervelletto, in tale sindrome si assiste a una maggiore compromissione delle competenze viso-spaziali è un relativo risparmio delle funzioni verbali; dal punto di vista delle interazioni sociali sono socievoli e aperti agli estranei e a livello comportamentale possono presentare iperattività, facile distraibile età, perseverazione, insicurezza e ansia; • Sindrome di Rett: è una malattia neurodegenerativa che colpisce quasi esclusivamente il sesso femmi- nile e si caratterizza per uno sviluppo psicomotorio normale fino a 8 mesi di vita, i soggetti colpiti da questa sindrome presentano uno sviluppo psicomotorio for normale durante i primi 6-18 mesi di vita per manifestare successivamente una progressiva perdita delle funzioni acquisite. E tale regressione interes- sa la funzione intellettiva, il linguaggio, la socializzazione e le abilità classiche, verso i tre anni comincia- no a manifestarsi tratti di isolamento simile all'autismo, vi sono crescenti difficoltà della deambulazione e alla fine il quadro è quello di una disabilità intellettiva estrema che interessa tutte le aree funzionali, molto spesso si associa all’epilessia; • Sindrome di Prader-Willi: È una malattia genetica causata dall'assenza di una porzione del cromosoma 15 di origine paterna, oltre alla disabilità intellettiva lieve la prima infanzia è caratterizzata da ipotonia, mentre nella seconda infanzia predomina iper fa Gia dovuta ad un'alterazione del centro ipotalamico che regola la sazietà; lo sviluppo del linguaggio espressivo e problematico e si associa a disturbi dell'ap- prendimento; • Sindrome di Angelman: È causata da una delezione del cromosoma 15 di origine materna, le caratteri- stiche cliniche sono la presenza di una disabilità intellettiva (grave o estrema), i tratti autistici, i disturbi a tasti Chi della deambulazione e l'epilessia; questi soggetti presentano caratteristici scopi di riso immoti- vato; • Sindrome di Cornelia de Lange: È una sindrome plurimalformativa dovuta ad anomalie dei geni che codificano il complesso proteico delle cose in e, si caratterizza per uno sviluppo intrauterino deficitario, basso peso alla nascita, un particolare aspetto del volto; la disabilità intellettiva è in genere moderata, con una grave compromissione dell'espressione verbale, spesso presentano tratti autistici ed iperattivi- tà; • Sindrome di Klinefelter: È una sindrome genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma ses- suale X in più, questi bambini presentano nei primi anni di vita una crescita accelerata e raggiungono un'altezza maggiore rispetto a quella dei genitori di circa 10 cm, lo sviluppo del linguaggio è rallentato, con un QI nelle componenti verbali inferiore al ragionamento viso-percettivo, vengono descritti anche disturbi della coordinazione motoria e dell’attenzione; • Sindrome di Turner: si tratta di una sindrome genetica che colpisce il sesso femminile con la mancanza di un cromosoma sessuale, i soggetti colpiti sono delle bambine con un basso peso alla nascita e che in adolescenza presentano uno scarso sviluppo dei genitali, il QI è in genere nella norma, con una significa- tiva caduta delle abilità viso-percettive; le bambine con questa sindrome tendono ad essere iperattive nell'infanzia e ipoattive nell’adolescenza. 21 Capitolo 21: i disturbi del linguaggio. I disturbi del linguaggio sono una patologia molto frequente in età evolutiva, la porzione più ampia dei di- sturbi del linguaggio riguarda bambini che non hanno mai problemi sensoriali, né intellettivi e neppure evi- denti lesioni neurologiche, questi bambini sono colpiti da un disturbo dell'appropriazione del linguaggio, conosciuto anche come disturbo evolutivo del linguaggio o disfasia evolutiva. LE NEUROSCIENZE DEL LINGUAGGIO. Nella seconda metà del secolo scorso è stata elaborata la classificazione clinica dell'afasia negli adulti, essa prevede sei principali tipi di afasia: • Afasia di Broca: l'espressione verbale è molto stentata, la comprensione verbale è buona, ma ci sono spesso problemi di comprensione di frasi grammaticali complesse, questo tipo di afasia si associa fre- quentemente una paralisi del lato destro del corpo; • Afasia transcorticale motoria: l'eloquio spontaneo è ridotto e sono presenti numerosi agrammatismi, non è presente difficoltà nella denominazione e nella comprensione, spesso è presente una paralisi o un’emiparesi destra; • Afasia di Wernicke: l'espressione verbale e fluente con numerose parafrasi, la comprensione verbale e la ripetizione sono molto deficitarie, la denominazione è compromessa; • Afasia di conduzione: I pazienti presentano nell'acqua fluente con parafrasi e fonemiche, la compren- sione uditiva e buona, mentre la ripetizione è compromessa; • Afasia transcorticale sensoriale: I pazienti presentano un eloquio fluente con numerose parafrasi e gravi deficit di denominazione, la comprensione uditiva compromessa, mentre la ripetizione relativamen- te conservata; • Afasia globale: È la forma clinica più grave, i pazienti presentano nell'occhio stentato assente, con una comprensione uditiva molto compromessa. I DISTURBI ACQUISITI DEL LINGUAGGIO NEL BAMBINO. • Afasie acquisite nei bambini: i disturbi acquisiti del linguaggio più frequente nei bambini sono le afasie, si tratta della perdita di alcuni aspetti del linguaggio in seguito a una lesione del cervello. Le cause più frequenti di afasia nei bambini sono i traumi cranici e i tumori cerebrali, molto meno frequentemente la causa può essere un'infezione virale o una malattia vascolare, le afasie nei bambini sono disturbi del lin- guaggio dovute a malattie neurologiche, che si instaurano dopo che linguaggio si è già sviluppato. Dopo che è una lesione a colpito uno o più centri del linguaggio il bambino tende a perdere la capacità di esprimersi fluentemente, fino a situazioni di vero e proprio mutismo, mentre in genere è abbastanza con- servata la comprensione; dopo qualche anno le capacità linguistiche appaiono completamente ristabili- ta, tuttavia, questo risultato è soltanto apparente, infatti, anche i bambini con un ottimo recupero del lin- guaggio continuano a manifestare, per tutta la vita, lievi deficit negli aspetti più complessi della com- prensione dell'espressione verbale. • Sindrome di Landau-Kleffner: si tratta di un disturbo acquisito del linguaggio che si manifesta insieme un'epilessia, numerose ricerche hanno mostrato che l'afasia non dipende dalla gravità dell'epilessia, e invece è correlata con la presenza di anomalie epilettiche formi nel sonno onde lente; in questa sindrome questi disturbi dell'attività elettrica del cervello sono localizzate soprattutto nelle aree del linguaggio. Nelle fasi iniziali di questo tipo di afasia i bambini perdono la capacità di comprendere il linguaggio, suc- cessivamente si assiste anche a un deterioramento delle funzioni +espressive, gli episodi di afasia non si presentano più dopo i 14 anni. LE CLASSIFICAZIONI DEI DISTURBI DEL LINGUAGGIO. La classificazione internazionale delle malattie (ICD-10) dell’OMS contempla tre possibili disturbi spe- cifici dello sviluppo del linguaggio (in ordine di gravità): • Disturbo della comprensione del linguaggio; • Disturbo dell’espressione del linguaggio; • Disturbo dell’articolazione del linguaggio. Il DSM-5 prevede quattro tipi di disturbi: il disturbo fonetico-fonologico, il disturbo del linguaggio, il distur- bo della comunicazione sociale e il disturbo della fluenza (balbuzie). I DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE IN ETÀ EVOLUTIVA. • Disturbo fonetico-fonologico: è uno dei disturbi del linguaggio più frequenti nella pratica clinica, l’esordio del disturbo è precoce ed è caratterizzato sia dalla difficoltà nell'articolazione dei suoni del lin- guaggio, sia da veri e propri errori fonologici, con omissione, sostituzione, aggiunta e distorsione di al- cuni fonemi, condizioni che rendono l’eloquio di difficile comprensione. Il disturbo fonetico-fonologico deve essere distinto dalla disprassia verbale, una condizione di grave difficoltà nella produzione e 22 vello della memoria del linguaggio, hanno rilevanti difficoltà nel gioco sociale, soprattutto in quello simboli- co (gioco di finzione). Ipotesi patogenetiche. i deficit riscontrati nei soggetti con autismo sono stati interpretati come dovuti all’incapacità: • Di attribuire stati mentali a se stessi e agli altri (teoria della mente): che consiste nella capacità di im- maginare non soltanto che cosa credono stanno pensando gli altri, ma addirittura a che cosa gli altri pensano che io stia pensando. • A un insufficiente coerenza centrale che ostacola l'integrazione delle informazioni in unità significative (deficit di coerenza centrale); • Difetti delle funzioni esecutive con difficoltà nell'organizzazione e pianificazione degli obiettivi, nel con- trollo degli impulsi, nell'inibizione delle risposte inappropriate, nella flessibilità di pensiero di azione. Le alterazioni neurobiologica riscontrate nell’ASD riguardano l'organizzazione connettività cerebrale a livel- lo del sistema del lobo frontale, a livello dei lobi temporali, a livello del lobo limbico e del cervelletto. La precocità della diagnosi è uno degli obiettivi prioritari, le recenti ricerche ritengono fondamentale l'identificazione dei bambini con autismo entro i 2 anni di età, il sospetto clinico di autismo deve essere formulata dalla famiglia, dal nido/scuola o dal pediatra, il servizio di neuropsichiatria territoriale deve con- fermare o meno il sospetto clinico (primo livello), l'équipe di neuropsichiatria infantile deve definire le carat- teristiche cognitivo-comportamentali del soggetto (secondo livello), mentre l'unità ospedaliera di neuropsi- chiatria infantile deve effettuare gli approfondimenti biologici, neurologici e psicologici del caso (terzo livel- lo). L’intervento precoce e intensivo è in grado di determinare significativi innalzamenti del QI oltre a signifi- cativi progressi linguistici, gli interventi più frequenti nel nostro paese sono di tipo psicoeducativo e abilita- tivo/riabilitativo; l'intervento è "tagliato su misura per ogni bambino" e si concentra sulle aree della comu- nicazione, dell'autonomia e della socializzazione. Viene data particolare attenzione alla strutturazione dell'ambiente (in modo da favorire l'apprendimento), alla strutturazione del tempo e all'utilizzo di strategie visive che sono meglio preservate in questo partico- lare disturbo dello sviluppo; nei bambini con gravi difficoltà della comunicazione viene introdotta la comu- nicazione aumenta attiva e alternativa (CAA) che consiste nell'utilizzazione di un codice comunicativo composto da immagini da parte del bambino e dei suoi partner comunicativi. Comorbidità. L’ASD si associa spesso (oltre il 60%) alla disabilità intellettiva, in circa il 30% dei casi è presente anche un deficit di attenzione/iperattività, in circa il 40% dei casi sono presenti disturbi d'ansia, mentre nel 17% presenta un disturbo ossessivo-compulsivo; molto spesso è presente un disturbo della coordinazione motoria, l'epilessia si associa in genere nei soggetti con ASD che presentano una disabilità intellettiva. Evoluzione. L’ASD tipico è una condizione nella quale il paziente può presentare un progressivo migliora- mento, in una piccola percentuale di individui è stata descritta una uscita dalla sindrome (of autismo), solo una piccola minoranza dei soggetti con autismo riesce a raggiungere l'autonomia sociale, con l'avanzare dell'età le competenze sociali generalmente migliorano, l'interazione sociale, la passività e la bizzarria ri- mangono costanti nel tempo. In adolescenza spesso sicuri escono i problemi comportamentali, nei soggetti con disabilità intellettiva, l'autocontrollo può diventare più precario e questi soggetti possono presentare crisi di aggressività. La terapia medica dell’autismo è riservata alle situazioni più difficili e in presenza di comorbidità. LA SINDROME DI ASPERGER. Questa sindrome venne descritta per la prima volta nel 1944 da Hans asperger che inquadra questi sog- getti nell'ambito della psicopatia autistica, sul piano sociale si trattava di bambini "bizzarri", inappropriati ed emotivamente staccati dagli altri; erano soggetti molto sensibili, egocentrici e inconsapevoli dei senti- menti degli altri. Il linguaggio era sviluppato normalmente anche se letterale, pedante, con evidenti deficit nell'intonazione emotiva, erano spesso goffi e piuttosto carenti di buon senso. I deficit più significativi presenti nella sindrome di asperger riguardano l'ambito dell'interazione sociale, sono presenti interessi circoscritti ad alcuni ambiti o materie, con un coinvolgimento spesso totale; con- temporaneamente questi individui presentano manierismi motori stereotipati o ripetitivi, accanto ad un at- taccamento compulsivo per specifici rituali e routine, questa sintomatologia si associa però un normale sviluppo intellettivo. Questi soggetti propendono per le interpretazioni letterali, sono in difficoltà nella comprensione delle me- tafore, dei proverbi e delle battute umoristiche; lo sviluppo intellettivo e nei limiti della norma o superiore alla norma. 25 I DISTURBI DELLO SPETTRO DELL'AUTISMO ATIPICI. Alcuni disturbi dello spettro dell'autismo vengono considerati atipici soprattutto per quanto riguarda il loro esordio: il disturbo dello spettro dell'autismo tipico si manifesta infatti entro i primi 24 mesi, invece, quan- do i bambini sembrano avere uno sviluppo normale fino a 3-6 anni, e dopo presentano una regressione delle funzioni precedentemente acquisite, nell'ambito dell'interazione sociale, del linguaggio e del compor- tamento, allora si tende a parlare di disturbi dello spettro dell'autismo atipici. Capitolo 25: il disturbo da deficit di attenzione/iperattività. CARATTERISTICHE CLINICHE DEL DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ. I bambini con disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) presentano un quadro sintomatologico caratterizzato da disattenzione, deficit dell'auto-organizzazione, impulsività e iperattività; i sintomi che fan- no sospettare la presenza di una ADHD sono la fatica a mantenere l'attenzione, l'incapacità di controllare i propri impulsi, l'eccessiva attività motoria e l’irrequietezza. Diagnosticare un ADHD non è semplice perché si tratta di una condizione clinica complessa, che presenta numerose caratteristiche comportamentali; i deficit attentivi comprendono: • La difficoltà a prestare attenzione ai dettagli con frequenti errori di distrazione; • Difficoltà a mantenere l'attenzione sui compiti o nel gioco; • Tendenza a non ascoltare; • Difficoltà nel seguire le istruzioni; • Difficoltà di organizzazione; • Incapacità di concentrarsi a lungo su un compito; • Tendenza a perdere cose; • Facile distraibilità; • Essere molto sbadato nelle attività quotidiane. I comportamenti iperattivi e impulsivi comprendono: • Irrequietezza; • Difficoltà a rimanere seduto; • Tendenza a scorrazzare e saltare ovunque; • Difficoltà a giocare tranquillamente; • Agire come se fosse animato da un motorino; • Parlare eccessivamente; • Tendenza a rispondere prima che sia finita la domanda; • Difficoltà nel rispettare i turni; • Tendenza interrompere gli altri e essere invadente. Per porre diagnosi di ADHD i sintomi devono essere comparsi prima dei 12 anni ed essere persistente da più di sei mesi, vengono distinti tre sottotipi: • Con disattenzione predominante; • Con iperattività-impulsività predominante; • Manifestazione combinata. La classificazione internazionale delle malattie riconosce il disturbo ipercinetico come entità clinica auto- noma. PREVALENZA E CAUSE. La prevalenza dell’ADHD nei bambini e negli adolescenti è del 3,4% senza differenza tra i paesi occidentali e il resto del mondo, i maschi sono colpiti quattro volte più frequentemente delle femmine, l’eziologia degli ADHD è molto complessa e prevede l'interazione di fattori biologici, psicologici e sociali. Gli studi neuroatomici hanno evidenziato una significativa riduzione delle dimensioni dell'encefalo e della sostanza grigia corticale nei soggetti con ADHD, le indagini neuro funzionali hanno evidenziato una ipo attivazione dei circuiti nervosi che sostengono l'attenzione volontaria (attenzione focalizzata), queste alte- razioni dipendono sia da fattori biologici che ambientali. L'alterazione strutturale funzionale del sistema frontale sembra essere collegata ad una disfunzione del metabolismo delle catecolamine, in particolare della dopamina e noraadrenalina, neurotrasmettitori coin- volti nella regolazione di vigilanza, attenzione, motivazione e ricompensa. LA DIAGNOSI. L'itinerario diagnostico per definire un ADHD è complesso e richiede l'intervento di molti operatori, il neu- ropsichiatra raccoglie la storia clinica del bambino e formula l'ipotesi diagnostica. La storia clinica dei bambini con ADHD è abbastanza caratteristica: numerosi di questi soggetti fin da pic- coli si presentano come "bambini difficili", molto attivi e irrequieti, in età prescolare possono essere già presenti una marcata iperattività, disturbi del sonno, litigiosità, scarsa percezione del pericolo; in età sco- 26 lare diventa evidente la sintomatologia caratterizzata da disattenzione, deficit di autorganizzazione, impul- sività, iperattività, a questi sintomi si associa la tendenza a evitare i compiti impegnativi e lunghi. Alle elementari si evidenziano le difficoltà scolastiche, la scarsa autostima, il senso di inadeguatezza in- sieme alle difficoltà nelle relazioni sociali; nell'adolescenza l'iperattività si attenua, ma spesso permangono deficit di attenzione di organizzazione del comportamento. Poiché numerosi bambini con ADHD presentano rilevanti difficoltà scolastiche, spesso è necessario valu- tare lo sviluppo del linguaggio, le abilità di letto-scrittura e quelle matematiche, al fine di escludere even- tuali disturbi del linguaggio e/o disturbi dell’apprendimento. COMORBIDITÀ. Si parla di comorbidità quando un bambino è colpito contemporaneamente da più di un tipo di patologia, nel caso dell’ADHD la classificazione DSM prevede la possibilità di molte con diagnosi, mentre la classifi- cazione ICD e molto più restrittiva; secondo la prima molti bambini con ADHD presentano anche un'altra patologia psichiatrica associata, le associazioni più frequenti sono: i disturbi della condotta, i disturbi d'ansia, i disturbi del tono dell'umore, i disturbi specifici del linguaggio e i DSA. GLI INTERVENTI. Anche se la diagnosi di disturbo da ADHD viene posta nel bambino che frequenta la scuola primaria sem- pre più si avverte la necessità di identificare gli "indicatori precoci" degli ADHD per intervenire il più presto possibile. Capitolo 26 i disturbi da tic e la sindrome di Gilles de la Tourette. I tic sono dei movimenti, gesti o vocalizzazioni imprevisti che interrompono, per un breve periodo, il nor- male comportamento; tic motori sono delle contrazioni muscolari, veloci e involontarie che interessano in genere alcuni muscoli del volto, del collo, del tronco e degli arti, si distinguono i tic motori semplici dei tic motori complessi; i tic vocali possono essere semplici, come lo schiarimento della voce, colpetti di tosse, sibili, fischi, tiri di naso a fare i suoni gutturali, oppure complessi come la ripetizione delle ultime parole o frasi ascoltate, oppure l'uso di espressioni oscene, insulti e bestemmie. Nella maggioranza dei casi sono preceduti da sensazioni premonitori, come ad esempio il formicolio e dopo l'espressione del tic, il soggetto avverte in genere una sensazione di appagamento e soddisfazione. QUADRI CLINICI. Le classificazioni delle malattie distinguono tre diversi disturbi da tic: • Disturbo da tic transitorio: caratterizzato dalla presenza di uno o più tic motori o vocali, che interessa- no gli occhi, la faccia, il collo o gli arti superiori. L'età di insorgenza in genere tra i tre e i 10 anni ed è più frequente nei maschi e nei soggetti che vivono in città. La sintomatologia viene esacerbata dallo stress e dalle emozioni; • Disturbo da tic persistente: caratterizzato da tic motori semplici, complessi o tic vocali, con una durata della sintomatologia superiore ad un anno. È presente sia nei bambini sia negli adulti come evoluzione di una sindrome da tic esordita in età evolutiva; • Sindrome di Gillles de la Tourette: È una condizione caratterizzata da tic motori multipli o da uno o più tic vocali, che possono giungere fino alla produzione di insulti e parolacce, i sintomi devono essere pre- senti per più di un anno. Una considerevole parte dei bambini affetti da sindrome di Tourette presenta una remissione completa prima dei 18 anni, nei soggetti con tale sindrome l'esecuzione musicale riduce disturbi, ad esempio, quando essi suonano il pianoforte i tic tendono a scomparire. La sindrome di Tou- rette si associa frequentemente al disturbo di ADHD, alla depressione e al disturbo ossessivo-compulsi- vo, tutte queste sindromi sono correlate ad un alterato funzionamento dei circuiti che collegano la cor- teccia cerebrale ai gangli della base e al talamo, a livelloneuro chimico tale sindrome sembra essere cor- relata con un'eccessiva liberazione di dopamina o una eccessiva sensibilità di alcuni suoi recettori. È stato ipotizzato e discusso il ruolo di molti fattori: psicopatologici, genetici, endocrinologici e perinatali; le situazioni di stress e di difficoltà tendono a cronicizzare gli stimoli, a livello psicoterapeutico sono state sviluppate molte metodologie atte a ridurre la sintomatologia, molto promettenti sono quelle che utiliz- zano il rilassamento, il controllo della respirazione e le tecniche di aumento della consapevolezza. 27 tiche della sporcizia, del tempo e del denaro, il principale meccanismo di difesa delle personalità osses- sive e isolamento; • Personalità istrioniche: sono cordiali, energiche e intuitive, attratte dal rischio e dai drammi personali, i loro sentimenti possono mutare rapidamente, Le persone con questo carattere sono soggetti a quote eccessive di ansia, vergogna e sensi di colpa inconsci; • Personalità narcisistica: sono individui organizzati intorno al mantenimento della propria autostima mediante le conferme che provengono dall'esterno, a livello interiore provano sentimenti di inadeguatez- za e temono di essere inferiori e deboli; • Personalità masochista: sopporta il dolore e la sofferenza, nella speranza di un bene maggiore, il mon- do affettivo di questi individui è dominato da una tristezza cosciente e da sensi di colpa inconsci, unita- mente a sentimenti di rabbia ed indignazione, si tratta di persone molto sensibili, socievoli e premurose; • Personalità schizoide e schizotipica: riguarda individui iper sensibili e ritirati nella fantasia, si tratta di persone che rifiutano il mondo corporeo e che tendono a nascondersi evitare il contatto fisico, le perso- ne con questo carattere sono attratte dalle conoscenze teoriche, dalle arti creative e discipline spirituali; • Personalità paranoide: tende a proiettare sugli altri le proprie qualità negative, gli individui con questa personalità hanno molta difficoltà a fidarsi, e se soffrono di paure soverchianti e sensi di colpa, non si sentono mai al sicuro e spesso si oppongono all’autorità; • Personalità ipomaniacale: sono individui allegri, socievoli, disinvolti, brillanti e leggeri nelle relazioni; sono grandi intrattenitori, narratori di storielle o giochi di parole, appaiono organizzati lungo l'asse dell'o- ralità, possono parlare senza fermarsi, bere smodatamente e fumare, a livello profondo si tratta di perso- nalità incapace di amare e di avere rapporti duraturi, poco impatti e facilmente corruttibili, le persone ipomaniacali hanno sostanzialmente un'organizzazione depressiva neutralizzata dalla negazione; • Personalità antisociale: È organizzata sulla ricerca del potere e sulla manipolazione degli altri, si tratta di persone con aggressività predatoria, incapaci di esprimere emozioni, agiscono piuttosto che parlare; a livello profondo presentano una mancanza di attaccamento verso le persone, che vengono quindi consi- derate come delle pedine, usate per la propria soddisfazione e sete di potere, un sentimento profondo dei soggetti antisociali e l'invidia primitiva, per questo essi cercano di distruggere ciò che li attrae; • Personalità depressiva: È caratterizzata dalla mancanza di energie, dall'incapacità di godere dei nor- mali piaceri della vita e dalla tristezza, si tratta di individui che dirigono verso sé gran parte dei propri af- fetti negativi, invece, verso l'esterno appaiono generosi, gentili e premurosi; l'idea che la propria cattiveria abbia allontanato le persone amate spinge questi individui a provare verso gli altri solo sentimenti positi- vi, spesso sono incapace di riconoscere i sentimenti ostili degli altri. Capitolo 30: come si ammala la mente? IL RUOLO DEI TRAUMI. Sulla genesi delle malattie mentali sono stati sviluppati diversi modelli, le problematiche dei traumi in età evolutiva rientrano nel grande capitolo dei maltrattamenti dell'infanzia; la gravità del maltrattamento infan- tile risiede nel fatto che le "vittime" sono in una condizione di assoluta impotenza, inoltre, i "carnefici" sono, spesso, le figure che dovrebbero dare protezione. La trascuratezza È una delle forme più diffuse di maltrattamento infantile, si tratta di una condizione nella quale non vengono soddisfatte le necessità fisiche e psicologiche basilari del bambino, segni di questa condizione sono la scarsa igiene e l'inadeguatezza del vestiario del bambino; il maltrattamento emotivo consiste in un atteggiamento di ostilità cronica, critica ripetuta e disprezzo del bambino, che vive in una condizione di isolamento e terrore, dovuta alla paura verso le figure di riferimento; il maltrattamento fisi- co consiste nell'uso intenzionale della forza per produrre danni più o meno permanenti; infine l'abuso sessuale si riferisce a tutte le attività che coinvolgono la stimolazione sessuale con o senza contatto fisico diretto dei minori, l'abuso si distingue dalla pedofilia perché chi abusa sessualmente può non essere pe- dofilo. Le esperienze di maltrattamento determinano, attraverso meccanismi dello stress traumatico, un'altera- zione dell'asse ipotalamo-ipofisario con una disregolazione della liberazione del cortisolo e di numerosi altri mediatori dello stress e dell’infiammazione. I traumi fisici, psicologici e sessuali subiti in età evolutiva sono in grado di causare danni fisici permanenti fino alla morte del bambino. IL RUOLO DEI CONFLITTI. Un secondo modello è stato elaborato da Sigmund Freud, e gli ho sostenuto che numerose malattie men- tali dipendono da un perenne conflitto con le pulsioni sessuali, che cercano di esprimersi, e le altre strutture psichiche di controllo. 30 IL RUOLO DELLE DINAMICHE CARENZIALI E DELLE DISSINTONIE. Successivamente è stato sviluppato un terzo modello che si basa sul ruolo delle dinamiche carenziali nelle cure materne, interpreta cioè la psicopatologia come una risposta alle carenze d’amore che hanno rallen- tato, inibito e distorto lo sviluppo psicologico del bambino. Durante gli anni 90 è emersa una quarta ipotesi sulla genesi della psicopatologia che prende in considera- zione le dissintonia nella diade madre-bambino, secondo questo modello la mamma il bambino vengo- no considerati un sistema vivente di interazione reciproca, tale sistema può correggere le eventuali devia- zioni oppure amplificarle. FATTORI DI RISCHIO PSICOPATOLOGICO. Numerose ricerche hanno evidenziato che lo sviluppo psicopatologico può essere favorito dalla presenza di cause avverse di tipo acuto o cronico, le avversità croniche sono dei fattori di rischio relazionali che durano per lunghi periodi di tempo, una delle più importanti è la presenza di un conflitto continuo tra i genitori che esponga i bambini e i giovani a condizioni di aperta ostilità e rabbia. Le condizioni di meseria sono correlate con i problemi di sviluppo biologico, disturbi cognitivi, problemi comportamentali ed emozionali, la presenza di psicopatologia dei genitori favorisce la formazione di di- sturbi dell'attaccamento, disturbi emozionali, disturbi dell'attenzione, depressione e lo sviluppo di compor- tamenti antisociali. Anche la presenza di esperienze acute e stressanti può avere un influsso sfavorevole sulla predisposizione a dividere disturbi psicologici, una delle cause acute stressanti più significative consiste nell'esposizione episodi gravi di violenza, come rapine, accoltellamenti, omicidi o violenze sessuali; anche la perdita di una figura di attaccamento, un pericolo fisico, o un'importante difficoltà psicologica che determini uno stato di acuta minaccia possono avere importanti effetti sull'insorgenza di disturbi psicopatologici permanenti. Inoltre, l'insorgenza di una psicopatologia è influenzata dalla presenza di numerosi fattori di rischio bio- logici, socio economici, salute mentale e intelligenza dei genitori, dinamiche familiari; le determinanti am- bientali in cui un bambino cresce sono molto importanti ma non devono essere sottovalutate le caratteri- stiche biopsicologiche di un determinato individuo. L'impatto delle avversità è molto diverso in riferimento al temperamento, alla regolazione delle emozioni, alle capacità cognitive e differenti stili di attaccamento; un importante fattore di rischio socio-culturale per lo sviluppo di problemi psicopatologici e l’immigrazione. FATTORI GENETICI. Legalitaria età predispone alla formazione di specifici problemi psicopatologici che l'ambiente familiare e socio economico in cui il bambino cresce possono rendere più o meno evidenti. PSICOPATOLOGIA DESCRITTIVA. La psicopatologia descrittiva si occupa delle esperienze, dei processi cognitivi e dei comportamenti anor- mali, implica aspetti soggettivi e aspetti oggettivi. L’intervista clinica al paziente, i genitori ed eventualmente compagni o insegnanti permette al neuropsi- chiatra infantile di fare un esame dello stato mentale del paziente. Capitolo 31: il disturbo post-traumatico da stress. I traumi sono eventi accidentali, inattesi e violenti in grado di ledere l'integrità fisica, psichica ed emotiva di una persona, possono essere unici o ripetuti. SINTOMI DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS. Gli individui che hanno subito dei traumi e possono presentare delle sequele psicologiche caratterizzate da una fissazione sul trauma, che altera l'equilibrio psicologico determinando una ricorrenza involontaria dei ricordi degli eventi traumatici nella veglia o nel sonno, è uno stato di allarme, irritabilità cronica, con tendenza a condotte aggressive. Si parla di disturbo acuto dello stress (DPTS) quando i sintomi compaiono dopo tre giorni fino ad un mese dal trauma, nel caso i sintomi siano presenti dopo un mese dal trauma si parla di tale disturbo, sei criteri lo definiscono: • Evento traumatico: il soggetto deve essere stato esposto a una minaccia di morte, oppure una possibi- le grave lesione o violenza sessuale; • Ripetizione: la presenza di ricordi ricorrenti, involontari e intrusive dell'evento traumatico nella veglia o nel sogno; • Evitamento: tentativo di evitare qualsiasi aspetto psicologico o ambientale associato all'evento trauma- tico; 31 • Alterazioni del pensiero dell'umore: I pazienti presentano uno stato di allerta, associato ad uno stato emotivo negativo, riduzione degli interessi, incapacità a provare emozioni positive; • Durata dei sintomi e problemi comportamentali: I sintomi descritti devono essere presenti da più di un mese, sono presenti sempre irritabilità, esplosioni di rabbia, iper vigilanza, atteggiamenti e spericolati, problemi di concentrazione e difficoltà nel sonno; • Disagio clinico: la sintomatologia a compromesso significativamente le capacità lavorative, sociali e il benessere del paziente. Nei bambini la sintomatologia del DPTS si manifesta attraverso comportamenti regressivi, introversi o ipe- rattivi, e la ripetizione del trauma avviene principalmente nei sogni caratterizzati da incubi, con mostri, in- seguimenti e ferimenti; il trauma può essere rievocato anche attraverso il gioco, i disegni e l'espressione verbale, possono essere presenti sintomi di intorpidimento emozionale, perdita di interesse in attività significative, con Dot e era utilizzate e ridotta capacità di regolare le emozioni. EPIDEMIOLOGIA E COMORBIDITÀ. Gli studi epidemiologici hanno evidenziato che i traumi sufficientemente gravi sono abbastanza frequenti in età evolutiva, la probabilità di sviluppare il disturbo è maggiore nei traumi di natura interpersonale, ri- spetto ai traumi dovuti a disastri naturali o tecnologici. Nei bambini più piccoli il DPTS tende ad associarsi al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e i disturbi di ansia, nei bambini più grandi e negli adolescenti si associa ai disturbi della condotta, al distur- bo depressivo maggiore, ai disturbi d'ansia, ai disturbi della sfera sessuale, i disturbi psicotici all'abuso di sostanze. EFFETTI NEUROBIOLOGICI E PSICOLOGICI DELLO STRESS. Le situazioni di pericolo, fisico psichico attivano l'asse dello stress; per stress si intende qualsiasi stimolo o evento mentale in grado di attivare l'asse ipofisi-sistema adrenergico. I pazienti con dei DPTS possono presentare deficit a livello attentivo, della memoria autobiografica, dello stato di coscienza; attraverso la dissociazione individui che hanno subito un trauma cercano di separare a livello mentale le circostanze e gli eventi traumatici della vita ordinaria, tuttavia questi eventi tendono in varie maniere a riaffiorare. Capitolo 32: i disturbi dissociativi e i disturbi da sintomi somatici. LA PSICOPATOLOGIA DISSOCIATIVA. La dissociazione consiste in una disconnessione delle funzioni della coscienza, della memoria, dell'identità e della percezione dell'ambiente, solitamente integrate, è una risposta difensiva ad un trauma travolgente, che permette di ridurre l'ansia e il conflitto psicologico; opera attraverso l’automatizzazione, la comparti- mentalizzazione e l'alterazione dell’identità. L'automatizzazione dissociativa comprende episodi di comportamento automatico non controllato dalla coscienza; la compartimentalizzazione consiste nella separazione tra aree di consapevolezza e memoria, offre ad un individuo un meccanismo per immagazzinare e recuperare informazioni emotivamente cariche, isola gli effetti e ricordi soverchianti, tuttavia non è un meccanismo perfetto, le emozioni e i ricordi collegati al trauma irrompono periodicamente nella consapevolezza normale. Tutti i disturbi dissociative provocano forme di alterazione dell'identità, i soggetti avvertono un senso ricor- rente di distacco dal proprio sé, fino a fenomeni di fuga dissociativa o alla presenza di identità differenti nello stesso individuo (disturbo multiplo di personalità). CAUSE DEI FENOMENI DISSOCIATIVI. Le fonti più frequenti di traumi infantili sono gli incidenti, le violenze collettive, le catastrofi, le guerre e le violenze sui minori, la percentuale stimata dei disturbi dissociative è intorno al 10% della popolazione. Una delle forme più gravi di trauma infantile è l'abuso sessuale, soprattutto nel caso in cui avvenga da parte di un familiare; sopraffatto dall'aggressione, l’Io si frammenta e nella dissociazione che ne consegue la persona sperimenta il sé come molteplice. Nell'abuso sessuale o emotivo da parte dei genitori il bambino non può né fuggire, nel nascondersi, non può nemmeno confidare l'abuso per paura delle ritorsioni, quindi non potendo fuggire fisicamente, fugge mentalmente, esce fuori dal suo corpo, immagino che in quel momento sia qualcun altro essere violentato o picchiato. Lo studio dei soggetti sottoposti ad abuso sessuale e fisico ha evidenziato che le vittime cercavano prima di tutto di fuggire o di nascondersi, se non era possibile la fuga, la maggior parte dei soggetti presentava una reazione di congelamento, analgesia, esperienze di uscita fuori dal corpo o amnesia dissociativa. 32 Nonostante questi soggetti cerchino di comportarsi sempre in maniera irreprensibile, di piacere agli altri e di ottenere continuare rassicurazioni, l'incapacità di rilassarsi, la presenza di eccessive preoccupazioni e la difficoltà di concentrazione influiscono in maniera negativa sul rendimento scolastico. Capitolo 34: il disturbo ossessivo-compulsivo. Si tratta di una condizione psicopatologica abbastanza comune, sia in età evolutiva sia in età adulta, ca- ratterizzata dalla presenza di ossessioni e compulsioni; le ossessioni sono dei pensieri o delle immagini mentali assillanti, indesiderate e tormentose, fonte di ansia e trepidazione che invece di svanire, come ca- pita normalmente pensieri, manifestano una spiacevole continuità e pervasività; le compulsioni sono, in- vece, dei comportamenti quatti che vengono realizzati nel tentativo vano di esorcizzare l'ansia e/o le paure causate dalle ossessioni. SINTOMATOLOGIA. Nel DOC sono presenti pensieri o impulsi impropri, reiterati e disturbanti, che il soggetto non ritiene piace- voli e i quali cerca di resistere. I soggetti devono riconoscere le ossessioni come intrusive, proprie, insensate, che occupano tempo, a cui cercano di resistere e che possono compromettere il proprio funzionamento provocando malessere; i contenuti delle ossessioni hanno a che fare con: • Temi aggressivi, religiosi, sessuali o pensieri collegati al dubbio e/o al controllo; • Ossessioni di ordine e simmetria; • Ossessioni di contaminazione e di pulizia. Le compulsioni sono delle azioni che il soggetto non può non fare per prevenire un disagio o evitare un qualche evento terribile, e non sono collegate in modo realistico con ciò che devono prevenire o neutraliz- zare; la persona spesso riconosce che il suo comportamento è eccessivo e irragionevole, anche perché rappresenta una perdita di tempo e può compromettere il suo funzionamento generando malessere. Le azioni compulsive possono riguardare il toccare, il contare, il pulire e lavare, il controllare, ordinare e sistemare oggetti, il programmare attività, il ripetere o rifare; la maggioranza dei soggetti affetti da DOC presenta sia ossessioni che compulsioni. Nel Dock è opportuno distinguere due livelli: quello delle manifestazioni cliniche da quello dei contenuti, cioè dal contenuto dei pensieri che provano paura e angoscia. EZIOLOGIA E COMORBIDITÀ. La causa di questo disturbo non è ancora nota, via senz'altro nella predisposizione genetica; tra tutte le nevrosi il DOC è quello più correlato ad alterazioni strutturali e funzionali del sistema nervoso, numerosi soggetti con questo disturbo presentano infatti glieli segni neurologici, in genere collegati con una disfun- zione del cosiddetto sistema frontale, come piccole alterazioni nella coordinazione dei movimenti fini, di- sturbi di equilibrio, deficit di integrazione delle informazioni. Il DOC si associa abbastanza frequentemente con il deficit di attenzione/iperattività, con il disturbo da tic, con la sindrome di Gilles de la Tourette, con il disturbo depressivo maggiore e con il disturbo bipolare. DISTURBI CORRELATI AL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO. I disturbi correlati al DOC si caratterizzano per la presenza a carattere intrusivo di preoccupazioni e spinte a compiere determinati comportamenti. Il primo di essi è il disturbo da dismorfismo corporeo caratterizzato da un'eccessiva preoccupazione per un difetto nell'aspetto corporeo che il più delle volte è lieve o inesistente, i pazienti tendono ad isolarsi, a ricorrere alla PIC chirurgia plastica ed è inoltre presente un elevato rischio suicidario; il disturbo da accu- mulo È presente in individui che non riescono a disfarsi degli oggetti; la tricotillomania consiste nello strappamento ricorsivo e compulsivo, preceduto dalla manipolazione, dei capelli; infine il disturbo da escoriazione è caratterizzata da un comportamento ripetitivo e compulsivo di sfregamento della pelle che alla fine provoca lesioni cutanee. Capitolo 35: i disturbi della condotta. I disturbi della condotta costituiscono una costellazione di comportamenti aggressivi e antisociali che possono comparire nella prima infanzia e persistere nei periodi successivi della vita fino all'età adulta, con una tendenza all'aggravamento in età adolescenziale e giovanile. I neuroetologi hanno proposto di distinguere due tipi di aggressività: un’aggressività predatoria, nella quale l'animale si muove silenziosamente e mantiene un'attenzione vigile e determinata verso l'obiettivo, questo tipo di aggressività è caratterizzato da atti violenti compiuti con attenzione e distacco; aggressivi- 35 tà affettiva nella quale l'animale cerca di incutere paura nell'avversario, questo secondo tipo di aggressivi- tà si manifesta con attacchi impulsivi e non pianificati, caratterizzati da uno stato di rabbia incontrollata, durante la quale il bambino spesso si danneggia fisicamente. IL DISTURBO O POSITIVO PROVOCATORIO. Il disturbo o positivo provocatorio (DOP) È costituito da un insieme di comportamenti ostili, collerici, po- lemici, provocatori e vendicativi che causano disagio al bambino e alle persone vicine, questi bambini ten- dono a manifestare: • Umore collerico e irritabile; • Comportamenti provocatori, sfidanti e polemici; • Condotta vendicativa. La sintomatologia del DOP può essere lieve, moderata o grave; le cause dipendono da molti fattori, quelli ereditari sembrano incidere per il 50%, mentre i fattori ambientali si riferiscono alle difficoltà presenti nel- l'ambiente familiare e sociale; dal punto di vista neuropsicologico i bambini con DOP presentano deficit a carico delle funzioni esecutive, inoltre, manifestano significative difficoltà nel riconoscimento delle emozio- ni. Tale disturbo si associa spesso al disturbo da deficit di attenzione/iperattività, con disturbi d'ansia e di- sturbi depressivi, mentre soltanto nel 10% dei casi evolve verso un disturbo della condotta. IL DISTURBO DELLA CONDOTTA. Il disturbo della condotta (DC) È caratterizzato da un comportamento aggressivo e antisociale con carat- tere ripetitivo e persistente, che a causato una significativa compromissione del rendimento scolastico; i sintomi di base per porre la diagnosi di DC sono: • Aggressività nei confronti di persone o animali; • Distruzione della proprietà; • Inganno e furto; • Grave violazione di regole. Spesso il disturbo è presente fin dalla prima infanzia, ma con sintomi più sfumati, mentre si manifesta in modo più evidente nell'adolescenza fino a presentare un picco di condotte violente intorno ai 17-18 anni; dopo i 25 anni di età le condotte violente tendono a ridursi in maniera significativa, il DC si associa spesso con altre malattie psichiatriche, numerose adulti con disturbo depressivo maggiore erano affetti da DC al- l'infanzia e nell’adolescenza. Vengono descritti due sottotipi in base all'età di esordio: nelle forme a esordio infantile prevalgono le ca- ratteristiche di impulsività e affettività, spesso sono associate ad ADHD, il comportamento antisociale ca- ratterizzato da irritabilità, crisi di collera e dalla tendenza alla competizione e al confronto con gli altri sia di tipo verbale sia di tipo fisico; nell’ esordio adolescenziale le condotte aggressive vengono esibite per specifici obiettivi relazionali, per questa ragione possono essere successivamente abbandonate. CAUSE E FATTORI DI RISCHIO. Gli studi effettuati per identificare le cause che determinano i disturbi della condotta hanno evidenziato che a livello biologico i soggetti affetti da DC tendono a presentare una riduzione della serotonina e del cortisolo, associata ad un aumento del testosterone; lo studio di gemelli omozigoti contro i gemelli etero- zigote e su soggetti adottati a permesso di stabilire che circa il 50% della tendenza al comportamento ag- gressivo, specie quello di natura impulsiva, dipende da fattori genetici. Rimane molto importante l'effetto dell'educazione e dell'ambiente socio economico in cui il bambino vive, molto rilevante è il tipo di attaccamento che i bambini sviluppano nella prima infanzia con la principale fi- gura di riferimento. IL BULLISMO. Il bullismo è un atto aggressivo, premeditato, opportunistico perpetrato in maniera persistente da uno o più individui contro soggetti incapaci di difendersi, uno degli aspetti caratteristici è l’asimmetria tra il bullo e la vittima, il bullo è più grande e più forte e per giunta si muove con l'appoggio di complici, la vittima in- vece è debole e isolata, si tratta di comportamenti ripetitivi e duraturi che determinano nella vittima negli spettatori paura, incapacità di difendersi e di riferire ad altri l’accaduto; viene inoltre creata una distanza psicologica tra il bullo, i suoi complici, il pubblico e la vittima, facendo in modo che quest'ultimo si ritenga responsabile degli atti che subisce (processo di deumanizzazione). Bullismo è un comportamento delinquenziale particolare, sono coinvolti non solo soggetti con evidenti di- sturbi della condotta ma anche individui senza apparenti problemi psicopatologici, a riprova di ciò è la constatazione che entrano in questa forma di devianza sia soggetti del ceto medio, che provengono da famiglie apparentemente normali, sia le ragazze; infatti, mentre i maschi sono soprattutto responsabili di atti di bullismo fisico, le femmine ricorrono spesso al bullismo relazionale o manipolativo. 36 Le vittime di bullismo reagiscono con tristezza, paura e rabbia, non sono disponibili a riferire l'accaduto ai genitori o agli insegnanti per sentimenti di colpa, inferiorità e in appropriatezza, talvolta possono manife- stare il loro disagio rifiutando di andare a scuola, in altri casi manifestano sintomi psicosomatici quali mal di testa, dolori addominali, incubi, attacchi d’ansia. Anche gli spettatori hanno un ruolo importante, essi possono diventare complici di bulli oppure a far finta di non vedere allontanandosi, in altri casi o servono passivamente senza intervenire. Capitolo 36: i disturbi depressivi e bipolari. I principali disturbi del tono dell'umore sono disturbi depressivi e di disturbo bipolare. I DISTURBI DEPRESSIVI. I disturbi depressivi sono una condizione clinica abbastanza frequente in età evolutiva, le forme cliniche principali sono il disturbo depressivo maggiore, Il disturbo depressivo persistente e il disturbo da disrego- lazione dell'umore dirompente. Il disturbo depressivo maggiore consiste in una serie di crisi di malinconia senza speranza, la persona che presenta un umore depresso non ha più desideri, non prova piacere in nulla, non vede alcun valido motivo per risollevarsi dalla sua condizione, che ritiene ineluttabile e definitiva, fisicamente presenta una serie di sintomi specifici, come un profondo senso di fatica, grave insonnia con risveglio precoce oppure talvolta sonno eccessivo. È lento nei movimenti e nell'eloquio, tende ad essere cupo e taciturno, vi è perdita del desiderio sessuale, inappetenza e stitichezza, spesso è presente ansia, il momento peggiore della giornata e in generale la mattina mentre la sera via leggero miglioramento. Oltre all'umore depresso, alla spossatezza, alla perdita di interesse e ai sintomi fisici sono spesso presenti sentimenti di colpa, indegnità e vergogna, a livello cognitivo il paziente presenta difficoltà di concentrazio- ne, disturbi della memoria. Il disturbo depressivo maggiore non è una condizione cronica, ma si manifesta ciclicamente, lo stato ma- linconico inizia senza alcun apparente motivo dura in genere da 2 a 8 mesi e scompare in modo abbastan- za repentino, i soggetti affetti presentano idee di riferimento di persecuzione, deliri e talora anche allucina- zioni uditive e olfattive. Il disturbo depressivo persistente (distimia) È una condizione clinica caratterizzata da umore stabilmen- te depresso e irritabile per almeno un anno, riduzione dell'appetito, insonnia, faticabilità, bassa autostima, spossatezza, incapacità di concentrarsi, sentimenti di tristezza e di perdita della speranza. I bambini affetti da disturbo depressivo persistente appaiono infelici e apatici per lunghi periodi di tempo, hanno scarso interesse per il gioco, la mimica facciale ridotta, sono frequenti le lamentele somatiche e di- sturbi del sonno e dell’appetito. Il disturbo da disregolazione dell'umore dirompente È caratterizzato da gravi scoppi di collera in forma verbale o comportamentale che compaiono prima dei 10 anni di età e che si manifestano diverse volte alla settimana da più di 12 mesi, tra uno scoppio di collera e l'altro rumore è persistentemente arrabbiato o irritato. Le cause dei disturbi depressivi non sono ancora note, si stima che il 35% dei casi dipenda da una vulne- rabilità genetica, le esperienze di vita negative favoriscono le ricadute, ma non spiegano nella natura, nel- l'intensità degli episodi depressivi. IL DISTURBO BIPOLARE. Il disturbo bipolare è una condizione di scompenso del tono dell'umore nella quale i cicli di depressione si alternano cicli di esaltazione (mania), durante la crisi maniacale il soggetto si trova in uno stato di esalta- zione gioiosa, a una sconfinata fiducia in se stesso, è eccitato e instancabile, pieno di idee e iniziative, dorme pochissimo, parla e scherza con chiunque, non ascolta nessuno e manca totalmente di autocritica. Il disturbo bipolare di tipo I si caratterizza per la presenza di un episodio maniacale, che dura almeno una settimana, caratterizzato da umore euforico, persistente, spesso in appropriato al contesto, durante questo periodo i soggetti presentano un'intolleranza le regole, una tendenza a comportamenti pericolosi, talvolta antisociali, iperattività motoria con ridotta necessità di sonno, logorrea concitata, ipersessualità, impulsività, ostilità e comportamenti aggressivi sia fisici sia verbali. L'episodio maniacale può essere seguito da uno o più episodi ipomaniacali o episodi depressivi maggiori, questi ultimi devono durare più di due settimane e sono caratterizzati da umore depresso, perdita di inte- resse e piacere, insonnia, agitazione o rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, sentimenti di colpa e di autosvalutazione, ridotta capacità di concentrazione, pensieri ricorrenti di morte. Il disturbo bipolare di tipo II si caratterizza per la presenza di un episodio ipomaniacale, che deve durare almeno quattro giorni consecutivi, seguito da episodio depressivo maggiore. 37 grave insoddisfazione per alcune caratteristiche del proprio corpo è un nucleo patologico che sta alla base di numerose malattie psichiatriche ed è una delle cause fondamentali dei disturbi del comportamento ali- mentare. L'ANORESSIA NERVOSA. L'anoressia nervosa, o anoressia mentale, è una grave condizione clinica nota da molti secoli, essa pre- senta una triade di sintomi caratteristici: • Una riduzione dell'assunzione di calorie che determina una significativa e cronica perdita di peso corpo- reo; • Un'intensa paura di aumentare il peso o diventare grassi; • Un'alterazione di come vengono concepiti il peso e la forma del proprio corpo. Sono stati descritti due differenti sottotipi di anoressia nervosa: il sottotipo restrittivo, nel quale la perso- na riduce il peso corporeo esclusivamente attraverso la dieta o l'esercizio fisico eccessivo; e il sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione, caratterizzato negli ultimi tre mesi, da episodi di abbuffate, con comportamenti di svuotamento improprio. A livello genetico si è constatato che la concordanza di anoressia nervosa nei gemelli omozigoti è stimata dal 38 al 55%, mentre nei gemelli dizigote è inferiore all'11%, tre fattori predisponenti individuali si segna- lano il genere femminile e l'età, unitamente ad una storia di sovrappeso e diete. Un aspetto centrale dei disturbi dell'alimentazione consiste nell'avere una scarsa stima di sé è una imma- gine corporea distorta associata a tratti ossessivi di personalità, con un atteggiamento perfezionisti co, e/o disturbi dell'umore; i fattori che fanno precipitare la situazione possono essere episodi di separazione o di perdita, l'esperienza dei cambiamenti del corpo durante la pubertà vissuti come una paura di perdere il controllo e la stima di sé. LA BULIMIA NERVOSA. La bulimia nervosa è stata riconosciuta come un quadro clinico indipendente, può rappresentare una fase evolutiva dell'anoressia nervosa ed è caratterizzata da: • Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive; • Contromisure improprio e ricorrenti per eliminare le calorie assunte; • Percezione di sé come troppo grassa, con paura di ingrassare e ossessiva attenzione al peso. Le persone affette da bulimia nervosa seguono una dieta ipocalorica particolarmente rigida, la paura di aumentare il peso sostiene le contromisure per eliminare le calorie assunte, attraverso l'uso improprio di lassativi, diuretici, attività fisica e digiuno. IL DISTURBO DA ABBUFFATE COMPULSIVE. Il disturbo da abbuffate compulsive è stato identificato come sindrome a sestante, il sintomo principale consiste nella presenza di episodi ricorrenti di abbuffate compulsive che hanno le caratteristiche di un vero e proprio stato alterato di coscienza, che può durare da pochi minuti a diverse ore, durante il quale i pa- zienti non riescono a controllarsi e mangiare enormi quantità di cibo. Le abbuffate vengono in genere in solitudine, non sono collegate alla fame, determinano una sensazione finale penosa di troppo pieno e il disgusto di sé per aver mangiato troppo; il disturbo da abbuffate com- pulsive si associa frequentemente all’obesità. LA DISMORFIA MUSCOLARE. La dismorfia muscolare (anoressia inversa, vigoressia) È caratterizzata dalla preoccupazione, in persone visibilmente muscolose, di essere troppo magre e troppo poco prestanti; l'individuo con dismorfia musco- lare è ossessionato dal fatto che il suo corpo debba essere più muscoloso e asciutto. ORTORESSIA NERVOSA. L'ortoressia nervosa è un quadro psichiatrico caratterizzato dalla ricerca ossessiva di cibo ritenuto sano. Capitolo 40: i disturbi del sonno. LE FASI DEL SONNO. Negli esseri umani con l'approssimarsi del buio si riduce progressivamente il livello di vigilanza, durante il sonno si riduce progressivamente la consapevolezza fino ad una perdita completa della coscienza. Il sonno è suddiviso in vari stadi: • Stadio 1: non appena inizia il sapore, le onde alfa vengono lentamente sostituite da un the meno rapide, con una frequenza di 4-7 cicli al secondo, in questa fase del sonno le persone possono non essere an- cora consapevoli di dormire, se rispondono alle istruzioni verbali commettono grossolani errori, dura in genere alcuni minuti; 40 • Stadio 2: le persone sono inconsapevoli dell'ambiente esterno e sotto le palpebre muovono gli occhi in modo lento e scoordinato, dura in genere una decina di minuti; • Stadio 3: costituisce la prima fase del sonno profondo, è caratterizzato dalla presenza del tracciato EEG di onde lente; • Stadio 4: È visibile una sequenza continua di onde lente di grande ampiezza, in questa fase il sonno molto profondo è il soggetto può essere svegliato con difficoltà, il cuore e del respiro sono lenti e regola- ri, la muscolatura è completamente rilassata; • Sonno R.E.M.: dopo circa 70 minuti dall'addormentamento compaiono i segni di un nuovo tipo di son- no, chiamato sonno paradosso o sono R.E.M. caratterizzato da un tracciato EEG simile alla veglia, rapidi movimenti oculari, paralisi muscolare esclusione dei muscoli oculari e del diaframma. Durante il sonno R.E.M. vi è un consumo di ossigeno da parte del cervello pari alla veglia. Durante la notte, un essere umano adulto presenta 4-5 cicli del sonno di circa 90 minuti. DISTURBI DEL SONNO IN ETÀ EVOLUTIVA. I disturbi del sonno vengono generalmente distinti in tre categorie: • Le dissonnie che comprendono i disturbi delle capacità di iniziare e mantenere il sonno e disturbi da ec- cessiva sonnolenza; • Le parasonnie. • I disturbi del sonno secondario a patologie organiche o psichiatriche. Si definisce insonnia dell'età evolutiva una serie di condizioni nelle quali il bambino abbia una difficoltà persistente nell'iniziare il sonno, nella durata del sonno e nel suo consolidamento, nonostante vi siano adeguate circostanze e opportunità per dormire. Un gruppo ampio ed eterogeneo di disturbi del sonno che colpisce, in genere, i soggetti in età evolutiva sono le parasonnie, di queste i più importanti tipi sono il sonnambulismo, i risvegli confusionali e il terrore notturno. Il sonnambulismo colpisce circa il 14% dei bambini e intorno all'1% dei soggetti adulti, gli episodi di sonnambulismo capitano nella prima parte della notte durante il sonno onde lente, i soggetti, durante lo stato sonnambuli co, si muovono per la casa in maniera automatica, hanno gli occhi aperti e possono par- lare o più spesso mormorare delle frasi o parole incomprensibili, l'indomani mattina non conservano alcun ricordo dell’episodio. Nei risvegli confusionali il bambino non presenta comportamenti di ambulatori, sembra sveglio mai diso- rientato, a volte aggressivo, non risponde alle domande e può parlare in maniera incoerente. Nei terrori notturni il bambino presenta uno stato di risveglio parziale con evidente espressione di paura, non sembra riconoscere i genitori ed è inconsolabile, i terrori notturni capitano nella prima parte della notte e si devono distinguere dagli incubi, che capitano in genere nella terza parte della notte e provocano un vero risveglio del bambino che ricorda i sogni come vividi e paurosi. La narcolessia È una condizione clinica che esordisce nella prima infanzia o nell'adolescenza ed è carat- terizzata dalla presenza di numerosi episodi di microsonno durante la giornata. 41
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