Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Ruolo dei fattori psicosociali nella scelta alimentare, Appunti di Psicologia Clinica

Salute mentale e nutrizionePsicologia della NutrizioneComportamento alimentarepsicologia sociale

L'applicazione della teoria del comportamento pianificato di Ajzen alla comprensione dei comportamenti alimentari e della loro influenza sulla salute. I fattori psicosociali, come credenze, atteggiamenti, percezione delle aspettative normative e percezione del controllo sul comportamento, sono importanti per spiegare una porzione rilevante della varianza comportamentale. La psicologia sociale del cibo è la branca che si occupa dell'impatto di pensieri, sentimenti e comportamenti sulla scelta alimentare.

Cosa imparerai

  • Come la teoria del comportamento pianificato di Ajzen è stata applicata alla comprensione dei comportamenti alimentari?
  • Quali fattori psicosociali sono importanti per spiegare i comportamenti alimentari?
  • Come la teoria del comportamento pianificato di Ajzen spiega i comportamenti alimentari?
  • Come la psicologia sociale del cibo aiuta a comprendere i comportamenti alimentari?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 03/05/2022

michelaint
michelaint 🇮🇹

4.5

(2)

10 documenti

1 / 19

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Ruolo dei fattori psicosociali nella scelta alimentare e più Appunti in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! 1 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora La psicologia a tavola Escluso il capitolo 5 Il cibo è oggi al centro di interesse e attrazione: trasmissioni Tv, guide gastronomiche, turismo. Ciò che accumuna queste tendenze è quello di raggiungere e diffondere una migliore Q nelle scelte alimentari e più in generale un migliore Q del benessere psicofisico che il consumo di cibo è in grado di trasmettere. Com’è possibile direzionare le scelte alimentari verso questo obbiettivo di qualità? Quali sono i fattori che influenzano le scelte alimentari? Le scelte vengono influenzate da aspettative sociali (modelli proposti), dalle linee guida di nutrizionisti, dalle tradizioni. Quindi scegliere non è una semplice questione di gusti, ma una questione socialmente connotata. Per questo motivo, il comportamento alimentare, ha interessato sociologi, antropologi culturali e psicologici, in particolare la psicologia sociale ha contribuito ad una miglior comprensione e spiegazione dei fattori implicati nelle scelte alimentari quotidiane non patologiche. Gli autori adottando un approccio psicosociale, hanno applicato la teoria del comportamento pianificato di Ajzen allo studio empirico conducendo numerosi studi correlazionali e sperimentali, per mostrare come sia possibile, a partire dai fattori di spiegazione previsti da Ajzen ( costruendo sulla teoria dell’ azione ragionata formulata qualche anno prima da Fiscbein insieme allo steso Ajzen), dare conto di una porzione rilevante della varianza comportamentale quando si tratta di comportamenti che hanno implicazioni per la salute come quelli alimentari. I fattori in questione  le credenze,  gli atteggiamenti,  la percezione delle aspettative normative,  la percezione del proprio grado di controllo sul comportamento hanno un’utilità pratica, perché agendo su di essi, gli autori mostrano, che si arriva ad ottenere cambiamenti nei consumi alimentari che costituiscono un rischio per la salute. Una spiegazione del comportamento alimentare che comprenda anche il ruolo fondamentale dei fattori psicosociale è una condizione necessaria per orientare qualsiasi azione di influenza su tale comportamento. La sola educazione alimentare, basata sulla trasmissione di informazioni corrette, benché necessaria, è insufficiente se non accompagnata da obbiettivi di promuovere comportamenti adeguati. La discrepanza che emerge fra la conoscenza ( so che mi farebbe bene) e il comportamento ( mangio ciò che mi fa male) è colmata da processi psicosociali attraverso cui alcuni comportamenti diventano pregnanti e significativi. Capitolo 1: Psicologia sociale e comportamento alimentare Il cibo riveste un ruolo importante in molteplici modi nella vita di ciascuno di noi. Nutrirsi è ovviamente necessario per il sostentamento, ma il cibo è molto più di questo: il rapporto con il cibo è piacevole e spesso è una fonte di sollievo dallo stress di ogni giorno. Le nostre scelte alimentari sono un modo per presentarci agli altri. LA PSICOLOGIA SOCIALE DEL CIBO Per Allport, la psicologia sociale è “l’indagine di come i pensieri, i sentimenti e i comportamenti degli individui sono influenzati dalla presenza affettiva, immaginata o implicita degli altri. Oggetto d’analisi della disciplina sono i comportamenti di varia natura, sebbene i comportamenti siano spesso utilizzati per inferire pensieri, sentimenti, credenze, atteggiamenti, intenzioni e obiettivi. La cognizione sociale (social cognition) costituisce un approccio importante all’interno di questa disciplina e riguarda il modo in cui le persone attribuiscono un significato alle situazioni sociali. L’approccio concentra l’attenzione sulle cognizioni dell’individuo e le conseguenti risposte in specifiche situazioni del mondo reale. Per esempio, l’approccio socio-cognitivista alla comprensione della scelta alimentare si focalizza sulle cognizioni che intervengono tra la percezione di un certo cibo e la decisione di mangiarlo o no. Molte ricerche in questo campo tentano di spiegare e predire il comportamento in base al possesso di certe cognizioni. La psicologia sociale del cibo è l’applicazione dei principi della psicologia sociale alla comprensione di comportamenti legati all’alimentazione. Si occupa dell’impatto di pensieri, sentimenti e comportamenti sulla scelta alimentare. È interessata a capire come la nostra 2 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora interazione con gli altri e il nostro ambiente sociale possono influenzare quali cibi mangiamo e in che quantità. Molti dei lavori di ricerca condotti da una prospettiva socio-cognitivista si possono distinguere in due categorie: 1. Quelli interessati a capire come l’individuo dà un senso ai comportamenti degli altri (percezione interpersonale) 2. Quelli incentrati sul modo in cui l’individuo presenta sé stesso (autoregolazione). I processi di autoregolazione possono essere definiti come “processi mentali e comportamentali attraverso i quali le persone manifestano le proprie concezioni di sé stessi, rielaborano le proprie condotte o trasformano l’ambiente, in modo da ottenere risultati in linea con le proprie percezioni di sé e con i propri obiettivi”. Comporta la definizione di obiettivi, la preparazione cognitiva necessaria a perseguirli e la progressiva azione di monitoraggio e valutazione delle attività volte a raggiungerli. Si distinguono due fasi: a. Motivazionale: ponderazione di incentivi e aspettative, al fine di scegliere tra gli obiettivi e le azioni conseguentemente richieste b. Volitiva: pianificazione e azione necessaria al raggiungimento della meta Entrambe le fasi sono importanti nel processo di cambiamento del regime alimentare. I METODI DI RICERCA UN PSICOLOGIA SOCIALE I metodi della psicologia sociale possono essere distinti in due categorie: 1. Metodi sperimentali: sono caratterizzati dall’analisi della relazione tra una o più variabili indipendenti, che vengono manipolate dallo sperimentatore, e una variabile dipendente. Tutte le altre fonti di influenza sono tenute costanti o controllate. I partecipanti sono assegnati casualmente al gruppo sperimentale e al gruppo di controllo. Il primo riceve la manipolazione che fa variare la variabile indipendente, mentre il gruppo di controllo non riceve alcuna manipolazione. Sono studi per la maggior parte condotti in laboratorio, anche se ci sono anche esperimenti nel mondo reale. Tuttavia gli esperimenti sul campo non assegnano i partecipanti in modo casuale alle condizioni sperimentale. 2. Metodi correlazionali: ci si focalizza sulla relazione tra due o più variabili, solitamente in contesti reali. Si misurano entrambe le variabili in un campione di individui e si quantifica la relazione tra esse. Per quanto riguarda l’affidabilità e la validità, i due metodi hanno caratteristiche complementari. Gli esperimenti di laboratori tendono ad avere un’alta validità interna ma sono più dubbi riguardo la validità esterna. I metodi correzionali invece hanno alta validità esterna ma bassa validità interna. Infatti la direzione casuale potrebbe essere rovesciata o potrebbe esserci una terza variabile che influenza la correlazione tra le altre due. La validità temporale riguarda il grado in cui i risultati possono essere replicati in diversi momenti e la validità ecologica il grado in cui possono essere replicati su campioni o in luoghi diversi. Quando metodi differenti conducono a spiegazioni simili, allora si può confidare nei risultati. MODELLI GENERALI DI SPIEGAZIONE DELLE SCELTE E DELLE PREFERENZE ALIMENTARI I primi tentativi classificano i fattori di influenza in tre categorie: 1. Fattori fisici: zona geografica, stagione, economia… 2. Fattori sociali: religione, classe sociale, educazione alimentare, pubblicità… 3. Fattori fisiologici: ereditarietà, allergie, bisogni nutrizionali… Concezioni più recenti distinguono altre tre tipologie di influenze: 1. Fattori legati al cibo: riguardano la composizione fisica del cibo. Il cibo influisce tramite tre possibili vie: a. Caratteristiche sensoriali: l’aspetto, il sapore e l’odore del cibo non sono considerati universalmente gradevoli o sgradevoli. Dipendono dalla cultura di appartenenza e dalle preferenze individuali b. Effetti fisiologici: le proprietà fisiche o chimiche di un cibo hanno un’influenza sulla scelta e il consumo nei successivi episodi alimentari, tramite gli effetti post- ingestione. Mediante l’esperienza, le persone imparano quali sono le conseguenze dell’assunzione dei diversi alimenti e basano così le loro successive scelte alimentari su caratteristiche apprese come associate a particolari effetti. 5 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora forniscono prove empiriche a sostegno di questa affermazione. La neofobia riguarda l’evitamento dei cibi nuovi, cosa che rappresenta un problema soprattutto da bambini. Tuttavia, l’esposizione ripetuta a cibi nuovi aumenta la preferenza dei bambini per quei cibi. È anche vero che gli atteggiamenti verso certi cibi sono appresi tramite l’imitazione di ciò che i nostri genitori fanno (modellamento). Inoltre, anche tra i bambini piccoli, l’approvazione sociale è un modo attraverso il quale si può incoraggiare il consumo di alimenti nuovi: le preferenze per i cibi nuovi crescono se i bambini vedono i loro pari che scelgono di mangiarli. Anche l’atteggiamento dei genitori influisce: dare un cibo mantenendo un modo di fare amichevole è diverso che ricompensare un bambino per farlo mangiare cibi che non gli piacciono e nel secondo caso il bambino ha una riduzione del gradimento per quei cibi. LE INFLUENZE PSICOLOGICHE Sembrerebbe dunque che i processi fisiologici esercitino un impatto indiretto sul comportamento. Le variabili psicosociali, come gli atteggiamenti, permettono di individuare le determinanti più prossime della scelta alimentare. Tramite studi sistematici sul comportamento animale, sono stati formulati due modelli della scelta alimentare:  La legge della corrispondenza di Herrnstein  parte dall’idea che gli animali (non umani ed umani) cercano di massimizzare il loro successo nell’ottenere cibo. Studi sui piccioni hanno dimostrato che se un piccione viene ricompensato quando becca due volte il pulsante rosso e una quello blu è più probabile che becchi quello blu. Ne deriva una equazione, che deriva dalla presenza di due rinforzi potenziali: a. a. l’ammontare del rinforzo (valore intrinseco) b. e l’intervallo di tempo trascorso prima di ricevere quel rinforzo. Il numero di volte che viene scelto un particolare cibo è determinato dalla dimensione del rinforzo e dal tempo di attesa necessario ad ottenerlo. Pur essendo un modello utile, è incompleto: le scelte alimentari degli esseri umani sono raramente così nette e flessibili.  La teoria del foraggiamento ottimale  la scelta alimentare dipende dal tentativo di conseguire la massima resa con la minima spesa. Gli animali (umani e non) tentano di massimizzare i benefici e ridurre i costi. La teoria prende in considerazione: a. La quantità di sforzo richiesto per preparare la preda in modo che sia pronta per essere consumata b. L’energia netta ricavata Il cibo scelto è quello che restituisce il miglior rapporto. Tuttavia non si ritiene etico verificare la teoria direttamente sugli esseri umani perché bisognerebbe manipolare l’ingestione del cibo e il consumo di energia. Entrambi i modelli permettono di predire efficacemente il comportamento animale, ma non quello umano. Tuttavia entrambi si riferiscono solamente a un insieme ristretto di potenziali influenze sulla scelta alimentare e si basano sul calcolo dei costi e dei benefici effettivi. Al contrario, gli approcci psicosociali si sono maggiormente interessati ai costi e ai benefici percepiti. Vengono di seguito illustrati i modelli psicosociali del comportamento di presa di decisione che sono stati applicati sul tema della scelta alimentare. LA TEORIA DELL’ASPETTATIVA-VALORE Questa teoria è stata formulata per spiegare la presa di decisione in generale. Si basa sull’assunto che gli individui sono motivati a massimizzare le possibilità che si realizzino conseguenze desiderabili e minimizzare le possibilità di incorrere in conseguenze indesiderabili. La valutazione globale (atteggiamento) deriva dalla probabilità percepita che l’oggetto possieda una serie di attributi chiave ponderata per la valutazione di queste conseguenze. Martin Fishbein, nel suo modello additivo degli atteggiamenti, sostiene che gli individui possono avere molte credenze riguardo a un particolare oggetto, ma soltanto un sottoinsieme di queste sono probabilmente salienti in un determinato momento. Gli atteggiamenti sono determinati dalle credenze salienti sottostanti, calcolate moltiplicando la probabilità percepita del verificarsi delle conseguenze salienti per il valore attribuito a questi particolari risultati. Se l’oggetto dell’atteggiamento è un comportamento (per es seguire una dieta a basso contenuto di grassi), l’individuo potrebbe stimare la probabilità che seguire una dieta a basso credenze comportamen tali atteggiament o credenze normative norma soggettiva intenzione comportamen tale comportamen to 6 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora contenuto di grassi ridurrà il rischio di malattie cardiache, soddisferà il gusto e farà perdere peso, valutando positivamente o negativamente ciascun esito. Il corso d’azione valutato più positivamente sarà quello più probabilmente intrapreso. Questo modello permette di capire il tipo di processi psicologici che influenzano le scelte alimentari. Le ricerche mostrano che l’atteggiamento complessivo di una persona verso l’adozione di una dieta a basso contenuto di grassi sarà determinato dalle conseguenze salienti associate a tale comportamento. Le argomentazioni legate alla salute sono relativamente inefficaci, in confronto al richiamo alla perdita di peso e al gusto delle alternative a basso contenuto di grassi. LA RELAZIONE ATTEGGIAMENTO-COMPORTAMENTO Eagly e Chaiken definiscono un atteggiamento come “una tendenza psicologica che si esprime nella valutazione di una particolare entità con un certo grado di favore o sfavore”, che può essere “manifesta o nascosta, affettiva, cognitiva o comportamentale”. Le ricerche mostrano che gli atteggiamenti manifesti verso il cibo mediano gli effetti della biologia sul comportamento. Una metanalisi di Conner ha mostrato che le correlazioni tra atteggiamenti e i comportamenti di scelta alimentare variano tra il moderato e l’elevato. Gli atteggiamenti sembrano quindi essere forti predittori dei comportamenti alimentari (principio di corrispondenza di Fishbein e Ajzen). Intuitivamente ci si potrebbe aspettare che gli individui che hanno atteggiamenti positivi verso certi cibi li consumino con più probabilità. Ciò non avviene sempre, a causa della presenza di: - Fattori moderatori: come le misurazioni inappropriate e la forza dell’atteggiamento - Variabili mediatrici: l’effetto degli atteggiamenti sul comportamento sarebbe in realtà indiretto perché filtrato da altre variabili Il principio di corrispondenza trae origine dall’osservazione del fatto che gli atteggiamenti sono particolarmente predittivi del comportamento quando le due misure sono corrispondenti in termini di azione, oggetto, tempo e contesto. Dunque, per massimizzare la relazione tra atteggiamento e comportamento si devono misurare entrambe le componenti a un livello simile di specificità. Non sempre item troppo specifici risultano utili, quindi tramite il principio di corrispondenza si possono spiegare comportamenti più generali sottolineando il fatto che non è tanto importante il livello di specificità, ma è la corrispondenza tra le misure che conta. Quindi un atteggiamento generale dovrebbe essere più predittivo, rispetto a un atteggiamento specifico, di una misura generale del comportamento. Le ricerche mostrano che di solito gli atteggiamenti spiegano meglio comportamenti specifici piuttosto che classi più generali di comportamenti o scopi. Fishbein e Ajzen suggeriscono anche la presenza di un legame indiretto tra atteggiamenti e comportamenti, proponendo l’intenzione comportamentale come variabile mediatrice. Essa corrisponde alla motivazione richiesta per mettere in atto un determinato comportamento: quanto maggiore è l’intenzione, tanto più la sua attuazione sarà probabile. Vi è dunque l’idea di un nesso causale tra le credenze comportamentali salienti, gli atteggiamenti, l’intenzione e il comportamento. Le ricerche confermano parzialmente l’ipotesi. LA TEORIA DELL’AZIONE RAGIONATA (TRA) Secondo la TRA di Fishbein e Ajzen, le componenti alla base del processo sono: - Credenze comportamentali, che determinano gli atteggiamenti - Credenze normative: percezione di pressione sociale proveniente da altri significativi, che vanno ponderate per la motivazione dell’individuo ad adeguarsi alle aspettative di queste persone di riferimento. Determinano le norme soggettive: percezioni della pressione sociale generale a mettere in atto o no un certo comportamenti. Insieme, queste componenti influenzano l’intenzione comportamentale e di conseguenza il comportamento. Numerose applicazione della teoria dell’azione ragionata alla scelta alimentare hanno convalidato questo modello. Eppure, Ajzen afferma che la teoria fu proposta per spiegare i credenze comportamen tali atteggiament o credenze normative norma soggettiva intenzione comportamen tale comportamen to credenze sul controllo percezione di controllo comportamen tale 7 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora comportamenti volontari semplici, quindi il controllo che si può esercitare su di essi è relativamente poco importante. LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO (TPB) Estende la teoria del comportamento pianificato introducendo una misura della percezione di controllo comportamentale, come determinante sia dell’intenzione sia del comportamento. Mantenendo costante l’intenzione, la percezione di un maggiore controllo aumenterà la probabilità che il comportamento venga attuato con successo. Inoltre, nella misura in cui la percezione di controllo riflette il controllo effettivo, essa influenzerà direttamente il comportamento. La percezione di controllo è collocata come una terza determinante dell’intenzione. Le credenze salienti relative al controllo determinano queste percezioni globali di controllo. Esse sono date dalla percezione della frequenza di intervento di fattori che facilitano o ostacolano il comportamento in questione, moltiplicati per la percezione del potere che questi fattori hanno di facilitare o ostacolare tale comportamento. La teoria del comportamento pianificato è stata applicata alla spiegazione delle intenzioni comportamentali nell’ambito della scelta alimentare e le ricerche mostrano che essa spiega tra il 33 e il 47% della varianza nelle intenzioni di aumentare il consumo di frutta e verdura, con l’atteggiamento come predittore dominante, seguito dalle norme soggettive e dalla percezione di controllo comportamentale. Resta il problema della desiderabilità sociale: la TPB spiega una quota notevolmente maggiore di varianza del comportamento riportato dagli intervistati rispetto a quello misurato oggettivamente. Inoltre, spiega una proporzione notevolmente maggiore di varianza nei comportamenti alimentari specifici rispetto a quelli globali. Inoltre, per spiegare comportamenti più articolati sono necessari modelli più complessi. Ajzen afferma che la sua teoria è aperta all’inclusione di nuove variabili, così gli psicologi sociali hanno mosso alcune proposte: - L’identità: corrisponde alle caratteristiche relativamente stabili che le persone attribuiscono a sé stesse (Sparks). Ricopre un significato motivazionale, perché gli individui cercano di mettere in atto quei comportamenti che contribuiscono a mantenere il loro senso del Sé. Ci sono due spiegazioni a questa relazione: a. Le persone sono più motivate dal bisogno di mantenere il senso del Sé piuttosto che dagli atteggiamenti o dalla pressione sociale, quindi l’attuazione ripetuta di un comportamento sviluppa il proprio concetto di sé. b. Gli individui sono motivati a comunicare i loro valori e la loro identità agli altri. - Il bisogno percepito: gli individui potrebbero avvertire il bisogno di cambiare regime alimentare. Questo costrutto è strettamente legato all’intenzione Alcune ricerche hanno indagato gli effetti di moderazione: - La stabilità temporale: alcuni atteggiamenti possono essere stabili nel tempo e quindi più predittivi del comportamento - Discrepanza tra cognizione e azione: le intenzioni di implementazione sono importanti nell’assicurare che cognizioni come le intenzioni siano tradotte in azione. Esse sono piani che assicurano che le decisioni siano concretizzate, specificando le condizioni in cui un certo comportamento sarà messo in atto. - La forza dell’atteggiamento: gli atteggiamenti più forti sono più predittivi dell’intenzione. Gli atteggiamenti possono essere anche ambivalenti: gli individui possono avere contemporaneamente atteggiamenti positivi e negativi verso un oggetto (caso emblematico è il junk food). È probabile che questi siano gli atteggiamenti meno forti e più soggetti a elementi di persuasione. Spesso atteggiamenti ambivalenti si sviluppano nella contrapposizione tra componente affettiva e cognitiva del cibo (so che fa male ma mi piace). 10 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora - Le componenti non sono operazionalizzate in modo univoco perché non sono chiaramente definite - La prova empirica della validità predittiva è equivoca LA TEORIA DELLA MOTIVAZIONE ALLA PROTEZIONE La teoria della motivazione alla protezione di Rogers è considerata come un’estensione del modello delle credenze sulla salute e infatti hanno in comune alcune variabili chiave. Le radici di questa teoria si possono trovare nei lavori sull’appello alla paura, che dovrebbe indurre le persone ad agire per proteggere se stesse. Nella teoria, il comportamento legato alla salute è determinato dalla motivazione alla protezione: la motivazione a proteggere se stessi. Essa è determinata dalla valutazione della minaccia e dei modi in cui si può rispondere a tale minaccia. La valutazione della minaccia è determinata dalla vulnerabilità percepita e dalla gravità percepita. Tiene quindi conto del comportamento effettivo della persona e valuta se la minaccia è sufficiente per indurre l’azione. Se si avverte una minaccia sufficiente, il processo di valutazione della gestione del problema (coping appraisal) determina se si è motivati a proteggere se stessi. Questa valutazione si basa su tre tipi di informazioni: 1. Efficacia della risposta: L’utilità percepita delle risposte 2. Costo della risposta: costi e benefici associati alla risposta 3. Autoefficacia: fiducia nella propria capacità di mettere in atto il comportamento Due studi in particolare hanno fornito buone prove a sostegno della validità predittiva di questa teoria: aumentare. La percezione di vulnerabilità dovrebbe provocare un aumento delle probabilità di cambiare regime alimentare. Le critiche mosse al modello sono sovrapponibili a quelle del modello delle credenze sulla salute. Inoltre, la validità predittiva è modesta e le determinanti più prossime del comportamento sono in realtà quelle associate con la teoria del comportamento pianificato. LA TEORIA SOCIO-COGNITIVA La teoria di Bandura è conosciuta soprattutto per il costrutto dell’autoefficacia. L’idea che maggiore è la fiducia nella propria capacità di seguire una dieta sana, più è probabile che si concretizzi questo comportamento. La teoria socio-cognitiva include anche misure delle conseguenze attese che sono simili alle credenze comportamentali. L’autore distingue: - Conseguenze situazionali attese: si basano sulla percezione che alcune conseguenze sono determinate dall’ambiente e quindi fuori dal controllo personale - Conseguenze attese dell’azione: legate alla credenza che le proprie azioni siano strumentali a un particolare risultato La teoria prevede che i comportamenti vengano messi in atto se si percepisce di poterne controllare le conseguenze, se ci si aspettano pochi ostacoli esterni e se si ha fiducia nelle proprie capacità. Questa teoria si è dimostrata un utile predittore di comportamenti legati alla salute e delle intenzioni comportamentali. Tuttavia, è stata raramente applicata al cambiamento dietetico, mentre molte ricerche si sono concentrate sull’autoefficacia. I risultati delle ricerche hanno mostrato che l’autoefficacia relativa all’azione (fiducia nella capacità di mettere in atto il comportamento), le conseguenze attese e il rischio percepito sono predittivi delle intenzioni e dell’autoefficacia relativa al coping (fiducia nella capacità di mantenere il comportamento), le quali a loro volta erano predittive del comportamento successivo. IL MODELLO TRANSTEORETICO DEL CAMBIAMENTO Il modello transteoretico di Prochaska e DiClemente è stato progettato in una prospettiva che procede dal basso verso l’alto: al di là del tipo di terapia o di problema che le persone affrontano, il cambiamento implica sempre il passaggio attraverso fasi di cambiamento simili: 1. Precontemplazione: gli individui non progettano di cambiare 2. Contemplazione: le persone pensano di cambiare ma non hanno ancora fatto nulla 3. Preparazione: hanno l’intenzione di passare all’azione 4. Azione: concretizzazione del cambiamento 5. Mantenimento: stanno mettendo in atto il comportamento da sei mesi o più Esistono anche altri due gruppi di variabili: - Processi del cambiamento: dieci strategie che le persone adottano per passare da una fase all’altra. Si distinguono processi esperenziali (modi per avanzare nel cambiamento: presa di coscienza, momento drammatico, rivalutazione dell’ambiente, rivalutazione di sé, liberazione sociale) e comportamentali (modi per prevenire le 11 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora ricadute: controcondizionamento, relazioni di aiuto, autoliberazione, gestione del rinforzo, controllo dello stimolo) - Mediatori del cambiamento: I ricercatori si sono concentrati soprattutto sull’autoefficacia e sul bilancio della decisione, considerati gli elementi che influenzano maggiormente il comportamento. Mediando gli effetti dei processi di cambiamento sul comportamento, possono essere considerati predittori del passaggio da una fase a un’altra. Il bilancio della decisone si riferisce ai pro e i contro che le persone generano mentalmente quando riflettono se mettere in atto un determinato comportamento oppure no. Quando il numero dei pro supera il numero dei contro è probabile che si agisca in direzione dei pro. Tale concetto è vicino a quello di ambivalenza. Le ricerche suggeriscono che l’aumento della sensazione di autoefficacia o il numero dei pro promuovono il cambiamento dietetico, tuttavia non si tratta di analisi longitudinali quindi non si può sapere se il cambiamento è rimasto stabile nel tempo. Inoltre, gli studi non hanno evidenziato il passaggio da una fase all’altra. Strategie pratiche, come le intenzioni di implementazione, potrebbero svolgere un ruolo chiave all’interno di questo modello, i cui effetti potrebbero rispecchiare quelli ottenuti mediante interventi su misura. INTERVENTI PERSONALIZZATI (TAILORING) E CENTRATI SUL BERSAGLIO (TARGETING) Si considerano interventi centrati sul bersagio (targeted) quelli che sono stati progettati per un sottogruppo particolare della popolazione sulla base di caratteristiche condivise dai membri di tale gruppo. Invece, gli interventi programmati personalizzati (tailored) sono finalizzati a raggiungere una persona specifica, sulla base di caratteristiche uniche di quella persona, derivanti da una valutazione individuale. Solitamente, i tailoring sono intensivi, costosi e rivolti soltanto a persone ad alto rischio. Essi sono stati efficaci nel cambiare l’alimentazione delle persone. I targeting sono invece di solito meno dispendiosi e intensivi ma anche meno efficaci. È più probabile che le persone prestino attenzione, ricordino e trovino più personalmente rilevanti le informazioni fornite su misura rispetto a quelle standard. Inoltre, queste informazioni riescono a motivare le persone a cambiare la loro dieta. Il problema degli interventi a valle è che i materiali impiegati inevitabilmente impongono esigenze che non sempre sono controllabili sperimentalmente. Infatti, spesso non è chiaro cosa produca l’efficacia dell’intervento: generalmente i partecipanti a questi interventi, rispetto al gruppo di controllo, ricevono più attenzioni, informazioni e feed-back, cose che già di per sé potrebbero produrre cambiamento. Alcuni autori hanno sviluppato interventi minimi per indagare gli effetti della personalizzazione: per esempio, dopo aver fatto le analisi del sangue, ricevere suggerimenti per migliorare i livelli del colesterolo piuttosto che non avere nessun riscontro. Sembra che siano interventi efficaci, poiché aumenta la vulnerabilità percepita e incoraggia le persone nella fase di pre- contemplazione di prendere in considerazione un cambiamento della dieta. PROMUOVERE IL CAMBIAMENTO DEL REGIME ALIMENTARE INFORMAZIONI SUI RISCHI PERSONALI E APPELLO ALLA PAURA Fornire alle persone informazioni sui propri rischi personali potrebbe essere un modo efficace per cambiare il loro comportamento. Infatti, la percezione di minaccia (cioè vulnerabilità e gravità) è una determinante del comportamento. Ci sono due spiegazioni possibili: - Le informazioni relative ai rischi personali inducono paura: Fornire alle persone feedbacks personali negativi, o indurle alla paura, potrebbe essere sufficiente per incoraggiarle a cambiare. Un appello alla paura è tanto più persuasivo quanto più forte è la paura da esso suscitata, ma è particolarmente efficace se è accompagnato da un messaggio finalizzato a sollecitare un senso di autoefficacia. - Le informazioni relative ai rischi personali sfidano le distorsioni ottimistiche: le persone sottostimano le loro probabilità di imbattersi in eventi negativi e al contrario sovrastimano la probabilità che accada loro qualcosa di positivo. Potenzialmente, fornire loro feedbacks personalizzati potrebbe neutralizzare la tendenza alle distorsioni ottimistiche e incoraggiare così gli individui a cambiare il loro comportamento. CAMBIARE GLI ATTEGGIAMENTI 12 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora Mentre la teoria del comportamento pianificato indica cosa fare ma non come farlo (modificare le credenze di base per cambiare il comportamento), il modello della probabilità di elaborazione (ELM) di Petty e Cacioppo offre delle risposte. Gli autori su basano sul modello della risposta cognitiva di Greenwald: le persone sono tanto più persuase da una comunicazione persuasiva quanto più pensano a tale comunicazione. Più il messaggio veicola pensieri rilevanti per il tema in questione, più è probabile che i riceventi cambino le loro opinioni. Per Petty e Cacioppo queste risposte cognitive sono un’elaborazione degli argomenti rilevanti e sostengono che, se gli individui sono sufficientemente motivati e generano pensieri che vanno nella stessa direzione del messaggio, allora saranno persuasi. È quindi più probabile che la gente sia persuasa da argomentazioni forti piuttosto che da argomentazioni deboli. Questo è quello che gli autori chiamano percorso centrale. Tuttavia, non sempre siamo motivati a elaborare i messaggi a questo livello di profondità e concentrazione, quindi viene proposta una seconda strada per giungere alla persuasione, il percorso periferico: a diventare persuasivi sono altri fattori che non hanno niente a che fare con le argomentazioni presentate (status della fonte, lunghezza delle argomentazioni…). Alla elaborazione periferica può essere dovuto il fatto che le campagne che impiegano mass media hanno talvolta successo nel cambiare il comportamento della gente. Inoltre, è probabile che i messaggi personalizzati accrescano la probabilità di elaborazione centrale del messaggio. Tuttavia non ci sono prove empiriche a sufficienza. AUMENTARE L’AUTOEFFICACIA Bandura illustra tre processi per aumentare l’autoefficacia: 1. Padronanza personale: comporta il raggiungimento di sotto-obiettivi 2. Modellamento: osservare altre persone e imparare dal loro successo 3. Apprendimento di tecniche di rilassamento allo scopo di saper controllare le sensazioni di agitazione e ansia. CONCLUSIONI Sono al momento troppo poche le ricerche condotte nel quadro dei modelli presentati e finalizzate a predire o a spiegare il comportamento dietetico. Forse è più importante osservare che probabilmente i benefici rilevanti per la salute si accumulano e hanno effetto in un periodo di tempo relativamente lungo. Molti modelli si concentrano sull’avvio del comportamento, trascurando il mantenimento. Inoltre, i benefici positivi ottenuti nel lungo periodo sono meno salienti di quelli ottenuti nel breve periodo, per questo è difficile mantenere un regime alimentare sano per lunghi periodi e la gente preferisce impegnarsi in cicli di tentativi periodici. Capitolo 4: Controllo del peso e disturbi del comportamento alimentare L’IMPORTANZA DEL CONTROLLO DEL PESO Il controllo del peso è il risultato dell’equilibrio tra calorie ingerite e consumate. Si può avere: - Bilancio energetico positivo: si ingerisce un maggior quantitativo di calorie rispetto a quelle che si consumano. Ha come risultato l’aumento di peso. - Bilancio energetico negativo: si consumano più calorie di quelle che si ingeriscono. Il risultato sarà la perdita di peso. Il corpo umano assicura un equilibrio tra calorie assunte e quelle utilizzate, cioè mantiene l’omeostasi energetica, mediante segnali ormonali e neurali che influenzano la dimensione dei pasti. Tuttavia, le condizioni ambientali possono rendere inefficaci questi meccanismi fisiologici e dar luogo a un equilibrio energetico positivo o negativo. Un bilancio energetico negativo è raro e difficile da mantenere. Ci sono diverse definizioni di peso corporeo. Una misura comune è l’indice di massa corporea IMC o BMI: il rapporto tra il peso dell’individuo (in kg) e il quadrato della sua altezza (in m). Sottopeso >18,5 Normopeso Tra 18,5 e 25 Sovrappeso Tra 25 e 30 Obesità moderata Tra 30 e 35 Obesità grave Tra 35 e 40 Obesità molto grave <40 15 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora probabilmente messo in pratica solo quando tutti e tre i processi valutativi hanno esito positivo e sostengono il comportamento. Le ricerche indicano l’importanza di una serie di fattori cognitivi nel controllo del peso. Una forte intenzione a controllare il proprio peso è rilevante, ma solo in quanto fornisce la motivazione ad impegnarsi in comportamenti di controllo del peso. L’autoefficacia è particolarmente importante sul piano comportamentale. Queste variabili, tuttavia, ci dicono poco riguardo la probabilità di mantenere questi comportamenti nel tempo. in ciò potrebbero avere un ruolo le intenzioni stabili, la stabilità del senso di autoefficacia e tratti di personalità come la coscienziosità. Il modello della prevenzione della ricaduta e il modello transteoretico del cambiamento considerano il mantenimento del cambiamento e sottolineano che la decisione di iniziare un comportamento e quella di mantenerlo possono dipendere da fattori diversi. L’approccio di Schwarzer del processo di azione salutare offre una spiegazione del modo in cui l’autoefficacia potrebbe influenzare il mantenimento di un comportamento. Il mantenimento efficace dipende dalla realizzazione di un piano d’azione che include una serie di abilità cognitive e comportamentali che aiutano le persone a superare i cali nel comportamento e quindi prevengono le ricadute. Rothman suggerisce che le decisioni di iniziare e mantenere un comportamento si basano su aspettative riguardanti il risultato. L’inizio del comportamento è un comportamento di avvicinamento, mentre il mantenimento è un comportamento di evitamento. La decisione di mantenere il comportamento dipende soprattutto dalla soddisfazione percepita a proposito dei risultati già ottenuti. I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE L’ANORESSIA NERVOSA È un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dall’inflessibile ricerca della magrezza per cui l’individuo si autocondanna all’inedia, anche fino alla morte. Sono in genere persone di sesso femminile, di classe sociale medio-alta o alta. Le caratteristiche dell’anoressia comprendono uno scarso consumo di cibo, ma senza perdita di appetito. Caratteristica impressionante è la negazione della propria magrezza e una inspiegabile paura di prendere peso. È un disturbo determinato da molteplici elementi, tra cui la pressione sociale. Numerose prove empiriche affermano inoltre l’esistenza di basi genetiche, basate sul sistema neuroendrocrino. Inoltre un peso rilevante svolgono i fattori psicologici (tentativo di affermare la propria identità ed esercitare il controllo, tratti di personalità come il perfezionismo…). Esistono due tipi di terapie: - Produzione di un rapido aumento di peso per gli individui in stato di pericoloso sottopeso con utilizzo di alimentazione forzata, terapie farmacologiche e comportamentali. - Mantenimento o prolungamento dell’aumento di peso nel corso di un periodo di tempo più lungo, che ha luogo in genere in ambiente ambulatoriale, mediante terapie individuali, di gruppo e familiari o gruppi di autoaiuto. Le terapie familiari sono molto efficaci soprattutto nei pazienti con insorgenza precoce del disturbo. Pochi anoressici si ristabiliscono nel giro di 2 anni, circa un terzo impiega 3 anni. Il 50% guerisce definitivamente, il 30% è soggetto a ricadute, il 10% presenta problemi cronici e un restante 10% muore. LA BULIMIA NERVOSA È definita come un’alimentazione incontrollata ricorrente, accompagnata da una sensazione di mancanza di controllo sull’azione di mangiare, seguita da comportamenti purgativi e una persistente ed esagerata preoccupazione legata alla forma fisica e al peso. Le abbuffate si verificano in genere una volta al giorno e consistono nell’ingerire in media 4800 calorie. Lo svuotamento può prevedere diverse forme (vomito, lassativi…). Sono in genere donne giovani (20 anni circa). Le abbuffate producono molta ansia e in genere avvengono in seguito a situazioni sociali stressanti. Per quanto riguarda le cause, si pensa a delle basi genetiche. Inoltre è molto importante anche l’insoddisfazione riguarda alla propria immagine corporea. Come terapie, si impiegano in genere quelle comportamentali o cognitivo-comportamentali. 16 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora Capitolo 6: Il cibo e l’influenza sociale L’influenza sociale è l’influenza esercitata da una o più persone. Può essere diretta o indiretta; reale, implicita o immaginata; cosciente o inconscia. Le influenze interpersonali sull’alimentazione consistono nel modo in cui le persone che ci stanno intorno influenzano il nostro consumo di cibo, sia mediante la loro presenza fisica, sia tramite i modi in cui ci serviamo del cibo per comunicare con loro. LA FACILITAZIONE SOCIALE Norman Triplett fu il primo a condurre un esperimento di psicologia sociale e a scoprire il fenomeno della facilitazione sociale, che per molto tempo non fu considerato molto, ma fu poi riproposto da Allport: la semplice presenza degli altri può influenzare profondamente il comportamento degli individui. Tuttavia, la mera presenza altrui può anche inibire il comportamento. Zajonc ha sostenuto che i comportamenti semplici sono facilitati dalla presenza di altri, mentre quelli più complessi sono inibiti. La sua teoria del drive prevede che la presenza degli altri produca attivazione e che, in tale condizione, gli individui tipicamente ricorrano a una risposta dominante. Essendo un comportamento semplice, ci si può aspettare che mangiare sia facilitato dalla semplice presenza altrui e in genere le ricerche hanno confermato la tesi: i partecipanti mangiano il 29% in meo se abbinati a un modello a basso consumo di cibo e il 25% in più se abbinati a un modello ad alto consumo. Tuttavia, i risultati possono essere interpretati come la prova del fatto che i partecipanti reagiscono ad una situazione ambigua semplicemente imitando il modello disponibile. Altre ricerche hanno mostrato che più aumentano i commensali, più si tende a consumare più cibo. Dipende anche con chi si mangia: con gli amici si tende a mangiare di più, con estranei di meno, perché si è motivati a dare una buona impressione di sé. inoltre, bisogna segnalare che sono tutte situazioni di laboratorio. La facilitazione sociale del consumo di cibo sembra obbedire alla legge della diminuzione del guadagno: mentre mangiare con una o due persone produce un aumento considerevole dell’ammontare di cibo consumato, quando si raggiunge la quota dei quattro commensali ogni persona in più fa crescere sempre meno tale quantità. Questo corrisponde al secondo principio della teoria dell’impatto sociale di Latanè, la legge psicosociale: la differenza tra 99 e 100 è minore della differenza tra 0 e 1. Ci sono due meccanismi che potrebbero permettere di capire l’influenza della facilitazione sociale sull’alimentazione: - Il tempo: le persone impiegano più tempo a mangiare quando ci sono altre persone - La disinibizione: il controllo cognitivo sull’ingestione di cibo diminuisce in presenza di altri Inoltre, l’influenza sociale può essere: - Diretta: ha lo scopo di persuaderci a fare qualcosa (per esempio campagne pubblicitarie) - Indiretta: non sono deliberatamente volte a persuaderci GLI EFFETTI DELLA PUBBLICITÀ La forza motrice della pubblicità è triplice: - Mantenere e fidelizzare gli attuali consumatori del prodotto - Indurre a cambiare marca passando a quella reclamizzata - Attirare nuovi acquirenti verso nuove classi di prodotti Inoltre, la pubblicità fornisce informazioni relativamente all’uso del prodotto. Mentre gli interventi di promozione alla salute sono indirizzati verso la via centrale, la pubblicità si rivolge alla via periferica. Le principali differenze tra i promotori della salute e i pubblicitari sono: - I costi: la via periferica è in realtà la più dispendiosa, in quanto lavora sull’esposizione ripetuta e sul rinforzo. La promozione della salute si rivolge alla via centrale per vincoli di budget. - Le caratteristiche del pubblico: i promotori della salute si rivolgono a chi è veramente interessato a cambiare, mentre i pubblicitari a chi non è coinvolto direttamente. Il coinvolgimento personale incide sul grado in cui la gente è motivata ad elaborare un 17 Psicolossumendo – Sunti&Riassunti di Dora messaggio persuasivo. In genere, è più facile cambiare gli atteggiamenti di chi non è personalmente implicato. I bambini sarebbero i più vulnerabili alla pubblicità, inoltre le pubblicità che li riguardano trattano in genere di prodotti con alti contenuti di grassi e zuccheri. In effetti sembra che queste pubblicità influenzino il consumo di cibi dei bambini, tuttavia non si sa se sia dovuto direttamente all’effetto della pubblicità o ad altri fattori. Le ricerche sugli adulti invece hanno mostrato che, anche se ritengono di seguire una alimentazione sana, non sempre le loro credenze riguardo a cosa sia sano sono esatte. Rispetto all’immagine corporea, il ruolo della pubblicità è duplice: - I media promuovono particolari immagini corporee per entrambi i sessi - L’industria alimentare produce molti prodotti dietetici che vengono promossi tramite la pubblicità Nei paesi industrializzati si assiste all’aumento del consumo di cibi pronti e dei fast food. La comodità e il risparmio di tempo sono i principali fattori che spingono la gente a mangiare questi prodotti. In risposta a questa tendenza è nato nel 1986 in Italia il movimento dello slow food, che stimola la cultura del cibo tradizionale. IL CONSUMO ALIMENTARE COME ATTO COMUNICATIVO Il cibo non dovrebbe essere considerato come un oggetto socialmente inerte (influenzato dalle forze sociali) in quanto svolge una funzione comunicativa unica. Le persone giudicano gli altri sulla base degli alimenti che essi mangiano e spesso scegliamo un certo cibo per comunicare qualcosa di noi stessi. IL GIUDIZIO SOCIALE Il cibo ha un peso come metro per giudicare gli altri. Le ricerche hanno mostrato che alcuni dei più potenti stereotipi sono connessi alla forma fisica. esistono tre somatotipi: - Endomorfo: rotondo e grasso. Percepiti come persone con pochi amici, pigre, trascurate e lente. - Mesomorfo: muscoloso. Percepiti come meno gentili e intelligenti, ma sani, con molti amici, coraggiosi e di bell’aspetto. - Ectomorfo: magro e spigoloso. Considerati più paurosi, intelligenti e puliti. Molti pregiudizi si fondano su attribuzioni di responsabilità: se le persone sono considerate responsabili dei loro risultati negativi, sono soggette a biasimo e stigmatizzazione. Se invece non sono considerate responsabili, ricevono comprensione e sostegno. Si pensa quindi che chi è sovrappeso è responsabile del proprio peso e della propria mancanza di autocontrollo e abnegazione. Inoltre, le persone che mangiano alimenti salutari sono giudicate più morali di chi mangia alimenti che fanno male. Ciò fa riferimento al principio “sei ciò che mangi”. LA PRESENTAZIONE SI SÉ Si hanno buone probabilità di essere giudicati sulla base del cibo che mangiamo o sulla base del cibo che la gente pensa che mangiamo. Il cibo è impiegato per comunicare qualcosa del proprio status ed è stato suggerito che tutte le culture distinguano tra cibi di status alto e basso. I prodotti possono rivestire due funzioni: - Funzione strutturale o utilitaristica: aspetti pratici del prodotto. Riflette il grado in cui il prodotto soddisfa il suo scopo. - Funzione espressiva o legata all’identità sociale: modo in cui possedere quel prodotto ti fa apparire agli occhi degli altri. Riflette il grado in cui il prodotto comunica un valore, un’identità o altre informazioni relative al sé. non tutti i cibi sono in grado di comunicare queste informazioni. Per Miller, Rozin e Fiske, anche la condivisione sociale del cibo rappresenta un’altra forma di comunicazione. Gli autori identificano tre modalità differenti: - La condivisione del cibo: intimità moderata, tipica delle relazioni amicali - Il nutrimento sociale: relazione romantica - La consustazione (quando un altro individuo è stato a contatto con il cibo): aumento della vicinanza e dell’intimità
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved