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Manuale di Sociologia: Identità e Formazione Sociale, Sintesi del corso di Sociologia

La concezione moderna dell'identità sociale, distingue tra diverse teorie sociologiche e analizza i processi di formazione identitaria. L'opera introduce concetti come struttural-funzionalismo, interazionalismo simbolico, identità collettiva, integrazione sociale e sistemica, e teorie di ruolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 27/01/2016

Alessia.Biroccio.
Alessia.Biroccio. 🇮🇹

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Scarica Manuale di Sociologia: Identità e Formazione Sociale e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! MANUALE DI SOCIOLOGIA Identità Nel pensiero filosofico dalla Grecia antica fino al Rinascimento l’uomo era inserito nell’ordine sociale e cosmico, è con la modernità occidentale che nasce l’interrogazione sull’identità. Il cristianesimo conduce l’identità fuori dalle relazioni umane come comprensione di sé, mentre la filosofia moderna inaugurata dal pensiero di Descartes attribuisce al soggetto l’oggettivazione del mondo, la priorità della ragione e la proceduralità della conoscenza, concependolo come identità indipendente. Sarà l’empirismo inglese e nello specifico Locke a parlare di “identità personale” quale coscienza che l’individuo ha di sé che si estende nel passato attraverso la memoria. Si intende dunque per identità la rappresentazione che l’attore sociale ha di sé, quanto l’identità attribuita dagli altri nel tentativo di collocare il soggetto naturale in uno spazio sociale e dunque connessa ai ruoli sociali occupati o alle categorie di età, di genere, di nazionalità e di religione. L’identità individuale è la risposta alla domanda “Chi sono io?”. La riflessione moderna si allontana dalle concezioni essenzialiste che considerano l’identità una entità fissa e data e va viceversa a valutare i processi di formazione identitaria , indagando tre dimensioni fondamentali: le norme sociali e i valori; i criteri di scelta e l’ordinamento delle preferenze dell’attore sociale; i dispositivi di stabilizzazione. In quest’ottica si distinguono tre approcci sociologici che consentono l’elaborazione della nozione di identità: il funzionalismo, l’interazionismo simbolico e la fenomenologia sociale. LE TEORIE DELL’IDENTITA’: distinguiamo lo struttural-funzionalismo di Parsons che concepisce l’identità quale struttura della personalità dell’individuo e la corrente dell’interazionalismo simbolico che invece la considera un processo di interazione sociale e di dialogo che segue delle regole comuni. Nella Teoria di Parsons l’identità si presenta come realizzazione di una coerenza tra autonomia individuale e conformità sociale; viceversa la teoria dell’internazionalismo simbolico distingue l’idea che il soggetto ha di sé dalle immagini di sé che corrispondono ai ruoli e alle rappresentazioni date da altri, nel tentativo di rimandare le differenze, attraverso un’operazione riflessiva, ad una concezione unitaria del Self. Si possono riconoscere dimensioni basilari dell’identità che si ritrovano nel pensiero dei diversi autori e che accomunano le tre prospettive: una dimensione locativa con la quale il soggetto si colloca in un campo simbolico e delinea i territori del Sé, rimanda al processo di identificazione che è una dimensione integrativa che permette all’individuo di connettere le proprie esperienze passate e future in una unità biografica; una dimensione selettiva con cui l’attore sociale dopo aver definito un sistema di rilevanza biografica ordina e sceglie tra le proprie preferenze. Se con la dimensione locativa dunque l’individuo stabilisce una differenza tra Sé e Alter e tra Sé e mondo, con la dimensione integrativa acquisisce la capacità di mantenere temporalmente questa differenza, decretando una continuità del Sé. Le identità collettive sembrano riferirsi ancora una volta a una “dimensione locativa” basandosi su processi di inclusione ed esclusione e a una “dimensione integrativa”. L’interesse sociologico per l’identità collettiva deriva dalla volontà di comprendere i meccanismi e le motivazioni dell’agire collettivo e permette di descrivere i processi di formazione e trasformazione dei gruppi sociali. L’identità personale necessita dell’altro per osservarsi, così, secondo la psicologia sociale, l’identità di un gruppo richiede la presenza di altri gruppi (Tajfel e Frazer), è dal confronto e dalla differenziazione che emerge l’identificazione. In questa distinzione Tajfel riprende la distinzione tra strategie di exit e di voice si assiste ad un tentativo di trasformare gli aspetti negativi del gruppo attraverso la costituzione di nuovi crediti ideologici o tramite l’assimilazione culturale. L’identità diventa un problemamoderno poiché è nella modernità che essa non è più definibile in termini oggettivi e si trasforma in questione soggettiva. L’identità nelle teorie sociologiche moderne: Parsons considera la differenziazione come separazione degli ambiti sociali che nella società pre-industriali risultavano uniti, una complessificazione sociale che non comporta l’erosione di un ordine normativo stabile ed unitario; Gehlen e Riesman legano la moltiplicazione dei codici simbolici ad una struttura sociale segmentata e accentrata, le norme interne ad ogni ambito razionalizzate in riferimento alle loro funzioni. La modernità conduce ad un individualismo strumentale che obbliga il soggetto a impegnarsi per il benessere collettivo, l’auto- realizzazione si fa dovere morale. I principi diventano astratti e generali e questo comporta un aumento della responsabilità personale, rispetto alle società tradizionali in cui il sistema dei valori prescriveva i criteri di scelta dell’individuo. Individuo-società nello struttural-funzionalismo di Parsons: la teoria struttural- funzionalista di Parsons che si afferma tra gli anni 30 e gli anni 60 del secolo scorso ripensa il rapporto tra individuo e società come un continuum dove ad un estremo si colloca la società e dunque il sistema sociale e dall’altro l’individuo la cui azione avviene in conformità al mantenimento del sistema. Parsons parte dalla considerazione che il motore della vita sociale sia il sistema di valori condiviso da una comunità che viene interiorizzato dal soggetto attraverso il processo di socializzazione, diventando il suo sistema della personalità. Il sistema della personalità si compone di 4 sotto-sistemi che si diversificano durante le fasi della socializzazione, ognuno dei quali assolve un compito. Si distingue dunque l’ “Id” che permette l’adattamento, l’ “Ego” con l’incarico del raggiungimento dei fini, il “Super-ego” che coordina norme e ruoli sociali interiorizzati e l’ “Identità” che controlla gli altri settori della personalità e permette di dare senso a questi passaggi volti alla realizzazione dell’attore sociale (identità è la più importante a cui le altre fanno riferimento). Il funzionalismo parsonsiano non nega la libertà di scelta dell’attore sociale, ma la considera un elemento funzionale del sistema. Se mutano i contenuti del vivere sociale che l’identità organizza, questa, in qualità di sistema di significati, rimane immutata. L’interazionismo simbolico si manifesta nel primo 900 nella Scuola di Chicago per opera di Blumer. Blumer dice che l’azione degli uomini avviene nei confronti delle cose e in relazione al significato che essi attribuiscono a queste; che il significato assegnato agli oggetti è un prodotto sociale derivato dall’interazione tra i soggetti e dunque è condiviso; che questi significati vengono continuamente ricostruiti attraverso un atto interpretativo dell’individuo. Blumer si sofferma sulla natura dei ruoli sociali e sulla visione situazionale della società, considerata un prodotto della libertà dell’individuo; le teorie di ruolo prendono in considerazione le dinamiche di attribuzione dei ruoli e le tensioni che si verificano quando il soggetto è costretto tra due o più “Me”. In questo secondo indirizzo si inseriscono l’analisi di Stryker sui processi di assunzione e modificazione delle identità di ruolo e l’approccio di Turner che cerca di individuare la possibilità per l’attore sociale di gestire una pluralità di Sé anche in conflitto senza che si verifichino atteggiamenti patologici. Stryker si colloca in una corrente strutturale dell’interazionismo, concependo i ruoli quali insiemi di significati ed aspettative legati ad una determinata posizione sociale, identità che si raggiungono e si trasformano mediante percorsi di consolidamento, socializzazione e conversione. Nella pluralità delle identità sociali considerate come appartenenze a determinate categorie sociali del medesimo soggetto, si evince la “silenza” dell’identità ovvero la rilevanza di una precisa identificazione rispetto alle altre e il conseguente impegno dell’attore sociale in virtù di tale sentimento di appartenenza. Attraverso il concetto di identity standard si elabora un criterio di identità quale insieme di significati che il soggetto associa al ruolo che esercita in uno specifico contesto e momento. A tale proposito Turner distingue tra “concezione di sé” e “immagine di sé”, se dalla prima discende il complesso dei valori e degli ideali che il soggetto identifica come il proprio Io, la seconda è la risultante di un momento particolare e fotografa l’individuo in quell’istante. Le diverse teorie interazioniste conducono allo sviluppo, negli anni 60-70, di approcci come la prospettiva di Goffman. Goffman si distacca maggiormente, rispetto ai teorici dell’interazionismo simbolico, dalla teoria funzionalista dell’identità, considerando l’immagine che l’individuo ha di sé non soltanto un tratto fondamentale per comprendere la situazione, ma anche un fine dell’azione del soggetto. L’attore sociale agisce per confermare l’auto- definizione del Sé, che non deriva dunque dal sistema, ma permette a questo di funzionare. Il soggetto è collocato su di un palcoscenico, impegnato in una coerente recitazione e rappresentazione del Sé che si gioca nella scelta delle maschere da indossare nelle varie scene. L’identità risulta molteplice in relazione ai (Vergemeinshaftug) e società (Vergesellshaftung). La prima designa l’atto sociale unificatore, che si basa sulla sensazione soggettiva dei partecipanti di appartenere ad unmedesimo insieme; la seconda designa l’atto che unifica gli esseri, sulla base di un compromesso o di una coordinazione di interessi, secondo uno schema di razionalizzazione rispetto allo scopo o al valore (Freund). La teoria Parsoniana esprime una contrapposizione nei confronti delle teorie individualistiche e sostiene una visione “ultrasocializzata dell’individuo” . Alla base dell’integrazione sociale vi sono i processi di istituzionalizzazione e socializzazione che pongono in connessione motivazioni individuali e norme culturali della società. L’istituzione è definita come una “unità di struttura sociale di ordine più elevato del ruolo composta da una pluralità di modelli di ruoli inter-dipendenti e di loro componenti”, mentre l’istituzionalizzazione è “un insieme di aspettative di ruolo e delle sensazioni corrispondenti” la cui debolezza conduce all’anomia. Nel modello AGIL di Parsons ogni sottosistema assolve una funzione essenziale per garantire la produzione nel tempo del sistema stesso. Nel quadrante L troviamo le istituzioni che forniscono il modello culturale di base, è la sfera dell’educazione, che ha come istituzioni centrali la famiglia e la religione. Al quadrante I appartengono le istituzioni che producono integrazione sociale, le norme e le leggi della società. Il quadrante G, la cui funzione è il conseguimento dello scopo, riguarda la sfera politica. Il quadrante A, deputato alla funzione dell’adattamento, attiene alla sfera economica. Secondo Simmel la società è il nome con cui si indica l’insieme delle interazioni sociali tra gli individui. Simmel è attento studioso dellamoda “se ognuno si veste come gli piace, invece di ricorrere all’abito ufficiale vigente nel ceto a cui appartiene, ciò appare come un fatto più individuale”. Tra i sociologi di inizio 900, la valutazione positiva del conflitto di Simmel è condivisa dal sociologo statunitense Cooley, che analizza le dinamiche d’integrazione approfondendo lo studio dei gruppi sociali. Cooley distingue tra gruppi primari, che sono ristretti, caratterizzati da legami forti e da un elevato grado di fusione degli individui nella dimensione collettiva. È il caso della famiglia; gruppi secondari, sono le associazioni o i sindacati, sono caratterizzati da un minore grado di identificazione e da unamaggiore libertà dei membri. Contribuiscono a favorire lo sviluppo di forme più ampie di solidarietà, come quella tra i lavoratori. Il conflitto per Marx, Dahrendorf e Coser: Per Marx il conflitto nasce con la divisione della società in classi e cesserà con il suo superamento. L’elemento oggettivo su cui si basa il rapporto di classe è la proprietà dei mezzi di produzione, da cui deriva il potere economico e di conseguenza quello politico e culturale. Per Dahrendorf il conflitto non è un elemento contingente ma un fattore strutturale e ineliminabile della società che è fattore di integrazione e progresso. La teoria di Coser si pone in polemica con lo struttural-funzionalismo e con Parsons che non parla di conflitto ma di tensione e attrito. Al contrario, secondo Coser, il conflitto è un elemento centrale della società, che, a seconda dei casi, può svolgere funzioni negative o positive. Dai primi anni del 900, la Scuola di Chicago pone al centro della propria riflessione le dinamiche di integrazione e devianza dei gruppi marginali nell’ambito metropolitano, evidenziando una sintonia con la sociologia simmeliana. Tra i più importanti studiosi dell’interazione sociale vi è lo psicologo sociale George Herbert Mead, che concepisce l’interazione come luogo di nascita sia del sé sia della società. Goffman “vita quotidiana come rappresentazione”: la società si fonda su una serie di interazioni ritualizzate, in cui gli individui rispettano il ruolo che sono chiamati a svolgere e seguono le regole. L’interazione si svolge all’interno di un frame, una cornice che stabilisce, i ruoli, le gerarchie, i comportamenti da seguire. Ciò non significa che l’individuo recita meramente un copione, senza avere alcun margine di autonomia: vi sono interazioni ritualizzate, come le cerimonie ufficiali, in cui il frame è fortemente vincolante, ed altre come le ralazioni amicali, caratterizzate da unmaggior grado di libertà degli attori. Assumendo il teatro come metafora, Goffman, distingue il momento della messa in scena nella ribalta dove il grado di libertà dell’individuo è limitato dalle prescrizioni del ruolo dal retroscena. La Performance permette di offrire una visione positiva di sé, impressionando favorevolmente il pubblico. La capacità di distanziarsi dai ruoli è positivamente correlata con la varietà dei ruoli assunti. Tale possibilità di distanziamento e quindi di libertà è preclusa agli individui costretti nelle istituzioni totali (come le prigioni e i manicomi), in cui il controllo sugli individui, ridotti a un unico ruolo totalizzante (il carcerato, il pazzo), è assoluto. Questa condizione è testimoniata dalla riduzione o soppressione del retroscena. Goffman afferma che i moderni sistemi carcerari portano l’inidivduo ad una “morte civile”. Giddens forma le dinamiche di integrazione della società nella reciproca interconnessione. Il principio dello strutturazionismo afferma che gli individui non sono riproduttori delle strutture sociali, poiché essi stessi configurano e trasformano le strutture della società. Giddens utilizza il concetto di routinizzazione per indicare il carattere della vita sociale, ovvero i meccanismi tramite i quali gli individui, nel corso della loro attività quotidiana, riproducono la struttura sociale e quello di riflessività per indicare la capacità degli attori di monitorare costantemente le loro azioni. La distinzione tra struttura e sistema sociale permette a Giddens di studiare la prima in termini di relazioni di reciprocità tra gli attori, in un contesto di compresenza, la seconda come reciprocità tra attori o collettività in un contesto di non compresenza, nello spazio e nel tempo. Haberams ha due distinte dimensioni della società: il sistema, i cui media di comunicazione sono il denaro e il potere, è caratterizzato dal prevalere della razionalità strumentale; ilmondo della vita dove la comunicazione avviene attraverso l’azione comunicativa. L’integrazione sociale è una proprietà multidimensionale, che si fonda sulla combinazione di forme d’identificazione e di appartenenza sulle cui basi si innestano dinamiche di cooperazione e di conflitto. Lo Stato-nazione è caratterizzato da una struttura sociale, da una cultura nazionale, da una forma di appartenenza e da una solidarietà nazionale. La Politica del soggetto è la politica dell’individuo che vuole essere attore. Nasce una nuova concezione della democrazia, che pone al centro la categoria dell’azione collettiva nell’ambito dei movimenti sociali e il reciproco riconoscimento, tra gli individui, della loro volontà di individuazione. Un altro contributo alla comprensione delle dinamiche di mutamento nel contesto della tardamodernità è la teoria della società del rischio di Ulrich Beck. Questa prende forma dal momento che la configurazione del mondo naturale e del mondo sociale è definita dalle forze distruttive che scaturiscono dall’intervento umano, sottoforma di effetti non desiderati. Se, nella primamodernità, la questione centrale era la liberazione dell’uomo dai vincoli della tradizione, oggi assume centralità la gestione dei rischi ambientali e sociali prodotti dall’uomo stesso. LAVORO Il lavoro è l’attività tramite la quale l’essere umano trasforma l’ambiente circostante allo scopo di soddisfare le proprie necessità materiali e non materiali. Il lavoro può essere definito come a) una forza applicata volta amutare lo stato di un materiale, di un corpo; b) energie dispiegate al fine di arrecare una qualche utilità. A questa definizione vanno affiancate le elaborazioni sociologiche che indicano con il termine lavoro un’occupazione remunerata quale modalità tramite cui ciascuno trae sostentamento per sé e la propria famiglia e in secondo luogo, l’organizzazione collettiva fatta di regole, istituzioni e attori interagenti tra loro. Marx la forza-lavoro viene retribuita a prezzi di mercato, ma rende all’imprenditore più di quanto effettivamente costa. Perché è l’unicamerce che applicata al processo produttivo crea valore, ossia beni finiti da commercializzare. Questo scarto rappresenta per l’imprenditore il margine di profitto ed è, secondo Marx, il meccanismo alla base della creazione del plusvalore. Welfare è un modello di sviluppo economico e sociale novecentesco basato sull’economia sociale di mercato. Lamodalità organizzativa caratteristica della produzione e che ha consentito l’affermazione e il consolidamento dell’industria è la divisione del lavoro (DdL). Inizialmente la maggior parte della popolazione produceva in proprio per l’autoconsumo, quando poi invece i lavoranti vengono riuniti in un unico ambiente di proprietà di un imprenditore si ha il passaggio, come dice Marx, dallamanifattura eterogenea alla manifattura organica. Inizialmente l’imprenditore doveva avere manodopera specializzata sia nel campo della produzione ma anche se si rompeva qualche macchinario doveva saperlo aggiustare perché l’imprenditore non aveva competenze. Successivamente l’imprenditore ha sviluppato la capacità di organizzare e dirigere il lavoro tanto da potersi permettere manodopera di bassa qualificazione. Con il passaggio al capitalismo si ha un peggioramento delle condizioni di sicurezza lavorativa, solo con l’affermazione dei sindacati operai il lavoratore otterrà un minimo di tutele. Le prime rivendicazioni operaie erano riferite alla retribuzione e all’orario di lavoro, cui presto seguì anche la richiesta di eventuali risarcimenti per incidenti sul lavoro e del diritto di sciopero (lo Statuto dei Lavoratori rispecchia una delle testimonianze più rilevanti). Durkheim ritiene che la DdL favorisca la solidarietà, quel senso di condivisione tra gli esseri umani che si sentono membri di una società. La svolta organizzativa rappresentata da Taylor rispondeva all’esigenza di procedere ad un’ulteriore razionalizzazione della produzione anche per far fronte alle incongruenze, inadempienze e discontinuità di unamano d’opera poco disciplinata e incostante nel suo rendimento. In America si afferma la Scuola delle relazioni umane di Elton Mayo, essa punta alla motivazione e all’impegno dei lavoratori, considerandoli “risorse umane”. La popolazione residente si divide in attiva (forze di lavoro, esercita attività retribuita, autonoma o alle dipendenze di altri, o aspira ad un’occupazione, la fascia è compresa tra i 15 e i 65 anni; e inattiva comprende tutti quelli che non rientrano per scelta o per limiti di età nella prima categoria. Indici del mercato del lavoro (MdL): tasso di attività, ossia il rapporto tra popolazione attiva (occupati + disoccupati) e popolazione totale, questo è il tasso di attività lordo e misura quante persone si propongono sul mercato del lavoro rispetto a tutta la popolazione mentre il tasso di attività netto è ricavato dal rapporto tra popolazione attiva e popolazione in età attiva (15-65 anni); tasso di occupazione, è dato dal rapporto tra popolazione occupata e popolazione totale; tasso di disoccupazione, indica il rapporto tra i senza lavoro e la popolazione attiva. Si è affermata la differenza tra disoccupazione volontaria e involontaria. I disoccupati vanno distinti in: disoccupati in senso proprio, coloro che hanno perso il lavoro; inoccupati, coloro i quali sono alla ricerca di un primo impiego; coloro i quali pur essendo occupati sono alla ricerca di nuova occupazione. La definizione internazionale di disoccupazione include tra i requisiti per essere considerati effettivamente dei senza lavoro la dimostrazione di essere attivamente alla ricerca di un impiego da almeno unmese. Servizi pubblici per l’impiego (SPI) aiutano i senza lavoro a ricollocarsi sul MdL. Responsabilità sociale delle imprese (RSI). Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) pone attenzione alla promozione dell’occupazione, della formazione, delle condizioni di lavoro di vita, sia in materia di retribuzione, orario lavorativo e riposi. Le politiche del lavoro (PL) sono un insieme di misure intraprese dagli Stati e dai Governi volte alla promozione dell’occupazione e a garantire il reddito del lavoratore e della sua famiglia, in considerazione del fatto che l’occupazione è un bene collettivo da tutelare. Le PL sono amministrate da una pluralità di soggetti, pubblici e privati, posti a diversi livelli. Le PL si dividono in passive e attive. Le prime mirano a sostenere il reddito del lavoratore, quelle attive a promuovere l’occupazione con una serie di interventi indirizzati sia ai lavoratori che alle aziende. La PL passiva è rappresentata dall’indennità di disoccupazione, cui il soggetto ha diritto vantando un certo ammontare di contributi accumulato. Oltre a questo in Europa esiste anche la possibilità di un sussidio per i disoccupati di cui è possibile beneficiare dal momento che, esaurita l’indennità ordinaria, l’interessato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Le indennità di disoccupazione sono di diversi tipi: ordinaria, a requisiti ridotti, agricola, edile. L’indennità ordinaria di disoccupazione spetta solo a coloro i quali, purchè non dimissionari, possono vantare una contribuzione previdenziale a questi fini di almeno 52 settimane nel corso dell’ultimo biennio. Dal 2008 (L.247/07) il periodo massimo indennizzabile per i trattamenti di disoccupazione ordinaria è stato elevato a 8 mesi per i soggetti con età inferiore a 50 anni e a 12 per quelli più anziani. Nel caso in cui non ricorrano i requisiti per la disoccupazione ordinaria, ma si dimostra di aver lavorato almeno 78 giorni nel corso del precedente anno solare, si ha diritto all’indennità di disoccupazione con i requisiti ridotti, pari al 30%della retribuzione di riferimento. Altri sostegni al reddito sono la cassa integrazione guadagni ordinaria o speciale (CIG e CIGS) e l’istituto dellamobilità è la procedura relativa ai licenziamenti collettivi e “dota” per 24 mesi gli ex-lavoratori di un’indennità un po’ più parte degli attori sociali, tanto da provocare conflitti all’interno dell’organizzazione. L’organizzazione scientifica del lavoro (Osl) è un metodo di gestione della produzione su larga scala elaborato da Taylor caratterizzato dallo sviluppo della produzione di massa. Il principio cardine sul quale si basa l’Osl consiste nella convinzione che a unmaggiore rendimento corrisponda unmaggiore benessere di tutti i lavoratori. L’applicazione più importante di questa teoria è la “catena di montaggio”. Il Taylorismo è stato criticato dal marxismo che lo ha ritenuto uno strumento di sfruttamento del lavoro operaio. L’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor viene considerata un’ “utopia tecnocratica” poiché la sorveglianza assoluta sul lavoro umano è impossibile. La scuola delle relazioni umane di Mayo afferma che le operaie inserite nel contesto di una nuova esperienza stimolante aumentavano il proprio rendimento lavorativo. Quindi questa scuola, in contrasto con Osl, pone l’accento sulle motivazioni psicologiche e relazionali. Chester Barnard presenta una visione di organizzazione completamente diversa, basata sul concetto di cooperazione, in cui i membri sono motivati a contribuire al perseguimento di uno scopo comune spinti da interessi individuali e/o collettivi. Si oppone aWeber w Taylor. La sua teoria consiste nella capacità di trasformare l’ambiente vitale, e per far questo l’uomo deve superare limiti biologici, fisici, mentali, conoscitivi, sociali. Questi ostacoli possono essere superati attraverso la cooperazione tra più individui. LaHatch individua tre prospettive della teoria organizzativa che si distinguono in un primo approccio modernista, in un secondo di tipo interpretativista- simbolico ed infine in un orientamento postmodernista. La struttura sociale: l’organizzazione è una struttura sociale stabile nel tempo, con dei confini definiti che si basa sulla divisione del lavoro, sulla formalizzazione delle relazioni sociali attraverso norme e procedure. La struttura fisica: l’organizzazione è un sistema aperto che scambia informazioni con il suo ambiente fisico, simbolico e relazionale. La struttura tecnologica: processi organizzativi all’interno di network. La cultura organizzativa: indica i valori che i membri di un dato gruppo condividono, le norme che rispettano e i beni materiali che producono. Le organizzazioni nascono e sopravvivono in contesti culturali. Il potere: si tratta della possibilità che un individuo possa far valere la propria volontà anche di fronte alla resistenza altrui. Secondo Crozier il potere è la capacità di un individui di difendere gli spazi di libertà di scelta, ma anche di rendere la propria condotta imprevedibile agli altri. PARTECIPAZIONE La partecipazione indica una serie di pratiche di coinvolgimento nella società. Si parla di partecipazione in senso forte per indicare il prendere parte all’assunzione di decisioni all’interno di un gruppo, associazione, Stato, avendo la possibilità di concorrere a determinare gli obiettivi della collettività. In senso debole definiamo partecipazione ogni forma di coinvolgimento nelle attività caratterizzanti di un gruppo, Stato, al di là della capacità di incidere sulle decisioni. Il partecipare come “prendere parte” descrive il “coinvolgimento in azioni determinate, un coinvolgimento di tipo decisionale”, mentre la partecipazione intesa come “essere parte” indica una “incorporazione attiva nell’ambito di una solidarietà socio-politica a diversi livelli”. La partecipazione è ha una dimensione strumentale e una dimensione espressiva che contribuiscono a spiegare perché la partecipazione sia caratterizzata da un andamento ciclico: fasi di felicità pubblica caratterizzate dal coinvolgimento politico e sociale, si alternano a fasi di felicità privata. La partecipazione dei cittadini è condizionata dal possesso di risorse (economiche, culturali, sociali), dalle motivazioni (psicologiche, ideali), dalle opportunità a loro disposizione. Esistono 3 tipi di cultura politica: partecipativa (participant), di sudditanza (subject), particolarista (parochial). La Germania è caratterizzata dalla seconda, associa l’obbedienza verso lo Stato a una bassa propensione al coinvolgimento attivo; in Italia è predominante una cultura particolarista, caratterizzata da una sfiducia generalizzata verso le istituzioni e da un ripiegamento nel privato. Barbagli e Maccelli distinguono due tipi di partecipazione: la partecipazione visibile e invisibile: la prima indica quei comportamenti che mirano a influire sulla selezione del personale politico di governo e sulle azioni e/o sono rivolte a conservare o modificare la struttura del sistema di interessi dominante; la partecipazione invisibile indica un coinvolgimento cognitivo, psicologico ed emotivo nella politica, che si esprime nell’informazione politica. Un’altra distinzione è tra partecipazione indiretta (finalizzata a scegliere i rappresentanti o ad incidere sulle loro scelte) e diretta ai processi decisionali. SOCIALIZZAZIONE L’espressione “socializzazione” è stata introdotta per la prima volta da Durkheim. Nell’economia del ragionamento teorico parsonsiano, meglio noto come teoria struttural-funzionalista, la socializzazione è quel meccanismo che mette in collegamento la dimensione macrosociologica della società con quella microsociologica dell’individuo. Per Giddens la socializzazione è il processo attraverso cui ogni bambino diventa gradualmente una persona consapevole di se stessa e in grado di utilizzare efficacemente le capacità specifiche della cultura in cui è nato. Per Berger e Luckman la socializzazione chiama in causa fenomeni micro, cioè riguardanti il singolo individuo, come il problema dell’identità e dell’appartenenza sociale. Secondo Durkheim l’educazione è un insieme di pratiche istituzionalizzate che, trasmettendo alle nuove generazioni competenze, valori e norme di comportamento, garantisce l’ordine sociale e la riproduzione della società nel tempo. Secondo Durkheim l’integrazione sociale si fonda su 3 principi che sono espressione della cultura europea dell’800: la ragione, e quindi la fede nel metodo scientifico rappresenta lo strumento più importante per lo sviluppo della società; questa formamentis tipicamente laica, getta le fondamenta di una certezza assoluta; la morale politica è connessa all’idea laica e positivistica di un progresso lineare, continuo ed è unamorale democratica. Per Piaget la società non è né una somma di attori né un’entità ad essi contrapposta: ma è un sistema di relazioni tra individui. Diverso è anche il suo approccio alla socializzazione che diventa un processo discontinuo dove individuo e collettività costruiscono la condotta sociale intrecciando 3 aspetti interdipendenti: aspetto cognitivo, vale a dire la struttura della condotta che si traduce in regole; aspetto affettivo, che include i valori tramite cui la condotta si motiva; aspetto espressivo, che rappresenta i significanti della condotta vale a dire i segni. Piaget condensa il processo di socializzazione infantile in 4 tipi di trasformazione: la transizione dal rispetto, rispetto reciproco sia tra genitori e bambino sia tra bambini; transizione dell’obbedienza personale al senso astratto delle regole di comportamento; la transizione dall’ateronimia assoluta all’autonomia reciproca e lo sviluppo di sentimenti altruistici; la transizione dall’energia alla volontà e la capacità di scegliere tra dovere e piacere. La socializzazione è un processo che comporta una transizione dall’egocentrismo all’inserimento nella società. Il bambino si adatta all’ambiente e l’adattamento si realizza tramite: assimilazione, che è interiorizzazione di aspetti nuovi in una struttura preesistente; accomodamento, che è la modificazione delle strutture per effetto dell’apparire di nuovi aspetti. Il processo di socializzazione costituisce il legame tra il sistema della personalità, il sistema sociale e il sistema culturale. Wrong critica le teorie di Parsons. La socializzazione primaria e secondaria (ideata da Berger e Luckmann): primaria è la prima fase nella quale un soggetto si imbatte nella società dopo essere venuto al mondo; secondaria è quella che ha a che fare con la progressiva specificazione dei ruoli. La socializzazione anticipatoria è un processo attraverso cui un soggetto interiorizza i valori di un gruppo di riferimento al quale vorrebbe appartenere e si presenta come una condizione intermedia tra la risocializzazione e la socializzazione secondaria. Il processo di socializzazione secondaria non può mai eliminare integralmente i presupposti identitari configurati dalla socializzazione primaria. Secondo Bourdieu la socializzazione è un processo biografico di incorporazione delle disposizioni sociali prodotte dall’insieme dei sistemi di azione ed esperimentate dal soggetto nel corso della sua esistenza. URBANESIMO La città in origine, prima di diventare uno spazio di residenza permanente, è un luogo di riunione, un centro cerimoniale dove gli uomini si ritrovano periodicamente, in particolare per pregare. Weber riflette su 3 tipi di città ideali: la pòlis greca, la città medioevale e la città orientale (per lui la città ideale è quella medioevale che decide autonomamente tenendo conto delle aspettative della collettività e dove c’è razionalismo). L’economia urbana permette di distinguere alcune categorie di città: città-principato, dove produrre per una corte principesca è solitamente la fonte più importante di reddito per gli abitanti; la città di consumatori, sede dei consumi che provengono da rendite fondiarie extraurbane e della produzione industriale; città di produttori, dove l’incremento demografico e i consumi si fondano sul presupposto che nella città abbiano sede manifatture e fabbriche che permettono anche scambi con l’estero; città di commercianti, nella quale la capacità di acquisto degli abitanti dipendono dalla vendita al minuto e dall’esportazione di prodotti locali. Secondo Simmel la città ideale è Berlino, dove si osservano le profonde trasformazioni innescate dal processo di industrializzazione e dai progressi della tecnologia, nel commercio, nelle comunicazioni, nella cultura. L’individuo che vive nelle metropoli sviluppo un privatismo, indifferenza, neutralità. Un meccanismo di autodifesa di fronte alle contraddizioni, agli eccessi, ai rapidi mutamenti della società urbana. Si profila l’individuo blasè: a lui tutto appare uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze; l’individuo flaneur invece passeggia per la città esplorando i luoghi e vive in un rapporto riflessivo con le persone e gli spazi, nel tentativo di sfuggire alle pratiche consumistiche e alla massificazione prodotte dall’economiamonetaria.
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