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La Drammaturgia del Primo Cinquecento: La Nascita della Commedia Italiana, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

La nascita della commedia italiana durante il Primo Cinquecento, con un focus sulla scena cortigiana e i suoi rappresentazioni in lingua originale e tradotte in italiano. Ariosto e Bibbiena sono tra i commediografi menzionati, insieme a Niccolò Campani detto lo Strascino e Padovano Angelo Beolco detto Ruzante. della composizione scritta come punto di partenza per l'abilità attorica e improvvisiva, e la specializzazione di diverse aree in differenti generi teatrali. Il testo include anche informazioni sui teatri a Venezia e Firenze, e l'importanza di compagnie teatrali professionali.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 13/07/2018

MatildeCragnolini
MatildeCragnolini 🇮🇹

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Scarica La Drammaturgia del Primo Cinquecento: La Nascita della Commedia Italiana e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! CAPITOLO QUARTO LA DRAMMATURGIA DEL PRIMO CINQUECENTO Nella scena cortigiana si alternano rappresentazioni in lingua originale con tradotte in italiane. Ariosto inventore della commedia rinascimentale con la Cassaria e i Suppositi (1508 e 1509). Tiene presente il modello classico su cui innesta poi la cultura romanza, soprattutto dal Decameron di Boccaccio. Commedia italiana del Cinquecento: tra tradizione dei commediografi latini e tradizione boccacciana. Es.: Calandria del Bibbiena che si rifà al personaggio boccacciano del Calandrino, con la trama simile a Plauto ma con piccole variazioni che creano equivoci sessuali che la società romana avrebbe rifiutato. Gusto della varietà nell’ambiente di corte, con spettacolarità mimico-gestuale di buffoni, giocolieri, mimi, danzatori, performers in gruppo o come solisti. Niccolò Campani detto lo Strascino autore-attore di cui sono rimasti 3 testi teatrali ed è il più importante nel primo trentennio tra piccoli intellettuali di modesta cultura che amano scrivere e recitare commedie rusticane, cittadine (con personaggi anche regali) e pastorali, che diventano il terzo genere dopo le commedie e le tragedie (es.: Aminta di Tasso). Commedia rusticana o “alla villanesca” da una violenta polemica contro i contadini dal Medioevo fino al Cinquecento, che diventa satira antivillanesca dal contrasto città-campagna. L’area senese si specializza nella figura del villano grossolano, bestiale e maligno. La composizione scritta è solo il punto di partenza di un’abilità tutta attorica, di imitatore, mimo, improvvisatore e canterino musicante. Strascino usa una troupe ristretta in cui recita da solo e si pone come inventore della precisa figura scenica del contadino per il suo costume esotico. La Corte apprezza la spettacolarità bassa oltre che quella alta (es.: Cortegiano). Il teatro a Venezia: senza corte, in un sistema oligarchico, percepito come una potenza trasgressiva. Motore: Compagnie della Calza più altre compagnie, associazioni varie che organizzavano eventi ludici e festivi per le ricorrenze del carnevale o per l’arrivo di ospiti illustri. Spesso sono i giovani patrizi che secondo il modello delle corti (ovvio punto di riferimento) recitano da dilettanti. Accanto troviamo i giocolieri, buffoni e professionisti del teatro più impegnato culturalmente. Attore lucchese Francesco Nobili detto Cherea (dal personaggio di Terenzio che l’aveva reso famoso) fa conoscere al pubblico veneziano i volgarizzamenti di Plauto e Terenzio. Si aprono poi alle pastorali e alle commedie alla villanesca. L’industria tipografica veneziana è viva di testi teatrali. Teatro su invito nelle case patrizie delle Compagnie della Calza. Teatro a pagamento in sale aperte a un pubblico più variegato. Esistono vere e proprie compagnie teatrali professionistiche che fanno dalla Mandragora di Machiavelli alle esibizioni dei buffoni che attirano le lodi anche dei conservatori. Padovano Angelo Beolco detto Ruzante: factotum, scrive in padovano antico e recita i suoi testi spesso a Venezia tra il 1520 (dove è ancora uno sconosciuto) e il 1525. Era un borghese abbastanza agiato, di una certa cultura, uomo di fiducia del ricco latifondista Cornaro e che per fargli da commercialista conosce il mondo della campagna. Supererà l’atteggiamento parodico nei confronti della realtà contadina rappresentando la fame vera e tragica, non quella buffonesca. Il contadino diventa personaggio autonomo. Il dialogo, sorta di atto unico, è la nuova struttura teatrale fatta su misura per lui. Sottolinea le contraddizioni del quadro sociale, il rapporto di sfruttamento e di alienazione che la campagna ha nei confronti della città.
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