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Manuale diritto tributario, riassunto, Sintesi del corso di Diritto Tributario

riassunto accurato del manuale di diritto tributario relativo all'anno accademico 2021-2022

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 15/02/2022

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Scarica Manuale diritto tributario, riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Tributario solo su Docsity! DIRITTO TRIBUTARIO CAP. 1- GRAMMATICA TRIBUTARIA 1.DIRITTO TRIBUTARIO E CONCETTO DI TRIBUTO Il diritto tributario è quella branca giuridica che ha ad oggetto l'istituzione e la disciplina dei tributi e non esistendo una definizione normativa di tributo risulta necessario affermarne i caratteri distintivi alla luce delle prevalenti ricostruzioni teoriche. Il tributo e un'entrata pubblica ossia una risorsa che affluisce allo stato e agli altri enti territoriali con la funzione tipica di far fronte al relativo fabbisogno finanziario. Si tratta di un'entrata di carattere ordinario tendenzialmente stabile e prevedibile oltre che definitivamente acquisita. 3 sono le principali tipologie di entrate pubbliche: 1. le entrate di diritto privato che derivano dallo svolgimento diretto o indiretto di attività economiche e della gestione del patrimonio dell'ente pubblico 2. le entrate di diritto pubblico che derivano dall'esercizio di poteri autoritativi e proprio in questa categoria facciamo rientrare i tributi insieme alle espropriazioni, alle sanzioni pecuniarie ad altre entrate coattive di natura non tributaria 3. entrate pubbliche non definitivamente acquisite e quindi provvisorie quali quelle derivanti da rapporti di finanziamento a cui si riconnettono specifiche spese per l'ente sotto forma di interessi passivi ovvero sia l'emissione dei titoli di debito pubblico per la particolare importanza che le entrate tributarie assumono è possibile affermare che la presenza di un'efficiente sistema tributario è condizione imprescindibile per la sostenibilità delle attività e delle funzioni pubbliche, per lo stesso funzionamento dello Stato e in generale dell'ente territoriale. Questa osservazione acquista uno specifico connotato giuridico tanto da condurre la Corte costituzionale ad elaborare il concetto di interesse fiscale individuato quale interesse collettivo all'acquisizione delle risorse tributarie e quale principio valore primario dell'ordinamento giuridico. Fondamentale aspetto da considerare è il rapporto tra prelievo tributario e diritti costituzionali soprattutto quelli sociali infatti è stato affermato da Holmes e Sunstein, che i tributi rappresentano il costo dei diritti facendo quindi riferimento all'inscindibile legame esistente fra il prelievo tributario e la spesa che sostiene l'intervento pubblico finalizzato a dare attuazione ai diritti di rilevanza costituzionale dei consociati. FOCUS DIRITTO FINANZIARIO: Assumendo prospettiva un po’ provocatoria (sostenuta ad esempio in un lavoro di due giuspubblicisti americani ad inizio millennio, S. Holmes e C.R. Sunstein, The Cost of Rights: Why Liberty Depends on Taxes, 2000) si potrebbe affermare che tutti i diritti soggettivi “costano” e sono finanziati dai bilanci pubblici (da quello dello Stato o di altri enti territoriali). Ancora di più: il fatto stesso che i diritti soggettivi (che siano quelli fondamentali, quelli civili, quelli politici, i diritti di libertà o quelli c.d. di terza o quarta generazione: dai diritti sociali, al diritto alla salute o a vivere in un ambiente salubre) abbiano un costo nel bilancio pubblico (quindi il fatto che siano previste spese di bilancio in relazione ai quei diritti) potrebbe essere considerato come la “misura della loro giuridicità”, cioè del loro riconoscimento come diritti in senso autenticamente giuridico e non soltanto come “diritti morali” o pretese puramente morali a ricevere un determinato trattamento e a poter tenere un certo comportamento all’interno della collettività sociale. La dimensione finanziaria dei diritti, in quest’ottica, diviene la condizione che rende possibile il loro riconoscimento come diritti positivi, cioè come diritti che sono “posti” dalla legislazione (quindi da una decisione politica) e che devono essere tutelati attraverso le istituzioni giuridiche. Il finanziamento delle spese pubbliche viene quindi visto, e proposto, come il presupposto essenziale perché si realizzino quelle attività/funzioni/servizi pubblici, che sono a loro volta condizione per garantire l’esercizio, l’attuazione e l’effettività dei diritti civili, politici e sociali. È chiaro che questa concezione appare provocatoria ed un po’ “estremizzante”, perché pensa la giuridicità del diritto soggettivo come assolutamente condizionata dalla sua effettività, e si muove dentro un orizzonte concettuale che presuppone come necessaria la statualità dei diritti, perché i diritti soggettivi possono esistere soltanto all’interno dell’ordinamento giuridico statuale (escludendo qualsiasi prospettiva giusnaturalista, universalista o internazionalista dei diritti). Questa visione coglie, tuttavia, una verità: e cioè che il bilancio pubblico ha riflessi su molte più posizioni giuridiche soggettive di quante prima facie sembrerebbe. Il “costo di bilancio” è riferibile, in quest’ottica, a moltissimi se non a tutti i diritti. Ciò vale, quindi, non soltanto per i diritti sociali a prestazione, i c.d. “diritti pretensivi”, cioè i diritti a ricevere un’erogazione monetaria o una prestazione a contenuto economico, come ad esempio per i diritti alla tutela previdenziale e assistenziale (art. 38 Cost.), o il diritto a ricevere prestazioni “in natura” consistenti in determinati beni e servizi, come le prestazioni sanitarie pubbliche, o i servizi di trasporto pubblico o di manutenzione delle strade pubbliche, che sono considerati servizi “gratuiti” (per il singolo beneficiario, nel senso che non deve acquistarli sul mercato; ma “gratuità” può esservi soltanto nella percezione soggettiva del singolo, e può rivelarsi una “illusione finanziaria”, ove si tenga conto del fatto, appunto, che quei servizi “costano” alla collettività nel bilancio pubblico, e che possono essere finanziati da tutti, compreso chi ne beneficia, attraverso il pagamento delle imposte fiscali). Costano al bilancio dello Stato e sono finanziati dal bilancio dello Stato anche le libertà negative (le “libertà da” – in primo luogo dallo Stato – configurabili come immunità dall’esercizio di poteri coercitivi o limitativi da parte dello Stato o di terzi) e quindi anche il diritto di proprietà privata, il diritto soggettivo di carattere “assoluto” per eccellenza (il quale parrebbe assolutamente estraneo a qualsiasi logica di finanziamento pubblico, e che anzi spesso può sembrare “minacciato” proprio da un’eccessiva “invadenza” fiscale dello Stato). Il quadro di certezza giuridica necessario per fruire liberamente del diritto di proprietà, la sua protezione effettiva contro la violenza altrui (quindi lo stesso contenuto escludente ed esclusivo del principale tra i diritti reali, che comporta appunto la pretesa giuridicamente riconosciuta e protetta di escludere gli altri dal godimento della cosa) sono possibili solo grazie alla predisposizione e allo svolgimento da parte dello Stato di tutta una serie di funzioni ed attività attraverso organizzazioni ed istituzioni pubbliche, alle quali corrispondono alcuni grandi comparti della spesa pubblica (ad esempio amministrazione della difesa, della sicurezza pubblica, della giustizia, ecc.). La stessa libertà di impresa privata (art. 41 Cost.) e quindi di accesso al mercato, nell’attuale assetto dell’economia capitalistica occidentale, è in linea di principio resa possibile, garantita e in parte facilitata dall’esistenza di tutta una serie di attività pubbliche di regolamentazione giuridica del mercato, che costituiscono la condizione affinché il mercato possa funzionare e svilupparsi in modo ordinato e pacifico, le conflittualità presenti tra i diversi attori del mercato e tra i vari fattori di produzione operanti in esso (impresa, lavoro, capitale) non degenerino in situazioni distruttive ed auto-distruttive del mercato stesso, la libera concorrenza tra imprese non possa trasmodare in via permanente in forme di violenza privata o predatorie di alcuni a danno degli altri, e così via. È facile osservare che il mercato è un’istituzione economica che può esistere e funzionare come entità utile a soddisfare interessi-esigenze-bisogni dei privati (spesso contrapposti e in rapporto conflittuale) nella misura in cui una data “collettività politica” decide di finanziarla (queste collettività potrebbero anche presentare confini giuridici fluidi, oltrepassanti quelli statuali; comunque, almeno fino ad oggi, esse tendono a coincidere principalmente con gli Stati nazionali o con le organizzazioni di Stati). Una parte delle risorse finanziarie pubbliche 2. un approccio micro che riguarda il particolare rapporto obbligatorio che viene ad instaurarsi tra il singolo consociato e l’ente pubblico. Entrambi questi momenti assumono una dimensione costituzionale ai sensi degli articoli 23 e 53 cost. ovverosia quelle norme che delineano il concorso alle spese pubbliche che si realizza attraverso il prelievo tributario quale dovere inderogabile dei consociati e che tutelano al tempo stesso la posizione giuridica del contribuente quale diritto al giusto tributo. Art 23 cost= nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Art 53 cost.= tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a caratteri di progressività. 2.LE TIPOLOGIE DI TRIBUTI Nel genere tributi noi individuiamo + species:  Imposta, il tributo + importante sia per il ruolo ad esse attribuito dall'ordinamento sia per il gettito che ne deriva, prestazione coattiva caratterizzate dal fatto di essere dovuta per il solo fatto che si è verificata la condizione prevista dalla norma che istituisce il tributo. Esso sono normalmente acausali, le si paga perché si deve pagarle. Servizio indivisibile, non posso individuare chi ne sta fruendo, pensiamo alla difesa militare. La forza economica rilevante ai fini della tassazione è espressa dai fatti indice che le singole leggi d'imposta assumono quali presupposto dei diversi tributi per esempio il reddito il patrimonio e il consumo. Si usa distinguere tra: imposte dirette come IRES e IRPEF, qui la forza economica è manifestata direttamente da reddito e patrimonio cosiddetti fatti indice che costituiscono l'oggetto del tributo imposte indirette come IVA, qui la forza economica è espressa in via indiretta da fatti indice come il consumo, il compimento di atti giuridici che sono in grado di svelare una capacità economica sottostante imposte personali come IRPEF, qui la capacità contributiva e valutata nell'ambito della complessiva situazione personale e familiare del soggetto imposte reali qui la capacità contributiva è valutata in senso oggettivo come le imposte ipotecarie e quelle catastali  Tasse, è dovuta dal singolo cittadino a fronte della fruizione o della possibilità di fruire in modo individuale di un servizio pubblico o di un atto pubblico o di un’attività pubblica. Si tratta di un assetto giuridico di tipo paracommutativo perché la ragione del prelievo cd causa giustificatrice è principalmente da individuarsi nel beneficio attribuito al soggetto a favore del quale il servizio è predisposto. Nei sistemi tributari moderni alle tasse è assegnata una dimensione residuale rispetto alle imposte e dal punto di vista storico questo si collega al passaggio progressivo Dallo stato borghese e liberale allo stato sociale In cui l'imposizione fiscale realizza principalmente valori collettivi di solidarietà e uguaglianza. pensiamo per es. alle tasse universitarie (graduata in base all’isee) o alla tassa comunale sui rifiuti TARI (graduata in base ai componenti del nucleo familiare e alla presenza di soggetti a carico o non autosufficienti). È una prestazione imposta, non un corrispettivo, non un prezzo. È vero che c’è un sinallagma, un do ut des, ma non è negoziale, non c’è un obbligo giuridico, non c’è un risarcimento danni per inadempimento contrattuale. È giustificata sia dal beneficio attribuito al singolo sia alla sua forza economica.  Contributi, è speculare rispetto alla tassa: che risponde un interesse generale, ma identifica soggetti particolari; qui c’è il contrario, in primis vi partecipano i soggetti privati, poi la collettività; es. classico: asfaltare la strada in montagna per delle villette isolate, in primis agevoliamo questi soggetti, poi tutti perché magari unisce due vallate. Ad oggi i contributi non ci sono.  Monopoli fiscali: tabacco e gioco d’azzardo. Un bene o un servizio sono forniti da un unico fornitore, di fatto: circostanze contingenti del mercato per es. microsoft in passato per la fornitura di software; di diritto: quando lo stato ex lege riserva ad un soggetto la fornitura di una res ciò incide sul prezzo del bene, perché lo decide il monopolista, qui non c’è la concorrenza economica dove il prezzo è il crocevia di domanda e offerta. È considerato il male assoluto all’interno dell’ue. I monopoli sono vietati in ue, tranne quelli fiscali.  Entrate non tributarie: previste a fronte di servizi ed attività pubbliche, qualificate come canoni, tariffe, prezzi pubblici, diritti -> corrispettivi di tipo privatistico, che traggono la propria fonte dal rapporto tra singolo ed ente. L’estraneità alla categoria del tributo impedisce di applicare i principi e le disposizioni dell’ordinamento tributario, tra cui quelli costituzionali di riserva di legge e capacità contributiva (disciplinati dal diritto civile, possibilmente assoggettabili ad Iva). FOCUS DIRITTO FINANZIARIO: Riprendendo la grande bipartizione nell’ambito dei tributi che abbiamo in precedenza illustrato, cioè quella tra tassa, basata sul principio del beneficio, e l’imposta, basata sul principio del sacrificio-capacità contributiva, occorre chiedersi se la distinzione sia sempre così chiara e netta, infatti la natura di tributo prescinde dal nomen iuris attribuito dalla legge. Il c.d. “Canone RAI” offre un buon esempio dell’ambiguità. Nonostante la denominazione formale di “canone di abbonamento” al servizio radio-televisivo, la giurisprudenza ne ha da molto tempo riconosciuto la natura tributaria (Cost. sent. 61/1963). La disciplina normativa di questo tributo è ancora, almeno nel suo nucleo essenziale, quella disegnata dal Regio Decreto-Legge 246/1938, anche se è stata più volte modificata e integrata in tempi successivi. Ciò nonostante (o forse proprio per questo) per molti anni vi sono state incertezze sulla corretta figura di tributo alla quale ascrivere il canone RAI (tassa o imposta?), incertezze causate anche da alcune contraddizioni normative, come evidenziato da Corte cost. 535/1988 (il Canone RAI viene assoggettato all’IVA, cioè all’Imposta sul Valore Aggiunto, proprio come sarebbe lecito attendersi per un prezzo qualsiasi, e non per un tributo). La giurisprudenza per lungo tempo ha qualificato il canone come una tassa, dovuta in misura fissa da ogni nucleo familiare, per il vantaggio che l’atto della pubblica autorità, esercitato su concessione dello Stato dalla RAI (società a prevalente partecipazione pubblica) e consistente nell’erogazione del servizio radiotelevisivo pubblico, apporta al privato. La condizione per essere obbligati a pagare questo tributo è quella di possedere un apparecchio atto a ricevere le frequenze radiotelevisive. Quando tutti i cittadini di un Comune si rifiutano di pagare il canone, preteso dalla RAI nonostante il segnale radiotelevisivo italiano non arrivi sul loro territorio, si apre un contenzioso nel quale viene sollevata questione di costituzionalità della normativa. La Corte cost. (sent. 535/1988) potrebbe risolvere la questione semplicemente rilevando che la tassa, pur essendo dovuta anche se il servizio pubblico non viene di fatto fruito dal cittadino, si basa comunque sulla “mera possibilità d’uso del servizio”, e quindi, laddove il servizio non venga proprio erogato dall’amministrazione su una certa parte del territorio nazionale, la tassa non sarebbe dovuta. Così ragionando, tuttavia, la Corte si rende conto che si potrebbe creare un’applicazione del tributo frazionata, “a macchia di leopardo”, sull’intero territorio nazionale. Inoltre tra le modifiche apportate nel tempo alla legislazione iniziale degli anni ‘30 (con la L. 103/1975), vi è la previsione che il canone è dovuto anche da chi possiede apparecchi atti a ricevere trasmissioni televisive o sonore via cavo o provenienti dall’estero, e ciò evidentemente contraddice la relazione che dovrebbe collegare la tassa e l’erogazione del servizio pubblico da parte dello Stato italiano attraverso la RAI. Per cui la Corte, pur nell’invarianza della legislazione in vigore, alla fine degli anni ‘80 – quando si deve osservare che il servizio televisivo non è più in monopolio pubblico ma vi sono ormai numerose televisioni private locali e nazionali – arriva a qualificare il canone RAI come un’imposta e non come una tassa, proprio per giustificare la persistenza del dovere di pagare il “canone RAI”, anche quando, almeno apparentemente, il tributo non è correlato allo svolgimento diretto di alcun servizio da parte dello Stato. La Corte prima (sent. 535/1988) collega genericamente questa particolare imposta alla “polizia e amministrazione dell’etere su cui lo Stato è sovrano”, quindi allo svolgimento di una funzione pubblica generale svolta nell’interesse della generalità di tutti i cittadini. Successivamente, nella sent. 284/2002, mette definitivamente a fuoco le caratteristiche di questa particolare imposta. In un sistema televisivo ormai misto, pubblico-privato, di stampo pluralistico, soltanto il servizio pubblico promosso e organizzato dallo Stato ed esercitato attraverso la concessionaria RAI svolge la funzione specifica di soddisfare al meglio il diritto dei cittadini all’informazione e alla diffusione della cultura, col fine di “ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese”. Questo giustifica il ricorso a un finanziamento fiscale, anche se non esclusivo e parziale (l’altra forma di finanziamento è la raccolta pubblicitaria), attraverso un’imposta di scopo, dal momento che il suo gettito è destinato unicamente alla RAI e alla copertura degli oneri di questo specifico servizio pubblico. Trattandosi di un’imposta, anche se con una destinazione di spesa specifica, essa deve avere comunque come fondamento una manifestazione di capacità contributiva, pena la sua incostituzionalità. La Corte ricostruisce allora il “canone RAI” come un’imposta speciale di tipo patrimoniale, dovuta in relazione al possesso dell’apparecchio radio-televisivo. Ciò, secondo la Corte, rientra nella scelta discrezionale del legislatore, non irragionevole, anche perché il possesso del bene che giustifica la tassazione è connesso proprio alla fruibilità del servizio pubblico che si vuole finanziare. Anche questa sentenza, però, mette in luce una lettura “minimalista” della capacità contributiva, qui richiamata come un mero argomento giustificativo del prelievo tributario a posteriori. Il prelievo è finalizzato al finanziamento di un servizio pubblico di interesse generale, ma non attua alcuna redistribuzione universale. L’imposta è formalmente uguale per tutti ed è in misura fissa (attualmente 90 euro annuali): non è ispirata alla logica del beneficio (tassa), ma neppure a quella del sacrificio; la capacità contributiva non è quindi valorizzata come un criterio per ripartire la spesa pubblica tra i consociati, ma come mero fondamento giustificativo di un prelievo coattivo capitario svincolato dal beneficio individuale. Ed anzi il “canone RAI”, così concepito come imposizione di tipo patrimoniale, è destinato a generare sacrifici diversi in capo ai vari contribuenti, perché la riduzione di utilità sopportata con l’imposta non è uguale per tutti, e non è maggiore per i contribuenti più “ricchi” rispetto a quelli più “poveri”. Il tributo appare regressivo, perché non è commisurato al numero di apparecchi televisivi posseduti: il contribuente che può permettersi di possedere dieci televisori paga lo stesso tributo del contribuente che può permettersi un solo televisore. In questo caso si nota bene la differenza tra l’uso di un “criterio politico” ed uno economico come principio fondante la tassazione. Non si può affermare che il canone RAI sia contrario al principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., se si intende la capacità contributiva come criterio politico, suscettibile di letture intendendo con questa espressione far riferimento a finalità e interessi di natura diversa rispetto a quelli tributari in senso stretto. Con il termine agevolazione tributaria sus indicare ogni forma di riduzione del prelievo in funzione derogatoria non solo realizzata a livello di presupposto ma anche attraverso esenzioni soggettive o riduzioni della base imponibile e dell'aliquota. 2. il soggetto attivo-(cioè il creditore del tributo) è anche quello che esercita la potestà impositiva ed emana le norme concernenti il tributo: però vi possono essere casi in cui chi norma il tributo, chi lo gestisce e chi lo incassa sono soggetti diversi. Ad esempio, tra i principali tributi l’IRAP, l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (che è uno dei c.d. “tributi propri” delle Regioni ai sensi dell’art. 119 Cost.), risulta disciplinata da una legge statale (D.Lgs. 446/1997) e può essere “personalizzata” in parte da ogni Regione con propria legge regionale (entro i limiti fissati dalla legge dello Stato). Essa viene però accertata e riscossa per lo più dall’Agenzia delle Entrate (cioè dall’Amministrazione finanziaria centrale, in base a convezioni stipulate con le singole Regioni; poche Regioni gestiscono direttamente le attività amministrative di controllo e riscossione di questa imposta) e il suo gettito viene devoluto a ciascuna Regione. Si può quindi dire che è vero che il soggetto attivo dell’IRAP è la Regione (livello periferico), ma il contribuente, nella gestione dei rapporti tributari inerenti a questa imposta, si dovrà poi relazionare principalmente con l’Agenzia delle Entrate (livello centrale). 3. il soggetto passivo – chi deve pagare: contribuente, sostituto e responsabile dell’imposta. Il soggetto passivo dell’imposta deve essere il titolare della capacità contributiva. In linea di principio ogni contribuente dev’essere chiamato a pagare un’imposta corrispondente alla sua capacità contributiva. Se, per svariate esigenze (ad esempio proprio per tutelare l’interesse fiscale ad un più rapida ed efficiente riscossione delle imposte), la legge dovesse obbligare un soggetto a pagare un’imposta non sua, ma commisurata alla capacità contributiva di un altro soggetto (come accade con la figura del c.d. sostituto d’imposta), deve essere assicurato al contribuente di poter disporre di tutti gli strumenti di tipo giuridico (e non solo economico) per poter far ricadere sull’autentico titolare della capacità contributiva il peso economico dell’imposta. L’art. 53, infatti, recita che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”: questa, quindi, è propria e personale. In linea di principio non si può essere obbligati a pagare in via definitiva il debito tributario di un altro, a meno che non esista un rapporto tra il debitore e il contribuente che possa giustificare questa 4. la base imponibile – "esprime” la capacità economica sottesa al presupposto solitamente in termini monetari. Costituisce la base di calcolo del tributo. Perché l’imposta rispetti il principio di capacità contributiva occorre che la base imponibile, cioè la base di calcolo dell’imposta, sia collegata in modo ragionevole e coerente al presupposto, e ne sia espressione. 5. l’aliquota – è la quota parte (%) della base imponibile che va pagata. Benché la nostra Costituzione non fissi un limite quantitativo massimo all’imposizione, il rispetto del principio di capacità contributiva comporta che il livello della pressione fiscale non possa essere eccessivo, al punto da trasformare il tributo in una forma di confisca integrale della ricchezza (divieto di imposte confiscatorie). D’altra parte le imposte non devono pregiudicare il c.d. minimo vitale, occorre cioè che la tassazione non impedisca al contribuente di potere disporre di un quantitativo di ricchezza personale sufficiente per la propria sopravvivenza e per poter condurre una vita libera e dignitosa. In base al rapporto tra tributo ed aliquota distinguiamo:  Proporzionale: quando il rapporto tra aliquota e tributo è costante, quando l’aliquota è unica come nell’ires.  Progressive: quando il rapporto è crescente, al crescere della base imponibile, l’aliquota cresce: la base raddoppia, l’aliquota quadruplica. Caso irpef, 5 aliquote.  Regressive: l’imposta cala al crescere della base imponibile, es. i contributi sul consumo  Vi sono inoltre tributi dovuti misura fissa per i quali in rapporto a talune fattispecie l'imposizione prescinde dalla applicazione di un'aliquota è il caso dell'imposta di registro e delle imposte ipotecarie catastali il cui ammontare è dalla legge predefinito in determinate ipotesi in euro 200 o 50. Rispetto alla struttura sostanziale del tributo esistono talune fattispecie impositive che presentano significativi tratti di specificità. - Pensiamo all'imposta sostitutiva quando la legge prevede l'applicazione di una disciplina impositiva differente in luogo di quella ordinaria che sarebbe altrimenti applicabile ecco quindi che l'imposta sostitutiva rappresenta un tributo che tuttavia si caratterizza per la circostanza di sostituirsi a un regime ordinario in funzione soprattutto agevolatrice. Esistono diversi esempi di imposte sostitutive soprattutto nell Irpef che si sostanziano nella tassazione proporzionale in luogo di quella progressiva per alcuni redditi ecco quindi che da questo punto di vista le imposte sostitutive realizzano effetti analoghi a quelli delle ritenute alla fonte a titolo di imposta concorrendo a configurare un fenomeno noto come di: fuga dalla progressività dell'irpef. - Con l'imposta addizionale la legge prevede l'applicazione di un'aliquota ulteriore che si aggiunge a quella già prevista per l'imposta principale per es. si applicano addizionali regionali e comunali all'irpef. - La sovraimposta è invece un autonomo tributo in cui il presupposto della base imponibile sono comuni a quelli di un altro tributo. La sottile distinzione tra imposta addizionale sovraimposta fondata sull'autonomia del tributo rileva oltre che per taluni aspetti sostanziali soprattutto sul piano procedimentale perché le vicende attuative dell'imposta addizionale seguono necessariamente quelle del tributo principale mentre lo stesso non accade per la sovraimposta che ha una certa autonomia rispetto al tributo di cui mutua i tratti caratterizzanti.  fattispecie procedimentale : Attiene alla regolamentazione dell'iter attuativo del tributo ossia di quella fase dinamica che consente di concretizzare l'astratta determinazione del dovere tributario giungendo alla effettiva realizzazione del prelievo è un procedimento amministrativo tributario composto da norme formali e procedimentali. Mantengono una dimensione in buona parte autonoma rispetto alla fattispecie tributaria:  le norme processuali che sono dirette a disciplinare il processo tributario. Dal punto di vista dell'efficacia temporale per le norme processuali vale la regola del tempus regit actum cioè è applicabile la norma vigente nel momento in cui è compiuto l'atto o la specifica attività.  le norme sanzionatorie hanno per oggetto le sanzioni amministrative e penali derivanti da violazioni di disposizioni tributarie. dal punto di vista dell'efficacia temporale le norme sanzionatorie vedono l'applicazione del principio dell' abolitio criminis e del favor rei cioè nessuno può essere assoggettato a sanzione per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce violazione punibile e in caso di sanzioni diverse tra la legge vigente al momento della violazione e quelle successive si applica la legge più favorevole al reo. Dal punto di vista dell'efficacia temporale delle norme tributarie sostanziali invece vale la regola dell'applicazione di quelle vigenti nel momento in cui si realizza il presupposto d'imposta. 5.INTERPRETAZIONE DELLA NORMA TRIBUTARIA L'interpretazione è quella operazione logica funzionale all'applicazione della norma tributaria necessaria per determinare e realizzare il prelievo fiscale e attraverso questa operazione si assegna il significato da attribuire alla norma medesima in modo da poter individuare precisamente la fattispecie normativa entro cui sussumere il caso concreto. Oggi l'operazione interpretativa deve seguire principi e criteri di diritto comune ovverosia l'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale che precedono le norme del cc cd preleggi. Anche in materia tributaria occorre assegnare rilievo al significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e all'intenzione del legislatore. Si ritiene che il criterio letterale (che vieta all’interprete di attribuire alla legge altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse) quello teleologico (vieta all’interprete di dare alla legge un significato diverso da quello che da l’intenzione del legislatore) e quello sistematico (che non deve porsi contro il dato letterale e logico) debbano concorrere insieme alla luce dei principi fondamentali dell'ordinamento tributario. L'importante che l'interpretazione adeguatrice (che è una forma di interpretazione sistematica anche detta costituzionalmente orientata) che si risolve nell'assegnare la norma un significato che sia maggiormente adeguato ai principi superiori della costituzione dell'unione europea anche evitando l'illegittimità della disposizione medesima. In termini di risultati ermeneutici si riconosce l'interpretazione:  dichiarativa cioè coincidenza fra interpretazione letterale e funzionale  restrittiva cioè assegnando un significato rigorosamente ristretto al dato letterale  estensiva cioè attribuendo un significato più ampio di quello letterale la specificità del diritto tributario si evidenzia non tanto nei metodi e nei risultati interpretativi ma nelle caratteristiche dell'ordinamento fiscale spesso di ostacolo a una sicura interpretazione della legge e alla stessa certezza del diritto e poi abbastanza frequente ritrovare nella legislazione fiscale riferimenti ad istituti e concetti tipici di altre branche del diritto e si parla in questo senso della norma tributaria quale norma di secondo grado. Si pensi alla tassazione nell'imposta di registro della cessione e del conferimento di azienda il quale è un istituto giuridico di diritto civile che hai richiamato dalla norma tributaria o dalla tassazione Irpef e Ires sui redditi derivanti da esercizio di imprese commerciali. Si ritiene che quando la norma tributaria si limiti semplicemente a richiamare l'istituto giuridico proprio di una diversa branca del diritto il significato da attribuire sia lo stesso che viene riconosciuto nel settore di origine diversamente si deve concludere quando la norma tributaria richiama l'istituto dandone però una propria originale definizione si pensi al concetto di impresa cui la legge tributaria attribuisce un'autonoma definizione nelle imposte sui redditi e nell iva diversa da quella civilistica di cui all'articolo 2082 cc. Ciò non avviene per il concetto di azienda il quale anche a fini fiscali viene interpretato alla luce dell'articolo 2555 cc. In giurisprudenza sussistono diverse perplessità come in dottrina circa la possibilità di adottare in materia tributaria il metodo dell'interpretazione analogica in base al quale una fattispecie concreta che non risulta regolata da una specifica disposizione può essere definita avendo riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe. Essi sono:  il contribuente e altri soggetti passivi, momento della donazione non potendo però irrogare alcuna sanzione amministrativa ne richiedere gli interessi moratori connessi alla fattispecie e il contribuente rimane comunque libero di contestare giudizialmente la ripresa fiscale. La valorizzazione della tutela dell'affidamento e della certezza del diritto e inoltre alla base della previsione secondo cui l'amministrazione tenuta portare a conoscenza del contribuente in modo tempestivo e come idonei tutto mezzi le circolari e le risoluzioni emanate si osservi che la conseguenza della non applicazione di sanzioni interessi moratori è prevista dall'articolo 10 comma due dello statuto anche quando il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi omissioni e errori dell'amministrazione finanziaria. In relazione all'attività interpretativa dell'amministrazione finanziaria occorre menzionare anche gli interpelli cioè modelli procedimentali attraverso cui il contribuente rivolge un'istanza all'amministrazione finanziaria al fine di ottenere un parere qualificato in ordine all'applicazione delle norme tributarie ad una fattispecie personale concreta. L'interpretazione qualificata e individuale che in questo modo l'amministrazione finanziaria fornisce determina una situazione di affidamento pienamente tutelata in capo al singolo consociato. Infatti non è consentito agli uffici fiscali disattendere i contenuti di un interpello fornito ai contribuente o mutare l'opinione espressa nella risposta pena la nullità degli atti impositivi e sanzionatori. 7.ELUSIONE DELLA NORMA TRIBUTARIA ED EVASIONE FISCALE Un approccio giuridico alla materia tributaria deve distinguere il concetto di evasione da quello di elusione. - L'evasione fa riferimento a quel comportamento posto in essere dal soggetto passivo che va a violare direttamente uno più norme tributarie attraverso l'occultamento all'artificiosa alterazione parziale o totale del presupposto o della base imponibile. Si utilizza spesso l'espressione evasione da riscossione per indicare il diverso fenomeno della violazione degli obblighi di versamento relativamente all'imposta liquidata e all' artificioso spossessamento di beni finalizzato a impedire la riscossione coattiva. L'azione di contrasto all'evasione fiscale è affidata all'amministrazione finanziaria attraverso l'esercizio dei poteri di verifica accertamento e riscossione coattiva nonché quelli sanzionatori. Superate determinate soglie quantitative l'evasione diviene penalmente rilevante dato il forte disvalore sociale della stessa e in funzione General preventiva. Esistono inoltre taluni congegni normativi in grado di ridurre in determinate fattispecie la concreta possibilità dell'evasione fiscale o incentivando la lealtà fiscale dei contribuenti. In questa direzione seguendo l'esempio di altri paesi sono state recentemente introdotte misure fortemente discusse come la lotteria degli scontrini e il cashback di Stato. Il fenomeno dell'evasione è il frutto di comportamenti legittimi dei singoli. Bisogna comunque considerare che la non chiarezza del sistema normativo tributario non facilita certamente l'adempimento dei consociati circa i propri obblighi fiscali e nel contempo si deve prendere atto che lo stesso legislatore spesso adotta misure che risultano premiare ex post chi ha violato le regole tributarie pensiamo all'istituto del condono fiscale. Tutti questi aspetti evidenziano come in Italia il tema della lotta all'evasione fiscale sia estremamente complesso e non riconducibile a un semplicistico slogan politico. - Con il termine elusione si fa riferimento a quel comportamento posto in essere dal soggetto passivo che non determina alcuna diretta violazione di una norma tributaria giungendo tuttavia ad ottenere un vantaggio indebito alla luce delle finalità ed i principi del sistema; Il primo problema dell'elusione è quello di individuare nel sistema normativo il principio da cui discende l'antigiuridicità della fattispecie elusiva e in base al quale poter distinguere l'illusione dalla legittima pianificazione fiscale. Il sistema tributario italiano ha conosciuto in tempi recenti l'introduzione di una disposizione generale antielusiva in grado di: 1. Contenere una definizione di elusione (o abuso di diritto) valida per l'intero ordinamento 2. configurare le conseguenze giuridiche del comportamento elusivo 3. individuare uno specifico iter procedimentale per accertare l'elusione Si tratta dell'art. 10 bis dello statuto dei diritti del contribuente introdotto dal decreto legislativo 128/2015 che ha contestualmente abrogato le disposizioni antielusive specifiche in precedenza in vigore e il legislatore in questo modo ha raccolto sia l'indicazione del diritto europeo in cui il principio del divieto di abuso del diritto a carattere generale sia gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di Cassazione che dal 2008 in poi ha riconosciuto l'esistenza di un principio antielusivo implicito nell'ordinamento. Il divieto di abuso del diritto o elusione fiscale è stato quindi codificato in questo modo: configurano abuso del diritto uno più operazioni prive di sostanza economica che pur nel rispetto formale delle norme fiscali realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. È da sottolineare come l'individuazione dell'illusione fiscale passi attraverso una non facile attività interpretativa e di qualificazione della fattispecie concreta. L'art. 10 bis comma 2 dello statuto dei diritti del contribuente precisa che un vantaggio si definisce indebito qualora risulti in contrasto con le finalità delle norme o dei principi dell'ordinamento. Inoltre l'operazione elusiva è tale se risulta inidonea a produrre significativi effetti manifestando in assenza di sostanza economica. l'art. 10 bis comma 4 contiene il principio della libertà di scelta del contribuente il quale può in modo del tutto legittimo scegliere tra operazioni comportanti un carico fiscale diverso orientandosi verso quelle fiscalmente meno onerose senza che questo sia considerato elusione in tal caso si parla di ammessa pianificazione fiscale. 8.APPLICAZIONE DELLA NORMA TRIBUTARIA E INCERTEZZA GIURIDICA L'incertezza giuridica in Italia è dovuta a: una fisiologica complessità dei sistemi fiscali moderni composti da una pluralità di tributi tra loro eterogenei avente ad oggetto una molteplicità di fattispecie impositive. Ciò determina la creazione di sottosistemi normativi corrispondenti ai diversi tributi e in vario modo collegati fra loro. Inoltre la costruzione di un sistema semplice e coerente e Lisa difficile dalla forte presenza di disposizioni che assolvono a finalità extra fiscali nonché da variegati numerosi meccanismi formali e obblighi strumentali tesi a prevenire forme di evasione e di elusione fiscale. Oltre a questo l'ordinamento italiano presenta indubbi tratti di patologia connessa a una riconosciuta bassa qualità e eccessiva quantità di produzione normativa infine si consideri l'estrema volatilità del diritto vivente che conduce a repentini cambiamenti contrasti interpretativi tra prassi amministrativa e giurisprudenza tributaria punto in questo modo il contribuente è tenuto ad applicare la norma tributaria nei diversi moduli procedimentali e si trova spesso dinanzi a situazioni di oggettiva incertezza applicativa. Oggi l'ordinamento fiscale è stato modificato introducendo diversi modelli collaborativi e partecipativi aventi la funzione di prevenire le liti fiscali e attribuire certezze ai rapporti giuridici tributari; si tratta però di un insieme di rimedi non sufficienti perché il principio della certezza del diritto non può essere declinato esclusivamente nei termini di un'intesa con l'amministrazione finanziaria o di una consulenza qualificata fornita da quest'ultima. L'art. 2 della l. 212/2000 al fine di garantire la chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie dispone la necessaria menzione dell'oggetto nel titolo della legge, il divieto per leggi non aventi oggetto tributario di prevedere disposizioni di questo tipo e la menzione del contenuto sintetico delle altre disposizioni eventualmente richiamate nonché la necessità quando una legge tributaria modifica la precedente di indicare il testo modificato. L'art. 10 comma 3 dello statuto prevede che le sanzioni non possono essere irrogate quando la violazione commessa dal soggetto passivo dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria e l'obiettiva condizione di incertezza è causa di non punibilità penale in caso di violazioni di norme tributarie ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo 74/2000 ecco quindi che si riconosce e si tutela l'errore del contribuente sulla norma tributaria che dipenda dalla particolare formulazione del testo normativo e dalle difformi interpretazioni proposte oh succedutesi nell'ambito del diritto vivente si tratta del cd errore scusabile. CAPITOLO 2: IL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO TRIBUTARIO 1.GERARCHIA DELLE FONTI L'ordinamento tributario italiano è formato da un complesso sistema di fonti giuridiche cioè fonti di produzione di norme giuridiche che traggono origine dalla sovranità dello Stato e che si basano sulla eterogenea autonomia di altri enti territoriali quali regioni, comuni, province nonché sulla supremazia gerarchica nei relativi ambiti di competenza dell'unione europea. L'indicazione delle fonti del diritto è contenuta l'articolo uno delle disposizioni sulla legge in generale che tuttavia risulta incompleta perché non considera le fonti europee quelle locali e che in materia fiscale deve essere ulteriormente adattata data la non ammissibilità degli usi e l'incidenza delle leggi di ratifica delle convenzioni internazionali. Attualmente il sistema delle fonti di diritto tributario può essere così schematizzato: 1. costituzione leggi costituzionali e trattati e fonti derivanti dall'Unione europea 2. leggi di ratifica delle convenzioni internazionali 3. leggi ordinarie decreti legislativi decreti legge e leggi regionali 4. regolamenti statali e di altri enti territoriali nel rapporto tra le fonti oltre a questo profilo gerarchico occorre considerare anche quello della ripartizione delle competenze normative che individua ambiti che possono essere esclusivi o concorrenti o residuali o sussidiari. 2. RAPPORTO TRA FONTI UE E NAZIONALI Con la sottoscrizione dei trattati dell'unione europea il nostro paese ha consentito alla limitazione della propria sovranità nelle materie oggetto dei trattati medesimi in virtù dell'art. 11 cost. che costituisce la base fondamentale per il riconoscimento dell'efficacia del diritto europeo nel nostro ordinamento e rispetto al profilo gerarchico di questo rapporto la Corte di giustizia dell'unione europea da tempo si pronuncia nel senso del primato del diritto europeo su quello nazionale contrastante affermando l'obbligo per il giudice nazionale tra cui anche quello tributario di garantire l'effetto diretto delle norme europee disapplicando quelle nazionali che confliggono. La Corte costituzionale dal canto suo ha riconosciuto la necessaria disapplicazione della disposizione interna contrastante con quella europea e quindi l'effetto diretto di quest'ultima nell'ordinamento nazionale pur esprimendosi nel senso dell'autonomia e distinzione dei due ordinamenti anorchè coordinati nella ripartizione delle competenze sancite di trattati istitutivi sent. Corte costituzionale 28/2010 che sottolinea la tesi dualista. La norma europea prevale sia sulle norme recate da leggi ordinarie sia su quelle contenute nelle costituzioni e in leggi costituzionali salvo rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana si tratta della teoria elaborata dalla Corte costituzionale dei controlimiti del diritto nazionale rispetto ai limiti del diritto europeo che rappresenta l'ultimo estremo baluardo di protezione dei valori nazionali. La preminenza gerarchica delle fonti europee è prevista dalla stessa costituzione italiana che con l'art. 117 cost. modificato dalla legge costituzionale 3/2001 limita la potestà sistema tributario. Gli enti territoriali possono altresì disporre di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio. Il sistema prevede per le regioni a statuto ordinario che lo stato tramite la legge debba determinare i principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario che la regione deve rispettare nell'esercizio del potere impositivo tali principi tendono a evitare che vi sia una doppia imposizione regionale rispetto apre supposti e imponibili già oggetto di tassazione erariale in modo da tutelare l'unità dell'ordinamento ed evitare di ledere l'art. 53 cost. Le regioni a statuto speciale i cui statuti assumono rango costituzionale possono invece istituire tributi propri con il solo limite dell'armonia con i principi del sistema tributario statale e ovviamente di quello europeo. In relazione ai tributi erariali rispetto ai quali riconosciuta autonomia regionale di intervento normativo anche le regioni a statuto speciale devono rispettare i principi statali relativi alle specifiche forme di imposizione senza determinare una pressione tributaria maggiore di quella prevista dalla legge statale fatte queste precisazioni le regioni possono finanziarsi attraverso: - tributi propri quindi istituiti disciplinati con legge regionale nell'esercizio della competenza residuale come i prelievi tributari para commutativi connessi ai servizi di rilievo locale o i tributi di scopo - tributi propri derivati istituiti e regolati da legge statale con attribuzione della titolarità del credito tributario alla regione in virtù del principio di territorialità e possibilità di parziale regolamentazione regionale - addizionali calcolate sulla base imponibile di tributi erariali si nota quindi come il vero federalismo fiscale possa essere garantito solo dai tributi propri che tuttavia hanno poco margine in concreto di essere adottati per l'ingombrante presenza della legislazione tributaria statale che già occupa gran parte di possibili fatti indice di capacità economica. L'autonomia tributaria delle province dei comuni può essere esercitata nell'ambito dei tributi definiti come propri derivati i quali sono istituiti e disciplinati dalla legge statale o da quella regionale circa gli elementi sostanziali mentre la limitata autonomia normativa dell'ente può esplicarsi per esempio nella fissazione dell'aliquota o nella previsione di norme di esenzione e agevolazione o nella disciplina del procedimento attuativo rispettando la riserva di legge di cui all'art. 23 cost. 6LE FONTI DI SOFT LAW negli ultimi anni si è assistito a una forte diffusione delle fonti di soft law facendo riferimento con simile espressione a quelle regole che non appartengono a un ordinamento giuridico e che non sono caratterizzate da alcuna forza cogente e precettiva. L'assenza di tali ultimi caratteri fa sì che non si possa parlare di norme giuridiche e neppure di fonti del diritto ma di modelli di norme giuridiche che richiedono per divenire diritto una traduzione in regola cogente tramite recepimento da parte delle ordinarie fonti giuridiche. esse proliferano soprattutto a livello europeo e internazionale per creare un'azione congiunta e coordinata dei singoli legislatori nazionali per affrontare fenomeni tributari di portata mondiale come la fiscalità del web o il contrasto all'evasione e all'elusione delle imprese e multinazionali infatti le approccio solo nazionale risulta inadeguato ma anche l'intervento in sede di Unione europea presenta notevoli problemi ricollegabili soprattutto alla regola dell' unisono per le deliberazioni del consiglio europeo in materia fiscale e l'elevato numero di Stati membri. A livello internazionale pattizio può risultare solo parziale lo strumento della convenzione bilaterale e per questi motivi e a fronte dell'urgenza di regolamentare determinati fenomeni e ormai prassi lo studio l'elaborazione da parte di organi dell'unione e di altri organi sovranazionali di modelli di regole di soft Quello di essere recepiti esponenti nelle legislazioni nazionali ed internazionali e nelle direttive e nelle convenzioni multilaterali e bilaterali pensiamo al progetto BEPS cioè un insieme di azioni di natura fiscale per contrastare i comportamenti delle imprese finalizzati ad erodere la base imponibile e sottrarre imposte al fisco anche attraverso la traslazione dei profitti da paese ad alta in posizione a poesia tassazione nulla o ridotta tassazione queste azioni sono state definite nel corso del G20 tenuto nell'ottobre 2015 a Lima attraverso l'approvazione di un pacchetto di misure per una riforma delle regole fiscali internazionali completa e coerente e coordinata e per colmare le lacune presenti nei sistemi fiscali vigenti. Le 15 azioni qui individuate rappresentano regole di soft law che a seguito della forte spinta politica internazionale sono state in questi anni accolte da gran parte dei sistemi legislativi mondiali oltre che riprodotte in convenzioni internazionali direttive europee. soggetti della soft law sono anche gli organi europei soprattutto la commissione consiglio che con diversi strumenti tentano di coordinare la politica fiscale degli Stati membri agendo sul piano del diritto mite piuttosto che su quello del diritto cogente un ruolo importante nella creazione di regole internazionali invece è stato svolto dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico cd OCSE. CAPITOLO 3: I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL DIRITTO TRIBUTARIO 1INTRODUZIONE I principi generali dell'ordinamento tributario sono quei principi che esprimono i valori fondamentali della materia fiscale delineando i caratteri strutturali del sistema e sono contenuti nelle fonti primarie dell'ordinamento quindi Costituzione e diritto dell'unione europea assumendo una doppia valenza: - per un verso e secondo la distinzione teorica tra principi e regole essi svolgono un'importante funzione interpretativa per precisare stendere restringere il significato degli enunciati in cui le regole legislative si sostanziano quindi attraverso i principi è possibile identificare la ragione delle disposizioni normative e collocare le singole norme nella dimensione del sistema attraverso i principi se segna le regole significato maggiormente in armonia con i valori fondamentali anche per evitare futuri conflitti - per altro verso dal rango di principi generali collocati al vertice della gerarchia delle fonti derivano vincoli per la subordinata attivi scalinata a normativa e amministrativa che se non rispettati conducono a configurare diverse conseguenze di illegittimità per gli atti emanati in contrasto con i principi generali. 2 PRINCIPI COSTITUZIONALI DI RISERVA DI LEGGE Il principio di riserva di legge in materia tributaria e contenuto all'art.23 cost. secondo cui: nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Dal punto di vista storico la riserva di legge si ricollega alla nascita in età moderna delle monarchie parlamentari e quindi al riconoscimento accanto al re di un'ulteriore centro di potere costituito dal Parlamento il quale ha funzione legislativa e in tal periodo l'individuazione per determinate materie dell'esclusiva competenza legislativa determinava la sottrazione delle stesse all'arbitrio del potere sovrano che quindi limitato in quelle regioni virtù serva attribuita al l'unico organo rappresentativo della volontà popolare. Si afferma così il concetto di diritto all'auto imposizione: NO TAXATION WITHOUT RAPRESENTATION, che sancisce la indefettibile legame tra prelievo tributario e rappresentanza politica. tale concetto è al centro di alcune tra le più importanti testimonianze fonti giuridiche dell'umanità quali: - la magna charta libertatum del 1215 - il Bill of rights del 1688 - la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 In Italia la riserva di legge in materia tributaria è prevista per la prima volta l'art. 30 dello statuto fondamentale della monarchia di savoia del 1848 meglio conosciuto come statuto albertino. La radice storico giuridica della riserva di legge esprime una forte dimensione di garanzia di tutela del singolo nei confronti del potere esecutivo in una prospettiva di stampo liberale di presidio rispetto all' ingerenza statale. La lettera dell'attuale art. 23 cost. evidenza i primi più importanti ambiti di competenza parlamentare e quindi di affermazione della riserva di legge la tutela della libertà individuale e la tutela dell'integrità patrimoniale. Si tratta di valori fondamentali che racchiudono il fulcro della libertà e della dignità umana ed è da valorizzare il fatto che la garanzia del patrimonio del singolo sia posta allo stesso livello della libertà personale. Se le radici della riserva di legge sono storicamente legate alla nascita dello Stato democratico e pero vero che la piena affermazione dello Stato di diritto in cui la legge e la fonte anche dei poteri dell'esecutivo ha nel tempo modificato la portata del principio e il progressivo riconoscimento dei valori costituzionali in particolare la dimensione dello Stato sociale ha connotato il fenomeno tributario non solo in negativo ma anche in positivo quale strumento attraverso cui perseguire finalità di solidarietà e uguaglianza sostanziale. La ragione qui attualmente risponde il principio di riserva di legge è quella di rafforzare il principio di legalità in relazione a valori e interessi fondamentali del singolo e della collettività. In questa prospettiva la riserva di legge in materia tributaria è idonea a: - configurare la subalternità del potere esecutivo rispetto a quello legislativo - consentire una maggior ponderazione delle scelte politiche che solo il procedimento legislativo può garantire anche mediante il necessario coinvolgimento delle minoranze nella discussione parlamentare - assicurare la trasparenza dei processi decisionali dinanzi all' opinione pubblica - determinare il controllo di legittimità dell'atto normativo da parte della Corte costituzionale custode dei più importanti valori ordinamentali in ordine all'ambito oggettivo della riserva di legge l'art. 23 cost. continua il concetto di prestazione patrimoniale imposta e alla luce degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale è possibile considerare il rapporto tra prestazione patrimoniale imposta e tributo in termini di sottoinsieme o in termini di genere a specie nel senso che il tributo rientra nel concetto di prestazione imposta che però risulta molto ampio ricomprendendo anche altri istituti. La prestazione patrimoniale imposta quale entrata pubblica ha due elementi: 1. la coattività- per insegnamento costante della Corte costituzionale non è di per sé rilevante la formale denominazione della prestazione ai fini della ricomprensione all'interno dell'art. 23 cost. Gli elementi caratterizzanti la prestazione imposta debbono essere ricercati non nel nome bensì nella complessiva disciplina giuridica e per quanto riguarda il requisito della coattività si deve far riferimento a quelle prestazioni il cui obbligo sia previsto da un atto autoritativo adottato senza il concorso della volontà del soggetto destinatario. - Nozione formale di prestazione imposta: categoria cui tipicamente appartiene il tributo in cui l'atto d'imperio dello Stato è espressione di sovranità e della condizione di soggezione del singolo - nozione sostanziale di prestazioni imposta: categoria che pur trovando origine da una fonte contrattuale risulta integralmente disciplinata in via autoritativa essendo lasciata al consociato solo la libertà di accettare o non accettare gli obblighi autoritativamente prefissati Ne consegue la trazione nell'ambito della riserva di legge anche delle tariffe pubbliche per servizi e succitati in regime di monopolio o di quelle prestazioni collegate situazioni in cui singolo non abbia la reale possibilità di compiere scelte alternative quindi per esempio rientrano nelle prestazioni imposte le tariffe del servizio telefonico gestito il regime non medio di Stato buoni quando hai poi mentre non sono considerate prestazioni imposte la amministrative tributarie costituiscono una prestazione patrimoniale imposta di cui all'articolo 25 della costituzione. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 23 cost. si ritiene che il termine legge indichi sia la legge in senso formale sia gli atti aventi forza di legge quindi la base legislativa in cui si sostanzia la riserva di legge in materia tributaria può essere costituita da: - legge del Parlamento articoli 71- 74 costituzione - decreto legislativo articolo 76 costituzione - decreto legge articolo 77 costituzione - legge regionale articolo 117 costituzione il decreto legge e il decreto legislativo sono atti ma nati dal governo ma c'è la previsione costituzionale del controllo parlamentare preventivo mediante la delega o successivo mediante la conversione per cui è sempre rispettata la ragione del principio di riserva di legge di quell'art. 23 cost. ecco quindi che si tratta di due fonti che hanno un'ampia diffusione in materia fiscale per diversi motivi. le ragioni di straordinaria necessità ed urgenza che ai sensi dell'art. 77 cost. devono sostenere ricorso al decreto legge spesso sono fatte coincidere con le esigenze di carattere finanziario e dunque con l'interesse dello Stato ha una continua e sicura acquisizione delle risorse finanziarie ciò può condurre a forme di abuso dello strumento del decreto legge così come accade in altre branche del diritto. Da segnalare che l'articolo quattro della l. 212/2000 cioè lo statuto del contribuente prevede che non si possa disporre con decreto legge l'istituzione di nuovi tributi né prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti in quanto forma di autolimitazione da parte del Parlamento data la natura di legge ordinaria dello statuto e simile principio non può realmente tracciare alcun limite cogente. La diffusione di decreti legislativi e invece in gran parte collegata alla complessità e al tecnicismo che caratterizzano la materia fiscale e che richiedono spesso una fase iniziale di definizione e approfondimento da parte dell'esecutivo. I principali tributi del nostro ordinamento sono stati introdotti con decreti legislativi che possono anche contenere i testi unici: fonti normative che raccolgono la disciplina di un determinato tributo. il peculiare rapporto tra ordinamento nazionale ed europeo ha posto qualche dubbio in relazione al principio di riserva di legge di cui all'art. 23 cost. in quanto ci si è chiesti se il precetto costituzionale possa dirsi rispettato qualora l'obbligo tributario sia introdotto e disciplinato da fonti normative europee non potendo queste essere propriamente qualificate né come legge né come atto ad essa equiparato. La Corte costituzionale ha risolto il problema inizialmente affermando la non applicazione dell'art. 23 cost. alle fonti comunitarie e successivamente riconoscendo il pieno rispetto della riserva di legge sulla base della superiorità gerarchica delle fonti europee rispetto a quelle nazionali. In questo senso una direttiva o un regolamento dell'unione europea può costituire la base su cui innestare atti normativi ad essi subordinati secondo il paradigma dell'art.23 cost. avendo un valore addirittura superiore rispetto alla legge. Se dal punto di vista formale e alla luce dei rapporti tra gli ordinamenti non sembra ritenersi violato l'art. 23 maggiori perplessità sorgono invece avendo riguardo alla ragione del principio di riserva di legge perché questa garantisce valori di natura individuale collettiva allo stesso tempo; i quali sono talmente importanti da poter essere disciplinati solo dall'organo che esprime direttamente la volontà popolare e con un procedimento c'è quello legislativo che assicura ponderazione, trasparenza, coinvolgimento delle minoranze, controllo del legittimità. Ecco quindi che il riconosciuto e non ancora del tutto superato deficit democratico dell'unione si pone sicuramente sul piano teorico in considerazione con la natura certamente esclusi democratica delle giustificazioni storiche costituzionali che legittimano la potestà normativa tributaria. Le fonti normative secondarie sono rappresentate dai regolamenti che nell'ordinamento italiano possono essere: - statali - regionali - locali la natura secondaria della fonte e quindi la subordinazione alla legge determina un limitato ma comunque importante spazio di operatività dei regolamenti in materia tributaria e la disciplina sostanziale del tributo deve avere necessariamente una base legislativa potendo essere integrata dai regolamenti solo per quanto attiene alla determinazione del quantum del prelievo quindi circa la base imponibile e le aliquote entro criteri e limiti fissati dalla legge. La disciplina procedimentale non essendo coperta dalla riserva di legge può invece essere oggetto di norme regolamentari salvo quando si tratti di disposizioni che abbiano un indiretto effetto sostanziale. In relazione ai regolamenti statali la disciplina di riferimento e posta dall'art.17 l. 400/1988 che individua sei tipologie di regolamenti: 1. esecutivi 2. attuativi 3. integrativi 4. autonomi o indipendenti 5. di organizzazione 6. delegati Fondamentale è la distinzione tra: -potestà normativa dello Stato esercitata tramite le leggi e i regolamenti-Solo questa in grado di produrre norme giuridiche dotate dei caratteri di generalità astrattezze novità disciplinando la materia fiscale. -potestà impositiva dello Stato intendendosi quindi il potere di dare attuazione al singolo rapporto tributario mediante l'attività di controllo, accertamento, riscossione compiuta dallo stato quale ente creditore- questa non è in grado di produrre norme giuridiche ma si risolve invece in un'attività attuativa di tipo amministrativo. L’atto amministrativo espressione della potestà impositiva ha dunque una portata applicativa ed individuale. Anche in materia tributaria sono tuttavia presenti i cd atti amministrativi generali, che pur nella dimensione attuativa e concreta si riferiscono ad una pluralità di soggetti passivi, risultando talora difficilmente distinguibili dai regolamenti. Nel diritto vivente sembra prevalere l'impostazione di ritenere rilevanti i criteri di tipo formale come: l'adozione del nome del regolamento, il rispetto del procedimento di formazione e l'eventuale previsione contenuta nella legge di riferimento. Sovente è la stessa legge a prevedere l'emanazione di decreti applicativi definiti di natura non regolamentare o affidare il medesimo compito a provvedimenti del direttore dell'agenzia delle entrate si pensi al modello di dichiarazione tributaria approvato annualmente con un atto amministrativo generale cioè il provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate. 3.IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI CAPACITA CONTRIBUTIVA Il principio di capacità contributiva è contenuto nel comma uno dell'articolo 53 della costituzione: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. In termini teologici e sistematici la norma si presta ad essere esaminata da diversi punti di vista: Si riconosce la piena ammissibilità nel diritto tributario di questi regolamenti che disciplinano l'esecuzione di leggi e decreti legislativi e completano e integrano le norme di principio di tali ultime fonti Inammissibili nel campo coperto della riserva di legge sono invece i regolamenti che intervengono su materie in cui manchi la regolamentazione legislativa questi in via teorica potrebbero essere ammessi solo per la disciplina procedimentale ma si tratta comunque di un ambito in cui la fonte primaria non è mai del tutto assente anche per garantire elementari condizioni di buon andamento correttezza ed efficienza della pubblica amministrazione soprattutto in un settore così delicato come quello tributario e per lo stesso motivo non sono realmente diffusi nemmeno i regolamenti organizzativi. Il regolamento delegato non può essere emanato in base all'articolo 17 comma due della legge 400 del 1988 nelle materie coperte da riserva assoluta di legge perché inerenti ad un processo legislativo chiamato di delegificazione attraverso cui la legge dispone l'abrogazione di norme vigenti con fissazione delle nuove regole di carattere generale autorizzando al tempo stesso l'esercizio dell potestà regolamentare. - il principio individua il necessario collegamento tra prelievo tributario e finanziamento delle spese pubbliche esplicitando la fondamentale funzione assoluta dei tributi cioè quella di garantire le risorse per lo svolgimento dell'attività dello Stato e degli altri enti territoriali anche per questo la situazione giuridica del concorso del singolo è delineata in termini di doverosità e l'interesse generale dello Stato alla percezione dei tributi e considerata un valore fondamentale per la collettività definito dalla Corte costituzionale in due sentenze del 1975 e del 2001 interesse fiscale - il principio fissa anche il criterio in base al quale le spese pubbliche debbono essere ripartite tra i singoli cioè il carico fiscale deve essere determinato in ragione della capacità contributiva di ognuno. La capacità contributiva è assunta dalla norma costituzionale quale causa giustificatrice del prelievo tributario nonché regola di determinazione dell’an e del quantum di quest'ultimo. L'imposizione tributaria si giustifica solo se il consociato manifesto una propria capacità contributiva la presenza della quale è sufficiente per legittimare il concorso individuale alle spese pubbliche. Tradizionalmente si ritiene che la capacità contributiva rappresenti la causa giustificatrice dei tributi volti a coprire le spese pubbliche cosiddetti invisibili mentre altri tributi ispirati al criterio del beneficio e alloggi che para comitive sarebbero tutti nati a sostenere le spese pubbliche in modo di visibile cioè connessa servizi che possono essere usufruiti uti singuli. seguendo questa impostazione la Corte costituzionale afferma l'applicabilità del principio di capacità contributiva alle sole imposte e non alle tasse di cui alla sentenza numero 96 del 2001. Tale dictum non è però condivisibile per una serie di motivi: in primo luogo perché a parte la fattispecie di tributi di scopo il collegamento tra tributo e destinazione finanziaria non può assumere rilievo giuridico nel definire la struttura dell'imposta o della tassa ed è peraltro da osservare come più importanti servizi pubblici di welfare state siano prevalentemente finanziati da imposte piuttosto che da tasse. in secondo luogo perché il principio di capacità contributiva è formulato dall'articolo 53 della costituzione in termini ampi si parla di tutte le spese pubbliche il che esprime l'idea secondo la quale per ragioni di equità ed uguaglianza anche le spese pubbliche potenzialmente divisibili debbono essere sopportate non solo da chi ne usufruisce in modo diretto ma da tutti il ragione delle proprie possibilità economiche. sembra quindi preferibile una diversa impostazione accolta oggi solo da una residua parte di dottrina che ammette l'applicazione del principio di cui all'articolo 53 della costituzione a tutti i tributi. per le tasse invece nella prospettiva da noi accolta non verrebbe meno la particolare giustificazione causale basata sull'atto o sul servizio predisposto per il consociato, piuttosto nell'individuare l’an e il quantum del prelievo realizzato dalla tassa, ecco quindi che il criterio di riparto espresso dal beneficio dovrebbe essere integrato da quello di capacità contributiva realizzando allora un'integrazione a livello di causa giustificatrice del tributo. In tal modo si determina una coerenza tra il carico tributario imposto al singolo e la forza economica dallo stesso manifestata. Questa prospettiva sarebbe la sola in grado di riscattare quella dimensione anacronistica della tassa retaggio di momenti storici in cui lo stato doveva essere remunerato per lo svolgimento delle proprie funzioni. Nel delineare una situazione di doverosità del concorso alle spese pubbliche connessa ad una dimensione causale data dall'apprezzamento di una generale forza economica del consociato l'articolo 53 comma uno esprime una componente solidaristica e le cui fondamenta sono da individuarsi nell'articolo due. Infatti l'attuazione dell'obbligo tributario risulta essere adempimento di doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale essendo strutturato per comportare un non è riferibile il presupposto del tributo non avendo manifestato la specifica capacità contributiva eh il possibile conflitto costituzionale con l'art.53 cost. si ha però risolto grazie a delle pronunce della Corte cost. le quali affermano che la legge prevede meccanismi giuridici idonei ad evitare che il peso economico del tributo incida su tali soggetti garantendo che solo il contribuente risulti inciso in via definitiva dal tributo. Negli anni la Corte costituzionale ha con le proprie pronunce definito il concetto di capacità contributiva come forza economica effettiva ed attuale e l'identificazione della capacità contributiva con la forza economica del soggetto comporta che - il legislatore nell'andare a individuare il presupposto dei tributi non possa attribuire il rilievo a fatti o atti che siano privi di valenza economico patrimoniale dovendo invece selezionare quei fatti ed atti che sono idonei a presentarsi come indici della più complessiva capacità economica del soggetto medesimo. Questo aspetto appare abbastanza scontato potendo considerare le ipotesi di tributi basati su fatti economicamente irrilevanti come meri esercizi teorici per es. un tributo sulle persone brutte o confinanti nel tempo giuridico passato com'è stato per il tributo sulle barbe della Russia zarista o per il tributo sul celibato dell'Italia fascista. - Il tema del connotato economico della capacità contributiva risulta invece di grande attualità e sicuramente problematico ciò per la sempre maggior esigenza da parte dello Stato di prevedere nuove forme di tassazione; esigenza che può condurre a individuare presupposte impositivi la cui dimensione economico patrimoniale risulta discutibile. Questo problema è connesso a quello più generale dell'individuazione dei fatti indice di capacità contributiva che tradizionalmente sono identificati nel reddito, nel patrimonio, nel consumo e nell'attività giuridica. Domanda: c'è spazio per individuare ulteriori fatti indice oltre a quelli tradizionali? La risposta è positiva secondo le indicazioni della Corte cost. la quale ritiene che deve comunque trattarsi di fatti che esprimono una specifica forza economica del soggetto e come tali rilevabili e misurabili in denaro. I fatti indici devono poter esprimere una posizione differenziata sul piano economico patrimoniale Si pensi all'irap tributo che ha come presupposto l'esercizio di un'attività autonomamente organizzata in cui il fatto indice è rappresentato dalla situazione di dominio sui fattori produttivi che secondo alcuni non sarebbe realmente espressivo di una specifica capacità economica. Si deve peraltro osservare che l'irap può risultare dovuta anche qualora l'attività sia in perdita, per la possibile indeducibilità di taluni costi della produzione. La Corte ha ritenuto però ragionevole l'indice di capacità contributiva assunto dall’Irap in grado di evidenziare una situazione avente rilevanza economica che giustifica l'imposizione fiscale. La tendenza dei legislatori ad individuare nuovi fatti indice deriva sia dalle crescenti esigenze finanziarie che specie in periodi di crisi economica spingono verso la ricerca di maggiori entrate statali sia dalla necessità di intercettare nuove forme di ricchezza che non si esprimono secondo i criteri tradizionali o fenomeni economici che per le proprie caratteristiche rischiano di sfuggire al prelievo tributario. Si pensi alla webtax ossia un prelievo ad hoc per le imprese che operano nel settore del commercio elettronico tramite transazioni digitali la quale si giustifica soprattutto per il fatto che questi soggetti operando sul web e quindi senza necessità di una presenza fisica stabile negli Stati dei consumatori sono in grado di scegliere il paese di residenza secondo criteri di convenienza fiscale. Si ritiene che dal necessario legame tra prelievo fiscale forza economica del singolo derivino limiti quantitativi per il legislatore ossia limiti di tassazione massimo ecco quindi che non sono ammissibili i prelievi confisca tori aventi l'effetto di produrre la totale ablazione della ricchezza oggetto del tributo; inoltre si configura come incostituzionale quella tassazione che grava sul cosiddetto minimo vitale ossia che priva il singolo delle risorse economiche necessarie per soddisfare i bisogni essenziali suoi e della sua famiglia. La dimensione quantitativa del minimo vitale e lasciata la valutazione discrezionale del legislatore da esercitarsi in base al principio di ragionevolezza. Il tema di tassazione massima risulta di grande rilevanza per l'elevato carico fiscale che in Italia pesa sui consociati aggravato dalle problematiche del coordinamento tu tra tassazione statale e federalismo fiscale. In questo senso sarebbe almeno auspicabile l'introduzione legislativa di una generale soglia reddituale o patrimoniale che non può essere incisa da alcuna imposizione cd. No tax area. Abbiamo detto che la capacità contributiva si identifica nella forza economica del soggetto che deve essere effettiva e attuale ed esaminando il primo dei requisiti possiamo dire che la forza economica può dirsi effettivo quando è reale, sussistente in concreto, non meramente virtuale o presunta, presentandosi così ad essere verificata nella sua dimensione effettuale. Tale requisito rappresenta un limite per il legislatore tributario rispetto all'introduzione di metodi di determinazione e di misurazione della capacità contributiva che non siano idonei a rappresentare la reale dimensione della forza economica del soggetto. Si ipotizzi un sistema di determinazione del reddito pensato per una categoria di soggetti passivi e basato esclusivamente su medie matematiche e indagini statistiche condotte a livello nazionale da cui desumere il reddito in medio riferibile ad ogni professionista. Un simile sistema in quanto non ancorato alla reale situazione del singolo contribuente non potrebbe esprimere il reddito realmente prodotto e l'effettiva forza economica risultando così costituzionalmente illegittimo. Dubbi circa il rispetto del requisito di effettività della capacità contributiva sono stati avanzati con riferimento al reddito fondiario che è determinato su base catastale. La rendita catastale esprime la redditività media ritraibili in condizioni normali da tutti gli immobili che presentano le stesse caratteristiche oggettive e la Corte costituzionale ha tuttavia dichiarato la legittimità del sistema in virtù della funzione di incentivo e semplificazione che persegue. La presunzione: è definita all'art. 2727 cc come la conseguenza che la legge (Presunzione legale) o il giudice(presunzione semplice) trae da un fatto noto per risalire un fattore ignoto. in quanto mezzo di prova attraverso la presunzione può darsi la dimostrazione della sussistenza di un fatto ignoto in modo indiretto ossia attraverso la prova di un diverso fatto noto. Nel diritto tributario l'uso della presunzione crea problemi di rispetto del requisito di effettività della capacità contributiva. Caso: tizio è disoccupato e convive con Caia una facoltosa imprenditrice dice che nel 2017 regala tizio un'automobile di grossa cilindrata accollandosi anche le spese accessorie di bollo e carburante. Qualche anno dopo l'ufficio fiscale compì un accertamento nei confronti di tizio che non ha dichiarato alcun reddito nel 2017 ma che risulta intestatario di un'autovettura del valore di 400.000 € cioè quella regalata da Caia, per la quale sono stimati almeno 50.000 € di costi annuali di manutenzione e l'ufficio accerta quindi un reddito annuo di 450.000 € e la relativa evasione fiscale in capo a tizio. l'ufficio fiscale opera un ragionamento di tipo presuntivo: -dimostrato il fatto 1 cioè il possesso di un bene di lusso -si è risaliti al fatto 2 cioè il reddito di tizio sulla base di una deduzione fondata su regole di comune esperienza dato che l'autovettura richiede una certa capacità di spesa annua si deve ritenere che tizio produca annualmente un reddito almeno pari a quella capacità ma non è stata data alcuna prova diretta del reddito e quindi dell'evasione di tizio. Nel caso si vede come l'ufficio fiscale potrebbe tramite le presunzioni arrivare a determinare la forza economica di un soggetto in modo non conforme alla realtà e il contribuente è messo nelle condizioni di dover dimostrare l'erroneità della presunzione o l'effettività della propria situazione economica recuperando una dimensione effettuale in linea con il principio di capacità contributiva. L'esempio fatto consente di comprendere le condizioni in base alle quali si può fermare la legittimità delle presunzioni in materia tributaria. Questi infatti risultano in linea con l'articolo 53 della costituzione qualora: - si tratti di presunzioni ragionevoli e quindi fondate su regole di comune esperienza oltre che coerenti con la ragione e la struttura del tributo - sia normativamente consentito al contribuente di fornire la prova contraria pertanto sono costituzionalmente illegittime ai sensi dell'art. 53 comma 1 cost.le presunzioni legali assolute per cui la legge non ammette prova contraria. La natura di legge ordinaria dello statuto non consente di considerare il principio come dotato di rilevanza costituzionale né di collocarlo in una posizione sovraordinata rispetto alle altre leggi tributarie con la conseguenza che ogni legge ordinaria espressamente retroattiva può legittimamente derogare alla previsione dell'art. 3 comma 1 dello statuto mentre si può assegnare una portata ermeneutica al principio di irretroattività dello statuto, nel senso che in caso di dubbio circa l'effetto retroattivo di una norma di legge si deve accogliere la soluzione interpretativa più in linea con il principio statutario ritenendo la disposizione irretroattiva. Le leggi di interpretazione autentica che hanno effetto naturalmente retrospettivo non dovrebbero comportare problemi dal punto di vista dell'attualità della capacità contributiva è tuttavia necessario che si tratti di leggi emanate in presenza di reali esigenze interpretative e che tale intervento normativo appaia ragionevole e proporzionale soprattutto considerando il principio di tutela del legittimo affidamento dei consociati. Un problema di rispetto del canone di attualità della capacità contributiva si pone anche per quelle disposizioni normative che prevedono acconti o anticipazioni d’imposta. Ai fini delle imposte sui redditi Irap ed iva la legge prevede che il contribuente debba versare determinate somme a titolo di acconto delle imposte che si riferiscono a presupposto che ancora non si sono realizzati. Benché non si tratti di veri e propri tributi su una capacità contributiva futura può astrattamente rilevarsi un potenziale conflitto con l'art.53 cost. ma la Corte costituzionale ha ritenuto legittime simili previsioni in considerazione dell'interesse fiscale dello Stato e del diritto al rimborso che in caso di versamento anticipato superiore a quello effettivo è riconosciuto al contribuente. Il principio di capacità contributiva costituisce espressione in materia fiscale del principio di uguaglianza di quell'art. 3 cost. derivando dallo stesso l'esigenza di un'uguale tassazione in presenza della medesima capacità contributiva infatti si è parlato in proposito di dimensione relazionale della capacità contributiva intesa quale limite di carattere relativo. Nel momento in cui il legislatore individua determinati fatti indice aventi valenza economica intorno ai quali costruire la fattispecie normativa del tributo la previsione di disposizioni o regimi diversificati non può essere lasciata alla mera discrezionalità legislativa che sfocerebbe in una arbitraria discriminazione non in linea con l'articolo 53 della costituzione. L'introduzione di trattamenti fiscali differenziati diviene legittima costituzionalmente solo quando si presenti come ragionevole, giustificata, non arbitraria, non sproporzionata in base ad un giudizio condotto ai sensi degli artt 3 e 53 cost. A questo proposito sembra opportuno distinguere le ipotesi di regimi fiscali meno favorevoli da quelle di regimi più favorevoli. Per quanto riguarda i primi, rispetto ai quali si pone anche un problema di rispetto della capacità contributiva intesa quale limite assoluto La Corte costituzionale ritiene necessario individuare la giustificazione la coerenza del diverso trattamento. La Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'imposta di successione nella parte in cui riservava un'imposizione più elevata per i figli adottivi del de cuius rispetto i figli legittimi visto che entrambi Si pensi alle agevolazioni fiscali previste dal codice del terzo settore che introduce misure di favore per determinati enti privati in funzione delle finalità sociali da questi perseguite o ancora si pensi al credito di imposta cd tax credit cinema riconosciuto alle imprese che investono nella produzione di opere audiovisive italiane come film o opere televisive o web o videogiochi finalizzati a sviluppare un determinato settore culturale in ragione della nazionalità italiana. Gli esempi potrebbero continuare giacchè proliferano in Italia le fattispecie agevolative e l'elevato numero di regimi agevolati non contribuisce certamente a rendere il sistema fiscale chiaro, semplice e comprensibile ecco quindi che occorre chiedersi quale sia il limite derivante dall'art. 53 cost. all'introduzione di agevolazioni funzionali al raggiungimento di finalità extra fiscali rispetto alle quali la non tassazione risulta essere di carattere puramente derogatorio rispetto all'ordinario trattamento impositivo. L'impostazione tradizionale è quella di ritenere che le agevolazioni fiscali possono essere considerate legittime nei limiti in cui la finalità extra tributaria consenta di soddisfare garantire specifici valori di rilevanza costituzionale o fondamentali del sistema. Si determinerebbe una sorta di bilanciamento tra la deroga dell'art. 53 cost. derivante dal trattamento agevolativo e l'attuazione dell altro principio che sorregge la finalità extra fiscale; detto in altri termini vi sarebbe una deroga costituzionalmente consentita al principio di capacità contributiva. In simile prospettiva appare evidente come molteplici possano essere le finalità promozionali idonea a legittimare le agevolazioni fiscali secondo i valori espressi dalla nostra carta costituzionale rispetto alle quali il legislatore conserva un'ampia discrezionalità di scelta. Tra queste la tutela e la promozione del lavoro, del risparmio, della cooperazione, dello sviluppo economico, dell'ambiente, della famiglia e della cultura. E da notare come le questioni di legittimità costituzionale avente ad oggetto norme agevolative siano normalmente sollevate dai consociati per chiedere l'estensione del trattamento di favore a fattispecie ulteriori rispetto a quella prevista dalla norma agevolatrice e il parametro di legittimità diviene ancora una volta quello della ragionevolezza e della coerenza interna del tributo: se data la ragione dell'agevolazione appare incongrua e non giustificato escludere dal perimetro agevolativo ulteriori situazioni il giudizio di costituzionalità dovrà concludersi con l'estensione del beneficio anche a simili situazioni. Per es. è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma che prevedeva l'esenzione per gli atti relativi al procedimento di divorzio nella parte in cui non disponeva che la stessa agevolazione dovesse applicarsi anche in caso di procedimento di separazione giudiziale dei coniugi. appare diversa la questione della compatibilità delle agevolazioni fiscali con il diritto dell'unione europea in particolare se si considerano il principio di divieto di aiuti di Stato e il principio di non discriminazione collegate la libertà fondamentale del diritto dell'unione europea. Infatti qualora la agevolazione fiscale nazionale benefici talune imprese in modo selettivo può configurarsi un aiuto di Stato in grado di falsare la concorrenza e quindi come tale incompatibile sul piano comunitario; medesimi conflitti si hanno anche quando l'agevolazione fiscale determina un trattamento più favorevole per soggetti residenti o in ragione della provenienza nazionale di merci, servizi e capitali provocando così un trattamento discriminatorio. La valutazione della legittimità dei trattamenti fiscali differenziati deve quindi essere compiuta necessariamente su due piani: - quello costituzionale - quello del diritto dell'unione europea dal principio costituzionale di capacità contributiva deriva: - sia il vincolo per il legislatore di assumere quale oggetto del tributo un fatto indice espressione di forza economica - sia all'ulteriore limite di apprestare una disciplina normativa che non determini in modo arbitrario trattamenti fiscali differenziati Un ulteriore corollario del canone di ragionevolezza implicito nell'art. 53 comma 1 cost. attiene alla logicità e coerenza interna del tributo. La disciplina del tributo deve infatti manifestare una consequenzialità logica e una razionalità strutturale in particolare tra fatto indice, presupposto, base imponibile. In modo da evitare che si de termini la tassazione di una forza economica diversa da quella assunta a livello di presupposto o che vi sia contraddittorietà con la ragione che sorregge l'introduzione del tributo. Si pensi alla Robin Hood tax un tributo introdotto dalla legge 112 del 2008 sottoforma di addizionale Ires applicabile agli operatori economici del settore energetico e degli idrocarburi che assumeva quale ha fatto indice di capacità economica i sovrapprezzi fitti realizzati da tali imprese in un determinato periodo di congiuntura economica. La ragione giustificatrice del prelievo appariva di per sè costituzionalmente legittima essendo basata su una posizione di vantaggio economico realmente sussistente in capo alle imprese interessate nel periodo considerato. Tuttavia la robbin Hood tax è stata giudicata incostituzionale per problemi di coerenza interna tali da configurare la violazione degli articoli tre e 53 comma uno costituzione sotto il profilo della ragionevolezza e proporzionalità sentenza 10 del 2015 della Corte costituzionale. Infatti a giudizio della Corte non sarebbe stato ragionevole prevedere l'imposizione sull'intero reddito delle imprese anzi che sui soli sovrapprofitti così come disporre la durata permanente anziché contingente del tributo anche oltre il permanere della situazione di congiuntura; inoltre è stata valutata in questa prospettiva anche l'assenza di meccanismi idonee a garantire che gli oneri derivanti dall'incremento di imposta non si traducessero in aumenti del prezzo al consumo. 4 IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI PROGRESSIVITA ex art 53, comma 2 cost. Tale comma recita che: il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Il principio di progressività esige che l'imposizione fiscale cresca in misura più che proporzionale al crescere della forza economica del soggetto e rispetto ad una imposizione proporzionale il carattere della progressività determina un maggior carico fiscale per i soggetti più ambienti e una meno gravosa in posizione per quelli meno abbienti. In questo modo l'art. 53 comma 2 della costituzione rafforza la matrice solidaristica del principio di capacità contributiva perseguendo una finalità di redistribuzione della ricchezza implicita nella regola della progressività. Attenzione però perché l'art. 53 comma 2non impone che ogni singolo tributo in Italia debba essere progressivo infatti tra le principio costituzionale così come interpretato dalla Corte richiede invece che il sistema sia nel suo complesso di carattere progressivo sent. 2/ 2006 della Corte costituzionale. A questo fine si impone una valutazione che tenga conto della struttura dell'intero ordinamento ma anche dell'effettivo gettito tributario. Il fatto che siano ammissibili sia tributi proporzionali sia tributi regressivi evidenzia come per rispettare il precetto del comma due sia sufficiente una progressività mite che lascia ampia discrezionalità al legislatore. - Tributi proporzionali sono l'ires e l'irap - tributi che rilevano una componente addirittura regressiva sono l'iva e i tributi indiretti sui consumi; questo perché la tassazione in funzione della tipologia di beni e servizi consumati determina un maggior sacrificio economico per i soggetti dotati di minor capacità contributiva. - Tributo realmente progressivo e solo l'Irpef che oltre a garantire una parte estremamente rilevante del gettito fiscale italiano riveste un ruolo sistematico fondamentale cioè quello di realizzare l'imposizione generale sul reddito delle persone fisiche. In tal senso è possibile affermare che la progressività del sistema tributario è attualmente garantita esclusivamente dalla progressività dell'irpef fondata soprattutto sul sistema di aliquote crescenti per scaglioni. in questo quadro collochiamo la possibile revisione dell Irpef in termini di: - flat tax cioè imposta piatta con una sola aliquota - dual tax cioè imposta con due aliquote tale dibattito deve tener conto in primis del fatto che non sono necessarie le aliquote giacchè l'art. 53 non pone vincoli rispetto strutturato alla normativa del tributo e in secondo luogo ogni modifica legislativa deve essere considerata in termini di impatto sul principio costituzionale pertanto si possono immaginare vari e altri congegni normativi come l'estensione della no tax area. 5 ALTRE NORME COSTITUZIONALI RILEVANTI IN MATERIA TRIBUTARIA Nell'approfondire i principi di riserva di legge e di capacità contributiva sono state individuate le connessioni esistenti con altri principi costituzionali tali da caratterizzare la complessiva rilevanza costituzionale della materia tributaria. - Art. 75 comma 2 cost.per il quale non è ammesso il referendum abrogativo per alcune tipologie di leggi tra cui quelle tributarie e di bilancio; la ragione è di evitare che uno strumento di democrazia diretta come il referendum abrogativo possa operare in un settore delicato e impopolare - Art. 81 cost. contenente il principio del pareggio di bilancio che interessa anche gli enti territoriali minori e le pubbliche amministrazioni; tale equilibrio di bilancio assume una dimensione fiscale dato lo stretto collegamento esistente tra tributi e attività e servizi pubblici nella sentenza numero 10 del 2015 la Corte costituzionale ha considerato il principio di equilibrio di bilancio come un valore da tutelare e bilanciare con altri presenti nel nostro testo costituzionale giungendo ad escludere la retroattività della pronuncia di incostituzionalità di un tributo definito robbin Hood tax e quindi la restituzione delle somme indebitamente percepite dallo stato in considerazione della grave alterazione dell'equilibrio di bilancio che ne sarebbe derivata. Il principio diviene in tal modo strumentale alla tutela dell'interesse fiscale dello Stato nei confronti dei singoli consociati. 6 I PRINCIPI GENERALI CONTENUTI NELLO STATUTO DEL CONTRIBUENTE Con la l.212/2000 definita disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente il legislatore ha inteso riconoscere in capo ai consociati alcuni diritti fondamentali individuando importanti principi relativi all'attività normativa tributaria e di disciplina del rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria. occorre chiedersi quale sia l'efficacia dei principi statutari e il rango ad essi riconosciuto visto che l'art. 1 comma 1 l. 212/2000 prevede che le disposizioni dello statuto costituiscano principi generali dell'ordinamento tributario e nonostante simile clausola si auto qualifichi è da notare come la l.212/2000 non abbia natura di legge costituzionale bensì di legge ordinaria e di conseguenza le norme statutarie non sono idonee a fondare il giudizio di legittimità costituzionale ecco che ne deriva in base all'interpretazione prevalente che lo statuto occupa nella gerarchia delle fonti la stessa posizione di altre leggi ordinarie con possibilità di deroga da parte di atti successivi pari ordinati. Lo statuto prevede anche una clausola auto rafforzativa ai sensi della quale le disposizioni statutarie possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. In questo modo si intende dare stabilità ai principi dello statuto richiedendo meditazione consapevolezza legislativa nel momento in cui si introducono deroghe o modifiche ai principi statutari e secondo la prevalente giurisprudenza clausole come quelle in oggetto riguardanti l'attività normativa si risolvono in semplici auto limitazioni il cui rispetto dipende esclusivamente dalla volontà politica del legislatore senza che sia possibile attribuire alle stesse una reale efficacia vincolante. Ciò detto la principale portata giuridica dei principi dello statuto si apprezza a livello ermeneutico infatti le norme statutarie sono idonee a riprodurre il riconoscere principi generali immanenti all' ordinamento tributario di derivazione soprattutto costituzionale. Sebbene il loro rango giuridico non sia superiore a quello della legge ordinaria i principi statutari costituiscono criteri guida per l'interpretazione l'applicazione delle norme tributarie. Le norme dello statuto assumono una generale valenza interpretativa garantendo nei casi dubbi che alla tale principio è stato applicato nell'ipotesi di restituzione di tributi nazionali ritenuti incompatibili con il diritto europeo da esso derivando l'illegittimità dei regimi procedimentali interni che rendono eccessivamente gravoso al contribuente l'azione di recupero e dallo stesso deriva la doverosità dell autotutela in caso di atti amministrativi anorachè e definitivi incompatibili con il diritto europeo. - diritto al contraddittorio che assume una dimensione di principio generale nella sfera di applicazione del diritto euro unionale in quanto strettamente connesso al diritto di difesa. le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno riconosciuto l'esistenza di un principio generale del contraddittorio nel sistema italiano solo relativamente ai tributi armonizzati in virtù degli ordinamenti della giurisprudenza europea escludendoli invece in rapporto ai tributi non armonizzati. Principi comuni dell'unione europea sono individuati ed elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'unione europea sulla base delle tradizioni giuridiche nazionali. - il principio di certezza del diritto è assunto quale valore fondamentale dell'ordinamento europeo nel generale significato di conoscibilità delle norme giuridiche da parte dei destinatari e prevedibilità delle conseguenze giuridiche dei comportamenti. Tale principio viene tradotto dalla giurisprudenza europea in ulteriori principi tra cui quello della tutela del legittimo affidamento ossia di protezione della situazione giuridica di chi abbia tenuto in buona fede un determinato comportamento basandosi sugli esiti prevedibili di una normativa o sugli atti della pubblica amministrazione. La Corte ha applicato tale principio nei casi di aiuti di Stato illegittimi ritardo della commissione nell'adottare la decisione abbia fatto sorgere un affidamento legittimo in capo al singolo tale da impedire il recupero della misura fiscale incompatibile. il principio di certezza del diritto e quello di legittimo affidamento costituiscono un argine alla retroattività degli atti normativi ed amministrativi dell'unione oltre che della normativa attuativa di norme europee derogabile solo in presenza di valide ragioni tratte dallo scopo da perseguire e in base a valutazioni di proporzionalità La Corte di giustizia ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo una limitazione retroattiva del diritto di detrazione iva introdotta dal legislatore nazionale non giustificata da esigenze di contrasto all'evasione o all'elusione fiscale - il principio di proporzionalità richiede che le misure impiegate per raggiungere uno scopo non eccedano quanto è necessario per lo scopo medesimo in modo da non determinare un eccessivo sacrificio degli altri valori in gioco è un principio strumentale e funzionale a valutare l'adeguatezza di una misura nel bilanciamento di due o più valori tra loro un potenziale conflitto. il principio è stato utilizzato con riferimento agli obblighi imposti e alle sanzioni applicabili nei sistemi nazionali nel campo dei tributi armonizzati per valutare la compatibilità con il diritto europeo o per giudicare norme nazionali che comportavano restrizioni alle libertà fondamentali sulla base di cause di giustificazioni ammesse solo se proporzionali. CAPITOLO 4- IL RAPPORTO GIURIDICO TRIBUTARIO 1.IL RAPPORTO GIURIDICO TRIBUTARIO E L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA la norma tributaria contiene la disciplina sostanziale procedimentale il rapporto giuridico obbligatorio che si instaura tra l'ente pubblico creditore e il singolo avente ad oggetto una prestazione pecuniaria. Il realizzarsi in concreto dell' astratta a fattispecie legale determina il sorgere di tale rapporto giuridico che si presenta come complesso ossia formato da una pluralità di elementi. la complessità si manifesta dal punto di vista soggettivo perché il rapporto giuridico tributario non attiene solo al legame tra soggetto attivo e contribuente potendo riguardare anche altre figure soggettive a vario titolo coinvolte nel prelievo la complessità si manifesta dal punto di vista dell'oggetto del rapporto giuridico tributario perché diverse sono le obbligazioni e gli obblighi formali che la norma tributaria imputa in capo ai soggetti passivi che al tempo stesso possono anche essere titolari di diritti di credito di natura tributaria nei confronti dell'ente pubblico Vi è concordia nel ritenere che l'obbligazione tributaria appartiene al genere delle obbligazioni di diritto pubblico la cui struttura si rivela omogenea a quella delle obbligazioni disciplinate dal codice civile pur distinguendo si per la natura legale della fonte che si riflette nella rigida disciplina della fase attuativa il che determina l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 1173 seguenti del codice civile all'obbligazione tributaria previa valutazione di compatibilità. L'adempimento dell'obbligazione tributaria richiede lo svolgimento di un iter procedimentale che ha i caratteri del procedimento amministrativo. Tanto che è possibile definire l'obbligazione tributaria come un rapporto obbligatorio su cui si innesta un procedimento amministrativo; in questo modo il rapporto giuridico tributario presenta una doppia valenza sostanziale e procedimentale. 2.I SOGGETTI DEL RAPPORTO GIURIDICO TRIBUTARIO IL SOGGETTO ATTIVO il soggetto attivo del rapporto tributario è il creditore dell'obbligazione tributaria e si identifica con lo stato o con il diverso ente pubblico territoriale. è necessario distinguere tra titolarità del credito tributario che spetta all'ente pubblico designato dalla legge e destinazione finanziaria delle risorse tributarie che può essere talvolta diversamente delineata senza però mutare la soggettività attiva del rapporto obbligatorio. Si pensi alla disciplina che consente la destinazione di una quota del gettito Irpef a favore di confessioni religiose ed enti sulla base dell' opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi dove la destinazione finanziaria delle risorse non incide sulla titolarità del diritto di credito dello Stato cd 5 o 8 x mille. si pensi alla previsione legislativa imposta dal diritto dell'unione europea che va a destinare una quota del gettito dell IVA e dei tributi doganali all'unione europea in quanto sono considerati risorse proprie dell'unione che tuttavia non trasformano l'unione europea nel soggetto attivo del tributo dato che la titolarità del credito rimane sempre in capo allo stato italiano. per potestà normativa si intende il potere di introdurre disciplinare il tributo potere che è strettamente connesso ai profili della riserva di legge e della ripartizione delle competenze normative tra fonti europei, nazionali, regionali, locali. L'attribuzione della potestà normativa non necessariamente coincide con la titolarità del credito tributario e non sempre spetta al soggetto attivo del tributo come nel caso dei tributi regionali o locali propri derivati in cui l'ente territoriale e il soggetto attivo di un tributo introdotto e prevalentemente disciplinato da una legge statale si pensi all'irap per potestà di imposizione s'intende il potere dell'ente pubblico che è soggetto attivo di dare attuazione al tributo intervenendo nel procedimento o meglio nei procedimenti di accertamento, liquidazione, riscossione attraverso l'esercizio di poteri autoritativi. Alla potestà di imposizione si riconnette anche la potestà sanzionatoria amministrativa relativamente alle violazioni accertate nei confronti di soggetti passivi. A differenza della potestà normativa la potestà di imposizione inerisce strettamente alla titolarità del credito d'imposta riguardando la dinamica procedimentale del rapporto tributario. Si definisce come amministrazione finanziaria quel complesso di organi ed uffici avente il compito istituzionale di curare l'attuazione dei tributi da pagare al soggetto attivo. Vi è quindi un'amministrazione finanziaria dello Stato per le imposte erariali ma si può parlare di amministrazione finanziaria anche in relazione a regioni ed enti locali. Un ruolo centrale è assunto dalle agenzie fiscali soprattutto dall'agenzia delle entrate che ha competenza generale sui principali tributi dell'ordinamento: Ires, Irpef, iva, Irap, imposte sui trasferimenti. Altre importanti agenzie sono: quella delle dogane quella del demanio quella del territorio L'agenzia delle entrate è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa e patrimoniale sottoposta all'indirizzo e alla vigilanza del ministero dell'economia e finanze che svolge un ruolo politico di generale programmazione e indirizzo in materia fiscale cd. MEF. L'agenzia delle entrate si articola: - in una struttura centrale avente sede a Roma con compiti di programmazione indirizzo controllo e coordinamento oltre che di predisposizione della modulistica ed è suddivisa in direzioni centrali - e in una struttura territoriale distinta in uffici regionali e periferici. Le direzioni regionali delle entrate hanno un ruolo di coordinamento e supervisione degli uffici periferici siti nel loro territorio e hanno talune funzioni operative e interpretative mentre le direzioni provinciali delle entrate garantiscono l'applicazione dei tributi amministrati dall'agenzia e operano a livello di attuazione del singolo rapporto tributario in base alla competenza territoriale all'interno dell'amministrazione finanziaria c'è la Guardia di finanza chi è un corpo militare dello Stato alle dipendenze del MEF avente competenza in materia di contrasto all'evasione e all'elusione tributaria a cui sono attribuiti gli stessi poteri istruttori spettanti all'agenzia delle entrate con cui deve sempre cooperare e coordinarsi ma non è dotata di un potere di accertamento e di riscossione e del tributo. Infatti la riscossione dei tributi è stata tradizionalità nel nostro sistema affidata ad una struttura estranea all’amministrazione finanziaria il cd. Agente di riscossione, che negli ultimi anni è coincisa con Equitalia Servizi per la Riscossione Spa. A partire dal 1 luglio del 2017 Equitalia è stata soppressa e le sue funzioni relative alla riscossione nazionale sono state attribuite ad un ente pubblico economico strumentale all’agenzia delle entrate, denominato: agenzia delle entrate-riscossione. Occorre inoltre segnalare che l'articolo 13 dello statuto dei diritti del contribuente ha previsto l'istituzione presso ogni direzione regionale delle entrate un: Garante del contribuente con il compito di raccogliere dai soggetti passivi segnalazioni di irregolarità, disfunzioni o prassi amministrative anomale. I SOGGETTI PASSIVI Si definiscono soggetti passivi coloro che risultano debitori dell'obbligazione tributaria nei confronti dell'ente pubblico creditore e all’interno di questa categoria la figura + importante è quella del contribuente cui si riferisce la capacità contributiva oggetto del tributo. Vi sono poi altre figure soggettive cioè il sostituto e il responsabile d’imposta, il cui coinvolgimento nel rapporto tributario si giustifica per meglio garantire l’interesse fiscale dello stato ad una pronta e sicura attuazione del tributo. I moduli normativi che prevedono forme di responsabilità fiscale per soggetti diversi dal contribuente devono rispettare diversi criteri per risultare in linea con le previsioni costituzionali. Nell'attuazione del tributo possono poi configurarsi anche obblighi di natura formale che non determinano di per sé il sorgere di una soggettività passiva tributaria prevista in capo anche a soggetti diversi dal contribuente dal responsabile di imposte e dal sostituto d'imposta. Una limitata rilevanza della residenza fiscale si ha anche in ambito dell’Iva, nella definizione dei criteri territoriali. Il sostituto d’imposta L’art 64, comma 1, del dpr 600/1973 definisce il sostituto d’imposta come il soggetto che, in forza di una disposizione di legge, è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, con rivalsa normalmente obbligatoria. La struttura della sostituzione tributaria prevede la presenza di 3 soggetti: 1. L’ente pubblico creditore 2. Il sostituto, ossia il soggetto al quale si riferiscono le situazioni indicative di capacità contributiva (contribuente) 3. Il sostituto ossia il soggetto obbligato alla prestazione pecuniaria Il sostituto risulta titolare di un’autonoma obbligazione nei confronti dell’ente pubblico creditore, avente il medesimo oggetto dell’obbligazione tributaria gravante sul contribuente e di cui quest'ultima rappresenta il fondamentale elemento costitutivo. Nello sviluppo del rapporto tributario in questo modo delineato l'obbligazione in capo al sostituto tende a sostituirsi a quella del sostituto/contribuente salvo situazioni patologiche e posta la distinzione tra ritenuta a titolo di imposta e ritenuta a titolo d'acconto il soggetto attivo può pretendere l'adempimento della prestazione pecuniaria solo dal sostituto. Lo strumento della sostituzione tributaria ha posto dubbi di legittimità costituzionale perché la legge in questo modo prevede una prestazione patrimoniale in capo a un soggetto senza che quest'ultimo manifesti una correlata capacità contributiva quindi in apparente violazione dell'articolo 53 comma uno costituzione. I dubbi si risolvono: 1. in primo luogo considerando che il meccanismo della sostituzione risulta funzionale all'interesse fiscale ossia all'interesse pubblico ad una più sicura e rapida attuazione del tributo ecco quindi che l'istituto della sostituzione riduce il rischio di evasione soprattutto perché si basa sul principio del contrasto di interessi tra sostituto e sostituito. Il sostituto non ha alcun interesse a non corrisponderà allo stato il dovuto trattandosi di un prelievo che grava economicamente solo sul sostituito e al tempo stesso il sostituito che vien estromesso dalla fase di attuazione del tributo non ha concretamente la possibilità di porre in essere comportamenti evasivi il rapporto al quantum che gli è stato trattenuto dal sostituto. 2. In secondo luogo occorre notare che secondo l'insegnamento tradizionale della giurisprudenza costituzionale la previsione legislativa della sostituzione tributaria risulta legittima nei limiti in cui il meccanismo giuridico consente di evitare il rischio che il peso economico gravi sul sostituto Nelle ipotesi di sostituzione tributaria attualmente vigenti ciò si realizza mediante lo strumento della rivalsa che non è solo obbligatorio ma anche preventivo rispetto all'adempimento del sostituto dato che si effettua con una ritenuta alla fonte che sostituto opera direttamente sulle somme che è tenuto a versare al sostituito. esistono due tipologie di ritenute nel settore delle imposte sui redditi in grado di connotare in termini differenti l'istituto della sostituzione tributaria: 1. ritenute a titolo d'acconto: dove si prevede l'obbligo per il sostituto di trattenere parte di quanto da lui dovuto al sostituito e di versare allo stato il corrispondente importo. L'effettuazione della ritenuta da parte del sostituto non esaurisce il rapporto tributario tra contribuente e soggetto attivo infatti le somme prelevate alla fonte costituiscono forme di acconto dell'imposta sui redditi dovuta dal sostituito il quale comunque tenuto a dichiarare il complesso di tutti i propri redditi e a liquidare l'imposta da in cui ho montare può scomputare l'importo della ritenuta d'acconto subita. In altri termini l'esecuzione della ritenuta fa sorgere in capo al sostituito un credito nei confronti dell'erario di importo pari e la ritenuta che è valorizzato in sede di dichiarazione dei redditi e l'effetto di sostituzione ha dunque ad oggetto la somma prelevata a titolo di acconto. Data simile struttura della ritenuta a titolo d'acconto è possibile parlare anche di sostituzione parziale di imposta. Nella categoria delle ritenute a titolo d'acconto rientrano: - quelle cui sono tenuti i datori di lavoro sui compensi altre somme che costituiscono reddito di lavoro dipendente - quelli cui sono tenuti determinati soggetti sui corrispettivi per prestazioni di lavoro autonomo erogati a soggetti residenti 2. ritenute a titolo di imposta: il sostituto ha l'obbligo di trattenere parte di quanto da lui dovuto al sostituito e di versare allo stato il corrispondente importo; il versamento della somma oggetto di ritenuta determina anche l'estinzione dell'obbligazione tributaria facente capo al contribuente esaurendo il rapporto giuridico tra quest'ultimo e il soggetto attivo. Il sostituto non è tenuto ad effettuare alcun ulteriore adempimento in relazione alla fattispecie impositiva in relazione alla quale è stata operata la ritenuta per questi motivi la ritenuta a titolo di imposta può essere configurata in termini di sostituzione integrale perché l'obbligazione in capo al sostituto coincide completamente con quella tributaria in senso proprio e l'adempimento della prima comporta l'estinzione della seconda. Dal punto di vista sostanziale la ritenuta a titolo di imposta sveglia alle fette assimilabile a quello delle imposte sostitutive concorrendo a determinare un effetto conosciuto come erosione o fuga dalla progressività dell'irpef. Nelle categoria delle ritenute a titolo di imposta rientrano: - quelle sui dividendi e altri redditi di capitale corrisposti a soggetti non residenti - su interessi da depositi e conti correnti corrisposti a soggetti non imprenditori - sui redditi da partecipazione corrisposte a persone fisiche non imprenditori vi sono poi delle ipotesi patologiche relativa al funzionamento del meccanismo delle ritenute e relative al rapporto tra sostituto e sostituito: - qualora il sostituto non adempie all'obbligo di effettuare la ritenuta e dunque non la versa allo stato non si potrà ritenere di essere in presenza di alcun effetto di totale o parziale sostituzione tributaria e conseguentemente il contribuente non potrà scomputare la ritenuta d'acconto dall'imposta liquidata e in caso di accertamento si tende a ritenere che l'amministrazione finanziaria possa procedere al recupero del tributo non versato sia in capo al sostituito sia in capo al sostituto. L’art 35 del DPR 602/1973 prevede la responsabilità solidale tra sostituto e sostituito in alcune ipotesi: quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, soprattasse e interessi relativi al redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo d'imposta né i relativi versamenti quindi il sostituito è responsabile in solido. - qualora il sostituto effettui la ritenuta senza versarla l'amministrazione finanziaria potrà procedere alla riscossione del debito tributario solo nei confronti dello stesso sostituto. E in caso di tenuta da conto i sostituito potrà scomputare dalla propria imposta complessiva la ritenuta subita. Secondo la giurisprudenza il sostituto può porsi validamente alla ripresa fiscale dell'ufficio dimostrando di aver subito la ritenuta non solo esibendo la certificazione del sostituto d'imposta ma con qualunque altra documentazione idonea. Il responsabile d'imposta l'articolo 64 comma tre DPR 600/1973 definisci il responsabile d'imposta come colui che ha obbligato al pagamento dell'imposta insieme ad altri per fatti o situazioni riferibili esclusivamente a questi ultimi con diritto di rivalsa. Come nel caso della sostituzione il legislatore tributario individua un'obbligazione incappa responsabile d'imposta distinta da quella che grava sul contribuente per meglio garantire l'interesse fiscale ad un rapido e sicuro versamento del tributo. La principale differenza tra le figure del sostituto e quella del responsabile è data dal fatto che l'obbligazione del responsabile di imposta si aggiunge a quella del contribuente non determinandosi alcun effetto parziale o totale di sostituzione. La figura del responsabile d'imposta realizza un ampliamento dei soggetti chiamati all'adempimento dell'obbligazione tributaria e dei patrimoni da sottoporre eventualmente ad esecuzione il che evidenzia una spiccata funzione di garanzia del credito erariale. Tra l'obbligazione tributaria in senso proprio e quella del responsabile d'imposta vi è un rapporto di pregiudizialità dipendenza determinandosi una situazione di solidarietà tra contribuente e responsabile nei confronti del soggetto attivo. Diverse sono le fattispecie di responsabilità di imposta disciplinate nell'attuale ordinamento: - la responsabilità dei pubblici ufficiali come i notai che hanno redatto, ricevuto, autenticato l'atto insolito con le parti contraenti per l'imposta di registro dovuta - la responsabilità del cessionario di azienda per il pagamento delle imposte delle sanzioni relative all'azienda ceduta salva la preventiva escussione del cedente - la responsabilità del rappresentante iva del soggetto non residente senza stabile organizzazione in Italia. Circa la responsabilità di imposta pongono problemi costituzionali e legislativi analoghi a quelli della sostituzione d'imposta e la Corte costituzionale ha in proposito affermato che la scelta legislativa della responsabilità di imposta deve essere ragionevole ossia fondata su un criterio basato su preesistenti rapporti giuridici economici con il contribuente anche per evitare che il responsabile rimanga definitivamente inciso dall'onere finanziario del tributo. Con l'espressione solidarietà tributaria si indica la situazione giuridica in base al quale più soggetti sono obbligati all'adempimento della medesima prestazione pecuniaria nei confronti dell'ente pubblico creditore del tributo. la solidarietà tributaria si definisce paritetica quando il presupposto d'imposta è realizzato unitariamente dai diversi soggetti determinando il sorgere di un'unica obbligazione tributaria, qui i coobbligati assumono tutti il ruolo di debitori principali perché con titolari dell'indice di capacità contributiva oggetto del tributo . è questo il caso per esempio delle parti contraenti di un atto di compravendita immobiliare responsabili in solido per il pagamento del tributo di registro. - nei rapporti interni tra i soggetti passivi il regresso si realizza pro quota la solidarietà tributaria si definisce dipendente quando i soggetti passivi sono obbligati alla prestazione pecuniaria in virtù di titoli giuridici differenti in modo che vi sia un'obbligazione principale e un debitore principale e un'obbligazione dipendente e un debitore dipendente. Elemento essenziale qui ovviamente l'obbligazione principale dalla quale si crea un rapporto di dipendenza. È questo il caso del responsabile d'imposta - nei rapporti interni tra i soggetti passivi il coobbligato dipendente che adempie ha diritto di regresso per l'intero verso l'obbligato principale In generale la responsabilità del coobbligato dipendente è illimitata estendendosi a tutto il suo patrimonio ma talvolta la responsabilità è limitata e in simili casi l’obbligato dipendente risponde solo entro determinati limiti quantitativi. è questo il caso del cessionario d'azienda che è responsabile di imposta nei limiti del valore dell'azienda trasferita. Inoltre il coobbligato dipendente non gode del beneficio della preventiva escussione dell'obbligato principale si deve invece ritenere che esulino dalla fattispecie di solidarietà quelli in cui un soggetto è esposto alle procedure esecutive perché titolari di beni su cui gravano privilegi speciali - L’obbligazione tributaria si può estinguere per confusione che si verifica quando le qualità di creditore e debitore si riuniscono nella stessa persona ciò avviene solo quando l’ente pubblico creditore subentri per successione mortis causa nel patrimonio del soggetto passivo defunto e qui i debiti fiscali pregressi si estinguono per confusione MODI DI ESTINZIONE NON SATISFATIVI Si ritiene che l’obbligazione tributaria sia indisponibile da parte dell’amministrazione finanziaria: - Sia per la natura pubblicistica - Sia perché i principi costituzionali di capacità contributiva e riserva di legge si oppongono a forme di rinunce del credito, totali o parziali, da parte del soggetto attivo. Per questi motivi l’obbligazione tributaria non si estingue NE PER NOVAZIONE NE PER REMISSIONE e trattandosi si un’obbligazione pecuniaria è bene ricordare che non risulta integrabile l’ipotesi di IMPOSSIBILITA DEFINITIVA O TEMPORANEA DELLA PRESTAZIONE Sono configurabili invece forme di estinzione non satisfativa dell’obbligazione tributaria connesse al mancato esercizio del diritto da parte dell’ente creditore entro un determinato lasso di tempo. A questo proposito occorre ricordare la discrasia tra: PRESCRIZIONE: che rappresenta una causa di estinzione del diritto - Nel diritto tributario la prescrizione riguarda il diritto di credito e attiene all’obbligazione - La prescrizione dell’obbligazione tributaria è regolata da norme di diritto comune cioè cc, se non espressamente derogate DECADENZA: che determina la perdita della possibilità giuridica di esercizio del diritto - Nel diritto tributario la decadenza riguarda le singole situazioni giuridiche scaturenti nell’ambito del procedimento tributario e alle facoltà esercitabili dai soggetti coinvolti - La decadenza scandisce l’iter del procedimento tributario con una generale funzione di certezza e di stabilizzazione dei rapporti anche nella prospettiva di buon andamento ed efficacia dell’attività amministrativa - La decadenza è contenuta nelle singole discipline procedimentali e differisce a seconda del tipo di tributo Il condono rappresenta una modalità atipica di estinzione dell’obbligazione tributaria, trattandosi di un istituto di carattere eccezionale e di deroga ai principi del sistema. Non c’è una definizione normativa di condono, l’interpretazione prevalente tende a ricomprendere nell’istituto quelle discipline, di carattere temporaneo che consentono ai contribuenti di definire in modo agevolato i propri rapporti tributari non ancora esauriti con effetti: - Estintivi di un’obbligazione tributaria - Premiali per quanto attiene alla responsabilità sanzionatoria La fantasia legislativa crea sempre nuovi condoni ma è possibile individuare 3 categorie: 1. Condoni totali o tombali= consentono al contribuente di estinguere l’obbligazione tributaria con il versamento di una somma inferiore rispetto al tributo dovuto, secondo modalità specificatamente previste. Inoltre si determina l’abbandono della pretesa sanzionatoria da parte dello stato 2. Condoni parziali o sulle sanzioni= consentono al contribuente di ottenere l’estinzione delle sanzioni attraverso l’integrale adempimento dell’obbligazione tributaria a suo tempo non assolta, secondo modalità specificatamente previste 3. Condoni processuali= consentono al contribuente di estinguere contenziosi tributari in corso, attraverso il pagamento di una somma che varia a seconda dello stato della controversia, in quanto parametrata agli esiti giudiziali provvisori Le varie forme di condono si pongono in una prospettiva di deroga rispetto ai principi fondamentali dell’ordinamento, tra cui quelli di uguaglianza e capacità contributiva che risultano lesi soprattutto dai condoni tombali. L’istituto del condono non può essere permanente ma deve valere per periodi temporali determinati in una logica eccezionale. Ma il legislatore fa cattivo e massiccio uso di una disciplina, quella del condono, che ha l’effetto di premiare coloro che non hanno correttamente adempiuto all’obbligo fiscale, facendo perdere credibilità al sistema. CAPITOLO 5- LA STRUTTURA DEI PRINCIPALI TRIBUTI 1 LE IMPOSTE NEL SISTEMA FISCALE ITALIANO Il sistema fiscale italiano si basa su una serie di imposte che hanno ad oggetto una pluralità di fatti- indice, espressivi di quella capacità contributiva idonea a determinare il concorso individuale alle spese pubbliche secondo il precetto dell’art. 53 Cost. Benché la forza economica del singolo costituisca un fenomeno indubbiamente unitario, i sistemi fiscali moderni tendono a frazionarla, per isolarne le diverse manifestazioni, su cui costruire autonomi prelievi tributari. Nell’ordinamento italiano, il reddito è oggetto di 2 tributi erariali, l’IRPEF e l’IRES, che si applicano a seconda della tipologia del soggetto passivo, sulla base del principio dell’unitaria e globale imposizione del reddito prodotto. Sul reddito complessivo delle persone fisiche incidono anche le imposte addizionali IRPEF, di competenza comunale e regionale. In Italia non esiste un’imposta generale sul patrimonio: simile fatto-indice di capacità contributiva è oggetto in via diretta di tassazione solo in relazione a taluni cespiti, quali il possesso di immobili e nella fiscalità locale con IMU e TASI, il possesso di immobili all’estero che è presupposto dell’IVIE, il possesso di cespiti finanziari all’estero che è oggetto dell’IVAFE. Altre fattispecie impositive di natura patrimoniale sono quelle delle c.d. tasse automobilistiche, del cannone RAI, dell’imposta di bollo su depositi bancari e titoli. Diversi sono, invece, i tributi indiretti presenti nell’ordinamento, potendo distinguere tra imposte sui consumi a carattere generale, come l’IVA o sulla fabbricazione ed il consumo di certi prodotti, vedi le accise; sui trasferimenti onerosi di beni e diritti (imposta di registro, imposta sui finanziamenti, imposta sulle transazioni finanziarie); sui trasferimenti e sulle formalità immobiliari (imposta ipotecaria e catastale); sull’esercizio organizzato di attività produttive (IRAP); sui trasferimenti gratuiti di beni e diritti (imposta sulle successioni e donazioni); sulla redazione in forma scritta di atti (imposta di bollo); imposte e dazi doganali. 2LE IMPOSTE SUI REDDITI: IRPEF ed IRES L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) è un’imposta progressiva e personale. L’effetto della progressività si ottiene attraverso un sistema di aliquote crescenti per scaglioni, abbinato a detrazioni di imposta decrescenti all’aumentare del reddito. Il carattere della personalità del tributo deriva dalla possibilità, riconosciuta al contribuente, di scomputare talune somme in grado di riflettere oneri, spese, carichi familiari, condizioni sociali. In tal modo il carico fiscale è graduato anche in ragione della situazione personale. L’imposta sul reddito delle società (IRES) è un’imposta proporzionale, con una sola aliquota al 24%. La disciplina di IRPEF ed IRES è contenuta nel TUIR, ovvero D.P.R. 917/1986. Il presupposto di entrambi i tributi è individuato nel possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate all’art. 6 TUIR. Il TUIR non contiene una definizione di reddito, cosicché se ne deve desumere il significato in via interpretativa. Si ritiene che il concetto di reddito corrisponda a quello di reddito-prodotto: costituiscono reddito gli incrementi patrimoniali realizzati da un soggetto, nell’arco di un determinato periodo temporale, provenienti da specifiche fonti produttive e, quindi, riconducibili ad individuate categorie. Da questa definizione possiamo individuare i seguenti elementi caratterizzanti il concetto di reddito fiscale:  Reddito come incremento di patrimonio: all’idea del reddito come incremento patrimoniale si riconnette la regola per cui le somme percepite da un soggetto a titolo di risarcimento costituiscono redditi solo se conseguite in sostituzione di altri redditi (c.d. lucro cessante). Viceversa, si deve affermare l’irrilevanza impositiva dei risarcimenti costituenti danno emergente, in quanto non in grado di determinare incrementi del patrimonio del soggetto, ma solo un riequilibrio patrimoniale alla luce di una precedente perdita derivante da illecito o da inadempimento. Caso: tizio, lavoratore autonomo è vittima di un incidente automobilistico a seguito del quale ottiene un risarcimento assicurativo modulato di: 10mila euro per spese mediche, 10mila euro per danni al bene mobile autovettura, 20mila euro per perdita di occasioni professionali avendo egli dovuto sospendere la propria attività nei 2 mesi di convalescenza. Le prime 2 voci sono danno emergente=perdite subite, l’ultima è lucro cessante=mancato guadagno, solo quest’ultima è redditualmente irrilevante. Caso: ad un lavoratore dipendente viene riconosciuto giudizialmente il diritto al risarcimento del danno derivatogli da pratiche di mobbing poste in essere dal datore di lavoro. La somma che quest’ultimo deve versare non è reddito fiscale perché è danno emergente, perdita subita gradualmente e non solo squisitamente economica  Reddito come flusso: deriva la previsione che l’imposta è dovuta per periodi d’imposta; da qui il carattere periodico di IRPEF ed IRES. Per le persone fisiche il periodo d’imposta corrisponde all’anno solare, mentre per le società e gli enti può essere diversamente stabilito dalla legge o dall’atto costitutivo. A ciascuno dei vari periodi di imposta corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. Il sistema delle imposte sui redditi conosce 2 principi tra di loro alternativi: - Principio di competenza: per cui il componente reddituale deve essere computato nel periodo di imposta in cui il credito o debito è sorto - Principio di cassa: in base al quale il componente reddituale deve essere computato nel periodo di imposta in cui vi è stata l’effettiva erogazione  Reddito come collegamento tra incremento patrimoniale ed una specifica fonte produttiva: questa relazione rappresenta il fondamento della classificazione dei redditi nelle 6 categorie indicate all’art. 6 TUIR. La ratio è quella di definire le categorie in funzione di una specifica fonte da cui il reddito si può generare; fonte che può essere rappresentata da: I SOGGETTI PASSIVI DELL’IRES L’art. 73 TUIR suddivide i soggetti passivi IRES in 4 tipologie: • Società di capitali: subiscono una situazione di potenziale doppia imposizione della medesima forza economica, che il legislatore ha nel tempo cercato di limitare con diversi strumenti (parziale esenzione da imposta dei redditi da partecipazione percepiti dai soci di società di capitali, regimi opzionali che consentano un’adeguata pianificazione per le società di capitali anche in termini di ottimizzazione del carico fiscale complessivo, tassazione di gruppo, regime di trasparenza fiscale); • Enti pubblici e privati diversi dalle società residenti in Italia ed aventi oggetto commerciale: tali enti sono considerati alla stregua di una società commerciale, con la conseguenza che il reddito da essi prodotto è sempre qualificabile come reddito d’impresa; • Enti pubblici e privati diversi dalle società residenti in Italia e non aventi oggetto commerciale: destinatari di particolari disposizioni agevolative nella logica di promozione del c.d. terzo settore; • Società ed enti di ogni tipo non residenti nel territorio italiano: solo i redditi prodotti in Italia dal non residente sono assoggettati ad imposizione. In termini complessi è possibile considerare che: - La commercialità o non commercialità dell’ente si determina in base all’oggetto principale o esclusivo, inteso quale attività essenziale per realizzare gli scopi primari dell’ente - L’oggetto principale o esclusivo si ricava dall’atto costitutivo e dallo statuto dell’ente - In ogni caso l’attività di fatto svolta è in grado di determinare la qualificazione dell’ente - Per definire la commercialità dell’ente è necessario che l’attività principale o esclusiva si configuri come esercizio di impresa, considerando l’elemento di produzione e scambio di beni e/o servizi e quello dell’economicità definita come un metodo di gestione in grado almeno di remunerare i fattori produttivi Caso: l’organizzazione Mirandola è un ente senza scopo di lucro avente finalità di promozione della cultura dei diritti umani, se in un secondo momento inizia ai propri eventi associativi a distribuire dietro compenso gadgets bisognerà rivalutare la sua non commercialità. LA RESIDENZA FISCALE Mentre il soggetto residente è assoggettato ad IRPEF o ad IRES su tutti i redditi ovunque prodotti, quello non residente è soggetto passivo solo in relazione ai redditi prodotti nel territorio italiano. Ai fini IRPEF è considerata residente in Italia la persona fisica che per la maggior parte del periodo d’imposta: 1. Iscrizione dell’anagrafe residente (AIRE=italiani residenti all’estero, ma se conservo dimora e residenza comunque fiscalmente sono residente in italia) PRIMA DEL 30 GIUGNO. 2. ha nello Stato il proprio domicilio; 3. ha nello stato la propria residenza. La sussistenza di uno solo di questi criteri è sufficiente per radicare in Italia la residenza fiscale. Per contrastare il fenomeno del trasferimento fittizio di residenza fiscale all’estero, il legislatore ha previsto una presunzione relativa di residenza in Italia per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in stati c.d. black list. È poi da segnalare l’art. 24- bis TUIR che, intendendo incentivare il trasferimento in Italia della residenza fiscale delle persone fisiche, prevede, a determinate condizioni, un regime opzionale di favore con un’imposizione forfettaria sui redditi prodotti all’estero del neo-residente. Ai fini IRES, si considerano residenti in Italia quelle società ed enti che per la maggior parte del periodo d’imposta possiedono nel territorio dello stato almeno uno dei seguenti elementi: • Sede legale: è intesa come sede indicata nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente; • Sede amministrativa: è intesa quale luogo da cui promana la preminente attività direttiva dell’ente, che coincide con quello in cui abitualmente si incontrano gli amministratori; • Oggetto principale: è il luogo in cui la società o l’ente esercita prevalentemente la propri attività. Anche in questo caso si tratta di criteri di tipo sia formale che sostanziale. Anche qui si sottolinea la presenza di disposizioni in contrasto al fenomeno delle c.d. esterovestizioni delle società: si presume la sede dell’amministrazione in Italia, qualora la società possieda una partecipazione di controllo in una società di capitali residente in Italia e, contestualmente, sia a sua volta controllata da soggetti residenti in Italia oppure sia amministrata da un organo formato in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio italiano. I SOGGETTI PASSIVI NON RESIDENTI L’articolo 23 TUIR fissa il principio di localizzazione della fonte del reddito, in base al quale definire l’assoggettamento ad imposta di persone fisiche, società ed enti non residenti e fissa differenti criteri a seconda delle categorie reddituali. L’istituto della stabile organizzazione risulta di particolare importanza perché assunto in ambito internazionale pattizio quale criterio di soluzione per i casi di doppia imposizione sui redditi d’impresa; secondo il modello OCSE di convenzione, i redditi d’impresa risultano tassabili nello Stato in cui sono prodotti dalla stabile organizzazione piuttosto che in quello di residenza. Il TUIR definisce la stabile organizzazione quale sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello stato (art 162). La stabile organizzazione è un’articolazione territoriale del soggetto non residente, idonea a determinare l’assoggettamento ad imposizione. Si distingue tra stabile organizzazione materiale (sede fissa d’affari) da quella personale, integrata dai soggetti che operano nel territorio in nome dell’impresa. I più recenti sviluppi internazionali e nazionali hanno portato ad individuare la stabile organizzazione nella significativa e continuativa presenza economica dell’impresa nel territorio dello stato, costruita in nodo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso. LA DOPPIA IMPOSIZIONE INTERNAZIONALE DEL REDDITO Con l’espressione doppia imposizione internazionale si definiscono quelle fattispecie in cui il medesimo reddito prodotto da un soggetto è assoggettato ad imposizione in diversi stati. Questo può accadere essenzialmente per 2 ragioni: • perché il soggetto è considerato residente in più stati, alla luce dei singoli ordinamenti, per il sovrapporsi delle regole nazionali di identificazione della residenza e • perché la doppia imposizione può derivare dal concomitante operare del principio dell’utile mondiale e di quello della localizzazione della fonte di reddito. Per risolvere queste situazioni, gli stati stipulano tra loro convenzioni internazionali con cui disciplinano criteri e strumenti per eliminare la doppia o plurima imposizione, di fatto sulla base dei modelli predisposti dall’OCSE. Le convenzioni internazionali individuano preliminarmente i criteri in base ai quali determinare il luogo di imposizione in relazione alle diverse categorie di reddito. L’applicazione delle convenzioni europee consente di risolvere la doppia imposizione mediante 2 metodi, tra di loro alternativi:  Metodo dell’esenzione: si risolve nell’obbligo di esentare da tassazione il reddito al verificarsi della fattispecie convenzionale;  Metodo del credito d’imposta: prevede l’obbligo di compensazione consistente in un credito d’imposta da riconoscere al soggetto. LE CATEGORIE REDDITUALI Le disposizioni del TUIR riguardanti le singole categorie reddituali, oltre a specificare gli elementi oggettivi e soggettivi del presupposto in relazione alle singole fonti produttive, prevedono analitiche regole di determinazione della base imponibile, valevoli in via tendenziale sia ai fini IRPEF sia ai fini IRES. Nelle imposte sui redditi si delineano così una pluralità di basi imponibili corrispondenti alle diverse categorie di reddito, che sono poi destinate a confluire in un’unica base imponibile finale, che esprime il reddito complessivo del soggetto, assoggettato a tributo. I REDDITI FONDIARI Secondo l’art. 25 TUIR “Sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano”. I redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati”. La fonte produttiva del reddito è, quindi, individuata nel bene immobile, rispetto al quale risulta essenziale l’iscrivibilità catastale, con conseguente attribuzione della rendita catastale. La rendita catastale riflette la redditività media ritraibile in condizioni normali da tutti gli immobili che presentano le stesse caratteristiche oggettive. Ai fini della titolarità della fonte produttiva rileva il possesso dell’immobile da intendersi come il titolo giuridico di proprietà o altro diritto reale di godimento. L’imputazione del reddito al soggetto titolare è proporzionale alla durata del possesso nel periodo d’imposta; in caso di contitolari della proprietà o di altro diritto reale, il reddito fondiario concorre alla formazione del reddito di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto. Il reddito fondiario si distingue a seconda che riguardi terreni o Per i redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni relative ai redditi indicati alla lett. a) del comma 2”. L’attività professionale si definisce in termini residuali rispetto all’attività di impresa commerciale. Assumono natura di redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall’esercizio delle professioni c.d. liberali. Il reddito di lavoro autonomo è determinato al netto e sulla base del principio di cassa: è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei componenti in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso ed inerenti all’arte e alla professione. Si tratta di una tipologia reddituale che comporta l’obbligo di tenuta della contabilità, per garantire una più sicura e corretta determinazione del reddito, cui corrispondono specifiche metodologie accertative. I redditi di lavoro autonomo sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’acconto. I REDDITI DI IMPRESA Ex art. 55 TUIR “sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché' non esclusiva, delle attività' indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività' indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell'art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d'impresa. Sono inoltre considerati redditi d'impresa: a) i redditi derivanti dall'esercizio di attività' organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c.; b) i redditi derivanti dall'attività' di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività' di impresa”. Si prevede che, per quanto concerne le società commerciali, i loro relativi redditi, da qualunque fonte provengano e quale sia l’oggetto, sono sempre considerati redditi di impresa. Ne deriva che la fonte della categoria reddituale si considera realizzata in base alla sola sussistenza della società commerciale, ossia senza che si richieda un effettivo esercizio dell’attività d’impresa; ne discende, inoltre, che gli elementi reddituali della società commerciale sono sempre valutati nella sola prospettiva del reddito d’impresa, non potendo la società produrre altra categoria di reddito, a differenza dell’imprenditore individuale. Il reddito d’impresa è determinato al netto, in quanto dato dalla differenza tra componenti positivi e negativi, legato da un naso di derivazione con il conto economico civilistico. Il reddito d’impresa si determina assumendo come base l’utile o la perdita risultante dal conto economico ed apportando le variazioni in aumento o diminuzione conseguenti all’applicazione delle specifiche norme fiscali. Si tratta di una tipologia reddituale che comporta l’obbligo di tenuta della contabilità, per garantire una più socia e corretta determinazione del reddito, cui corrispondono specifiche metodologie accertative. Con riferimento ai criteri generali di determinazione del reddito d’impresa si segnalano: I. Principio di inerenza II. Principio di competenza III. Principio di attrazione Le variazioni fiscali avvengono inoltre alla luce delle specifiche disposizioni relative ai componenti positivi di reddito ed a quelli negativi. I REDDITI DIVERSI La categoria dei redditi diversi ha un carattere disomogeneo e residuale, in quanto in essa sono ricomprese una serie di fattispecie che non risultano accomunate tra loro sul piano strutturale e che non trovano collocazione in altre categorie reddituali. L’elencazione dell’art. 67 TUIR ha carattere tassativo, e quindi, come detto, quella dei redditi diversi non è una vera e propria categoria di chiusura, dato che non è presente una disposizione che preveda la rilevanza reddituale di ogni altro reddito ed incremento patrimoniale; tra le fattispecie che individuano redditi diversi si segnalano: - Plusvalenze immobiliari; - Plusvalenze mobiliari, c.d. capital gains; - Redditi degli immobili situati all’estero; - Redditi derivanti da attività commerciali o di lavoro autonomo occasionali; - Proventi di vincite di lotterie. BASE IMPONIBILE E DETERMINAZIONE IRPEF La base imponibile IRPEF corrisponde al reddito complessivo, dato dalla somma algebrica dei redditi di ogni categoria e delle perdite derivanti dall’esercizio di imprese e di attività di lavoro autonomo. L’art. 3 TUIR esclude dalla base imponibile i redditi esenti da imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva; riconosce, inoltre, la natura non reddituale ad una sere di emolumenti. Ex art. 8 TUIR sono disciplinate nel dettaglio le modalità di utilizzo delle perdite, distinguendo tra: - Perdite riportabili in orizzontale; - Perdite riportabili in verticale. Il reddito complessivo esprime una base imponibile lorda, da cui occorre scomputare gli oneri deducibili. Si tratta di un elenco tassativo di voci che riflettono spese, contributi, erogazioni che possono essere dedotti a condizione che: 1. Non abbiano già concorso alla determinazione dei singoli redditi; 2. Siano dedotti nello stesso periodo d’imposta in cui sono sostenuti; 3. Siano indicati nella dichiarazione tributaria e comprovati da idonea documentazione che il contribuente deve conservare. Per determinare l’IRPEF occorre applicare alla base imponibile netta le aliquote progressive per scaglioni di reddito indicate all’art. 11 TUIR: - 23% fino a 15.000€; - 27% da 15.000 a 28.000€; - 38% da 28.000 a 55.000€; - 41% da 55.000 a 75.000€; - 43% oltre 75.000€. Dall’imposta in questo modo determinata, c.d. imposta lorda, è possibile scomputare ulteriori elementi, che permettono di calcolare l’imposta netta da versare all’erario: - Detrazioni d’imposta; - Crediti d’imposta; - Acconti già versati; - Ritenute d’acconto subite. L’istituto della detrazione assolve a 2 importanti compiti nell’attuare il sistema IRPEF. Le diverse detrazioni sono in grado di riflettere situazioni di tipo individuale e famigliare, che concorrono a determinare il carico fiscale finale. L’incidenza del calcolo delle detrazioni in termini di progressività deriva dalla circostanza che talune di queste detrazioni sono strutturate in termini di detraibili di importi predefiniti e decrescenti all’aumentare del reddito; oltre un certo limite reddituale, le detrazioni non sono più riconosciute. Ad oggi, non esiste una soglia minima reddituale non rilevante fiscalmente fissata in termini generali per tutte le categorie. La no tax area si ricava solo per talune tipologie reddituali anche valutando l’impatto delle specifiche detrazioni. Un istituto che determina la sottrazione di taluni redditi alla regola della tassazione progressiva è quello della c.d. tassazione separata: particolare meccanismo di calcolo del tributo, di carattere opzionale, previsto per un elenco tassativo di redditi a formazione pluriennale, per cui, data simile caratteristica, il regime ordinario di progressività comporterebbe un carico fiscale eccessivo e non ragionevole. Occorre, infine, considerare la presenza di regimi agevolativi che derogano alle regole ordinaria di determinazione della base imponibile e dell’imposta, aventi la funzione di attenuare il prelievo fiscale su imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni, nonché su coloro che avviano nuove attività produttive. Regimi di questo tipo si sono succeduti negli anni, senza alcun elemento di stabilità idoneo a riconoscere agli stessi un carattere sistematico. BASE IMPONIBILE E DETERMINAZIONE IRES Per quanto concerne l’IRES, anche in questo caso la base imponibile lorda coincide con il reddito complessivo dell’ente o società. Le perdite d’impresa possono essere computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi nei limiti fissati dal TUIR. Dal reddito complessivo possono essere dedotti alcuni oneri previsti dal TUIR. In generale, il ruolo degli oneri deducibili e delle detrazioni è molto minore rispetto a quello a fini IRPEF. L’idea è che la personalità dell’ente non possa manifestarsi e rilevare allo stesso modo di quella della persona fisica e che, per società ed enti commerciali, la deducibilità di costi e spese sia già prevista a livello di regole di determinazione del reddito d’impresa. L’aliquota d’imposta è attualmente al 24% e dall’imposta così determinata è possibile scomputare, ove sussistano i requisiti, detrazioni, crediti d’imposta, acconti, e ritenute d’acconto. 3 IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA PRODUTTIVE= IRAP L’IRAP è disciplinata dal d.lgs. 446/1997 e costituisce un tributo regionale proprio derivato, in quanto la fonte legislativa statale di istituzione e disciplina attribuisce alle regioni la titolarità del credito e la connessa potestà impositiva, oltre a poteri di regolamentazione. L’IRAP è applicabile alle attività produttive esercitate nel territorio di ciascuna regione. Il presupposto d’imposta è costituito dall’esercizio abituale di un’attività, autonomamente organizzata, diretta alla produzione o scambio di beni o servizi. La ratio è quella di ritenere che l’esistenza di una struttura idonea alla produzione di beni e servizi, che impieghi capitale e lavoro, possa delineare una capacità contributiva ulteriore e diversa dalla ricchezza creata dai singoli soggetti e fattori della produzione. La capacità contributiva è riferita al soggetto che assume i poteri di coordinamento dell’attività e di dominio organizzativo sui fattori produttivi. Nell’individuazione del presupposto assume si segnala che l'ordinamento europeo non conosce questa distinzione, riferendosi genericamente al soggetto che esercita l'attività economica. L’articolo 4 del d.P.R. 633/1972 definisce l’esercizio di imprese in modo sostanzialmente omogeneo a quanto fatto nelle imposte sui redditi dall’articolo 55 TUIR, con la significativa differenza che ai fini IVA rileva anche l’esercizio di attività agricola oltre a quella commerciale. Si prevede una qualificazione normativa di impresa collegata alla forma giuridica della società commerciale ed all’oggetto commerciale o agricolo dell’ente. Per tali soggetti, infatti, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di impresa. L’articolo 4 esclude dal presupposto, sancendone la non commercialità, quelle attività che si risolvono nel mero possesso e nella gestione passiva di immobili, partecipazioni e titoli finanziari. Con riferimento agli enti pubblici, bisogna distinguere tra attività svolte in regime privatistico per cui può sussistere la commercialità e quindi l’assoggettamento ad IVA, ed attività esercitate in qualità di pubblica autorità, escluse dal tributo. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche, società semplici e associazioni senza personalità giuridica tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata della professione IL PRESUPPOSTO TERRITORIALE Il presupposto territoriale del tributo è individuato quale realizzazione delle operazioni all'interno del territorio dello Stato italiano. Per territorio dello Stato italiano deve intendersi il territorio politico in cui lo stato italiano esercita la propria sovranità. Per le cessioni di beni, la territorialità è definita dalla resistenza fisica del territorio dello Stato del bene al momento in cui le operazioni sono effettuate; con la precisazione che, per i beni immobili, si deve trattare di beni prodotti in Italia o il cui perfezionamento sia avvenuto in Italia o originari di altro Stato dell'unione europea o in libera pratica o vincolati al regime della temporanea importazione. Le prestazioni di servizi si considerano effettuate in Italia se rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dell'unione europea o rese a committenti non soggetti passivi da operatori economici stabiliti nell'Unione Europea. Il regime oggi in vigore prevede la tassazione nel paese d'origine solo per le operazioni effettuate nei confronti dei consumatori finali. BASE IMPONIBILE ED ALIQUOTA È importante individuare il momento dell’esigibilità dell’imposta, in cui una cessione e una prestazione si considerano effettuate e l’imposta si rende dovuta: - Per le cessioni che hanno ad oggetto beni immobili si fa riferimento alla data di stipula dell’atto; - Per quelle che hanno ad oggetto beni mobili si considera la data di consegna o spedizione del bene; - Per le prestazioni di servizi rileva il momento del pagamento del corrispettivo. In ogni caso, se per una operazione viene pagato il corrispettivo o emessa la fattura prima dell’effettuazione della operazione medesima, in quel momento si determina l‘esigibilità dell’imposta in relazione al quantum corrisposto o fatturato. La disciplina legislativa prevede alcuni casi in cui l’esigibilità dell’imposta, come nell’ipotesi della opzione dell’IVA per cassa, consente di collegare il momento di esigibilità dell’imposta, oltre che di detraibilità, all’effettivo pagamento. La base imponibile dell’IVA è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi secondo le condizioni contrattuali (art 13). In alcuni casi, che sono deroghe eccezionali, la base imponibile è definita dal valore normale del bene o del servizio. L’aliquota ordinaria dell’IVA è del 22%. Sono poi previste alcune aliquote inferiori: - Aliquota minima, del 4%, prevista per la compravendita degli immobili abitativi non di lusso, nonché di beni ritenuti di prima necessità; - Aliquota ridotta, del 10%, prevista per i servizi alberghieri, determinati prodotti alimentari ed operazioni edilizie. Si segnala, infine, l'esistenza di diversi regimi speciali IVA previsti per l'agricoltura, il commercio di sali e tabacchi, la prestazione dei gestori di telefonia. MECCANISMO DI APPLICAZIONE DEL TRIBUTO Il particolare meccanismo di applicazione del tributo si fonda su due situazioni giuridiche soggettive: la rivalsa e la detrazione. L’art. 18 dispone che l'operatore economico che effettua la cessione di beni deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente. Si tratta di un diritto/dovere a fronte del quale sorge un accredito dell'operatore economico nei confronti del cessionario, che deve essere specificamente evidenziato in fattura. L'obbligatorietà della rivalsa è rafforzata dalla previsione della nullità di ogni patto contrario. Per evitare frodi IVA, sono stati previsti alcuni strumenti: - Inversione contabile: l'obbligo di indicazione dell'IVA in fattura è imposto al cessionario, determinandosi una sostituzione del meccanismo della rivalsa con quello della auto- fatturazione - Split payment: impone l'obbligo di versamento dell'imposta allo Stato, direttamente in capo al cessionario; L’art. 19 prevede il diritto di detrazione disponendo che, per la determinazione dell'imposta dovuta dal soggetto passivo, è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate l'ammontare dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa, in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto di detrazione relativamente ai beni e servizi acquistati o importati dal soggetto passivo sorge nel momento in cui l'imposta diviene inesigibile ed è condizionato al requisito formale del possesso della fattura con specifica indicazione dell'IVA addebitata. Il principio generale è quello dell’inerenza della cooperazione alla attività economica, in modo da evitare che il soggetto passivo goda del beneficio in relazione a beni o servizi che rivelano un utilizzo personale o extra imprenditoriale. Qualora il soggetto passivo compia sistematicamente attività che comportano operazioni con diritto di detrazione e attività presenti, la detrazione calcolata secondo il meccanismo c.d. del prorata, ossia in maniera forfettaria in base al rapporto tra ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione e quello delle stesse aumentato delle operazioni esenti. Peraltro, il legislatore introduce limiti o esclusioni della detrazione in relazione a determinate operazioni e tipologie di beni e servizi, per prevenire fenomeni evasivi o per ragioni di maggiore incertezza applicativa. Qualora la misura della detrazione si riveli essere differente da quella inizialmente operata, è necessario procedere alla rettifica, in aumento o in diminuzione, della detrazione medesima. Particolarmente significativi sono gli obblighi formali della disciplina IVA, in grado di influenzare fortemente il meccanismo applicativo. 5 LE IMPOPSTE SUI TRASFERIMENTI DI BENI L’IMPOPSTA DI REGISTRO L'imposta di registro è disciplinata dal D.P.R. 131/1986, c.d. TUR ed ha come presupposto la realizzazione di un atto idoneo a produrre effetti giuridici assunti come indicativi di una sottostante vicenda economica. Le modificazioni qualitative del patrimonio dei soggetti sono assunte come idonee ad evidenziare una specifica capacità contributiva collegata, in termini generali, a trasferimenti patrimoniali di carattere oneroso. L'imposta si fonda sull'individuazione degli atti soggetti a registrazione. La formalità della registrazione dell'atto rappresenta il necessario prerequisito per potere applicare l'imposta. Tanto che sia ritenuto che il presupposto del tributo determina il sorgere sia di un obbligo di fare sia della obbligazione tributaria in senso proprio. Il tributo di registro può essere applicato in misura proporzionale oppure in misura fissa. In questo secondo caso, è stabilito un importo predeterminato per la registrazione dell'atto che si ritiene evidenzi le caratteristiche della tassa, essendo semplicemente collegato alla prestazione del servizio amministrativo di registrazione dell’atto. La specifica individuazione degli atti soggetti a registrazione deve essere compiuta alla luce della tariffa allegata al testo unico, che differenzia l'imposizione di ragione delle tipologie di atti, anche in rapporto ai beni e ai diritti che ne sono oggetto. È possibile distinguere tre tipologie di atti, rilevanti ai fini del tributo di registro: 1. Atti soggetti a registrazione in termine fisso: scontano l'imposta in misura fissa proporzionale a seconda di quanto indicato; questi atti devono essere presentati per la registrazione dai soggetti entro 20 giorni dalla data dell'atto se formato in Italia ed entro 60 se formato all’estero; 2. Atti soggetti a registrazione in caso d'uso: sono sottoposti ad imposta quando si depositano presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative; 3. Atti non soggetti a registrazione: idonei a far sorgere il presupposto d'imposta; per questi è possibile effettuare la registrazione volontaria. La registrazione volontaria può essere scelta perché conferisce data certa di fronte ai terzi e perché attesta l'esistenza e consente la conservazione dell'atto presso gli uffici con possibilità per gli interessati di ottenere copia. SOGGETTI PASSIVI Per quanto concerne i soggetti passivi, il testo unico distingue tra obbligo di chiedere la registrazione ed obbligo al pagamento del tributo. Il contribuente, in termini generali, è identificabile nella parte dell'atto registrato, come tale obbligato in via principale al pagamento del tributo. Per quanto riguarda gli atti da registrarsi in caso d'uso o registrati volontariamente, l'obbligato al pagamento è colui che ha richiesto la registrazione. Occorre poi considerare la figura della responsabile di imposta, ossia il pubblico ufficiale che ha redatto, ricevuto, autenticato l'atto, e che è obbligato in solido con le parti per il pagamento dell'imposta principale è tenuto a richiedere la registrazione. BASE IMPONIBILE La base imponibile dell'imposta di registro è costituita dal valore dei beni e dei diritti oggetto dell'atto registrato. Si deve assumere come valore dei beni e dei diritti quello dichiarato dalle parti dell'atto e, in mancanza fosse superiore, il corrispettivo pattuito per tutta la durata del contratto. Per i beni immobili e per le aziende, si intende per valore quello venale in comune commercio, facendo riferimento al valore complessivo dei beni aziendali, compreso l'avviamento, al netto delle La realizzazione della fattispecie impositiva determina il sorgere di una serie di situazioni giuridiche in capo ai soggetti attivi e passivi, in grado di definire il rapporto giuridico tributario. Queste situazioni giuridiche possono avere come contenuto obbligazioni pecuniarie ovvero obblighi, oneri e poteri di natura formale/procedimentale, che si apprezza nella dimensione dell’attuazione del tributo. La disciplina legale della fase attuativa dell’obbligazione tributaria è posta a presidio dell’interesse pubblico ad un prelievo fiscale sicuro, efficace ed eguale per tutti i consociati. Si utilizza la nozione di procedimento tributario, per indicare la fase attuativa del tributo ed il complesso delle situazioni giuridiche ad esso relative. In diritto tributario, il procedimento assume dei connotati strutturali del tutto peculiari, che impongono di intendere l’espressione in termini assolutamente propri e peculiari alla materia tributaria. Per un verso, in quanto si compone anche di atti di soggetti estranei all’amministrazione finanziaria, dato il ruolo centrale assegnato al coinvolgimento dei soggetti passivi. Per altro verso, perché non rivela le caratteristiche di un unitario e rigido modello quanto piuttosto di una pluralità di sub-procedimenti che si realizzano in modo differenti a seconda sia delle fattispecie interessate sia delle scelte compiute dai soggetti interessati. La fase attuativa del tributo è riconducibile tra i procedimenti amministrativi, con applicazione, da valutarsi anche alla luce delle specifiche norme tributarie, e dei relativi principi generali. Occorre notare come la disciplina attuativa del tributo sia cambiata profondamente nel corso del tempo, in particolare riguardo alla funzione del ruolo assegnato alla partecipazione del soggetto passivo. Possiamo individuare 3 ambiti di rilevanza della partecipazione del soggetto passivo nel procedimento di attuazione del tributo: 1.In primis, si parla di partecipazione forzosa facendo riferimento a quei doveri di partecipazione previsti per i vari soggetti passivi e consistenti nell’adempimento di obblighi di natura formale, tra cui in particolare rilievo assume quello della presentazione della dichiarazione d’imposta, con cui il contribuente accerta il verificarsi del presupposto, determina la base imponibile e liquida il tributo. Se si considera che il soggetto passivo è altresì tenuto al versamento dell’imposta accertata e liquidata ci si rende conto di come la fisiologica attuazione del tributo sia affidata ad atti e comportamenti degli stessi soggetti passivi. In tale prospettiva il potere impositivo dell’ente pubblico creditore si esplica nel potere di svolgere: • Attività di controllo e verifica; • Attività di accertamento del presupposto; • Attività di riscossione coattiva; • Attività di carattere sanzionatorio. 2. In secondo luogo, vi è un ambito di rilevanza della partecipazione del soggetto passivo che si manifesta nell’iter procedimentale con cui si esplica il potere impositivo dell’ente pubblico. Sono previsti diversi obblighi in capo ai soggetti passivi in questa fase: obblighi di fare o di dare, obblighi di subire. Inoltre, le più recenti evoluzioni del sistema delineano moduli procedimentali in cui è riconosciuto il diritto alla partecipazione o, meglio, al contraddittorio, inteso come facoltà ed obblighi di coinvolgimento dialettico, nell’ottica di un miglior accertamento del tributo e adeguata tutela per il singolo. 3. Vi è poi una terza dimensione della partecipazione del soggetto passivo ossia quella che si riferisce a modelli procedimentali di tipo collaborativo, basati sulla cooperazione tra contribuente ed amministrazione finanziaria. 2LA DICHIARAZIONE D’IMPOSTA La principale forma di partecipazione del contribuente all’attuazione del tributo è rappresentata dalla presentazione della dichiarazione. Il sistema tributario prevede una pluralità di obblighi ed oneri dichiarativi per i soggetti passivi, in forza dei quali questi ultimi sono tenuti a comunicare specifiche informazioni all’amministrazione finanziaria, rilevanti nel procedimento di attuazione del tributo. La dichiarazione d’imposta, principale atto di intervento del contribuente nella fase di attuazione del tributo, è una dichiarazione con cui il singolo accerta il presupposto, determina la base imponibile e liquida l’imposta dovuta. La presentazione della dichiarazione è un obbligo per il contribuente cui la legge ricollega specifiche sanzioni in caso di inadempimento. La dichiarazione d’imposta è un atto di tipo formale, in quanto va presentata con i requisiti di forma, le modalità e nei tempo stabiliti dalla legge; deve essere presentata in moduli prestampati conformi a quelli ministeriali pubblicati annualmente e sottoscritta dal soggetto passivo o da chi ne ha la rappresentanza. I termini di presentazione sono diversi a seconda del tipo di imposta e diviene importante anche la differenza tra tributi periodici, in cui si ha un sistema di dichiarazioni che si ripetono con tempistiche predefiniti, e tributi istantanei, in cui la dichiarazione è una tantum. Con riferimento al contenuto della dichiarazione è possibile distinguere un momento dichiarativo/ comunicativo da un più specificamente volitivo. - Il primo attiene alle informazioni ed ai dati che il soggetto passivo è tenuto a comunicare relativamente alla fattispecie impositiva, diretti alla individuazione del debito tributario. Si tratta delle informazioni relative all’individuazione del presupposto, alla sua corretta determinazione, nonché alle informazioni che attengono alla misurazione della base imponibile e alla liquidazione dell’imposta. La dichiarazione assume la natura giuridica della dichiarazione di scienza, quale atto giuridico volontario, di cui il singolo si assume la responsabilità, ma i cui effetti sono determinati dalla legge. - Il secondo momento riguarda le scelte che il soggetto passivo può compiere in sede dichiarativa. Relativamente all’esercizio di tali scelte, si ritiene che la dichiarazione tributaria evidenzi una natura di tipo negoziale, trattandosi di effetti giuridici riconducibili direttamente alla manifestazione di volontà del soggetto passivo. È dunque da ritenere che la dichiarazione tributaria abbia una fondamentale natura di dichiarazione di scienza, cui si innestano elementi di tipo negoziale. 3 EMENDABILITA DELLA DICHIARAZIONE Emendabilità o ritrattabilità della dichiarazione significa la possibilità per il soggetto passivo di prospettare elementi di fatto o di diritto diversi ed ulteriori rispetto a quelli indicati in origine, in grado di inficiare l’esattezza o l’esaustività della dichiarazione originaria. Può essere l’allegazione di fatti nuovi o anche solo la riqualificazione giuridica di quelli dichiarati originariamente. La disciplina attuale è contenuta nel d.P.R 322/1988 e prevede la possibilità per il contribuente di modificare la dichiarazione attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa entro i termini stabiliti per l’accertamento, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Per dichiarazione integrativa a sfavore del soggetto passivo, la tempistica della regolarizzazione deve tenere conto non solo del limite dei cinque anni, ma anche della scansione temporale prevista dall’istituto del ravvedimento operoso, in grado di determinare una riduzione delle sanzioni amministrative comminabili. Nella dichiarazione integrativa a favore del soggetto passivo, il contribuente mira a rimediare al versamento in eccesso di imposta; correggendo la dichiarazione originaria con una seconda dichiarazione emerge un credito che può essere chiesto a rimborso oppure usato in compensazione. La presentazione di una dichiarazione integrativa incide anche sui termini di decadenza dell’azione accertativa, che dovranno essere calcolati a partire dall’anno di presentazione della dichiarazione integrativa. La presentazione della dichiarazione integrativa determina uno slittamento del dies a quo per conteggiare i termini di decadenziali e oggetto di controllo diventa la nuova dichiarazione rettificata. 4OBBLIGHI FORMALI E DICHIARATIVI DEI PRINCIPALI TRIBUTI IMPOSTE SUI REDDITI E IRAP I più rilevanti obblighi formali riguardano i soggetti titolari di redditi professionali e di impresa che sono obbligati alla tenuta di scritture contabili autonomamente previsti dalla legislazione tributaria e dal C.c. Si tratta dei seguenti libri contabili: • Libro giornale dove viene annotata la cronologia delle operazioni compiute nell’esercizio d’impresa; • Libro degli inventari che deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima e nel quale si trovino i bilanci consuntivi annuali d’impresa; • Scritture contabili ausiliari; • Scritture contabili di magazzino; • Registro dei beni ammortizzabili. I soggetti imprenditori sono poi tenuti alla redazione annuale del bilancio comprensivo dello stato patrimoniale, del conto dei profitti e delle perdite, del rendiconto finanziario e della nota integrativa. Oltre al regime ora descritto di contabilità ordinaria, esiste un regime di contabilità semplificata per soggetti con bassi ricavi annui. Con riferimento alla dichiarazione d’imposta è previsto che le dichiarazioni dei redditi ed IRAP devono essere redatte su modelli conformi a quelli approvati entro il 31 gennaio con provvedimento amministrativo da pubblicare in Gazzetta Ufficiale. L’adempimento del suddetto requisito formale è previsto a pena di nullità della dichiarazione così come comporta nullità la mancata sottoscrizione da parte del contribuente o di chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. Le dichiarazioni sono presentate annualmente all’agenzia delle entrate in via telematica direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati ed hanno ad oggetto i presupposti, la base imponibile e l’imposta dell’anno precedente. I termini di presentazione variano a seconda del tipo di modello di dichiarazione e sono sovente oggetti di variazioni ad opera di provvedimenti normativi nonché di proroghe. Tendenzialmente, il modello 730 deve essere presentato entro luglio, gli altri entro ottobre. Sono previsti appositi modelli per le imposte sui redditi di persone fisiche, società ed enti, per i sostituti d’imposta ed un modello apposito IRAP. Per i titolari di redditi di lavoro dipendente e pensione è messo a disposizione uno specifico modello, c.d. 730, che attribuisce determinato vantaggi in termini di semplificazione e modalità di rimborso e versamento direttamente in busta paga. Sempre per le persone fisiche, l’agenzia delle entrate mette a disposizione una dichiarazione dei redditi precompilata con diversi dati già inseriti; è previsto che il soggetto che accetti senza modificare la dichiarazione non sia sottoposto a controlli documentali e sia esentato da taluni obblighi di esibizione e conservazione dei documenti. Attraverso la dichiarazione il contribuente individua il presupposto e la base imponibile, giungendo al calcolo, ossia alla liquidazione dell’imposta a debito. Al fine del calcolo dell’IRPEF netta, il contribuente ha diritto di scomputare le c.d. detrazioni d’imposta. Attualmente si prevede che il contribuente dichiari il presupposto e la base imponibile e quindi liquidi l’imposta dell’annualità precedente, provvedendo a versare, oltre al - Rinuncia all’eredità o al legato; - Richiesta di nomina di un curatore dell’eredità. 5LA RISCOSSIONE SPONTANEA DEL TRIBUTO Nella normale fisiologia del rapporto tributario, l’imposta liquidata nella dichiarazione è versata dal contribuente nei termini e con le modalità previste dalla legge. Si determina una compiuta responsabilizzazione del contribuente, senza che sia necessario un intervento o una sollecitazione da parte dell’amministrazione finanziaria. Le ipotesi di adempimento spontaneo sono 2: la ritenuta diretta ed il versamento spontaneo. Ritenuta diretta: ex art. 2 D.P.R. 602/1973 le imposte sono pagate per ritenuta diretta nei casi indicati dalla legge e secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato. La ritenuta diretta rappresenta una modalità particolare di riscossione delle imposte sul reddito dovute sulle somme erogate da amministrazioni dello Stato; la ritenuta ha, dunque, un ambito di applicazione limitato. Si tratta di una ritenuta operata dalle p.a. sui redditi dalla stessa erogati. La particolarità consiste nella circostanza che la ritenuta non viene materialmente versata in quanto il soggetto obbligato ad effettuare la ritenuta e l’ente impositore coincidono; di conseguenza vi è un semplice trasferimento di somme in base alle norme di contabilità pubblica. Si realizza un fenomeno riconducibile all’estinzione dell’obbligazione per compensazione. Versamento spontaneo (diretto): costituisce la modalità di pagamento ordinario per tutte le imposte da parte di tutti i soggetti passivi. Consiste nel pagamento dell’imposta ad opera del soggetto passivo e si effettua mediante una delega irrevocabile ad una banca convenzionata o ad un ufficio postale. La delega viene rilasciata mediante compilazione di un apposito modello di pagamento che assolve ad una triplicefunzione: A. Delega di pagamento ossia di ordine all’intermediario di trasferire le somme dovute all’ente creditore; B. Giustificazione del pagamento: la compilazione dell’F24 o dell’F23 consente di fornire una causale al versamento dell’imposta che si compie suo tramite e, quindi, di specificare cosa esattamente si sta pagando, quale imposta, a che titolo, per quale periodo ecc. La particolarità di questi modelli è quella di consentire il pagamento di più imposte o debiti contestualmente, mediante compilazione di più caselle con i relativi codici tributo. B.Strumento per operare la compensazione: mediante la compilazione dei modelli è possibile operare la c.d. compensazione orizzontale, ossia pagare le imposte dovute compensandole con crediti vantati. L’impiego del modello F24 è imprescindibile per poter procedere con la compensazione ossia pagare le imposte dovute compensandole con crediti vantati. L’intermediario finanziario, verificata la provvista, rilascia al contribuente la quietanza. L’attestazione dell’intermediario ha efficacia liberatoria per il contribuente nei confronti dell’erario. LA COMPENSAZIONE La compensazione costituisce un mezzo di adempimento satisfattorio dell’obbligazione; in presenza di debiti e crediti reciproci tra due soggetti, questi si estinguono per le quantità corrispondenti. È stata così prevista la possibilità per il soggetto passivo di saldare i propri debiti d’imposta compensandoli direttamente con i crediti vantati per altre imposte. La compensazione, pur di ampia applicazione, non è però incondizionata; si effettua con F24 che consente, oltre al pagamento contestuale di diverse pretese, altresì la compensazione orizzontale tra le stesse. La compensazione ha diversi limiti, tra cui quello quantitativo per cui non si può compensare con F24 crediti in misura superiore a 700.000€. La compensazione rappresenta una modalità alternativa al rimborso per utilizzare i crediti d’imposta; mentre il rimborso deve essere accordato dall’amministrazione, la compensazione è esercizio di un diritto potestativo. In altri termini, per fruire del rimborso occorre presentare istanza e poi, a fronte dell’eventuale diniego dell’amministrazione, promuovere ricorso davanti al giudice; con la compensazione la fruizione del credito è immediata, in quanto il contribuente espone il credito in compensazione e subito lo fruisce pagando il debito compensato. La compensazione è assolutamente disponibile: il contribuente può scegliere cosa e quanto compensare, ripartendo i crediti tra compensazione e rimborso. Allo scopo di contrastare gli abusi dello strumento della compensazione sono state introdotte una serie di presidi e regole che di fatto pongono seri condizionamenti e limiti all’impiego di crediti. Tra questi si segnala la necessaria attestazione da parte di un professionista circa la correttezza dei dati riportati nelle dichiarazioni, c.d. visto di conformità. CAPITOLO 7- I MODELLI DI ATTUAZIONE DEL PRELIEVO AD OPERA DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA Sez. I. Poteri e metodologie di controllo 1.Il ruolo dell’amministrazione finanziaria nell’attuazione del tributo: l’attività di controllo L’intervento dell’agenzia delle entrate nell’attuazione del tributo si esprime essenzialmente mediante un’attività di controllo e di verifica dell’esatto adempimento, da parte del contribuente, degli obblighi incombenti sul medesimo in merito all’attuazione del prelievo. Del resto, è il contribuente/soggetto passivo il primo e principale responsabile del corretto, puntuale e tempestivo adempimento del tributo: è lui che deve verificare la realizzazione del presupposto, liquidare l’imposta ed, infine, versarla. Se tutti i predetti adempimenti sono svolti correttamente e tempestivamente, l’attuazione del tributo rimane nella completa responsabilità del soggetto passivo e non è richiesto alcun intervento da parte dell’amministrazione finanziaria. In questo assetto, si comprende che il primario ruolo dell’amministrazione finanziaria è quello di controllare il corretto adempimento da parte del soggetto passivo dei propri obblighi. Solo se ed in quanto, ad esito di detto controllo, emerga un’omissione, un errore o un’infedeltà commessa dal soggetto passivo, l’intervento dell’amministrazione finanziaria diventa inevitabilmente più incisivo. In tale eventualità occorre rimediare alle omissioni/infedeltà commessi per ripristinare ed assicurare la corretta determinazione del debito tributario, la sua riscossone nonché irrogare le sanzioni del caso previste. Oggetto di controllo sono, anzitutto, le dichiarazioni annuali dei redditi e dell’IVA. Il controllo sulle dichiarazioni può assumere 2 distinte configurazioni, cui corrispondono modelli procedimentali differenti: - Controllo cartolare: può avere ad oggetto la mera regolarità formale della dichiarazione, nonché la correttezza dei calcoli; consiste nel constatare la correttezza formale della dichiarazione e dei calcoli ivi eseguiti ai fini della liquidazione e del versamento delle imposte. Detti controlli comportano l’attivazione di un obbligo di partecipazione da parte del contribuente. Il contribuente viene informato dell’esito del controllo e invitato a fornire i chiarimenti necessari, a produrre documenti mancanti ovvero semplicemente a regolarizzare la propria posizione, fruendo di un significativo abbattimento delle sanzioni. I controlli di tipo cartolare non pregiudicano, né sostituiscono la seconda tipologia di controllo. - Accertamento: può verificare l’esattezza e fedeltà della dichiarazione, ovvero la sua omissione. L’attività di accertamento è diretta a verificare, invece, l’effettiva presentazione della dichiarazione, ovvero sindacarne la fondatezza, esattezza o fedeltà. 1.1. I criteri di selezione dei contribuenti da controllare Ogni 3 anni viene adottato dal MEF un atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale con cui si determinano gli sviluppi della politica fiscale, nonché le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria assegnati alle agenzie fiscali. Nell’azione di contrasto all’evasione l’amministrazione finanziaria utilizza metodologie differenziate per ciascuna macro-tipologia di contribuenti. Le tipologie di contribuenti sono: 1. Grandi contribuenti; 2. Piccole imprese; 3. Professionisti; 4. Enti non commerciali; 5. Persone fisiche. La scelta dei contribuenti da sottoporre a controllo è frutto di una complessa analisi metodologica, basata su molteplici fattori di tipo economico sociale. Le verifiche ed i controlli sono intrapresi in maniera mirata nei confronti di soggetti preventivamente selezionati, tratti dalle c.d. liste selettive. Per raffinare la selezione dei contribuenti da verificare vengono composte apposite analisi di rischio in modo da intercettare gli indici ricorrenti di condotte evasive e situazioni di rischio evasione, frode e sommerso in ciascun comparto. Le verifiche possono essere: o Centralizzate: verifiche operate dalle strutture centrali di GdF o agenzia delle entrate a sorteggio o basate su criteri selettivi fissati annualmente con apposito decreto; o Ad iniziativa: verifiche operate nei confronti di soggetti selezionati dai reparti territoriali della GdF o agenzia delle entrate sulla base di fattori rivelatori di potenziale pericolosità fiscale; Le verifiche possono essere di: - Carattere generale: verifica rivolta all’esame degli aspetti rilevanti della posizione fiscale del soggetto in riferimento ai principali tributi; - Carattere parziale: l’oggetto è limitato alla posizione fiscale del soggetto in riferimento ad un singolo tributo. 2. I controlli cartolari delle dichiarazioni Il controllo cartolare delle dichiarazioni si articola in due modelli: 1. la liquidazione automatica dell’imposta (36-bis 600/1973 e 54 bis 633/1973) e controllo formale (36 ter 600/1973). La liquidazione automatica dell’imposta, da compiersi entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, consiste in un controllo cartolare generalizzato, operato a mezzo di procedure automatizzate, volto a verificare la corretta liquidazione dell’imposta operata nella dichiarazione, sulla 2. Il controllo formale (art 36 ter dpr 600/1973), da effettuarsi entro la fine del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, coinvolge solo alcune dichiarazioni, individuate sulla base di criteri selettivi, ed ha ad oggetto la spettanza delle detrazioni, delle deduzioni, delle ritenute, dei crediti di imposta, la riliquidazione della maggiore imposta dovuta sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni presentate nello stesso anno Per es. la corte di cassazione ha escluso la sussistenza dell’obbligo di comunicazione nel caso di disconoscimento di un credito iva e di perdite relative a un precedente anno di imposta; per effetto dell’omessa presentazione della relativa dichiarazione, quindi senza alcuna rettifica delle predette imposte e senza che emergessero errori o irregolarità nelle dichiarazioni. La comunicazione è invece dovuta se dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggior imposta. - Se le incertezze riguardano aspetti meno rilevanti della dichiarazione la comunicazione è dovuta, ma la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione delle spese. Qui non c’è nullità e la riduzione delle sanzioni in assenza della comunicazione non è comunque prescritta, ossia nei casi di meri omessi versamenti. - Di contro se il risultato del controllo rivela incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione la comunicazione può incidere più radicalmente sulla validità della procedura automatizzata di liquidazione di tributi e sulla successiva cartella. Qui l’omessa comunicazione dell’irregolarità comporta nullità. In merito alla forma della comunicazione questa può essere fatta: - mediante raccomandata - con mezzi telematici 2.5. La liquidazione delle imposte sui redditi di soggetti a tassazione separata I redditi soggetti a tassazione separata non concorrono alla determinazione della base imponibile irpef. L’imposta dovuta viene determinata separatamente per ogni singolo reddito soggetto a tassazione. Alla liquidazione a saldo dell’imposta provvede l’ufficio mediante la procedura di cui al 36-bis. L’esito della liquidazione è qui comunicato necessariamente al contribuente con raccomandata con avviso di ricevimento. Se il contribuente non provvede a pagare nei trenta giorni successivi alla comunicazione, è dovuta la sanzione per omesso o tardivo pagamento e gli interessi. 3.Controlli sostanziali sulle dichiarazioni: gli accertamenti Accanto al controllo cartolare, l’amministrazione finanziaria può operare un controllo sostanziale delle dichiarazioni, volto a verificarne l’eventuale omissione, incompletezza, o falsità. Questi controlli delle dichiarazioni annuali vengono programmati ed eseguiti sulla base di precisi criteri selettivi formalizzati annualmente con apposito decreto del MEF. 3.1. Accertamenti in rettifica o d’ufficio dei redditi Gli uffici, avvalendosi dei dati raccolti nell’attività istruttoria, possono provvedere a: • Accertamenti in rettifica dei redditi dichiarati: la base di partenza è la dichiarazione e vengono rettificati l’imponibile e/o l’imposta dichiarati che risultino inferiori a quelli effettivi o le deduzioni o le detrazioni indicate nella dichiarazione stessa; • Accertamento d’ufficio dei redditi: nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla. L’oggetto dell’attività che fa capo agli accertamenti in rettifica e d’ufficio è il contrasto dell’evasione e dell’elusione. 4.L’evasione e l’elusione (o abuso del diritto) L’azione dell’amministrazione finanziaria è essenzialmente orientata a contrastare l’evasione. In tempi più recenti, accanto all’evasione è tuttavia affermato un diverso fenomeno, chiamato elusione o anche abuso del diritto che è ugualmente contrastato, seppur meno insidioso. La linea di demarcazione tra elusione ed evasione appare sovente sottile e non mancano casi in cui le due figure sono state indebitamente sovrapposte. La differenza tra le due figure resta fondamentale e sembra oggi imposta dalla previsione di ben precisi e differenziati regimi normativi. L’evasione è un comportamento illegittimo ed illecito che contrasta in modo diretto con una specifica previsione normativa, che viene espressamente violata. La condotta di evasione è diretta a sottrarre materia imponibile, occultandola, cenando componenti positive di reddito o rappresentando componenti di costo fittizie. L’evasione si realizza anche attraverso tutte le vicende di alterazione dei fatti economici, come l’interposizione fittizia che altro non è che una species del più ampio genere della simulazione. L’evasione è contrastata dal legislatore attraverso la previsione di specifiche fattispecie sanzionatorie, amministrative e penali. L’elusione è una vicenda caratterizzata dalla presenza di condotte assolutamente lecite, che, tuttavia, realizzando un risultato disapprovato dall’ordinamento, sono reputate non legittime. L’elusione/abuso del diritto si sostanzia nel porre in essere un negozio giuridico impiegato, tuttavia, con la funzione di minimizzare il carico fiscale riducendo il relativo onere. Elusione significa aggiramento di una norma tributaria, che si compie quando si realizza un assetto giuridico che ne inibisce l’applicazione, anche se il risultato economico conseguito sia il medesimo che la norma tributaria elusa avrebbe inteso assoggettare ad imposizione. 4.1. L’interposizione fittizia Un’ipotesi tradizionale di pratica evasiva è l’interposizione fittizia, cioè la stipulazione di un contratto simulato che intesta fittiziamente un bene/fonte di reddito ad un soggetto il quale ne è titolare solo apparente. Nella simulazione vi è una divergenza tra apparenza e realtà, tra effetti giuridici meramente apparenti del contratto simulato ed effetti giuridici effettivi e reali. Per contrastare questa fattispecie c’è l’art. 37 d.P.R. 600/1973, per il quale in sede di rettifica o di accertamento, gli uffici possono imputare al contribuente i redditi di cui appaiono altri soggetti titolari, quando è provato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona. La ratio è quella di dare all’amministrazione finanziaria uno strumento efficace di contrasto verso le pratiche evasive. L’amministrazione può contestare la simulazione direttamente con l’avviso di accertamento, senza bisogno di promuovere una apposita azione di simulazione in un giudizio civile. Le persone interposte che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi oggetto di imputazione, possono chiederne il rimborso a patto che sia divenuto definitivo l’accertamento in capo al soggetto interponente e che è rimborsabile solo l’imposta pagata, ma in misura massima pari a quanto effettivamente riscosso al soggetto interponente 4.2. La disciplina antielusiva (o anche antiabuso) L’elusione fiscale è stata a lungo contrasta da una norma limitata alle solo imposte sui redditi; oggi la disciplina ha portata generale, tornando applicabile a tutti i tributi ed a qualunque ipotesi elusiva. Ex art. 10- bis L.212/2000 “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”. Ai fini dell’applicazione della disciplina sono previsti 3 presupposti costitutivi: 1. La realizzazione di un vantaggio fiscale indebito; 2. L’assenza di sostanza economica dell’operazione o delle operazioni poste in essere; 3. Essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale. In assenza di uno dei tre presupposti, l’operazione non può essere considerata abusiva (elusiva). Le tre condizioni vanno verificate in ordine a scalare. 4.2.1. Il legittimo risparmio di imposta L'elusione o abuso del diritto è una figura interstiziale che si colloca tra la condotta lecita e legittima del legittimo risparmio di imposta e la condotta illecita propria dell'evasione. Illegittimo risparmio d'imposta è evocato all'articolo 37 bis dpr 600/1973 dove si afferma che lecito risparmio tributario si verifica quando tra vari comportamenti posti dal sistema fiscale su un piano di pari dignità il contribuente adotta quello fiscalmente meno oneroso e non c'è aggiramento fintanto che il contribuente si limita a scegliere tra due alternative che in modo strutturale fisiologico l'ordinamento gli mette a disposizione… la norma antielusione non può quindi vietare la scelta tra una serie di possibili comportamenti cui il sistema attribuisce pari dignità di quello fiscalmente meno oneroso. Tuttavia la figura del legittimo risparmio di imposta non riscuote successo nella giurisprudenza infatti la scelta del legislatore di porre all'interno dell'articolo 10 bis la regola sul legittimo risparmio di imposta non è stata presa di buon grado qui il comma quattro prevede espressamente che resta afferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali differenti offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. Dall'articolo è chiaro che per poter configurare abuso del diritto occorre che il vantaggio fiscale conseguito non trovi ragione e giustificazione in un'opzione che è accordata e consentita dal sistema. 4.2.2. L’accertamento antielusivo (o antiabuso del diritto) L’applicazione della disciplina antiabuso comporta l’attivazione di una peculiare procedura: laddove l’amministrazione finanziaria ritenga di aver individuato un’operazione che realizzi i presupposti dell’elusione, non può emettere subito un avviso di accertamento, ma deve notificare al contribuente una richiesta di chiarimenti che devono essere forniti entro 60 giorni. La richiesta deve essere motivata, deve specificare le ragioni per cui si ritiene configurabile un abuso del diritto. Se viene omessa la richiesta di chiarimenti, l’avviso di accertamento è nullo. Con la richiesta di chiarimenti viene data al contribuente la possibilità di bloccare la procedura di accertamento, argomentando per la legittimità del risparmio d’imposta perseguito ovvero dimostrando l’esistenza di valide ragioni extra-fiscali. Se le ragioni sono accolte, la contestazione di abuso cade e non viene emesso alcun avviso di accertamento. Viceversa, se sono rigettate, l’ufficio procede con l’emissione dell’avviso di accertamento, mediante il quale vengono disconosciuti i vantaggi fiscali conseguiti tramite l’operazione abusiva e vengono accertate le imposte determinate in base alle disposizioni eluse. L’avviso di accertamento deve contenere una particolare motivazione. Per quanto riguarda gli accessi all ispezioni con le verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio ed attività commerciale o industriale o agricola artistica o professionale queste devono essere effettuate sulla base di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo. Salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati gli accessi si devono sempre svolgere durante l'orario ordinario di esercizio dell'attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività e alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. Quando vieni iniziata la verifica il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata nonché dell'oggetto della stessa e può chiedere di farsi assistere da un professionista abilitato. La permanenza dei verificatori non può superare i 30 giorni salva proroga per ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine motivati e individuati del dirigente dell'ufficio quindi il termine ordinario o di proroga diviene di 15 giorni lavorativi nell'arco di non più di un trimestre nel caso di verifiche condotte presso imprese in contabilità semplificata oppresso lavoratori autonomi. Nel computo rilevano solo i giorni di effettiva permanenza presso la sede del contribuente non anche quelli impiegati per verifiche eseguite al di fuori della sua sede e secondo la giurisprudenza questo termine è ordinatorio la cui violazione non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo nell invalidità degli atti compiuti o delle prove raccolte. Durante l'accesso è importante che il contribuente venga edotto che i libri i registri le scritture i documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa e quindi una sanzione indiretta particolarmente afflittiva secondo correttezza e buona fede. Per rifiuto di esibizione si intendono altresì la dichiarazione di non possedere i libri o i registri o i documenti o le scritture o la sottrazione di essi all'ispezione. Detto effetto preclusivo si estende anche al registri o documenti o scritture la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie. L'applicazione di tale preclusione sottostà a precise condizioni: - è prescritta una richiesta di informazioni e documenti specifica e adeguata il caso concreto la cui prova incombe sull'amministrazione finanziaria accompagnato dall avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza può scattare la preclusione in oggetto. - In secondo luogo occorre la coscienza e la volontà del rifiuto e quindi la consapevolezza e l'intenzione del contribuente di impedire che l'aceto reputa dire possa procedere in sede nel corso dell'accesso all'ispezione del documento e conseguentemente non integrano i pre supposti applicativi della preclusione le dichiarazioni di indisponibilità del documento nel caso in cui l'indisponibilità si è scrivibile a forza maggiore o a caso fortuito ma anche nei casi imputabili a colpa quali ad esempio per negligenza e imperizia nella custodia e nella conservazione l'omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa ne determina l'inutilizzo nella successiva ed eventuale sede contenziosa ma ciò solo nel caso in cui l'amministrazione riesca a dimostrare che vi è stata una puntuale richiesta di detti documenti accompagnata dall avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza tale richiesta e il contribuente ne abbia rifiutato l'esibizione dichiarandoli non possederli o comunque sottraendoli al controllo con uno specifico comportamento doloso volta ad eludere la verifica. la sanzione dell'inutilità non opera nei confronti dei contribuenti che in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado depositino le notizie o i dati o i documenti o i libri o i registri dichiarando contestualmente di non aver potuto adempiere alla richiesta degli uffici per causa loro non imputabile. Nell'ipotesi in cui verificatori procedano con modalità non conformi alla legge il contribuente può rivolgersi al garante del contribuente secondo le modalità previste dall'articolo 13 dello statuto. L'esecuzione di accessi o ispezioni o verifiche si deve concludere con la redazione di un processo verbale di constatazione cd PVC da cui debbono risultare le ispezioni e le rilevazioni eseguite nonché le osservazioni e i rilievi del contribuente o del professionista che eventualmente lo assiste non che le risposte ricevute e le violazioni rilevate e i relativi addebiti. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta o indicare il motivo della mancata sottoscrizione nonché dai verbalizzanti e il contribuente ha diritto di averne copia. Il processo verbale di constatazione in quanto atto redatto da pubblici ufficiali nell'esercizio delle proprie funzioni ai sensi dell'articolo 2699cc e un atto pubblico fidefacente che cioè fa prova fino a querela di falso ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2700cc seppur limitatamente alle dichiarazioni rese e ai fatti compiuti in presenza dei verbalizzanti. Ciò significa che per poter contestare i fatti riportati e le dichiarazioni riprodotte nel processo verbale di constatazione occorre promuovere querela di falso. Una volta consegnato il PVC scatta un peculiare termine di improcedibilità; ai sensi del comma 7 dell’art 12 l 212/2000 nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro 60gg osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Ciò significa che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di 60gg dal rilascio del PVC e questo per consentire al contribuente di formulare osservazioni e chiarimenti alle constatazioni mosse nel PVC. Il termine dei 60gg può essere derogato in casi di particolare e motivata urgenza. Il rispetto del predetto termine nonostante la mancata espressa previsione di una sanzione è considerato dalla giurisprudenza condizione di legittimità dell’accertamento. L’avviso di accertamento emesso prima del termine di 60gg decorrenti dal rilascio del verbale di chiusura della verifica è nullo. Questo significa che il contribuente può limitarsi ad impugnare l’atto impositivo per la sola ragione della notifica fatta in violazione del predetto termine, senza quindi entrare nel merito della pretesa. Il vizio di nullità dell’avviso di accertamento derivante dall’inosservanza del termine non è rilevabile d’ufficio ma deve essere contestato dal contribuente con ricorso introduttivo. Quanto alle principali ragioni di urgenza, che sole possono giustificare l’inosservanza del termine, queste non possono consistere nella mera imminente scadenza del termine decadenziale a disposizione dell’ufficio ai fini dell’accertamento; questo almeno nel caso in cui sia dovuto solo a semplice inerzia o negligenza di quest’ultimo e non anche ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento. Costituisce invece motivo di urgenza la dichiarazione di fallimento del contribuente. La reiterata violazione di leggi tributarie aventi rilevanza penale o la partecipazione del contribuente ad una frode fiscale possono integrare i motivi di urgenza. Le ragioni di urgenza non debbono essere esplicitate necessariamente nella motivazione dell’avviso di accertamento. Ciò significa che l’atto di accertamento è legittimo anche se manca ogni motivazione sulla ragione di urgenza che ha determinato la non osservanza del termine. Il vizio invalidante non consiste nella omessa enunciazione, nell’avviso d’accertamento, dei motivi di urgenza che hanno comportato l’emissione anticipata dell’atto, quanto piuttosto nel fatto che detti motivi in concreto non sussistono. In caso di contestazione da parte del contribuente, incombe sull’Agenzia delle entrate argomentare e provare la sussistenza delle ragioni di urgenza mentre spetta al giudice verificare l’effettività o meno di dette ragioni. Nonostante la giurisprudenza continui a ripetere che il termine dei 60gg sia funzionale ad instaurare il contradditorio con il contribuente, dal momento che è previsto per consentire al medesimo di fornire repliche, chiarimenti, giustificazioni ai rilievi mossi dal pvc, sembra più corretto parlare al riguardo di una mera condizione di procedibilità. Se fosse infatti uno strumento di contradditorio, sarebbe necessario, come del resto la norma farebbe intendere che le osservazioni eventualmente presentate siano valutate e motivatamente confutate nell’avviso. Cosa che invece la giurisprudenza esclude. Per la Cassazione rimane valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente atteso che l’Amministrazione ha solo l’obbligo di valutare tali osservazioni ma non anche di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo; l’avviso è però illegittimo nel caso in cui l’Agenzia dichiari espressamente di non aver valutato le memorie. Ad avviso della giurisprudenza, la nullità per violazione del termine dilatatorio, prevista dall’art 12, comma 7, l 212/2000, non è subordinata alla cd prova di resistenza, ossia alla verifica che il contribuente, laddove fosse stato ascoltato in contradditorio, avrebbe potuto formulare rilievi e osservazioni meritevoli di considerazioni e non meramente pretestuosi: la violazione del termine dei 60gg comporta sempre e comunque la nullità dell’atto. Va evidenziato che il termine dei 60gg di improcedibilità è richiesto esclusivamente per gli accertamenti preceduti da una verifica con accesso presso il contribuente. Ad avviso della giurisprudenza, l’accertamento emesso a seguito di indagini condotte dall’Agenzia presso i propri uffici non richiede il rispetto del termine dei 60gg. 5.3. Inviti a comparire, richieste e questionari Si prevede che i verificatori possano: - Invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentati per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti; Invitare i contribuenti a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti. - Inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie ovvero inerenti altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti; - Richiedere agli organi e alle amministrazioni dello stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione la comunicazione di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie.  Richiedere copie o estratti degli atti e dei documenti depositati presso i notai;  Richiedere alle banche, alle Poste Italiane, alle società ed enti di assicurazione, agli intermediari finanziari dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata, compresi i servizi prestati, con i loro clienti; - Invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti; - Richiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale. Le richieste e gli inviti devono essere notificati al contribuente e, dalla data di notifica, decorre il termine fissato dall’ufficio per l’adempimento. Le notizie e i dati non addotti, così come gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi su richiesta dell’ufficio, non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento. La mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti richiesti come la mancata risposta ai questionari legittima l’ufficio all’accertamento induttivo puro. È poi espressa la possibilità per l’ufficio di utilizzare le risultanze emerse dalle cd indagini bancarie. Ciò significa che gli uffici possono porre a base delle rettifiche e degli accertamenti i dati e gli elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni effettuate, acquisti mediante le indagini finanziarie, autoritativo preordinato a modificare unilateralmente la sfera giuridica del destinatario: come tale deve possedere tutti i requisiti di forma e sostanza prescritti per i provvedimenti. 2.I modelli di (attività) di accertamento L’accertamento viene in considerazione in primis come attività: sinteticamente, come attività dell’amministrazione finanziaria volta alla rideterminazione autoritativa del quantum d’imposta dovuto dal contribuente. L’amministrazione finanziaria può avvalersi di diverse modalità di accertamento, che variano a seconda: • del tipo di imposta: non vi è un regime unitario di disciplina dell’attività di accertamento che, in linea di principio, è peculiare a ciascuna imposta; • della natura del soggetto destinatario dell’accertamento: sono previste modalità peculiari nel caso in cui il soggetto accertato produca redditi da attività d’impresa o di lavoro autonomo; • della situazione sostanziale in cui versa il contribuente: si parla di accertamento in rettifica quando l’amministrazione finanziaria corregge la dichiarazione del contribuente. Si parla, invece, di accertamento d’ufficio quando la dichiarazione manca o perché è nulla o perché è stata presentata oltre il termine prescritto. Questi 2 tipi di accertamento presentano vistose differenze, dovute all’oggetto dell’attività, ai poteri utilizzabili, fino ai tempi a disposizione. 2.1.L’accertamento nelle imposte sui redditi e nell’IVA: l’accertamento in rettifica del reddito complessivo delle persone fisiche In materia di imposte sui redditi, qualora l’attività dell’amministrazione finanziaria riguardi un soggetto persona fisica non esercente una attività di impresa, un’arte o una professione, che ha presentato una regolare e valida dichiarazione, l’accertamento ha quale oggetto il reddito complessivo così come dichiarato, allo scopo di verificarne la correttezza e corrispondenza al presupposto effettivamente realizzato. L’accertamento in rettifica può essere analitico o sintetico. 2.1.1. L’accertamento in rettifica analitico L’amministrazione finanziaria, qualora ritenga il reddito dichiarato dal contribuente inferiore a quello effettivo accertato, deve procedere a rettificarlo, ricostruendo però l’esatta fonte dei redditi omessi e/o da rettificare. Sicché per poter determinare l’esatta e corretta manifestazione di capacità contributiva diventa necessario ricostruire, non tanto e solo l’esistenza di redditi dichiarati, ma anche la fonte e, così, la categoria di reddito. Con l’accertamento in rettifica analitico l’amministrazione finanziaria procede alla ricostruzione del reddito complessivo del contribuente, rettificando i singoli redditi esposti nella sua dichiarazione mediante il confronto dei dati indicati nella dichiarazione stessa con i documenti e gli altri elementi probatori acquisiti in sede istruttoria. L’accertamento si dice in rettifica ed analitico perché oggetto dell’attività è la rettifica del reddito complessivo dichiarato; rettifica che però viene operata, non correggendo direttamente il reddito complessivo, bensì ricostruendo analiticamente i singoli redditi che lo compongono. A questi fini l’amministrazione finanziaria può avvalersi di presunzioni semplici. 2.1.2. L’accertamento in rettifica sintetico L’amministrazione può rideterminare il reddito complessivo del contribuente attraverso il c.d. metodo sintetico; in questo caso la ricostruzione del reddito è operata in modo sintetico, il che significa che non si procede più all’individuazione dei singoli redditi che compongono il reddito complessivo, ma lo si ricostruisce direttamente, appunto sinteticamente. Questa tipologia di ricostruzione è di tipo deduttivo: è operata sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta. L’accertamento è qui fondato sulla presunzione per cui la differenza positiva tra spese e reddito dichiarato costituisce reddito imponibile sottratto a tassazione. Sull’assunto che appare verosimile ritenere che dette spese siano state finanziate con redditi non dichiarati, si consente di imputare direttamente a reddito complessivo del contribuente la predetta differenza. La determinazione sintetica può avvenire mediante c.d. redditometro: qui l’accertamento del maggior reddito viene ad essere fondato sull’assunto “tanto ha speso, tanto hai guadagnato”, salvo prova contraria. In considerazione che l’impiego dell’accertamento sintetico si traduce in un’evidente semplificazione procedimentale per l’agenzia, il legislatore ne ha subordinato l’utilizzo a precise condizioni che dovrebbero fungere da garanzia per il contribuente: lo scostamento tra reddito dichiarato e quello presuntivamente accertato deve essere pari ad almeno il 20%. Solo se lo scostamento supera tale soglia di tolleranza, l’ufficio può avvalersi di tale accertamento. In presenza delle condizioni che ammettono la determinazione sintetica, il contribuente ha facoltà di dimostrare: - Che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, cioè risparmi accumulati; - Il finanziamento è avvenuto con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o esclusi dalla formazione della base imponibile; - Che il finanziamento è avvenuto per tramite di soggetti diversi dal contribuente; - Il diverso ammontare delle spese a lui attribuite. L’ufficio deve instaurare un contraddittorio preventivo con il contribuente, invitandolo a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento. La prova richiesta al contribuente è libera, cioè non deve fornire alcuna dimostrazione circa l’effettiva destinazione della disponibilità economica all’incremento patrimoniale, è sufficiente la sola dimostrazione dell’esistenza di tale disponibilità. Qualora l’ufficio ritenga non decisivi gli argomenti addotti dal contribuente, prima di emettere l’avviso di accertamento deve avviare il procedimento di accertamento con adesione. 2.2L’accertamento in rettifica dei soggetti tenuti alle scritture contabili (esercenti impresa, arti o professioni) Nel caso in cui il soggetto destinatario dell’accertamento sia un soggetto esercente un’attività di impresa, un’arte o una professione, dove sia ai fini del reddito che ai fini IVA è prescritta la tenuta di una speciale contabilità, la disciplina dedicata all’accertamento prevede altre e diverse metodologie di ricostruzione del presupposto. La previsione della contabilità, quale strumento di determinazione del presupposto, impone in via prioritaria di verificare se detta contabilità sia o meno complessivamente attendibile. Solo nei casi in cui la contabilità manifesti una palese inattendibilità, è consentito all’agenzia di procedere con un accertamento in grado di prescindere completamente dalla contabilità. 2.2.1. Accertamento analitico-contabile o analitico-induttivo In presenza di un soggetto esercente una attività di impresa, un’arte o una professione, l’amministrazione finanziaria può avvalersi del metodo analitico contabile o analitico induttivo. La rettifica passa necessariamente attraverso la rettifica della contabilità. Il reddito di impresa o di lavoro autonomo o l’IVA sono determinati rettificando le singole poste che compongono il reddito d’impresa, di lavoro autonomo o l’IVA dovuta e la rettifica è delle risultanze contabili e, per loro tramite, del reddito complessivo. La mera regolarità formale della contabilità non è elemento sufficiente a precludere l’accertamento dell’Amministrazione. In presenza di una contabilità formalmente corretta, ma inattendibile, l’atto di accertamento in rettifica, qualora sia sufficientemente motivato, deve considerarsi assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori; l’amministrazione deve provare solo la gravità, precisione e concordanza delle circostanze alla base della presunzione, mentre spetta al contribuente dimostrare la regolarità delle registrazioni effettuate. L’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici purchè siano gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’ufficio fornisca prove certe. Anche la contabilità in nero, costituita da appunti personali e informazioni dell’imprenditore, anche se pervenuta presso terzi, costituisce un valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che legittima di per sé il ricorso all’accertamento induttivo. L’accertamento induttivo, in presenza di regolarità formale delle scritture contabili, non può scattare in assenza di elementi gravi, precisi e concordanti. 2.2.1.1. L’accertamento contabile o induttivo nel settore delle imposte sui redditi Ai sensi dell’articolo 39 d.P.R. 600/1973, nell’accertamento in materia di imposte sui redditi, il metodo analitico contabile può essere impiegato: - Se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite; - Se non sono state esattamente applicate le disposizioni del TUIR; - Se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari inviati al contribuente, dagli atti, documenti e registri esibiti o tramessi, dalle dichiarazione di altri soggetti, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell’ufficio; - Se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle verifiche, ovvero dal controllo della completezza esatta e veridicità delle registrazioni contabili. Oggetto dell’accertamento analitico contabile sono le singole componenti dei redditi d’impresa o da lavoro autonomo che per effetto dell’accertamento vengono rideterminate sia per l’an che per il quantum. L’accertamento analitico induttivo di maggiori ricavi derivanti da attività di impresa non comporta l’automatico e forfettario riconoscimento degli elementi negativi del reddito; incombe sul contribuente l’onere di provare la certezza dei costi e la loro inerenza all’attività. Gli studi di settore consentono di stimare i ricavi o i compensi verosimilmente attribuibili al contribuente. Sono elaborati attraverso analisi statistico-matematiche. Su base statistica, ciascun contribuente viene assegnato ad un cluster che fornisce i parametri di riferimento per valutare la coerenza e congruità del contribuente. Il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto dell’applicazione degli indicatori di normalità economica. un significativo temperamento del rigore dimostrativo incombente sull’amministrazione finanziaria, giustificato dalla particolare gravità della condotta del contribuente: questi, omettendo la dichiarazione, risulta avere violato il principale obbligo su di lui incombente, costringendo l’amministrazione a disvelare per intero la materia imponibile da tassare. Nell’accertamento d’ufficio l’agenzia è abilitata ad avvalersi di dati e notizie raccolti, nonché di presunzioni c.d. semplicissime. L’agenzia può qui prescindere in tutto o in parte dalle risultanze della dichiarazione, ove presentata, nonché dalle eventuali scritture contabili sebbene regolarmente tenute. 2.4. L’accertamento integrativo La regola vuole che l’amministrazione non possa frammentare in una moltitudine di atti la pretesa vantata nei confronti del contribuente. La pretesa fiscale, laddove fosse riferita ad uno stesso soggetto e ad un solo presupposto, deve essere unitaria. A conferma di questa regola, nota come dell’unitarietà dell’accertamento, viene invocata quella che ne rappresenta la principale deroga che è l’accertamento integrativo. Con l’accertamento integrativo l’agenzia delle entrate ha la possibilità di integrare l’accertamento originariamente notificato mediante l’emissione di un secondo accertamento, a certe condizioni: - L’atto integrativo deve essere notificato entro il termine di decadenza previsto per l’accertamento originario. - L’integrazione deve essere determinata dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi; - L’avviso deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione ai nuovi fatti e/o elementi. Sul tema della novità, l’atteggiamento della giurisprudenza è abbastanza relativo. È lecito emettere un accertamento integrativo quando vi sono nuovi elementi, ma i nuovi elementi devono essere interpretati in senso ampio, in quanto possono essere costituiti da elementi non strettamente contabili tali da indurre una rivalutazione dei documenti contabili. L’esercizio del potere di emettere un accertamento integrativo va tenuto distinto dal potere di autotutela. Con l’autotutela si sostituisce o elimina un provvedimento, interamente, mentre con l’accertamento integrativo un nuovo provvedimento si va ad aggiungere al primo e lo integra, ed entrambi i provvedimenti mantengono un’autonomia di esistenza ed efficacia. Inoltre, per l’atto di autotutela non è richiesta la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. L’accertamento integrativo deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento, specificamente motivato in ordine alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi che si aggiunge a quello ordinario. L’autotutela sostitutiva in malam partem presuppone l’illegittimità del precedente avviso, la sua eliminazione dal mondo giuridico con la contestuale sostituzione ad opera di un nuovo provvedimento. L’autotutela sostitutiva in bonam partem non integra un nuova pretesa tributaria, ma soltanto una pretesa minore e non necessita di una forma o di una motivazione particolari. 2.5. L’accertamento parziale Con lo strumento dell’accertamento parziale l’amministrazione finanziaria, sulla base di elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito in tutto o in parte non dichiarato ovvero, in materi di IVA, di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte dichiarati ovvero detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare l’imposta o la maggiore imposta dovuta. Tutto senza pregiudizio per l’ulteriore azione accertatrice volta ad accertare altri ed ulteriori elementi di reddito o presupposto IVA. In origine, il tratto qualificante dell’accertamento parziale era la provenienza qualificata delle segnalazioni e la loro immediata utilizzabilità senza bisogno, da parte dell’amministrazione finanziaria, di procedere ad una valutazione o apprezzamento di dette segnalazioni, immediatamente spendibili ai fini di una pretesa impositiva. Si caratterizzava per la provenienza esterna delle segnalazioni e per la loro immediata spendibilità tale da non esigere l’esercizio di una valutazione ulteriore. La deroga al modello espresso dalla regola dell’accertamento unitario si giustificava con la circostanza eccezionale dell’automatismo argomentativo indotto e consentito dai dati acquisiti da fonti qualificate esterne all’ufficio. La prassi e il legislatore hanno stravolto la teoria. Nella pratica accade che siano qualificati come accertamenti parziali accertamenti che in verità sono accertamenti ordinari sia per l’ampiezza del presupposto accertato che per i fattori di innesco che sono gli stessi previsti per l’attività di accertamento ordinaria. La scelta tra accertamento ordinario ed accertamento parziale finisce per essere una scelta essenzialmente discrezionale dell’ufficio, solamente perché in quanto meramente parziali, se l’ufficio intende integrare l’originaria pretesa non è obbligato ad addurre la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. L’accertamento parziale dell’IVA e delle imposte dirette può essere legittimamente adottato anche su iniziativa propria dell’ufficio titolare del potere di accertamento totale, dal momento che rappresenta uno strumento diretto a perseguire la sollecita emersione della materia imponibile e questo semplicemente quando le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie e non richiedano l’esercizio di valutazioni ulteriori rispetto al mero recepimento del contenuto della segnalazione. 2.6 L’accertamento nell’abuso del diritto Laddove l’amministrazione finanziaria ritenga di aver individuato un’operazione che integra i presupposti dell’elusione/abuso del diritto ai sensi dell’art 10bis della l 212/2000, deve procedere alla stregua della peculiare disciplina ivi regolata. Si tratta di una procedura applicabile a tutti i casi di abuso del diritto. È stabilito che l’agenzia non possa emettere direttamente un avviso di accertamento, ma debba notificare al contribuente una preventiva richiesta di chiarimenti cd questionario. La richiesta deve essere notificata e motivata; se questa viene omessa l’accertamento è nullo. Una volta ricevuta la richiesta di chiarimenti il contribuente ha tempo 60gg per rispondere e con la risposta il contribuente ha la possibilità di arrestare l’accertamento: - e se le sue ragioni sono accolte la contestazione di abuso cade, - viceversa se sono rigettate l’ufficio procede con l’avviso di accertamento che segue la richiesta di chiarimenti contenendo motivazione anche con riferimento al mancato accoglimento dei chiarimenti forniti dal contribuente cd motivazione rinforzata e questo a pena di nullità dell’avviso medesimo. Per assicurare l’effettività di tale interlocuzione è prevista per altro una peculiare deroga al regime ordinario sui termini di decadenza, ciò significa che per assicurare l’effettività del contradditorio dato dal rispetto dei 60gg per rispondere, il termine di accertamento che l’agenzia ha a disposizione viene prorogato. In deroga alla regola generale è previsto che se viene impugnato l’atto impositivo, la riscossione delle imposte è sospesa integralmente per tutto il primo grado. Ai sensi del comma uno, lettera C, art 11 statuto del contribuente, il contribuente ha la facoltà di presentare l’istanza di interpello per conoscere preventivamente se a parere dell’amministrazione le operazioni realizzate costituiscono fattispecie di abuso del diritto cd interpello antiabuso. Infine la condotta abusiva è sanzionabile in via amministrativa ma non assume alcuna rilevanza in ambito penale. 2.7. L’accertamento nelle imposte sui trasferimenti La disciplina dell’attività di accertamento in materia di imposte sui trasferimenti; l’attività di controllo si può articolare in: - Attività di mera liquidazione dell’imposta: quando non viene messo in discussione l’imponibile dichiarato o denunciato dal contribuente ma viene operato esclusivamente il calcolo dell’imposta sulla base dei criteri legali ovvero quando vengono corretti gli errori materiali e di calcolo commessi dal contribuente; - Attività di rettifica della base imponibile denunciata dal contribuente e di liquidazione della relativa maggior imposta: in materia di imposta sulle successioni e donazioni quando viene contestata la regolarità, la completezza, l’infedeltà dell’imponibile denunciato dal contribuente. In materia di imposta di registro, si parla di rettifica e liquidazione quando viene rettificato il valore dei beni. - Attività di accertamento: quando viene disvelato l’imponibile occultato dal contribuente. Si distingue poi tra imposta principale, complementare e suppletiva. È principale l’imposta applicata al momento della registrazione; è suppletiva l’imposta applicata successivamente, se diretta a correggere errori o omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso. 2.8. L’avviso di recupero L’ampliamento dell’uso della compensazione ha sollecitato la predisposizione di particolari misure volte a contrastare l’uso indebito di crediti fittizi. Per l’accertamento e la contestazione di crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, l’Agenzia delle entrate può emanare un apposito atto di recupero. Gli avvisi di recupero hanno natura di atti di accertamento, per cui devono essere motivati e notificati al contribuente. Nel caso in cui l’avviso faccia seguito ad una verifica, torna applicabile il termine dilatorio di 60 giorni dalla notifica del PVC. L’avviso deve essere notificato entro il 31 dicembre del 5 anno successivo a quello di effettivo utilizzo del credito in compensazione. L’avviso può essere impiegato anche per irrogare solo la sanzione per utilizzo indebito del credito e non anche per recuperare il credito d’imposta indebitamente utilizzato. L’avviso di recupero è autonomamente impugnabile in commissione tributaria. In caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall’ufficio, non inferiore a 60 giorni, si applica la riscossione in base a ruolo. Nel caso di recupero di crediti inesistenti impiegati in compensazione con l’F24 si applica il più lungo termine stabilito al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Per il pagamento delle somme pretese con l’avviso di recupero non è consentita la compensazione 3. Il contraddittorio Per contraddittorio preventivo si intende un momento in cui l’amministrazione invita il contribuente a fornire chiarimenti, osservazioni, ovvero a controbattere alle contestazioni che l’amministrazione intende svolgere, ma prima che queste siano formalizzate in un atto. Questo con un duplice obiettivo: • Saggiare preventivamente la congruità, la fondatezza e la ragionevolezza della pretesa; • Recepire le osservazioni del contribuente, scoraggiando un possibile esito giudiziario della pretesa.
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