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MANZONI, vita, pensiero, opere, Appunti di Italiano

Riassunto della vita e del periodo prima e l’importanza della conversione. La concezione della storia e della letteratura (il vero, l’utile, l’interessante), il rapporto con il romanticismo. Analisi delle opere Gli inni sacri,Marzo 1821,le due tragedie L’Adelchi e Il conte di Carmagnola, i cori e I promessi sposi. La critica nei confronti della società, il quadro storico del seicento e il modello della società ideale, la concezione della provvidenza, l’uso dell’ironia e il problema della lingua.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 14/02/2020

GGiadArte
GGiadArte 🇮🇹

4.5

(19)

45 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica MANZONI, vita, pensiero, opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! MANZONI ∙ Nacque a Milano nel 1785 dal conte Pietro e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, uno dei più illustri rappresentanti dell’illuminismo. ∙ Trascorse la fanciullezza in un collegio dove ebbe un educazione cattolica e incominciò gli studi classici. ∙ Nel 1805 va con la madre a Parigi dove si trova il suo amante Carlo Imbonati. Qui si avvicina al giansenismo (cattolici): Dio sceglie i suoi eletti e li porterà alla salvezza. Questo Manzoni non lo accetta e pensa che il libeo arbitrio possa far raggiungere la salvezza a chi la vuole ottenere attraverso un comportamento corretto. L’uomo però tende ad andare verso il male. ∙ Ebbe un grande influsso su di lui Enrichetta Blondel che a si convertì assieme a lui al cattolicesimo. ∙ Nel 1810 tornò a Milano dove ebbe il suo momento creativo e fu il momento in cui scrisse più opere. ∙ Dopo il ritorno in Italia condusse una vita appartata durante la quale si dedicò alla stesura dei Promessi Sposi. Si avvicinò al movimento romantico, ma non ne prese attivamente parte. ∙ Nel 1840 finisce l’ultima edizione dei Promessi Sposi con apporti solo esclusivamente linguistici. ∙ Venne nominato senatore d’Italia e nella sua vecchiaia ebbe a che fare con diversi lutti famigliari come per esempio la morte di sua moglie, figlia e madre. Era contrario al potere temporale della Chiesa. ∙ Morì nel 1873 a Milano. PRIMA DELLA CONVERSIONE Tra il 1801 e il 1810 Manzoni compone opere allineate con il gusto classico allora dominate. Linguaggio aulico con riferimenti mitologici. Inneggia la Rivoluzione francese e si scaglia contro la tirannide politica, ma rivela già la disillusione e amarezza dinanzi al fallimento degli ideali rivoluzionari di Napoleone. Scrive numerosi poemetti. Manzoni avverte l’esaurimento per il gusto classico e sente bisogno di una letteratura nuova dal punto di vista degli interessi e del linguaggio. L'IMPORTANZA DELLA CONVERSIONE La conversione fu un fatto che investì a fondo tutti gli aspetti della sua personalità. Il giovane Manzoni, sebbene educato sulla base di principi religiosi cristiani e cattolici, fu inizialmente sostenitore degli ideali illuministici di libertà e uguaglianza. Per Manzoni la religione viene considerata come il principale punto di riferimento per ogni tipo di scelta, da quella morale a quella politica. Alla verità cristiana assoluta, però, il Manzoni non allontana gli ideali liberali dell'Illuminismo, anzi, trova nei principi cristiani il fondamento di quelli illuministi. Ciò ovviamente influisce anche sulla sua poetica, sulle sue scelte esistenziali e sugli orientamenti ideologici e culturali. Diviene fondamentale per Manzoni il problema del male radicato nel mondo. Gli uomini sono votati al male e dagli errori non imparano mai. La Provvidenza prepara l’uomo attraverso le ingiustizie (l’uomo deve resistere). Egli deve combattere il male e le ingiustizie (non possiamo evitarle) che ci preparano alla grazia divina. La felicità sulla terra non esiste, si trova solo nell’aldilà. La concezione della storia La concezione cristiana del Manzoni lo porta ad assumere una posizione anti-classica. Mentre la tradizione considerava il mondo romano il modello supremo di civiltà in tutti i campi, Manzoni lo giudicava un popolo violento ed oppressore. Da qui l'interesse per il Medio Evo cristiano, che egli pone alla base della civiltà moderna. Dal distacco dal classicismo deriva anche il rifiuto per la celebrazione dei potenti e degli eroi ed un interesse per gli umili e i vinti. La concezione della letteratura La conoscenza di importanti scrittori come il Foscolo, l'Alfieri, il Parini, lo convinsero della sua concezione di una letteratura volta a una battaglia morale e culturale in senso democratico, e della necessità di unire il popolo italiano scacciando lo straniero. Manzoni rifiuta l'idillica serenità classica per il bisogno di una letteratura che riguardi il vero, che emerga da esigenze realmente avvertite e che si ponga come obiettivo l'edificazione morale e civile. Come gli altri fondatori del Conciliatore, anche Manzoni aspirava ad una letteratura popolare, che potesse essere compresa da tutti in funzione della sua azione divulgatrice: il popolo è il protagonista della storia, ed è quindi il protagonista della letteratura, sia come lettore che come attore. La letteratura deve proporsi dunque il VERO come oggetto, l'UTILE per scopo e l'INTERESSANTE per mezzo: · IL VERO: Manzoni distingue un vero naturale e uno storico, ma il secondo è più importante del primo e quasi lo contiene. Infatti è nella storia che l'uomo esprime la propria dinamicità. Mentre il vero storico ci dà la conoscenza dei fatti, il poeta, mediante la profonda conoscenza del cuore umano, ha il compito di risalire da essi alla coscienza che li ha generati, ossia ritrovare nell'animo dell'uomo il significato della storia. Il vero che il poeta deve far sentire è un vero oggettivo ed universale; la poesia manzoniana infatti si distacca dall'individualismo solitario e va alla scoperta della serietà e della dignità della vita quotidiana. · L'UTILE: L'utile coincide con la moralità in senso cristiano: impone alla poesia il compito di formazione della coscienza, attraverso una profonda meditazione sull'uomo e sul suo rapporto con il divino. Anche l'utile punta dunque alla verità, e Manzoni pensa che soltanto la verità possa realmente interessare l'uomo, e che soltanto essa possa procurargli un piacere non effimero. · L'INTERESSANTE: Esso è un argomento desunto dalla vita e dalla storia dell'uomo. IL RAPPORTO CON IL ROMANTICISMO A differenza del Foscolo, Manzoni non partecipò con "l'azione" all'attuazione dei propri ideali: egli fece, invece, dei propri scritti il mezzo con cui diffondere la libertà (questo spiega perché egli non parli mai di sé o perché manchi il carattere autobiografico nelle opere manzoniane). Il romanticismo risorgimentale consiste proprio in questo e risulta evidente nelle opere come I Promessi Sposi, o Marzo 1821 o ancora le Tragedie, attraverso le quali esorta gli italiani a combattere essi stessi contro lo straniero per la propria libertà. Una lettera, inviata nel 1823 al marchese D'Azeglio, fu pubblicata all'insaputa dell'autore nel 1846. Essa si proponeva di tracciare un sunto della disputa classico-romantica, nella quale il Manzoni non era intervenuto direttamente. La lettera distingue due parti del sistema romantico: 1. parte negativa (critica nei confronti del classicismo) Essa comprende il rifiuto dell'imitazione dei classici, delle regole e della mitologia. Nella lettera si pone particolare attenzione alla mitologia, che secondo Manzoni ha alla base una concezione anti-cristiana che rifiuta Dio sostituendolo con le passioni, i beni terreni. Per l'autore la mitologia classica rappresenta qualcosa di "falso", che si rifà ad un repertorio ormai morto e puramente formale. 2. parte positiva (o costruttiva, proposta di una nuova civiltà letteraria) Essa rivela l'idea di una poesia che abbia come oggetto il vero, ossia un contenuto moderno, morale, popolare, accettabile e cattolico. Dunque Manzoni prende decisa posizione in favore di un Romanticismo realistico, oggettivo, contro quello lirico individualistico che attribuiva importanza al sentimento, alla passione, esaltata quasi come un presentimento di infinito. Egli accomunò nella condanna di questo Romanticismo ogni forma di esaltazione dell'io eroico, sia nel fare sia nel patire ogni forma di evasione dalla realtà concreta. Volle rispecchiare nella sua opera i problemi dell'esistenza comune, i soggetti largamente popolari. Scelse insomma argomenti conformi alle memorie e all'esperienza di tutti, persuaso che ogni vita e ogni momento di essa si proiettino nell'eternità. IL QUADRO STORICO DEL SEICENTO La critica di Manzoni nei confronti della società secentesca La società di cui Manzoni ci vuole fornire un quadro quella lombarda del Seicento sotto la dominazione spagnola. È un quadro fortemente polemico poiché la società di quelle poca segna secondo lui, il trionfo dell’ingiustizia e della prepotenza da parte del governo. Manzoni risale al passato per cercare le radici dell’arretratezza in cui si trova l’Italia e, attraverso la critica della società, offre alle nascenti forze borghesi il modello di una società futura da costruire. Modello di società ideale Un'organizzazione sociale in cui i beni siano equamente ripartiti, secondo i principi della cristianità: l'aristocrazia metta a disposizione della collettività ciò che ha in abbondanza, e le classi inferiori rinuncino a rivendicare i propri diritti con la forza. La religione è per Manzoni l'unica vera forza riformatrice, in grado di evitare violenze simili a quelle della Rivoluzione Francese. Nonostante egli sia convinto che la ricostituzione della felicità originaria presente prima del peccato originale sia impossibile da attuare, è comunque del parere che il male della società può essere attenuato grazie al doveroso intervento dell'uomo. Personaggi e le loro trasformazioni I personaggi del romanzo: POSITIVO ARISTOCRAZIA cardinal Federigo, POPOLO CETI MEDI Lucia Fra Cristoforo NEGATIVO Gertrude, Don Rodrigo folla di Milano Don Abbondio, l'Azzeccagarbugli dal NEGATIVO al POSITIVO l'innominato, Renzo e Lucia compiono, nel corso del romanzo, un'esplorazione attraverso il negativo della realtà storica. Violentemente estrapolati dalla loro vita tranquilla e innocente fra i fonti, i due protagonisti vengono a contatto con il male, ma, nello stesso tempo, giungono ad una loro maturazione. La loro consapevolezza di un'avvenuta maturità si manifesta alla fine del romanzo, quando essi parole proprie, dunque elementari, esprimono il "sugo" della storia. La formazione di Renzo: egli possiede molte virtù, ma ha una componente ribelle che lo porta a farsi energicamente giustizia da sé sommossa di Milano, notte di riflessione sull'Adda, peste a Milano, rassegnazione alla volontà divina. Lucia è vista come un personaggio statico, che non subisce trasformazioni nel corso della storia, perché non ha bisogno di imparare nulla. In realtà anche lei segue un percorso di trasformazione. La formazione di Lucia: ella possiede già la virtù della rassegnazione alla divina Provvidenza, ma ha dei limiti che consistono nell'ingenuità e nell'inconsapevolezza del male sofferenze, peripezie comprensione della negatività presente nel mondo. IL "SUGO" DELLA STORIA: il rifiuto dell'idillio: L'idillio in questo caso rappresenta una vita quieta, felice, lontana dal male presente nella storia. Infatti presupporre come obiettivo finale il raggiungimento di una vita non contaminata dal male sarebbe incoerente con il proposito di trattare esclusivamente il "vero". Al termine del romanzo la vita di Renzo e Lucia non ha raggiunto l'idillio, poiché essi sono diventati consapevoli della tragicità della vita, e il loro fine non è vivere bene, ma agire attivamente contro il male. La concezione della provvidenza: Tale concezione è differente per Manzoni rispetto ai suoi personaggi. Essi ingenuamente credono nel trionfo della giustizia e nel fatto che Dio in questo modo premi i buoni per le sofferenze patite. Manzoni ha una visione teologica superiore e crede che i buoni verranno ricompensati solo alla fine del mondo; la provvidenzialità consiste nel far maturare l'uomo attraverso delle sventure, che nella sfera terrena vengono inflitte ai buoni senza alcun risarcimento. L’IRONIA Spesso la voce narrante di rivolge direttamente al lettore. Nel romanzo vi può essere ad esempio autoironia: così avviene nell’introduzione. A queste mosse ironiche si può scorgere la sottile presa di distanza dello scrittore dalla letteratura, sentita come qualcosa che, seppur mira al vero, rischia di essere oziosa e inutile. ∙ A volte l’ironia è rivolta agli ipotetici lettori come nelle pagine conclusive: il narratore si astiene dal raccontare la vita tranquilla e felice dei due sposi perché seccherebbe a morte il lettore. ∙ L’ironia può investire i personaggi del romanzo: segna la distanza del colto narratore dalla gente umile e sprovveduta, ma si tratta sempre di un’ironia affettuosa. ∙ L’ironia può colpire lo stesso protagonista, Renzo, a sottolineare i suoi errori e le sue ingenuità di ragazzo, impetuoso e imprudente. Se nei confronti degli umili l’ironia bonaria e paterna nei confronti dei potenti essa si trasforma in sarcasmo impetuoso come nel caso di Ferrer: l’effetto sarcastico costituisce soprattutto dall’uso doppio della lingua italiana per le promesse ad alta voce al popolo, lo spagnolo negli aparte in cui le smentisce e le rovescia. FERMO E LUCIA: UN ALTRO ROMANZO? Dal romanzo, Manzoni ci ha lasciato 3 redazioni: la prima inedita (1821-23) pubblicata solo un secolo dopo dagli studiosi, Fermo e Lucia, la seconda pubblicata dall’autore nel 1827, già con il titolo definitivo i promessi sposi, la terza nel 1840 che è quella che abitualmente oggi leggiamo. Tra le due edizioni pubblicate dall’autore (27-40) vi sono essenzialmente differenze linguistiche mentre la prima redazione, presenta differenze profonde come se fosse un altro romanzo di un opera autonoma rispetto ai promessi sposi. ∙ Vi sono innanzitutto differenze nella distribuzione delle sequenze narrative sull’arco dell’intreccio: nei promessi sposi le vicende di Renzo e quelle di Lucia vengono raccontate contemporaneamente mentre nel Fermo e Lucia si ha prima tutto il blocco delle peripezie di Lucia poi quelle di Fermo. ∙ Nel fermo ci sono personaggi che hanno una fisionomia completamente diversa da quella della redazione definitiva: il conte del Sagrato che corrisponde all’innominato. ∙ Vi sono anche interi episodi impostati in modo diverso, ad esempio, la storia della monaca di Monza è molto più ampia e indugia su una serie di particolari che nell’ultima redazione vengono eliminati. Manzoni nel Fermo ricorre in più larga misura al documento storico e realistico, tutto questo materiale non narrativo è fortemente ridotto dei promessi sposi. Infine nel fermo vi sono posizioni critiche e polemiche più aspre e secche. Mentre nei promessi sposi le posizioni dell’autore sono più sfumate e talora dissimulate sotto il velo dell’ironia. Il negativo è portato all’estreme conseguenze e ad esso è contrapposto un positivo simmetricamente estremizzato. IL PROBLEMA DELLA LINGUA. Con la redazione definitiva dei promessi sposi Manzoni fornisce alla letteratura italiana un nuovo modello di lingua letteraria, offre l’indicazione di una possibile lingua dell’uso nella società della futura italia unita. Per trattare problemi vivi nella coscienza contemporanea non poteva più essere usata la lingua nella tradizione letteraria, aulica e difficile, comprensibile solo a chi fosse fornito di altra cultura. Mancanza di un codice comune tra chi legge. Nel suo viaggio a Firenze nel 1827 giunge alla soluzione per lui definitiva del problema alla lingua: la lingua italiana unitaria deve essere il fiorentino delle persone colte non la lingua morta dei libri del Trecento e del Cinquecento, come volevano i puristi, ma la lingua viva, parlata attualmente. In base a questi principi lo scrittore conduce la revisione del romanzo che lo occupa per lunghi anni sino al 1840. Il romanzo si offre così come esempio di lingua viva, non irrigidita dal peso retorico, aprendo anche per questo aspetto una nuova via alla letteratura italiana.
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