Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Mappa concettuale di Sociologia della devianza, Schemi e mappe concettuali di Sociologia della devianza

Mappa concettuale di Sociologia della devianza contenente i principali argomenti per la preparazione dell'esame

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 27/01/2022

nicole-colombara
nicole-colombara 🇮🇹

4.4

(190)

78 documenti

1 / 13

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Mappa concettuale di Sociologia della devianza e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia della devianza solo su Docsity! 1. SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA: CONCETTI E DEFINIZIONI 1 LA DEVIANZA La DEVIANZA è uno spettro ampio di comportamenti o di orientamentamenti di azione degli individui accumunati dal fatto di essere di essere caratterizzati dalla violazione o dal rifiuto delle norme e regole vigenti in una cultura È intesa come “allontanamento o rifiuto delle regole” e non solo dalle norme giuridico-penali . LA DEFINIZIONE SOCIOLOGICA DELLA DEVIANZA La definizione sociologica della devianza prevede: - l’esistenza di uno specifico gruppo sociale (o cultura) in cui tale definizione sia riconosciuta e condivisa - l’esistenza in tale società di norme, aspettative, costumi o credenze giudicate legittime o comunque rispettate - il riconoscimento che uno scostamento o una violazione di tali regole condivise è valutato negativamente dalla maggioranza dei membri della collettività considerata - la verifica che, alla constatazione della violazione di una regola, i membri del gruppo considerato tendono a reagire, con intensità proporzionale alla gravità attribuita al comportamento deviante - l'esistenza di conseguenze negative a carico dei soggetti che sono stati individuati come autori del comportamento deviante Ci possono essere diversi modi di definire sociologicamente la devianza, intesa come “scostamento da una norma”: - scostamento rispetto ad una distribuzione normale dei comportamenti, in senso statistico: in questo senso la norma è definita come il comportamento che si osserva con maggiore frequenza in una data popolazione esposta ad una data situazione; - violazione di aspettative, norme, valori, regole condivise o imposte, in una collettività più o meno vasta e differenziata, che suscita riprovazione o reazioni negative (sanzioni) da parte dei membri di un dato sistema sociale e culturale; - violazione delle aspettative di ruolo da parte dei titolari degli stessi (lo stesso comportamento può essere deviante o meno a seconda del ruolo ricoperto da chi lo mette in atto); - proprietà inerente ad una qualche forma di comportamento, conferita da chi viene direttamente o indirettamente a contatto con quel comportamento. RELATIVITÀ DEL CONCETTO La devianza è qualche cosa di relativo, ossia mutevole, a seconda: - del tempo - dello spazio (ovvero delle società e delle culture) - dei ruoli e della collocazione sociale di chi agisce Ne consegue la necessità di adottare prospettive di analisi articolate. Indispensabile uno sguardo comparativo, in senso: - diacronico: nella stessa società / cultura in epoche diverse - sincronico: nello stesso periodo in società / culture diverse NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE L’esistenza di norme riconosciute da un determinato gruppo sociale come valide è un presupposto fondamentale per l’elaborazione del concetto di devianza. Le norme sono regole che guidano i comportamenti sociali e la cui violazione dà luogo a sanzioni Ci possono essere diversi tipi di norme (a cui corrispondono diversi tipi di sanzioni) : - Norme prescrittive: impongono i comportamenti da tenere (obblighi); - Norme proscrittive: delineano i comportamenti da evitare (divieti); - Norme giuridiche : enunciati linguistici posti da istituzioni legittimate a formularli, provviste di sanzioni predefinite formalmente, esistenti/ vincolanti fino a quando non abrogate, anche se diffusamente eluse o non applicabili - Norme sociali : orientamenti di azione trasmessi culturalmente e accettate/condivise, provviste di sanzioni predefinite informalmente, LE SANZIONI: TIPI E CARATTERISTICHE Le sanzioni possono essere organizzate in diverse categorie a seconda delle loro caratteristiche: - Negative: punizioni - Positive: premi - Giuridiche/istituzionali (penali, amministrative) - esistenti/vincolanti fino a quando sono seguite dalla collettività (o dalla maggioranza) - Sociali /informali (esclusione dalle relazioni, ritiro della fiducia) Tra sanzioni giuridico/formali e sociali/informali: - differente gravità / incidenza: apparenza (sanzioni formali più cogenti di quelle sociali) e realtà (a volte quelle sociali più afflittive) - loro “relativa” autonomia (non sempre sono associate, non sempre alla sanzione giuridica segue sanzione sul piano sociale) LE FUNZIONI DELLE SANZIONI A seconda della teoria a cui si fa riferimento, alle sanzioni sono attribuite diverse funzioni: 1. Retributiva: la sanzione deve servire a “restituire” al colpevole il male provocato dalla sua azione illecita 2. Deterrente (generale o speciale): la sanzione deve impedire che il reato venga reiterato • dal soggetto stesso (d. speciale), facendogli pagare un “costo” più alto del vantaggio che ha ricavato dal reato, • dalla popolazione (d. generale): che avverte la concreta minaccia della sanzione e per questo si astiene dal compiere reati 3. Rieducativa: la sanzione deve servire a “cambiare”, riabilitare, risocializzare il reo 4. Incapacitante (neutralizzazione): la sanzione serve ad escludere il reo dalla società e impedirgli di fare il male SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA: CONCETTI E DEFINIZIONI (2) 2 L’INCIDENZA DEL DIRITTO SULLA SOCIETÀ Per il sociologo (del diritto) l’incidenza del diritto sulla società non è scontata, non è “data” per il solo fatto che esista una norma, ma si tratta di un problema che deve essere oggetto di ricerca empirica, in particolare ci si deve concentrare su due aspetti del rapporto tra norme e società: A. effettività : ovvero loro applicazione, attuazione, implementazione da parte di attori diversi (in quanto destinatari o titolari di ruoli) B. efficacia: ovvero raggiungimento degli obiettivi dichiarati (o non dichiarati, ma rispondenti a interessi del produttore delle stesse, come l’interesse alla legittimazione) Entrambi i discorsi si possono poi integrare con una riflessione sulle dinamiche che producono l’ottemperanza alle norme la quale può dipendere: dall’adesione morale al contenuto della norma e dalla paura della sanzione SOCIALIZZAZIONE NORMATIVA E CONTROLLO SOCIALE Ogni società o gruppo sociale socializza i nuovi membri alle norme che in essa sono vigenti: una socializzazione alla conformità Socializzazione alle norme sociali, prima, alle norme giuridiche, poi. La socializzazione normativa non si esaurisce nella fase dello sviluppo, ma accompagna tutta la vita: acquisizione perenne di norme correlate in particolare ai ruoli. L’orientamento alla conformità è rafforzato dalle diverse forme di controllo sociale che agiscono sugli individui. Controllo sociale: insieme di parole, esempi, «sguardi», azioni, procedure di istituzioni che sollecitano l’individuo a conformarsi alle regole. Controllo sociale informale – formale (o istituzionale) Nel campo del controllo sociale formale: processo di criminalizzazione 1. Primaria: la definizione di un comportamento come reato 2. Secondaria: l’applicazione della norma a chi adotta quel comportamento Nel corso della vita si può essere esposti anche a stimoli o pressioni alla violazione delle norme (la devianza si apprende). LE FORME DELLA CRIMINALITÀ SUL PIANO GIURIDICO-FORMALE Delitti (dolosi, preterintenzionali, colposi) • Contravvenzioni • Illeciti amministrativi Categorie di delitti (nel codice penale) con riferimento agli oggetti e alla gravità • contro la personalità dello Stato • contro la pubblica amministrazione • contro l'amministrazione della giustizia • contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti • contro l'ordine pubblico • contro l'incolumità pubblica • contro l'ambiente • contro la fede pubblica • contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio • contro la moralità pubblica e il buon costume • contro il sentimento per gli animali • contro la famiglia • contro la persona • contro il patrimonio LE DISTINZIONI SOTTO IL PROFILO SOCIOLOGICO • Non rispetto di obblighi – violazione di divieti • Reati strumentali (razionalità) - reati espressivi (sentimenti) • distinzione non sempre netta • rilevanza nella definizione della capacità di intendere e volere (es. minorenni) • influenza sulla determinazione della sanzione (es. attenuanti) • Reati individuali – di gruppo • normale co-offending (correità) • bande • reati associativi della criminalità organizzata • Reati comuni – reati di impresa (dei colletti bianchi) • Reati con vittima – reati senza vittima (senza soggetto passivo) LE CATEGORIE DEI COMPORTAMENTI DEVIANTI • Riferimento ai tipi di norme: • Buona educazione, costume, etichetta, moda • Stili di vita problematici (per il soggetto – per chi gli è vicino – per la collettività) • Sempre attenzione a mutamento nel tempo – a sotto-insiemi della società • Devianza • primaria semplice violazione di una norma • secondaria: coinvolgimento in stili di vita devianti a seguito di etichettamento • Devianza individuale – di gruppo: riferimento a subculture • Devianza occasionale – carriera deviante (apprendimento di tecniche e motivazioni a seguito di processi di esclusione e stigmatizzazione) IL PARADIGMA POSITIVISTA 6 IL CONTESTO La svolta del secolo porta al progressivo affermarsi del modello di produzione del capitalismo industriale La “RIVOLUZIONE INDUSTRIALE” determina una pluralità di conseguenze sociali: concentrazione della produzione, urbanizzazione forzata e processi di immigrazione, profonda modificazione degli stili di vita di grandi masse, precarizzazione delle loro condizioni economiche per i cicli di sviluppo e di recessione, conseguente concentrazione nelle stesse aree di gravi problemi sociali (criminalità, alcolismo, prostituzione) La progressiva comparsa della consapevolezza dell’esistenza di una relazione tra le CONDIZIONI DELLE CLASSI LAVORATRICI e la consistenza di tali problemi è insieme: 1. fonte di impegno all’elaborazione delle teorie e delle PRATICHE POLITICHE volte al superamento della situazione 2. fonte di preoccupazione poiché sia l’aggregazione per obiettivi di emancipazione, sia i PROBLEMI DELLA CRIMINALITÀ E DELLA DEVIANZA sono percepiti dalle classi dominanti come minaccia e pericolo. LE SCIENZE POSITIVE Nel contesto delle scienze e della cultura, il secolo dei lumi (dominato dalla filosofia e dal metodo deduttivo) cede il passo al SECOLO DELLA SCIENZA POSITIVA (dominato dalle scienze naturali e dal metodo induttivo, che si fonda sulla dimostrabilità empirica delle affermazioni) e della innovazione tecnologica Il clima intellettuale è dominato da alcune teorie e da alcune metodologie di approccio alle questioni e ai problemi (anche sociali) 1. il DARWINISMO e più in generale l’evoluzionismo 2. il PRINCIPIO DELLA CAUSALITÀ NECESSARIA: ogni fenomeno naturale (e quindi anche ogni fenomeno sociale) deve necessariamente avere una o più cause 3. la quantificazione, la misurazione è fondamento unico del discorso scientifico 4. la STATISTICA QUANTITATIVa come disciplina emergente e il calcolo probabilistico come fondamento delle RELAZIONI DI TIPO CAUSALE TRA VARIABILI 5. la SUBORDINAZIONE DELLE SCIENZE ALLE ESIGENZE PRATICHE dell’innovazione, della produttività e della soluzione dei problemi (in campo industriale come in quello sociale) ENRICO FERRI Il lascito più importante di questa scuola riguarda la POLITICA CRIMINALE: ripudiando il concetto di libero arbitrio, si legittimano i concetti di pericolosità sociale e di difesa sociale. L’ATTENZIONE SI SPOSTA: 1. dal reato al REO 2. dalla scelta razionale alle condizioni e ai fattori influenti (DETERMINANTI): biologici - fisici -sociali 3. dallo studio dei sistemi penali allo studio della DIFFUSIONE E DELLE CARATTERISTICHE DEL DELITTO, dei rei, delle condizioni in cui maturano i fenomeni criminali 4. da un sistema di reazione al crimine fondato sulla deterrenza della sanzione ad un sistema che pone al centro la preoccupazione della DIFESA SOCIALE 5. in concreto dalle sole risposte penali alla combinazione (DOPPIO BINARIO) tra quelle penali e quelle di controllo e sociali (MISURE DI SICUREZZA - misure di contenimento e terapia) IL POSITIVISMO BIOLOGICO Teoria che deriva i suoi concetti da teorie di carattere ANTROPO- PSICOLOGICO E BIOLOGICO che insistevano sulla predisposizione fisiologica dei criminali. Il riferimento scientifico e culturale è a teorie scientifiche che vengono elaborate e si sviluppano in questo periodo: DARWINISMO, EVOLUZIONISMO, ANTROPOLOGIA FISICA, FRENOLOGIA Secondo queste teorie quindi i criminali sono tali perché sono NATURALMENTE CONDIZIONATI ad esserlo, per la forza dei fattori biologici ed ereditari Lombroso analizza la struttura del cranio e del cervello (frenologia) e tutta la costituzione fisica dell’uomo delinquente (in carcere) al fine di individuare uno specifico TIPO ANTROPOLOGICO: il DELINQUENTE NATO. Secondo questo autore i criminali rappresentano una forma di regressione o INCOMPIUTEZZA EVOLUTIVA che li fa assomigliare a un tipo umano primitivo (influenza del darwinismo) Equivalente femminile dell’uomo delinquente è la donna PROSTITUTA, donna su cui non si è compiuto il percorso evolutivo che ha fatto della maggioranza delle donne gli esseri moralmente irreprensibili (mogli e madri) che rappresentano la normalità POLITICHE E MODELLI DI INTERVENTO Ripudio del libero arbitrio e affermazione dei concettidi «PERICOLOSITÀ SOCIALE» e di «DIFESA SOCIALE». A prescindere dalla natura legale del delitto commesso si cerca di ridurre l’impatto della criminalità nella società attraverso il TRATTAMENTO DEL DELINQUENTE, un trattamento mutevole a seconda delle sue caratteristiche e delle necessità della società di difendersi dai suoi comportamenti. L’attenzione quindi non si concentra più sul reato, ma sull’uomo delinquente e sulla sua pericolosità sociale a cui il SISTEMA PENALE E AMMINISTRATIVO DEVE REAGIRE. Questo in Italia ha portato alla formulazione del cosiddetto sistema a DOPPIO BINARIO dove accanto alle pene esistono le misure di sicurezza che sono basate non sulla gravità del reato commesso ma sul livello di pericolosità del reo. Si affaccia la funzione «riabilitativa» della sanzione. Il principale strumento di esecuzione delle misure di sicurezza sono i MANICOMI CRIMINALI, fortemente voluti da Lombroso. Nel 1975 diventano ospedali psichiatrici giudiziari, aboliti solo nel 2011 per essere sostituiti dalle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). Altre misure di sicurezza si distinguono tra DETENTIVE E NON DETENTIVE: tra le prime, le assegnazioni ai REMS o alle comunità di lavoro; tra le seconde, la libertà vigilata, l’espulsione dallo Stato, divieti di soggiorno in luoghi pubblici, etc. Nascono anche politiche differenti tra ADULTI E MINORI IL PARADIGMA DELLE ASSENZE E DEI DEFICIT IL PARADIGMA SOCIALE 7 IL PARADIGMA SOCIALE Con paradigma sociale intendiamo quella VASTA E ARTICOLATA SERIE DI CONTRIBUTI e riflessioni che sulle questioni oggetto del nostro interesse sono stati prodotti nell’ambito della sociologia, all’interno cioè delle più vaste riflessioni sui sistemi sociali, la loro evoluzione, le loro funzioni Diversamente dai contributi precedenti faremo riferimento dunque • a SOCIOLOGI e non a criminologi o giuristi • alle diverse forme di DEVIANZA (intese come stili di vita e di comportamento non conformi) e non più solo alla criminalità e alla prostituzione • alle complessive DINAMICHE SOCIALI nel cui ambito si collocano le forme di devianza DAL CRIMINE ALLA DEVIANZA Una prima caratteristica importante che distingue il paradigma sociale dalle riflessioni precedenti, è il fatto di prendere in considerazione NON PIÙ SOLO LA CRIMINALITÀ, ma di focalizzare l’attenzione sulla devianza in generale. La differenza tra devianza e criminalità: 1. DEVIANZA ! comportamenti che violano sia le norme giuridiche che quelle sociali e che per le loro particolari caratteristiche verranno definiti come “social problems” dagli autori della Scuola di Chicago 2. CRIMINALITÀ ! comportamenti che infrangono una norma contenuta in un codice penale (la criminalità è un sottoinsieme della devianza) LE CAUSE E LE MOTIVAZIONI SI PRODUCONO NELLA SOCIETÀ Nel corso del XIX SECOLO E ALL’INIZIO DEL XX SECOLO con la nascita e lo sviluppo della SOCIOLOGIA emerge una visione che considera la devianza - come ogni altro comportamento - un prodotto sociale, un “FATTO SOCIALE”. Possiamo identificare questa scuola di pensiero come “PARADIGMA SOCIALE” che raccoglie numerosi contributi che si rifanno ad una stessa concezione di fondo rispetto a quali sono le CAUSE e le MOTIVAZIONI alla base del comportamento deviante. Il paradigma sociale, rifiutando la spiegazione utilitarista, individua le radici del comportamento deviante in quelle CONDIZIONI (sociali, materiali ed ambientali) CHE GLI INDIVIDUI NON POSSONO CONTROLLARE E CHE LI PREDISPONGONO A CERTI COMPORTAMENTI. CARENZE STRUTTURALI E DETERMINISMO SOCIALE Le condizioni degli individui – che ne sono «determinati» – hanno fondamento nella STRUTTURA ECONOMICA del sistema capitalista. MARX ed ENGELS: riferimento ai nessi tra condizioni economiche, materiali di sfruttamento e criminalità, prostituzione, alcolismo. Anche passi ironici di demistificazione del perbenismo borghese sulla funzione del crimine: contribuisce ala creazione di professioni e al progresso della società. Importante la riflessione sulla natura dello STATO e del DIRITTO: componenti essenziali della sovrastruttura del sistema capitalistico: lo STATO COMITATO DI AFFARI DELLA BORGHESIA; il DIRITTO COME INTERESSE DI POCHI FATTO LEGGE PER TUTTI, strumento delle classi dominanti. Da qui la natura storicamente determinata della LEGISLAZIONE che ha reso criminali certi comportamenti per la difesa degli interessi della borghesia e la sua natura ideologica (la legge è nell’interesse di tutti). Per CARENZE STRUTTURALI si intende l’ambito della vita materiale degli individui, devianza e criminalità sono comportamenti SOCIALMENTE DETERMINATI da condizioni di SFRUTTAMENTO E DEPRIVAZIONE e il crimine si presenta come ESPRESSIONE DI LOTTA, posto in atto come LIBERA VOLONTÀ CONTRO LE CONDIZIONI PREDOMINANTI La possibilità di una società senza criminalità coincide con L’ABOLIZIONE DEL CAPITALISMO I LIMITI: RIDUZIONE ECONOMICISTICA del tema delle motivazioni, schematicità di riflessioni su leggi. LA SOCIOLOGIA DEL CONFLITTO E CRITICA Nel filone marxista: BONGER e la visione determinista del crimine e delle devianze come prodotto dello stato di demoralizzazione in cui versa la società capitalista che alimenta I DELITTI MOTIVATI DA INDIGENZA E MISERIA I crimini economici per cupidigia e avidità Evidente una «RIDUZIONE ECONOMICISTA» del complesso tema delle motivazioni In tempi successivi LE SOCIOLOGIE CONFLITTUALI (in opposizione a teorie consensuali) vedono gli aspetti conflittuali dominanti su quelli dell’integrazione e gli orientamenti normativi come funzionali al mantenimento del potere delle classi dominanti • Autori della «CRIMINOLOGIA CRITICA» come Chambliss, Quinney, Taylor, Walton e Young (ed altri europei) propongono teorie integrate sostenendo che bisogna guardare sempre all’intreccio tra 1. condizioni materiali di vita generate dal sistema economico capitalista 2. vincoli e opportunità che condizionano le scelte che gli individui compiono 3. effetti di rinforzo delle reazioni istituzionali DURKHEIM: RELATIVISMO E UNIVERSALITÀ Con Durkheim emerge una CONCEZIONE RELATIVISTICA della criminalità: un atto può essere considerato deviante solo facendo riferimento al contesto storico, sociale e culturale in cui si manifesta. Tuttavia il CRIMINE è una caratteristica UNIVERSALMENTE presente in tutte le società: la devianza è un “FATTO SOCIALE NORMALE”. Ciò che la sociologia deve spiegare è la variazione dei tassi di criminalità e di devianza (vedi il suicidio). La spiegazione è nel concetto di ANOMIA, ossia la DEREGOLAMENTAZIONE che avviene nella società quando i LEGAMI SOCIALI si indeboliscono e la società stessa non è più in grado di regolare i sentimenti e le scelte d’azione degli individui. Ciò è connesso al cambiamento sociale e alla progressiva complessificazione delle società LE FUNZIONI DELLA CRIMINALITÀ Nella misura in cui non sorpassi “un certo livello” la criminalità e la devianza oltre ad essere fenomeni normali sono anche FUNZIONALI alla società stessa: Per il MANTENIMENTO DELLA COESIONE SOCIALE ! attraverso il riconoscimento e la punizione dei criminali si rinsalda la forza della coscienza collettiva e l’identificazione dei membri della società con i valori di riferimento Come fattore di MUTAMENTO SOCIALE !la trasgressione diffusa dell’ordine morale condiviso può portare in diversi casi ad un cambiamento degli orientamenti normativi. “Quante volte, infatti, il reato non è altro che un’anticipazione della morale futura, il primo passo verso ciò che sarà!” Come fattore di AUMENTO DI RICCHEZZA NAZIONALE LO STUDIO SUL SUICIDIO Durkheim sviluppa il concetto di ANOMIA nel suo studio sul suicidio (1897). In questo testo, egli studia l’andamento dei tassi di suicidio ed elabora una TIPOLOGIA DEL SUICIDIO classificandone le cause: 1. il suicidio EGOISTICO ! questo tipo di suicidio è più diffuso in quei gruppi sociali in cui il grado di integrazione sia meno elevato; 2. Il suicidio ALTRUISTICO ! la spiegazione del suicidio risiede in un eccesso di attaccamento al gruppo; 3. il suicidio ANOMICO !i membri della società sono più esposti a questo tipo di suicidio quando il potere delle norme sociali, che dovrebbero regolare la loro condotta individuale, si affievolisce e i membri della società perdono i loro “punti di riferimento”. IL PARADIGMA DELLE ASSENZE E DEI DEFICIT LA SCUOLA DI CHICAGO 8 LA SCUOLA DI CHICAGO Con il nome di Scuola di Chicago si identifica una tradizione scientifica e di ricerca che si sviluppò da un gruppo di studiosi che si trovarono a lavorare attorno al DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA dell’Università di Chicago nell’epoca TRA LE DUE GUERRE MONDIALI. I sociologici della Scuola di Chicago studiano il comportamento umano adottando il PARADIGMA ECOLOGICO. Secondo questa prospettiva teorica gli esseri umani sono visti come “ANIMALI SOCIALI” modellati dalla loro interdipendenza con gli altri e dalla loro dipendenza dalle risorse dell’ambiente in cui vivono. La comunità umana che essi studiano è quella della CITTÀ. Il fenomeno centrale che la caratterizza è L’IMMIGRAZIONE. LO STUDIO DELLA CITTÀ In base a un MODELLO ECOLOGICO della vita urbana, gli studiosi della Scuola di Chicago analizzano il processo di sviluppo della città, considerata come un “laboratorio naturale” ideale per studiare cause e dinamiche del comportamento umano. La città, come ogni sistema ecologico, non si espande in modo casuale ma tende ad espandersi, seguendo un modello di sviluppo naturale, mediante CENTRI CONCENTRICI che si irradiano dalla zona centrale. All’interno di ogni “AREA NATURALE” si sviluppano relazioni simbiotiche e organiche che uniscono gli individui tra di loro e li rendono simili, attraendo o respingendo altri tipi di individui. Un importante concetto elaborato a partire dagli studi sulla città è quello di “CONTAGIO SOCIALE” che serve a spiegare il processo attraverso cui i devianti tendono a concentrarsi in alcune aree della città. Secondo PARK la città “è un mosaico di piccoli mondi” che offre agli individui l’opportunità di trovare il proprio “mondo”. In alcune particolari REGIONI MORALI della città i devianti si associano ad altri individui devianti rafforzando così disposizioni innate e offrendo razionalizzazioni e modelli normativi differenti da quello dominante. DEVIANZA E DISORGANIZZAZIONE SOCIALE Analizzando i dati sui TASSI DI CRIMINALITÀ e sulla diffusione dei “PROBLEMI SOCIALI”, essi sono più elevati nella zona di transizione tra la zona centrale e le zone residenziali, e diminuiscono progressivamente allontanandosi dal centro della città. Le variazioni nei tassi di devianza e criminalità non possono essere spiegate con le caratteristiche degli individui, poiché nella zona di transizione vi è un costante ricambio nella popolazione. Le variazioni possono essere spiegate solo facendo riferimento alle caratteristiche dei diversi contesti territoriali. In particolare è il livello di DISORGANIZZAZIONE SOCIALE della zona di transizione che determina tassi di criminalità e devianza elevati. Con l’espressione “DISORGANIZZAZIONE SOCIALE” THOMAS E ZNANIECKI indicano una situazione caratterizzata dalla “diminuzione dell’influenza delle regole sociali di comportamento esistenti sui membri individuali del gruppo” e dall’assenza di nuovi modelli normativi e nuove istituzioni in grado di sostituire le regole esistenti. Alcuni processi come l’immigrazione, l’urbanizzazione o l’industrializzazione, portando in contatto tra loro persone i cui comportamenti e riferimenti valoriali e normativi sono differenti, possono favorire L’INDEBOLIMENTO DELLE RELAZIONI SOCIALI PRIMARIE rendendo la comunità locale non più in grado di esercitare un efficace controllo sociale sui propri membri. DEVIANZA E CONFLITTO CULTURALE La posizione relativista sui valori e sul comportamento che assumono i sociologi della Scuola di Chicago, li porta a riconoscere che il CONFLITTO È DIFFUSO IN TUTTA LA SOCIETÀ e ad analizzare il legame tra i conflitti interculturali e la devianza. La TEORIA DEL CONFLITTO CULTURALE viene elaborata da Sellin (1938). Secondo questa teoria le DEFINIZIONI LEGALI, di ciò che è criminale e di ciò che non lo è, sono relative poiché cambiano nel tempo come risultato dei cambiamenti nelle NORME DI CONDOTTA. Il contenuto di tali norme varia da cultura a cultura, i gruppi sociali che detengono il POTERE POLITICO impongono le proprie norme di condotta ai gruppi subordinati. Il contesto sociale cui fanno riferimento gli studiosi della Scuola di Chicago è caratterizzato da una FORTE IMMIGRAZIONE che mette per la prima volta a contatto CULTURE fra di loro DIFFERENTI anche SOTTO IL PROFILO DELLE NORME DI RIFERIMENTO Questi autori notano come possa essere L’OSSERVANZA DELLE NORME di condotta della PROPRIA CULTURA che ad indurre i soggetti ad adottare comportamenti che VIOLANO LE NORME di condotta DELLA CULTURA DOMINANTE all’interno della quale quel comportamento sarà definito come atto deviante. Secondo la teoria del conflitto culturale, quindi, il deviante non è un soggetto “patologico”, ma è un individuo che SI È CONFORMATO alle norme di condotta della propria cultura. SELLIN distingue due tipi di conflitto culturale: 1. PRIMARIO!le norme di una determinata cultura sono considerate devianti nell’ambito di un’altra cultura; 2. SECONDARIO. ! nell’ambito di una stessa società alcuni dei suoi membri considerano normale un comportamento che altri definiscono come deviante. Oggi il problema si presenta in forme rinnovate: nelle società segnate nuovamente da fenomeni di immigrazione, si parla di PLURALISMO NORMATIVO e delle sue conseguenze sul piano giuridico e sociale. IL TEOREMA DI THOMAS: LA DEFINIZIONE DELLA SITUAZIONE Secondo Thomas i fenomeni sociali e i comportamenti individuali hanno sempre una causa composita che contiene sia un ELEMENTO SOGGETTIVO (un orientamento soggettivo dell’individuo) sia un ELEMENTO OGGETTIVO (l’influenza del contesto esterno). Ogni azione è quindi sempre preceduta da un atto di valutazione in cui l’attore definisce la situazione. Ne consegue che il suo comportamento non dipende soltanto dalle caratteristiche oggettive della situazione in cui si trova, ma anche, appunto, dal significato che egli attribuisce alla stessa: “SE GLI UOMINI DEFINISCONO REALI CERTE SITUAZIONI ESSE SARANNO REALI NELLE LORO CONSEGUENZE” LE IMPLICAZIONI METODOLOGICHE Se qualsiasi azione è sempre preceduta da una valutazione in cui l’attore definisce la propria situazione sulla base di significati ad essa attribuiti, per studiare i comportamenti devianti si deve “ENTRARE A FAR PARTE DEL MONDO DEVIANTE” (Matza). I sociologi della Scuola di Chicago hanno grande importanza per le prospettive metodologiche adottate, che integrano metodologie quantitative con quelle DI TIPO QUALITATIVO, che valorizzano il «PUNTO DI VISTA» degli individui studiati e si propongono di osservare i fenomeni (anche le devianze) “dal di dentro” (ad es. attraverso L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE). Inoltre introducono la prospettiva processuale che verrà ripresa in anni successivi con il concetto di CARRIERA DEVIANTE. POLITICHE E MODELLI DI INTERVENTO La devianza si previene e si controlla intervenendo sulla società o su parti di essa non sui singoli individui. Le politiche, devono avere le seguenti FINALITÀ: a. promuovere lo sviluppo di programmi che abbiano lo scopo di riorganizzare le condizioni di vita in particolari contesti territoriali per rafforzare i LEGAMI SOCIALI e rendere più efficace il CONTROLLO SOCIALE INFORMALE; b. promuovere lo sviluppo di programmi che rimuovano o riducano il CONFLITTO CULTURALE, favorendo L’INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI nella società in cui vivono IL PARADIGMA DEI CONDIZIONAMENTI FORTI L’APPRENDIMENTO DEI COMPORTAMENTI DEVIANTI 11 UNA TEORIA PROCEDURALE DELLA DEVIANZA A differenza delle teorie fino a qui analizzate che si preoccupavano principalmente di analizzare quali caratteristiche ambientali siano più favorevoli allo sviluppo della devianza, questa teoria può essere definita una TEORIA PROCEDURALE DELLA DEVIANZA in quanto risponde alla domanda COME GLI INDIVIDUI DIVENTANO DEVIANTI. L’ASSUNTO PRINCIPALE di questa teoria è che: il comportamento deviante è appreso nello stesso modo con cui gli esseri umani apprendono i comportamenti conformi, in interazione con gli individui in un processo di comunicazione. I CONTENUTI, di ciò che si apprende, dipendono dai modelli di comportamento che sono trasmessi. LA TEORIA DELL’ASSOCIAZIONE DIFFERENZIALE SUTHERLAND Sutherland si pone l’obiettivo di elaborare una teoria generale della criminalità che non si basi sulla inferiorità psicologica e biologica del criminale. La sua prospettiva si basa su tre concetti: conflitto normativo, organizzazione sociale differenziale e associazione differenziale. Attraverso questi concetti si propone di spiegare sia le VARIAZIONI DEI TASSI DI CRIMINALITÀ in una società sia il comportamento criminale individuale. IL CONFLITTO NORMATIVO Le società moderne sono caratterizzate dalla presenza di gruppi sociali che esprimono DIFFERENTI TRADIZIONI CULTURALI. Diversi gruppi sociali possono fare riferimento a diverse culture che a loro volta fanno riferimento a diversi INTERESSI e VALORI da tutelare che possono entrare in conflitto tra loro. Il gruppo che detiene il POTERE, per tutelare i propri valori e interessi, è in grado di determinare quali comportamenti sociali debbano essere considerati devianti. In questo senso il crimine per Sutherland è un fenomeno connotato politicamente. Quanto più una società è socialmente differenziata tanto maggiore è la possibilità che si verifichino CONFLITTI NORMATIVI in merito al giusto atteggiamento da tenere nei confronti della legge. I TASSI DI REATO sono più elevati nelle società con maggiore conflitto normativo. L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE DIFFERENZIALE Si intende la presenza in una stessa società di gruppi sociali che fanno riferimento a “culture differenti” da quella dominante. Queste culture offrono ai membri del gruppo valori, interessi e modelli di riferimento “altri”, ma del tutto analoghi a quelli della “società ufficiale”. Secondo Sutherland questo concetto è da preferirsi a quello di “DISORGANIZZAZIONE SOCIALE”perché il tasso di criminalità non è il prodotto di un qualche DEFICIT SOCIALE (disoccupazione, dispersione scolastica, ecc.), ma è funzione della organizzazione sociale dei diversi gruppi. L’ASSOCIAZIONE DIFFERENZIALE Il processo attraverso il quale gli individui APPRENDONO IL COMPORTAMENTO CRIMINALE è lo stesso che si mette in atto nell’apprendimento di comportamenti conformi: un PROCESSO DI INTERAZIONE e comunicazione con altri individui (associazione) permette a chiunque di apprendere le TECNICHE DI COMPORTAMENTO e le MOTIVAZIONI relative ad esso. Un individuo diventa criminale quando le INTERPRETAZIONI SFAVOREVOLI nei confronti della legge sono PIÙ FORTI DI QUELLE FAVOREVOLI. Nella vita ci si associa a gruppi differenti e si è esposti a definizioni normative diverse. Quattro elementi giocano un ruolo importante: 1. FREQUENZA, ovvero tempo trascorso interagendo con gruppi che incoraggiano il comportamento criminale 2. DURATA nel tempo della esposizione ai modelli criminali 3. PRIORITÀ, ovvero momento in cui nella storia della persona si è verificata l’associazione 4. INTENSITÀ emozionale dell’associazione LA SPIEGAZIONE DINAMICA ED EVOLUTIVA DEL COMPORTAMENTO CRIMINALE Nella sua spiegazione del comportamento criminale Sutherland individua: a. i processi che agiscono nella storia antecedente dell’autore del reato (SPIEGAZIONE STORICA O EVOLUTIVA)!focus sulla persona b. i processi che agiscono nel momento in cui il reato si verifica (SPIEGAZIONE SITUAZIONALE O DINAMICA)!focus sulla situazione Le spiegazioni devono essere considerate entrambe: un atto criminale viene compiuto quando, nella definizione dell’individuo che lo mette in atto, si presentano situazioni considerate appropriate ad esso PRESUPPOSTI TEORICI Il fondamentale presupposto teorico di questi autori è che il comportamento conforme e quello deviante sono appresi nello stesso modo: ATTRAVERSO L’INTERAZIONE SOCIALE. Questa considerazione ha il grande merito di mettere in crisi una delle assunzioni maggiormente diffuse in precedenza: quella relativa al nesso di causalità intercorrente tra marginalità e devianza. Se il comportamento deviante è appreso come tutti gli altri comportamenti questo processo può essere messo in atto in qualunque situazione sociale. LA CRIMINALITÀ DEI “COLLETTI BIANCHI” Con l’espressione “criminalità dei colletti bianchi” Sutherland definisce tutti i reati commessi da persone rispettabili e di elevata condizione sociale NEL CORSO DELLA PROPRIA OCCUPAZIONE. Se partiamo dal presupposto che il comportamento criminale sia appreso dovremo considerare anche il fatto che NESSUN GRUPPO SOCIALE È IMMUNE DAL FENOMENO CRIMINALE. Rientrano in questo tipo di criminalità tutti quei REATI “DI TIPO ECONOMICO”, o comunque commessi con finalità di tipo economico, come la corruzione o la bancarotta fraudolenta, ma anche altri comportamenti come l’infrazione delle norme per la sicurezza sul lavoro o delle norme che tutelano l’ambiente. Il criminale “dal colletto bianco” APPRENDE IL PROPRIO COMPORTAMENTO A CONTATTO CON IL SUO GRUPPO SOCIALE DI RIFERIMENTO (che d’altra parte è anche l’unico in grado di insegnargli le tecniche da mettere in atto) interagendo con soggetti che lo definiscono favorevolmente ed è isolato dalle definizioni sfavorevoli di esso. Una particolarità che distingue questo tipo di criminale dagli atri “comuni” è data dalla sua capacità di IMPEDIRE/CONTRASTARE LA REAZIONE SOCIALE e conservare la propria reputazione anche al di fuori della sua organizzazione. Questa capacità è strettamente legata alla sua APPARTENENZA DI CLASSE che gli consente sia di OPPORSI EFFICACEMENTE ALL’AZIONE DELLE AGENZIE DI CONTROLLO sia di “operare alla base” impedendo che determinati comportamenti vengano classificati come reati sia a LIVELLO NORMATIVO sia per quanto riguarda la percezione dell’OPINIONE PUBBLICA. LA TEORIA DELLA NEUTRALIZZAZIONE DI MATZA E SYKES Matza e Sykes sviluppano l’idea di Sutherland dell’importanza delle RAZIONALIZZAZIONI, che rendono possibile la trasgressione della norma. Tali razionalizzazioni possono essere messe in pratica: dopo che l’atto è stato compiuto (EX POST) o prima del compimento (EX ANTE), rendendo possibile il comportamento deviante LE TECNICHE DI NEUTRALIZZAZIONE Permettono al deviante di essere liberato dal legame morale con le leggi che intende violare (o che ha violato) e costituiscono una componente fondamentale – e che viene appresa nella relazione con il gruppo sociale di riferimento – delle definizioni favorevoli alla violazione della legge. Matza e Sykes individuano e analizzano 5 tecniche di neutralizzazione: 1. NEGAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ: le azioni realizzate sono il prodotto di forze incontrollabili; 2. NEGAZIONE DEL DANNO: le azioni realizzate non recano alcun danno; 3. NEGAZIONE DELLA VITTIMA: la vittima meritava di subire il danno; 4. CONDANNA DI CHI CONDANNA: chi condanna è parziale e ingiusto; 5. RICHIAMO A LEALTÀ PIÙ ALTE: infrangere la norma era necessario per conformarsi a richieste del gruppo di appartenenza. LE ASSERZIONI DELLA TEORIA 1. Il comportamento criminale è appreso, attraverso l’interazione con altre persone in un processo di comunicazione. La parte fondamentale del processo di apprendimento del comportamento criminale si realizza all’interno di gruppi di persone in stretto rapporto tra loro. Quando si apprende il comportamento criminale, l’apprendimento include: le tecniche di commissione del reato, che sono talvolta complesse, talvolta molto semplico e lo specifico indirizzo dei moventi, delle iniziative, delle razionalizzazioni e degli atteggiamenti. L’indirizzo specifico dei moventi e delle iniziative viene appreso attraverso le definizioni favorevoli o sfavorevoli ai codici della legge. Una persona diviene delinquente perché le definizioni favorevoli alla violazione della legge superano le definizioni sfavorevoli alla violazione della legge. Le associazioni differenziali possono variare in frequenza, durata, priorità ed intensità. Il processo di apprendimento del comportamento criminale attraverso l’associazione con modelli di comportamento criminale ed anti- criminale coinvolge tutti i meccanismi che sono coinvolti in ogni altro apprendimento. Benché il comportamento criminale sia espressione di bisogni e valori generali, questi bisogni e valori non possono spiegarlo, dato che il comportamento non criminale è espressione dei medesimi bisogni e dei medesimi valori. IL PARADIGMA DEI CONDIZIONAMENTI FORTI LA TEORIA DELLA REAZIONE SOCIALE E DELL’ETICHETTAMENTO 12 PREMESSE TEORICHE Anche i teorici della Nuova Scuola di Chicago partono dal presupposto che i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è sono RELATIVI, riprendendo l’impostazione teorica di Durkheim e del paradigma sociale. Questi autori ribaltano però il ragionamento secondo il quale la REAZIONE SOCIALE alla devianza dovrebbe RIDURRE I COMPORTAMENTI CRIMINALI e quindi rafforzare la coesione sociale. Il CONTROLLO SOCIALE nella loro visione non è più visto come la risposta della società al comportamento deviante ma diventa un fattore criminogeno, che spiega il comportamento deviante stesso. LA COSTRUZIONE SOCIALE DELLA DEVIANZA I teorici dell’etichettamento spostano l’analisi dai COMPORTAMENTI e dalle caratteristiche di quelli che infrangono le norme ai PROCESSI attraverso i quali certi individui finiscono con l’essere definiti devianti da altri. Basandosi su questa impostazione teorica, la devianza: a. è una qualità che viene conferita ad alcuni atti dalla reazione sociale di coloro che vengono a contatto (diretto e/o indiretto) con essi. b. è il prodotto del processo interattivo tra coloro che creano e fanno applicare le norme e coloro che le infrangono e che vengono etichettati e trattati come devianti. LA FORMAZIONE DELLE NORME Le norme sono il prodotto dell’azione sociale di gruppi sociali e attori collettivi interessati a tutelare interessi e valori di cui sono portatori. Per descrivere e spiegare il processo attraverso cui questi definiscono come deviante e/o criminale un determinato comportamento sociale occorre ragionare su: 1. quali attori sociali hanno assunto l’iniziativa di proporre nuove norme (Becker li definisce “IMPRENDITORI MORALI”) 2. quali sono i VALORI e – soprattutto – gli INTERESSI di cui sono portatori GLI IMPRENDITORI MORALI Gli IMPRENDITORI MORALI sono attori dotati di particolari capacità e competenze che orientano il contenuto e la promulgazione della legge. Un’esemplificazione del processo di formazione delle norme e del ruolo degli imprenditori morali in esso Becker lo fornisce con la descrizione dell’approvazione del MARIJUANA TAX ACT, documento approvato nel 1937 dal Congresso degli Stati Uniti. IL MARIJUANA TAX ACT Nel suo lavoro BECKER si concentra in particolare sul ruolo che alcuni dirigenti del Bureau of Narcotics ebbero nell’approvazione del testo di legge. La loro azione si orientò su due fronti: a. assicurarsi L’APPOGGIO DI ALTRE ORGANIZZAZIONI interessate alla promulgazione di una legge proibizionista b. INFLUENZARE L’OPINIONE PUBBLICA a5raverso i mezzi di comunicazione di massa Come sottolinea l’autore nessun posto fu concesso nel dibattito pubblico né nelle udienze parlamentari al punto di vista dei consumatori di marijuana L’APPLICAZIONE DELLE NORME L’applicazione delle norme è SELETTIVA: la reazione sociale non è orientata da criteri oggettivi ma è espressione delle SCELTE e degli INTERESSI di coloro che hanno il POTERE DI “ETICHETTAMENTO”, delle PRASSI e dei VINCOLI ORGANIZZATIVI che regolano l’attività delle istituzioni deputate al CONTROLLO SOCIALE. Non tutti coloro che violano le norme sono “etichettati” come devianti, così come occasionalmente possono essere etichettate come devianti persone che non hanno violato le norme. L’esistenza di un comportamento che viola una norma è solo uno dei fattori che può scatenare una reazione sociale. Occorre inoltre l’ATTIVAZIONE DIRETTA di un membro della società o l’attivazione delle AGENZIE DEPUTATE AL CONTROLLO SOCIALE. Si ha quindi reazione sociale quando si crea una ETICHETTA DEVIANTE, e questa viene APPLICATA. Sulla base di queste riflessioni, Becker afferma che occorre distinguere tra: a. l’effettivo comportamento messo in atto dagli individui b. la percezione sociale dello stesso. I GRUPPI PIÙ ESPOSTI ALLA REAZIONE SOCIALE Dagli studi di questi autori emerge che alcuni gruppi sono più esposti di altri alla reazione sociale: 1. gli individui che appartengono a gruppi sociali che sono dotati di MINORE POTERE nella società (per razza, genere, età, classe sociale, livello di istruzione); 2. i membri di gruppi che risiedono in ambiti territoriali ritenuti criminogeni; 3. gli individui dal cui ASPETTO E COMPORTAMENTO si può inferire che sono portatori di VALORI DIVERSI da quelli dominanti; 4. le persone che sono GIÀ STATE STIGMATIZZATE (per esempio, gli ex-detenuti). LE CONSEGUENZE DELL’ETICHETTAMENTO SUGLI INDIVIDUI LEMERT descrive il PROCESSO attraverso cui la persona etichettata riorganizza la propria IDENTITÀ e la propria vita intorno all’orientamento deviante. L’ autore individua due “momenti” di questo processo: 1. DEVIANZA PRIMARIA!allontanamento più o meno temporaneo, più o meno importante di chi lo attua da valori o norme sociali e/o giuridiche; 2. DEVIANZA SECONDARIA!esito del processo di interazione tra il deviante e coloro che lo stigmatizzano. La devianza ripetuta diventa mezzo di attacco, difesa o di adattamento nei confronti del problema. IL MODELLO DIACRONICO DI SPIEGAZIONE DELLA DEVIANZA L’obiettivo della sociologia diventa a questo punto quello di spiegare come funziona il PROCESSO attraverso cui le persone etichettate acquisiscono progressivamente uno STATUS e una IDENTITÀ “deviante”. Per questo il comportamento deviante deve essere studiato ricorrendo a MODELLI PROCESSUALI (ovvero diacronici). Un concetto molto utile elaborato nell’ambito di questa teoria è quello di CARRIERA DEVIANTE. LA CARRIERA DEVIANTE Con il concetto di CARRIERA si fa riferimento al percorso seguito da una persona in una determinata posizione o esperienza con il trascorrere del tempo. La carriera deviante rappresenta il processo attraverso cui un individuo arriva a vivere la propria devianza come ELEMENTO NATURALE DELLA PROPRIA IDENTITÀ. I mutamenti di stato nell’ambito di una carriera (cioè i passaggi da una posizione all’altra) possono anche dipendere da fattori casuali e contingenti (“CONTINGENZE DI CARRIERA”) e possono essere più o meno improvvisi e radicali. LE QUATTRO FASI DELLA CARRIERA DEVIANTE Becker presenta un modello di carriera deviante articolato in quattro fasi: 1. PRIMA FASE: la violazione della norma (devianza primaria) 2. SECONDA FASE: sviluppo di motivazioni favorevoli alla devianza 3. TERZA FASE: l’etichettamento con passaggio dalla devianza primaria a quella secondaria e dalla condizione di persona “screditabile” a quella di persona “screditata”. 4. QUARTA FASE: l’affiliazione a una subcultura deviante. LA PROFEZIA CHE SI AUTOADEMPIE Nella terza fase di sviluppo della carriera deviante, quando la devianza diventa STATUS EGEMONE, ogni aspetto della vita del deviante è reinterpretato alla luce della nuova etichetta, per trovare una conferma della sua diversità, della sua “natura deviante”. Questo processo si configura come una vera e propria PROFEZIA CHE SI AUTOADEMPIE (la definizione è di Merton) e, come descritto dal teorema di Thomas, la persona etichettata come deviante finisce assumere in sè le caratteristiche che gli sono state attribuite. LE ISTITUZIONI TOTALI Anche il trattamento può contribuire ad ampliare la devianza. Dallo studio di Goffman sul funzionamento delle “ISTITUZIONI TOTALI” emerge come queste tendano a consolidare lo STATUS E L’IDENTITÀ DEVIANTE dei soggetti che trattano: 1. impedendo loro lo SCAMBIO SOCIALE e l’uscita verso il mondo esterno; 2. SPOGLIANDOLI DEI RUOLI SOCIALI ABITUALI a causa delle barriere che li separano dal mondo esterno; 3. MORTIFICANDO IL LORO SÉ in quanto li privano della possibilità di gestire la propria “facciata”, essendo sottratto loro il corredo e gli strumenti necessari per tale gestione; 4. attribuendo loro l’etichetta di persone istituzionalizzate 5. limitandone in questo modo le opportunità di vita anche quando saranno uscite dall’istituzione. Le istituzioni totali sono luoghi in cui le persone rinchiuse sono impossibilitate allo scambio sociale e all’uscita verso il mondo esterno. In questi contesti sociali le persone subiscono un PROCESSO DI MORTIFICAZIONE DEL SÉ (l’identità, di cui sono portatori, viene sostituita dall’identità dell’istituzione) e un PROCESSO DI SPOLIAZIONE DEI RUOLI (perdita progressiva della capacità di interpretare adeguatamente i ruoli abituali es. lavoratore, genitore, studente, ecc.). Uno dei processi tipici dell’istituzionalizzazione è quello della “SPERSONALIZZAZIONE”: le persone internate, una volta etichettate, assumono lo STATUS collegato alla DEFINIZIONE DELLA SITUAZIONE E DELL’IDENTITÀ che ne dà l’istituzione, mentre tutte le altre caratteristiche personali sono messe in ombra. IL PARADIGMA NEOCLASSICO 13 DEVIANZA COME AZIONE RAZIONALE A partire dagli ANNI ‘80 DEL NOVECENTO riemerge con forza la CENTRALITÀ DEL RIFERIMENTO ALL’INDIVIDUO. Il contesto è quello della globalizzazione, dell’affermarsi della «seconda modernità» e della sua visione dell’uomo come responsabile unico del proprio destino (successi e fallimenti). Messa in discussione delle spiegazioni sociologiche e in particolare delle teorie strutturali secondo cui per spiegare i fenomeni sociali è necessario studiare le condizioni strutturali e sociali in cui gli individui sono posti e che ne determinano le scelte. Affermazione delle TEORIE DELL’AZIONE: per spiegare i fenomeni sociali è necessario partire dal punto di vista degli attori, dal significato che questi danno al loro agire e alle loro strategie (individualismo metodologico) I teorici che riprendono l’impostazione di Beccaria si situano all’interno del paradigma dell’azione. AZIONE RELAZIONALE E DEVIANZA Un’azione è razionale quando l’attore sociale, di fronte a diversi corsi d’azione intraprende quello che, a proprio giudizio, darà il RISULTATO MIGLIORE. Un’azione razionale viene determinata da: 1.esame di VINCOLI/OPPORTUNITÀ; 2.scelta tra le opportunità ritenute tali (credenze) in base a REGOLE SOCIALI (che indicano quali opportunità è giusto/ lecito cogliere in certe situazioni) e/o DESIDERI L’AZIONE è uno strumento per realizzare determinati FINI, gli individui scelgono l’alternativa SECONDO LORO MIGLIORE; nessun individuo è in grado DI RACCOGLIERE TUTTE LE INFORMAZIONI possibili per scegliere l’azione migliore né di prevedere con certezza gli esiti di quanto scelto. È possibile definire UN’AZIONE DEVIANTE COME RAZIONALE, se questa appare ad un attore, in base al proprio ordine di preferenze, la scelta più adeguata per raggiungere determinati fini. In particolare tre teorie hanno applicato questa impostazione allo studio della devianza: • LA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE • LA TEORIA DELLE ATTIVITÀ ABITUALI • LA TEORIA DEGLI STILI DI VITA LA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE (CORNISH E CLARKE) I teorici della scelta razionale elaborano un modello di spiegazione del processo decisionale che CONDUCE UN INDIVIDUO A COMPIERE UN REATO. Partono dalla elaborazione economica di GARY BECKER: i criminali, così come i consumatori nel libero mercato, sono ATTORI RAZIONALI MOSSI DAL DESIDERIO DI MASSIMIZZARE IL PROPRIO BENESSERE. Ne individuano i LIMITI e la adattano al tema della devianza rilevando due assunti fondamentali: 1. La RAZIONALITÀ dell’uomo è LIMITATA; 2. I VANTAGGI che le persone possono ottenere dal loro comportamento NON SONO SOLO STRUMENTALI Il processo decisionale del criminale deve essere scomposto in DUE DISTINTI MOMENTI: A. le DECISIONI DI COINVOLGIMENTO (relative alle scelte di essere coinvolti, continuare o desistere nell’attività criminale) B. le DECISIONI DI EVENTO (sono di carattere strategico, tattico, finalizzate a commettere uno specifico reato). I teorici della scelta razionale si focalizzano sulle DECISIONI DI EVENTO, differenziandosi dalla maggior parte delle teorie criminologiche. Rilevanza particolare è assegnata alla situazione in cui si prendono certe decisioni e si sceglie di agire in un determinato modo. Il focus è posto sulle VARIABILI DI CONTESTO, peculiari della situazione nella quale l’attore sceglie, e non già sulle motivazioni o inclinazioni ad agire degli individui astrattamente considerati. Ne consegue che occorre intervenire per MODIFICARE la struttura di OPPORTUNITÀ. LA TEORIA DEGLI STILI DI VITA (HINDELANG, GOTTFREDSON E GAROFANO) La teoria degli “stili di vita” si pone l’obiettivo di spiegare la DIVERSA DISTRIBUZIONE DEI RISCHI DI VITTIMIZZAZIONE, con riferimento in particolare agli eterogenei STILI DI VITA dei gruppi considerati. Centrale è il CONCETTO DI RISCHIO collegato alla scelta di stili di vita che possono lasciare più o meno spazio alla vittimizzazione e che possono rendere la vittimizzazione una condizione più o meno probabile. Gli stili di vita sono influenzati da almeno tre elementi: A. dal RUOLO SOCIALE che le persone ricoprono nella società; B. dalla POSIZIONE ricoperta nella struttura della società; C. dalla COMPONENTE RAZIONALE del comportamento. LA TEORIA DELLE ATTIVITÀ ABITUALI (COHEN, FELSON) Questa teoria cerca di spiegare la variazione nello spazio e nel tempo dei TASSI DI CRIMINALITÀ E DI VITTIMIZZAZIONE. Le ATTIVITÀ ABITUALI sono quelle attività che facciamo regolarmente per soddisfare i nostri bisogni (lavoro, attività svolte nel tempo libero, fare la spesa, ecc.) e che nel caso si verifichi la convergenza di alcune caratteristiche possono mettere in contatto gli aggressori con le vittime. Le condizioni minime perché possa svilupparsi l’evento sono: A. una PERSONA DISPOSTA a commettere un reato; B. un BERSAGLIO INTERESSANTE, sia esso un bene da danneggiare o sottrarre o un individuo da aggredire; C. L’ASSENZA DI UN GUARDIANO in grado di impedire la commissione del reato I CRITERI che spiegano la variabilità dei tassi di criminalità e vittimizzazione sono: 1. Prossimità 2. Remuneratività 3. Accessibilità POLITICHE E MODELLI DI INTERVENTO Visione di chi viola le norme come unico responsabile delle proprie scelte e che agisce razionalmente in rapporto ai suoi interessi. Il vantaggio di queste prospettive è che è molto vicino all’opinione pubblica, permettendo ai politici di far leva sulla paura del crimine e concentrarsi sulla punizione del criminale. Le politiche nate da questa prospettiva sono di due tipi: la PREVENZIONE SITUAZIONALE e la TOLLERANZA ZERO/RISPOSTA PENALE INCAPACITANTE. La convinzione è che chiunque è potenzialmente criminale e quindi non si agisce a livello preventivo sugli individui potenzialmente devianti, ma sul contesto e le condizioni che favoriscono la messa in atto di quei comportamenti (prevenzione situazionale): ridurre le opportunità di commissione del reato e aumentare i rischi per chi ne ha intenzione. Sul piano della risposta penale si afferma l’APPROCCIO LAW AND ORDER: perseguire penalmente anche la minima infrazione, nella convinzione che i crimini più gravi vengono commessi quando si percepisce l’eventuale impunità (tolleranza zero). La risposta penale è fatta di un mix tra FUNZIONE RETRIBUTIVA (dare a ciascuno ciò che si merita) e FUNZIONE INCAPACITANTE. Nessuna possibilità di diversion; abbandono di ogni velleità deterrente e rieducativa. L’emblema di questo indirizzo è la cosiddetta formula del THREE STRIKES AND YOU’RE OUT: al terzo reato, non necessariamente grave, il reo incorre in una condanna decisamente elevata (il doppio o il triplo di quella normalmente prevista dal codice penale). Questo perché si pensa che chi non ha inteso ragione dopo la punizione per i primi due reati vada allontanato dalla collettività.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved