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L'Opinione Pubblica e la Ruolo Centrale delle Emozioni: Un'Analisi Sociologica - Prof. Mor, Appunti di Giornalismo on-line

La nascita e il ruolo dell'opinione pubblica in europa, i suoi aspetti sociali e psicologici, e il suo cambiamento con l'arrivo dei media digitali. In particolare, analizza il ruolo centrale delle emozioni nella formazione e manipolazione dell'opinione pubblica, e le implicazioni di questa tendenza per la democrazia e la società.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 24/01/2024

Juliet-Chan
Juliet-Chan 🇮🇹

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Scarica L'Opinione Pubblica e la Ruolo Centrale delle Emozioni: Un'Analisi Sociologica - Prof. Mor e più Appunti in PDF di Giornalismo on-line solo su Docsity! 1 SOCIABILITY come i social stanno cambiando il nostro modo di informarci e fare attivismo (Francesco Oggiano) INTRODUZIONE Le fuck (fake) news notizie perfette che fanno salire l’indignazione degli utenti; ri-condividiamo e amplifichiamo senza approfondimento o verifica ⎯⎯⦊ Storie utili alla nostra indignazione e al nostro posizionamento, in nome di esse abbiamo riportato di moda tre elementi storici: il capro espiatorio, il processo sommario (senza diritto alla difesa) e la gogna pubblica Esempio: La giornalista Barbara Palombelli accusata di maschilismo perché si chiese se gli uomini violenti abbiano subito un comportamento aggressivo dall’altro sesso; in realtà stava introducendo il caso giudiziario di un uomo picchiato dalla moglie Attribuiamo una crescita del nostro valore sociale alla segnalazione di utenti internet, ci adeguiamo ad offrire la nostra solidarietà identitaria, pronti a difendere la libertà di parola purché uguale alla nostra Brand e politici hanno stabilito nuovi patti di relazione con i consumatori e si sono adeguati alla velocità dei feed; quelli che tra un lavoro e un drink stanno sui social, sono i bar del futuro 
In questo libro provo a dare qualche strumento per prepararci a questo bivio: per capire ancora meglio come funzionano i social, e soprattutto come funzioniamo noi dentro i social, i bar del futuro ⎯⎯⦊ Per farlo, devo partire dal principio: da una lezione alla scuola di giornalismo, e dal momento in cui ricominciammo a raccontare le storie sui giornali online usando come driver la vostra indignazione dall'esplosione delle fuck news CAP. 1: DALLE FAKE ALLE FUCK NEWS Il primo giornale a sbarcare sul web fu il Fort Worth Star Telegram, giornale texano che nel 1991pubblicò la sua versione cartacea su un sito; dopo di lui, arrivarono le edizioni online dei grandi come The New York Times e National Geographic, era una bolla di illusione che si dissolse nel 2001, quando vennero giù le torri gemelle ⎯⎯⦊ La prima epoca del giornalismo online era finita, dalle sue ceneri e da una mail, sarebbe rinato un giornalismo più modesto a caccia di qualcos'altro: la viralità La mail che cambiò il giornalismo online: a scrivere la mail che cambiò il giornalismo online è Jonah Peretti, creatore di BuzzFeed, ossessionato dalla creatività digitale. Scrisse una mail alla Nike, sottoponendola al problema del sweatshop, un luogo di lavoro che impone condizioni inaccettabili ai propri dipendenti. (Un attacco frontale all'azienda che negli anni Novanta è stata pesantemente contestata per le condizioni di lavoro in paesi asiatici e del Terzo Mondo). La Nike rifiutò la richiesta è uno slang inappropriato, il risultato fu un lungo scambio di mail capolavori di ironia e aggressività passiva; nel giro di poche settimane il thread viene letto da milioni di persone e diventa il contenuto virale della storia di internet. Ecco un’altra dura legge dei media: non conta solo chi combatte, ma chi fa arrivare agli altri la sua battaglia Il sacro Graal della viralità: Peretti parla di “media contagiosi” che portano alla nascita di un nuovo pubblico noi i bored at work (gli impiegati annoiati) ⎯⎯⦊ Il cambiamento più forte portato dai social nell’informazione, passata dalla SEO NEWS: notizia creata per apparire primi su google e dalla SOCIAL NEWS: notizia fatta per essere condivisa sui social network. Con i social ci ritroviamo davanti contenuti che non sapevamo di volere e il contenuto diventa una forma di conversazione con gli altri Gli ingredienti della viralità sono già tutti negli esperimenti di Peretti indignazione, immedesimazione, divertimento: sulla base della sua teoria, Peretti fonda BuzzFeed, un sito web d'informazione tra i più visitati al mondo, (gestito dall'omonima società statunitense) che distribuisce articoli attinti dalla rete internet. BuzzFeed Inc. sfruttando la tecnologia web feed raccoglie notizie dalla rete, come titoli di giornali online, articoli dai blog, video blog e podcast Se Google traffica in informazioni, il social network lo fa in emozioni: Content is about identity, dice Peretti, il contenuti diventa un carburante per le nostre conversazioni che a loro volta diventano propellente per una qualche emozione e l’emozione rischia di prevalere sul contenuto, diventando la nostra identità; un contenuto che crea conversazioni ed emozioni è un contenuto destinato a diventare virale 
Esempio: Uno dei pezzi più virali di BuzzFeed è The Dress. Nel 2015 Caitlin McNeill., invitata al matrimonio di una sua amica, scatta una foto al vestito che deve indossare alla cerimonia, e lo posta con una richiesta d'aiuto alla sua community: «Questo vestito è bianco e oro oppure blu e nero?» (Per anni in Italia i maestri del virale furono quelli del giornale Libero) L’obiettivo è non rivelare né troppo né troppo poco del contenuto, se esageri, sfoci nel clickbait: pratica di ingigantire e distorcere il lancio di un articolo in maniera sensazionalistica è ambigua in modo che l’utente non possa resistere alla tentazione di cliccare. 2 Prima vittima, la cura: grazie a Google News e ai social abbiamo scoperto nel dettaglio i gusti e le curiosità dei lettori ma come ha scritto dall'esperto di media Joshua Benton, «il cambiamento più profondo portato dal digitale al mercato delle news è stata la perdita da parte delle testate dell'attività di cura» ⎯⎯⦊ Con tutti i suoi difetti, il giornale di carta non produceva solo contenuti ma ti dava la sua visione del mondo: «non stai ricevendo solo delle singole informazioni, ma una mia lettura, cura e proposta gerarchica di quelle informazioni. Prendila, condividila oppure criticala. Ma sappi che ho fatto del mio meglio per portartela» Con l’arrivo di Google News e Facebook abbiamo trasformato i giornali in macchine sforna url, da leggere, consumare e abbandonare: abbiamo tolto le storie dal contesto, rinunciato ad essere curatori, adesso è l’algoritmo che ordina i feed sui social o quello che sistema i pezzi nella home di Google News Nel frattempo, c’è stata una pandemia, una crisi economica, una rivoluzione del mercato del lavoro, un riallineamento degli equilibri internazionali, l’emersione di temi sociali e civili. Sempre più persone sentono la necessità di avere una visione del mondo, nuove coordinate da qualcuno che ordini i contenuti, li curi e lì presenti in maniera ragionata e intelligente. Da qui i prodotti autoriali come le newsletter, i podcast o le pagine social: segnale di un trend irreversibile, l’informazione sarà sempre più personale Il valore dei brand editoriali subirà un taglio e al loro posto ci saranno giornalisti con spirito imprenditoriale che molleranno la redazione per costruirsi il proprio progetto personale, grazie ai social e alle nuove piattaforme ⎯⎯⦊ Stiamo vivendo un cambiamento in cui i giornalisti non devono ottenere l’approvazione di un editore per pubblicare una storia ma chiunque può provare a fare il giornalista (non esiste più distinzione tra professionisti e creator: storyteller ed imprenditori di se stessi) Come Instagram è diventato la finestra sul mondo della Gen Z: fino al 2019 Instagram era il posto in cui andavi per dimenticarti del mondo, oggi è il posto in cui vai a scoprirlo, merito soprattutto del lockdown e di quella voglia di condivisione della scoperta che ci portiamo appresso ovunque andiamo (nel 2019 Instagram ha permesso di condividere i post di altre persone all'interno di una propria storia, da quel momento un post poteva diventare finalmente virale) ⎯⎯⦊ A inizio 2020, la contaminazione oltre che estetica diventa anche tematica: il feed inizia ad ospitare il mondo, oltre che noi stessi (dal cibo instagrammabile a servizi di cronaca)
A marzo 2020 arriva la storia, la morte di George Floyd: ripresa da più angolazioni, semplice da comprendere, dotata di un audio universale (i can’t breathe), diventa la storia di cronaca nera più virale di tutti i tempi ⎯⎯⦊ Il feed si sporca, ospitando immagini dure e concrete, Instagram diventa la piazza di discussione politica e sociale più popolare del mondo: è la via di mezzo tra Twitter e Facebook
Durante la quarantena i grandi gruppi editoriali iniziano a creare contenuti pensati per il social e progetti di informazione nati i sui social, nascono anche in Italia La paura di scontentare il pubblico: nuovi mezzi come le News Letter, i Podcast, i video e i social, da un lato promettono di liberare i giornalisti da pressioni di terzi, dall’altra rischiano di limitarli tramite una forma di condizionamento più subdola: il pubblico ⎯⎯⦊ Non scriviamo più per stimolare il senso critico del lettore, ma per avere il suo retweet. Il rischio del conformismo social è doppio: rischiamo di avere redazioni e personalità con smanie di assecondare e confermare 
visioni del mondo di persone sempre più suscettibili anziché raccontare fatti e offrire analisi che mettano in difficoltà e cambiano il nostro modo di pensare. In rete c’è chi parla di Intellectual Dark Web: parte di rete che ospita contenuti audio/video di pensatori considerati non allineati al pensiero dominante ⎯⎯⦊ In mezzo ci sono quelli che rischiano di arrendersi all’autocensura, la tentazione per evitarla è rinunciare alla complessità. Le fuck news: la rinuncia alla complessità avviene per paura del linciaggio, a favore del conformismo/convenienza. Tutte cose alla base delle fuck (fake) news che aumentano indignazione e rabbia in temi politici e sociali. Esempio: «Cè un afroamericano che mi sta minacciando». La narrazione è di una donna bianca che ha lasciato il cane senza guinzaglio, quando viene rimproverata da un uomo nero, chiama la polizia e si inventa un reato per denunciarlo. (Perfetta) II video esplode sui social, provocando comprensibile indignazione. A questo punto, nelle redazioni online scatta l'allarme: «Cè questa vicenda...» segnala agli altri, il giornalista solitamente più smanettone sui social, «riprendiamola» Il crollo del contesto, altra dura legge dei social: in un minuto si fa la vita di una persona, perché crolla ogni contesto e formiamo le nostre opinioni (e indignazioni) basandosi su pezzi di qualcosa, sui social non abbiamo dubbi Esempio: A inizio 2021 diventa virale in rete il video di una giornalista di Toscana tv, Greta Beccaglia che viene molestata in diretta da un uomo con uno schiaffo sul sedere. Il video provoca indignazione anche per le parole del giornalista dello studio che dice “non te la prendere Greta” ma nel video integrale dell’accaduto, il presentatore interrompe la diretta indignati perché determinati atteggiamenti meritano ogni tanto qualche sano schiaffone. 5 Le rivolte arabe, social ma non troppo: durante le primavere, la gran parte dei governi si sono limitati a rallentare la velocità della connessione per rendere più difficile la condivisione all’esterno di materiali multimediali come foto o video, è ciò che Ethan Zuckerman chiama cute cat theory: è molto più difficile provare i cittadini di un social che usano per comunicare, per corteggiarti tra loro o condividere foto del loro tenero gatto. Il rischio di proteste trasversali sarebbe fortissimo: piattaforme come Facebook o Instagram diventano politicamente più potenti di altre; ecco perché la Cina non ha mai voluto importare una piattaforma come Facebook Occupy, il movimento che si fa hashtag: se nel 2011 i ragazzi arabi iniziarono le loro proteste grazie a Facebook, quelli occidentali lo iniziano anche grazie al 4G ⎯⎯⦊ Sabato 17 settembre 2011, ispirati dalle proteste tunisine, 700 ragazzi e ragazze americani si ritrovano vicino al Toro di Wall street a Manhattan per marciare contro le ingiustizie sociali create dal sistema finanziario fino a Zuccotti Park. Quella che doveva concludersi come un’anonima manifestazione pomeridiana, si trasforma in un'occupazione pubblica di due mesi; questi ragazzi diventano un movimento #occupywallstreet con un manifesto, una loro estetica e una potenza social mediale: i video vengono diffusi su Facebook grazie al 4G Occupy è un movimento aperto, collaborativo, le decisioni devono essere prese all’unanimità ma quando sono tutti a decidere, non decide più nessuno; ecco perché il movimento presto si ritrova senza proposte concrete. Il termine stesso del movimento suggerisce di muovere la società da un punto A a un punto B ma se non ha una proposta o un obiettivo preciso rischia di rimanere solo un movimento teso a parlare di sé rispetto all’oggetto della sua protesta. Il giornalista Sean Captain racconta che l’unica cosa che ha tenuto uniti gli occupanti è stato lo sforzo di tenere occupato il parco. Una volta che la violenza della polizia è aumentata, Occupy è diventata una protesta per il diritto stesso di protestare. Ma è stato un movimento inutile ? No. Occupy ha rimesso al centro della discussione statunitense la disuguaglianza e ha introdotto un nuovo tipo di protesta negli USA, basata sulla creazione di luoghi e momenti pubblici di discussione collettiva di temi economici.
È stato il primo vero movimento occidentale che ha usato in modo massiccio i social e ha reso popolare l’idea d'organizzazione e creazione online di un movimento attraverso l’uso degli hashtag, ispirando una nuova generazione di nuovi attivisti: il black lives matters Il black lives Matter, è quella scala della partecipazione la prima volta che l’hashtag black live smetter appare è il 13 luglio 2013: l’America attende il verdetto nei confronti di George Zimmermann, accusato dell’omicidio di Martin, diciassettenne nero; i fatti sono confusi, l’accusa non è riuscita a trovare nessuna prova convincente ma basato la sua tesi sulla figura e la personalità di Zimmerman, rappresentato come un uomo pieno di rancore odio. Il processo per l’uccisione di Martin è diventato mediatico e politico; milioni di americani si aspettavano una sentenza di colpevolezza e quando non arriva, per le strade e sui social scoppia l’indignazione. Alicia Garza, è al bar a guardare la sentenza e dopo la soluzione tira fuori il cellulare e scrivo un post su Facebook in cui invita tutti a unirsi nella lotta perché #blacklivesmatter. L’hashtag è perfetto, comprensibile a tutto il mondo e riassume la protesta contro gli abusi della polizia, la disuguaglianza razziale e la voglia di giustizia sociale. Un ombrello per tutte le campagne sociali contro la povertà, la disuguaglianza, l’assistenza sanitaria, il sistema carcerario e tanto altro. La Garza, la Cullors e la Tometi fondano il movimento Così, quando nel 2014 scoppia nuove proteste i nuovi attivisti trovano aiuto e supporto su Twitter da coloro che hanno già manifestato per occupy; da loro infatti ricevono consigli su come contrapporsi alla polizia e raggiungere i media tradizionali. Il principio è organizzarsi online, incontrarsi off-line. Il 25 maggio 2020 arriva la storia: l’omicidio di George Floyd. Il merito è dei social e della struttura decisa dalle 3 fondatrici decentralizzata, collaborativa e priva di leadership formale. Il marchio stesso diventa una piattaforma che può essere usata nel mondo per qualsiasi tipo di rivendicazione politica, civile e sociale Il vecchio e il nuovo potere: nell’epoca dei social non vince chi accumula ma chi sa sfruttare al meglio gli strumenti della rete. Aziende come Uber e social come Facebook o Instagram sono diventati potentissimi perché ci permettono di eseguire qualcosa: condividere idee, formare comunità, organizzare noi stessi manifestazioni ⎯⎯⦊ Se il vecchio potere funziona come un qualcosa che una volta ottenuto viene custodito e accumulato, il nuovo funziona come una corrente; è detenuto da molti, aperto, partecipativo, paritario e tende alla circolazione. Si fonda sull’autogestione, sulla collaborazione, sull’etica fai da te e sull’adesione a breve termine ⎯⎯⦊ Malcolm Gladwell sul New Yorker, ha parlato di legami deboli tra partecipanti e movimenti nati sui social; Facebook funziona perché ci spinge e ci permette di fare la cosa meno impegnativa di tutte quando non abbiamo voglia di fare ovvero, mettere like anziché uscire a manifestare. Eppure, se prima dei social la distinzione era partecipo/non partecipo, ora il sistema di partecipazione è più fluido. Black Lives Matter sfruttando una combinazione di legami deboli e azioni più impegnative: mettere like ad un contenuto, condividerlo, associarsi alla comunità, riadattare dei contenuti, finanziare, produrre contenuti propri, dare vita a proteste e influenzare 6 #MeToo, l’hashtag è in prima persona: Uno degli esempi di nuovo potere è stato il #MeToo, simbolo dello scontro tra il vecchio potere e il nuovo: io pure ⎯⎯⦊ Nell’autunno del 2017 sui giornali USA iniziano a comparire accuse di molestie contro Weinstein, l’attrice Alyssa Milano posta un messaggio su Twitter che inizia ad essere ripreso e condiviso. Affinché il movimento passi da un legame debole a quello forte, serve che qualcuno scali la partecipazione e diventi un produttore di contenuti Il processo è diventato una piattaforma: un’infrastruttura digitale e universale tramite cui donne tutto il mondo possono raccontare le presunte molestie ricevute. È una corrente, un movimento decentrato, collaborativo, che colpisce, basato su un hashtag e senza un preciso obiettivo poiché nessuno sapeva quale sarebbe stata la tappa successiva. Il movimento era senza un padrone che traeva la sua forza proprio da questo: ogni storia individuale veniva rafforzata dall’impeto di una corrente molto più vasta. È stato questo movimento a cambiare il nostro modo di fare e raccontare l’attivismo sui social perché dentro c’è ciò che la Tolentino chiama “L’io di Internet”: inizia a farsi strada quel processo di identificazione tra solidarietà, attivismo e performance, tra opinione e identità, tra auto-narrazione e virtue- Signaling (pratica inconscia di segnalare sui nostri social che siamo belli, bravi e buoni) Ci sono tre tipi di solidarietà: 1. Sociale che si basa sull’esperienza comune 2. Civica che si basa sull’obbligo morale verso una comunità 3. Politica che si basa su un impegno condiviso verso una causa
Ma i social portano un nuovo tipo di solidarietà: quella di identità, ci incoraggiamo esprimere solidarietà mettendo in mezzo la nostra identità perché Internet porta L’io il tutto e quindi, il modo più efficace per esprimere solidarietà è quello di mettersi in mezzo, raccontando le esperienze e le ferite personali che ci accomunano ad altri. L’hashtag ha fatto intrecciare solidarietà, visibilità, identità e auto- promozione ma sono le differenze tra le storie delle donne a illuminare i vettori che portano a un mondo migliore CAP. 5: DA NINO MANFREDI A FEDEZ, L'ATTIVISMO DELLE CELEB Star “schierate” ogni epoca ha avuto personaggi famosi che si sono esposti su temi precisi: Magic Johnson trasforma la sua sieropositività in una battaglia contro lo stigma dell’HIV. ⎯⎯⦊ In Italia, il dibattito si concentra in occasione di eventi specifici come i referendum su determinati diritti. Le celebrity vengono ospitate all’interno di piani di comunicazione di altri e usano come piattaforma di distribuzione dei loro contenuti i social, parlando di temi di attualità perché lo sentono, perché glielo chiedono i follower, perché parlare solo di se stessi annoia, e perché parlare di attualità è un modo ottimo per raccontare se stessi. Le cause abbracciate sono varie, ma si possono ricondurre a quattro filoni: diritti civili (unioni omosessuali, identità di genere, omotransfobia), empowerment (body positive, femminismo, gender gap), razzismo e cambiamento climatico. Grazie a loro il dibattito si democratizza ancora di più a tal punto che alcuni temi arrivano a raggiungere fette di lettori altrimenti raggiungibili. Il rischio è sempre quello di eliminare quello strato di complessità che ci rende umani e ci permette di migliorare Il Creator che mi parla di attualità è aperto al confronto? Intervistare in una live chi la pensa come te non significa confrontarsi, significa spalleggiarsi. Limitarci a delegittimare chi non la pensa come noi diventa fascismo digitale: l’abbiamo visto tra il 2020 e il 2021 con il disegno di legge Zan, una misura di buon senso già presente in altri paesi che si è trasformata in una legge manifesto per entrambe le parti. In rete la protesta è stata guidata da star italiane e il ddl è diventato un manifesto identitario intoccabile, da bocciare per alcuni è da provare per altri Qualcuno è in disaccordo con quello che sta dicendo? Bisogna sempre diffidare di quelli con cui sono tutti d’accordo. Se rimane sempre generico lo sta solo facendo per attività di pubbliche relazioni digitali. Nel 2021 in un’intervista Fedez venne fuori che lui fa quello che fa in barba alle conseguenze: le vendite dei dischi, la sua visibilità sui media, il numero di follower dei suoi canali social, il fatturato delle sue società e tante altre metriche misurabili non sono mai calati a causa del suo attivismo social su determinate cause. La domanda da farsi è che cosa sarebbe successo a un artista che avesse usato legittimamente criticare il DDL ZAN ⎯⎯⦊ È come se tendessimo ad abbracciare le cause dei temi in una logica binaria: tutto giusto o tutto sbagliato. Tutti devono essere uguali, se uno si rifiuta verrà accusato, perché tendiamo ad essere inclusive soltanto con quelli che già la pensano come noi Ok, ma cosa sta facendo? Cosa sta facendo quel Creator per definirsi attivista? Nelle sue versioni di Performattivismo, l’attivista basta a sé come lifestyle, come auto definizione in bio, come auto narrazione identitaria. Esempio: l’atto di inginocchiarsi per protestare contro il razzismo nasce nel 2016 ma ritorna virale nel 2020 dopo Floyd, nel 2021 il gesto viene ripetuto un po’ ovunque. C’è chi si indigna perché i giocatori italiani non ci sono mai inginocchiati tutti e chi invece si indigna con chi si inginocchia, è un simbolo. Ma poi? Cosa facciamo? La questione si complica e rischia di trovare degli oppositori e sono proprio loro quelli che fanno attivismo poiché ci mettono in difficoltà, costringendoci a pensare 7 Quelli che cambiano il mondo sono gli imperfetti: gli attivisti per caso sono quegli uomini e donne di ogni peccato e imperfezione, che per un motivo o per l’altro a un certo punto della loro vita si sono ritrovati a compiere azioni straordinarie come Angelo Licheri, uomo che nel 1981 si calò per provare a salvare Alfredino, il bambino che era caduto in un pozzo. Era sempre stato uno in perfetto, che però per un giorno aveva provato l’impresa più epica a cui un uomo possa aspirare, salvare un’altra vita a costo della propria. Ma aveva fallito e ha rifiutato qualsiasi altra vendita da quell’impresa. Il fallimento di quella sera però basta e avanza per essere un modello, perché il mondo non l’hanno mai cambiato i perfetti, i belli o i bravi, l’hanno cambiato persone che erano state tante cose La differenza tra attivismo e Performattivismo: c’è una grande differenza tra una persona che sta partecipando un movimento e una che sta solo sfruttando un momento. C’è chi parla di clicktivism chi di slacktivism, l’uso pigro dei social media e altri metodi online per promuovere cause ⎯⎯⦊ Il Performattivismo è l’unione tra il tradizionale attivismo e il lavoro di un Creator che opera una performance online, costruendo su di essa la sua identità ⎯⎯⦊ La nostra identità è capitalizzabile: con i social abbiamo un palcoe un pubblico, prerequisiti per ogni performance, ma anche qualcos'altro, abbiamo uno specchio, un'eco Esempio: Irene graziosi in un articolo, parla di attivismo per formativo; come un brand si pone dei valori, un posizionamento sul mercato un Naming e così via, così eventuali Creator e altri individui organizzano la propria personalità in categorie dai confini rigidi. Con i social ci siamo chiusi a chiave nella stanza della nostra identità sulle cui pareti si specchia il nostro volto mentre il pubblico applaude. Attraverso i social, molte persone sono arrivate a interpretare tutte le nuove informazioni come una sorta di commento diretto su chi sono CAP. 6: DALLA CROCE ROSSA AL BRAND ACTIVISM Storia di una statua molto instagrammabile 7 marzo 2017, alla vigilia della Giornata internazionale della donna, di fronte al Toro di Wall Street compare un'altra statua: una bambina con le mani sui fianchi che con portamento fiero sta sfidando il più machista degli animali, simbolo dei rampanti capitalisti della Borsa. Sotto di lei: "Know the power of women in leadersbip. SHE makes a difference". L'immagine fa il giro del mondo, la statua diventa una delle mete più ambite dei turisti della città a caccia di selfie, la bambina diventa simbolo di lotta a sistemi patriarcali e di promozione dell'empowerment femminile Stato. Filantropia. Brand: nel XX secolo, lo Stato inizia a introdurre nuove forme di Welfare per aiutare i lavoratori e la società tutta; si afferma lo Stato sociale. Dopo la seconda guerra mondiale, allo Stato si affianca un altro soggetto che ha come ragione sociale quella di migliorare il mondo: le organizzazioni filantropiche, focalizzate su lotte precise. Negli ultimi anni, accanto allo Stato e alle organizzazioni è iniziato emergere un terzo pilastro: le aziende ⎯⎯⦊ Le vogliamo vicino a noi sui temi civili, sociali e ambientali. Lo pensiamo quando possiamo sui social, quando acquistiamo, e anche quando possiamo quello che acquistiamo. I consumatori della nuova generazione sono sempre più arrabbiati nei confronti dei comportamenti considerati egoisti da parte delle aziende e chiedono una nuova evoluzione del capitalismo. Si dimostrano sempre più abili a sgamare le lusinghe dello Storytelling social-etico-responsabile e chiedono alle imprese impegno, azioni e nuovi patti di relazione concreti Effetto Greta: in un mondo dominato da sfiducia e disinformazione, riponiamo speranza nell’economia, l’unica istituzione che vista sia come etica che come competente. Il mondo delle aziende è ritenuto più affidabile di quello politico. L’86% delle persone vuole che i CEO assumano una qualche forma di leadership sui problemi sociali, che si esprimono sulla pandemia, sulla crisi del lavoro, su tematiche locali. Se fanno questo, le ricerche dicono che, come consumatori, siamo disposti a pagare di più i loro prodotti. I ricercatori e gli analisti parlano dell’effetto Greta: i cittadini che sentono parlare di lei sviluppano una preoccupazione per l’ambiente molto superiore rispetto alla media e sono più propensi a intraprendere azioni collettive. ⎯⎯⦊ Una delle maggiori preoccupazioni in aumento per i ragazzi della Gen Z diventa quella per il climate Change, qualcun altro parla di Shadow time: la sensazione di vivere contemporaneamente in due differenti e temporali. Gli australiani parlano di solastalgia: il sentimento di nostalgia che si prova per un luogo che si abita ancora ma che sta venendo alterato da mutamenti. ⎯⎯⦊ Bill Maher, rivolgendosi alla generazione Z, fa notare quella che definisce una dissonanza cognitiva tra l’auto-narrazione della generazione Z impegnata e i suoi comportamenti, Greta ha 13 milioni di follower su Instagram, Kylie Jenner ne ha 279. Chi è la vera influencer di questa generazione? I giovani dicono di essere più preoccupati del clima rispetto ad altre generazioni, ma non si comportano come se lo fossero Uno dei nemici della lotta al cambiamento climatico, l’attivismo ambientale di consumatori ma soprattutto brand rischia di essere uno di quelli più soggetti al Performattivismo: un attivismo fatto di performance individuali che hanno l’effetto di qualificare l’identità del performatore stesso. Esempio: Alden Wicker, giornalista specializzata nella moda sostenibile venne invitata a un pannello davanti a una delegazione dei giovani delle Nazioni Unite; per lei il movimento della sostenibilità viene accusato di essere elitario poiché hai bisogno di un buon reddito per permetterti di fare acquisti etici e sostenibili. Disfattismo? No. 10 Anni dopo Bersani raccontò con amarezza quell’incontro: “I movimenti, quando non capiscono di essere sempre una parte della società, rischiano di diventare una folla che si muove totalmente, in maniera assoluta, travolgendo e calpestando qualsiasi cosa e persona che non si muova con la folla”. ⎯⎯⦊ Tra i cinque stelle la folla cederà il passo a una struttura di potere centralizzata, tuttavia è un fatto che Meet app siano stati il mezzo che ha permesso di creare in Italia una demo dinamica (teorizzata da Lévy): la sfida di un politico e accrescere le potenzialità del popolo, agevolando il suo apprendimento collettivo e la sua partecipazione Obama e il potenziamento del popolo: uno dei migliori a potenziare il suo popolo è stato Obama che in America diventa il simbolo del nuovo potere basato sulla distribuzione. Egli usa la prima persona plurale, a partire dallo slogan “Yes we can”. L’infrastruttura principale è myBarackObama.com, una piattaforma che permette ai sostenitori di organizzarsi, fare volontariato e trovare finanziamenti. La struttura è decentralizzata: ogni leader locale a responsabilità e autonomia per sviluppare le proprie squadre. Le parole d’ordine per accrescere un movimento politico sono: decentralizzazione, auto organizzazione è un brand riconoscibile. ⎯⎯⦊ Come grillo, anche Obama abbandona quel movimento regredendo al vecchio e finisce per incorporare l’infrastruttura e i suoi 13 milioni di membri all’interno del comitato democratico nazionale decretandone la morte. Alle elezioni del 2012 deve la sua rielezione ai big data, ad alcuni successi legislativi e al suo carisma individuale Trump e i tempi della rete: mentre a sinistra la folla online si ritrova trascurata, a destra iniziano a sorgere movimenti destrutturati e senza agenda politica nazionale. Trump inizia la sua campagna noleggiando una folla a inizio 2015. Nei mesi successivi l’uomo dimostra una capacità senza pari di mobilitare le folle online e Trump stesso si fa piattaforma tramite i suoi canali social, diventa l’eco per messaggi e meme, mobilità folle digitali, sfrutta le nuove forme di potere, riesce ad assemblare un movimento potente, anarchico ed esperto di nuove tecnologie ⎯⎯⦊ La base del movimento è Reddit, qui r/The_ Donald diventa il sottogruppo più attivo del mondo, in cui ogni giorno 800.000 sostenitori cercano di sfornare membri politici in favore del loro idolo perché la gente è attratta da ciò che è divertente e Trump adora le twittare cose che considera divertenti a suo modo. ⎯⎯⦊ Durante la campagna elettorale insulta 342 tra persone, luoghi e cose. Una personalità Snapchat, che colpisce intervalli regolari senza mai richiedere una concentrazione costante all’elettore che privilegia l’emozione rispetto alla ragione. Così facendo però rischia di divorare quotidianamente le personalità pop dei politici che continuano a seguire le regole e i tempi delle trasmissioni TV Salvini e i politici perfetti per il nostro feed: sui social, siamo entrati in un mondo post narrativo in cui cadono linearità e contesto. I messaggi e le conversazioni sono dei lampi, lo stile letterario è un flusso di coscienza. La campagna elettorale rischia di diventare solo un altro film dei social media e così, a trionfare sono i politici più punk che pop. Sono i Troll naturali, capaci di dividere polarizzare con messaggi durissimi, privi di grigi, confezionati per essere condivisi, diventare virali, fare polemica ed essere sostituiti da altri messaggi ⎯⎯⦊ Uno dei più abili in Italia è il leader della lega Matteo Salvini che riesce a inserirsi perfettamente nei feed social degli Italiani con un miscuglio di selfie, foto con cibo, attacchi e messaggi politici taglienti, brevi e capace di diventare hashtag ricondivisibili a piacimento, prima gli italiani AlexAndria ocasio-cortez, il cerchio si chiude, a sinistra, c’è Alexandria Cortez, la nuova stella dei democratici americani che ha una strategia ben precisa nella sua comunicazione online: trollare i suoi oppositori, ostentare se stessa, la sua femminilità e i suoi presunti difetti. Il punto più alto della sua comunicazione l'ha toccato dopo la vittoria alle elezioni il suo debutto al congresso nel 2018. A gennaio alcuni oppositori di estrema destra recuperano e iniziano a far girare online un vecchio video in cui lei balla sensuale sul tetto della sua università; lei sceglie di difendersi rilanciando. Qualche giorno dopo si fa a filmare mentre balla lo stesso modo di quel vecchio video, ma questa volta dentro i corridoi del congresso americano, boom. La prima regola che segue sui social è quella di essere autentica e non cercare di essere qualcun altro, non nascondendo se stessa, né i suoi difetti e né i suoi vezzi. ⎯⎯⦊ Lo storytelling della donna umile catapultata Washington tocca il suo picco quando inizia una diretta Instagram con i suoi follower seduta su un pavimento del suo nuovo appartamento della capitale, privo di sedie, seduta sul pavimento a gambe incrociate e sgranocchiando dei popcorn inizia parlare per un’ora di piani edilizi, assistenza sanitaria ed emissioni di CO2. Difficile, per un giovane o un universitario, non immedesimarsi in lei; meglio dare un like a una persona appassionata che a una priva di passione con un messaggio fattualmente corretto. ⎯⎯⦊ Un secolo dopo il cerchio si è chiuso: i social hanno fatto ritornare la comunicazione politica all’era pre radiofonica, in cui leader più efficaci erano quelli che urlavano più forti nelle piazze, attaccavano meglio di tutti e trollavano i propri avversari nel modo più originale e accattivante. Noi elettori riusciamo a valutare i loro contenuti e le loro proposte senza perderci troppo nel flusso continuo di polemiche e fuck news 11 CAP. 8: DA MARIO BROS AL METAVERSO Tutti i social, prima o poi, devono confrontarsi con l’informazione, le fake news, le fuck news, l’intolleranza e la violenza. Una delle azioni più efficaci è quella di offrire alla community strumenti per pensare, scoprire e ideare contenuti in un tono di voce possibilmente positivo. È stato il grande errore di Twitter, il social non ha mai ispirato, stimolato o orientato la narrazione, la produzione di contenuti al suo interno in una maniera positiva. i social del futuro avranno due strade: stimolare le discussioni positive o ridurre totalmente le discussioni La fase ribelle di TikTok: TikTok è nato nel 2018, dalla fusione tra la cinese TikTok e la vecchia musical.ly; l’aggettivo più usato per descrivere i suoi video era cringe, imbarazzante ed è stato il suo punto di forza. Le clip erano balletti, lip- sync, recitazione a tempo di musica improbabili con la differenza di Facebook o Instagram che non si sentono giudicati ⎯⎯⦊ Con l’arrivo degli adulti e di un pubblico che si fa più variegato, il social ha passato la fase alternativa: quel attraverso cui passano tutti i social che vogliono durare minimo un decennio. Quando va bene si completa con la proposta di una nuova estetica, di nuove parole, di un’identità più ricca e variegata, in cui ognuno può trovare qualcosa fino a se. TikTok questa fase la traversata durante il lockdown, tutto molto perfetto, quindi noioso. Così, il social ha iniziato a verticalizzare: negli ultimi mesi al suo interno sono nate nuove community, stretta attorno a singoli interessi. Sul social è partita la fase ribelle che si chiama alt TikTok, quell’amico che ci passava CD dei Nirvana ed è la versione alternativa dello Straight TikTok, la parte più ufficiale il social, fatta di balletti e Creator che pubblicizzano partnership con i brand ⎯⎯⦊ Sempre più persone iniziano a trovare il loro pezzo di mondo; l’unicità del social è che non è solo comunicazione, è espressione. Non è un mezzo per vedere cosa sta succedendo nel mondo ma per capire come le persone si stanno sentendo. La Ovide scrive che il social potrebbe reinventare l’intrattenimento dando alla prossima generazione di attivisti nuovi modi per raccontare storie e a chi vuole, di ascoltare la sua storia preferita Avremmo social meno social? TikTok ha un vantaggio: ha cercato di imparare la lezione delle disgrazie altrui e di introdurre strumenti sempre più sofisticati per promuovere i contenuti positivi. È come se ogni mattina il social classe delle piattaforme su cui gli utenti possono lanciare i propri contenuti nella speranza che vengono visualizzati da più persone, attraverso gli hashtag, tramite cui si promuove un pensiero tra gli utenti. Il secondo strumento è la rinuncia parziale alla promozione di commenti e interazioni ⎯⎯⦊ Fino al 2022 il motivo del successo è stato nel suo algoritmo infatti, lo strumento che più contribuisce a indurre dipendenza è la maledetta “For You”, la pagina iniziale, che è un sistema di raccomandazione che ha fatto saltare l’unica cosa che pareva consolidata tra quasi tutti i social: l’importanza degli amici. Basandosi su innumerevoli e raffinate metriche allarga il ventaglio dei suggerimenti per favorire la virilità di nuovi contenuti, incoraggiare i nuovi creator a produrre video e simulare ancor di più l’esperienza dell’utente. ⎯⎯⦊ Da un lato ogni mattina un creator si alza e sa che dovrà produrre un video, dall’altro riduce le interazioni perché a farti scoprire nuovi contenuti di valore, piuttosto che intensificare i tuoi rapporti già esistenti o promuovere le interazioni più profonde Piangere davanti a un videogame: un social che nasce come qualcos’altro è quello dei videogiochi. A differenza di quelli della generazione precedente, questi videogame hanno una vita molto più lunga e sono pensati per essere giocati sempre di più online. Le stesse e classiche piattaforme di videogiochi sono diventate un non-luogo vivissimo Videogiochi in cui non si gioca c’è un doppio percorso incrociato: da una parte le piattaforme nate come generaliste stanno iniziando a creare i loro canali verticali; dall’altra parte, le piattaforme nate come specializzate sui videogiochi allargano i loro temi ⎯⎯⦊ Se prendiamo animal Crossing è un life Simulator di Nintendo, in cui ogni giorno milioni di persone si connettono, modificano a piacimento il loro personaggio appena trasferitosi su un’isola deserta, e iniziano a costruire la loro vita virtuale. Animal Crossing è un’ipotesi politica di come potrebbe funzionare un mondo alternativo, dove non esiste il fallimento. Durante il lockdown c'è stato chi ci ha cerimonie di laurea e chi vi ha celebrato il proprio matrimonio, facendo sposare i suoi avatar Ok, parliamo del metaverso: i videogiochi rappresentano la cosa che più si avvicina al metaverso; parola coniata nel 1992, è una realtà virtuale in cui il protagonista stringe amicizia, combatte i nemici ed effettua acquisti attraverso il proprio Avatar. Zuckerberg ha usato il termine per ri-battezzare la sua azienda, non più Facebook, ma Meta. Secondo Matthew Ball il metaverso si propone di essere un universo virtuale che riunirà un’infinità di mondi interconnessi, sarà più di un mondo, sarà un altro universo, in cui ci troveremo al suo interno. Internet sarà come trasportato in una differente dimensione, dove attraverso i nostri Avatar potremmo creare contenuti, comunicare, stringere relazioni, lavorare e comprare prodotti e servizi. Le piattaforme che più si avvicinano a un embrione di quello che sarà sono: 1. Fortnite: è nata come un videogioco in cui 100 persone piombano su un’isola e devono combattere tra di loro finché non ne resta soltanto una; durante la pandemia si è evoluta in una piazza sociale, un luogo in cui i giocatori accedono non per un obiettivo preciso ma per stare. (Qui Travis Scott ha tenuto un concerto con 12 milioni di partecipanti virtuali e il regista Christopher Nolan ha mostrato in anteprima il trailer di un suo nuovo film) 12 2. Roblox: è una piattaforma in cui puoi provare tramite il tuo Avatar milioni di diverse esperienze virtuali, create dagli utenti della piattaforma stessa. È come una tabula rasa, un universo virtuale infinito ancora vuoto, che può essere riempito da infiniti mondi 3D, ognuno creato da un utente. ⎯⎯⦊ Se invece vogliamo cimentarci nella creazione di un nostro mondo possiamo scaricare Roblox studio, l’ambiente di programmazione è elementare, pensato per un pubblico giovane che vuole eliminare ogni barriera all’ingresso per potenziali creatori di giochi e mondi. La maggior parte delle esperienze sono giochi ma stanno diventando esperienze virtuali di vario tipo: concerti, visite d’arte, parti di compleanno, spazi di brand, simulazioni di vita immersa nella natura in cui si diventa un animale. La parola d’ordine è cazzeggiare. David Baszucki ha dato un indizio di come sarà costruito il futuro mondo digitale, quello che dobbiamo fare è abbattere le barriere, i creator del domani saranno i creatori di mondi all’interno dei quali quei contenuti saranno ospitati 
Perché limitarsi a vendere il contenuto, quando puoi viverlo?: è l’evoluzione naturale di Internet e dei social su cui scommettono i grandi big del tech e che lo stesso Zuckerberg ha spiegato in un video che a metà 2021 ha postato su YouTube per annunciare il futuro di Facebook: Internet da pc, Internet mobile e metaverso. All’inizio, Internet era test di girare al computer, grazie agli smartphone e alla connessione veloce, è diventato un ambiente prettamente visivo. Nel futuro, sarà un ambiente che non ci farà vedere i contenuti, ce li farà vivere e riusciremo a sentirci presenti, come se fossimo lì fisicamente, a prescindere dalla distanza reale. ⎯⎯⦊ Saremo rappresentati dagli Avatar, il guardaroba sarà nella nostra aperte “casa” nel metà verso, un ambiente domestico che potremmo arrivare come vogliamo, Teletrasportandoci in altri mondi, che non dovranno sottostare a nessuna legge fisica o principio logico: mondi creati da aziende e singoli creator. In ogni viaggio verso un mondo porteremo con noi il nostro Avatar, i nostri oggetti digitali, la nostra persona, perché la caratteristica fondamentale sarà proprio questa: l’inter-operabilità 
Fuga dall’universo, un misto tra Matrix e una puntata di Black Mirror, il metaverso sarà sempre aperto, accessibile e decentralizzato: non avrà un inizio e una fine e sarà una piattaforma delle piattaforme, il cui sviluppo sarà affidato alle piattaforme istituzionali private. 
Valerio bassan afferma che se esisterà un metaverso, esisterà anche un mediaverso nello stesso spazio in cui condivideremo esperienze legate allo shopping o al gaming, potremmo viaggiare, visitare, comprendere meglio e imparare anche quello che succede nel nostro pianeta reale. Se avremo la possibilità di esperire il mondo in prima persona, forse saremo in grado di sviluppare maggiore empatia verso gli altri. Potremmo costruire altre vite, potremmo fuggire digitalmente dal nostro mondo esistente oppure, ancora una volta, potremmo finire per replicarlo, rispecchiando le sue disuguaglianze e le nostre umanissime imperfezioni. È nelle nostre mani il futuro dei social CONCLUSIONE Vi lascio con qualche consiglio che personalmente cerco di darmi – senza sempre rispettarlo - ogni volta che sono in un bar o su un social: 1. Recupera il "contesto" ogni frase, ogni screenshot, ogni estratto video da cui nasce la tua indignazione è sempre parte di qualcosa più grande. Recuperane il prima e il dopo, prima di usarlo per giudicare 2. Consulta almeno tre fonti stampati sulla cover del cellulare la frase: «Se hai una fonte, è lei che controlla te. Se ne hai dieci, sei tu che controlli loro» 3. Quando ti sembra troppo bella per essere vera, non è vera é sempre, sempre, più complessa. E magari pure più bella 4. Sentirsi offesi non significa avere ragione non automaticamente almeno. Sentirsi offesi per le frasi o opinioni di un altro - purché formulate con toni pacati e rispettosi – è uno dei rischi previsti all'interno di una democrazia 5. Ascolta la versione dell'accusato e fallo con la stessa dignità, rispetto e apertura con cui hai ascoltato quella dell'accusatore 6. Riguarda i tuoi post degli anni passati giusto per capire l'aberrante quantità di cose dette o fatte di cui oggi ti vergogneresti. E pensaci un po' di più prima di linciare qualcuno per il suo passato 7. Diffida dei perfetti le persone che veramente cambiano il mondo, e quelle che storicamente l'hanno cambiato, non sono mai quelle perfette: sono, probabilmente, avide, narcise, dispettose o volgari. Non sono né patinate né cattive: sono vive 8. Sostituisci la cancel culture con la compassion culture chiedere la cancellazione di qualcuno è l'atto che più di tutti preclude la possibilità di evoluzione, a lui come a te. Prova per una volta a «soffrire insieme» a lui 9. Coltiva il dubbio specie quando non ce l'hai 10. Trova il coraggio di individuare i veri bulli, di condividere il tuo pensiero dissonante, di far valere i tuoi principi. Provaci una volta, solo per vedere l'effetto che fa 1 WEB E MOBILE JOURNALISM: Strumenti, tecniche e regole del giornalismo in rete (Ortenzi e De Stefani) SUNTO Libro che esplora nel dettaglio il mondo del giornalismo digitale, con particolare attenzione al Web Journalism e al MObile JOurnalism. Definisce il giornalismo digitale come il processo di produzione, diffusione e fruizione di contenuti giornalistici attraverso i media digitali. Il giornalismo digitale si differenzia dal giornalismo tradizionale in diversi aspetti, tra cui: Il formato, si basa su formati multimediali, che combinano testo, immagini, video e audio; la distribuzione, si distribuisce attraverso canali digitali, come siti web, social media e applicazioni mobili; la fruizione, viene fruito da utenti attivi e partecipi, che possono interagire con i contenuti e contribuire alla loro produzione. Si prosegue con un'analisi dei requisiti e degli strumenti del giornalismo digitale. I requisiti del giornalismo digitale includono: Competenze tecniche, i giornalisti digitali devono essere in grado di utilizzare i software e le tecnologie necessari per produrre e distribuire contenuti multimediali; competenze giornalistiche, i giornalisti digitali devono possedere le competenze giornalistiche tradizionali, come la capacità di ricercare, scrivere e verificare le notizie. Gli strumenti del giornalismo digitale includono: Software di editing multimediale, questi software permettono di creare e modificare contenuti multimediali; piattaforme di pubblicazione online, queste piattaforme permettono di pubblicare contenuti online; social media, i social media sono strumenti potenti per la distribuzione e la promozione dei contenuti giornalistici. Si affrontano anche gli aspetti legali del giornalismo digitale. In particolare, il libro tratta di: La proprietà intellettuale, i giornalisti digitali devono essere in grado di proteggere i propri contenuti da violazioni del copyright; la privacy, i giornalisti digitali devono rispettare la privacy dei propri utenti; la responsabilità civile, i giornalisti digitali possono essere chiamati a rispondere in giudizio per i danni causati dai loro contenuti. Il libro si conclude con un'analisi delle prospettive future del giornalismo digitale. Si sostiene che il giornalismo digitale continuerà a crescere e ad evolversi e che i giornalisti digitali dovranno essere in grado di adattarsi a questi cambiamenti. Il giornalismo digitale ha rivoluzionato il modo in cui le persone consumano le notizie. I contenuti giornalistici sono ora disponibili in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, e gli utenti possono interagire con essi in modo più diretto. Il giornalismo digitale ha creato nuove opportunità per i giornalisti. I giornalisti digitali possono lavorare per testate giornalistiche tradizionali, ma possono anche lavorare come freelance o creare i propri contenuti. Il giornalismo digitale ha anche creato nuove sfide per i giornalisti. I giornalisti digitali devono essere in grado di competere con altri media, come i social media, e devono essere in grado di verificare le notizie in modo rapido e accurato. CAP. 1: LA FIGURA DEL NUOVO GIORNALISTA ONLINE E OFFLINE: ETICA E NORMATIVA L'etica è costituita da un codice di norme a cui ogni giornalista deve confrontarsi. Il giornalista in quanto uomo sociale si sta adeguando alla trasformazione dell'ambiente che lo circonda nella società nella quale egli vive. La base di partenza della professione resta sempre l’etica che in cui è racchiusa nel suo intimo significato l'essere giornalista. Il giornalista rimane quello di sempre sono solo i suoi strumenti che cambiano cioè i ferri del mestiere che subiscono una trasformazione. Il giornalista deve conservare la sua essenza ed evolversi negli strumenti. Un bravo giornalista dovrà esaltare il concetto di fedeltà alla notizia e il rispetto al lettore. Differenza tra digital journalist e blogger: Il mestiere del giornalista è l'attività di chi fa blogging, la differenza è legata all'iscrizione all'albo dei giornalisti. Snocciolando le responsabilità morali legate al mestiere la differenza tra queste due figure abbastanza netta soprattutto per quanto riguarda il testo unico dei doveri del giornalista alla base dell'esercizio della professione elenca una serie di doveri enorme dati rispettare, naturalmente queste regole sono indirizzate sia giornaliste tradizionali che a quelle digitali. Potremmo riassumere in alcune fasi chiave la connotazione dell'attività di un giornalista: Deve essere solo al servizio del lettore; ogni contenuto prodotto deve ricevere solo la verità, nel rispetto dell'accuratezza dell'informazione; non si deve "non dire" per ottenere consensi così come le notizie non devono portare a vantaggi personali; il mestiere non deve subire alcuna pressione; il contenuti non deve essere condizionato dalla pubblicità e non si poò accettare denaro in cambio di una notizia favorevole o sfavorevole. 2 Esistono soltanto il giornalista e il blogger? No: Accade frequentemente che il blogger riesca a realizzare un ambiente editoriale proprietario dove ospitare anche i contenuti sponsorizzati oppure lo stesso blogger sia in grado di produrre contenuti a pagamento. Chi si occupa di contenuti in rete appartiene a diverse categorie e, oltre ai già citati giornalista e il blogger, abbiamo almeno altre 4 figure: • Il content creator, creatore di contenuti testuali, fotografici video o contenuti di micro-blogging; • Il writer, scrittore di contenuti per sé oppure per altri, in diverse tipologie di scrittura: digitale-cartacea; • Il copywriter, è un mestiere ancora più verticale, questa figura è in grado di aiutare le imprese a raccontarsi attraverso I'utilizzo delle parole, spesso il suo lavoro non è creativo ma meramente esecutivo, su traccia indicata da una figura creativa o strategica; • L'autore, colui che ha ideato un progetto editoriale, l'autore è quello che comunemente definiamo "scrittore". Come cambia la media communication, il brand journalist: Giornalismo e brand giornalism sono sempre stati in contrapposizione anche se simili come metodologie. Nel brand journalism c'è quell'approccio etico alla professione che seppur orientato alla propria attività nell'esaltazione di un brand/marchio utilizza la comunicazione mai dimenticando la parte etica e il rispetto per il lettore. La figura del content creator che si sta contrapponendo nelle aziende al brand journalism (proprio qui esiste una differenza che appartiene alla parte etica) è in grado di creare contenuti diversi ma la parte testuale è realizzata tenendo in grande considerazione gli algoritmi: la SEO per il content creator è fondamentale, il content creato è in grado di catturare il lettore forviandolo. Oggi a capo della comunicazione di grandi aziende possiamo trovare ex giornalisti che hanno reinterpretato il loro linguaggio in favore della comunicazione delle imprese private. Diritto di cronaca e diritto di critica: Pubblicare un articolo su una testata giornalistica cartacea o su una testata online non è esattamente la stessa cosa, ci sono aspetti e implicazioni diverse che appunto sono strettamente connesse allo strumento che viene utilizzato; uno dei principali elementi giuridici che caratterizza la professione giornalistica e che ne determinano allo stesso tempo limiti e confini: è il diritto di cronaca. Il riferimento normativo, a chi viene riconosciuto e il contenuto: La norma giuridica di riferimento è l'articolo 21 della costituzione che prevede il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. In altre parole, il diritto di cronaca in presenza di determinate circostanze esclude la commissione di alcuni reati come, ad esempio, la diffamazione per quanto riguarda il giornalista ovviamente questo può avvenire solo a determinate condizioni che riguardano sia il soggetto al quale il diritto di cronaca può essere riconosciuto sia le modalità con le quali questo diritto può essere esercitato. I requisiti per il legittimo esercizio del diritto di cronaca sono tre: La verità del fatto narrato, si divide in verità oggettiva che proviene da fonti ufficiali o raccontata direttamente dal soggetto e verità putativa frutto di un lavoro diligente e accurato, dimostrabile e verificabile tramite le fonti; L'interesse pubblico, una pubblica utilità dell'informazione o un interesse sociale: La continenza espressiva, devono essere usato toni obbiettivi, sobri e non eccessivi. Un discorso a parte meritano il diritto di critica e di satira. Il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente perché il primo non si limita alla narrazione dei fatti ma si concretizza nell'espressione di un giudizio o di un'opinione. Tutto ciò è ancora più valido nel momento in cui il giornalista ricorre ad argomenti ironici e satirici, è infatti noto che lo scrittore satirico mira all'ironia e al sarcasmo, tuttavia il limite insuperabile anche in questo caso è quello del rispetto dei valori fondamentali, allorché la persona pubblica non sia esposta al disprezzo. Il percorso per diventare giornalisti nell'era digitale, a livello normativo esistono due figure che possono essere ricondotte alla nuova professione del giornalista digitale: • Il giornalista professionista, coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione; • Il giornalista pubblicista, coloro che svolgono anche altre professioni. I fotografi devono fare richiesta d'iscrizione come giornalisti pubblicisti. Sostanzialmente quello che cambia sono i mezzi utilizzati e le testate riconosciute. Nell'era digitale è possibile completare il percorso propedeutico per l'iscrizione all'albo attraverso la collaborazione con testate editoriali digitali regolarmente iscritte al tribunale di appartenenza e dirette da un giornalista professionista iscritto all'albo. Il fotografo oggi in grado di produrre contenuti digitali è una delle figure che in maniera obbligata si è dovuto adattare ai cambiamenti tecnologici legati alla sua professione; così anche le figure del giornalista e del fotografo ad oggi si sono andate via via modificando e si sono sempre più sovrapposte. Il reporter inizia a farsi strada tra le vere definizioni, con la parola reporter è possibile attribuire alla sostanziale essenza del significato della professione del mobile journalist detto anche giornalista digitale. 3 Libertà di informazione, di espressione e le regole deontologiche: Con un decreto legislativo del 2019 si è modificato in larga parte il vecchio codice della privacy, introducendo nuove disposizioni per quanto concerne l'attività giornalistica, i limiti entro i quali la stessa può essere esercitata e le modalità dei trattamenti dei dati che vengono realizzati. Il garante della privacy è intervenuto su queste materie con numerosi provvedimenti: minori e diritto alla riservatezza; cronaca giudiziaria (lesione della reputazione per via del procedimento); e stato di salute (non possono essere resi pubblici materiali che mostrano comportamenti autolesionisti- della persona). CAP. 2: MOJO E WEB JOURNALISM: LA NUOVA FRONTIERA DEL GIORNALISMO IN MOBILITA' Con il termine MOJO si esplicita il MObile JOurnalism una pratica che è diventata diffusissima nel mondo del reportage giornalistico; il MOJO o giornalismo mobile è una forma di narrazione digitale nella quale il dispositivo principale utilizzato per creare e modificare immagini audio e video è uno smartphone. Il fulcro del giornalismo mobile è quello strumento che nato come il telefono cellulare, che poi ha perso la sua esclusività di apparecchio principalmente utilizzato per ricevere e inviare telefonate e messaggi. Lo smartphone strumento alla portata di tutti e ha determinato un cambiamento epocale per tutte le persone traghettando l'uomo a piccoli step evolutivi nell'era dell'informazione digitale. Lo smartphone ha mutato la socialità dell'essere umano, anche il giornalismo ha cambiato la sua essenza, il suo contenuto e il suo mestiere. Oggi con il termine giornalismo si disegna sempre di più una professione svolta in mobilità; nonostante ciò, anche il ruolo del lettore è profondamente cambiato così come anche l'approfondimento delle fonti; il digitale ha trasformato la relazione tra giornalista e l'attore introducendo il fattore relazionale in Real Time grazie ad esempio ai social media. Il giornalista per poter sfruttare la tecnologia a vantaggi del lavoro ha dovuto far propri gli strumenti e le dinamiche dei nuovi processi, molti professionisti della notizia utilizzano il digitale, un numero sempre più crescente fa parte del segmento del MOJO. Cos'è MOJO?: Con MOJO (MObile JOurnalism), si identifIca il lavoro di produzione di storytelling dei nuovi media, basato su una formazione verso l'utilizzo di piattaforme e strumenti mobili. Un giornalista mobile è un giornalista che utilizza dispositivi come smartphone, tablet, fotocamere digitali per raccogliere, scattare, trasmettere in diretta, modificare o condividere notizie. Le notizie possono essere inviate a una redazione o possono essere condivise direttamente sui social media dal MOJO. Il MOJO ha restituito al mestiere la strada, il giornalista era abituato a rincorrere la notizia, ed ora si è ritrovato ad avere a disposizione tutto quello di cui aveva bisogno dalle informazioni alle fonti dirette. Il lettore sia stufato della pratica copia e incolla dei quotidiani, dei magazine sia cartacei che digitali, così il MOJO ha spinto i giornalisti a tornare in strada facendo riaffiorare l'istinto del mestiere la ricerca il fiuto. Si può sicuramente affermare che il MOJO restituisce al termine reporter quel valore e significato a cavallo tra il vecchio e il nuovo, il mobile journalist è un reporter digitale, in grado di utilizzare tutti i nuovi strumenti per raccontare in Real Time la realtà. Il nuovo giornalista in mobilità articola la produzione di contenuti video, audio fotografici utilizzando i dispositivi mobili che distribuisce poi attraverso piattaforme di podcasting o di distribuzione video o ancora blog e magazine. Sono tre le operatività che un mobile journalist assume come nodo centrale del suo mestiere e che possiamo chiamare metodo: Farsi trovare pronto per acquisire la notizia con i mezzi mobile; distribuire il contenuto prodotto nel modo più veloce possibile; ed interagire con i lettori attraverso le piattaforme. Possiamo quindi dire che acquisizione distribuzione e interazione sono le tre chiavi del MOJO. Quindi acquisizione, distribuzione e interazione sono le tre chiavi del MOJO e hanno punti di contatto sia con la metodologia tradizionale giornalistica, sia con quella del digital journalism con la quale il MOJO condivide la terza accezione, cioè quella dell'interazione e del contraddittorio immediato che il giornalista accende nel lettore. Il mutamento delle dinamiche dei giornali, che molto presto hanno iniziato a sperimentare online, ha avuto naturalmente anche una ripercussione sugli altri media come la radio e la televisione; con la rimediazione dei vecchi media è stato possibile fissare un assunto che Bolton e Grusin hanno sottolineato reinterpretando un altro testo, pubblicato negli anni Sessanta, che già aveva previsto cosa sarebbe successo nella comunicazione e nella produzione dei contenuti, e nell'evoluzione delle varie forme di interazione, in relazione a quanto esse sarebbero state rilevanti sulla socialità dell'uomo. McLuhan, l'autore del fondamentale testo della storia della comunicazione, in un centinaio di pagine analizzò ogni mezzo comunicativo. La "remediation" è il modo in ci un mezzo è visto dalla nostra cultura come una riforma o un miglioramento di un altro o la logica formale con cui i nuovi media rimodellano le forme dei media precedenti. Cosi, dopo aver compreso questo piccolo percorso evolutivo della comunicazione e mutuato questi ragionamenti nell'evoluzione del mestiere del giornalista, in relazione con il cambiamento di abitudini del lettore, è più semplice comprendere cosa sia successo dagli anni 2000 a oggi. 6 • Il consenso: Il principio di diritto che sottende alla pubblicazione di un'immagine prevede che essa possa avvenire, salvo casi particolari solo con il consenso dell'interessato; nel caso in cui si tratti di minori è indispensabile l'acquisizione del consenso di entrambi i genitori. • Il contenuto della liberatoria: Può essere redatto con diverse modalità in base alle circostanze del caso, si può prevedere un'autorizzazione generica all'utilizzo dell'immagini del minore oppure, possono essere inserite clausole specifiche e dettagliate. • I soggetti autorizzati: La liberatoria deve specificare in modo incontrovertibile i soggetti autorizzati all'utilizzo delle immagini, l'autorizzazione non è cedibile e non trasmissibile. • Il diritto di cronaca: Ci sono casi nei quali le riprese possono essere realizzate senza bisogno di specifica autorizzazione, si tratta del diritto di cronaca, che consente l'utilizzo dell'immagine altrui a condizione che sussistano i presupposti della verità del fatto narrato, della continenza e dell'interesse pubblico. • Un caso particolare, l'anonimato: In questo caso si procede coprendo la foto sfocandola o rendendola comunque non riconoscibile; in realtà non sempre queste opzioni escludono la necessità di un preventivo consenso per la diffusione, poiché il soggetto potrebbe comunque risultare identificabile e riconoscibile; ad esempio, attraverso elementi caratteristici come un tatuaggio un neo o una cicatrice. • La musica: Tra le opere creative che a norma dell'art.2 sono tutelate dalla legge sul diritto d'autore rientra anche la musica. Ogni qualvolta un contenuto ha un sottofondo musicale è necessario corrispondere i diritti relativi a tale utilizzo. I soggetti tutelati dalla legge sono: l'autore l'artista e il produttore del pezzo. Agli artisti musicali infatti è riconosciuto il diritto di ricevere un compenso ogni volta che un loro brano viene usato per una pubblicità, uno spettacolo, oppure trasmesso in rete o in streaming. In Italia tutto ciò è regolato dal monopolio della SIAE, pertanto, ci si deve rivolgere direttamente a quest'ultima per poter utilizzare brani musicali per realizzare contenuti da postare online. • Il monopolio della SIAE da qualche anno incontra un vero e proprio antagonista rappresentato da Soundreef: gestore indipendente dei diritti d'autore, la società utilizza le grandi tecnologie come specifici software per tenere traccia in maniera analitica delle riproduzioni e per il calcolo dei compensi rendendo il pagamento più rapido. Soundreef gestisce oggi 37.000 diritti per autori e editori; è necessario richiedere una licenza di utilizzo e pagare i relativi diritti. Per quanto riguarda l'online il sito della SIAE consente due diverse tipologie di licenza in streaming o in download. Ricordiamo in ogni caso che esistono opere che non sono protette dal diritto d'autore e pertanto possono essere utilizzate liberamente. Un caso particolare è rappresentato dalle licenze Creative Commons: Si tratta di licenze nelle quali l'autore decide di concedere l'utilizzo della propria opera a determinate condizioni rinunciando in tutto o in parte ai propri diritti; la licenza significa che viene concessa dall'autore ma potrà essere utilizzata con vincoli più o meno rigidi poiché si può spaziare dalla rinuncia totale e completa del diritto d'autore alla riserva solo di alcuni diritti. Ad esempio, si può non autorizzare usi prevalentemente commerciali dell'opera o la creazione di opere derivate. Esempi di alcune licenze Creative Commons: Non-commercial: Altri possono copiare, distribuire, visualizzare, eseguire o remixare il tuo lavoro, ma solo per scopi non commerciali. • Share alike: Altri possono distribuire il tuo lavoro solo sotto una licenza identica a quella che hai scelto per il tuo lavoro. • No derivative works: Altri possono solo copiare, distribuire, visualizzare o eseguire copie letterali del tuo lavoro. • Attribution: Altri possono copiare, distribuire, visualizzare, eseguire e remixare il tuo lavoro se accreditano il tuo nome come richiesto da te. CAP. 4: WEB, SOCIAL E GIORNALISMO: REGOLE GENERALI, CODICI DI CONDOTTA, POLICY INTERNE E POSSIBILI EFFETTI SUL RAPPORTO DI LAVORO La rete è il nostro nuovo mondo; la professione del giornalista più di ogni altra, deve essere declinata attraverso il web e i social tenendo, sempre a mente le regole sia della professione stessa, sia delle piattaforme attraverso le quali vengono distribuiti contenuti. Questo assunto vale per qualsiasi forma di giornalismo digitale o convenzionale che sia. Il MObile JOurnalist ha gli stessi obblighi dei colleghi della carta stampata; la responsabilità del giornalista risiede nella piena conoscenza delle piattaforme utilizzate per diffondere la notizia, il funzionamento dei flussi tecnologici e i meccanismi di pubblicazione dei post sui vari social. Ci sono tanti esempi che ci insegnano che non bisogna sottovalutare i social media nell'esposizione di un pensiero, di un'opinione o di un fatto. Le condivisioni a titolo personale o a titolo di giornalista: Il nodo principale, dal punto di vista giuridico è dato dalla possibile riferibilità del contenuto alla testata giornalistica, in termini di responsabilità oltre che di opportunità. Questo significa che la condivisione, sebbene non effettuata dalla testata attraverso i propri profili, potrebbe essere riferita direttamente alla stessa in virtù dello stretto legame, tra questa e l'autore della pubblicazione. 7 Ci sono casi, infatti, in cui nella bio di un social network viene specificato che si tratta di un profilo personale e quindi le opinioni espresse non possono essere riferite alla testata giornalistica. Sussistono due diversi aspetti da considerare: un'ipotesi di diffamazione e un'ipotesi di diffusione di ciò che viene postato online, ampliato poi, dal meccanismo con il quale funziona la rete. Il reato di diffamazione: Viene citato nell'articolo 595 del Codice Penale, gli elementi che devono sussistere per la realizzazione della fattispecie sono due: l'offesa alla reputazione altrui e la trasmissione del messaggio diffamatorio ha più soggetti. • Vi sono casi particolari in cui l'ordinamento giuridico: prevede una serie di cause di esclusione dal reato di diffamazione, ossia una casistica in cui l'offesa all'altrui reputazione non configura alcun reato in presenza di alcune situazioni che vengono indicate in maniera tassativa. • Le tradizionali cause di esclusione per il diritto di diffamazione sono: il diritto di cronaca giudiziaria e il diritto di critica. Il diritto di cronaca giudiziaria: consiste nel diritto di raccontare accadimenti reali, di carattere giudiziario attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Il diritto di critica: si concretizza nella manifestazione di un giudizio valutativo del tutto soggettivo rispetto ai fatti che vengono riportati, è necessario che i fatti a fondamento del diritto stesso corrispondano a una verità. • In entrambi i casi questi diritti possono essere esercitati in presenza di alcuni presupposti: verità oggettiva dei fatti, interesse pubblico alla conoscenza del fatto (no offese o critiche gratuite), continenza espressiva e critiche motivate. • Come visto, quindi, è possibile che l'attività del giornalista possa ricadere in ipotesi in cui è ravvisabile un reato, con il risultato di gravi conseguenze non solo giuridiche ma soprattutto reputazionali anche alla testata giornalistica. La precisazione che le pubblicazioni e le opinioni espresse sono effettuate a titolo personale risulta essere indispensabile per tenere distinte le due diverse posizioni. La web reputation e il danno di immagine: consistono nella reputazione online di una persona fisica o giuridica e sono costituite dalla percezione che gli utenti del web hanno di quello specifico soggetto. Ogni azione che si compie online va a incidere sulla propria web reputation, poiché ogni comportamento e ogni notizia reperibile in rete contribuiscono a formare l'idea che l'utente si crea e il giudizio che esso esprime con riferimento a una persona o un brand. • L'importanza della web reputazion: Avere una buona reputazione online è importante, sia per le persone fisiche, sia per le aziende perché per entrambe la reputazione digitale incide sulla propria attività. Lo stretto rapporto che ormai si è avvenuto a consolidare tra online e offline comporta che, gli effetti dei propri comportamenti non siano limitati solo all'ambito nel quale vengono realizzati, ma si estendano anche oltre i confini dello stesso. Nel web qualsiasi cosa incide sulla web reputation, dal punto di vista giuridico anche un semplice like ha un valore ben preciso: approvazione espressa nei confronti di un dato contenuto. D’altro canto, però bisogna sapere che la web reputation è data dalla percezione che ciascuno offre di sé online, quindi essa può essere costruita secondo una strategia ben precisa in grado di fornire una determinata immagine voluta. • Come garantire una buona brand reputation: Proprio in ragione di questo l'azienda dovrà adottare strumenti e strategie specifiche. Una cosa fondamentale sono gli strumenti di tutela che l'azienda dovrà adottare per creare e proteggere la propria reputazione online. Di una strategia di tutela bidirezionale rivolta sia agli utenti online sia ai soggetti interni all'azienda. Proprio in questa ottica l'azienda dovrà disporre: una policy interna per i propri dipendenti, una policy per la gestione della propria presenza online, una policy interna per la gestione delle eventuali criticità che potrebbero realizzarsi online. • Come curare e migliorare la propria reputazione online: Arrivare ad ottenere una web reputation qualificata non è un processo facile e veloce, si tratta di un percorso fatto di diversi passaggi. In particolare, l'azienda dovrà puntare su alcuni elementi, ossia: monitoraggio costante della propria presenza online e monitoraggio costante delle conversazioni che si creano attorno al proprio nome. Facebook per il giornalismo digitale: L'avvento dei social media e di Facebook, in modo particolare, ha sviluppato posizioni discordanti rispetto al ruolo della piattaforma nella crisi dell'editoria tradizionale. Facebook ha pensato di creare una coerente guida per gli editori, senza abbandonare formalmente il progetto degli instant articles, mai decollato come Zuckerberg immaginava, ma offre all'utente o al giornalista digitale linee guida chiare per utilizzare la piattaforma. Non dobbiamo dimenticare che Facebook è nato in un momento non-mobile. Tuttora esiste un regolamento chiaro per quanto riguarda le policy di pubblicazione dei contenuti che si articolano attraverso tre principi fondamentali: • Primo principio: Le persone su Facebook apprezzano contenuti informativi e significativi; • Secondo principio: Le persone su Facebook apprezzano contenuti autentici e accurati; • Terzo principio: Le persone su Facebook apprezzano gli standard di un comportamento sicuro e rispettoso. 8 Le norme di utilizzo studiate per gli editori poi sono accompagnate da linee guida per i giornalisti che utilizzano la piattaforma per: proteggere la propria password, attivare l'autenticazione a 2 fattori, ricevere avvisi sui dispositivi non riconosciuti, usare il controllo della sicurezza e della privacy, gestire la propria presenza sul profilo e sulla pagina, bloccare gli hater e gli hacker ecc... Gli strumenti di Facebook: Per chi si occupa di giornalismo mobile, Facebook rimane una piattaforma che rappresenta il più ampio bacino di utenza a disposizione. Il MObile JOurnalist può utilizzare in maniera molto intuitiva la piattaforma tramite l'app Facebook o tramite il gestore delle pagine, Business Suite. La costruzione di un post su Facebook deve osservare alcune regole essenziali: contenuto coerente ed esplicativo; Hashtag # di riferimento del feed; Mention dei soggetti e/o delle organizzazioni. Link ai contenuti esterni: Il dibattito più acceso negli ultimi anni è stato quello incentrato sui link a contenuti esterni: questi una volta aggiunti al post inducevano l'utente ad abbandonare il sistema della piattaforma. Di conseguenza il contenuto nativo avrà la possibilità di essere visualizzato più volte rispetto a un contenuto che rimanda all'utente in luoghi digitali esterni. E questo non veniva accettato da parte dell'algoritmo di Facebook. Questo tipo di giornalismo non può prescindere dal proporre al lettore un contenuto esterno al social, questo spiegherebbe perché gli sviluppatori della piattaforma di Zuckerberg abbiano pensato e realizzato un sistema come quello degli instant articles. Peculiarità di Facebook da lato normativo con riferimenti ai contenuti, alle licenze e al trattamento dei dati: L'utilizzo di Facebook come qualsiasi altro social presuppone la conoscenza delle norme che regolamentano la piattaforma. Qualche aspetto significativo: • Non è gratuito: Agosto 2019 si è passati da "Iscriviti è gratis e lo sarà per sempre" al "Iscriviti è semplice e veloce" ricollegato alla possibilità per Facebook di inserire prossimamente un pagamento per l'utilizzo della piattaforma. Tuttavia è bene ricordare che Facebook non è affatto gratuita, iscrivendosi si da il consenso alla cessione dei propri dati personali; • Licenza gratuita di utilizzo: Pubblicando su Facebook, quest'ultimo non diventa proprietario dei contenuti ma li può utilizzare e trasferire a terzi. Facebook è articolato secondo i diritti di proprietà intellettuale e dal trattamento dei dati personali. Fare digital journalism con Instagram: Instagram nella sua primissima versione si presentò come un'applicazione dedicata all'utilizzo di una manciata di filtri fotografici da assegnare a fotografie che venivano geo-localizzate (nato per IOS nel 2010). Oggi Instagram è diventata forse l'app maggiormente in evoluzione, è il luogo naturale dove fare MObile JOurnalism, facile ed intuitiva nell'utilizzo, sia per quanto riguarda i caricamenti, sia per quanto riguarda le registrazioni in Real Time. Instagram è per sua natura l'ambiente adatto al giornalismo mobile, vediamo le principali caratteristiche: Instagram è un luogo digitale dove fare microblogging e le dirette: Sono momenti occasioni uniche per il coinvolgimento della community, è importante utilizzare la IGTV, sfruttare le storie, e aggiungendo link nel copy per fire swipe up. Molte testate editoriali hanno deciso di intraprendere la strada della sperimentazione di questa piattaforma, ed alcuni ci sono ben riusciti: Gazzetta dello Sport, BBC Sport e Sport Illustrated. • Indimenticabile è la crew italiana di WILL ITALIA, che in un anno ha rotto gli schemi del giornalismo convenzionale proprio grazie alla declinazione delle notizie in un modo tutto nuovo al punto da sedurre moltissimi utenti. Sceglie topic del momento e affrontano soprattutto temi legati all'attualità alla politica e all'economia, approfondendo gli argomenti in modo comprensibile, utilizzando il supporto video. Questo esperimento ha totalmente scosso il giornalismo tradizionale. Attraverso la programmazione di contenuti freddi e contenuti caldi WILL sviluppa sempre maggiore interesse nei confronti delle notizie, è collegato al profilo Instagram anche un podcast di approfondimento che completa il percorso creativo divulgativo notizie. Instagram secondo le condizioni d'uso: Anche in questo caso come abbiamo già fatto per Facebook è importante vedere le norme e le condizioni della piattaforma: • La condivisione delle foto: Pubblicare contenuti autentici e non copiati o scaricati da Internet, i diritti delle foto restano in capo all’utente (come in Facebook); • I minorenni: Il limite di età per l'utilizzo di Instagram è 13 anni; • L'utilizzo dell'hashtag (cancelletto e tag): Per essere registrato deve avere i requisiti della novità e della capacità distintiva. 11 Nonostante è tecnicamente possibile arrivare alla cancellazione di ciò che viene postato online è possibile ottenere risultati analoghi attraverso ad esempio il diritto all'oblio. L'upload dei contenuti nel drive di Google. Le problematiche attinenti all'upload dei contenuti in cloud riguardano due diversi aspetti: L'accesso ai contenuti caricati ovunque e da chiunque e la sicurezza degli stessi. Non si può discutere sulle opportunità che il cloud offre in termini di fruizione, ma bisogna vedere le misure che si devono adottare per utilizzare uno strumento che presenta alcune criticità. Infatti, se lo strumento impone all'utente di affidare i propri dati al gestore del cloud e quindi perde dal lato della protezione e della sicurezza, il controllo e la gestione degli stessi, la soluzione è quella di salvare nel cloud solo dati già di per sé sicuri. Il modo migliore in realtà è quello di rendere i dati non decifrabili, per esempio, attraverso la crittografia prima di salvarli in cloud; si pensi al caso Diletta Leotta e le foto nuda salvate nel cloud, poi violate da un hacker. CAP. 6: LE APP UTILI PER IL MOBILE JOURNALIST Oggi tutto quello che viene pensato, prodotto e distribuito, viene realizzato con uno strumento che possiamo stringere in una sola mano. La vera potenza della vena creativa del MOJO sono le applicazioni, sia in SaaS (Software As A Service, software disponibili in web app, una sorta di corrispettivo al noleggio della tecnologia) che per device mobili. Spesso esistono sia la versione Web App, sia la versione app, per sistemi Android e sistemi iOs. Di seguito una selezione organizzata di Tool (programma di ausilio per attività specifiche): Tool per l'organizzazione delle fonti: Permettono di fare ordine nella ricerca delle fonti: salvare con- tenuti, organizzarli, gestirne una eventuale distribuzione successiva. • Feedly (feedly.com) Aggregatore di feed RSS permette l'organizzazione in cartelle personalizzabili delle fonti e consente di scoprire nuovi portali o riviste dove trovare nuovi contenuti. • Pocket (getpocket.com) Piattaforma per la gestione dei link e dei preferiti, permette il salvataggio delle pagine web trovate durante la navigazione e la loro organizzazione. • Trello (trello.com) Software di project management strutturato in schede, può essere utile per organizzare contenuti o attività di un team di lavoro. Quando ad esempio più persone devono portare a termine un progetto giornalistico (fotografi, video-maker, chi scrive contenuti, ufficio stampa) Trello è utile per tenere traccia dello stato di avanzamento dei progetti e delle attività di ogni partecipante. • Google Drive (www.google.com/int/en_in/drive) Sistema di condivisione di file, molto utile per gestione di asset condivisi come immagini, testi e grafica. Include all'interno un set di applicazioni simili a Microsoft Offhce in grado di sostituire Word, Excel o PowerPoint e di gestire in collaborazione ed in contemporanea la modifca dei documenti. Tool per la produzione delle notizie: RICERCA DI IMMAGINI DI QUALITÀ ROYALTY FREE • Pexels (www.pexels.com/it-it) Foto con ricerca anche in italiano. • Unsplash (unsplash.com) Foto con ricerca anche per colore. • Freepik (unsplash.com) File vettoriali e illustrazioni. • Flaticon (www.flaticon.com) Ricerca di icone. Si possono anche assegnare colori diversi alle icone. COLORI • Coolors (coolors.co) Trova palette colore per i progetti. • Adobe color wheel (color.adobe.com) Trova colori corrispondenti, complementari, ecc. • CREAZIONE DI GRAFICA E DESIGN • Canva (www.canva.com) Piattaforma molto potente per la creazione di brochure e grafica per Web e social. Disponibili numerosi modelli per semplificare il lavoro di chi non è grafico professionista. • Photopea (www.photopea.com) Una versione online di Adobe Photoshop. Permette di leggere e modificare i file psd (formato photoshop) di gestire i livelli. APP PER SOCIAL MEDIA • Mojo (www.moj0-app.com) Applicazione per creare storie sui social. • Vimage (vimageapp.com) Applicazione per aggiungere effetti animati a immagini statiche. • Snapseed (Snapseed.it.softonic.com) Applicazione per editing rapido di foto. • Unfold (unfold.com) Applicazione per creare storie sui social media. Include numerosi modelli già pronti. 12 VIDEO • Lumen5 (lumen5.com) Permette la creazione rapida di video anche derivanti da pagine web. La struttura è quella di uno slideshow animato con testi personalizzabili. • Headliner (www.headliner.app) Crea video per podcast e permette la modifica dei video direttamente online. • Kapwing (www.kapwing.com) Set di tool per la creazione e l'editing video, molto semplice da utilizzare e immediato. • InShot (www.inshot.com) Applicazione mobile per editing video. TESTI E WEB • Wordable (wordable.io) Software che permette l'esportazione di documenti creati con Google Docs in Wordpress, per la pubblicazione rapida su Web. • Grammarly (www.grammarly.com) Estensione per browser Chrome che suggerisce scrittura corretta in lingua inglese. Integrato nei software di word processing. • Wordpress.com (it.wordpress.com) Piattaforma in lingua italiana per la creazione di siti web semi-professionali. AUDIO • Telegram messaggi salvati (telegram.org) L'applicazione Telegram consente di inviare a se stessi messaggi audio, testi o immagini. Può essere utile per chi fa giornalismo in mobilità, salvare tramite il proprio device mobile i contenuti per poi modificarli mediante pc. • @transcriber_bot Piccolo ma funzionale bot Telegram che permette di sbobinare un file audio in testo (anche in lingua italiana). Del tutto gratuito ha limitazioni sulla durata ma risulta davvero comodo per trascrivere interviste o interventi a conferenze stampa. • Auphonic (auphonic.com) Piattaforma per la normalizzazione dei file audio, permette la riduzione del rumore di fondo e la sistemazione dei volumi. Tool per la distribuzione dei contenuti: • PostPickr (www.postpickr.com) Piattaforma per la pubblicazione sui social media. Integra la possibilità di pubblicare anche su canali Telegram, Google My Business e Instagram. • Dlvr.it (dlvrit.com) Pubblicazione automatica di contenuti da feed RSS (Really Simple Syndication o Rich site summary, non è altro che un formato in linguaggio Xml, che contiene una lista, i cosiddetti feed di titoli, brevi sommari e link) a piattaforme social. Il sistema riconosce ogni nuovo contenuto su Web e pubblica sui canali collegati. • Walls.io (walls.io) Software che mostra su un pannello fisico o web, i contenuti di una selezione dai social. Può essere utile per aggregare contenuti provenienti dai partecipanti a un evento o i post relativi ad una campagna online. • Telepult (telepult.pro/en) Web application che permette di programmare e pubblicare post su canali Telegram. • JotURL (joturl.com) Accorcia i link, crea Qr code e permette di modificare la destinazione, utile per tenere aggiornate le pagine web collegate a materiali cartacei come brochure e volantini. Tool per l'analisi e la rassegna stampa: TOOL PER IL TRACCIAMENTO DELLE PAROLE CHIAVE E DEGLI ARGOMENTI DI DISCUSSIONE • iPressLive (www.ipresslive.it) Seleziona notizie in base a argomenti. • Octoboard (www.octoboard.com) Permette di creare pannelli di controllo delle proprie metriche online (follower, visite, ecc) • Metricool (metricool.com) Piattaforma per statistiche dei propri canali web e social media. CAP. 7: AMBIENTI WEB PER IL DIGITAL JOURNALISM: USARE UN CMS Il giornalismo digitale è nato e cresciuto attraverso piattaforme che si sono modellate con l'evoluzione della rete. Il giornalismo è stato il primo ecosistema a sbarcare nella rete, sia per sperimentare un nuovo modo di comunicare con i lettori e informare le persone, sia per comprendere la dinamica di un media dal quale non bisognava avere paura. L'editoria tradizionale iniziava ad essere in crisi già negli anni '90, se si rimane "legati" solo alla carta si è già estinti. L'interrogativo tra il dualismo e l'equilibrio tra la carta stampata e il digitale è un argomento che ci rincorre, alla luce degli ultimi dati emersi da Covid-19. L’informazione è cambiata radicalmente, il giornalismo si è spostato sul digitale, lasciando alla carta stampata un margine di interpretare la notizia attraverso altri modelli di racconto. Sulla carta approdano approfondimenti, e reportage, ma non solo; spesso la notizia nasce nel web e la carta stampata la riprende e la rielabora. Dalle piattaforme customizzate studiate per le prime redazioni, si è passati al sempre crescente utilizzo di CMS (Content Management System), uno su tutti Wordpress. 13 Creare un ambiente in WordPress: È un ambiente abbastanza intuitivo; nonostante ciò, è importante vedere degli step ben definiti, al fine di organizzare tutto al meglio. (articoli foto e video o altro archiviato nel CMS). È probabile che ci si potrebbe ritrovare a lavorare in un back-end già costruito dalla redazione della testata e si dovrà imparare a costruire la notizia attraverso gli strumenti presenti nella piattaforma. È utile capire come WordPress è organizzato e come strutturare i contenuti. La prima organizzazione di un ambiente editoriale presuppone una visione orientata alla fruibilità da mobile, "Mobile First" è ormai il mantra dei contenuti che vengono distribuiti online. Abbiamo attraversato un periodo durante il quale eravamo orientati alla realizzazione di siti responsive, siti che venivano costruiti per la versione web ma con l'accortezza di creare un presupposto di ottimizzazione anche da mobile. Ovviamente l'abitudine alla consultazione delle notizie in mobilità e la diffusione di device mobili hanno cambiato questo paradigma, ora si costruiscono siti "Mobile First", pensati in primo luogo come fruibili da dispositivi mobili. Questo è il momento storico dell'algoritmo, nel quale il lavoro del giornalista digitale si incastra, non è più sufficiente solo comprendere l'utilizzo delle piattaforme, ma è necessario capire come strutturare i contenuti e in che contesto il contenuto verrà indicizzato. La parte più entusiasmante è la fase durante la quale si progetta un ambiente in WordPress; vuol dire comprendere, soprattutto in un momento storico come il nostro, volto alla costruzione di ambienti "Mobile Only" come strutturare un sito la cui navigazione, risulti facile ed intuitiva, usabile e accessibile. In questo momento progettuale è di fondamentale importanza scegliere il giusto template e se sì ha un minimo di dimestichezza con i CSS sarà possibile anche effettuare qualche piccola modifica ai fogli di stile. Una volta scelto il template e organizzato il contenitore, è opportuno iniziare a strutturare un calendario editoriale con le pubblicazioni dei contenuti divise per argomenti e rubriche. Scrivere per il lettore: Utilizzare WordPress presuppone la conoscenza almeno basilare di un'infarinatura SEO o quantomeno, la comprensione di quali siano gli accorgimenti da seguire affinché i nostri pezzi possano essere ottimo cibo per i motori di ricerca. Il presupposto è che non bisogna snaturare la propria scrittura per rincorrere la SEO e cercare parole chiave adatte per metterle a tutti i costi. Il crawler è un software che analizza contenuti di una rete in modo sistemico e automatizzato, in genere per indicizzare contenuti del motore di ricerca. Google non ama forzature nel discorso e troppe keywords; e per quanto riguarda Google Drive il suo utilizzo è necessario per organizzare il proprio lavoro, soprattutto in virtù del fatto che esso servirà per lavorare in mobilità, vista la peculiarità dell'essere un sistema multipiattaforma e ottimizzato per mobile. Lavorare nell'applicazione di Google darà la possibilità di tenere una copia del proprio lavoro, conservare appunti e fotografie e collegare i propri dispositivi sincronizzandoli e condividendo integralmente tutti i contenuti in ogni device che sarà utilizzato in futuro. Creare un articolo in WordPress: Una volta compresa l'infrastruttura di WordPress, capiamo come inserire un contenuto all'interno dello stesso esplorando in maniera completa il back-end. La prima schermata che ci troveremo di fronte dopo aver fatto il login nel proprio profilo sarà la dashboard o bacheca, che contiene un menu a sinistra tutta una serie di voci utili per gestire i contenuti. Nella parte centrale si possono vedere gli ultimi articoli caricati, i commenti recenti oppure i widget installati. Il menu a sinistra a seconda della propria abilitazione consentirà di apportare modifiche più o meno sostanziali oppure solo gestire contenuti e caricare articoli. • Inserire un articolo: Se vogliamo inserire un articolo dobbiamo cliccare sulla voce "articoli" poi dalla tendina che si apre selezionare "aggiungi nuovo". Possiamo anche vedere tutti gli articoli caricati cliccando su "tutti gli articoli". L'amministratore potrà a vedere gli articoli di tutti gli altri profili, ricordiamo che ognuno è responsabile del proprio contenuto che verrà distribuito in rete. A questo punto scriviamo l'articolo, è bene ricordare che il titolo non dovrà essere né troppo lungo né troppo breve (standard 60-65 caratteri). Può capitare che si riesca a individuare il titolo perfetto solo dopo aver scritto il pezzo. Dopo aver curato la formattazione del testo sull’app documenti di Google, come già detto in precedenza, siamo certi di non perdere la formattazione del testo; quindi non ci resta che fare copia e incolla. Il testo dell'articolo sarà scritto nel formato paragrafo; non è necessario impostare un carattere in quanto esso; sarà definito dal foglio di stile del template, sul quale si baserà tutto il nostro sito; questo permette di avere un aspetto omogeneo. • Titoli e paragrafo: La cosa che è necessario curare invece sarà l'utilizzo del formato titoli, con il formato titolo 1, titolo 2, titolo 3, si identificano gli H1, H2, H3, tipici del linguaggio HTML. Tenere a mente che il titolo dell'articolo è considerato un titolo 1, in un articolo si potrà avere un solo titolo 1 ma diversi titoli 2, 3 e così via. • L'importanza della formattazione: Scrivere per il web non è come scrivere per la carta stampata, per questo è meglio evitare di strutturare l'articolo in un blocco unico di testo senza alcuna interruzione. Già i titoli aiutano il lettore, oltre ciò è bene usare altri elementi di formattazione come il corsivo, il grassetto, e il sottolineato, così come sarà d’aiuto inserire elenchi, puntati e virgola, e citazioni. L'elemento più importante però ricordiamo che il link ovvero, il collegamento ipertestuale, alla base del funzionamento di tutta la rete. I link sono l'oggetto principe della rete e il crawler valuta una pagina che contiene link che puntano verso un elemento esterno, al sito o link che puntano verso un elemento interno, come una pagina che ha un'utilità maggiore rispetto a quella che non contenga collegamenti ipertestuali. Oltre ciò il crawler è attratto dalle marcature dell'HTML e quante più ne trova tanto più considera quel sito ben costruito. 16 Nei casi in cui è possibile è bene indirizzare i propri sforzi sulla produzione audio della traccia con lo strumento registratore vocale dello smartphone quindi senza microfoni cosicché l'interlocutore sarà in uno stato maggiore di serenità e apertura. Aspetti legali tra il diritto di cronaca e riferibilità del contenuto: Ci si domanda ora come il diritto di cronaca possa essere declinato nell'ambito di un'intervista, che sia essa realizzata attraverso strumenti propri del MOJO giornalismo o i più tradizionali. L'elemento fondamentale dal quale partire è rappresentato dalla cornice espressiva che deve essere rispettosa dell'altrui reputazione. In poche parole: il giornalista deve verificare la veridicità, sul giornalista incombe sempre il principio della continenza espressiva anche se le espressioni vengono riferite da un soggetto terzo, il giornalista deve riportare fedelmente le espressioni dell'intervistato, quando abbiano contenuto lesivo dell'altrui reputazione. Ricordiamo infatti che può verificarsi che l'intervistato offenda la reputazione di soggetti terzi, il giornalista non può modificare il senso di quanto riferito durante l'intervista e non può inserire elementi diversi o ulteriori rispetto a quelli che sono emersi durante il colloquio. inoltre, bisogna tener conto delle regole deontologiche dell'attività giornalistica. CAP. 9: IL PODCASR, L'AUDIO E LA RIMEDIAZIONE DEL CONCETTO DI RADIO L'essere umano impara a usare la tecnologia che amplia la conoscenza e sviluppa nuovi bisogni. È importante, perciò, modulare l'offerta dei contenuti per qualità e mezzo di diffusione. Oggi i contenuti in streaming vengono fruiti essenzialmente da mobile. Magari poter ascoltare e informarsi mentre si è alla guida, oppure mentre si farà running, o addirittura mentre si cucina, o si stira. La pandemia ha influito su quella che stava diventando la normalità e cioè consumare contenuti audio in mobilità, aprendo la strada al consumo di podcast anche in altri momenti della giornata. L'utente è andato in overload di informazioni, stancandosi di utilizzare gli occhi come strumento di acquisizione e avvertendo l'esigenza di impiegare l'udito come senso alternativo e utile. • Il podcast: È sicuramente una tecnologia che ha riscoperto e "rimediato" il media della radio. Questa visione però è in contrasto con tutto ciò che si è sviluppato attorno alla voce, infatti, è da tempo che ci stiamo preparando ad una grande trasformazione degli algoritmi, come ad esempio Google-Bot. Si pensi alla messaggistica audio, agli assistenti vocali oppure Alexa; insomma, tutto ciò che riguarda l'intelligenza artificiale. L'audio giornalismo: fino a questo momento è stato trascurato o relegato ad una piccola nicchia di amanti dei contenuti audio. • Gli smartphone hanno influenzato e modificato la fruizione dei contenuti: Gli smartphone hanno cambiato la vita delle persone e la Apple ha avuto un ruolo fondamentale in questo cambiamento, soprattutto per aver innescato la nuova dicotomia del mercato della New Economy che è passata dall'asse Apple/Microsoft all'asse Apple/Google. Infatti, il goffo tentativo di Microsoft con prodotti come Windows Phone oppure BlackBerry è stato rapidamente eclissato da Apple e Google che tutt'oggi detengono il dominio del mercato. • La diffusione degli smartphone a cui possiamo aggiungere anche i tablet ha raggiunto un picco rilevante e l'Italia risulta essere la nazione con una percentuale molto alta di dispositivi mobile, in rapporto alla totalità della popolazione. Nel mondo intero su 7 miliardi di persone il 67% utilizza device mobili; inoltre, da una ricerca risulta che nel nostro paese ha il 133% della popolazione che possiede più di una connessione attiva quindi, su più device mobili. • Nel dicembre del 2005 il dizionario dichiarò podcasting parola dell'anno, definendola così: Registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simile, resa disponibile su Internet con lo scopo di permettere il download su riproduttori audio personali. Inizialmente il termine era dato dalla fusione di due parole: broadcasting e iPod. Infatti, l'iPod fu il primo dispositivo portatile in grado di riprodurre musica (prodotto da Apple). Naturalmente oggi il termine podcasting associato all'iPad è improprio visto che, né per fare podcast né per il successivo ascolto, è indispensabile l'utilizzo di un iPod. Così si preferisce usare come definizione dell'acronimo podcasting: “personal option digital casting”. Fare giornalismo attraverso il podcasting: Perché scegliere di fare giornalismo attraverso il podcasting? Il contenuto audio, è definito un contenuto intimo che riesce a coinvolgere il lettore attraverso un percorso di immersione nella notizia e nella storia raccontata che non ha pari. Non ci sono distrazioni visive, l'attenzione è tutta concentrata sulla voce narrante e la tipologia di contenuto consente al giornalista di ritrovare un rapporto unico e diretto con l'ascoltatore. L'investimento nella creazione di un simile percorso editoriale presuppone la struttura di un nuovo modello di business. Il podcast per il giornalismo digitale può essere un elemento di arricchimento della notizia. • Cosa bisogna fare per iniziare a creare un podcast? Prima di tutto è necessario scegliere la piattaforma che ospiterà il podcast, quindi un provider. Questa è una fase molto importante poiché scegliere un provider specializzato, nell'ospitare podcast può restituire servizi specifici. Di seguito una selezione di alcune piattaforme che vale la pena valutare, il consiglio inoltre è sottoscrivere un abbonamento e quindi non utilizzare una versione free: Speaker, Transistor, PodBean, Simplecast, Castos, Podcastics ecc… Dopo aver creato il proprio account podcast sarà possibile inserirli in distribuzione anche in ambienti come iTunes, Google Play o Spotify. 17 • La cosa più importante nella creazione di un podcast di successo è quella di individuare il target di pubblico che si desidera raggiungere, questo processo inizia con l'identificazione di persone tipo, che nel marketing vengono definite “marketing personas”. I lettori non sono tutti uguali, così come gli ascoltatori e per questo è importante definire la propria audience. È utile anche ad esempio creare uno o più avatar per il nostro ascoltatore ideale. Nel frattempo, si dovrà scegliere il titolo del canale podcast e il formato. Per quanto riguarda la lunghezza probabilmente sarebbe corretto strutturare episodi che abbiano una durata tra i 20 e i 30 minuti, non troppo lunghi da doverlo obbligare a tornare sul contenuto interrotto. È importante fare attenzione alla grafica del canale. • Sarebbe opportuno studiare una grafica per il canale e una grafica differente per la serie o la rubrica che si ha intenzione di produrre. Ogni episodio potrà avere un proprio design a seconda della piattaforma che verrà utilizzata. Inoltre, è importante cercare le misure di riferimento cosicché si possa realizzare un assetto grafico adeguato. Nella costruzione di un episodio e nella struttura di una serie di episodi che compongono la rubrica, è necessario identificare una sorta di template concettuale che si replichi per ogni episodio contenuto nella rubrica. Ad esempio: un intro vocale specifica, una musica per introdurre l'episodio, un'eventuale base che accompagna le parole. In generale la voce narrante sarà la stessa impiegata per registrare l'intro descrittivo alla puntata ma è possibile far realizzare una sorta di Jingle anche da un professionista; per la musica è importante non inserire tracce coperte da diritto d'autore. Per separare poi sezioni dell'episodio, oppure creare ambientazione con effetti e rumori ci sono molti programmi utilizzati per la post-produzione per podcast. Ovviamente una parte fondamentale è creare un titolo e una descrizione SEO friendly, per tutte le ragioni che abbiamo già visto in precedenza. • Le piattaforme di podcasting sono ambienti molto chiusi e i risultati su ricerche di temi legati ai contenuti si limitano ai campi inseriti all'interno di essi, ed è purtroppo ancora difficile trovare contenuti all'esterno degli ambiti che ospitano i podcast. I contenuti testuali e video ancora hanno una prevalenza sul risultato in SERP (e pagine con i risultati dei motori di ricerca), sarà sempre necessario specificare nella stringa di ricerca che si intende trovare un podcast. Vediamo alcuni accorgimenti: ottimizzare titolo e descrizione del canale, ottimizzare titolo e descrizione delle rubriche e degli episodi, utilizzare tutti i caratteri a disposizione, non includere il nome dell'autore nel titolo, se il contenuto è un'intervista bisogna citare il nome dell'interlocutore, ragionare sul contenuto della descrizione nell'ottica della ricerca dell'utente attorno all'argomento trattato. • Presto, lo spider del motore di ricerca sarà in grado di tracciare anche i contenuti audio, le parole pronunciate nei podcast in maniera più approfondita così come già sta facendo per i testi. Questo significherà avere risultati immediati nella SERP che consentiranno una maggior diffusione dei progetti di audio. In un futuro prossimo, i metadati destinati ai podcast potrebbero permettere quindi la comparsa nella SERP dei singoli episodi sulla base dell'indicizzazione vocale, ed essere associati all'argomento che trattano. • Sebbene Google abbia iniziato a trascrivere i podcast, e comunque meglio pubblicare anche una trascrizione. Per fare questo si presuppone che il podcast editoriale sia inserito in una più ampia strategia di content creation, che prevede magari un sito internet realizzato con wordpress. In questo caso, infatti, si potrà embeddare in wordpress il podcast originale, che risiede nella piattaforma di hosting. Questo metodo aiuta il posizionamento del contenuto, sia per quanto riguarda i motori di ricerca, sia per il pubblico. Creare una versione testuale dei contenuti assicura che i motori di ricerca possano comprenderne chiaramente il contenuto. La distribuzione del podcast nella rete. La normativa con riferimento alla produzione e alla condivisione: La questione relativa alla distribuzione del podcast in rete rientra nel più generale tema della fruizione delle opere in ambito digitale. Il diritto di distribuzione di contenuti digitali in modalità podcasting è un diritto esclusivo che viene riconosciuto a due diverse tipologie di soggetti: l'autore del podcast e i titolari dei diritti connessi sulle opere presenti nel podcast. Bisogna, inoltre tenere in considerazione che l'ambito del podcasting non prevede una normativa ad hoc; però possiamo sicuramente avere degli accorgimenti, elencati prima. Bisogna infatti ricordarsi che cos'è il podcasting, quali sono le sue caratteristiche, le singole componenti e i diritti d'autore. Per quanto riguarda brani coperti dal diritto d'autore, nel 2006 la SIAE hai elaborato tra le prime al mondo una licenza ideata per il podcasting, stabilendo che ai fini della determinazione della tariffa da pagare si distinguono tre categorie principali di podcast: podcast di tipo amatoriale (non oltre mille download a settimana), podcast di enti pubblici o organismi senza scopo di lucro e infine podcast di tipo commerciale (generano denaro). Il numero di autorizzazioni rilasciate deve essere segnalato sul sito e vale solo per il sito dichiarato nella stessa. Entro il 31gennaio di ogni anno gli autori del sito hanno l'obbligo di inviare alla SIAE un report contenente le opere utilizzate nell'anno precedente. Per quanto concerne i soggetti che possono prendere parte al podcast sono: intervistato e intervistatore. La liberatoria e il suo contenuto non è necessitano di rispettare alcuna tipologia di forma, pertanto, l'autorizzazione può essere rilasciata anche oralmente e la stessa può essere registrata prima della registrazione del podcast. Anche il contenuto della stessa non deve seguire particolari schemi e può variare in relazione al singolo caso specifico. Se a fronte della pubblicazione del podcast è necessario inserire un'immagine dell'intervistato, sarà indispensabile ottenere il consenso all'utilizzo. In linea generale possiamo dire che è necessario indicare: il consenso dell'intervistato a presentarsi e a rilasciare l'intervista, il consenso dell'intervistato ad essere registrato, il suo diritto di modificare la performance e i tipi di utilizzo che sono pianificati per l'episodio. 18 CAP. 10: FARE V-JOURNALISM Dai Blogger siamo passati alla realtà dei Vlogger, così come dal Digital Journalism siamo transitati nell’era del Vjournalism. Questi che stiamo vivendo probabilmente sono gli anni dei podcast o della voce ma il video detiene la posizione preminente rispetto a tutti gli altri contenuti. Questo si è verificato perché siamo stati abituati a fruire contenuti video dagli altri media; basti pensare, ad esempio, al passaggio dalla radio alla tv. L’evoluzione di una modalità di fruire la notizia asseconda comportamenti, esigenze, terminologie e abitudini. Gli ascoltatori inoltre sono diventati prosumer, soggetti che sono in grado di produrre e consumare contenuti. L'11 settembre del 2001 ha sconvolto la dinamica dei media tradizionali che hanno costruito probabilmente alcuni tra i migliori approfondimenti prodotti dal giornalismo. Accanto alla tradizionale gestione della notizia, stavano nascendo i primi prosumer, coloro che avvertivano il forte bisogno di condividere il loro punto di vista ma il web non era ancora maturo. Sicuramente ad oggi il mezzo che avrebbero scelto per riprendere quel drammatico momento sarebbe stato il video, attraverso i social; dalle dirette Facebook e Instagram ai tweet accompagnati da contenuti multimediali, avrebbero fatto video e li avrebbero condivisi su whatsapp o su telegram con amici e gruppi. Il giornalismo partecipativo vive nel mobile journalism; produrre contenuti da mobile da parte dei prosumer è un modo democratico e partecipativo volto a migliorare l'offerta giornalistica e approfondire determinati argomenti. Costruire una video notizia: Sono tante le piattaforme che ci consentono di distribuire una video notizia, molto dipende dal target che si vuole raggiungere anche se ad oggi Facebook rimane la piazza più popolata mentre Instagram quella più ricettiva. • Ora dobbiamo distinguere due diverse tipologie di Video News, quella in Real Time e quella Post-prodotta. Questa tipologia di Video News nasce in una piattaforma mobile specifica, l'autore sceglie quale social media utilizzare e produce la diretta con lo strumento mobile girando il video con lo smartphone, oppure con il tablet. Il concetto è che questa declinazione del contenuto è gestita interamente da mobile. Attraverso la forma mista è possibile gestire una trasmissione tramite una piattaforma che possa ospitare più personaggi da coinvolgere nella diretta e avere un giornalista da remoto che riprenda da mobile la scena dell'evento, con gli ospiti in studio che commentano in diretta. Una delle piattaforme che consente di fare questo è Streamyard3: Per poter organizzare un talk show multipiattaforma è necessario che una persona che gestisce la regia desktop "da studio" ma tutti gli altri partecipanti possono accedere alla diretta da mobile attraverso un semplice link che vi verrà inviato loro dal regista. Questa piattaforma offre l'opportunità di trasmettere in contemporanea, anche su piattaforme esterne come Facebook o YouTube; con questo strumento è possibile simulare le dinamiche televisive usando quasi integralmente attività da mobile connesse con una regia desktop. • Per quanto riguarda la video-notizia post prodotta non c'è un impatto Real Time come nella diretta ma si acquisisce qualità dalla post-produzione riuscendo anche a modellarla a seconda del social in cui verrà distribuita. La creazione di video in post-produzione consente anche di inserire un commento vocale registrato con un file separato, ed eventualmente anche una colonna sonora di sottofondo; ovviamente il contenuto viene generato da una ripresa che non dovrà essere registrata necessariamente in un unico file, anzi è consigliabile realizzare file con frame video; per poter poi montare il file finale è necessario utilizzare un programma di post-produzione e montaggio video come: Final cut oppure iMovie oppure Premier. Ci sono anche delle app che consentono di fare una post-produzione video direttamente da smartphone come iMovie per iOS e Adobe Premiere Rush e Magisto disponibili per iOS e Android. Non ci sono delle regole strette sulla durata della Video News realizzata, molto dipende dalla tipologia di notizia, dalla piattaforma ed ha la modalità. Creare un ambiente per distribuire contenuti video: Fare video giornalismo digitale avere ben chiara la strategia per la distribuzione della notizia; i social offrono una grande spinta per diffondere le Video News ma è fondamentale impostare correttamente gli ambienti dove tali notizie verranno introdotte. Così come vale per le aziende, anche una piattaforma editoriale digitale dovrà avere un luogo che sia al centro della distribuzione delle notizie. • Se si parla di video non si può non parlare di YouTube che è il repository naturale dei video: Un contenitore dotato di motore di ricerca interno che consente agli utenti di trovare video per argomenti e per keyword. YouTube inoltre, fa parte dell'ecosistema Google, di conseguenza qualsiasi contenuto inserito in una delle applicazioni Google beneficia di una prevalenza in SERP. Un ulteriore motivo sono i programmi di affiliazione da associare al canale editoriale e ai suoi contenuti: YouTube pubblica annunci pubblicitari nel video che viene visto dal lettore e le revenue sono distribuite tra YouTube e il proprietario del canale. È possibile, inoltre, collegare al proprio canale strumenti esterni che consentono di raccogliere donazioni volontarie dai lettori a sostegno dell'attività editoriale. • E molto importante seguire una strategia ben precisa su YouTube: Organizzare bene il canale, la scelta del nome e inoltre impostare e una grafica adatta, soprattutto per quanto riguarda il logo del canale. Il consiglio è quello di studiare molto bene anche le grafiche scegliendo un adeguato design. Un’altra cosa importante è realizzare in maniera coerente tutto il visual. Miniature e tutti gli altri elementi grafici del canale possono essere realizzati facilmente con canva. 1 LEZIONI BREVI SULL'OPINIONE PUBBLICA: Nuove tendenze nelle scienze sociali (Laura Gherardi) CAP. 1: IL FANTASMA DELL'OPINIONE PUBBLICA. CENNI DI UNA LUNGA STORIA DI STUDI ⇢ LAURA GHERARDI ⇠ 1.1 Opinione pubblica: le domande aperte L’opinione pubblica è un fantasma che occupa quotidianamente la mente di politici e politologi, giornalisti, comunicatori e sociologi ma anche persone comuni. Un errore comune è considerare l’opinione pubblica come un soggetto monolitico, utilizzato per sostenere un’idea o un’azione. Nei regimi democratici, l’opinione pubblica è l’insieme delle correnti di opinione, che sono tra loro diverse, in un dato momento storico. Dunque è più corretto, parlare di "opinioni pubbliche" al plurale. L’opinione pubblica non è la maggioranza delle opinioni rispetto a un tema, (es. non è il 51% degli italiani) si tratta dell’opinione dominante nella società. Occorre che le opinioni siano manifeste e secondo molti studiosi il sondaggio è uno strumento utile per rilevarle, ma molto lontano dall’essere perfetto; tuttavia, sufficiente per comprenderle. Lazarsfeld postulava la necessità di tenere insieme la rilevazione dei dati con un’interpretazione “teorica” degli stessi, non si può prescindere dell’appoggiarsi all’ipotesi, alle nozioni, alle teorie che diano loro profondità e prospettiva. Non c’è ancora una risposta unanime, se le opinioni pubbliche tendano a cambiare nel tempo o a essere stabili. • Page e Shapiro, sostengono che le opinioni delle persone tendono a mantenersi stabili nel tempo, esclusi shock collettivi o personali; • Landowski, invece, sottolinea la razionalità, l’emotività e l’instabilità dell’opinione pubblica. Il tema se l’opinione pubblica sia passiva (manipolabile o manipolata) o attiva (critica) accompagna la storia di questo concetto. L’espressione di un’opinione pubblica moderna criticamente razionale è relativamente recente, se la facciamo dipendere dall’esistenza di una sfera pubblica. Habermas, per questo motivo, lega la nascita dell’opinione pubblica in Europa a quella dello Stato di diritto, oltre che alla diffusione della stampa, che rendeva possibile la discussione dei temi di natura pubblica nei caffè e nei salotti. 1.2 I primi studi sull’opinione pubblica moderna Gustave Le Bon e Gabriel Tardes, alla fine dell’800, sostenevano che per guidare le folle occorre guidarne le “credenze”. Come si influenzi l’opinione pubblica è una questione che porta a molti studi sulla propaganda, soprattutto da parte di Walter Lippmann e Edward Luis Bernays, entrambe considerano l’opinione pubblica manipolabile, dunque essenzialmente passiva, ma mentre il primo condanna questa tendenza, il secondo la promuove. • Lippmann, per “orientarci nella confusione del mondo”, sostiene che necessitiamo di riferimenti e tendiamo a percepire quello che la nostra cultura ha stereotipato per noi, soprattutto perché ci sono poco tempo e poche possibilità per una conoscenza profonda del mondo intorno a noi, così ci si limita a notare un tratto, lasciando il resto agli stereotipi. • Per Bernays, invece, la propaganda è importante per la democrazia perché impedisce alle masse di creare il caos. La manipolazione consapevole e intelligente permette di dirigere veramente il Paese. Il “dilagare della confusione” è arginato dal fatto che élites intelligenti limitano le idee da discutere e gli oggetti desiderabili. Quindi si tratta di propaganda anche a scopo di marketing per orchestrare le scelte dei consumatori e mantenere l’ordine sociale, che è vantaggioso per tutti. La visione elitista di Bernays concepisce la propaganda come qualsiasi attività organizzativa per diffondere una credenza o una dottrina particolare, introducendo inoltre, il marketing in quella che era a tutti gli effetti una società dei consumi di massa e di media tradizionali. 1.3 Masse e massificazione? Tra teoria e ricerca empirica Gli studi sulla società di massa e opinione pubblica si intensificano anche grazie ai fattori di sviluppo delle inchieste d’opinione, gli studi di comunicazione, della diffusione dei media e i mutamenti socio-culturali nelle democrazie occidentali dell’epoca. Da un lato, le analisi sistematiche per la rilevazione dell’opinione pubblica potrebbero restringere quest’ultima a ciò che i sondaggi misurano, dall’altro la psicologia si affianca alla filosofia e agli studi sulla comunicazione per comprendere gli aspetti sociali dell’opinione pubblica. • Lazarsfeld, pur avendo evidenziato che la comunicazione mediatica non ha lo stesso potere su tutti i pubblici, denuncia un fenomeno di generale massificazione delle opinioni come risultato di mass media finanziati dai grandi protagonisti del capitalismo. Parla di disfunzione narcotizzante indotta dai media che tacciono riguardo gli aspetti critici del sistema affinché l’ordine sociale sia mantenuto. • Gli esponenti della Scuola di Francoforte sono da annoverare tra gli studiosi che più si sono dedicati agli studi sull’opinione pubblica – Max Horkheimer, Theodor Adorno, Herbert Marcuse ed Erich Fromm, autori della critica della società. Particolarmente importante è la denuncia di alienazione anche nel consumo a cui il sistema capitalista consegna le masse tramite l’industria culturale – che rende “merci” da vendere i prodotti dello spirito. È una fabbrica del consenso che offre svago anziché riflessione. 4 Non è un fenomeno del dibattito televisivo, ma dell’allargamento dei target di informazione) contribuiscono all’affermazione dei processi di polarizzazione che determinano nuove partizioni dell’opinione pubblica che tende così a lacerarsi, generando a sua volta una frammentazione strutturale della sfera pubblica. Le news engagement riguardano le modalità attraverso cui il sistema dell’informazione produce impegno pubblico nella sfera dei social media e in tali processi, si devono considerare i “gruppi coordinati” di soggetti o di strumenti di manipolazione artificiale (i bot) che diventano di fatto strumenti di manipolazione dell’opinione pubblica. L’opinione pubblica che deriva dall’utilizzo dei social media è di tipo verticale, nonostante sia auto-rappresentata come una sorta di autorità orizzontale: si creano soprattutto fenomeni di iper-leaderismo in una logica di “rappresentanza diretta”. 2.3 La trasformazione della comunicazione politica Il fenomeno più rilevante è la mediatizzazione della comunicazione politica – che porta a diversi esiti: 1) Fenomeni di dis-allineamento fra attori politici ed elettorato che determinano nuove partizioni dell’opinione pubblica; 2) Riduzione delle distanze fra politici e cittadini che favorisce una maggiore interlocuzione, ma accentua la trasformazione degli attori politici in personaggi mediali o celebrities; 3) Spettacolarizzazione della politica che tende a trasformare le logiche della “rappresentanza” in fenomeni di “rappresentazione”, in cui le dimensioni programmatiche diventano secondarie, e l’opinione pubblica assume legittimità nel quadro della mediatizzazione; 4) Fenomeni di personalizzazione dal punto di vista comunicativo e di leaderizzazione dal punto di vista dell’organizzazione, portando alla cessazione di ruolo di corpo intermedio dei partiti; 5) Retorica dell’efficienza diventa prevalente perché più facilmente mediatizzabile di quanto non sia l’analisi e la competenza delle assemblee elettive; 6) L’enfasi della retorica dell’efficienza che produce un sostanziale deficit democratico 7) La democrazia rappresentativa non viene affiancata da processi deliberativi e partecipativi, ma da dinamiche di “democrazia del pubblico”. Le nuove tendenze costringono, quindi, a un ripensamento anche del ruolo della propaganda e della manipolazione nei processi di costruzione dell’opinione. Si fa riferimento a tre fasi evolutive della comunicazione politica: 1) Connessa alle campagne locali sul territorio, con la centralità dei partiti; 2) Legata allo sviluppo della televisione; 3) Connessa con fenomeni di personalizzazione e presidenzializzazione da una parte con l’affermazione di internet dall’altra. È la rete che ha amplificato sia l’overload informativo, sia le spinte centrifughe che hanno decretato la fine del modello “piramidale” di comunicazione politica. L’insorgenza della quarta fase della comunicazione politica, allora, riflette il processo di transizione dai legacy media alla frammentazione comunicativa dell’era di Internet. • Jay Blumler (2013) fa riferimento a una ecologia della comunicazione politica a due livelli: quello delle élite e quello delle masse, non sempre sovrapponibili. La quarta fase della comunicazione politica si contraddistingue per la frammentazione e la polarizzazione delle audience, il divario crescente fra la politica pubblica e quella “privata”, l’overload informativo che accentua il rischio di disinformazione e favorisce l’adozione della menzogna come elemento strutturale. L’emersione della quarta fase è dovuta dall’insorgenza della “post sfera pubblica”. Nel processo di destrutturazione della sfera pubblica vi è un doppio movimento: da una parte il rischio di una unificazione forzata all’interno di una sorta di pensiero unico globale, dall’altra un processo di frammentazione in cui vengono di fatto cancellate le possibilità di discorso sociale antagonista, con una successiva omogenizzazione dell’opinione pubblica. 2.4 Conclusioni La ricerca sui meccanismi di polarizzazione (aggregazione verso poli e progressivo distanziamento, ovvero radicalizzazione tra le posizioni diverse) e saturazione (sensazione di ciascun cittadino di non avere altre possibilità di scelta) ha aperto a nuove prospettive analitiche nei confronti del mondo della comunicazione politica, riconnettendo l’analisi delle strategie della comunicazione politica con lo studio sui processi di costruzione e ridefinizione dell’opinione pubblica. 5 CAP. 3: GIORNALISMO E OPINIONE PUBBLICA ⇢ CARLO SORRENTINO ⇠ 3.1 L’universo dei taciti presupposti L’universo dei taciti presupposti è la definizione calzante per descrivere il giornalismo e il ruolo che svolge nel contribuire a formare l’opinione pubblica. L’elemento principale è quello di riuscire a cogliere l’imprevedibilità della nostra vita e restituircela con dovizia di particolari. Il giornalismo riesce a farlo in quanto racconto continuativo della realtà. Il giornalismo si basa sul senso comune e contribuisce a crearlo, nonché rinsaldarlo. Il senso comune è la lenta condivisione collettiva dei significati che i soggetti attribuiscono alle azioni che compiono. A produrre convinzioni che appaiono radicate e immodificabili è la continua manutenzione di tale condivisione, che si realizza anche attraverso l’esposizione alle narrazioni mediatiche. Il giornalismo ha un ruolo fondamentale nel consolidamento del senso comune e nel suo lento e inesorabile mutamento. A mutare non è il fatto, ma la percezione dello stesso. Vari sono i soggetti e le cause che hanno progressivamente determinato intolleranze verso certi fatti (ad esempio, le morti sul lavoro), e quanto più l’informazione giornalistica ne parla, quanto più cresceranno sensibilità e progressiva repulsione verso il fenomeno. Il giornalismo svolge quindi, una attività di framing, che è quel processo attraverso cui si parte da un evento grezzo e lo trasforma in quella comunemente chiamata “notizia” attraverso un processo di organizzazione, costruzione e conferimento di senso poi inquadrato in una posizione precisa. Il framing consente all’opinione pubblica di comprendere i fatti e attribuire loro un determinato significato. 3.2 La costruzione del significato Alla costruzione di significato partecipano tutti i soggetti – singoli o collettivi – che intervengono nella vita pubblica con le proprie competenze, valori e interessi. I media rendono visibili i diversi punti di vista, conferendogli un peso specifico. Media e giornalismo non operano in un vuoto pneumatico, ma negoziano con altri: dalla politica all’economia, dalla cultura alla tecnologia e alle conseguenti affodance dei vari canali di comunicazione. Diventa calzante la definizione di “filatoi su cui si costruiscono i significati” che richiama la metafora della società digitale, quella di “rete”, con la conseguenza delle interazioni tra soggetti differentemente collocati nel mondo sociale, in cui non tutti hanno la stessa rilevanza. La teoria del frame parla di priming, ovvero la capacità di certi soggetti di imprimere “letture preferenziali” a determinati eventi o fenomeni sociali. Il giornalismo, quindi, è diventata l’istituzione principale nel mettere in relazione soggetti, contesti e fenomeni. Il giornalismo “delimita i fatti” – piuttosto che “limitarsi ai fatti” e sceglie cosa pubblicare o non pubblicare, quale evidenza dare e chi far parlare in merito a uno specifico evento o fenomeno e così via. La neutralità della propria funzione tramite una descrizione asettica e oggettiva non può realmente funzionare, perché sarebbe solo descrizione dei fatti senza mai proporre un punto di vista. Dunque, tramite la “costruzione della notiziabilità” (newsmaking) condizionata dai diversi climi di opinione, il giornalismo ha un rapporto dialettico con l’opinione pubblica: fa emergere le costanti nei climi di opinione correnti, ma poi li indirizza, dando più o meno visibilità ad alcune specifiche attribuzioni di significato. 3.3 L’autonomia giornalistica Gli studi sul giornalismo hanno avuto focus diversi a seconda delle “epoche”, ovvero delle gerarchie delle notizie e degli attori sociali maggiormente in grado di definire tali gerarchie. Negli ultimi decenni, gli studi sul giornalismo hanno avuto un approccio dal punto di vista della sociologia culturale. È diventato maggioritario l’approccio costruzionista che indaga come viene assicurata la routinizzazzione dell’imprevedibilità (Tunstall 1971) – altra metafora con cui viene definito il giornalismo. L’autonomia giornalistica ha sempre costituito una dimensione ambivalente a partire dall’autonomia necessaria per assicurare un racconto della realtà non condizionato da secondi fini. In Italia ci si è lamentati per tale mancanza dovuta alla prolungata assenza di un solido sistema economico-industriale che consentisse la diffusione della pubblicità e al perdurare dell’analfabetismo. Il mercato della stampa italiano non ha mai raggiunto buoni livelli di distribuzione, si parla al massimo di sei milioni di copie distribuite, ovvero una per ogni dieci abitanti. L’autonomia economica ha lentamente coinvolto il giornalismo in una difficile competizione commerciale, favorendo la prevalenza dell’intrattenimento attraverso le soft news rispetto all’interesse pubblico delle hard news. Si è arrivati al market driven journalism caratterizzato dalla commercializzazione, dal sensazionalismo e dalla spettacolarizzazione. Si tratta di un processo facilitato dalla difficoltà a individuare in società sempre più stratificate e differenziate dove risieda l’interesse pubblico. Da qui, ne è scaturita una moltiplicazione dei punti di vista presentati, narrati e raccontati che ha indubbiamente arricchito il panorama informativo, ma che ha indebolito la certificazione di verità attribuita alla stampa. L’ampliamento del sistema sociale rappresentato ha prodotto quella che può essere definita la “finitezza dello sguardo giornalistico”, ormai dal carattere negoziabile del giornalismo. 3.4 Il giornalismo nell’ambiente digitale Quando si parla di densità del processo suddetto, s’intende l’aumento esponenziale dei soggetti che entrano nel gioco negoziale del giornalismo per far sentire la propria voce e per imporre il proprio punto di vista. L’intensità, invece, è determinata da disintermediazioni e velocizzazioni favorite dell’ambiente digitale. Il carattere relazionale del web offre l’illusione della disintermediazione. 6 Ogni attore sociale può intervenire in qualsiasi momento, in tempo reale nel dialogo costante che si determina su qualsiasi issues – creando ulteriore confusione con serie di dichiarazioni in pochi minuti. • Bentivenga e Boccia Artieri parlano di ridefinizione del dibattito pubblico. Per questo motivo di parla di post- sfera pubblica, ovvero una serie di dinamiche d’interazione completamente diverse da quelle del passato più recente e che definiscono un design relazionale che produce effetti di realtà. (Es. della proposta di Letta- Conte-Salvini su individuazione di Elisabetta Belloni come candidata alla Presidenza della Repubblica e successivo tam tam informativo di politici, giornalisti, influencer e lobbisti che ha fatto saltare l’accordo). I confini sempre più porosi del giornalismo portano a un boundary work in cui le linee di demarcazione sono sempre più labili e incerte, fino a rendere difficile stabilire cosa è giornalismo e cosa è comunicazione. Sia perché la velocizzazione delle informazioni ha fatto sì che in moltissimi casi anche il giornalismo mainstream pubblichi notizie non controllate, sia perché spesso a darci le informazioni sono le fonti istituzionali attraverso i loro uffici stampa o con specifici professionisti. I caratteri descritti stanno producendo per il giornalismo una progressiva perdita di esclusività o di primazia nella descrizione e interpretazione della realtà. Ora il rapporto è circolare, o meglio ancora reticolare, e i processi di produzione, distribuzione e fruizione delle informazioni vedono la compresenza di tutti i diversi attori, portando a una crisi dei saperi esperti. Per questi motivi, sarà necessario mettere in circolazione informazioni verificate e fare attività approfondita di de-bunking, dimostrando l’infondatezza di notizie e affermazioni false. Il giornalismo continuerà ad essere un’istituzione sempre più strategica per comprendere la realtà, cambieranno solo i suoi principi di legittimazione del controllo esclusivo del processo all’esigenza di gestire la co- partecipazione nello scambio informativo con fonti sempre più attrezzate nel mettere in circolazione informazioni riguardanti le proprie aree di interesse e con fruitori più avvertiti. Al giornalismo è richiesta, quindi, più responsabilità perché si colloca nel crocevia della sfera pubblica ricca di soggetti sociali. CAP. 4: PIATTAFORMIZZAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA: LA QUESTIONE ALGORITMICA ⇢ GIOVANNI BOCCIA ARTIERI ⇠ 4.1 Algoritmi e dibattito pubblico Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse nei meccanismi alla base dei media online e del loro impatto sul dibattito pubblico, soprattutto in seguito allo scandalo Cambridge Analytica (marzo 2018) sull’uso manipolatorio di dati prevalenti da Facebook all’insaputa degli utenti da parte di un’azienda di consulenza e marketing tramite l’uso di algoritmi machine-learning. Il caso Cambridge Analytica ha rappresentato uno spartiacque culturale nel puntare l’attenzione sui rischi di manipolazione dell’opinione pubblica attraverso l’uso delle piattaforme online. Inoltre, ha fatto da cartina tornasole capace di rivelare la natura di un dibattito pubblico caratterizzato dalla crisi di legittimità delle istituzioni e di crisi dell’autorevolezza della comunicazione pubblica. Si parla di uno scenario inquinato da realtà come le fake news, la mis-informazione, disinformazione, manipolazione mediale, coordinated inhauthentic behavior e propaganda. Questi concetti delineano un campo semantico definito da una preoccupazione per il corretto funzionamento della democrazia. Questo riguarda sia le democrazie più fragili composte da popolazioni con un basso livello di digital literacy, sia per le democrazie più consolidate, in cui si assiste alla crescita di centralità nell’uso delle piattaforme online da parte di soggetti politici e gruppi organizzati. 4.2 L’ecosistema dei media: abbondanza informativa e frammentazione delle audience Le dinamiche di formazione delle opinioni hanno risentito dell’influenza dei platform media; una democrazia ben funzionante ha bisogno di cittadine e cittadini minimamente informati sulle questioni pubbliche. Il mutamento dell’ecosistema mediale e la migrazione dai media tradizionali ai social media hanno cambiato le modalità attraverso cui le cittadine e i cittadini si informano circa le questioni che riguardano la politica. Si tratta sempre più di “cittadini monitoranti” e non di “cittadini informati”. La preoccupazione maggiormente condivisa riguarda l’abbondanza di informazione che consente sì la diversificazione, ma anche la frammentazione della stessa. Si accentua, quindi, il rischio della dispersione e della cacofonia delle voci, con l’inevitabile frammentazione dell’agenda pubblica e col rischio che i cittadini possano sottrarsi alle occasioni informative relative alla politica, perdendo così un’occasione per formarsi un’opinione. Bennett e Iyengar evidenziano come la frammentazione dell’audience unitamente alla proliferazione dei canali aumenti le occasioni di consumo di contenuti coerenti con attitudini preesistenti. L’ampia disponibilità di offerta informativa produce un effetto di diversificazione centrifuga che rende “più sensibile” la sfera comunicativa, producendo così una sfera comunicativa vibrante che comprende molte possibilità di espressione e di scambio. Questa, secondo Blumler, può associarsi a una condizione di divergenza o incoerenza a seguito della molteplicità delle voci anche grazie all’affermazione dei social media. Ci si trova dinanzi a una crisi comunicativa per la cittadinanza e a una molteplicità di strumenti per l’accesso all’informazione in cui cittadine e cittadini possono sia ricercare contenuti sulla politica che essere raggiunti dalle notifiche. In questo modo, la sfera pubblica contemporanea può essere considerata caotica, ma non può essere data per scomparsa, in virtù del fatto che riflette le caratteristiche delle piattaforme che la ospitano. 9 Il rischio di provare sentimenti diversi in risposta a uno stesso avvenimento è legato al gruppo emotivo di cui siamo entrati a far parte, alla nostra echo chamber. La tendenza spontanea dell’uomo, secondo Sunstein, è quella di costituire gruppi, a sentirsene parte e a distinguere il proprio gruppo di appartenenza da quelli di non appartenenza. Ciò che cambia nel mondo virtuale è l’assenza di imprevisto: l’algoritmo non ci consente di imbatterci in qualcuno o qualcosa totalmente distante da noi che, invece, nella vita reale, potrebbe affascinarci e indurci a cambiare opinione. Se le emozioni sono in grado di ridurre le ineguaglianze nella formazione dell’opinione pubblica, ciò dipende da diversi fattori: dal modo in cui le emozioni vengono esperite, ossia dal “capitale emotivo” dell’individuo e dal suo ruolo nel gruppo; dalla struttura sociale in cui si è immersi; dalla diffusione e dall’uso consapevole dei media digitali, che possono farsi ugualmente amplificatori di sentimenti polarizzati o silenziatori delle opinioni minoritarie. 5.4 Conclusioni La centralità delle emozioni rispetto all’opinione pubblica emerge a diversi livelli di analisi degli studi della manipolazione, nelle ricerche sui fenomeni di partecipazione politica o in comportamenti sociali attraverso i digital media. Le emozioni contribuiscono in modo determinante alla valutazione delle realtà, in contrasto ai tentativi di distorsione. È necessario valutare due aspetti peculiari delle emozioni nella sfera pubblica digitale: il primo è l’esposizione costante a emozioni “di seconda mano” provate da altri per noi o da noi stessi per altri in un loop cognitivo- emotivo; il secondo è l’esistenza di opinioni pubbliche differenziate la cui rilevanza per l’emergere dell’interesse collettivo rischia di essere legata alla “voce del più forte”. CAP. 6: LE EMOZIONI NELLO SPAZIO PUBBLICO TRA NECESSITÀ E DISTORSIONE ⇢ CHIARA MORONI ⇠ 6.1 Cognizione ed emozione: prolegomeni La inevitabile commistione tra cognizione ed emozione è stata oggetto di analisi e teorizzazioni. La storia delle emozioni disegna un percorso che, passando per l’individualità percettiva ed emotiva disegnata dalla psicologia e recentemente dalle neuro-scienze, approda a una concezione sociologica delle emozioni intese come strumento sociale e risorsa individuale nel contesto comunitario. • Per Cartesio (1637) la ragione era la maggiore capacità individuale capace di interpretare la realtà, mentre la dimensione delle passioni aveva un valore totalmente negativo. • Spinoza sosteneva che le passioni non sono una devianza della ragione, ma attribuiva al desiderio la funzione trainante di qualsiasi azione dell’uomo. • Hume, Kant e Hegel proponevano una lettura razionale del comportamento umano che non lascia spazio all’espressione dell’emozione nella dimensione pubblica, perché la ritenuta irrazionalità-imprevedibilità delle emozioni rappresenta un pericolo per l’uomo. • Schopenhauer (1818) e Kierkegaard (1855) guardavano alle emozioni come esperienza e risorsa positiva dell’uomo in riflesso alla vita sociale, definendo gli stati emotivi elementi di influenza delle percezioni soggettive derivanti dalle esperienze sociali. • Il tema dell’esperienza come elemento costruttivo delle emozioni, come dimensione soggettuale dell’emozione, nella definizione di Vygotskij (1982), è importante perché attribuisce all’emotività un legame costitutivo con la realtà concreta del quotidiano. • Il soggetto è costituito, secondo la lettura di Simmel (1903), da un fattore razionale e da un fattore emotivo, in un connubio inscindibile che diviene da connotazione del singolo a fenomeno sociale di interazione. Le emozioni permettono di comunicare e, quindi, definiscono e connotano i rapporti sociali in forme dirette di esperienza concreta. La razionalizzazione dell’esperienza emotiva negli schemi sociali di pratica quotidiana sostiene la più recente esperienza di studi psicologici. Il tema centrale è cosa leghi la dimensione cognitiva a quella emozionale. • Joseph Ledoux (2005) parla di una duplice natura delle emozioni condizionata dal contesto esterno e dalla specifica situazione registrata dagli organi sensoriali periferici, una istintuale e immediata, una più lenta e ponderata. • Per Daniel Goleman, famoso per la nozione di “intelligenza emotiva”, ognuno di noi ha due menti: una che pensa, l’altra che sente. Esse interagiscono per costruire la nostra vita mentale. Il rapporto fra emozionale e razione varia a seconda dell’intensità dell’emozione provata, ma vige solitamente un equilibrio tra le due menti che ci consentono di assumere comportamenti efficaci in ogni contesto. • Barbara Rosennwein formula la nozione di “comunità emotive” che sono le stesse comunità sociali (famiglia, quartieri, corporazioni, ecc), ma il ricercatore che le esamina intende soprattutto svelarne i sistemi di emozioni e le modalità di espressione. L’ammissione sempre più esplicita della dimensione emotiva nell’ambito del pubblico ha fatto delle società contemporanee ambienti di interazione centrati sull’emozione. Questa posizione sempre più esplicita apre la necessità di una riflessione sugli effetti che produce in termini di regolamentazione, controllo ed equilibrio dell’azione individuale nello spazio pubblico. 10 Nel definire il concetto di “sentimentalizzazione” della sfera pubblica, si vuole sottolineare un passaggio da una necessaria, endemica e legittima presenza funzionale dell’emozione ad una sovra-eccitazione patologica che trasforma la società in una società emotiva. 6.2 Dall’emozione all’emotività: distorsioni private e sociali Se la logica necessita di esercizio, ripetizione e sistematizzazione, l’emozione ha bisogno dell’esperienza, dell’estemporaneità, dell’originalità. L’imprevedibilità emotiva, in nome dell’ordine sociale, è stata sanzionata in modi diversi nelle diverse società. Le emozioni divengono così oggetto di normazione sociale: mutano al mutare delle regole sociali e delle configurazioni relazionali. La regolamentazione condivisa dell’espressione emotiva nello spazio pubblico rappresenta la soluzione di continuità tra le due dimensioni della vita sociale: la società nei suoi aspetti più razionali e istituzionali, e la socialità nella connotazione emozionale che le è propria. Le società contemporanee hanno in qualche modo derubricato tutti quegli elementi normativi e relazionali che l’uomo ha pensato e realizzato nel corso del tempo per incanalare e governare in un contesto comunitario l’emotività e l’irrazionalità del desiderio individuale. Nelle società contemporanee l’emozione non è solo uno strumento per comprendere e agire socialmente, ma sempre più spesso una chiave di lettura della nostra interpretazione del mondo, diventa una scorciatoia cognitiva per definire il nostro agire, privato e pubblico. Nelle democrazie occidentali, connotate da una spinta individualistica, lo sforzo di liberazione dell’individuo portato avanti degli anni Sessanta doveva riflettersi nella sfera pubblica. Prima il privato si è riempito di politica, sfumando i propri confini nell’interesse collettivo; poi lo spazio pubblico viene abbandonato e l’individuo si è chiuso in una personale ricerca del piacere e della realizzazione personale, anche a discapito del bene collettivo. La tendenza all’emotività sociale è anche frutto del restringimento della dimensione sociale ritenuta significativa dagli individui, fino al dilagare del narcisismo che trascina anche la dimensione pubblica nella funzione di agevolare o non ostacolare il benessere psicologico del singolo. La psicologizzazione della dimensione sociale tende ad essere dominata dal sentire, più che dal comprendere; dall’intuire, più che dallo spiegare. 6.3 La colonizzazione emotiva dello spazio pubblico La cultura del consumo, il benessere diffuso, la soggettivazione del reale e la psicologizzazione dello spazio pubblico sono fenomeni che hanno progressivamente spinto le persone a spostare i propri bisogni dalle esigenze primarie alla soddisfazione dei desideri. I desideri oggi sono bisogni. • Eva Illouz (2006) individua un legame tra emozioni e sviluppo del capitalismo, sostenendo che quest’ultimo va di pari passo con l’affermazione di una “cultura emozionale”. La teorizzazione del legame di iper-emotività sociale e il consumo la porta a considerare le emozioni stesse un bene di consumo, arrivando a coniare il termine emodiy (emotion+commodity): acquistare un bene significa esperire un’emozione. Questo trasforma le emozioni in merci, grazie anche a quegli strumenti digitali di comunicazione che forniscono un palcoscenico universale per la vetrinizzazione di sé e della propria emotività. Gli attori sociali calibrano la propria identità sociale e la propria comunicazione relazionale sulla dimensione emotiva, derogando all’esigenza di un sistema democratico di basare il proprio esistere su certezze cognitive e non su variazioni emotive, contingenti ed effimere. • Il “sentire sociale”, Maffesoli (2009), lo identifica in un’atmosfera che disegna le relazioni e le azioni, data dall’incontro-scontro e il congiungersi di micro e macro-elementi del sociale. Influenza il modo di vivere e di pensare e le relazioni, plasmando lo spirito del tempo corrente. Oggi si è tornati a occupare lo spazio pubblico, ma non sulla spinta di un sentimento collettivo di azione comune verso un benessere che passando per l’individuo diventa condiviso, bensì per mettere in scena un privato il cui agire non ha alcun fine comune, dando vita a un feeling. Il feeling dà vita ad un situazionismo emotivo. Quello che oggi permette l’identificazione in una comunità non è tanto lo “stare insieme” non definito da rapporti utilitaristici e funzionali. Ciò che alimenta la relazione spesso è la necessità individuale di ritrovare la passione originaria della comunanza tra singoli nella dimensione sociale: stare insieme, trovarsi per condividere emozioni, potersi esprimere. La partecipazione sociale intorno a certi temi prevalenti, ma che non ha l’obiettivo di modificare lo status quo, intende dimostrare la propria capacità coagulante, la possibilità di “fare esperienza” attraverso la corporeità emotiva. Accade allora che il politico assuma un’altra veste, che il quotidiano e l’ordinario diventino essi stessi politici, saturino il politico rifinendolo sulla base di altri parametri, su un altro genere di strategie e interazioni. L’emozione come trasfigurazione del pensiero individuale e collettivo trova nella tecnologia digitale luoghi di espressione, coagulazione temporanea, effervescenza condivisa. Come è noto, lo spazio pubblico è dato da un insieme di ambienti (fisico e virtuale) che possono essere complementari e sovrapposti, esso è quindi condizionato e dominato da relazioni che sempre più sottostanno a una dimensione emotiva che è al tempo stesso risorsa e limite delle nuove configurazioni sociali. L’opinione pubblica si lascia condurre nelle dinamiche di combinazione tra la dimensione emotiva del pensiero e quella più razionale, ma il processo di sentimentalizzazione della sfera pubblica radicalizza le opinioni e polarizza le posizioni dei singoli, sia nei gruppi sia nel contesto pubblico generale. Le opinioni pubbliche diventano così emozioni pubbliche: il pensiero diviene emozionale, non si proietta più al di fuori di sé stesso. 11 Il pensiero fatto emozione diviene estemporaneo, fugace, contingente, si alimenta di sé stesso e per questo è sempre più difficile incanalarlo. Il “nuovo” spazio pubblico esclude chi non ne condivide il feeling, l’atmosfera, così come le pratiche, i linguaggi e l’immaginario. CAP. 7: DEMOCRAZIA E OPINIONE PUBBLICA. DAI PRINCIPI CLASSICI AGLI SCENARI FUTURI ⇢ GABRIELE GIACOMINI ⇠ 7.1 Locke e/o Rousseau: somiglianze di famiglia
Come organizzare il potere dello Stato in maniera tale da prevenire derive dispotiche? La prima strada è quella di dividerlo, limitarlo, controllarlo. La seconda è quella di entrarci, abitarlo, esserne parte, partecipare. Sono sue grandi prospettive, la prima minimalista, liberale e rappresentativa; la seconda minimalista, repubblicana, dialogico-deliberativa. Il capostipite del primo approccio è Locke, teorico della preminenza dei diritti individuali, della divisione dei poteri poi sviluppata da Montesquieu. È una teoria rappresentativa che ritiene la necessità degli individui di delegare i diritti politici a un governo che possa esercitarli. Questo approccio ha avuto fortuna nella misura in cui ha caratterizzato le democrazie come “liberali”, e questa visione è stata condivisa anche da pensatori come • Schumpeter, 1954, democrazia come competizione tra élite; • Bobbio, 1984, democrazia caratterizzata da principi e procedure che stabiliscono chi e come è autorizzato a prendere le decisioni; • Dahl, 1998, nelle nostre poliarchie il potere si distribuisce fra una pluralità di soggetti politici. Il più iconico esponente della seconda prospettiva è Rousseau (1762), secondo cui la sovranità popolare non può essere delegata, se non per compiti meramente esecutivi, limitati e revocabili in qualsiasi momento. Sottolinea, inoltre, l’importanza di una partecipazione effettiva e continua dei cittadini, andando oltre al momento elettorale: una “democrazia partecipativa” attraverso un percorso auto-pedagogico ed emancipativo. L’approccio non minimalista alla democrazia ha avuto, nel Novecento, sviluppi teorici che lo hanno sviluppato, in parte discostandovisi. • Secondo Habermas, le decisioni democratiche sono valide in quanto adottate a seguito di una procedura che risponde al criterio di consenso razionale dei cittadini. La democrazia è, quindi, la realizzazione di procedure di scelta che danno a ciascuno eguale voce e possibilità di partecipazione. • Per Schumpeter la democrazia è intesa come una pratica discorsiva volta a raggiungere il consenso più ampio possibili. • Un “operativizzazione” del discorso è stata proposta da Fishkin (1995) con la sperimentazione della “democrazia deliberativa”. In realtà, famiglie minimaliste e non minimaliste sono più vicine di quanto non possa apparire e questo perché si intersecano proficuamente nelle democrazie liberali. Questo ci porta a una caratteristica fondamentale della democrazia trasversale ai due approcci: il cuore della democrazia sta nel “collegamento” fra cittadini (legittimati) e istituzioni (legittimate), collegamento che si manifesta iconicamente nelle votazioni, ma nasce e cresce nel grembo della sfera pubblica. 7.2 Trasformazioni: dalla crisi dei partiti ai neointermediari Per capire una democrazia che nello spazio e nel tempo non è mai stata “uguale a sé stessa”, è necessario concentrarsi su tre vettori di cambiamento recenti: crisi dei partiti e partecipazione, dis-intermediazione nella sfera pubblica e qualità del discorso pubblico. Negli ultimi decenni si è concretizzata la “crisi” dei partiti di massa che si riflette nella loro capacità di organizzare e rappresentare le opinioni dei cittadini. I partiti si sono indeboliti e la militanza è diventata da permanente a occasionale: il declino diventa visibile tra gli anni Settanta e Ottanta. Un segnale di distacco dai partiti e dalla politica si può rintracciare anche nella capacità dei partiti di coinvolgere i cittadini nelle loro attività, riscontrando una emorragia degli iscritti, e quindi a pensare a “partiti senza membri”. È cambiato il rapporto fra i partiti e gli elettori: dai partiti di massa, con una forte ideologia e un preciso radicamento sociale, si passa a nuovi partiti “pigliatutto”. I cittadini si riconoscono in una determinata visione del mondo e guardano i fatti con gli “occhi del partito” – si passa si floating voters ai ticket splitters, ovvero elettori disponibili a cambiare spesso partito. Con la “medializzazione” della politica, i partiti si “leaderizzano”, la politica si spettacolarizza, il rapporto fra i dirigenti e base assume uno stile più “plebiscitario”. • Il concetto di “democrazie del pubblico” di Manin, coniato negli anni Novanta, riassume la transizione dalla classica rappresentanza alla relazione “diretta” fra leader e opinione pubblica, scavalcando, attraverso i media, le intermediazioni partitiche tradizionali. Da un lato emergono i partiti personali 2.0 che esasperano le caratteristiche del partito leaderistico in una sorta di climax ascendente. Le tecnologie digitali permettono al capo del partito di “surfare” sulle onde dell’opinione pubblica (e del consenso) grazie alle potenzialità di profilazione permesse dai big data e dall’IA. Alcune sperimentazioni tentano di strutturare i “partiti piattaforma”, dai riferimenti rousseauiani, che cercano di “incorporare” nel loro funzionamento, attraverso piattaforme di partecipazione, l’espressione dell’opinione. 14 • De la Torre (2017) ha parlato di tre tipi di populismo: classico (anni ’30-’40); neoliberale (anni ’80- ’90) e radicale (anni 2000). Ci sono diversi tipi di dimensione del populismo: la dimensione materiale, ossia la distribuzione delle risorse statali per cui il populismo è stato associato al debito pubblico; la dimensione politica, tesa a radicalizzare la democrazia anche attraverso forme di partecipazione digitale; la dimensione simbolica che allude all’esistenza dell’antagonismo tra popolo ed élite. È necessario distinguere anche tra populismi rivendicativi e populismi identitari: i primi sono primariamente inclusivi, premono per moltiplicare le opzioni accessibili alle donne e agli uomini, anche a rischio di sovraccaricare la finanza pubblica, i secondi rinserrano legature, sono esclusivisti, mantengono la comunità politica di riferimento un orientamento distributivo, corporativo e assistenziale. I due tipi di populismo poggiano su due dimensioni salienti: quella socio- economica, o di livello di vita e relativa ai problemi dell’uguaglianza, e quella culturale-comunitaria, legata al problema dell’identità e della sicurezza. 8.3 Sfera pubblica: la storia di uno spazio discorsivo e di partecipazione Sfera pubblica viene da Öffentlichkeit, indica lo spazio politico che stava nascendo in Germania in cui i cittadini avevano iniziato a sottrarre al potere l’esclusiva nel governo dei loro interessi, per prenderli in carico collettivamente, il che ha implicato la pubblica argomentazione razionale. Indica il discorso che matura in uno spazio intermedio tra il pubblico, come sede del potere politico e di interessi collettivi, e il privato, come area della produzione e riproduzione degli interessi e degli orientamenti individuali. Si può definire la sfera pubblica come lo spazio pubblico della critica e dell’argomentazione razionale in cui gli impulsi della società civile vengono elaborati e rappresentati alla sfera del potere politico e in cui le azioni del potere politico vengono sottoposte al vaglio del giudizio. Un primo presupposto è che la sfera pubblica sia aperta a tutti, senza distinzioni di censo, cultura e genere. È pressoché impossibile far valere meccanismi di esclusione. Quando gli ambiti e i criteri della comunicazione inter- soggettiva e dell’agire sono volti all’auto-comprensione, i cittadini possono esercitare pienamente la loro uguaglianza e sovranità. Le sfere pubbliche liberali implicano diritti di eguaglianza e d’inclusione illimitata, tali da impedire meccanismi selettivi e da fondare un “potenziale di auto-trasformazione”. Un secondo aspetto rilevante è che, fin dalla nascita dello Stato moderno, öffenlichkeit rinvia al principio di rappresentanza. Rappresentare significa rendere visibile, rendere evidente a qualcuno. La sfera pubblica è allora lo spazio pubblico non solo nel senso che tutti vi possono prendere parola, ma anche nel senso di visibile e controllabile da tutti. Il populismo è intrinsecamente incompatibile con la sfera pubblica perché introduce un corto circuito nel processo democratico, infine, taglia le forme di mediazione istituzionale, ridotte al rapporto diretto e immediato, grazie anche alle tecnologie del digitale, col leader. • Per Habermas, la sfera pubblica istituzionalizza discorsi volti a risolvere questioni di interesse generale solo se vi si realizza un “agire comunicativo”. La sfera pubblica risulta, quindi, “strumento procedurale” che può sempre attivarsi e tramite cui unificare di volta in volta aspetti di un mondo della vita irreversibilmente differenziato. Habermas ridefinisce la tipografia del processo politico. Il “centro” è visto come un sistema multipolare di governo organizzato poliarchicamente, dove stanno parlamento, governo, sistema giudiziario, ecc. La “periferia interna”, è composta da associazioni e fondazioni, università, gruppi di esperti che amministrano il potere delegato dallo Stato. La “periferia esterna”, che coincide con la sfera pubblica e ha il ruolo di articolare i problemi dal basso e portarli all’attenzione del centro, è a sua volta strutturata in senso verticale in: 1) Sfera pubblica effimera o episodica, costituita da discussioni informali e casuali; 2) Sfera pubblica organizzata, si forma in una riunione di un partito, a teatro, in una manifestazione religiosa; 3) Sfera pubblica astratta, istituita da mezzi di comunicazione, caratterizzata dalla separazione spazio-temporale del pubblico. • Anna Arendt definiva l’esperienza populista come un’esperienza interna della democrazia, ma essa coinvolge in vero anche la periferia esterna attivandola attraverso un ruolo ambivalente: quale voce delle domande escluse – i reclami di Laclau – e quale dispositivo retorico di uso della sfera pubblica per costruire identità antagoniste, basate sull’immedesimazione con il leader. • Manin (2010) ha individuato tre tappe evolutive del governo rappresentativo: parlamentarismo, democrazie dei partiti, democrazie del pubblico o dell’audience. L’ultimo passaggio è importante perché ora il pubblico è fluido a tal punto che diviene sempre più difficile considerarlo ancorabile ad aggregazioni sociali capaci di interpretarne le domande. In secondo luogo, perché una delle conseguenze di tale trasformazione è l’“aggravamento” della distanza tra governanti e élite al governo. La differenziazione politico-economica, della razionalizzazione burocratico-legale e della mediatizzazione della società, la forza critica della sfera pubblica si indebolisce e le possibilità di discorso della società civile vengono mediate da altri attori, così come le sue capacità di elaborazione autonoma delle issues. 15 I media, rafforzando il distanziamento tra autore e fruitore della comunicazione, iniziato con la stampa, trasformano la rappresentanza in rappresentazione e delineano i “ruoli degli attori che salgono sulle arene e si contrappongono ai ruoli degli spettatori in galleria” (Habermas). In questo scenario, le ondate populiste potrebbero essere lette come la rivolta degli “spettatori in galleria”. Tuttavia, la “voce” del popolo, del pubblico, finisce per polarizzare il dibattito e configurare una sfera pubblica monolitica nei contenuti e mono-direzionale nel processo irradiandosi dall’autentico e unico rappresentante del popolo: il leader populista. Nello spazio pubblico si proiettano le soggettività di un io ipertrofico: sentimenti, pulsioni e desideri fino a quel momento appartenenti alla sfera privata. La pubblicità perde la sua funzione critica a favore di quella dimostrativa e anche le discussioni parlamentari diventano show. Gli argomenti si risolvono in contrassegni svincolati dai problemi e orientati e generare identificazioni. Viene a galla la dimensione latente dell’identità, tendente a perseguire interessi di parte. Si sviluppa un sentimentalismo verso le persone e un corrispondente cinismo verso le istituzioni che limitano la capacità di un dibattito critico. 8.4 Conclusioni Il populismo si pone come progetto politico diretto a “vivere e determinare gli eventi direttamente”, ma al tempo stesso costituisce una promessa illusoria. La mobilitazione del “populismo autentico” costituisce un “ruido” che segnala una crepa nella democrazia contemporanea; l’effetto della dis-identificazione e, più che altro, l’illusione spettacolare e spettacolarizzata di partecipazione diretta. Si genera il paradosso democratico da cui siamo partiti: un demos evocato, ma senza kràtos. Si affievolisce la cittadinanza attiva tesa a costruire una cittadinanza collettiva e al suo posto di instaura una cittadinanza passiva rancorosa, rivendicativa, segno dell’entropia della democrazia. Al vuoto, il populismo reagisce con il sogno di ritrovare l’energia e la comunità perduta, un’operazione capace di elevare l’oggetto perduto a posta in gioco della militanza e del conflitto per l’egemonia del leader. Se la sfera pubblica delle origini era nata opponendosi a uno, il Re, rifiutando ogni personalizzazione del potere e fondando il dominio sugli istituti della rappresentanza, il populismo risponde alle crisi innalzando un solo individuo a ideale della rappresentanza. Un popolo elevato a rango di mito e dal suo leader. La democrazia cessa di essere un bi-motore, il che la rende qualcosa di diverso e di meno-democratico. CAP. 9: DISCORSO D’ODIO E OPINIONE PUBBLICA ⇢ RAFFAELLA PETRILLI ⇠ Il discorso d’incitamento all’odio (hate speech) è una presenza costante nella comunicazione pubblica dei regimi democratici. 1) Es. Post Facebook del 3 febbraio 2018 rivolto alla Presidente della Camera Laura Boldrini, l’attacco scritto era seguito da un fotomontaggio che mostrava la testa decapitata della Presidente. Si parla di una rappresentazione verbale della distruzione dell’altro ed è una pratica sollecitata dal discorso dell’incitamento all’odio perché consiste nel colpire il target nel suo ruolo di attore nella sfera pubblica, cioè di parlante. In sostanza, l’odiatore vuole eliminare simbolicamente l’altro dalla sfera pubblica, riservandogli la posizione del “muto”. Lo hate speech produce danni anche solo restando in forma di parola, danni individuali psicologici nelle vittime dell’odio e danni sociali, poiché la forza discriminatoria e intollerante dell’incitamento all’odio introduce nella sfera pubblica fratture e conflitti non argomentabili: la distruzione dell’avversario non può essere considerato un argomento. Ciò che è nuovo è l’accettazione benevola nei confronti del pensare e parlare emotivi, che porta a una conseguenza problematica: la difficoltà a distinguere i “limiti” delle emozioni. È difficile distinguere le molte, “normali” e legittime forme della polemica pubblica, dalla comunicazione intollerante e discriminatoria che è invece sempre legittima perché rivolta esattamente contro la libertà di parola. 2) Es. Post 2018 di Meloni contro fondamentalismo e integralismo islamico; 3) Es. Post 2018 di Meloni su femminicidio; 4) Es. Commento Facebook 2022 contro green pass e Draghi; 5) Es. Post 2018 di Salvini su immigrati; 6) Es. Commento Facebook 2022 contro l’estrazione sociale di – suppongo – Calenda. La risposta più frequente è cercare quel limite nei target, e cioè stigmatizzando come hate speech soltanto le aggressioni verbali contro categorie di persone identificate dalle “caratteristiche sensibili” che la democrazia ha imparato a difendere come “diritti della persona”.
Lo hate speech trova sempre nuove caratteristiche sensibili da colpire, come l’essere maestri di scuola, medici, infermieri, giornalisti o scienziati. I casi di intolleranza verbale non sembrano limitanti a un elenco chiusi di target e il fenomeno di hate speech resta però “inafferrabile”, al di là dei suoi aspetti contingenti e variabili. L’atto verbale di incitamento all’odio è riconoscibile per la sua tipica struttura linguistico-enunciativa, che lo distingue da altri discorsi polemici o emotivi. 16 9.1 Che cosa sappiamo sullo hate speech Il discorso dell’odio è delimitato da quattro solidi paletti: I) Il primo paletto è la convinzione che esso segnali la “decadenza” della comunicazione pubblica, avvertendoci che abbiamo “disimparato a comunicare” (Perri 2015; Mancini 2019). L’idea di decadenza porta con sé l’idea implicita di una età dell’oro e racconta la storia di una comunicazione pubblica che ha conosciuto una condizione ottimale. Habermas, però, ha avvertito che la comunicazione razionale è un “tipo ideale” atto a fotografare solo una parte delle dinamiche complesse che investono le società moderne. Il punto di riferimento positivo iniziale su cui misurare la decadenza attuale dello spazio pubblico sembra essere soprattutto una costruzione concettuale. II) Il secondo paletto riguarda l’agente guastatore, identificato di norma nella tecnologia informatica. La “volgarizzazione del linguaggio”, lo “sdoganamento del linguaggio scurrile” sarebbero innescati dalla rivoluzione informatica che permette forme di comunicazione non mediata, veloce e “su scala globale”. Rimane irrisolto il problema della circolazione di discorsi d’incitamento all’odio nella contemporaneità pre-informatica. III) Un terzo paletto è il diritto. L’interesse verso i fenomeni di hate speech si è acceso circa trent’anni fa sui danni provocati dal linguaggio razzista a partire dalle osservazioni formulate dalla giurista statunitense Mary J. Matsuda nel 1989. Il tema sollevato da Matsuda ha dato origine a una letteratura rigogliosa sul “danno” provocato dal discorso pubblico d’odio e sulle sanzioni più appropriate, che ha coinvolto praticamente tutte le branche del diritto. Il fatto che il discorso d’odio è un comportamento verbale da una parte, dall’altra gli effetti negativi che sanzionare un comportamento soltanto verbale potrebbe avere sulla libertà di espressione hanno reso molto difficile identificare le fattispecie sanzionabili del presunto reato di hate speech. IV) Il quarto paletto riguarda l’aspetto verbale dello hate speech. Ci sono segnali linguistici che permettano di riconoscere con sicurezza il discorso d’odio? È citare il lessico dell’odio, l’insieme degli epiteti denigratori, parole offensive, insulti e le parole che contengono nel loro senso una valutazione “ostile”. 9.2 La definizione pragmatica di hate speech Lo hate speech deve avere una struttura ben precisa: a) L’espressione che nomina una modalità di esclusione; b) Il riferimento esplicito al parlante-hater assicurato dai pronomi io-noi; c) Il riferimento esplicito al target da escludere assicurato dai pronomi lei/lui-loro; d) Il riferimento esplicito all’interlocutore incitato a condividere l’esclusione del target, assicurato dai pronomi di seconda persona tu, voi, noi. I quattro punti indicano i quattro componenti della struttura enunciativa dell’incitamento all’odio. Lo hate speech verte su contenuti variabili (schieramento politico, differenze etniche, di genere, sociali, ecc); dichiara l’esclusione (tacere, sparire, morire, isolamento civile, ecc); e rappresenta sempre tre persone (il parlante-hater, l’interlocutore incitato e il target dell’esclusione). Il primo risultato della definizione enunciativa dello hate speech è riuscire a distinguere il discorso d’odio dal semplice discorso “polemico”, che si rivolge sempre all’altro, e quindi parla con lui, anche se soltanto per insultarlo. La polemica mantiene aperto il canale della discussione inters-oggettiva. 7) Es. Post FB 2018 di Meloni su Renzi-Alfano; 8) Es. Commento su Renzi, renzismo e renziani. 9.3 Il discorso dell’odio e il linguaggio ordinario Quello dello hate speech è sempre un discorso non-descrittivo. Chi lo legge non riceve alcuna informazione precisa sull’oggetto della discussione. Il riferimento non-descrittivo è indispensabile ai discorsi d’odio, tanto quanto le componenti strutturali; il discorso di incitamento all’odio esprime ma non descrive. Esprime il punto di vista del parlante, evitando però accuratamente di metterlo in dubbio al confronto con i dati della realtà. In questo senso, lo hate speech è sempre costruito usando il “linguaggio ordinario”. Il linguaggio ordinario è lo strumento che permette l’attività verbale non descrittiva, che riferisce cose e fatti senza alcuna precisione. L’indeterminazione semantica del linguaggio ordinario è una antica conoscenza degli analisti del linguaggio, permette di esprimere punti di vista, allusioni, emozioni, ma non di descrivere. È antico anche lo sforzo di costruire strumenti espressivi per descrivere cose o fatti in modo univoco. Il linguaggio descrittivo è nato tardi, quando si è capito di poter fissare un solo significato per i nomi di cose e eventi; è un linguaggio che non sostituisce il linguaggio ordinario. La sfera pubblica democratica, il luogo dello “scambio di opinioni che si verifica quotidianamente sui media e nelle sedi del confronto politico”, ha bisogno dei propri linguaggi descrittivi. Un enunciato dichiarativo è una formulazione linguistica che ha due caratteristiche: è dotata di senso compiuto; dichiara qualcosa di determinato. Non è facile mettere da parte il linguaggio ordinario con il suo alto tasso di naturalezza, imprecisione e emotività; poi perché non è semplice imparare a usare le regole del linguaggio descrittivo. È un linguaggio convenzionale stipulato da esperti, impegnativo da apprendere e da usare quando non si possiedono le medesime competenze. 19 10.3 Brexit e integrazione europea La Brexit è una tappa iniziata il 23 giugno 2016 con il referendum consultivo e terminata alla fine del 2020. L’impatto della crisi del 2008 aveva accresciuto notevolmente l’influenza dei politici britannici favorevoli alla Brexit. • Nello studio di Paul Claval (2019) che analizza il contesto dell Brexit, l’integrazione e la disintegrazione dell’Europa come progetto e realtà economica e politica è considerato un processo democratico spaziale e l’opinione pubblica è al centro di tale processo. Secondo alcuni studi di psicologia sociale, nel processo della Brexit, l’identificazione e la categorizzazione oppositiva noi/loro è centrale nella formazione di queste opinioni. • Le analisi di Kesi Mahendra (2018) si concentrano sulle possibili depolarizzazioni dell’opinione pubblica. Comprendere le capacità multi-posizionali, l’abilità dialogica del pubblico di orientarsi verso l’Altro in modi non oppositivi e l’interazione tra le narrazioni del mondo del sé e le narrazioni dell’integrazione europea, è una via di depolarizzare l’opinione pubblica e rappresentare socialmente il dialogo pubblico sull’Europa. • Nello studio del 2020 di O’Dwyer, la percezione del disaccordo politico e del clima di opinione sono centrali per la comprensione che le persone hanno del proprio impegno nei processi politici. Il clima di opinione può alterare la modalità di partecipazione politica e sottolinea come la relazione tra meta- rappresentazioni e azione politica sia mutevole e dialogica. 10.4 Pandemia e “rally round the flag effect” Con l’avvento di SARS-CoV-2 in Italia, sin dai primi giorni lockdown di marzo 2020, gli studiosi delle scienze sociali iniziano a riflettere sulle conseguenze di Covid-19 anche indagando l’evoluzione dell’opinione pubblica per far emergere le relazioni tra insicurezza, atteggiamenti nei confronti delle istituzioni e accettazione degli italiani delle restrizioni alle libertà civili. Altre analisi, invece, si concentrano sui cambiamenti dell’opinione pubblica sui temi socio-politici più rilevanti. Vi è un effetto della pandemia molto presente nelle analisi delle dinamiche d’opinione in contesti politico-elettorali, il “rally round the flag effect”, un dato che “sottolinea come la reazione dei cittadini alle crisi sia prevalentemente emotiva, guidando il Paese verso un clima d’opinione pubblica causate dalla pandemia. È necessario sottolineare il forte dibattito che ha contrapposto le posizioni della scienza alle credenze pseudoscientifiche e alle teorie complottiste. Dall’inizio della pandemia si è parlato di un’opinione pubblica divisa sulla comunicazione di scienziati esperti, sulla diffusione delle fake news con conseguente confusione dell’opinione pubblica, sul ruolo dei social network nella diffusione dell’informazione e della disinformazione, soprattutto per quanto riguarda l’impatto sulla polarizzazione dell’opinione pubblica circa l’obbligo vaccinale. La moltiplicazione delle opinioni che corrono ad alta velocità procura un aumento del “barometro del populismo” e la diffusione della “teoria della cospirazione”. La pandemia è stata letta anche come acceleratore di cambiamenti già in atto negli spazi e nelle forme della partecipazione politica e dei processi di formazione ed espressione della pubblica opinione; dimensioni in cui “è impossibile ignorare le possibilità offerte dai network digitali al cambiamento sociale e alla formazione di un’opinione pubblica transnazionale”. 10.5 La guerra iper-mediatizzata in Ucraina In un primo momento, gli italiani, stringendosi attorno alla bandiera dell’Ucraina, sospendono – per un momento – la polarizzazione dell’opinione pubblica legata ai riferimenti internazionali. A metà maggio il divario crescente tra i gruppi “di giustizia”, ovvero quelli che ritengono urgente punire la Russia, e i gruppi “di pace”, ovvero le persone che vogliono che la guerra finisca il prima possibile.
 In questo caso si incrina il rally round the flag effect che ha dato vita a nuove articolazioni del dibattito come quella dei pacifisti “filo-putiniani” contrapposti a Occidente, USA e NATO. La crisi in Ucraina ha posto al centro del dibattito pubblico la geopolitica e, di conseguenza, gli studiosi della disciplina che hanno fornito analisi e spunti di riflessione anche sul ruolo delle opinioni pubbliche nel conflitto. Le opinioni pubbliche occidentali sono sensibili alla narrazione mediatica del conflitto, al coinvolgimento dei leader politici soprattutto attraverso l’uso dei social network. In Russia, invece, “l’impatto dei media è relativo, considerato che l’opinione pubblica russa conta relativamente. È importante l’impatto che ha sugli apparati, ministeri, gruppi di potere intorno a Putin”. L’iper- mediatizzazione della guerra in Ucraina ha sviluppato un ambiente comunicativo che acuisce in modo pericoloso il carico emotivo riservato su un’opinione pubblica messa sotto pressione, riflettendosi sulla stessa azione dei governi. 10.6 Riflessioni conclusive: gli itinerari principali Nel 2008 la crisi innesca una serie di riflessioni su elementi che saranno ripresi da studi e dibattiti nelle tappe successive: la sfera pubblica (europea), l’opinione pubblica (europea), l’ambiente dei media. Il processo di integrazione europea con tutte le sue declinazioni è la issue che stimola maggiormente gli studi sull’opinione pubblica indagata nella sua dinamicità anche attraverso approcci socio-cognitivi e di psicologia sociale. Il ruolo delle emozioni nelle dinamiche di opinione è amplificato dalla dimensione comunicativa sempre più mediatizzata e ibrida. 20 L’ambiente comunicativo non solo è un fattore determinante negli studi e nelle idee emerse nella nostra ricerca, ma costituisce la trama dell’intera mappa – mappa in cui si innestano anche la disinformazione, le fake news e il complottismo. Le tappe/evento caratterizzate da tensioni, crisi e conflittualità che sembrano orientare gli approcci più recenti per affrontare il tema dell’opinione pubblica, conducono al punto di partenza del nostro atlante, al “sistema di forze e tensioni” di cui parlò Pierre Bourdieu mezzo secolo fa. CAP. 11: OPINIONE PUBBLICA: IL CASO DELLE AUDIZIONI SULL’ASSALTO AL CONGRESSO DEL 6/11/2021 ⇢ FABRIZIO TONELLO ⇠ 11.1 L’audience televisiva Attraverso l’evento della copertura televisiva delle audizioni di una commissione di indagine sull’assalto alla sede del Congresso da parte di sostenitori del presidente Donald Trump, il 6 gennaio 2021, si intende sostenere la tesi che oggi, negli Stati Uniti, non esiste una sola opinione pubblica, ma almeno tre che fanno riferimento a ecosistemi informativi diversi, a riferimenti politici e valoriali diversi. L’inchiesta parlamentare, dunque, avrebbe dovuto attirare un pubblico particolarmente vasto. In effetti le audizioni hanno avuto una vasta audience, in particolare la prima e l’ultima. 11.2 Televisione e indagini del Congresso Risale al 1951 il primo esempio dell’impatto della televisione sul dibattito politico degli Stati Uniti, all’epoca si trattò di una commissione d’indagine sul crimine organizzato guidata dal senatore Estes T. Kefauver. Si stima che 30 milioni di persone abbiano assistito ai procedimenti in diretta. Altre audizioni avvincenti andarono in diretta nel 1954, si trattava delle indagini promosse da Joseph R. McCarthy, senatore noto per la sua caccia alle streghe contro i comunisti e sindacalisti. Il terzo momento chiave fu nel 1973, quando iniziarono le udienze sul caso Watergate, il palazzo di uffici dove aveva sede il quartier generale del Partito Democratico, conclusa con l’arresto di cinque malviventi, alcuni legati al comitato per la rielezione di Nixon. Fu la televisione il fattore decisivo nel rendere inevitabili le dimissioni di Richard Nixon, nell’agosto 1974. Questi tre episodi avvennero all’interno di un ecosistema informativo simile: unidirezionale (non era consentita alcuna interazione fra i fruitori), fortemente gerarchico (al vertice del sistema, a fare da gatekeeper, c’erano tre istituzioni: CBS, Nwe York Times e lo Wall Street Journal), economicamente potente (gli introiti pubblicitari dei grandi media erano ricchissimi). 11.3 Il nuovo ecosistema informativo e il format delle audizioni L’ecosistema informativo in cui hanno avuto luogo le audizioni del 2022 era molto diverso da quello delle audizioni passate: multi-direzionale, fortemente caotico, economicamente fragile, benché al suo centro rimanga la televisione. Il broadcasting è stato sconvolto prima dalla disponibilità di siti, blog e altri strumenti di comunicazione online e poi dalle piattaforme di condivisione online. Nel nuovo ecosistema, la comunicazione viaggia in tutte le direzioni e rimbalza da un supporto all’altro in modi imprevedibile. Il caos comunicativo è connotato da una forte frammentazione politica. Democratici e indipendenti seguono New York Times, Washington Post, CNN, MSNBC; i Repubblicani sono fedeli a Fox News, Breitibert Nwes, Newsmax. Circa 55 milioni di americani hanno seguito in tutto o in parte le trasmissioni delle audizioni parlamentari del 2022; ne restano fuori almeno 285 milioni. La scelta più politicamente importante nell’organizzazione degli hearings è stata quella di affidare il ruolo di conduttrice delle audizioni a Liz Cheney, repubblicana ma ferocemente anti-Trump. La sua posizione contro Trump, “minaccia per la democrazia”, ha permesso alla commissione di rafforzare la propria credibilità come strumento di indagine bipartisan. Nella prima audizione, il 9 giugno 2022, la commissione ha presentato un video di 10 minuti con riprese inedite dei manifestanti che si facevano strada all’interno del Campidoglio dopo durissimi scontri con la polizia. Il 23 giugno l’audizione si concentrava sul fatto che Trump e i suoi sapevano benissimo di mentire quando sostenevano che le elezioni presidenziali del novembre 2020 erano state “rubate” dai democratici. Il cloud della serie è stata l’audizione del 28 giugno quando la commissione, a sorpresa, ha portato a testimoniare un ex assistente della Casa Bianca, Cassidy Hutchinson. La sua testimonianza si è concentrata sule conversazioni avute con alti funzionari dell’amministrazione prima e durante gli eventi del 6 gennaio 2021, raccontando che Trump era al corrente della presenza di uomini armati tra la folla dei suoi sostenitori. 11.4 Cattive notizie e (dis)interesse per le news I contenuti giornalistici hanno registrato un forte calo di interesse nel 2021 e nella prima metà del 2022 su tutte le piattaforme. Solo tre notizie entravano nella classifica delle dieci più cercate su Google: le elezioni per il Senato in Georgia, la sentenza di assoluzione nei confronti di Kyle Rittenhouse e il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Nel 2022 gli spettatori delle tre principali reti di informazione via cavo sono diminuiti in media del 19% in prima serata nei primi sei mesi dell’anno rispetto alla prima metà del 2021. Il cosiddetto engagement nei confronti degli articoli di cronaca è crollato negli ultimi sei mesi: -50% rispetto alla prima metà del 2021. I dati di un’inchiesta del Reuter Institute sembravano mostrare che gli americani si erano stancati del ciclo infinito di “cattive notizie”: nel 2022, il 42% di loro dichiarava di evitare talvolta o spesso le notizie, rispetto al 38% del 2017. 21 Uno zoccolo duro di circa quattro cittadini su dieci semplicemente non vuole sapere. Circa l’80% dei Democratici seguiva, magari saltuariamente, le audizioni della Camera, mentre fra i Repubblicani la percentuale era soltanto del 40%. Durante le audizioni la divisione del Paese e la confusione delle opinioni permanevano: il 55% degli elettori dichiarava che le udienze non erano condotte in modo equo e il 44% confermava la sua fiducia nello stesso Trump come leader. 11.5 Conclusioni Le rivelazioni sul golpe del 6 gennaio avrebbero dovuto terremotare da cima a fondo il sistema politico, condannando l’ex presidente e il suo partito alla morte politica e a pesanti conseguenze giudiziarie. Non c’è dubbio che nell’ecosistema informativo unidirezionale e gerarchico durato fino agli anni Ottanta questo sarebbe successo. Nella situazione di oggi non è accaduto per molte ragioni, ma anche perché è sempre più difficile distinguere lo spettacolo dalla realtà, o meglio: a molti americani non importa più del fare lo sforzo di distinguere. L’ecosistema informativo degli Stati Uniti è caratterizzato dalla frammentazione: una maggioranza relativa di cittadini non segue le notizie politiche e il resto dei cittadini si divide in due blocchi di dimensioni simili che hanno una “dieta mediatica” del tutto differente. I tre gruppi non sono del tutto impermeabili fra loro: qualche opinion leader cambia idea, qualche altro viene screditato o citato, ma nel complesso il sistema regge. Gli Stati Uniti, prima ancora di essere politicamente divisi, lo sono geograficamente, emotivamente e culturalmente. L’ecosistema informativo riflette questa realtà. CAP. 12: LA POST-OPINIONE E LE SUE TANTE VERITÀ ⇢ BENEDETTA BALDI ⇠ 12.1 La realtà come rappresentazione
La questione della post-verità richiama la tradizione ermeneutica del Novecento, nella quale la verità coincide con un processo linguistico e retorico. Il mondo e i suoi fatti, da una parte, il nostro universo cognitivo, le nostre emozioni e le nostre credenze, dall’altra. Le parole introducono e modificano il mondo reale mentre lo rappresentano. • Lippmann rende esplicito questo delicato nesso, ricordando che “ciò che l’individuo fa si fonda non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli si forma o che gli vengono date. La necessità di uno sforzo interpretativo rispetto alle notizie caratterizza la relazione tra pubblico e media di massa fin dal loro ingresso nel panorama della comunicazione: l’immaginario sostituisce la prospettiva reale proponendosi così la dicotomia tra la verità e il discorso che la vuole rappresentare. Lippmann parla di pseudo-ambiente e di stereotipi di realtà. Quello che la nostra cultura ha già definito per noi, e tendiamo a percepire quello che abbiamo trascelto nella forma che la nostra cultura ha stereotipato per noi. In genere, il linguaggio politico, il linguaggio di potere, si fonda sulla necessità di un processo interpretativo da parte del destinatario. Vi è una natura essenzialmente psicologica dell’attuale maniera di esercitarsi del potere in quanto sfrutta il potenziamento cognitivo del singolo favorito dalle nuove tecnologie digitali. La sua propensione a identificarsi con il mezzo tecnologico ne ottimizza i comportamenti sociali. • Parlare è creare mondi, universi simbolici e richiamare significati collettivi, Chilton richiama il fatto che sono i comuni costrutti concettuali che, in particolare nel discorso politico-persuasivo, permettono all’emittente e al ricevente di capirsi, di condividere idee, valori, comportamenti e il diffondersi delle opinioni. L’inganno cognitivo nascosto nella pretesa di ridefinire la realtà si basa comunque su ciò che è già sentito dalle persone e incluso nel loro universo simbolico. In questa prospettiva, il discorso politico e lo stesso uso di un linguaggio maleducato, violento, volgare da parte di attori pubblici, rispondono alla logica della rappresentazione di un’immagine del mondo e della realtà che viene portata a livello di coscienza. Le affabulazioni moralistiche e i turpiloqui degli attori politici sono il più immediato espediente retorico di rottura con i valori del vivere civile, un vero appello ai sentimenti condivisi. È la post-verità quella che viene evocata, un mondo sostitutivo di quello reale, perché interpretabile, leggibile, nei termini dei pregiudizi e degli stereotipi dell’opinione pubblica, per cui i fatti oggettivi sono meno influenti degli appelli a emozioni e credenze personali nel formare l’opinione pubblica. La post-verità, in una relazione di continuità con il più estremo fenomeno delle fake news, storicizza gli eventi, ma appunto non nel loro reale sfondo, quanto invece in uno sfondo alternativo, quello necessario all’attore politico. (Esempi su letteratura sulla seconda guerra del Golfo, Iraq, terrorismo islamico di Al Qaeda e Torri Gemelle). Gli ingredienti della paura sono, quindi, l’esistenza della minaccia e il non conoscerne tutti gli aspetti. Due proprietà basiche della paura e delle politiche che la utilizzano. L’indebolimento della distinzione tra la realtà e la finzione è stato sicuramente amplificato negli ultimi vent’anni dalla real tv e dai social che hanno vetrinizzato la narrazione del sé rendendo meno riconoscibile il vero dal verosimile e sovrapponendo il vissuto dalla realtà. Ciò che più è cruciale, però, è che i nuovi media e le recenti tecnologie di comunicazione hanno allargato in maniera imprevista e indefinita la facoltà di comunicare da individuo a individuo. (Esempio guerra in Ucraina con sostituzione, da parte della Russia, della parola “guerra” con “denazificazione” e “demilitarizzazione”). Capire quello che dicono gli altri è far propri i contenuti, linguistici e contestuali, messi in atto dal mittente nell’interazione, nel senso che il significato è mediato da operazioni mentali soggiacenti all’esperienza del mondo. 24 13.2 Una comunicazione simmetrica meno astratta Habermas considera come la digitalizzazione e l’interconnessione abbiano prodotto un cambiamento radicale nella “fisica della comunicazione”, con il repentino passaggio dalle nozioni di canale e reta a quella di “spazio virtuale inglobante”. Il nuovo cyberspazio sembra riequilibrare le debolezze del carattere anonimo e asimmetrico della comunicazione di massa, consentendo il reingresso di elementi interattivi e deliberativi in uno scambio non regolamentato tra partner che comunicano tra loro sì virtualmente, ma anche pariteticamente. Dopo le invenzioni della scrittura e della stampa, quella di internet è la terza grande innovazione mediatica. Questi tre media hanno permesso a un numero crescente di persone di accedere a una massa di informazioni sempre più ampia e continuativa. Con l’ultima fase abbiamo però una sorta di “attivazione” degli attori sociali. Non si tratta solo di una mera “espansione dell’offerta mediatica”, ma di “una cesura nella storia dell’umanità”. I social network creano quel carattere piattaforma che crea potenzialmente un modello dal contenuto emancipatorio. Creano la possibilità di collegamenti illimitati tra partecipanti che stabiliscono tra di loro delle relazioni comunicative orizzontali, egualitarie e anarchiche, non regolate da parti terze. Ogni utente è paritariamente autorizzato a proporre dei contenuti, liberamente scelti, potendo assumere spontaneamente ruoli di lettore, ascoltatore e spettatore, ma anche quello di “autore”. Il lato dell’offerta delle comunità mediali potrebbe soddisfare le esigenti condizioni necessarie per la formazione di un’opinione riflessiva all’interno di spazi discorsivi, purtroppo però si osserva che la comunicazione del social network è lontana dal realizzare “situazioni linguistiche ideali”. 13.3 Nuove forme di esclusione e frammentazione della sfera pubblica Un primo aspetto negativo riguarda il livello di inclusività degli attori sociali. Habermas segue l’ipotesi che le piattaforme aumentino l’esclusione selettiva di alcune categorie di persone a causa del: 1) Digital divide, ovvero le vecchie disparità (poveri e ricchi, uomini e donne, più e meno istruiti) sono rafforzate da nuove disuguaglianze nell’accesso alla rete e nella capacità d’uso dei dispositivi; 2) La frammentazione dei circuiti comunicativi. Nello spazio pubblico tradizionale l’attenzione di un pubblico anonimo di cittadini era “focalizzata” su alcune questioni politicamente importanti. Le piattaforme non possono svolgere le funzioni di “filtro”, “cassa di risonanza” e “sistema di allerta” delle opinioni pubbliche generali, perché la struttura della rete distrae e disperde. Habermas ha subito messo in guardia da una tendenza “centrifuga”. Il sorgere di milioni di chat room e di una rete di issue publics estesa al mondo intero promuove piuttosto la frammentazione di quel grande pubblico di massa che si concentra nelle medesime problematiche. Nello spazio virtuale questo pubblico si disgrega in una miriade di gruppi casuali ed estremamente frammentati, che vengono tenuti insieme da interessi particolari. La digitalizzazione della comunicazione di massa – per via della dissoluzione globale dei confini e della moltiplicazione esplosiva di reti che si presentano come frammentate sul piano funzionale, tematico e personale – viene a sprigionare una forza centrifuga, tale da minare i circuiti comunicativi centripeti, condivisi da cittadini appartenenti a una stessa comunità politica. L’aspetto più importante però è che la diffusione di questa “forma di discussione semi-pubblica, frammentata e circolare” sta generando una più radicale “deformazione nella percezione della sfera pubblica come tale”. 13.4 Echo chambers e polarizzazione tra fazioni opposte Con la dissoluzione della sfera pubblica si vengono a creare “casse di risonanza frammentate e chiuse in sé stesse” in cui si condensano circuiti di comunicazione che “si sigillano dogmaticamente gli uni con gli altri”. Molte ricerche empiriche confermano l’“omofilia” di reti composte da gruppi di individui con orientamenti simili e favorevoli a priori. La tendenza verso la “balcanizzazione” trova espressione nella costituzione di enclave e echo chambers in cui le opinioni riaffermate (confirmation bias) in un circuito informativo auto referenziale. Si tratta di vere e proprie filter bubble. Le comunicazioni online più che riflessioni e discussioni veicolano delle espressioni di sostegno da parte dei sostenitori dei loro beniamini e delle espressioni di attacco contro i nemici: una crescente minoranza di consumatori di media a usare le piattaforme digitali per un ritiro in casse di risonanza protette di persone che la pensano come loro. 13.5 Anti-pubblici, post-verità e fake news La stessa sfera pubblica non è percepita come uno spazio per la chiarificazione discorsiva di concorrenti pretese di validità, ma è “declassata a insieme di sfere semi-pubbliche che competono su un piano di parità” come in un conflitto esistenziale tra civiltà egemoniche. Numerose ricerche attestano che in questi spazi le informazioni fattuali sono spesso travisate e le argomentazioni sono abitualmente distorte per giungere a conclusioni preordinate. Inoltre, questi anti-pubblici manifestano un livello di ostilità nei confronti della cultura ufficiale e delle istituzioni democratiche che li rende differenti dai “contro pubblici”. Poiché le posizioni degli anti-pubblici si riversano nelle conversazioni quotidiane e si mescolano alle informazioni dei media tradizionali, un problema crescente è quello delle fake news. Ciò che inquieta non è la circolazione di bufale, per quanto vi sia un aumento di notizie false e fuorvianti e un orientamento più diffuso a produrle e utilizzarle intenzionalmente per influenzare e opinioni, i giudizi e i comportamenti dei cittadini. L’aspetto che allarma Habermas è la distorsione della percezione della sfera pubblica, per cui c’è un interesse decrescente a identificare e smascherare le fake news. 25 Un concetto semanticamente ambiguo come quello di “post-verità”, trova in tal senso un’accezione pertinente per descrivere il lato attitudinale della crisi epistemica in corso, cioè l’atteggiamento disilluso nei confronti delle pretese di verità su fati ed eventi. 13.6 La personalizzazione, la comunicazione politica emotiva e il populismo Si osserva una crescente rilevanza della dimensione espressiva rispetto a quella referenziale e quella conversazionale. La letteratura specialistica ha considerato questa “personalizzazione” in due dimensioni: l’individualizzazione, ossia i riferimenti alle qualità professionali e all’impegno con cui gli attori politici si auto-definiscono, e la privatizzazione, cioè i riferimenti alla vita privata, familiare, sentimentale, amicale, tempo libero, ecc. Ciò che emerge dal sentiment analysis è l’importanza delle emozioni in una comunicazione volta a ricercare il coinvolgimento di un “pubblico affettivo” piuttosto che un pubblico riflessivo. Le strategie di marketing non determinano più solo l’organizzazione delle campagne elettorali, ma anche dell’incessante presenza mediatica di capolista politici. • Le analisi sociologiche sulla “società delle singolarità” di Andres Reckwitz (2017) si concentra sul lato oggettivo dell’uso dei nuovi media e sugli incentivi che le piattaforme dei social network offrono ai loro utenti per una “auto- presentazione narcisistica” e una “messa in scena della propria unicità”. Sul piano degli stili comunicativi vi sono aspetti retorici come la “popolarizzazione” del lessico, l’informalità del linguaggio, la semplificazione tematica, la forma narrativa (storytelling), la drammatizzazione, ma anche la presenza di provocazioni, volgarità ed emozioni negative. Il potenziale dei “gruppi non votanti radicalizzati che non partecipano più alle condizioni di un’elezione democratica, ma con intenti ostruzionistici come “oppositori di sistema”. Sui contenuti ideologici si riscontra un’analoga convergenza sugli elementi essenziali del populismo rilevati dalle ricerche empiriche. Il primo è l’enfasi sulla volontà del popolo; il secondo è l’attacco alle élites economiche, istituzionali, mediatiche e intellettuali; il terzo è l’ostracismo degli “altri” considerati una minaccia all’integrità del gruppo, secondo la logica del “noi contro loro”; l’ultimo è un autoritarismo che prender corpo in leaderismo carismatico che interpella il popolo con forme plebiscitarie. 13.7 Mercificazione capitalista, newsmaking ed erosione del modello gatekeeper L’uso dei social ha il suo rovescio nella produzione di una nuova dipendenza che è stata sintetizzata da Shoshana Zuboff con l’espressione “capitalismo della sorveglianza” (2018). Le grandi multinazionali del digitale e della rete traggono i loro profitti dall’acquisizione e dallo sfruttamento dei dati personali degli utenti, al fine di attuare delle strategie pubblicitarie calibrate sulla singola persona. Le piattaforme digitali si nutrono di informazioni commerciali e in tal senso “promuovono anche un’ulteriore spinta verso la mercificazione dei contesti del mondo e della vita”. • Habermas vede nella spinta verso la “platformisation della sfera pubblica” un fattore di crisi per i media mainstream, sia per la perdita di proventi economici sia per la diminuzione dell’influenza giornalistica, la riduzione degli standard professionali e l’erosione di spazi di approfondimento critico. I social network e i loro proprietari non producono, non editano e non selezionano, si limitano a creare nuove connessioni in qualità di intermediari e a sfruttare il reporting a fini commerciali. L’ultimo saggio si limita a denunciare l’erosione di gatekeeper e la crisi di rilevanza del “giornalismo di qualità”. Il modello di intermediazione giornalistica non priva di autonomia i pubblici, ma fornisce contributi informativi e argomentazioni su questioni che necessitano di una regolamentazione politica e sulle quali i lettori, gli ascoltatori e i telespettatori dovrebbero formare il proprio giudizio nel ruolo di cittadini. 13.8 Conclusioni In primo luogo, oltre alla stampa di qualità, anche le emittenti televisive e radiofoniche al momento resistono all’attrazione della platformisation e della mercificazione del pubblico. I due media tradizionali – televisione e radio – continuano a fornire un’informazione politica affidabile e sufficientemente diversificata sulle questioni politicamente rilevanti ad almeno tre quarti dell’elettorato europeo. In secondo luogo, la stampa, la radio, e la televisione sono ancora obbligate normativamente a rettificare le fake news e sta emergendo la questione di sottoporre anche le piattaforme digitali a degli obblighi analoghi di diligenza giornalistica. Habermas ha firmato The public Service Media and Public Service Internet Manifesto (2021), è un testo che stila dieci principi sulla democratizzazione della sfera pubblica, riafferma l’importanza del servizio statale e richiede una regolamentazione delle piattaforme proprio perché offrono una grande opportunità di partecipazione politica, crescita culturale e coesione sociale. Il “potere di razionalizzazione” del dibattito pubblico riguarda gli apprendimenti cognitivi delle persone, senza i quali non può esistere né l’oggettività del mondo dei fatti, né la condivisione di un mondo intersoggettivo, né di un’identità personale. 26 CAP. 14: OPINIONE PUBBLICA E CAPITALISMO ⇢ LAURA GHERARDI ⇠ 14.1 Correnti critiche e cultura del capitalismo Lo studio dell’influenza del capitalismo sull’opinione pubblica ha una lunga storia, passando per gli studiosi della Scuola di Francoforte. Bernard Stiegler (2008), più di recente, ha sostenuto che il capitalismo contemporaneo, egemonizzando la tecnologia, espropria gli individui delle capacità cognitive e attentive necessarie per contestare l’ordine che esso impone. Per comprendere la dinamica di influenza reciproca tra cultura del capitalismo e correnti critiche, si può partire dal tema ambientale, che negli ultimi decenni ha visto un’importanza crescente. Servirà articolare diversi passaggi: 1) A seguito della crisi del 2008 la critica al capitalismo di insostenibilità ambientale si amplia da circoli ecologisti relativamente ristretti a correnti dominanti di opinione; 2) Per rilanciarsi e silenziare la critica, il capitalismo si appropria del valore di sostenibilità, facendolo transitare nei discorsi e nelle pratiche di business; 3) La critica, a seguito dei nuovi discorsi e delle nuove pratiche assunte da un capitalismo “verde”, viene rilanciata su nuove basi. Confrontando un corpus di articoli di letteratura manageriale degli anni ’60 con un corpus degli anni ’90, i sociologi Boltanski e Chiapello, mostrano come il capitalismo si sia appropriato di alcuni dei valori sulla cui base era stato contestato, ma a prezzo di una reinterpretazione di questi valori volta al profitto. Il che ha reso possibile, da un lato, il rilancio del capitalismo, dall’altro, una nuova ondata di critica. Il capitalismo sopravvive perché è plastico, nel senso che cambia valori di epoca storica in epoca storica, e questo gli consente di silenziare la critica che gli è rivolta da alcune correnti di opinione. Il motore del cambiamento sta nelle critiche che vengono mosse al capitalismo da correnti e parti sociali. Allo stesso tempo, nel momento in cui il capitalismo fa propri alcuni dei valori che gli vengono opposti, la critica si trova temporaneamente senza punti d’appoggio fino alla successiva ondata di critiche. 14.2 Il circuito di espropriazione, appropriazione e rilancio della critica Le critiche di insostenibilità mosse al capitalismo contemporaneo da diverse correnti di opinione pubblica possono essere lette sulla base degli strumenti teorici sin qui disposti, inizialmente, distinguendo due ondate di critica: 1) La prima segue il crollo della Lehman Brothers, nel 2008; all’epoca le critiche di insostenibilità al modello di sviluppo del capitalismo finanziario riunivano correnti diverse che appartenevano a due fronti. Il primo fronte era la critica ambientalista che denunciava l’espropriazione di capacità materiali a danno delle generazioni presenti e future. Lo sfruttamento di alcune risorse ambientali era denunciato anche come espropriazione simbolico-identitaria. 2) Il secondo fronte era una critica all’espropriazione di capacità materiali e simboliche rivolta alle élites finanziarie e politiche: consideriamo denaro dei contribuenti tra le capacità materiali, espropriazione della dignità data dalla perdita del lavoro per molti tra quelle simbolico-identitarie e, più in generale, all’inasprirsi delle disuguaglianze tra i vertici e la base della società. Il capitalismo ha affrontato una riorganizzazione, nei discorsi e nelle pratiche di business, per rilanciarsi e rispondere alle critiche, infatti, se si legge la letteratura economica e manageriale internazionale, emerge un cambiamento epocale nella cultura economica. Già nel biennio 2009-2010, il fine attribuito all’impresa non è più la creazione di valore per i soli azionisti, ma la creazione di valore condiviso, ovvero valore sociale, economico e ambientale insieme. In questa letteratura, il capitalismo è colui che contribuisce a valorizzare ambiente, società ed economia insieme. All’opposto, l’antieroe, il piccolo, a cui si negano legittimità e riconoscimento, è colui che depaupera queste risorse a proprio esclusivo vantaggio, al mero fine di aumentare gli utili per gli azionisti. La seconda ondata di critica sopraggiunge negli ultimissimi anni a fronte di uno scenario molto mutato, in cui al tema ambientale è riservata un’attenzione maggiore sia da parte della politica internazionale che dei cittadini. A partire dal biennio 2020-2021, la sostenibilità è diventata “trend assodato” e “irreversibile”. Cambiano i termini utilizzati e i temi: il tema del cambiamento climatico è quello principale, mentre quello del valore condiviso è quasi del tutto scomparso. Il capitalismo si appropria di alcuni dei valori che gli vengono opposti da correnti di opinioni che lo criticano, espropriandole provvisoriamente di punti di appoggio fino al rilancio della critica su nuove basi, a sua volta reso possibile dalla “perversione” a profitto di quegli stessi valori da parte del capitalismo. La cultura del capitalismo influenza in modo molto forte il discorso pubblico e il clima di opinione di una certa epoca. 14.3 La nuova ondata di critica ambientalista Quella che è stata la seconda ondata di critica al capitalismo fa leva su espressioni nuove rispetto alla prima ondata. La critica di greenwashing si salda alla critica di arbitrarietà delle metriche implementate dalle imprese per registrare le proprie emissioni. L’accusa più radicale al modello di sviluppo attuale è di espropriare la vita alle generazioni presenti e future. La critica è sempre più spesso portata avanti da correnti critiche “scientificamente informate” inerenti alla comunità scientifica internazionale in cui da tempo si è diffuso il termine “antropocene” – un ambiente terrestre riplasmato dagli effetti dell’azione umana nelle sue caratteristiche chimico-fisiche e biologiche. 29 • Valutazione (non necessariamente critica) dell’operato dei decisori • Fornire elementi informativi in mondo generalizzato (industria del senso) Selezione • Conflitti interni ai partiti • Coooptazioni (assunzione di un nuovo membro) dell’ambito dei gruppi di pressione • Emergenze carismatiche • Spinta dal basso (moltitudini/gruppi di interesse • Visibilità dei media • Conflitti interni al groppo • Gradimento dei decisori • Cambiamenti nelle dinamiche demografiche • Conflitti sociali • Condizioni di mercato • Adattamenti tecnologici • Gradimento dell’audience • Relazione con i gruppi di pressione • Relazione con i decisori • Acquisizioni aziendali (mercato) Sostituzione • Esito di conflitti infra-partitici • Esito di competizioni elettorali • Esito di conflitti interni • Esito di conflitti del gruppo con l’esterno • Flusso delle generazioni • Eventi catastrofici (guerre, epidemie, carestie, calamità) • Aggiornamento indirizzi politico-culturali della proprietà • Concorrenza tra aziende • Ristrutturazioni aziendali • Emergenze culturali Tendenze • Il potere esecutivo cresce a discapito del potere legislativo • (Continue) ristrutturazioni ideologiche nell'area conservatrice e progressista • Aumento di complessità organizzativa • Nuovi movimenti • Fine della massa concentrata • Espansione delle moltitudini differenziate • Dialettica tra media, broadcast e piattaforme digitali 30 • Emergere di leader di provenienza extra-partitica Aree di crisi • Autonomia dei gruppi di pressione dei decisori • Relazioni e reputazioni mediatiche dei decisori • Distanza delle moltitudini • Autonomia delle moltitudini e dei gruppi di interesse • Autonomia dei decisori • Autonomia dei media • Autonomia dei gruppi di pressione • Autonomia dei decisori • Autonomia dei media • Autonomia dell’audience • Autonomia dei gruppi di pressione • Autonomia dei decisori La rappresentazione grafica elementare su cui poggia questo schema è la seguente: Daxasfera Novecentesca Considerando relazioni e legami tra i quattro ambiti, ne consegue quest'altro schema: Legami tra ambienti fattoriali 31 Accettando convintamente l’affermazione di Pierre Bourdieu, "lo stato dell’opinione è un sistema di forze, di tensioni; ne deriva che nelle questioni di opinione pubblica non esiste più lo stato di quiete". Ne consegue che le dinamiche di opinione pubblica implicano uno stato di continua movimentazione, il cui carattere più probabile è il contrasto degli interessi in campo, a sua volta generante conflitti. Conflitti interni agli ambiti attoriali spcifici (decisori vs altri decisori, media vs altri media e gruppi di pressione, ecc. Nonché conflitti tra ambiti attoriali (decisori vs gruppi di persone, ecc). Utilizzando il modello della doxasfera, le pratiche di investigazione possono dare vita a ricerche di tipo descrittivo e intraprendere anche tentativi di declinare ipotesi interpretative sull’esito dei conflitti stessi. 15.4 La doxasfera riconfigurata Nella transizione tra XX e XXI secolo si sono, nel frattempo, verificati cambiamenti di grande portata che hanno ripercussioni decisive su tutti e quattro gli ambiti attoriali. L’ambito dei media è quello che cresce più impetuosamente, dato che la rete è una sorta di super-medium da cui gemmano tutte trasformazioni. Il cambiamento nasce dunque in ambito mediale, investendo poi tutti gli altri ambiti. Dal punto di vista iconografico, si tratta di immaginare la crescita di questo settore della doxasfera che si amplia in modo talmente impetuoso da investire tutti gli altri, innervandoli di nuovi comportamenti. Nell’ultima figura, l’evoluzione prevede un ultimo passaggio, ovvero quello della sovrapposizione della linea tratteggiata, alla doxasfera novecentesca. I decisori, dopo un prima incertezza comportamentale derivante dalla sottovalutazione della rete, hanno intercettato la notevole convenienza dell’uso del digitale connesso attraverso la propria presenza nei social network, e ne hanno derivato la possibilità crescente di una disintermediazione comunicativa, sganciandosi dalla dipendenza dai media mainstream. Si sono piegati all’irruzione del digitale connesso, accettando mediazioni sempre più consistenti nella confezione stessa delle notizie, sempre più adatte alla ricerca di viralità nella dimensione social e al continuo aumento dei consumatori nella fruizione dei contenuti rispetto a quella cartacea. I gruppi di pressione hanno subito sia il processo di disintermediazione toccato ai decisori sia la crescita del fenomeno degli influencer. I gruppi di pressione tradizionale tentano di non perdere terreno digitale, mentre allo stesso tempo i singoli influencer assumono la fisionomia un tempo appartenuta ai gruppi di pressione, influenzando la formazione di opinioni e di prese di posizione di settori specifici delle moltitudini. 15.5 Surriscaldamento emotivo della doxasfera L’ultimo elemento di discussione è: cosa c’è a monte della riconfigurazione digitale connettiva della doxasfera? In primo luogo, il riconoscimento della perdurante capacità euristica degli approcci che hanno trattato la natura “spettacolare” del media. È evidente che il ruolo dei media si è dilatato a dismisura: me i media continuano ad agire non soltanto nella gestione della sfera pubblica (ambito novecentesco), ma anche nella stessa mente del singolo cittadino (o cittadino-consumatore). L’accadere dei media nella mente dei singoli conduce inevitabilmente al riconoscimento della sostanza “emotivizzante” delle notizie e delle opinioni. La nuova fase è contraddistinta dalla ricerca di un impatto immediato tra notizie e consumatori, secondo un ordito maggiormente contraddistinto dall’amplificazione delle emozioni che dal dispiegamento argomentativo delle opinioni. Le opinioni continuano ad esistere, ma senza un adeguato confezionamento “emotivizzante” appaiono sbiadite. L’esplosione delle emozioni nella comunicazione politica compare insieme al diffuso fenomeno del populismo. I leader populisti tendono a investire le energie comunicative nella creazione e nell’assecondamento delle dinamiche emotive. I media, a questo punto, ne seguono le mosse. Nuove regole sono dettate dai creatori di algoritmi, insiemi di procedure per rendere catturabile l’attenzione del consumatore e del suo patrimonio informativo in favore di aziende profilatrici. I possessori degli algoritmi assecondano le mosse di chi intende tesaurizzare l’impatto comunicativo delle notizie e delle opinioni attraverso dispositivi emotizzanti: dai contrasti crescono nuoci conflitti per disputarsi la schematizzazione popolare di ciò che resta delle antiche pratiche dell’argomentazione razionale. Il nucleo di accadimenti e di comportamenti dell’attuale riconfigurazione della doxasfera è questo, i cui ambiti sono solo in parte ormai riconducibili alla loro prima denominazione, assumendo i seguenti nomi/caratteri: La doxasfera ri-configurata accoglie i nuovi ambiti dei decisori dis-intermediati, dei “media ibridati dei content provider”, dei “gruppi di pressione connessi/opinion leader digitali/influencer e delle moltitudini connesse/prosumer digitali, alla luce di un’esposizione sempre più forte a un trattamento emotivo dei discorsi pubblici, tanto da non ritenere fuori luogo la sostituzione di “opinione pubblica” con “emozione pubblica”. 1 Il capitolo 1 del libro "Lezioni Brevi sull'Opinione Pubblica" di Laura Gherardi, intitolato "Il Fantasma dell'Opinione Pubblica: Cenni di una Lunga Storia di Studi," esplora vari aspetti del concetto di opinione pubblica attraverso una panoramica storica e concettuale. 1.1 Opinione pubblica: le domande aperte L'opinione pubblica è descritta come un concetto complesso e spesso frainteso. Viene sottolineato che l'opinione pubblica nelle democrazie non è un'unica entità monolitica, ma piuttosto un insieme di correnti di opinione diverse in un dato momento storico. Si evidenzia la necessità di considerare "opinioni pubbliche" al plurale anziché come una maggioranza uniforme su un tema. 1.2 I primi studi sull'opinione pubblica moderna Si discute del dibattito tra la stabilità e l'instabilità delle opinioni pubbliche nel tempo. Vengono presentati i punti di vista di Page e Shapiro sulla stabilità delle opinioni rispetto agli shock collettivi o personali, e di Landowski sulla razionalità e instabilità dell'opinione pubblica. Si esplorano le idee di Gustave Le Bon e Gabriel Tardes sulla guida delle folle attraverso la gestione delle "credenze." ➤ Page e Shapiro sulla stabilità delle opinioni rispetto agli shock collettivi o personali: Page e Shapiro sostengono che, in generale, le opinioni delle persone tendono a mantenersi stabili nel tempo, a meno che non siano soggette a shock collettivi o personali significativi. Gli "shock" possono essere eventi straordinari o cambiamenti epocali che influenzano notevolmente la percezione delle persone, portando a una modifica delle loro opinioni. L'idea chiave è che, in assenza di forze esterne significative, le opinioni di un individuo o di una collettività tendono a rimanere relativamente stabili. ➤ Landowski sulla razionalità e instabilità dell'opinione pubblica: Landowski evidenzia la complessità dell'opinione pubblica, sottolineando che essa può essere sia razionale che instabile. Contrariamente all'idea di stabilità, Landowski suggerisce che l'opinione pubblica può essere influenzata dalla razionalità, emotività e instabilità. La razionalità implica che le opinioni pubbliche possono essere il risultato di un processo riflessivo, ma Landowski ammette anche che l'opinione pubblica può essere soggetta a fluttuazioni e instabilità, soprattutto in risposta a cambiamenti sociali o culturali. ➤ Gustave Le Bon e Gabriel Tardes sulla guida delle folle attraverso la gestione delle "credenze": Gustave Le Bon e Gabriel Tardes, alla fine del XIX secolo, avevano concezioni simili sulla psicologia delle masse e sulla gestione delle opinioni. Le Bon sosteneva che per guidare le folle, era necessario gestire le "credenze" collettive, influenzando le opinioni attraverso la manipolazione emotiva e la suggestione. Tardes, a sua volta, sottolineava l'importanza di guidare le opinioni manipolando le credenze collettive. Entrambi vedevano le masse come suscettibili alla manipolazione attraverso il controllo delle credenze condivise. 1.3 Masse e massificazione? Tra teoria e ricerca empirica Si sottolinea l'importanza degli studi sulla società di massa e dell'opinione pubblica, con un focus sulle inchieste d'opinione, la comunicazione, i media e i cambiamenti socio-culturali. Lazarsfeld evidenzia una possibile massificazione delle opinioni causata dai media finanziati dal capitalismo. La Scuola di Francoforte (Max Horkheimer, Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm) viene menzionata per la critica dell'alienazione nella società di massa e nella cultura capitalista. 1.4 Sull'opinione pubblica contemporanea Si evidenzia il periodo del 1968 come uno spartiacque culturale, con un aumento dell'attenzione all'opinione pubblica critica. Vengono presentate le teorie di Elisabeth Noelle-Neumann sulla "spirale del silenzio," Niklas Luhmann sull'opinione pubblica come struttura tematica, e Jürgen Habermas sulla razionalità comunicativa e l'etica discorsiva. 2 ➤ Elisabeth Noelle-Neumann e la "spirale del silenzio" Elisabeth Noelle-Neumann è conosciuta per la sua teoria della "spirale del silenzio," Secondo questa teoria: Chiunque abbia un'opinione divergente da quella percepita come la maggioranza tende a tacere per paura dell'esclusione sociale. La pressione al conformismo è intensa, poiché gli individui temono il rifiuto e l'isolamento se esprimono opinioni contrarie a quelle dominanti. L'opinione pubblica, secondo Noelle-Neumann, è una forza sociale che esercita una spinta conformista sugli individui e sul governo. La spirale del silenzio può essere interrotta da "outsiders" (innovatori, artisti, studiosi, riformatori) che, non temendo sanzioni sociali, esprimono opinioni di minoranza, trasformandole eventualmente in opinioni di maggioranza e consentendo il cambiamento sociale. ➤ Niklas Luhmann e l'opinione pubblica come struttura tematica Niklas Luhmann, un sociologo tedesco, considera l'opinione pubblica come una struttura tematica della comunicazione pubblica. Secondo la sua prospettiva: L'opinione pubblica svolge una funzione di selezione, decidendo quali temi devono essere portati all'attenzione della sfera istituzionale. La comunicazione pubblica è guidata dalla struttura tematica dell'opinione pubblica, contribuendo a ridurre la complessità della comunicazione su temi giuridici nella sfera pubblica. Luhmann vede l'opinione pubblica come un mezzo per orientare la dottrina giuridica, specialmente quando la nozione di "verità" diventa problematica. L'opinione pubblica diventa un riferimento per ridurre l'arbitrarietà di ciò che è politicamente e giuridicamente possibile. ➤ Jürgen Habermas e la razionalità comunicativa con l'etica discorsiva Jürgen Habermas ha sviluppato la teoria della razionalità comunicativa e l'etica discorsiva come parte del suo lavoro sulla formazione dell'opinione pubblica e la democrazia: Habermas sostiene che, insieme alla razionalizzazione tecnica, si è sviluppata un'altra forma di razionalità, chiamata razionalità comunicativa. L'etica discorsiva è fondamentale nel processo di formazione dell'opinione pubblica. Secondo questa etica, le condizioni e le norme dovrebbero sottostare ai dibattiti pubblici in una democrazia. Nell'agire comunicativo, Habermas promuove la reciproca comprensione per risolvere problemi, cercando il consenso attraverso l'argomentazione razionalmente migliore. Habermas critica l'agire strumentale, che mira al perseguimento degli interessi, poiché la comunicazione strumentale è utilizzata dal potere per manipolare l'opinione pubblica attraverso i media. 1.5 Per concludere e riaprire Si chiude il capitolo accennando al ruolo dei nuovi media e delle piattaforme nel cambiamento delle dinamiche di formazione delle opinioni. Si suggerisce che gli studi futuri potrebbero esplorare le direzioni del cambiamento nell'affrontare il tema dell'opinione pubblica in una prospettiva trans-disciplinare. Questo capitolo fornisce una visione ampia e articolata delle diverse prospettive sulla natura e l'evoluzione dell'opinione pubblica, spaziando dalla sua definizione ai primi studi e alle teorie contemporanee. 5 Il capitolo 3 si focalizza sul rapporto tra giornalismo e l’opinione pubblica, esaminando gli impliciti presupposti che regolano l'universo del giornalismo e come esso contribuisca a plasmare la percezione collettiva. Si sottolinea la crescente complessità del giornalismo nell'era digitale, dove la sua responsabilità è ora più critica che mai. La crisi dei saperi esperti e la necessità di gestire la co-partecipazione nel processo informativo richiedono al giornalismo di adattarsi e mantenere la sua funzione strategica nella comprensione della realtà, anche se i suoi principi di legittimazione stanno cambiando. 3.1 L'universo dei taciti presupposti: Definizione centrale: L'universo dei taciti presupposti si riferisce alla natura del giornalismo nel cogliere l'imprevedibilità della vita e nel restituirla con dettagli. Ruolo del giornalismo: Descritto come un racconto continuativo della realtà, il giornalismo si basa sul senso comune e contribuisce a plasmarlo attraverso la condivisione collettiva di significati attribuiti alle azioni umane. Regolazione dell'universo del giornalismo (Paragrafo 3.1 articolato): L'universo del giornalismo è regolato dalla capacità di cogliere l'imprevedibilità della vita e restituirla attraverso un racconto continuativo della realtà. Il giornalismo gioca un ruolo fondamentale nella definizione del senso comune, partecipando attivamente alla condivisione collettiva di significati attribuiti alle azioni umane. La sua attività non si limita alla mera presentazione di fatti grezzi ma include un processo di organizzazione, costruzione e conferimento di senso, trasformando un evento in una notizia. 3.2 La costruzione del significato: Partecipanti alla costruzione: Tutti i soggetti, singoli o collettivi, che partecipano alla vita pubblica contribuiscono alla costruzione del significato. Media come filatoi: Descritti come "filatoi su cui si costruiscono i significati", i media, compreso il giornalismo, interagiscono con vari settori della società negoziando e rappresentando diversi punti di vista. Costruzione del significato (Paragrafo 3.2 articolato): I partecipanti alla costruzione del significato sono tutti i soggetti, singoli o collettivi, che intervengono nella vita pubblica con le proprie competenze, valori e interessi. Qui, l'espressione "media come filatoi" si riferisce all'idea che i media, compreso il giornalismo, agiscono come strumenti o mezzi attraverso i quali vengono tessuti i significati nella società. Come fili che vengono intrecciati per formare una trama, i media contribuiscono a creare un tessuto sociale condiviso, influenzando la percezione collettiva e la costruzione di significato attraverso la rappresentazione e la negoziazione di vari punti di vista. 6 3.3 L'autonomia giornalistica: Approccio costruzionista: Gli studi recenti sul giornalismo si sono orientati verso un approccio costruzionista che esamina come viene assicurata la routinizzazione dell'imprevedibilità. Ambivalenza dell'autonomia: L'autonomia giornalistica è descritta come ambivalente, con la necessità di equilibrare la narrativa non condizionata con la competizione commerciale, favorendo spesso il market driven journalism. Autonomia giornalistica e Market Driven Journalism (Paragrafo 3.3 articolto): L'autonomia giornalistica è l'abilità del giornalismo di mantenere una narrazione della realtà non condizionata da secondi fini. Tuttavia, questa autonomia è ambivalente. Nel contesto dell'Italia, si è lamentata la mancanza di autonomia economica del giornalismo a causa di una debole presenza di un solido sistema economico-industriale che avrebbe permesso la diffusione della pubblicità. Questa mancanza di autonomia economica ha contribuito alla prevalenza del "market driven journalism," caratterizzato dalla commercializzazione, dal sensazionalismo e dalla spettacolarizzazione. In questo contesto, la difficoltà nell’ndividuare l'interesse pubblico ha portato a una crescente competizione commerciale, favorendo la proliferazione di notizie di intrattenimento rispetto a notizie di interesse pubblico. 3.4 Il giornalismo nell'ambiente digitale: Densità e intensità del processo: L'aumento esponenziale dei partecipanti nel contesto digitale contribuisce alla densità del processo giornalistico, mentre l'intensità è determinata dalla velocizzazione e dalla disintermediazione favorita dall'ambiente digitale. Ridefinizione del dibattito pubblico: L'avvento dell'ambiente digitale ridefinisce il dibattito pubblico, introducendo la post-sfera pubblica con dinamiche interattive distintive rispetto al passato recente. Perdita di esclusività del giornalismo: La permeabilità dei confini tra giornalismo e altre forme di comunicazione, unite alla circolarità e reticolareità delle informazioni, porta a una progressiva perdita di esclusività per il giornalismo nella descrizione e interpretazione della realtà. 7 Il capitolo 4 presenta un'analisi approfondita del ruolo delle piattaforme digitali nella formazione dell'opinione pubblica. Attraverso casi come Cambridge Analytica, si evidenzia la necessità di affrontare le sfide della frammentazione dell'audience, dell'abbondanza informativa e della polarizzazione. Le piattaforme emergono come attori chiave che plasmano attivamente la realtà sociale, richiedendo un approccio consapevole e responsabile alla gestione dell'informazione online. 4.1 Algoritmi e dibattito pubblico Si comincia con una riflessione sull'impennata dell'interesse riguardo ai meccanismi sottostanti ai media online e il loro impatto sul dibattito pubblico. Il caso Cambridge Analytica, con il suo utilizzo manipolatorio dei dati di Facebook attraverso algoritmi di machine learning, segna un punto cruciale. Questo episodio rivela la crisi di legittimità delle istituzioni e dell'autorevolezza della comunicazione pubblica. Emergono problematiche quali fake news, disinformazione, manipolazione mediale, che dipingono uno scenario preoccupante per il corretto funzionamento della democrazia. Scandalo Cambridge Analytica: È emerso nel marzo 2018, si scoprì che l'azienda di consulenza politica aveva ottenuto i dati personali di milioni di utenti di Facebook attraverso un'app; sembrava essere un sondaggio psicologico. Questi dati furono successivamente utilizzati per influenzare gli utenti sulle campagne politiche, compresa la campagna presidenziale di Donald Trump del 2016. 4.2 L’ecosistema dei media: abbondanza informativa e frammentazione delle audience Si esplora il cambiamento nell'ecosistema mediatico e il passaggio dai media tradizionali ai social media. Si sostiene che i cittadini stiano diventando più "monitoranti" che "informati". L'abbondanza informativa, pur consentendo una diversificazione, porta con sé il rischio di frammentazione. Gli autori Bennett e Iyengar sottolineano come questa frammentazione dell'audience aumenti le occasioni di consumo di contenuti in linea con le attitudini preesistenti. Frammentazione dell'audience secondo Bennett e Iyengar: Sottolineano che la frammentazione dell'audience, ossia la suddivisione del pubblico in segmenti più piccoli, aumenta le opportunità di consumo di contenuti che sono in linea con le attitudini preesistenti di ciascun segmento. In altre parole, quando l'audience è frammentata, ciascun segmento tende a consumare contenuti che confermano e rafforzano le proprie opinioni già esistenti. 4.3 La piattaformizzazione dell’opinione pubblica Si prosegue esaminando come le grandi multinazionali, come Meta, Apple, Amazon e Alphabeth, abbiano influito sull'ambiente web, diventando i "custodi di internet". Si introduce il concetto di datificazione, indicando la capacità delle piattaforme di tradurre aspetti della realtà in dati. Gli algoritmi emergono come strumenti chiave che modellano il flusso informativo e contribuiscono a definire l'opinione pubblica. Datificazione e Algoritmi nella Piattaformizzazione: Il concetto di datificazione si riferisce alla capacità delle piattaforme di tradurre aspetti della realtà in dati. Le piattaforme raccolgono dati comportamentali degli utenti e li utilizzano per alimentare algoritmi, che sono poi responsabili della selezione e del controllo delle informazioni che vengono presentate agli utenti. Gli algoritmi, quindi, diventano strumenti chiave che plasmano il flusso informativo online e contribuiscono a definire l'opinione pubblica influenzando ciò che gli utenti vedono e interagiscono. 10 5.2 L'intesa emotiva dei nuovi movimenti di protesta globale Si analizza come i nuovi movimenti di protesta globale siano caratterizzati da una sfera pubblica rivisitata. Si discute la capacità di tali movimenti di intercettare l'attenzione dell'opinione pubblica attraverso l'uso di messaggi emotivi e razionali. Sartori: Le "maree di opinioni" si riferiscono alle opinioni che emergono dal basso, influenzano l'agenda attraverso l'eco dei media di massa e formano correnti cognitivo-emotive. Viene presentato l'esempio del movimento Black Lives Matter e la sua capacità di generare una "riflessione empatica" attraverso l'uso di argomenti razionali e emotivi. I nuovi movimenti di protesta globale e George Floyd con il movimento Black Lives Matter: Questo segmento si concentra sulla trasformazione della sfera pubblica attraverso i nuovi movimenti di protesta globale, tra cui il movimento Black Lives Matter. Questi movimenti caratterizzano una versione rivisitata della sfera pubblica, in cui le opinioni e le emozioni sono veicolate attraverso i media digitali. Il movimento Black Lives Matter, ad esempio, ha generato una "riflessione empatica" sulla brutalità della polizia attraverso l'uso combinato di argomenti razionali e messaggi emotivi. 5.3 Emozioni e opinioni al plurale Si affronta la sfida della personalizzazione informativa nei canali digitali, esaminando il rischio di "produrre sentimenti frammentati". Si discute come le emozioni, se ben gestite, possano ridurre le ineguaglianze nella formazione dell'opinione pubblica. Si sottolinea l'importanza del "capitale emotivo" individuale, della struttura sociale e dell'uso consapevole dei media digitali. Il rischio di "produrre sentimenti frammentati" e l'importanza del "capitale emotivo" individuale, della struttura sociale e dell'uso consapevole dei media digitali: Questo aspetto sottolinea il pericolo di frammentazione dei sentimenti nella sfera pubblica digitale. La personalizzazione informativa può portare a esperienze emotive divergenti rispetto a un dato evento o argomento. ➤ L'"importanza del capitale emotivo" individuale: Fa riferimento alla predisposizione emotiva di ciascun individuo, che può essere influenzata dal contesto sociale e dall'uso consapevole dei media digitali. La struttura sociale e l'ambiente digitale possono amplificare o silenziare opinioni in base a come le emozioni sono percepite e condivise all'interno della comunità online. 5.4 Conclusioni Le conclusioni del capitolo mettono in luce la centralità delle emozioni nell'opinione pubblica a vari livelli di analisi. Si sottolinea il ruolo determinante delle emozioni nella valutazione della realtà e la necessità di valutare l'esposizione costante a emozioni "di seconda mano" nel contesto digitale. Si chiude con la riflessione sulla diversificazione delle opinioni pubbliche e la sfida di garantire l'uguaglianza politica nel contesto della "voce del più forte". La centralità delle emozioni nella valutazione delle realtà: Questo sottolinea che le emozioni giocano un ruolo cruciale nella valutazione della realtà e contribuiscono in modo significativo all'opinione pubblica. Esse possono contrastare i tentativi di distorsione quando vengono sperimentate in modo genuino e possono anche essere influenzate dalla costante esposizione a emozioni "di seconda mano", generate da altri o veicolate attraverso i media digitali. Inoltre, la presenza di opinioni pubbliche differenziate rischia di legare la rilevanza delle opinioni all' "eco" più forte, creando sfide per l'equità nella formazione dell'opinione pubblica. 11 Il capitolo 6 si concentra sull'analisi del ruolo delle emozioni nello spazio pubblico, esplorando la complessa interazione tra cognizione ed emozione. L'autrice esamina le teorie storiche delle emozioni, da Cartesio a Vygotskij, passando per Spinoza, Hume, Kant, Hegel, Schopenhauer, e Kierkegaard. Moroni discute il modo in cui le emozioni vengono considerate strumenti sociali e risorse individuali nel contesto comunitario, analizzando il legame tra la dimensione cognitiva e quella emozionale. Il capitolo affronta anche il concetto di "sentimentalizzazione" della sfera pubblica, evidenziando come la crescente ammissione delle emozioni nella dimensione pubblica possa portare a una sovra-eccitazione patologica, trasformando la società in una società emotiva. Principali studiosi citati: 1. Cartesio (1637): Considerava la ragione come la maggiore capacità individuale di interpretare la realtà, relegando le passioni a un valore negativo. 2. Spinoza: Affermava che le passioni non sono devianze della ragione, attribuendo al desiderio la funzione trainante di qualsiasi azione umana. 3. Hume, Kant, Hegel: Proponevano una lettura razionale del comportamento umano che limitava l'espressione delle emozioni nella dimensione pubblica. 4. Schopenhauer (1818) e Kierkegaard (1855): Consideravano le emozioni come esperienze e risorse positive in riflessione alla vita sociale. 5. Vygotskij (1982): Definiva le emozioni come elementi costitutivi della realtà soggettiva. 6. Joseph Ledoux (2005): Parlava di una duplice natura delle emozioni, condizionate dal contesto esterno e dalla situazione specifica registrata dagli organi sensoriali periferici. 7. Daniel Goleman: Famoso per il concetto di "intelligenza emotiva", sottolineava l'interazione tra la mente razionale e quella emotiva nell'orientare il comportamento. "Intelligenza emotiva" Si riferisce alla capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri. Questa competenza è fondamentale per guidare il comportamento e le interazioni sociali in modo efficace. Goleman, che ha evidenziato l'importanza di equilibrare emozioni e ragione per ottenere un benessere psicologico ottimale. 8. Barbara Rosennwein: Formulava il concetto di "comunità emotive", esaminando i sistemi di emozioni e le modalità di espressione nelle comunità sociali. "Comunità emotive" Si riferisce a gruppi sociali, come famiglie, quartieri o corporazioni, in cui le emozioni giocano un ruolo centrale nella definizione delle relazioni e delle interazioni. Rosennwein introduce il concetto per esaminare i sistemi di emozioni e le modalità di espressione all'interno di tali gruppi. Queste comunità condividono esperienze emotive e influenzano la dinamica sociale attraverso le loro espressioni emotive condivise. 6.1 Cognizione ed emozione: prolegomeni Si inizia con una riflessione sulla commistione inevitabile tra cognizione ed emozione, analizzando le teorie storiche sulle emozioni. Si passa poi alla definizione di Vygotskij sull'esperienza come elemento costruttivo delle emozioni, e Simmel sottolinea il connubio inscindibile tra fattori razionali ed emotivi nella costituzione del soggetto. … “sulla commistione inevitabile tra cognizione ed emozione” … Si sottolinea che non è possibile separare completamente il pensiero razionale dalla sfera emotiva; entrambi giocano un ruolo nella nostra comprensione del mondo e nelle nostre reazioni. L'idea è che le emozioni influenzino il modo in cui percepiamo e comprendiamo la realtà, e viceversa. 12 6.2 Dall’emozione all’emotività: distorsioni private e sociali Moroni esplora anche il concetto di "sentimentalizzazione" della sfera pubblica, evidenziando la trasformazione della società in una società emotiva. Analizza come la regolamentazione dell'espressione emotiva nello spazio pubblico rappresenti una continuità tra la società razionale e istituzionale e la socialità emotiva. La tendenza all'emozionalità sociale è collegata al restringimento della dimensione sociale significativa e al dilagare del narcisismo. … “La tendenza all'emozionalità sociale è collegata al restringimento della dimensione sociale significativa e al dilagare del narcisismo”… Questo passaggio affronta la regolamentazione delle espressioni emotive nella sfera pubblica. Si suggerisce che la regolamentazione rappresenti una connessione continua tra la società razionale e istituzionale (basata sulla logica e sulle istituzioni) e la socialità emotiva (basata sulle emozioni). Inoltre, si indica che l'accentuarsi delle dinamiche emotive nella società è correlato alla diminuzione della rilevanza della dimensione sociale significativa e all'aumento del narcisismo, suggerendo una maggiore attenzione al sé individuale a scapito della collettività. 6.3 La colonizzazione emotiva dello spazio pubblico La colonizzazione emotiva dello spazio pubblico è successivamente trattata, con riferimenti a Eva Illouz e il concetto di "cultura emozionale", che collega emozioni e sviluppo del capitalismo. L'autrice sostiene che le emozioni stesse diventano merci, trasformate in beni di consumo attraverso strumenti digitali che forniscono una vetrina universale per l'esposizione delle emozioni. Il concetto di "sentire sociale" di Maffesoli viene presentato, evidenziando come influenzi il modo di vivere e pensare, plasmando le relazioni e definendo lo spirito del tempo corrente. Moroni conclude il capitolo esaminando come lo spazio pubblico contemporaneo, alimentato da emozioni, escluda chi non condivide il feeling dominante, contribuendo alla formazione di emozioni pubbliche che radicalizzano e polarizzano le opinioni. La tecnologia digitale offre luoghi di espressione, coagulazione temporanea ed effervescenza condivisa, ma il processo di sentimentalizzazione rischia di rendere il pensiero emotivo, estemporaneo e difficile da incanalare. … “Il concetto di "cultura emozionale", che collega emozioni e sviluppo del capitalismo. […] Il concetto di "sentire sociale" di Maffesoli viene presentato, evidenziando come influenzi il modo di vivere e pensare, plasmando le relazioni e definendo lo spirito del tempo corrente”… La "cultura emozionale" si riferisce al modo in cui le emozioni sono integrate nella società e come questo processo sia correlato allo sviluppo del capitalismo. L'autrice sostiene che, in questa cultura, le emozioni diventano merci, oggetti di consumo. Gli strumenti digitali fungono da piattaforma per esporre e consumare emozioni su scala universale. Il "sentire sociale" di Maffesoli indica un'atmosfera che influenza stili di vita e pensiero, plasmando le relazioni e definendo l'atteggiamento culturale prevalente. 15 La classificazione di De la Torre (2017) identifica tre tipi di populismo in base alla loro temporalità: classico (anni '30-'40), neoliberale (anni '80-'90) e radicale (anni 2000). Questi tipi di populismo possono essere distinti attraverso diverse dimensioni: ➤ Dimensione Materiale: Riguarda la distribuzione delle risorse statali. Il populismo è associato al debito pubblico, indicando come i leader populisti affrontano le questioni finanziarie e la gestione delle risorse dello stato. ➤ Dimensione Politica: Mirata a radicalizzare la democrazia, spesso attraverso forme di partecipazione digitale. Questo implica l'uso di nuove tecnologie per coinvolgere direttamente il popolo nelle decisioni politiche. ➤ Dimensione Simbolica: Fa riferimento all'antagonismo tra il popolo e le élite. Questo aspetto sottolinea la retorica populista che enfatizza la lotta tra la popolazione e le élite, creando un'immagine di conflitto sociale. È anche importante distinguere tra due tipi di populismo: ➤ Populismi Rivendicativi: Sono principalmente inclusivi, cercando di ampliare le opzioni disponibili per la popolazione, anche a rischio di aumentare il carico finanziario dello stato. ➤ Populismi Identitari: Sono esclusivisti e mantengono legami stretti con una comunità politica specifica. Si concentrano su orientamenti distributivi, corporativi e assistenziali, spesso limitando l'accesso a determinati gruppi. Entrambi i tipi di populismo si basano su due dimensioni principali: ➤ Dimensione Socio-Economica: Relativa al livello di vita e ai problemi dell'uguaglianza. Il populismo può affrontare questioni socioeconomiche cercando di migliorare le condizioni di vita della popolazione. ➤ Dimensione Culturale-Comunitaria: Legata al problema dell'identità e della sicurezza. Questo aspetto evidenzia come il populismo può essere motivato da preoccupazioni culturali e comunitarie, spesso accentuando la percezione di minacce esterne alla comunità. 8.3 Sfera pubblica: la storia di uno spazio discorsivo e di partecipazione La sfera pubblica, derivante da Öffentlichkeit, è lo spazio politico dove i cittadini elaborano e rappresentano i loro interessi collettivi attraverso argomentazione razionale. L’apertura della sfera pubblica a tutti senza distinzioni, dove l'uguaglianza e la sovranità dei cittadini possono essere pienamente esercitate. L’incompatibilità è intrinseca tra il populismo e la sfera pubblica, poiché il populismo interrompe il processo democratico e riduce le forme di mediazione istituzionale. 16 Nella prospettiva di Habermas, la sfera pubblica svolge un ruolo chiave nel processo politico, istituzionalizzando discorsi volti a risolvere questioni di interesse generale attraverso un "agire comunicativo". Habermas ridefinisce la struttura del processo politico, in cui il "centro" rappresenta un sistema multipolare di governo, mentre la "periferia interna" è composta da associazioni, fondazioni e gruppi di esperti che amministrano il potere delegato dallo Stato. ➤ La "periferia esterna", coincidente con la sfera pubblica, ha il ruolo di articolare i problemi dalla base e portarli all'attenzione del centro. Questa periferia è strutturata in modo verticale in tre componenti: Sfera Pubblica Effimera o Episodica: Caratterizzata da discussioni informali e casuali. Sfera Pubblica Organizzata: Si forma in riunioni di partiti, eventi teatrali o manifestazioni religiose. Sfera Pubblica Astratta: Istituita dai mezzi di comunicazione, si caratterizza per la separazione spazio-temporale del pubblico. Anna Arendt definisce l'esperienza populista come un'esperienza interna della democrazia, coinvolgendo la periferia esterna in modo ambivalente. Essa funge da voce per le domande escluse, seguendo i reclami di Laclau, e simultaneamente agisce come dispositivo retorico nell'uso della sfera pubblica per costruire identità antagoniste basate sull'immedesimazione con il leader. Manin individua tre tappe evolutive del governo rappresentativo: parlamentarismo, democrazie dei partiti, democrazie del pubblico o dell'audience. L'ultima fase è significativa poiché il pubblico diventa sempre più fluido, rendendo difficile ancorarlo ad aggregazioni sociali in grado di interpretare le domande. Questa trasformazione comporta un "aggravamento" della distanza tra governanti ed élite, con la sfera pubblica che perde la sua forza critica a causa della mediatizzazione e della perdita di autonomia nella elaborazione delle questioni da parte della società civile. 8.4 Conclusioni Il populismo si presenta come un progetto politico che promette di "vivere e determinare gli eventi direttamente," ma crea una promessa illusoria. La mobilitazione del populismo segnala una crepa nella democrazia contemporanea, generando dis-identificazione e partecipazione spettacolarizzata. Il populismo porta a una cittadinanza passiva, segno dell'entropia della democrazia, con il leader populista elevato a ideale della rappresentanza. La democrazia, cessando di essere un bi-motore, diventa qualcosa di diverso e meno democratico. 17 Il capitolo 9 si focalizza sul fenomeno del discorso d'odio nella comunicazione pubblica dei regimi democratici. Di seguito, vengono riportati i principali temi trattati, gli esempi forniti e i paletti concettuali delineati nel capitolo: Temi Principali: Si analizza il fenomeno del discorso d'odio, noto come "hate speech," nell'ambito della comunicazione pubblica dei regimi democratici. Petrilli esplora diverse dimensioni del hate speech, dalla sua rappresentazione verbale alla sua capacità di causare danni psicologici e sociali. Si discute anche la difficoltà di distinguere tra emozioni legittime e comunicazione intollerante. Esempi Forniti: Il capitolo illustra il hate speech attraverso esempi concreti, come un post su Facebook contro la Presidente della Camera Laura Boldrini, fotomontaggi offensivi, e altri post su temi come il fondamentalismo islamico, il femminicidio, l'immigrazione e l'estrazione sociale. Paletti Concettuali: 1. Decadenza della Comunicazione Pubblica: Petrilli esamina la percezione della decadenza nella comunicazione pubblica e il concetto di un'età dell'oro passata, sottolineando che la comunicazione razionale è un "tipo ideale." 2. Ruolo della Tecnologia Informatica: Viene discusso il ruolo della tecnologia informatica come presunto agente guastatore, innescando la volgarizzazione del linguaggio. 3. Dimensione Legale: Si affronta il tema dei diritti e delle sanzioni relative all'hate speech, con una discussione sulla difficoltà di sanzionare un comportamento soltanto verbale. 4. Aspetto Verbale del Hate Speech: Petrilli analizza segnali linguistici riconoscibili, come il lessico dell'odio, per identificare con sicurezza il discorso d'odio. Definizione Pragmatica di Hate Speech: Il capitolo propone una definizione pragmatica di hate speech basata su quattro componenti strutturali: l'esclusione, il riferimento al parlante-hater, il riferimento al target da escludere, e il riferimento all'interlocutore incitato a condividere l'esclusione. Questa definizione cerca di distinguere il discorso d'odio dal discorso polemico, che mantiene aperto il canale della discussione intersoggettiva. Il Discorso dell'Odio e il Linguaggio Ordinario: Si sottolinea che lo hate speech è sempre un discorso non- descrittivo, che esprime ma non descrive. Petrilli collega il hate speech al "linguaggio ordinario," caratterizzato dalla sua indeterminazione semantica, facilitando la viralità e il collegamento con le fake news. Differenze tra Linguaggio Ordinario e Descrittivo: ➤ Indeterminazione Semantica: Il linguaggio ordinario è caratterizzato da un'indeterminazione semantica, il che significa che le parole possono avere significati ambigui o sfumati. Questo rende il linguaggio ordinario suscettibile di interpretazioni soggettive e aperte a molteplici comprensioni. Al contrario, il linguaggio descrittivo cerca precisione e chiarezza, cercando di fissare un significato specifico per le parole utilizzate. ➤ Espressività Emotiva: Il linguaggio ordinario spesso incorpora un alto grado di espressività emotiva. Le espressioni sono utilizzate per trasmettere emozioni, punti di vista personali e opinioni, rendendo il linguaggio più soggettivo. Nel linguaggio descrittivo, l'obiettivo è spesso rimuovere o ridurre l'espressività emotiva per concentrarsi su fatti e informazioni oggettive. ➤ Flessibilità e Informalità: Il linguaggio ordinario è più flessibile e informale, adattandosi facilmente a contesti diversi e consentendo l'uso di espressioni colloquiali. Al contrario, il linguaggio descrittivo segue spesso regole più formali e strutturate, mirando a una comunicazione chiara e accurata. ➤ Rappresentazione di Punti di Vista: Nel linguaggio ordinario, le persone spesso esprimono punti di vista personali senza necessariamente supportarli con dati oggettivi o argomentazioni. Nel linguaggio descrittivo, c'è un maggiore sforzo nell'usare argomentazioni basate su prove o ragionamenti logici. 20 Il Capitolo 11 esamina il caso delle audizioni del Congresso degli Stati Uniti relative all'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. 11.1 L’audience televisiva Tonello inizia sottolineando che negli Stati Uniti attuali non esiste una sola opinione pubblica, legata a differenti ecosistemi informativi, riferimenti politici e valori. L’inchiesta, parte di un'indagine sulle azioni dei sostenitori di Donald Trump, dovevano attirare un vasto pubblico e, effettivamente, hanno registrato un'ampia audience. 11.2 Televisione e indagini del Congresso Si esamina il ruolo della televisione nelle indagini del Congresso, risalendo a esempi storici come le audizioni sul crimine organizzato del 1951 e quelle di Joseph R. McCarthy nel 1954. Tonello sottolinea come il contesto informativo odierno sia diverso, caratterizzato da una frammentazione politica e da una comunicazione multi-direzionale. 11.3 Il nuovo ecosistema informativo e il format delle audizioni Tonello analizza l'ecosistema informativo contemporaneo, contrapponendolo a quello passato. Descrive il cambiamento dalla comunicazione unidirezionale e gerarchica a un ambiente caotico e frammentato, con la televisione ancora al centro. Le audizioni del 2022 sono esaminate per il loro format e la scelta di Liz Cheney come conduttrice, una repubblicana anti-Trump, che ha contribuito a rafforzare la credibilità della commissione. 11.4 Cattive notizie e (dis)interesse per le news Tonello discute del calo di interesse per le notizie nel 2021 e nella prima metà del 2022. Rileva che solo alcune notizie hanno attirato l'attenzione, evidenziando un'indagine del Reuters Institute secondo cui una parte significativa degli americani evita le notizie. Durante le elezioni, la divisione del paese persiste, con opinioni contrastanti sulla loro equità. 11.5 11.5 Conclusioni Tonello conclude che, nonostante le rivelazioni sulle azioni dell'6 gennaio, il sistema politico non è stato sconvolto come ci si potrebbe aspettare in un contesto unidirezionale. L'attuale frammentazione dell'ecosistema informativo riflette la divisione geografica, emotiva e culturale degli Stati Uniti. L'autore sottolinea la difficoltà crescente nel distinguere lo spettacolo dalla realtà e l'indifferenza di molti cittadini nel farlo. L'ecosistema informativo riflette questa realtà di divisione e frammentazione. 21 Il Capitolo 12 esplora la questione della post-verità e rifacendosi alla tradizione ermeneutica del Novecento. Si esplora le dinamiche della post-verità, analizzando il legame tra linguaggio politico, emozioni, nuove tecnologie e rappresentazione mediatica nella costruzione della realtà e della verità. 12.1 La realtà come rappresentazione Baldi inizia il capitolo collegando la post-verità alla tradizione ermeneutica, sottolineando come la verità sia intrinsecamente legata a un processo linguistico e retorico. Citando Lippmann, esplora il concetto di pseudo-ambiente e stereotipi di realtà, evidenziando la forza del linguaggio politico nel processo interpretativo. Il discorso politico e l'uso di linguaggio forte rispondono alla logica della rappresentazione del mondo e della realtà, sostituendo un'immagine del mondo interpretabile nei termini dei pregiudizi dell'opinione pubblica. La "post-verità" è un termine che si riferisce a un contesto in cui le emozioni e le credenze personali hanno un impatto più significativo sull'opinione pubblica rispetto ai fatti oggettivi. In situazioni di post-verità, la veridicità degli eventi o delle informazioni diventa meno rilevante rispetto all'abilità di un'idea o di un messaggio nel plasmare le opinioni e le percezioni delle persone. In altre parole, la post-verità si verifica quando le convinzioni personali e le emozioni influenzano più delle prove empiriche o dei fatti verificabili nella formazione dell'opinione pubblica. Questo fenomeno è spesso associato a cambiamenti nella comunicazione mediatica, in particolare all'aumento delle piattaforme sociali e alla diffusione rapida di informazioni attraverso Internet. La capacità di condividere rapidamente notizie e opinioni su scala globale può portare a una proliferazione di informazioni distorte o fuorvianti. Le false notizie (fake news) e la manipolazione delle informazioni possono alimentare la post-verità, influenzando l'opinione pubblica attraverso strategie emotive e narrativi accattivanti, indipendentemente dalla validità dei fatti. 12.2 Totalitarismi deboli Si analizza il ruolo delle emozioni nella costruzione dei fatti, sottolineando la radicazione della comunicazione nelle emozioni e nell'immaginario collettivo. Esplora il legame tra globalizzazione, individualizzazione e insicurezza sociale, evidenziando come i social media contribuiscano alla parcellizzazione della società. Baldi riflette sulle nuove tecnologie e la loro capacità di trasformare opinioni in verità, portando a un'adesione acritica senza spazi per l'argomentazione veritiera. 12.3 Verità difficili tra realtà e immaginario Il discorso politico, secondo l'autrice, riflette la condivisione di credenze più che la comprensione dei fatti. Esplora il ruolo delle argomentazioni fallaci o incomplete nel discorso politico, sottolineando come la post-verità, in connessione con le verità alternative, giochi un ruolo cruciale nei processi di cambiamento. I social network sono presentati come luoghi di ribellione contro le verità istituzionali. 12.4 Rappresentazione mediale e nuova realtà La pandemia da Covid-19 è introdotta come un contesto in cui la paura diventa uno spazio semiotico nel processo comunicativo. Baldi esamina la strategia performativa della comunicazione durante la pandemia, evidenziando come media e tecnologia del sé abbiano plasmato la nuova realtà delle persone. Sottolinea il ruolo degli esperti e l'uso della decretazione d'emergenza nella comunicazione della pandemia, esaminando il controllo esercitato dai media sulla percezione della realtà e il rischio di manipolazione. 12.5 Osservazioni conclusive Il capitolo conclude analizzando il ruolo dell'opinione pubblica nella produzione delle verità alternative, sottolineando la relativizzazione della realtà e l'indecidibilità della verità stessa. Baldi collega argomentazione, verità e libertà, considerando l'interpretazione autentica come un bene comune democratico che non appartiene a un'élite. 22 Il capitolo 13 offre una panoramica critica delle sfide introdotte dai social network alla sfera pubblica, analizzando il ruolo di Jurgen Habermas in questo contesto e sottolineando le conseguenze sulla comunicazione politica, la polarizzazione e la verità nell'era digitale. 13.1 Introduzione: La Sfera Pubblica alla Prova dei Social Network Il capitolo esplora la nozione di "sfera pubblica" nell'era dei social network, con un focus su Jurgen Habermas e la sua concezione. Si discute della sua teoria della sfera pubblica come "concetto faro" e di come i social network abbiano introdotto nuove dinamiche sfidando il modello habermasiano. Alcuni studiosi citati includono Slavko Spichal, che critica la banalizzazione operativa del concetto, e Habermas stesso. Focus su Jürgen Habermas Jürgen Habermas è un filosofo e sociologo tedesco noto soprattutto per la sua teoria della "sfera pubblica." Nell'ambito delle scienze sociali, Habermas ha sviluppato il concetto di sfera pubblica come uno spazio sociale in cui i cittadini partecipano attivamente al dibattito pubblico, contribuendo così alla formazione dell'opinione pubblica e al processo democratico. La sfera pubblica, secondo Habermas, dovrebbe essere un luogo di discussione razionale e inclusiva. Il Modello Habermasiano Il modello habermasiano della sfera pubblica si basa sulla premessa che il dibattito pubblico razionale sia essenziale per una società democratica. Habermas immagina una sfera pubblica in cui i cittadini, indipendentemente dalle loro differenze sociali, partecipino a discussioni pubbliche informate e critiche. Questa sfera dovrebbe essere libera da influenze coercitive, consentendo a tutti di esprimere le proprie opinioni e ragionare insieme per raggiungere un consenso razionale. Habermas definisce alcune caratteristiche chiave della sfera pubblica ideale ➤ Accesso Universale: Tutti i cittadini devono avere l'opportunità di partecipare al dibattito pubblico. ➤ Libertà di Espressione: Gli individui devono poter esprimere liberamente le proprie opinioni senza restrizioni e censura. ➤ Ragionamento Razionale: La discussione deve essere basata su argomenti razionali e informazioni accurate. La Critica di Slavko Spichal: Slavko Spichal solleva una critica riguardo alla "banalizzazione operativa" del concetto di sfera pubblica nelle ricerche demoscopiche. Egli contesta l'associazione troppo stretta tra sfera pubblica, opinione pubblica e aggregazione di opinioni personali. La sua critica sembra centrarsi sull'uso operativo e semplificato del concetto di sfera pubblica in contesti di ricerca, dove, secondo lui, si rischia di perdere la complessità concettuale originaria di Habermas. In altre parole, Spichal sembra sottolineare che la sfera pubblica non dovrebbe essere ridotta a una mera somma di opinioni individuali, ma dovrebbe preservare la sua funzione di luogo di discussione razionale e critica. Questa critica mette in luce l'importanza di mantenere un approccio rigoroso e concettualmente robusto quando si applica il concetto di sfera pubblica nelle ricerche empiriche, evitando semplificazioni eccessive che potrebbero compromettere la comprensione del fenomeno. 13.2 Una Comunicazione Simmetrica Meno Astratta Habermas esamina come la digitalizzazione e l'interconnessione abbiano radicalmente cambiato la "fisica della comunicazione," creando uno "spazio virtuale inglobante." Si discute della trasformazione delle dinamiche di comunicazione, dall'anonimato e asimmetria della comunicazione di massa a uno scambio più interattivo e deliberativo. Si evidenzia il ruolo dei social network come terza grande innovazione mediatica e si discute della potenziale emancipazione offerta dai social network. 25 Il capitolo 14 affronta il tema dell'influenza del capitalismo sull'opinione pubblica, esaminando come il capitalismo contemporaneo interagisca con le correnti critiche, con un focus particolare sull'ambiente. La discussione si basa su teorie della Scuola di Francoforte e viene arricchita da contributi più recenti, incluso il lavoro di Bernard Stiegler. 14.1 Correnti critiche e cultura del capitalismo Si sottolinea la lunga storia dello studio dell'influenza del capitalismo sull'opinione pubblica, con riferimenti alla Scuola di Francoforte. Bernard Stiegler afferma che il capitalismo contemporaneo, attraverso la tecnologia, espropria le capacità cognitive necessarie per contestare l'ordine imposto. Si inizia analizzando il tema ambientale e come le critiche di insostenibilità siano emerse dopo la crisi del 2008. 14.2 Il circuito di espropriazione, appropriazione e rilancio della critica Si descrive un circuito che coinvolge l'espropriazione iniziale delle critiche al capitalismo, l'appropriazione di tali critiche attraverso il discorso e le pratiche commerciali, e infine il rilancio della critica su nuove basi. Si fa riferimento al concetto di "greenwashing" e alle metriche implementate dalle imprese per registrare le emissioni, sottolineando come il capitalismo si adegua a nuovi temi emergenti, come la sostenibilità. 14.3 La nuova ondata di critica ambientalista Si esplora la seconda ondata di critica, particolarmente incentrata sul tema ambientale e sulla crescente attenzione politica e sociale ad esso. Si discute della strumentalizzazione della sostenibilità da parte del capitalismo digitale, che la riduce a un ruolo ancillare rispetto alle nuove tecnologie. Si evidenzia la connessione tra la critica ambientalista e la critica sociale classica alle disuguaglianze tra paesi. 14.4 Conclusioni: Si sottolinea che le relazioni tra correnti di opinione pubblica critiche al capitalismo e la cultura del capitalismo rimangono aperte nelle loro evoluzioni e negli effetti. Si invita a considerare gli attori economici nello studio dell'opinione pubblica per comprendere meglio l'influenza che esercitano in diversi momenti storici. Si propone l'approfondimento del rapporto tra il capitalismo e le opinioni pubbliche in contesti nazionali specifici, come la Francia, l'America o l'Italia. L’indagine sul rapporto del capitalismo con le opinioni pubbliche come in Francia e in America, nel contesto italiano, potrebbero avere più seguito in modo da permettere di stabilire comparazioni e di approfondire il peso che altri attori, tra cui la politica e i media, hanno nella relazione tra opinioni pubbliche e cultura economica. 26 Il capitolo 15 offre un'analisi approfondita della storia dell'opinione pubblica, dalla prospettiva di autori come Manzoni e Leopardi fino alle interpretazioni novecentesche e alla formulazione del modello della doxasfera. La sua riconfigurazione digitale ed emotiva aggiunge un ulteriore strato di complessità, sottolineando la necessità di considerare le dinamiche emotive nelle discussioni sulla formazione dell'opinione pubblica. 15.1 Manzoni, Leopardi e l’opinione pubblica Si evidenzia l'intreccio delle opinioni di Manzoni e Leopardi sugli italiani nel contesto dell'industria editoriale ottocentesca. Entrambi gli autori propongono una "specificità italiana" come risposta alla mancanza di identità, influenzando la formazione di uno spirito pubblico nazionale moralmente orientato. 15.2 Interpretazioni novecentesche dell’opinione pubblica Si menziona il lavoro di Elisabeth Noelle- Neumann sulla spirale del silenzio, che considera l'opinione pubblica come un fenomeno globale legato alla difficoltà individuale di esprimere opinioni contrarie alla maggioranza. L'introduzione dei sondaggi, con l'esempio del lavoro di George Gallup, e il loro ruolo nel fornire una "fotografia" delle opinioni di massa. Lavoro di George Gallup e il ruolo dei sondaggi nella fotografia delle opinioni di massa: ➤Rappresentatività del Campione: Il campione sarebbe stato una "fotografia" rappresentativa di ciò che l'intera popolazione avrebbe potuto pensare. ➤Fotografia istantanea: L'uso dei sondaggi ha consentito di ottenere una sorta di "fotografia istantanea" delle opinioni di massa in un dato momento. ➤ Comprendere le Dinamiche Sociali: I sondaggi non solo hanno fornito dati numerici, ma hanno anche contribuito a comprendere le dinamiche sociali. ➤ Strumento per i Decision Maker: Conoscere le opinioni di massa ha consentito loro di adattare le strategie in base al sentire prevalente, aiutando a plasmare campagne e politiche. 15.3 Il modello della doxasfera La doxasfera come luogo metaforico contenente quattro ambiti attoriali: decisori, movimenti di pressione, media e moltitudini. Si delineando le interazioni strategiche tra questi quattro ambiti. Si sottolinea la riconfigurazione della doxasfera nel contesto digitale connesso, indicando l'importanza di considerare le dinamiche emotive. Ambienti Elettorali: Ambiente legato agli attori elettorali, si studiano le dinamiche legate alle campagne elettorali, alle strategie dei partiti, alle preferenze degli elettori e agli esiti delle elezioni. Decisori: Ambiente in cui si trovano coloro che prendono decisioni di rilievo, come politici, leader aziendali o figure chiave in altri contesti decisionali. Comprende l'analisi delle decisioni che questi attori prendono e come tali decisioni possono influenzare l'opinione pubblica o essere influenzate da essa. Gruppi di Pressione: Ambienti in cui agiscono organizzazioni o gruppi che cercano di influenzare le decisioni politiche o sociali. Come riescono a plasmare l'opinione pubblica o ad ottenere cambiamenti nelle politiche. Moltitudini: Il vasto insieme della popolazione, spesso riferito come l'opinione pubblica collettiva. Ambiente coinvolge le persone comuni, e il suo studio mira a comprendere le varie opinioni, valori e atteggiamenti presenti nella società. Media: Ambiente delle comunicazioni di massa, che include stampa, televisione, radio, e, più recentemente, anche i media digitali. I media svolge un ruolo significativo nella formazione dell'opinione pubblica, 15.4 Conclusioni Si discute l'ambiguità dell'espressione "opinione pubblica" e la sua relazione con la modernità e lo sviluppo della comunicazione di massa. Si riflette sulla riconfigurazione della doxasfera nel contesto digitale, evidenziando la complessità dei conflitti di opinione e la necessità di comprendere i processi sottostanti.
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