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Marazzini, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

riassunto marazzini

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014
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Caricato il 27/11/2014

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Scarica Marazzini e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Il graffito della catacomba di Commodilla a Roma - Anonimo e senza indicazione cronologica. - Luogo di culto dei santi Felice e Adautto fino al IX sec. quando i corpi furono traslati e il luogo cadde in abbandono. - Iscrizione sullo stucco della cornice di un affresco. - Datazione post quem VI-VII sec (data affresco)- ante quem metà IX sec (data abbandono) → antecedente Placito 960. “Non dicere ille secrita a bboce” → orazioni segrete della messa. - Autore potrebbe essere un religioso che invitava i colleghi a recitare a bassa voce i Canoni della messa. - Coesione di caratteri capitali romani e lettere onciali nei trattini ornamentali della L (tipici della cultura romana cristiana dal IV al VIII sec.) • “A bboce” seconda B aggiunta in seguito nello spazio residuo → rende la pronuncia di VOCEM> BOCE con betadismo e raddoppiamento fonosintattico. • Secrita, femm. plur. in cui la I è una grafia per la Ē • Ille, dimostrativo usato come articolo L'iscrizione della basilica romana di San Clemente - Affresco in cui parole in latino e volgare sono state dipinte accanto ai personaggi rappresentati con un fine didascalico. - Narra una storia miracolosa: il patrizio romano Sisinnio ha ordinato ai suoi servi di catturare il santo Clemente, i servi ubbidiscono, ma si illudono di trascinare il suo corpo mentre in realtà si tratta di u023na pesante colonna. - Probabilmente dipinto negli anni successivi alla costruzione del muro su cui è stato dipinto l'affresco, circa 1084. - Coesistenza di latino e volgare: • Latino: l'iscrizione posta sopra la scena del miracolo in cui si leggono i nomi dei committenti e la frase pronunciata da San Clemente che esprime un giudizio morale sull'accaduto “Duritiam cordis vestris saxa traere meruistis- per la durezza dei vostri cuori mertate di trascinare delle pietre”. Duritiam ha valore di ablativo causale, vestris è errato rispetto alla norma grammaticale latina. • Volgare: espressionismo plebeo fino al turpiloquio. Successione dei pronomi in FALITE> FAC (IL)LI TE, RB>RV in Carvoncelle, VARBA per BARBA, FILI pronunciato FIGLI già nel volgare del III sec. IL DUECENTO Dai provenzali ai poeti siciliani - Scuola siciliana → prima scuola poetica italiana di inizio XIII sec. presso la Magna Curia di Federico II di Svevia (Dante regale solium erat Sicilia). - Antecedenti erano la letteratura francese in lingua d'oil e provenzale in lingua d'oc, lingua della poesia, sviluppatasi nelle corti d'Aquitania e Delfinato, estesa al di là delle Alpi in Italia settentrionale, dove imitano i trovatori scrivendo versi provenzali. - I Siciliani imitarono la poesia provenzale, con l'innovazione di usare il volgare siciliano. - Scelsero il siciliano per un motivo formale e l'iniziatore della scuola, Giacomo da Lentini, era siciliano, lo stesso Federico poetò in quella lingua, ma molti poeti della scuola non lo erano (Percivalle Doria, Giacomino Pugliese); la corte era un ambiente internazionale, aperto alla cultura araba, e Federico conosceva bene il latino (trattato di falconeria De arte venandi cum avibus). - Poesia formalizzata e raffinata, con numerosi termini provenzali in -agio coragio, -anza amanza, alternanza di forme acqua/aigua, da partenza (divisione) per calco semantico deriva il termine italiano. - Inizio '800 ci furono delle resistenze patriottiche ad ammettere come guida la poesia di Provenza: Perticari immaginò che i poeti della scuola siciliana avessero scritto in un volgare illustre comune a regolarizzazione. - Il De Vulgari composto in esilio, prima della Commedia, incompiuto, primo trattato su lingua e poesia volgari, sconosciuto fino al '500, quando fu pubblicato in traduzione italiana dal vicentino Trìssino e divenne un testo fondamentale nel dibattito sulla lingua del Rinascimento. - Venne sostenuta la tesi della sua falsità da quelli che non tolleravano le pagine di condanna al volgare toscano, preferendo il bolognese ed il siciliano illustre. - Nel 1577 venne pubblicato a Parigi il testo in latino. - Nell'800 Manzoni tentò di sminuirne l'importanza nel dibattito sulla lingua asserendo che aveva come oggetto solo la poesia, non la lingua in generale. - Dante inizia dalla creazione dell'uomo, unico essere dotato di linguaggio. Caratteristica delle lingue è il loro mutare continuo, mentre la grammatica è un'invenzione dei dotti che frena questa mutevolezza e garantisce la stabilità necessaria per l'esistenza di una letteratura → il volgare, per diventare letterario, deve acquistare stabilità. Concentra la sua attenzione sull'Europa, nel Nord e Nord-est si parlano lingue in cui sì si dice iò, nel centro sud si parla la lingua d'oil, d'oc, il volgare del sì, in Grecia e nelle zone orientali il greco. Dal particolare allo specifico tratta poi del gruppo con origine comune del francese, provenzale e italiano. Passa poi all'area italiana per cercare il volgare migliore → illustre, che desse lustro a chi lo parlasse, cardinale, perché, come il cardine della porta, fosse il fulcro attorno al quale ruotassero gli altri dialetti, regale e curiale, perché degno di essere parlato nelle corti e nei tribunali. Nessuno di essi si dimostra all'altezza, anche se risultano migliori il bolognese ed il siciliano di alto livello. La nobilitazione del volgare deve avvenire tramite la letteratura, da qui la condanna del toscano e dei suoi poeti, come Guittone d'Arezzo che ha uno stile rozzo e plebeo Dante lirico - Le sue prime esperienze poetiche sono radicate nella cultura di Firenze e sono presenti gallicismi e sicilianismi, anche se diminuiscono le parole con suffissi in -enza -anza e cresce il lessico poetico, alcuni meridionalismi come saccio e provenzalismi avvenente e parvente sono presenti solo nelle sue prime liriche. - Nella Vita nuova c'è un connubio tra poesia e prosa, che è posta al suo servizio e gerarchicamente inferiore. Il ritardo della prosa - E' presente uno sfasamento tra poesia e prosa, che ancora al tempo di Boccaccio era alla ricerca dei suoi modelli. - Il Novellino del XIII sec. ha una vistosa semplicità sintattica Il primato del latino e i volgarizzamenti - Il latino ha il primato assoluto nel campo della prosa, quasi tutti i documenti giuridici, amministrativi, filosofici, religiosi, medici sono in latino - Talvolta il latino presenta tracce di un espressività tipica del parlato volgare → Chronica del frate Salimbene de Adam ricorrono parole come truffa, ribaldus, raviolos. - Volgarizzamenti sono rifacimenti, traduzioni e imitazioni di testi classici in latino; le traduzioni risentono dell'influsso del testo imitato, come il verbo in clausola alla latina o la sequenza determinante-determinato. - Minore è l'influenza del francese, anche se non mancano opere in questa lingua, come la stesura originale del Milione di Rustichello da Pisa del 1298 o il Tresor di Brunetto Latini. Il numero di prestiti lessicali è numeroso nel volgare del '200, come giadì (un tempo da jadis) e argento per denaro, ma molti caddero in disuso già dal '400. Varietà linguistica della prosa duecentesca Bologna → Guido Faba, Gemma purpurea, trattato di retorica con alcune formule in volgare; Parlamenta et epistole, modelli di oratoria e lettere in lingua bolognese illustre a cui applica le regole retoriche. I tratti dialettali vengono in gran parte eliminati: • voi e noi sono prive di metafonesi e si discostano dalla parlata locale • metafonesi in audrite e intenderite • salde le consonanti sorde intervocaliche • sono presenti elementi di natura poetica, come il cursus, clausole ritmiche impiegate per terminare il periodo Arezzo → Guittone d'Arezzo nella sua prosa • latinismi • lessico di origine poetica • meridionalismi di origine siciliana aggio, saccio → Frate Ristoro, trattato scientifico Composizione del mondo in volgare • tecnicismi epiciclo, equatore, zodiaco (anche nella Commedia) - La prosa viene usata per lo più in occasioni pratiche, per es. nei traffici mercantili. Resta un esempio nel trattato di pace tra Pisa e Tunisi del 1264, in volgare tranne l'annotazione notarile di traduzione ufficiale all'arabo che è in latino. TRECENTO Dante e il successo del toscano La Commedia è un'opera compiuta durante l'esilio presso le corti dell'Italia settentrionale e questo connubio tra nord e centro favorì l'espansione del toscano. Il processo fu aiutato dal prestigio di altri due autori toscani, Petrarca e Boccaccio (le tre corone). Altri elementi che avrebbero potuto portare alla diffusione del toscano sono la vivacità della cultura e società fiorentina, la sua ricchezza che le permetteva di intraprendere rapporti mercantili in tutta Italia, il fatto che il fiorentino fosse una lingua intermedia tra le varie parlate e la sua somiglianza al latino. Varietà linguistica della Commedia Con quest'opera Dante ci fornisce la sensazione di una lingua matura e completa, ricca di forme quanto il latino. Fonti alle quali attinge: • classici • sacre scritture • filosofia tomistica • scienza medievale - latinismo → VI canto del Paradiso, discorso di Giustiniano sulla storia provvidenziale dell'Impero cirro negletto “capigliatura arruffata” per indicare Cincinnato, verbo labi è usato da Orazio, Ovidio, Virgilio, tolle, cuba, baiulo termine del latino delle Scritture che si riferisce a Ottaviano Augusto e significa “portatore di aquila imperiale”, latra che sopravvive ancora oggi, colubro per serpente e che oggi è un tecnicismo, atra sta per atra dies il giorno della morte nell'Eneide, lito rubro è il Mar Rosso dell'Eneide, era fatturo ricalca il costrutto perifrastico attivo facturus erat. Sono presenti anche termini tecnici- scientifici tetragonus da Boezio, emisperio, ma anche termini arabi come cenit, lo zenit. - plurilinguismo contrapposto al monolinguismo lirico per varietà di tono; si passa dal profondo dell'Inferno, con i canti delle Malebolge e i termini raffi, runcigli, al finale del canto XXI cul che fa trombetta, al sublime del Paradiso, anche se parole forti sono presenti anche nel Paradiso cloaca, puzza di San Pietro, grattar dov'è la rogna di Cacciaguida. - Sono presenti interi passi in latino (discorso di Cacciaguida) e in provenzale (Arnaut Daniel), ma , scritta in volgare con pesante latinizzazione con intenti seri. Viene combinato un volgare toscano e boccaccesco con patina settentrionale illustre al latino aureo, ispirandosi a Apuleio e Plinio achi crinali, forcine per capelli. - La commistione con latinismi è presente anche nella prosa colta dell'epoca, soprattutto nella koinè padana quattro-cinquecentesca. Fenomeni di mescidanza nella predicazione Nell'italia settentrionale alcuni predicatori si esprimono in una commistione di latino e volgare, simile al linguaggio macaronico. Già nella predica medievale in volgare erano presenti elementi in latino come la citazione delle scritture o dei padri della chiesa; qui però il latino convive con una vistosa dialettalità, che a volte fa pensare al gusto per il comico. Altri casi di contaminazione tra latino e volgare Il latinismo in alcuni documenti in volgare è legato alla consuetudine. - Nelle lettere si possono trovare in latino alcune formule iniziali e finali. In una lettera di Esterolo Visconti al duca Sforza del 1451 si rivolge allo Sforza in vocativo con i termini princeps e domine, in latino è l'indicazione di data e luogo e l'indicazione del mittente. A volte sono presenti anche frasi o parole latine che sono così ricorrenti che la loro latinità passa inosservata cum per con, maxime, non solum. - Nei documenti giuridici sono in latino i termini tecnici, o se l'intero testo è il latino sono in volgare parti che sono citazioni del parlato. Leon Battista Alberti, una nuova fiducia nel volgare. Nel '400 il trattato De vulgari non era conosciuto, fu quindi decisiva l'opera di Alberi, iniziatore dell'umanesimo volgare, che scrisse opere in poesia e in prosa il trattato Della Famiglia, nel cui proemio al III libro esprime la sua posizione: riprendendo le posizioni di Biondo Flavio contro il Bruni attribuisce la caduta della lingua latina alla calata dei barbari, che introducono nel linguaggio dei barbarismi, compito del volgare, pur nato dalla barbarie, è riscattarsi rendendosi ornato e copioso; bisognava imitare i latini nello scrivere in una lingua universalmente conosciuta e la promozione del volgare doveva essere di livello alto e affidata ai dotti, usa inoltre tratti popolari coevi della lingua toscana. La grammatica della lingua toscana Realizza la prima grammatica italiana, tramandata da un codice apografo scritto per il Bembo, conservato nella biblioteca vaticana e prende il nome di Grammatichetta vaticana. Polemizza con quelli, come Bruni, che sostenevano che il latino fosse proprio solo dei dotti. È una sfida: dimostrare che il volgare ha una sua struttura grammaticale. Non fu però data alle stampe e non circolò. Presta attenzione al toscano del suo tempo: articolo el anziché il che era stato dominante fino al '400, imperfetto in -O al posto di -A che era sconosciuto alle tre corone. Il certame coronario Istituito nel 1441, gara di componimenti in volgare. La giuria di umanisti non assegnò il premio e lo fece fallire, così le fu indirizzata un'anonima protesta. L'aspirazione al primato di Firenze Con Lorenzo il Magnifico si rilanciò il toscano, nel proemio al Comento ad alcuni suoi sonetti, ha una concezione patriottica, diventa tesoro e patrimonio mediceo. Lo scrittore Landino fu cultore della poesia di Dante e Petrarca e li introdusse negli insegnamenti universitari, nega la naturale inferiorità del volgare e invita i concittadini a impegnarsi per ottenere il principato della lingua. Landino traduttore di Plinio Commentò l'opera di Dante e tradusse in volgare con voci popolari toscane la Naturalis Historia di novellistico. Le varie scriptae (vari linguaggi a seconda dei luoghi e ambienti) nel '400 tendono a conguagliarsi ed eliminare i tratti più vistosamente locali, evolvendosi verso forme di koinè, lingua comune superdialettale, accogliendo latinismi e appoggiandosi al toscano. Nelle corti a partire dal '400 le manifestazioni scritte del volgare, pubbliche o private, aspiravano a raggiungere una livello sovraregionale di koinè, perché i rappresentanti diplomatici dei vari principati dovevano adeguare il loro volgare a quello che incontravano. L'influenza del toscano si fece sentire sugli scriventi, che erano lettori attenti dei toscani, e potevano più o meno coscientemente trasportare nella scrittura forme dei testi letti. Lo scarto tra scrittura pratica e letteraria restava però elevato: le lettere di Boiardo sono meno formalizzate e toscanizzate delle liriche d'amore, sono presenti tratti settentrionali come barba per zio, lune per lunedì, toscanismi letterari come il invece che el, latinismi, che non sono esibizioni artificiose, ma scelte dovute all'incertezza di uso linguistico non ancora codificato. - Si diffuse anche nell'uso tecnico-scientifico → matematico Tartaglia, commento a Vitruvio di Cesariano. - Baldassar Castiglione nelle sue lettere usa una koinè cancelleresca mantovana, e man mano che veniva a contatto con le corti più importanti d'Italia se ne distacca, elimina dopo la permanenza ad Urbino le forme metafonetiche nui-vui. Modelli della lingua toscana nelle corti d'Italia - Il volgare toscano acquista prestigio dalla seconda metà del '300, si diffusero la Commedia ed il Canzoniere, così come il Decameron erano presenti nelle biblioteche delle famiglie signorili. Nelle biblioteche di studio di taglio umanistico erano preponderanti invece gli autori classici latini; il pubblico era almeno bilingue. - A Milano per scelta di Filippo Maria Visconti, che amava Petrarca e Boccaccio, fece fare un commento all'Inferno di Dante e Petrarca da Filelfo. Ludovico il Moro, duca di Milano, e la sua cerchia dimostravano simpatia per il fiorentino, i rimatori di corte prendevano a modello Petrarca. La tipografia milanese a partire dagli anni 70 del '400 diede spazio alle tre corone, e questo significava un apprezzamento da parte dei lettori. A Milano inoltre circolavano oratori, ambasciatori e uomini d'affari fiorentini. - Venezia dal 1470 stampato il Canzoniere e poi il Decameron. - Tra Reggio e Ferrara operava Boiardo, che negli Amorum libri imitava Petrarca con una forte toscanizzazione. - Presso i Gonzaga di Mantova vennero accolti Poliziano che compose l'Orfeo, componimento teatrale, e Leon Battista Alberti. Un caso di toscanizzazione nel settentrione: la lirica di Boiardo Visse a Ferrara alla corte degli Estensi; assimilò il toscano librescamente senza percepirlo come una lingua viva e fu influenzato da Petrarca e dal latino; latinismi nel vocalismo tonico, in cui ricorrono -I e -U al posto di -E e -O simplice, firma, summo, forme nui e vui esito della metafonesi e della matrice siciliana, tratto toscano è l'anafonesi lingua, vermiglio, nel consonantismo prevale la fonetica locale. Il poema incompiuto l'Orlando innamorato di cui possediamo due stampe più dialettalizzate e un manoscritto più toscanizzato. Il linguaggio della lirica nell'Italia meridionale Francesco Galeota, Jacopo de Jennaro → alternanza tra forme con e senza anafonesi, oscillazione tra -AR protonica locale e -ER fiorentino nei futuri e condizionali, oscillazione tra i possessivi toa soa e i toscani tua e sua, forme meridionali come iorno, iace, articoli lo lu, futuro in -AIO e - AGGIO. La generazione successiva con Sannazzaro si stacca ancora di più dalle forme locali, l' Arcadia di genere bucolico in cui si alternano egloghe pastorali e parti in prosa, prima prosa d'arte composta fuori dalla Toscana ed esempio di revisione linguistica di uno scrittore linguisticamente periferico. CINQUECENTO Italiano e latino - Secolo di trionfo della letteratura in volgare, che erose il monopolio linguistico del latino e raggiunse un ampio pubblico. - Determinante l'importanza delle Prose della volgar lingua di Bembo. - Si stampano le prime grammatiche ed i primi lessici, a volte fusi nella stessa opera, che rispondevano alle necessità pratiche per scrivere correttamente. - Tramonta la scrittura di koinè, che rimase appannaggio dei ceti meno colti. - L'italiano ottene lo status di lingua di cultura, con prestigio all'estero. - Il latino predomina nel campo amministrativo, gli statuti delle città erano in latino, ma alcune a metà del'500 li tradussero in volgare. In campo giuridico il latino era egemone, ma prese sempre più piede il volgare nei processi e nelle verbalizzazioni. Ne abbiamo un esempio nelle carte del processo a Tommaso Campanella o a Giordano Bruno, dove si ha una mescolanza. - Nel campo del diritto civile, ad es. nei privilegi (concessioni con cui veniva attribuita un'esclusiva sulla stampa ad un singolo tipografo) prevale il latino, anche in Piemonte dove nel 1560 Emanuele Filiberto aveva introdotto l'italiano nelle procedure giudiziarie. Nelle scritture giuridico-normative sono a volte presenti termini locali: camallo(scaricatore di porto) in Liguria, in Lombardia che era sottoposta al governo spagnolo termini come alborotto (tumulto). Pietro Bembo dalle edizione aldine del 1501-1502 alle Prose - Sodalizio con l'editore veneziano Aldo Manuzio, che nel 1499 aveva stampato come prima opera in volgare l'Hypnerotomachia (polifilesco) e nel 1500 le Lettere di Santa Caterina in un volgare che richiama la koinè settentrionale. Nel 1501 stampò Virgilio e Orazio in formato tascabile e Petrarca curato da Bembo, nella premessa dell'edizione veniva difeso il testo dalle rimostranze di chi vi vedeva un allontanamento dalle grafie latineggianti, visibile già dal titolo Le cose volgari e non Le cose vulgari e venne introdotto il segno dell'apostrofo. Nel 1502 pubblicò la Commedia curata da Bembo. - Nel frattempo Bembo scrisse gli Asolani, stampato nel 1505, una prosa trattatistica e filosofica in cui imitava Boccaccio in una prosa teorizzata poi nelle Prose. - Nel 1525 stampò le Prose, in tre libri di cui il terzo è una grammatica poco sistematica e in forma dialogica. Il dialogo delle prose è ambientato nel 1502 tra quattro personaggi che rappresentano una diversa tesi: Giuliano de Medici l'umanesimo volgare, Federico Fregoso tesi storiche, l'umanista Ercole Strozzi le tesi avverse al volgare, il fratello Carlo Bembo quelle di Pietro. Inizia con un'ampia analisi storico-linguistica, in cui prende le distanze dalla tesi di Bruni in cui l'italiano era esistito nell'antica Roma come lingua popolare, e adotta quella di Biondo Flavio per cui il volgare erano nato come contaminazione del latino da parte dei popoli barbari e andava riscattato dagli scrittori tramite la scrittura (Alberti) e che andava migliorando a differenza del provenzale che aveva preceduto l'italiano nel successo letterario → letteratura e lingua sono inscindibili. Con volgare indica il toscano del '300 di Petrarca, Boccaccio e in parte Dante, per questo i toscani sarebbero avvantaggiati nella conversazione, ma correrebbero il rischio di accogliere parole popolari che macchiano la dignità della scrittura. Infatti la lingua non va acquisita dal popolo, ma dai modelli letterari delle tre corone. Per questo non apprezzava della Commedia le parti più basse, e del Decameron prendeva ad esempio non i dialoghi delle novelle, ma lo stile del Boccaccio. Con questa teoria si correva però il rischio di un'imbalsamazione dell'italiano, che però si auspicava che per la sua giovinezza potesse raggiungere risultati eccellenti grazie alla regolamentazione proposta nelle Prose. La teoria cortigiana - E' grazie a Bembo che conosciamo le teorie di Calmeta, secondo il quale la lingua doveva essere appresa dai testi di Dante e Petrarca e raffinata nelle corte di Roma che era al di sopra dei particolarismi municipali e cosmopolita, in cui si parlava una lingua sovraregionale di base toscana. - Mario Equicola parla a questo proposito di una lingua commune, che poteva accogliere vocaboli da tutte le regioni d'Italia senza essere plebea e con una coloritura latineggiante. - Lo stesso aggettivo viene usato da Baldassar Castiglione nel Cortegiano del 1528. il difetto di questa teoria rispetto a quella del Bembo era che fosse difficile da definire in maniera precisa, mentre il Bembo offriva un modello più rigoroso a cui i letterati potessero attenersi. La teoria italiana di Trissino Legata alla riscoperta del De Vulgari eloquentia, nel 1529 Trissino diede alle stampe il trattato in una traduzione italiana. Nello stesso anno pubblicò il Castellano, un dialogo in cui sosteneva che la lingua poetica di Petrarca non era definibile come fiorentina, ma italiana, perché conteneva termini provenienti da ogni parte d'Italia. Negava la fiorentinità della lingua italiana e faceva appello alle pagine di Dante di condanna della lingua fiorentina ed era convinto che la Commedia ne fosse una concreta realizzazione. La cultura toscana di fronte a Trissino e a Bembo - Reazione alle tesi di Trissino fu il Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua attribuito a Machiavelli → Dante dialoga con Machiavelli facendo ammenda degli errori commessi scrivendo il De vulgari, ossia di aver scritto in fiorentino e non in lingua curiale. Non nomina Trissino, ma parla di letterati vicentini che si vogliono ergere a maestri di lingua. Restò inedito fino al '700 e non influì quindi sul dibattito della lingua. - Nacque una polemica sull'autenticità del De vulgari, perchè Trissino non aveva diffuso il testo originale latino, che fu stampato nel 1577 a Parigi. Nel 1729 Scipione Maffei unì il testo latino a quello tradotto. L'Hercolano di Varchi La cultura fiorentina, pur respingendo le tesi bembiane, trovò un oppositore efficace solo nel 1570 con l'Hercolano di Benedetto Varchi. Fiorentino, era stato esulo per trascorsi politici antimedicei, a Padova aveva frequentato l'Accademia degli Infiammati dove era viva la lezione di Bembo e lo aveva conosciuto di persona; rientrato a Firenze introdusse il bembismo nella città che gli era avverso. Con la rilettura di Varchi si rimise in gioco il fiorentino vivo, la sua teoria della lingua era ispirata alla filosofia naturale, la pluralità delle lingue era spiegata con la naturale tendenza alla varietà propria della natura umana non con la maledizione babelica. Reputava inutile la ricerca del primo linguaggio umano (ebraico per Dante), propone una classificazione delle lingue → pur appoggiando molto la teoria di Bembo affianca al suo modello la lingua parlata di Firenze, l'uso del popolo ma non del popolazzo, non esiste solo l'autorità degli scrittori. La prima grammatica a stampa della lingua italiana Fortunio nel 1516 stampa le regole grammaticali della volgar lingua , la cui base sono gli scrittori del '300 senza riserve per Dante Sviluppo della produzione grammaticale e dei primi lessici - Attorno alla metà del '500 fiorirono in ambito veneto numerose grammatiche con scopo pratico, mentre a Firenze si segnala solo la grammatica del Giambullari del 1552. Cosimo de' Medici aveva chiesto all'Accademia di stabilire le regole della lingua in maniera ufficiale, ma la commissione di Varchi, Giambullari e Gelli non arrivò ad un accordo e l'esperimento di Giambullari fu a titolo personale. - Si diffusero anche i primi lessici, sulla base di spogli condotti sugli scrittori. Soluzione coerente con il modello di Bembo, che realizza questo tipo di poetica anche nelle sue liriche. Consiste nella scelta di un vocabolario lirico selezionato e di un repertorio di topoi. Torquato Tasso e le polemiche con la Crusca Attacco della Crusca al Tasso epico della Gerusalemme liberata, no alla sua poesia lirica o pastorale che furono largamente imitate anche a Firenze. Tasso prese le distanze dai dialetti per celebrare il primato della lingua toscana, ma non riconobbe quello del fiorentino, né quello moderno né le forme arcaiche secondo il gusto di Bembo. A questo modello opponeva una prosa in cui prevaleva la paratassi (coordinazione) all'ipotassi. Veniva accusato di: - Essere oscuro, infatti a confronto con Ariosto non era di facile comprensione, soprattutto quando le sue ottave veniva ascoltate durante una lettura ad alta voce. Parlano di legatura distorta, ossia la costruzione sintattica all'interno della struttura ritmica dell'ottava. - La favella è troppo colta, e mischia voci latine, pedantesche, straniere e lombarde, ma il latinismo era preoccupante in quanto alternativa al fiorentinismo e quindi non gradito alla Crusca. Usa uno stile lessicale nobile, non tracce ma vestigia, non vicino ma propinquo. Salviati sembrava infastidito dall'importanza di Tasso all'interno della letteratura in volgare e della sua lontananza da Firenze e la non riconoscenza del suo primato. Infatti nell'Apologia Tasso non attribuisce nessun privilegio agli scrittori per la loro nascita fiorentina e sostiene che la lingua volgare era ormai separata dal volgo e Firenze non aveva più ragioni di avanzare diritti sul dominio naturale della lingua, inoltre sosteneva la minor fiorentinità di Petrarca rispetto a Dante. Teorica poetica e stile di Tasso Contenuta nel quinto libro dei Discorsi del poema eroico → spiega come raggiungere l'ideale di magnificenza, con asprezza, esempi da Petrarca di forti allitterazioni, dialefe (tenere distinte nel computo delle sillabe due vocali a fine e inizio parola), enjambement che distanzia il verso dalla monotonia della prevedibilità metrica e crea effetti di sospensione o rallentamento del ritmo, è diverso da quello di Ariosto che serve a far scendere la poesia verso la prosa, al contrario sublima il verso in funzione lirica, accumula le congiunzioni e, effetto di enumerazione ottenuto anche per asindeto, per tendere all'indeterminato e all'indefinito, anche tramite il lessico. La traduzione della Bibbia e la lingua della messa Concilio di Trento 1545-1563, il latino resta la lingua ufficiale, ma il problema del volgare emerge nella catechesi e predicazione. - legittimità delle traduzioni della Bibbia → i padri del concilio affidano la scelta ai papi, ma stilano una lista dei libri proibiti. Nel 1559 Paolo IV vieta il possesso di Bibbie volgari senza la licenza del Santo Uffizio e ciò resta fino al '600. il problema della traduzione era la libera interpretazione, che poteva diminuire il controllo della gerarchia ecclesiastica. La riforma protestante aveva puntato proprio sulla lettura diretta della Bibbia, tradotta nel 1522. Alcune posizioni del concilio erano contrari per paura di eresie ed errori, altri volevano una traduzione ufficiale nelle varie lingue nazionali, prevalse una posizione intermedia e venne ribadita l'ufficialità della vulgata di San Gerolamo. - Si discusse sulla Messa, in cui si ribadiva il carattere sacro ed universale del latino, ma non condannò nemmeno la messa in volgare. - La chiesa, la questione della lingua e la predicazione Il concilio insistette nell'importanza della predicazione in volgare da parte dei parroci all'interno della messa in latino (fu così fino al Concilio Vaticano II del 1962). La predicazione in latino resta per un pubblico d'élite. Si discusse anche quale forma e qualità dovesse avere il volgare della predicazione, optando per le idee di Bembo. Il predicatore francescano Cornelio Musso fu allievo a Padova di Bembo e le sue predicazioni a stampa portano la prefazione di un altro letterato padovano legato all'Accademia degli Infiammati → interesse linguistico verso la predicazione. La cultura cristiana doveva fare i conti con la cultura retorica e impadronirsene. Il predicatore ovvero Demetrio Falereo di Panigarola del 1609 è il trattato più importante per il rinnovamento della prosa della predicazione, segue i dettami del Bembo, ma in più teorizza il primato della lingua fiorentina parlata. A Milano il cardinale Federico Borromeo lamentava che ci fossero poche persone che scrivessero correttamente in toscano e sottopose le sue prediche ad un processo di revisione linguistica.
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