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Marco Ariani - Petrarca - Riassunto capitoli I, II, III, IV, VII, VIII, X, Sintesi del corso di Filologia italiana

Riassunto del libro monografico di Ariani riassunto capitoli I, II, III, IV, VII, VIII, X

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 04/05/2018

JohnPFL1994
JohnPFL1994 🇮🇹

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Scarica Marco Ariani - Petrarca - Riassunto capitoli I, II, III, IV, VII, VIII, X e più Sintesi del corso in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! Capitolo I - Tra medioevo e umanesimo Petrarca vive in un periodo di sconvolgimenti sociali, politici, culturali. Lui stesso personificherà una grandissima rivoluzione, diventando il prototipo di intellettuale rinascimentale.  Sarà cosmopolita, viaggerà in tutto il mondo e non si fermerà alla realtà comunale. Inneggerà sempre a un’unità italiana stabile.  Metterà l’io, il soggettivo, al centro della sua stessa opera, fornendo così i presupposti per una grande rivoluzione argomentativa. Capitolo II - La vita di Petrarca Scrivere e comprendere la vita di Petrarca è un’opera parecchio complicata, in quanto si tratta di riuscire a trovare una mediazione obiettiva tra una realtà esistita e un attento e ambizioso progetto di autobiografia che Petrarca ha percorso e seminato nel corso della sua intera esistenza. “In fondo” scrive Ariani “Il merito di Petrarca è stato quello di aver inventato la letteratura come vita e la vita come letteratura”. 1. 1304-1342: Francesco Petrarca nasce ad Arezzo il 20 luglio 1304 da Eletta Canigiani e dal notaio fiorentino (originario di Incisa) ser Pietro (detto Petracco, Petracolus o Petraccholus nei documenti) di ser Parenzo. Ser Pietro era riuscito tra il 1301 e 1302 ad ottenere posizioni importanti in Signoria a Firenze, tuttavia l’inimicizia con un’importante famiglia banchiera gli costò una condanna che lo costrinse a fuggire ad Arezzo. Nel 1311 la famiglia già si sposta a Pisa assieme ad altri esuli fiorentini, nel 1312 sono nella grande Avignone. CIttà importante, centrale: la nuova sede del papato. Qui Francesco studia alla scuola di Convenevole da Prato dove apprende grammatica, dialettica e retorica. Stringe amicizia con l’importante Guido Sette, futuro arcivescovo. Importante il ricordo di quegli anni: il padre vuole con forza che Petrarca studi legge e, preoccupato dalla sua grande passione per i classici, butterà nel fuoco due manoscritti classici per recuperarli dispiaciuto poco dopo. Nel 1316 Petrarca si sposta a Montpellier dove studia per 4 anni (assieme a GUido Sette e al fratello Gherardo), Petrarca considera quegli anni come un tempo perso, ma al contempo li rivivrà delle altre volte come anni felici e di tranquillità. Nel 1320 si sposta a Bologna dove resterà altri 3 anni (anche questi vivono la doppia facciata anni perduti-anni felici). Perderà la madre giovanissima (illa optima quas quidem viderim) proprio in questo anno. Resterà a Bologna fino al 1322-23. Fa ritorno ad Avignone nel 1325 dove compra presto il primo libro della sua grandissima collezione: il De civitate dei di Agostino. Lo stesso anno ad Avignone ottiene Le etimologie di Isidoro, un San Paolo e il famoso Virgilio Ambrosiano. VIaggio e amore per la letteratura si fonderanno nella missione vivente di Petrarca, che intessirà una grandissima rete di conoscenze al fine di ottenere più volumi classici e cristiani possibili. Nel 1326 perde suo padre: questo evento segna un drastico passaggio dagli studi di legge a quelli letterari e filologici. Riesce a sopravvivere grazie allo stipendio dei Colonna, a Bologna. Questo è il periodo delle prime “cantiuncule”, Francesco si dà alla pazza gioia dimenticandosi dei forzatissimi studi di legge. I presupposti per uno degli eventi simbolici più centrali dell’esistenza petrarchesca avvengono in questo periodo, definito più tardi dal poeta la sua adulescentia: il 6 aprile 1327 nella chiesa di s. Chiara in Avignone incontrerà una donna di nome Laura. Di lei non abbiamo nulla di descritto fisicamente, se non che molto aveva patito “Corpus morbida ac crebris partubus exhaustum.” A distanza di 10 anni da quell’incontro già in molti mettevano in dubbio la realtà di quell’evento per cose come gioco di parole tra Laura e “laurea” (Giacomo Colonna in primis). In Petrarca è difficile giungere a una conclusione di questo tipo perché non c’è evento, nella sua vita, che non ottenga una vera e propria promozione etica. Prende gli Ordini minori e comincia a lavorare al servizio del cardinale Giovanni Colonna (fino al 1347) da lui ricordato come “sed cum fratre amantissimo” o come un padre. Questo è il periodo in cui conoscerà Angelo de’ Tosetti e Ludwig van Kempen (rispettivamente soprannominati Lelio e Socrate, a quest’ultimo dedica le Familiares). Nel 1333 ottiene il permesso per viaggiare nel nord Europa (Parigi, Grand, Liegi, Aquisgrana, Colonia, le Ardenne, Lione e infine rientro ad Avignone). E’ spinto soprattutto dal desiderio di ottenere nuovi classici. A Liegi trova la Pro Archia e l’apocrifa Ad equiates romanos (Cicerone entrambe). In questo modo fonda l’Idea dell’intellettuale legato in modo romantico ai libri e alla loro lettura, contrario agli schemi intellettuali universitari invece in voga fino ad allora. Negli anni ‘30 comincia appunto l’interesse d’impegno del poeta: nel ‘32 deplora la situazione di divisione in ITalia, nel ‘36 esorta papa Benedetto XII a tornare a Roma. Il 26 aprile 1336 c’è la famosa ascesa al monte Ventoso. Ha un valore altamente simbolico in quel processo di conversione ad deum che caratterizzerà la vita di Petrarca. Nel 1333 riceve le Confessioni di Agostino, libro che Petrarca identifica come un vero e proprio modello esistenziale (donato da Dionigi Roberti). Sono questi dunque anni in cui semina le basi per il suo umanesimo cristiano che però non sarà sintomo completo di un abbandono del mito classico, fondamentale anche nella ricostruzione autobiografica. Nel 1337 è ospite per la prima volta a Roma (meta ambita da molto) e qui la visione di meraviglie e distruzione della città avvicinano il poeta all’idea di una restaurazione degli antichi splendori. Nel 1337 nasce suo figlio Giovanni. Le contraddizioni petrarchesche, uomo politico, di mondo, in viaggio e impegno ma anche di silenzio, calma, introspezione. Nel 1340 riceve da Parigi e da Roma l’offerta dell’incoronazione poetica e decide Roma, per rifondare una cerimonia che lui credeva singolare nell’Antichitià. Nel 1341 viene esaminato da re Roberto di Napoli e viene posta lui l’aureola della laurea al campidoglio. 2. 1342-1353: Da Roma si reca a Parma dove resta per lungo tempo, segno di un odio maggiore per Avignone. Nel 1342 scrive (e si comprende) che la sua recollectio è iniziata: le origini del Canzoniere. Nell’autunno dello stesso conosce Cola di Rienzo. Periodo di crisi per Petrarca: mal sopportazione per Avignone, mito classico, impegno civile si scontrano con la meditatio mortis, la calma e la pace che altre volte dice di ricercare. Ed è proprio in questo periodo che si inserisce per la prima volta il mito petrarchesco dell’autoricostruzione biografica. Una malattia lo colpisce (la scabbia) e la notizia della sua morte percorre tutta Italia (e non solo), segno della sua crescente fama. Nel 1343 suo fratello Gherardo Petrarca (per lui sempre modello e figura importante) si fa monaco nel monastero di Montrieaux. E’ un evento che segnerà drasticamente anche questo l’autore, che vedrà nel suo fratello una guida spirituale, un esempio di riuscitezza. Anche questo evento è fondamentale per dar ricchezza vitale alla ricostruzione autobiografica. Nel 1345 è costretto a fuggire da Parma per complicazioni politiche. Inizia il periodo di Valchiusa, periodo di calma ma operosità. Nel 1347 vi è un evento fondamentale a livello politico che coinvolge Petrarca in modo particolarmente diretto: l’avvento di Cola di Rienzo. E’ la possibilità per una nuova età dell’oro, il ritorno della Repubblica e di un’Italia forte e unita. Un suo sogno da ormai anni. Quando Cola di Rienzo impazzirà, per Petrarca sarà un’onta di durata lunghissima che lo preoccuperà per tanto tempo. Questo è un anno traumatico nella biografia del Petrarca: è l’anno della peste nera. Proprio in questo periodo perderà tanti dei suoi carissimi amici e, infine, anche Laura. Franceschino degli Albizzi, Sennuccio del Bene, Giovanni Colonna. Nota sul Virgilio Ambrosiano esistenza di Laura. Tra il 1348 e il 1350 costruisce, viaggiando per l’Italia, un serie fitta di importantissimi contatti. In particolare nel ‘50 incontra per la prima volta Boccaccio: connubio, quello tra i due, di importanza storica per la storia letteraria italiana ed europea. Nel 1351 scrive all’imperatore L’allegoria è dunque sermonis genus, cioè uno dei livelli della scrittura: la lettera scritturale e la lettera poetica sono accomunate da un’archetipica coincidenza tra poesia e teologia. Proprio in vista di ciò, quando suo fratello Gherardo gli obietterà di preferire i Salmi a Omero e Virgilio, Petrarca risponderà che dietro le apparenze “prive di contenuto profondo” degli autori latini c’era comunque un forte dispositivo allegorico pronto a dargli valore in senso più grande. 4.1 Il visibile parlare e la polisemia della littera Come si risolve il problema della strettissima congruenza tra sensus e stilus? Il testo scritto può essere doppio, ambivalente, parabolico. Petrarca aveva imparato anche da Cicerone a decrittare la mitologia pagana in senso allegorico: Cerere è la terra, Nettuno il mare ecc… L’allegoria è un motivo in più per rivendicare l’importanza della poesia contro l’arido scientismo degli scolastici. Lo scopo del poeta è quello di “adornare la verità concreta di bei veli”. Ed è COMPITO E DOVERE del LETTORE quello di interpretare ciò che lo stilus bello nasconde. Se un lettore trova il sensus nascosto è premiato dalla dolcezza della scoperta, grande e ricca. Il punto focale per Petrarca è che però l’autore non nasconda altro nel testo che VERITà, proprio in una direzione teorica simile a quella di Dante e Albertino Mussato. L’allegoria è uno strumento potente che deve però portare lo scrittore a parlare di una verità che va interpretata correttamente dall’attento lettore. Capitolo VII - Lo scavo introspettivo Il secretum - E’ un dialogo platonico-ciceroniano probabilmente scritto tra il 1347 e il 1353. Nel Proemio, a Francesco, che sta meditando sulla morte, appare la Verità in compagnia di S. Agostino per curarlo dalle passioni della vita. Mentre nelle confessio antecedenti a quella petrarchesca tendenzialmente a parlare erano le personificazioni (ad esempio di Ratio e Philosophia), Petrarca ha innovato il codice del genere sostituendo un attore esterno con il vero e proprio io narrante autobiografico. Si può definire il Secretum come la drammatizzazione di un dissidio interiore irrisolto, dissidio che seguirà il poeta lungo tutta la sua vita: non solo quello tra gloria terrena e celeste, ma anche tra mondano e ascetico, tra Avignone e Valchiusa, tra riflessione umana e impegno politico. Tra le grandi fonti possiamo senz’altro trovare Cicerone, Seneca, Virgilio (nei quali è presente ad esempio l’immagine del corpo-carcere e in Cicerone anche quella del suo contrario, la rocca della ragione). L’utilizzo di immagini da parte di Agostino mette in evidenza come sia importante sfruttare immagini per fare riferimento alla ratio, al ragionamento (rifletti sulla fuga del tempo, che nessuno può rendere a parole. Rifletti sulla sicurissima morte [...]) nel processo di cura dell’anima. E’ importante denotare come nel Secretum sia già presente l’idea dei Rerum Vulgarium Fragmenta e come anche quest’opera si inserisca con particolare forza nel grande processo autobiografico di Petarca volto sì, a mostrare la complessità dell'autore, ma comunque che si vorrebbe concludere con una forte conversio in Deum nella sua tappa finale.  Nel primo libro: (che coincide con la prima giornata di dialogo proprio come nella Commedia e nel dialogo cicerioniano) si spiega che quella di Francesco è una malattia legata alla volontà (initium miserie ex proprio arbitri processit). Petrarca dovrà affrontare queste sue passioni negative attraverso una meditatio mortis costante (I 47-48) sfruttando dunque una pratica ascetica. Francesco mette in chiaro di volersi liberare dalla pestis fantasmatum (I 65) che l’ossessiona nell’anima. Questo tipo di passione è intrappolata nel suo corpo (corpo-carcere) e lo rende accidioso, lo fa vivere nella negatività e nel dolore.  Nel secondo libro: Agostino demolisce la superbia di Francesco (i suoi libri, il suo sapere, l’eloquenza ecc…) a fronte di un’universale fragilitas delle cose umane travolte dal tempo (II 76 etatis irrequietus cursus). Il grande padre spiega a Francesco quali sono le cause del suo costante male (II 106): superbia, avarizia, ambizione lussuria e in particolare accidia. Ma due cause più di tutte scatenano il dolore...  Nel terzo libro: … e si tratta di Amor et Gloria (III 132), per Francesco sentimenti nobilissimi, per il santo mostruosità. Contro le rimostranze di Francesco Agostino aggredisce il mito di Laura e del suo caducum corpusculum (III 139) nella cui contemplazione Francesco ha allontanato l’animo dall’amore celeste e giusto. Il desiderio di Laura è diventato desiderio di gloria (Laura/laurea). Agostino spiega Francesco che la gloria non serve a nulla (è caduca) e lo invita a cercare la virtù (virtutem cole, gloriam neglige III 206). Francesco ne conviene con lui ma spiega che non è in grado in nessun modo di resistere al desiderio delle cose terrene e il dialogo si chiude non su una conversio, ma sull’ambiguo auspicio di Petrarca che la lezione di Agostino sia effettivamente praticabile (voglia il cielo che accada quanto chiedi). Psalmi penitentiales- Si tratta di 7 preghiere in prosa ritmata nelle quali Petrarca si rifà alla poesia di Girolamo. Non c’è esperimento letterario in cui Petrarca non si pone importanti domande sulla natura tecnica di ciò di cui si sta occupando. Nelle Familiares spiega come il linguaggio volesse essere “rauca” e “aspera” sul modello della tradizione dei salmi (hunc meus ille canit; neu raucum dixeris [...] - Questo DIo canta il mio pastore; non dirlo rauco, ti prego- da uno dei salmi ). Il tema è in fondo lo stesso del Secretum. Si tratta di un esperimento di un giorno (come scriverà in Sen. X I) ma molto interessante in quanto sintomatico di un umanesimo cristiano problematico e oscillante. Capitolo VIII - I trattati ascetici e morali De vita solitaria - Trattato in prosa latina. Petrarca afferma di averlo scritto nella quaresima del 1346 in pochissimi mesi (Sen V I) ma sappiamo che è intervenuto a più riprese tra il 1353 e il 1366. Viene considerata la “controfigura” cristiana dei Rerum memorandum e, in vista anche dello stesso secretum, per la prima volta Petrarca si è trovato a esporre in modo sistematico il suo pensiero. Si divide in due libri. Nel libro I vi è una lode alla vacatio ovvero all’essere libero da occupazioni per potersi dedicare alla contemplazione. Vi è attenzione all’esposizione retorica del concetto in quanto tale, mentre nel libro II vi sono esempi figurativi. Vi è un’opposizione di due registri precisi: da una parte quello del mondo latino (con modelli Giovenale, Orazio, Ovidio) e dall’altro quello biblico (con Paolo, Agostino e la mistica bernardina come modelli). Nel primo caso a rappresentanza vi sono momenti al limite del satirico e del polemico, nel secondo momenti descrittivi di intimità elegante e sacrale. La solitudine che immagina Petrarca è di tipo interiorizzato, segue chi riesce ad averla per sé. E’ un luogo segreto del cuore (I, 5, occhi interiori con i quali si distinguono le cose invisibili). E’ una “stazione” inevitabile per un uomo viaggiatore, sempre in movimento, per non lasciarsi travolgere dal tempo e dalle cose inutili (I, 8). La grandezza della solitudine è quella dell’uomo solo che si trova a riflettere sulla meditatio mortis (secretum) nella sua pacata utopia oraziana. Il libro II sfrutta un livello parabolico per perfezionare questo tipo di sensazione. De otio religioso - Trattato in prosa latina scritto da Petrarca a Valchiusa nel 1347 dopo aver incontrato Gherardo a Montrieux dove si vuole elogiare la vita monacale. E’ in due libri. Si basa fortemente sull’ossimoro pagano-cristiano. Il monaco, come il solitario di Valchiusa, vorrebbe essere un homo angelicus e un miles cristi ma la fragilità umana è assediata dalla libidine e dai piaceri della carne (I 658). Sia saggezza cristiana sia saggezza pagana sono d’accordo nell’identificare la voluptas corporis (II 731) come una continua gara con la carne per giungere alla meditatio mortis. Si pone nuovamente attenzione sul Petrarca pagano convertito al cristianesimo attraverso le Confessiones (II 802). Di questo trattato è importante notare che qui, il Petrarca più “segreto”, ovvero il Petrarca teologo, appare presente più che in altre parti: ad esempio nel De otio Petrarca sembra avvicinarsi alla mistica negativa dell’ineffabile e quindi all’apofasia neoplatonica. filosofia importante dell’epoca. De remediis utriusque fortune - Trattato in prosa latina. La composizione di quest’opera ebbe origine probabilmente nel 1354, ma anche questa finita nel 1366. Si tratta di un dialogo in II libri: parlano Ratio (Ragione), Gioia e Speranza, Dolore e Timore. Si avvale sicuramente anche di fonti quali Cicerone e le sue Tuscolanae e di Boezio. Il motivo della utraque fortuna è topico e si trova anche in Livio. Attraverso l’accumulo di exempla e il dialogo interiore, Petrarca cerca di mettere in risalto tutte le contraddizioni dell’essere umano. La vita mortale fluttua proprio tra le grandi contraddizioni (Fam VII 12 1-2) e può essere riassunta in una serie sterminata di antitesi. La Fortuna è la rota volubilis di queste fluttuazioni. Nel libro I vi è un vero e proprio prontuario dei pericoli dati dalla prosperità, nel libro due sull’amaro di ogni avversità. Nel libro I la Ratio confuta le illusioni e i desideri di Gaudium e Spes. Nel II cerca di consolare Dolor dai colpi della sorte avversa, il metodo per farlo che Petrarca adotta è quello dell’ostentazione razionale (per bocca della ragione) di tutti i prodigia Fortune. I temi del De remediis vengono ripresi assieme e studiati in un’architettura dove il dibattito viene messo in scena a più voci. Lo schema ordinatore è carico di valori ideologici e simbolici. L’opera è dotta e ha il fine di offrire al dedicatario Azzo da Correggio un vero e proprio prontuario di rimedi. Tutto ovviamente ha una tendenza alla visione aristocratica proprio per via del dedicatario e delle sue origini. Il De remediis può sembrare una specie di ars bene moriendi. L’opera ha avuto una straordinaria fortuna in epoca umanistica, soprattutto all’estero. Capitolo X - Le raccolte epistolari Le Familiares: Le Familiares coprono un arco di tempo che va approssimativamente dagli anni bolognesi di Petrarca fino alla morte del dedicatario Socrate (1361). Esse, tuttavia, non seguono un ordine strettamente cronologico: la loro collocazione obbedisce a esigenze artistiche più che documentarie, e in particolare la disposizione interna ai singoli libri appare studiata. Nel 1345 Petrarca, che conosceva già l’Ad Lucilium di Seneca, scoprì le lettere di Cicerone che saranno sicura fonte d’ispirazione: da qui l’invenzione (con le Familiares) di un epistolario che promuovesse il privato a esemplarità assoluta, l’impresa più “nuova” dell’umanesimo petrarchesco. L’epistola proemiale Ad Socratem suum (datata 13 gennaio 1350) è, come si vede, un testo capitale per enucleare le tecniche di smontaggio e rimontaggio applicate da Petrarca al suo sterminato numero di scritti epistolari: la ricostruzione a posteriori è giustificata dalla mutatio animi e l’universale caducità dei tempi. Solo così si può azzerare il disordine portato dal fato: attraverso una rielaborazione. Nella scelta dello stile delle Familiares Petrarca sarà particolarmente attento a un dosaggio tra citazioni culturali e linguaggio alto per dare sempre veridicità a ciò che scriveva. Al contempo però questa attenzione alla veridicità sarà controbattuta dalla precisa e consapevole riordinazione che porrà i testi sotto una luce completamente diversa da quella a loro originaria. Infatti, la silloge inizia con il libro I contenente dei iuvenilia di “poco conto” e si chiude con il libro XXIV nel quale vi è un monumento di epistolografia, una vera e propria galleria di auctoritates (Cicerone, Seneca, Varrone, Quintiliano, Livio, Asinio Pollione, Orazio, Virgilio), assumendo così una realtà trattatistica. Le Familiares costituiscono un’autobiografia delle lettere, per stazioni diaristiche esemplari e decontestualizzate per forza di sequenze predeterminate.
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