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Maria Teresa d'Asburgo - l'arte del possibile. Maurizio Sangalli, Sintesi del corso di Storia Moderna

Regno di Maria Teresa d'Asburgo.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Maria Teresa d'Asburgo - l'arte del possibile. Maurizio Sangalli e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! MARIA TERESA D’ASBURGO di Maurizio Sangalli Capitolo 1: La casa d’Asburgo tra Stato e Impero A. La Erzhaus Osterreich. La dinastia degli Asburgo è fortemente radicata nei territori cosiddetti “ereditari” ed anche legata alla carica imperiale in maniera continuativa dal 1438 al 1740. Dinastia = casa F 0 E 0 Haus Osterreich o Erzhaus (arci-casa). Non ha avuto le sue origini nei territori austriaci. Rodolfo IV rivendicò per sé (metà 300) il titolo di Erzherzog, basandosi sull’investitura feudale di uno dei territori acquisiti dalla dinastia, il ducato di Carinzia. Completa indipendenza della famiglia rispetto a tutte le altre del Sacro Romano Impero. Origini storiche: La tradizione della casa asburgica, affonda le sue radici nell’Alto Medioevo. Il capostipite è il conte Guntram il Ricco, ma la tradizione è incarnata in quella Rocca dello Sparviero (Habichtsburg), che alla famiglia ha dato il nome. La rocca è nel cantone svizzero dell’Aargau e pare sia stata eretta nel 1020. Origini mitiche: Nel pieno Medioevo risale il mito franco-troiano che rimanda da una parte ad Enea e dall’altra alla famiglia romana dei Colonna. Nel XIII secolo si affiancò il riferimento a una discendenza dai romani Anicii, attraverso la famiglia Pierleoni, rapidamente abbandonato qualche secolo più tardi quando a quest’ultima vennero attribuite ascendenze ebraiche. Nel primo 1700, i Lorena si uniranno agli Asburgo ed è qui che vi è il richiamo ad un Eticone alemanno, duca di Alsazia e Svevia. Eticone sfruttato contro la Prussia di Federico II. • 1273 Rodolfo I fu il primo della famiglia ad essere eletto imperatore e quindi vero fondatore della dinastia. Egli è: • langravio dell’Alsazia superiore, • conte di Frickgau, Aargau e della provincia di Zurigo. Dallo scontro con il re boemo Ottocaro II Premyslide ottiene: • Austria • Stiria • Carinzia • Carnia • La Marca slavica • Eger • Pordenone Dalla battaglia di Durnkrut (1278) la supremazia della casata comincia a fornirsi di basi solide. Moravia e Boemia saranno acquisite dagli Asburgo nel 1526, con l’estinzione della dinastia degli Jegelloni poiché era morto nella battaglia contro i turchi Luigi II, re di Ungheria e Boemia. Nel 1700 il contrasto con i Premyslidi verrà ripreso identificando in Ottocaro una sorte di precursore della casa sveva-francofone degli Hohenzollern. 1701 Federico I si autonomina re in Prussia (denominazione entrata in uso dal 1772 quando ebbe termine il secolare processo di unificazione territoriale degli sparsi domini della corona) e viene riconosciuto tale dalle altre potenze europee alla fine della guerra di successione spagnola (1713-14). Il rafforzamento della coesione tra alcuni cantoni svizzeri a fine Duecento e l’acquisizione del Tirolo nel secondo Trecento indeboliscono la posizione della casata nel cuore dell’Europa ma ne rafforzano anche il destino austriaco. 51 Con un altro Rodolfo, quarto della dinastia, a cavallo tra gli anni 50 e 60 del XIV secolo si “realizza” uno dei miti fondativi della casata: la falsificazione delle lettere di indipendenza dei territori ereditari austriaci al fine di elevare il loro signore al di sopra degli altri feudatari dell’Impero. La ricostruzione della cattedrale di Santo Stefano a Vienna e la fondazione della locale università in cui è evidente l’intento di impedire intromissioni di parte imperiale. Conquista di parte del Friuli e di Trento, dei Grigioni, Feltre e Belluno, contea di Feldkirch e di 1440 accesso al trono imperiale di Federico III stabilisce il prestigio familiare e dinastico. Non fu Alberto V il vero fondatore dell’Impero Asburgico, essendo stato insignito della carica di imperatore nel 1438. Federico invece è individuato dai principi elettori come colui che può aiutare a risolvere i disastri provocati dalla rivolta hussita in Boemia e che può validamente costituire un baluardo nei confronti dei turchi. Quando gli Asburgo tornano ad ottenere la corona imperiale, si è stabilizzata la procedura di elezione dell’imperatore. La Bolla d’Oro emanata da Carlo IV nel 1356 aveva costituito il Collegio dei Principi Elettori: • Tre ecclesiastici • Arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia • Quattro laici: re di Boemia, duca di Sassonia, margravio del Brandeburgo e il conte di Palatinato Con l’avvento delle riforme protestanti, si giungerà a complicare gli equilibri interni al Collegio. Con la guerra dei 30 anni nel primo 1600, le paci di Westfalia (1648) sanciranno la legittimità di un ottavo elettorato: quello di Baviera, nelle mani della famiglia cattolica dei Wittelsbach, che lo ottenne nel 1623 dopo che Federico V del Palatinato era stato sottoposto al bando imperiale da parte di Ferdinando II per il suo sostegno alla rivolta boema (inizio guerra dei 30 anni). 1648 i principi del Palatinato potranno riprendere possesso del loro seggo nel Consiglio elettorale (8 componenti). 1692 squilibrio tra presenze cattoliche e protestanti porterà alla creazione di un nono elettorato: al protestante duca di Hannover, col consenso di Leopoldo I. Ernesto Augusto di Brunswich-Luneburg aveva aiutato Leopoldo I nella guerra dei 9 anni (o “guerra per la successione al Palatinato”). L’aggiunta del nono elettorato significherà che: • 1714 il primogenito di Ernesto Augusto, Giorgio, diventerà re d’Inghilterra, quindi i sovrani inglesi avranno voce in capitolo nell’elezione dell’imperatore. B. Tra Reich e Erblaender 1440 Federico III imperatore. Regno che dura per più di 50 anni e che afferma la dinastia. 1447 il figlio di Federico III, Massimiliano I, acquisisce la Borgogna sposando l’erede di Carlo il Temerario, Maria. Con quest’acquisizione la famiglia rafforza la sua posizione all’interno dell’Impero. MASSIMILIANO I fece alcune riforme, messe in atto tra 400-500, di alcune istituzioni imperiali. Già nel 1414 Sigismondo IV aveva fatto dipingere nella sala consiliare del Roemer, il palazzo governativo di Francoforte dove si svolgeva l’incoronazione imperiale, un affresco che è un programma di governo e di riforma rispetto alla situazione configurata dalla Bolla d’Oro. Invece che gli elettori, vengono rappresentati i dieci ceti imperiali: duchi, margravi, langravi, burgravi, conti, nobili, cavalieri, città, villaggi e contadini. La riforma veniva fatta soprattutto perché il potere del Tribunale di Corte presieduto dall’imperatore, non poteva più estendersi da metà 300 la sua giurisdizione sui territori dei principi elettori. Fine 400 prende anche forma definitiva la Dieta imperiale o Reichstag, il quale è costituito da: • Collegio dei Principi Elettori • Secondo Collegio (riuniva centinaia di principi laici ed ecclesiastici) • Terzo Collegio (rappresentanti di una 50ina di città imperiali) Essere Landersherren (=signori di un territorio), garantiva ‘diritto di posto e voto ‘ all’interno del Reichstag. 51 • Claudia Felicita, arciduchessa austriaca • Eleonora di Pfalz-Neuburg, principessa tedesca e madre dei due figli, poi imperatori, Giuseppe e Carlo L’obiettivo al quale la dinastia lavorava sin dall’epoca di Leopoldo I era quello di cementare la coesione dei territori ereditari e rafforzarvi il potere monarchico. Il principe condottiero Eugenio di Savoia indicò il cammino futuro della casata con la celebre espressione “Die Monarchie wie ein Totum” ovvero che la monarchia deve cercare di essere unita, ma in realtà sarà destinata alla frammentazione e al declino. Nei possedimenti asburgici esistevano istituzioni che li tenevano legati al centro viennese. Avevano interessi in comune: • Esseri situati in zone di frontiera e per di più zone contigue con gli Ottomani • Dinastia: se questa era forte e prospera (come durante gli anni leopoldini), tutto il sistema reggeva bene e anzi si espandeva; se scontava debolezze congenite e fievoli prospettive future (come durante gli anni di regno del figlio Carlo VI), la monarchia poteva essere esposta a ogni sorta di pericolo, interno ed estero. Il passato però condiziona presente e futuro. In tutti questi territori (Austria, Boemia, Ungheria), la dinastia si innesta su un sostrato ancora feudale, dove il sovrano continua ad essere avvertito come colui che amministra la giustizia e si pone a capo degli esercizi nelle eventuali guerre di offesa e difesa. Il processo di rafforzamento delle strutture monarchiche si presenti incerto. Esistevano istituzioni centrali che costituivano punti in comune di differenti istanze ed esigenze. Si trattava spesso di organismi che scontavano l’ambiguità insita nella stessa casata degli Asburgo, cioè di essere principi in sé ma pure detentori della carica imperiale. • Vienna era la sede del Consiglio Aulico dell’Impero che doveva destreggiarsi tra i più vasti interessi dei territori imperiali e quelli più puntuali e più pressanti per la casata, dei possedimenti ereditari. Questo organismo non poteva ingerirsi nelle questioni interne di quelle regioni che imperiali non erano (Ungheria) ma che pure si trovavano sotto il dominio asburgico. • Le questioni di Stato e le relazioni con altri Stati erano competenza della Cancelleria imperiale. L’arcicancelliere veniva scelto tra uno dei tre principi elettori ecclesiastici, in specifico l’arcivescovo di Magonza, che si faceva rappresentare a Vienna da un vicecancelliere, il quale deteneva l’effettivo potere. La Cancelleria si occupava di tutto quanto riguardasse le questioni inerenti al Sacro Romano Impero, mentre i territori ereditari avevano loro Cancellerie separate (due per l’Austria e una per la Boemia). Di nuovo il sovrapporsi di competenze che causava inefficienza e lentezze. • Il potere politico era affidato al Consiglio o Conferenza segreta o privata. Solo all’inizio del 700, sotto il regno di Giuseppe I, questo organismo subisce una riforma. Si divide in: ▲ Geheime Konferenz, Consiglio più ristretto che si occupava dei problemi di politica estera ▲ Obersthofmeister, Consiglio più partecipato competente per gli affari interni Si trattava di un’istituzione che cozzava con i limiti imposti dalle autonomie dei singoli territori e dai privilegi rivendicati dai ceti. • Le situazioni di conflitto armato erano gestite dal Consiglio Aulico di Guerra, insediato a Graz (per intervenire più prontamente intervenire sul fronte ottomano). • Le finanze della monarchia erano nelle mani della Hofkammer, la Camera Aulica dei Conti, che si occupava di controllare la riscossione dei diritti regi (le regalie) e di gestire i contributi provenienti dalle singole Diete, sotto forma di elargizioni liberamente disposte. D. A corte Vienna: capitale dell’arciducato e dell’Impero dal 1617. 51 Nel secondo 600 con la nuova politica di Leopoldo I, orientata al potenziamento dei territori ereditari, si rende conto che la dinastia deve avere una capitale, e una corte, pari di quelle delle altre potenze europee. Scampato il pericolo della conquista turca nel 1683 ed ingaggiata una controffensiva che pone i possedimenti asburgici al riparo da futuri eventuali rinnovati attacchi, la città era più sicura e tranquilla. Leopoldo predispone lavori di ampliamento e di ammodernamento della sede del suo potere, il complesso della Hofburg, che somigliava più ad una fortezza che ad una residenza regia, con la costruzione dell’Ala leopoldina e che costituirà, sotto Maria Teresa, la parte di abitazione privata della coppia reale, quando si risiedeva. Carlo VI alternerà con altre residenze fuori città: • Dimora regia di Laxenburg, a pochi km dalla capitale, che diventerà la residenza preferita di Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa. • Castello della Favorita, dove Carlo poteva dare libero sfogo alla sua passione per la caccia e dove costringeva a trasferirsi tutta la famiglia nei mesi estivi. • Belvedere di Eugenio di Savoia, magnificenza della Vienna barocca. Tra 600 e 700 si ha un rinnovamento urbanistico ed architettonico della capitale, spinto dalla volontà regia e delle élites di rinnovare il volto nel solco dell’esaltazione delle glorie e dei fastigi domestici, ma anche dall’incremento demografico. La popolazione aumenta di una volta e mezzo nel corso del regno teresiano. Il Graben, cuore del centro storico medievale cittadino, si arricchisce di nuove e rinnovate dimore patrizie. Leopoldo e i suoi successori, vogliono che la dinastia goda di regge ma anche di luoghi sacri che ne esaltino la potenza e la magnificenza, almeno tanto quanto quella spagnola e francese. Non è un caso che abbiano trasformato il monastero di Klosterneuburg, a nord-ovest di Vienna, in una sorta di Escorial austriaco, collocando sulla cupola della chiesa un’enorme corona imperiale. Carlo VI commissionò un affresco sullo scalone dell’abbazia di Göttweig, dove lo si esalta come novello Apollo, dio del sole. Gli Asburgo, come molte altre dinastie nobiliari, avevano legato l’esaltazione familiare alla fondazione o all’arricchimento di monasteri. Nel XI sec l’abbazia di famiglia era quella di Muri, nell’Aargau. Con lo spostamento del centro di gravità del potere dinastico dalla Svevia all’Austria, i monasteri fondati o dotati si posizionano più ad oriente. A Schönbrunn la dinastia decide di costruire la sua Versailles. Il luogo prende il nome dalla “bella fonte” in cui pare si sia dissetato l’imperatore Mattia durante una battuta di caccia. Nel 1637 Eleonora Gonzaga, vedova di Ferdinando II, ritenne costruirla come una villa di campagna. Raggiungibile abbastanza velocemente in carrozza dal centro cittadino, Leopoldo I aveva poi incaricato a fine 600 l’architetto Johann Berhnard Fischer von Erlach di costruirvi il palazzo. Egli, formatosi nell’ambiente barocco romano, ne aveva importato il linguaggio in terra austriaca. I lavori vennero interrotti nel 1711 perché si erano esaurite le risorse finanziarie destinate alla costruzione. Sarà poi Maria Teresa a riprenderli nel 1743 abbandonando la Favorita come residenza prediletta della famiglia reale. L’architetto scelto fu il goriziano Nikolaus Pacassi. Il parco venne affidato alle cure dell’olandese Adrian van Steckhoven che vi aprirà, sotto la supervisione dell’imperatore, un orto botanico. Il complesso verrà terminato nel corso degli anni 70 con l’edificazione della Gloriette, il padiglione che si trova sulla collinetta in fondo al parco. Maria Teresa e famiglia individueranno il nuovo palazzo come residenza durante i mesi della tarda primavera, dell’estate e di inizio autunno. Buona parte del rinnovamento architettonico e urbanistico di Vienna ruota intorno alla corte, o alle corti, come luoghi fisici dove si esercita e si rappresenta il potere della dinastia. Un rinnovamento che ha interessato gli edifici residenziali della corte in sé e ha agito da stimolo per le corti aristocratiche che ritengono di dover usufruire di 51 strutture assimilabili a quelle regie (famiglie come: Starhenburg, Daun, Harrach, Kinsky, ecc..). La corte come luogo di: • Elaborazione della politica • Incontro e confronto tra sovrano e ceti dirigenti • Messa a punto di linguaggi simbolici caratterizzati da concrete valenze socio- politiche • Celebrazione della sacralità della figura del sovrano • Corte e Sovrano come realtà tra loro complementari La corte asburgica fu condizionata, nel tardo Medioevo, dalla natura anfibia del potere che risiedeva nella dinastia regia e imperiale allo stesso tempo. Altrove, le cariche maggiori al suo interno erano spesso riservate agli elettori imperiali. La corte riesce a stabilizzarsi a Vienna solo con il fratello di Carlo V, Ferdinando (anni 20-30 del 500). È il periodo in cui: • Si fa più forte l’influsso del modello borgognone, coniugato con quello spagnolo. ▲ Affermazione del maggiordomo maggiore sul gran maresciallo, in qualità di responsabile della mensa regia e di tutti i compiti connessivi ▲ Gran ciambellano, il quale controllava gli appartamenti reali ▲ Gran maresciallo, disciplinante della vita cortigiana e gli accessi a corte Ferdinando include alcune di queste cariche nel Consiglio segreto da lui creato con funzioni direttive nei riguardi della politica interna ed estera. Austriaci e Tedeschi prevalgono in queste dignità cortigiane, ma la componente spagnola non è irrilevante. Quella asburgica sarà per lungo tempo un’aristocrazia che manterrà un forte radicamento con i territori di provenienza: la difesa dal nemico turco e l’ortodossia cattolica si affermeranno tra 5-600. L’intervallo dello spostamento della corte da Vienna a Praga (1582-1617), coincide con un aumento dei suoi effettivi (un migliaio di persone), ma anche con una differente provenienza della nobiltà cortigiana: italiani, spagnoli, fiamminghi, boemi, moravi e ungheresi. La corte diventa trampolino di lancio ed elemento di mobilità sociale. La salita al trono degli Asburgo della Stiria, nella persona di Ferdinando II, è all’origine del rafforzamento dell’identificazione della dinastia come portabandiera dell’ortodossia cattolica in centro Europa. Ferdinando punta sull’accentuazione della pietas del sovrano, alla quale la corte dovrebbe essere costretta ad adeguarsi. È con lui e con il figlio, Ferdinando III, che si impone il modello del sovrano “borghese”. Dal secondo 600, la monarchia punta sempre di più sulle cerimonie religiose e sui riti legati alla dinastia, sui funerali dei reali come momento di autocelebrazione e di identificazione con la religione cattolica. L’apice di questo indirizzo si ha con il lungo regno di Leopoldo I. • L’identificazione dinastia-impero assume un ruolo secondario e si fa più stretto il legame con i domini ereditari. Sono gli anni in cui l’influenza dei religiosi a corte si fa centrale. La croce, brandita contro gli infedeli e gli eretici, assurge a vessillo indiscusso. • Stretta identificazione tra monarchia e devozionalismo. Il culto eucaristico ha il suo momento culminante nella processione del Corpus Domini, viene sempre più a rappresentare la consapevolezza della predestinazione divina della casata. I santi patroni non sono scelti a caso e vengono posti a protezione dei territori di provenienza: • San Leopoldo per la Bassa Austria • San Floriano per l’Alta Austria • Santa Notburgo per il Tirolo • San Giovanni Nepomuceno per la Boemia 51 1711 dei due eredi ne rimaneva uno, quindi era necessario prevedere la salvaguardia della discendenza femminile, soprattutto quando nel 1713 Carlo sposò Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel ma non poteva garantire alcuna discendenza alla sua famiglia. Ecco dunque che la Prammatica Sanzione ne conferma i diritti. Carlo giunge addirittura a favorirla rispetto alle sorelle ancora in vita: • Maria Elisabetta • Maria Anna, moglie di Giovanni V del Portogallo • Maria Maddalena Carlo occupò i successivi 30 anni del suo regno a convincere le Cancellerie degli altri paesi europei a sottoscrivere il documento. Senza considerare la possibilità che un’accettazione formale avrebbe garantito l’osservanza dei patti interstatuali, nel caso si fossero rivelati contrari agli interessi interni ed internazionali dei paesi sottoscritti. La fissazione carolina indebolì la monarchia sotto vari aspetti. Furono proprio quelle stesse Cancellerie a veicolare fraudolentemente la tesi della precedenza delle nasciture arciduchesse caroline sulle giuseppine. Era tradizione che un’arciduchessa andata in sposa ad un principe straniero rinunciasse formalmente ai suoi diritti di successione, al fine di evitare futuri smembramenti dei territori della monarchia. 1719 Maria Josefa sposò Federico Augusto II di Sassonia (futuro re di Polonia). Lo zio Carlo le impose di rispettare la tradizione. L’accettazione della Prammatica Sanzione arriverà a richiedere a Carlo VI sacrifici di territori: • La Dieta ungherese sottoscriverà solo dopo aver avuto un altro riconoscimento dei suoi privilegi nobiliari. • La Lombardia sarà una delle ultime a sottoscrivere. L’accettazione da parte della Dieta imperiale verrà ottenuta solo nel 1732. Più onerose risultano le contropartite richieste dagli altri paesi europei: • La regina di Spagna, Elisabetta Farnese, in cerca di legittimazioni per la sua prole, essendo la seconda moglie di Filippo V il quale aveva sottratto il trono madrileno proprio a Carlo, ottiene il riconoscimento dei diritti dei figli sul ducato di Parma e Piacenza e sul granducato di Toscana. • L’UK impone la chiusura di quella Compagnia di Ostenda che nel 1722 Carlo aveva creato sulla base di una precedente associazione privata che 5 anni prima aveva iniziato ad intrattenere relazioni commerciali con le Indie. Le attività furono sospese già dal 1727. I sacrifici maggiori Carlo dovrà affrontarli nel corso degli anni 30. Alla fine della guerra successione polacca (1738) Vienna fu costretta a rinunciare: • Allo Stato dei Presidi, il Regno di Napoli con la Sicilia a favore di Carlo di Borbone, uno dei figli di Elisabetta Farnese. • I territori occidentali del Milanese passarono ai Savoia. Carlo conduce una guerra contro l’Impero ottomano, la quale perse, voluta dalla Russia della zarina Anna, nipote di Pietro il Grande. Perderà: • Serbia • Belgrado • Valacchia, attuale Romania occidentale. B. La piccola Resel Primo figlio di Carlo VI ed Elisabetta Cristina, fu Leopoldo Giovanni il quale morì dopo pochi mesi. 1717 nasce Maria Teresa Walburga Amalia Cristina, la quale venne battezzata da li a poco nella cattedrale con 5 gocce dell’acqua del fiume Giordano. I nomi vennero dati secondo una tradizione che ribadisce il diritto divino della monarchia asburgica a regnare sul mondo. 1718 nasce Maria Anna. 1724 nasce Maria Amalia, deceduta a 6 anni. 51 Le salvaguardie della Prammatica risultano più opportune per la continuazione dinastica. L’educazione ricevuta della piccola Resel, soprannome scelto per Maria Teresa nella cerchia familiare fu: • Musica, disegno, etichetta e comportamento, danza, matematica e scienze e le lingue Mancano le discipline atte a preparare un futuro regnante, poiché erano materie destinate alla formazione dei maschi della dinastia: • Arte della guerra, finanza, geografia. Le viene affiancata Maria Karolina Fuchs, che diventerà una sorta di seconda madre, tanto da rimanere al suo fianco sino alla morte e da essere ricompensata, unica non appartenente alla famiglia, con la sepoltura nella Kapuzinergruft, fatta costruire per accogliere le salme degli Asburgo. Gli anni di formazione sono anche quelli durante i quali al dominio della Compagnia di Gesù si affiancano altri influssi. Alcuni dei precettori erano scelti tra i Gesuiti gravitanti su Vienna. L’eterogeneità della formazione spirituale di Maria Teresa si esprimerà successivamente anche nella scelta del confessore, pare Muller, che nulla aveva a che fare con la Compagnia, che era piuttosto legato agli ambienti giansenisti. Le conoscenze delle lingue rappresenta un altro interessante aspetto della formazione teresiane. La monarchia non può avere una lingua ufficiale, data l’eterogeneità dei suoi territori. Ogni area della monarchia aveva una lingua ufficiale, che a volte non coincideva con quella parlata dalla maggioranza della popolazione locale. Non si pretendeva che il sovrano conoscesse in maniera approfondita tutte le lingue parlate dai suoi sudditi. La lingua costituiva un elemento identitario. Infatti, la variegata congerie dei territori asburgici non poteva certo differenziarsi su basi etniche. Era un tema di scarso rilievo all’epoca perché le regioni dell’Europa centrale avevano visto una tale commistione di razze e di popoli da rendere impossibile individuare etnie omogenee. Altri parametri rappresentavano fattori dirimenti di differenziazione: • Lingua • Appartenenza ad uno “stato”, inteso come elemento di stratificazione sociale • Consapevolezza di far parte di una certa compagine statuale o regionale, di un principato, di una signoria. Francese: La lingua con cui si intrattenevano le relazioni tra Stati e Maria Teresa ne ebbe approfondita conoscenza. Non era però usato come strumento della filosofia e della letteratura. Solo il circolo raccolto intorno al principe Eugenio di Savoia, il vincitore dei Turchi, formatosi alla corte di Versailles, rappresentava un primo passo verso le aperture alla cultura francese. Latino: continuava ad essere la lingua della Chiesa cattolica, anche della cultura. La sua conoscenza risultava per una Asburgo ancor più cogente a causa di un altro motivo: lingua ufficiale dei suoi possedimenti ungheresi, la lingua cioè nella quale i ceti dirigenti magiari intrattenevano le loro relazioni con l’esterno. La sovrana si sforzerà di imparare anche qualche parola nella lingua del popolo. Italiano: lingua della musica, del teatro e della letteratura. Era conosciuto e parlato all’interno della corte, tanto più dopo la guerra di successione spagnola che aveva visto Vienna affacciarsi con prepotenza sullo scenario italico. Spagnolo: lingua del cerimoniale di corte proprio perché quello stesso cerimoniale si sostanziava degli influssi provenienti dalla corte di Madrid. L’italiano e il francese sopra tutte, dominano così tanto da impedire al letterato prussiano Gottsched di aprirvi un’Accademia per la cura della lingua e della letteratura tedesche, sotto il regno teresiano. Tra gli anni 40-50 del 700 a corte si assiste al progressivo estendersi dell’influsso germanico su quello italiano e iberico. 51 Maria Teresa si impegna dunque nelle lingue romanze a scapito del tedesco. Di questo ne aveva una conoscenza non approfondita e usava piuttosto parlare la variante locale viennese. La sua è una conoscenza più che altro orale di tutte le lingue menzionate, tranne forse il francese. C. Sponsali complicati Altri stati europei si interessano sin da subito al possibile pretendente alla mano della piccola Maria Teresa. Il suo matrimonio diventa un tema di politica internazionale poiché le grandi potenze europee entrano in campo. Elisabetta Farnese interviene con decisione a favore del figlio don Carlos, che ricoprirà in futuro diverse corone: Parma, Firenze, Napoli e Madrid, ma non quella viennese. Questa operazione era stata negata 10 anni prima a Carlo d’Asburgo. Adesso Carlo di Borbone, il nemico per eccellenza della casata austriaca. Il re di Spagna Filippo V, sollecitato dalla moglie, giunge a sottoscrivere un trattato con Vienna, mettendo fine definitivamente alle pretese dei due contendenti di un tempo. C’è una potenza in Europa che non può consentire un eccessivo rafforzamento di una qualsiasi dinastia continentale: l’UK degli Hannover, Giorgio I e soprattutto Giorgio II. Londra riesce a separare nuovamente Madrid e Vienna e a legare quest’ultima a sé grazie ai buoni uffici del gabinetto dominato da sir Robert Warpole. Il principe Eugenio di Savoia opera a favore di un progetto tutto germanico. Inizialmente tutto cattolico: propone Massimiliano Giuseppe, figlio del principe elettore di Baviera, Carlo di Wittelsbach, parente della dinastia viennese per parte di madre (Maria Amalia che aveva dovuto rinunciare all’eredità asburgica al momento del suo matrimonio, come la sorella, sposa di un Wettin). Eugenio guardava lontano: se una discendenza femminile non avrebbe quasi sicuramente messo in forse il mantenimento dei territori ereditari all’interno della Erzhaus, avrebbe interrotto l’accesso della dinastia al trono imperiale. Sapeva bene che i Wittelsbach aspiravano da lungo tempo, a ricoprire quel ruolo. Sapeva che una tale alleanza si sarebbe automaticamente risolta in funzione anti-francese facendo così allontanare i Wittelsbach da Parigi, usati in funzione antiasburgica. L’elezione imperiale di un Wittelsbach, coniugato con una Asburgo, avrebbe consentito alla dinastia di non interrompere nella sostanza quella continuità, ma avrebbe finito anche per sancire un’annessione di fatto della Baviera ai territori della Casa d’Austria, strappandola alle ricorrenti tentazioni di allearsi con il nemico francese. Tale alleanza matrimoniale avrebbe rafforzato la parte cattolica all’interno di un Sacro Romano Impero in cui il pungolo protestante si faceva sentire con sempre maggior forza. Pur di depotenziale tale ascesa, Eugenio giungerà finanche ad accarezzare l’idea di un matrimonio proprio con l’erede al trono di Prussia, Federico di Hohenzollern che sarà poi il più acerrimo nemico della futura sovrana. Di nuovo interviene l’UK. La chiave di volta è rappresentata dalla Prammatica Sanzione. Gli inglesi ne avevano condizionato l’approvazione: alla scelta di un principe consorte che provenisse da una casata di secondo rango, in modo da non alterare gli equilibri politici dell’Europa continentale. Quello che interviene ad orientare verso la scelta è un fatto esterno: la seconda guerra di successione polacca. Tutto inizia così: • Esisteva una famiglia aristocratica di secondo rango legata agli Asburgo sotto vari profili ed erano i duchi di Lorena. • Carlo V, nonno del prescelto futuro marito e anche cognato dell’imperatore Leopoldo I poiché sposò la sorellastra Eleonora Maria Giuseppina, aveva contribuito a liberare Vienna dall’assedio turco nel 1683. • Il figlio Leopoldo era cresciuto a Vienna perché era uso tra le famiglie aristocratiche di mandare i rampolli in formazione presso altre corti. Leopoldo di Lorena era stato educato a Vienna insieme ai cugini Giuseppe e Carlo. 51 Le necessità finanziarie pubbliche faranno in modo che la reggenza si mostri disposta ad estendere le concessioni nei confronti di privati anche ad altri settori non compresi nell’appalto generale. I risultati non saranno incoraggianti e avranno un esito: malcontento generale dei sudditi. La debole economia toscana non può aiutare un processo riformistico sostenuto e deciso. Nel corso del regime mediceo, le manifatture tessili locali erano andate incontro a un inesorabile processo di decadenza, mentre l’agricoltura era stata valorizzata mercantilisticamente come settore in appoggio alle esigenze dei contesti urbani. La campagna come luogo di immobilizzazione dei patrimoni del patriziato cittadino. Il “Discorso sopra la Maremma di Siena” di Sallustio Bandini (1737-38) rappresenta un punto di svolta: l’agricoltura a base dell’economia del paese e la liberalizzazione nel commercio dei grani, sono i due cardini del nuovo sistema. La reggenza abbraccia subito il primo assunto, mentre per aprire al secondo i tempi non sono ancora maturi. Ecco quindi: • Provvedimenti di colonizzazione delle aree depresse della Maremma, fallimentari. • Obbligo imposto ai proprietari di mettere a coltura l’incolto Tutti questi fallimenti orientarono verso la libertà di commercio come unica soluzione perseguibile per risollevare le sorti dell’agricoltura locale. Oltre a questo, a impedire la ripresa dell’agricoltura toscana, c’erano i contratti agrari arretrati e il prevalere del rapporto mezzadrile. Il settore che la reggenza può aggredire più facilmente: fedecommessi, manimorte, feudi. Forme di trasmissione ereditaria, o di acquisizione, di terre che venivano così sottratte al diritto comune e spesso negate al rinnovamento e al miglioramento di metodi e colture. Istituti giuridici che erano stati utilizzati per conservare le ricchezze fondiarie nobiliari e quelle di matrice ecclesiastica. 3 leggi sul rinnovamento del settore primario locale: • 1747: vengono introdotte limitazioni all’istituzione dei fedecommessi. • 1751: legge sulle manimorte Il contrasto con la Chiesa si fece aspro, ma con Francesco Stefano deciso a non cedere neanche di fronte alle proteste ufficiali di papa Benedetto XIV. L’obiettivo era di tentare di imprimere una svolta mobilità delle proprietà terriere, sbloccandone il secolare immobilismo. • 1751: due provvedimenti sui feudi: -Riduzione delle giurisdizioni feudali (in campo giudiziario soprattutto) -Controllo pubblico quanto a esazione delle imposte, senza minare le basi dei diritti possessori dei feudatari. Questo è un primo banco di priva di un nuovo rapporto con la Chiesa di Roma. Al discorso sulle manimorte e sui fedecommessi, si affiancano gli aspetti di un’invadenza dell’ecclesiastico nel pubblico che non si vuole più tollerare: • Il Tribunale dell’Inquisizione e i suoi abusi • L’uso di portare armi da parte dei religiosi • La competenza di foro ecclesiastico e laicale dei tribunali vescovili • L’attribuzione dei benefici ecclesiastici ai “nazionali” per evitare il drenaggio di denaro toscano verso Stati esteri • L’inosservanza del placet regio per i decreti pontifici pubblicati nel granducato • La censura ecclesiastica Tutte queste questioni vennero però affrontate secondo gli invecchiati schemi del giurisdizionalismo. Francesco Stefano è particolarmente interessato a risollevare anche il settore manifatturiero: non più la lana fiorentina, ma la seta. In comune con l’Austria: 51 • Liberalizzazione del commercio interno e protezionismo nei confronti dei manufatti stranieri • Freni a questo sviluppo. • Alti costi del lavoro • Limitazioni dovute alla rigidità delle corporazioni • Numero eccessivo delle dogane interne. Quello che il nuovo granduca può praticare efficacemente è relativo al potenziamento del porto franco di Livorno, speculare a quanto gli Asburgo avevano fatto e stavano per fare a Triste e a Fiume per i loro domini ereditari. Nonostante gli accordi con gli Stati barbareschi del Mediterraneo e con il sultano di Istanbul, chi impedisce nella sostanza un rilancio vero e proprio è: • La concorrenza inglese e olandese • Genova • Ancona e Civitavecchia, i due nuovi porti franchi dello Stato pontificio • Napoli Unico rimedio: la liberalizzazione dei commerci, frontiera che la reggenza e i suoi funzionari non sono disposti a varcare. In più, economia dell’entroterra ancora troppo vitale F 0 E 0 crisi del porto livornese. Un grandissimo peso del passato granducale sono le legislazioni differenti e differenziate originatesi da territori mai completamente resi omogenei tra loro, come il caso senese. Neanche sotto la reggenza però si riuscirà a stilare un codice unico e rinnovato di leggi per tutto lo Stato. Il poco che si riesce ad operare riguarda i problemi concreti dei settori amministrativo e giudiziario e delle loro rispettive istituzioni. Un accenno di riforme che si scontra con le arretratezze e le vischiosità del ceto dirigente locale. Ristabilitasi a Vienna la coppia, Maria Teresa si assenterà rare volte dalla capitale del suo regno nei successivi 40 anni, si per le continue gravidanze, sia per potersi godere in tranquillità la vita familiare. Nel primo decennio di regno, la sovrana è ovviamente obbligata a recarsi prima a Bratislava (1741), poi a Praga (’43) per ricevere le Corone di Santo Stefano e di San Venceslao. Sarà a Francoforte (’45) per l’incoronazione imperiale del marito Francesco Stefano. Si reca due volte nuovamente a Bratislava per assistere ai lavori della Dieta ungherese che lì si riuniva. Sarà a Praga (’54) per passare in rassegna le sue truppe. Forse l’ultima uscita ufficiale sarà quella ad Innsbruck per le nozze del figlio Leopoldo con Maria Ludovica di Borbone-Spagna. Alcuni capoluoghi dei suoi possedimenti (es. Milano e Bruxelles) non ebbero mai una sua visita anche se sono stati visitati dal primogenito Giuseppe, in qualità di coreggente dopo la morte del padre. E. Una prole numerosa 16 figli tra il 1737-56, forse con la volontà di evitare che i timori della continuità dinastica si ripetessero in futuro. È probabile che Maria Teresa abbia agito così per scongiurare l’eventualità di dover affrontare i crucci che per quasi 30 anni aveva sperimentato il padre. Ben 13 dei 16 figli riusciranno a superare la prima infanzia e dieci le sopravvivranno. 1. Maria Elisabetta (1737-40), morta di vaiolo. 2. Maria Anna (1738-89), vivrà da zitella a corte fino alla morte della madre, finendo poi priora del Capitolo delle Dame Nobili di Praga. 3. Maria Carolina (1740-41) Sorte differente per le altre figlie, destinate a diventare merce di scambio nelle alleanze matrimoniali con le più importanti dinastie europee, in cui Maria Teresa adotta una linea piuttosto rigida. È un fatto che alle casate protestanti tedesche la sovrana preferisce, per i matrimoni dei figli, quelle di sicura fede cattolica. Questo vuol dire due soluzioni: i Wittelsbach di Baviera e i Wettin di Sassonia. Al di fuori dell’area germanica 51 le scelte si indirizzano verso le casate principesche dell’Europa meridionale e occidentale. 4. Giuseppe (1741-90), erede al trono. Il nome in ebraico significa “accresciuto da Dio” o anche “Dio voglia che si moltiplichi”. Per il primogenito si rifanno alla tradizione inaugurata dal nonno. Alla scelta dei nomi veniva attribuita una valenza particolare, legata al passato della dinastia, a un evento specifico, a un auspicio. Il nome Giuseppe era entrato da pochi decenni: Leopoldo I l’aveva indicato come patrono delle terre austriache ed aveva scelto quel nome per il primo figlio maschio avuto dalla terza moglie, Eleonora Maddalena del Palatinato-Neuburg nel 1768, il futuro imperatore Giuseppe I. Nel passato altri nomi erano più ricorrenti: Rodolfo, Alberto. L’acquisizione delle terre austriache aveva portato a scegliere nomi che derivavano da quella tradizione, sia familiare che territoriale: Federico e Leopoldo. Nel 1459, La scelta del nome Massimiliano da parte della coppia imperiale Federico III ed Eleonora d’Aviz (portoghese), segna una rottura con la tradizione. L’immediata discendenza di Massimiliano porta poi nuovi nomi: il matrimonio con Maria di Borgogna introduce Filippo, Carlo, Maria e Margherita. 5. Maria Cristina (1742-98), destinata a consolidare la vicinanza con la casa di Sassonia. Nel 1765 sposerà il duca Alberto. 6. Maria Elisabetta (1743-1808), sfigurata dal vaiolo, subirà dopo la morte della madre la sorte della sorella Maria Anna, finendo come badessa di un monastero di Innsbruck. In realtà per lei si era pensato a Luigi XV, rimasto vedovo nel ’68 della moglie, la polacca Maria Leszczynska, ma il vaiolo l’aveva colpita l’anno prima e il re di Francia decide di prendersi come favorita Marie-Jeanne Bécu, contessa du Barry. 7. Carlo Giuseppe (1745-61), colpito dal vaiolo a 16 anni. 8. Maria Amalia (1746-1804), confermerà l’alleanza con i Borbone di Parma sposandone, nel ’69, il duca Ferdinando, figlio di don Filippo (nipote di Luigi XV), centrando così l’obiettivo di assicurare i confini meridionali del Milanese. 9. Leopoldo (1747-92), futuro granduca di Toscana. Ripercorrerà le orme materne, sotto il profilo della figliolanza, avendo 16 figli dalla moglie Maria Luisa di Borbone (figlia di Carlo III di Spagna). Inizialmente, Maria Teresa aveva pensato per lui all’erede del ducato di Modena, Maria Beatrice Ricciarda d’Este. Ma nel ’65 il primogenito Giuseppe, appena eletto re dei Romani, aveva rinunciato ai suoi diritti sul granducato di Toscana (assegnato a Pietro Leopoldo). Ecco che il matrimonio con la Borbone risulta più adatto al suo nuovo ruolo, consentendo così l’alleanza con il fronte borbonico europeo, in particolare sul suolo italico. 10.Carlotta Gabriella (1748) 11.Giovanna Gabriella (1750-62), morta di vaiolo ancora fanciulla. 12.Maria Giuseppina (1751-67), morta di vaiolo da adolescente. Morirà poco prima delle nozze con Ferdinando IV di Napoli. 13.Maria Carolina (1752-1814), sposerà Ferdinando IV di Napoli. 14.Ferdinando (1754-1806), sposerà l’allora scartata, Maria Beatrice Ricciarda d’Este, acquisendo il ducato di Massa e Carrara avuto in eredità dalla madre della sposa (Maria Teresa Cybo-Malaspina). Per questo matrimonio si era adoperato il nonno della sposa, Francesco III d’Este, chiedendo in cambio agli Asburgo l’impegno a mantenere il suo ducato separato dai domini austriaci in Italia. Allo stesso tempo, Maria Teresa si garantiva la tranquillità sui confini meridionali del Mantovano. L’accordo verrà siglato nel 1771 a Milano, quando Francesco III si farà da parte permettendogli di insediarsi nel capoluogo lombardo in qualità di governatore, non appena spostata la nipote. 15.Maria Antonietta (1755-93), figlia destinata a contrarre il matrimonio più prestigioso e più disgraziato convolando a nozze nel ’70 con il delfino di Francia, Luigi Augusto, futuro Luigi XVI. 51 Il padre di Federico, Federico Guglielmo I, all’inizio degli anni 30, introduce il cosiddetto “sistema cantonale”, per cui i soldati venivano reclutati sulla base della regione di appartenenza, il che ne aiutava la coesione e li legava più strettamente alla dinastia e allo Stato. Ciò che altrove viene ottenuto tramite la corte (maggiore vicinanza del ceto nobiliare al sovrano), in Prussia passa attraverso l’apparato militare. Quello di Federico fu un assolutismo di corte, di matrice paternalistica. Una burocrazia “moderna” di stampo aristocratico che verrà acquisita successivamente al suo regno. La Slesia: • Inizio anni 40, Federico non aspira al titolo imperiale, ma col suo Brandeburgo elettorale, comprende che può condizionare la partita per la nuova elezione. • Fa capire che potrebbe garantire il suo voto a Francesco Stefano in cambio dell’acquisizione della Slesia, regione a forte presenza tedesca. È importante anche per i suoi giacimenti minerari e per la sua classe imprenditoriale intraprendente. È uno dei territori più ricchi della monarchia asburgica e quindi tra i maggiori sostenitori del bilancio della medesima (estrema sofferenza). • Teatro di lotte tra tedeschi, polacchi, cechi sin dal Medioevo • Germanizzata a partire dal 200 • Entrata a far parte della corona boema • Era una regione particolarmente appetibile per i meno doviziosi vicini I° GUERRA DI SLESIA E INIZIO GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA: • Novembre 1740, meno di un mese dopo la morte di Carlo VI. Federico avanza ufficialmente la sua proposta: la Slesia in cambio di due milioni di fiorini e il suo voto al Lorena per garantirne l’elezione a imperatore. • Dicembre 1740: Federico entra in azione. Invade la Slesia. • La monarchia asburgica era in una situazione di emergenza ma riesce a mobilitare meno della metà delle truppe prussiane. • Aprile 1741: Disfatta austriaca a Mollwitz in cui si mostra il prevalere della fanteria prussiana sulla cavalleria austriaca. • Maria Teresa sfrutta la carta parentale-diplomatica. Maria Amalia, vedova dello zio Giuseppe I, ritiratasi nel convento viennese delle Visitandine, è anche suocera di Carlo Alberto di Baviera. Attraverso lei, la sovrana cerca di evitare il saldarsi di un’alleanza tra la Baviera e le potenze borboniche, Francia e Spagna. • Maria Teresa sembra disposta ad offrire tutto: ducato di Milano e i Paesi Bassi, le enclaves della sua famiglia all’interno dei territori germanici (Brisgovia, Gunzburg e Burgau, il Voralberg). Tutto inutile: la coalizione anti-austriaca si era già costituita ed entra in gioco anche l’aspirazione bavarese al trono di Boemia. • Maggio 1741: La coalizione raggiunge l’apice nel trattato di Nymphemburg. Francia, Spagna, Baviera, Regno di Sardegna, Sassonia e Prussia vs. Austria • Giugno 1741: Maria Teresa aveva saputo conquistarsi le simpatie dei nobili magiari recandosi a Bratislava per la cerimonia dell’incoronazione, seguendo il solito cerimoniale, ma anche rivestendosi saggiamente degli abiti tradizionali ungheresi. Riceve la corona di Santo Stefano, fondatore della monarchia magiara nel X secolo, insieme agli altri attributi regali. All’esterno compie con estrema agilità la salita a cavallo (altrettanto tradizionale), della collinetta artificiale costruita dinanzi alla cattedrale e dalla sua sommità promette di difendere il paese dai nemici esterni, da qualsiasi parte provengano. • Settembre 1741: momento di svolta quando la sovrana decide di presentarsi personalmente di fronte alla Dieta ungherese (riunita a Presburgo – odierna Bratislava – capitale della parte asburgica del regno d’Ungheria dal 1536). Obiettivo: ottenere l’estensione della cosiddetta “insurrectio” ovvero l’attivazione di un aiuto militare, dalla sola Ungheria a tutti gli Stati della monarchia, il che avrebbe garantito l’immediato invio di numerose truppe. 51 Vestita di nero con la corona ungherese in capo e con in braccio l’erede al trono Giuseppe, Maria Teresa colpisce l’immaginario collettivo con questa sapiente rappresentazione di Vergine addolorata e implorante aiuto. L’episodio viene ricordato a scopo propagandistico, sino all’estinzione della dinastia nel 1918. Alla Dieta i nobili magiari promettono aiuti, che poi non saranno così tanto sostanziosi, ma chiedono prima una contropartita. • La solita ratifica delle “libertà” patrie • Trattazione degli affari ungheresi sia riservata solo a nobili locali • Tradizionale esenzione fiscale per la nobiltà • Freno all’acquisto di proprietà terriere da parte di stranieri • Riconferma della sostanziale indipendenza delle istituzioni ungheresi, anche di quelle con sede a Vienna, come la Cancelleria. Maria Teresa accetta tutto tranne la creazione di un Consiglio d’Ungheria e, per ovvie ragioni, la conferma di un’antica bolla risalente al 1222 che prevedeva il diritto al rifiuto dell’obbedienza. Ottiene il riconoscimento del marito Francesco Stefano come Mitregent (coreggente) anche se nelle manifestazioni pubbliche è sempre mantenuto rispettosamente nell’ombra. Grido di entusiasmo dei cavalieri ungheresi. • Dall’Ungheria giunge la metà delle truppe richieste. I territori austriaci e boemi hanno forse contribuito maggiormente in termini di uomini. Funziona la pressione psicologica dell’arrivo dei “panduri” magiari, i temibili fanti dell’esercito ungherese. • Ottobre 1741: dopo la riunione della Dieta ungherese, Federico II decide di concludere l’armistizio di Klein-Schnellendorf. La temporanea uscita della Prussia serve a poco. La disfatta di Mollwitz ha convinto la Francia ad intervenire attivamente a favore delle rivendicazioni imperiali di Carlo Alberto di Baviera. Poco dopo giunge il voltafaccia di Federico II: denunciato l’armistizio, il re di Prussia passa dalla parte dei presumibili vincitori, anche per non rischiare di rimanere escluso nel momento della futura spartizione dei territori asburgici. • Autunno 1741: gli alleati franco-bavaresi, al comando del maresciallo Belle-Isle, penetrano nell’Alta Austria e Maria Teresa ha il sentore di non potersi fidare dei suoi sudditi, soprattutto in quei territori cosiddetti “ereditari”. Parte della nobiltà locale giura sottomissione a Carlo Alberto di Baviera. • I francesi riescono a convincere il principe bavarese a non dirigersi su Vienna, ma piuttosto a centrare l’obiettivo della presa di Praga che gli avrebbe consentito, con l’incoronazione a re di Boemia, l’acquisizione di un ulteriore voto in sede di consesso dei grandi elettori, nonché il controllo del più ricco Stato d’Europa centrale. • Novembre 1741: La capitale boema, attaccata contemporaneamente dai franco- bavaresi e dai sassoni, capitola. • Carlo Alberto non accede all’incoronazione religiosa a re di Boemia, avendo Carlo VI fatto trasferire la corona a Vienna anni prima, e deve accontentarsi di imporre il giuramento di fedeltà alla nobiltà locale. Si verifica di nuovo, quanto avvenuto in Alta Austria, con la differenza che qui il voltafaccia è più clamoroso: da parte dell’aristocrazia boema e dalla nobiltà, la quale deve alla Casa d’Asburgo deve tutte le sue fortune. Nel corso della guerra dei 30 anni (verso la fine del 600), l’imperatore Ferdinando II aveva assegnato molte delle proprietà sottratte alla nobiltà boema ribelle a signori cattolici di provata obbedienza. Poco più di un secolo dopo, è proprio parte dei discendenti di quei signori che volta le spalle a Maria Teresa. Quest’ultima sarà costretta, una volta terminato il conflitto, a mostrarsi 51 clemente nei confronti dei traditori avendo però ben presente il differente atteggiamento riscontrato nei suoi sudditi ungheresi. • Gennaio 1742 esito finale della prima fase della guerra di successione austriaca: • Carlo Alberto viene eletto imperatore a Francoforte, dopo circa 3 secoli durante i quali la Casa d’Asburgo aveva mantenuto ininterrottamente la carica, viene a perderla a favore dei bavaresi, pur sempre cattolici. Accettata la corona imperiale, Carlo va incontro alla perdita del suo principato. • Il Feldzeugmeister Ludwig Andreas Khevenhuller, allievo del principe Eugenio, riprende il controllo dell’Alta Austria, invade la Baviera e occupa Monaco, la capitale. • Con i successi militari di Federico II, egli si garantisce con un altro colpo, un trionfo paragonabile a quello di Mollwitz. • Maggio 1742: nella cittadina boema di Chotusitz, la Prussia ha la meglio sull’esercito guidato dal cognato di Maria Teresa, Carlo di Lorena. • L’UK entra in campo imponendo la pace tra i due contendenti: Trattato di Breslavia, capitale della Slesia. • Gli Asburgo perdono definitivamente la regione, che possedeva dal 1526. Riescono a salvare solo sparsi territori e a strappare la garanzia di libertà di culto per i cattolici slesiani. • Luglio 1742 pace di Berlino: si conclude la “prima guerra di Slesia”. • Praga era ancora nelle mani delle truppe francesi • Circondato dall’esercito asburgico, i francesi riescono ad abbandonare la città che viene riconquistata nel Gennaio 1743. • Persa la Slesia e pacificate le ambizioni federiciane, importava la ripresa di controllo su quel che resta del regno di Boemia, conteso tra Franco-Bavaresi e Asburgici. Qui si abbozza la promessa di abolizione del servaggio in cambio dell’arruolamento volontario dei contadini. È promessa che proviene sia da parte francese che austriaca. Si tratta di un’apertura legata all’impellente necessità di rimpolpare gli effettivi militari, suscettibile quindi di una rapida chiusura una volta superata l’impasse. • Ripresa di controllo sulla Boemia culmina col viaggio di Maria Teresa e del marito a Praga per l’incoronazione, rinviata di tre anni a causa del conflitto slesiano. La sovrana pare voler prendere un po' le distanze da sudditi così poco affidabili, rispetto agli amati ungheresi, quando rifiuta di usare il ceco in risposta al discorso del gran burgravio. La commissione d’inchiesta sui traditori si risolve alla fine in una volontà di pacificazione più o meno generale e nella comminazione di pene non particolarmente dure. • Resta il cruccio della perdita della Slesia e mai potrà essere compensata da altre conquiste territoriali. C. La seconda guerra di Slesia e la fine della guerra di successione austriaca 1744-48 La prima guerra puntava a colpire gli Asburgo in Boemia e a modificare l’avvicendamento sul trono imperiale. II° GUERRA DI SLESIA: • Estate 1744: Ritorno in campo di Federico II. Le truppe prussiane invadono la Boemia e occupano Praga per tutto l’autunno. • 1745: La controffensiva austriaca, guidata da Carlo di Lorena affiancato dal più esperto fedelmaresciallo Otto Ferdinand von Abensberg und Traun, riesce a capovolgere la situazione: prussiani ricacciati ed invasione della Slesia. Obiettivo F 0 E 0 raggiungere Berlino. 51 Il sistema economico, amministrativo, militare degli Stati di Maria Teresa, è inadeguato e impreparato a raccogliere le sfide dei tempi nuovi e delle nuove potenze che si consolidano nel panorama europeo (Russia e Prussia x es). Maria Teresa era giunta al potere “senza denaro”, senza esercito, senza consiglio. Si servì dei collaboratori che costituivano l’eredità del governo paterno. Ma i più importanti fra questi sono venuti a mancare: von Starhemberg (’45), Sinzendorf e Aloysius von Harrach. La continuità col passato viene rappresentata dalla presenza di Bartenstein e Silvia- Tarouca, dal segretario particolare della sovrana, Ignaz Koch, di umili origini e giunto a posizioni importanti grazie alla protezione di Eugenio di Savoia. Il vero protagonista tra il 1740-50 è il conte Friedrich von Haugwitz: • Artefice delle riforme che accompagneranno e seguiranno gli anni del conflitto • Nato nel 1702 da una famiglia di origini slesiane • Protestante convertito al cattolicesimo e postosi al servizio degli Asburgo. • Nominato conte nel ’33. • Viene segnalato alla sovrana dalla moglie del generale Leopold Joseph Maria von Daun e dallo stesso Koch. • Dopo la perdita della Slesia, la sovrana lo invita a gestire quei pochi territori che nella regione sono rimasti ancora sotto il dominio austriaco. • Viene inviato nel ’47 in Carniola e Carinzia in qualità di controllore dei funzionari locali (incarna il ruolo degli intendenti francesi, pur senza averne il titolo) • Entra all’interno del Consiglio privato. I consiglieri della sovrana hanno spesso le stesse caratteristiche: • Non autoctoni ma provenienti da aree al di fuori della monarchia, quindi difficilmente influenzabili dagli interessi dell’aristocrazia asburgica • Di recente nobilitazione o di origine non nobiliari a maggior garanzia della loro fedeltà allo Stato e alla sovrana 1742: muore il cancelliere Sinzendorf e questo permette di trasformare la Cancelleria d’Austria per gli Affari Esteri in Cancelleria di Casa, Corte e Stato, con a capo il conte Anton Corfiz Uhlfeld. La sezione della vecchia Cancelleria che si occupava degli affari interni si rende autonoma ma acquisisce una sorta di preminenza su quelle degli altri territori della monarchia ed estendendovi in un certo senso la sua autorità. Stato = tutte le differenti parti della monarchia devono far rifermento ad un’unica entità statuale. Uno degli obiettivi: separazione di giustizia e amministrazione. Cosa che in tutte le monarchie di questo periodo apre uno squarcio verso il futuro. A Vienna inizia nel ’45 con: • Creazione di una corte di giustizia come suprema istanza in materia processuale. • Istituita una commissione di corte che si occupi di gestire amministrazione e finanze nei territori di più recente acquisizione (Banato, Slavonia e Transilvania). Quando Haugwitz entra nel Consiglio privato, mette in cantiere un articolato programma di riforme: • Obiettivo primario: unificare amministrazione e finanze in un’unica istituzione che le gestisca con maggior efficacia. Ostacolo: diffidenza, quando non c’è aperta ostilità, delle Diete, cioè gli organismi rappresentativi delle differenti istanze territoriali e dei privilegi del ceto signorile. Per ingaggiare questa lotta, Haugwitz si serve delle teorie cameralistiche tenendo presente anche le iniziative concrete prese in tal senso in Prussia: il cameralismo era nato proprio lì come una sorta di versione rivista e aggiornata del mercantilismo, trattando di tutte le questioni relative all’amministrazione statuale e al bene comune. Il termine si amplia a comprendere tutto quanto il 51 monarca può e deve fare per tutelare il benessere dell’insieme dei suoi sudditi: è il bene comune ad essere individuato come base del potere regio. Haugwitz non svuota completamente le Diete delle loro prerogative, intende piegarle ai suoi interessi della loro compagine statuale nel suo complesso. I ceti possono continuare ad avere voce in capitolo sull’ammontare delle imposte e mantenere il loro diritto di voto. Una volta deliberata, quelle stesse gravezze devono considerarsi di esclusiva pertinenza regia, ripartite e riscosse da funzionari pubblici. Si tratta di rendere completamente autonomo, e gestito e controllato dal centro, il lato amministrativo del prelievo fiscale. Il bilancio era in buona parte in tutte le monarchie europee assorbito dalle spese militari. La necessità, alla fine della guerra di successione nel ’48, era di garantire le risorse necessarie per il mantenimento di un esercito che fosse in grado di competere con quelli delle altre potenze europee. Si vorrebbe un esercito i cui effettivi risultino di poco superiori alle 100mila unità. Se l’intento è quello di mettere in atto anche una riforma dell’apparato militare, bisogna prima garantirsi le risorse finanziarie per portarla a termine. Riforma che vuol dire concentrare il mantenimento delle truppe nelle mani delle autorità pubbliche, sottraendole al controllo dei potentati locali e ponendo fine all’odiata imposizione dell’acquartieramento dei soldati alle popolazioni civili. Maria Teresa capisce che l’unico modo per essere vicina alle sue truppe è quello di: • Preoccuparsi costantemente delle loro condizioni • Ispezionarle quando possibile • Prendere personalmente provvedimenti per premiare o punire ufficiali e soldati • Occuparsi della formazione dei quadri dell’esercito (come farà nel ’51 creando l’Accademia Militare di Wiener Neustadt). Nel corso del conflitto però, le entrate complessive della monarchia si aggirano intorno ai 20 milioni. Quindi l’esborso finanziario previsto per l’esercito rischia di annullare le risorse disponibili per il funzionamento degli altri ingranaggi della macchina statuale. Qui, Haugwitz mette in atto quello che aveva già fatto nella Slesia austriaca e in Carinzia e Carniola. Il suo intento è che gli Stati continuino a votare le imposte e che vengano poi riscosse da un organismo unico e centralizzato. • Secondo obiettivo: necessità di evitare di presentare ogni anno dinanzi alle Diete per contrattare i contributi. Oppositore fiero è il cancelliere di Boemia, il conte Friedrich August von Harrach, figlio del defunto Aloysius. Per contrastare l’accentramento di potere nelle mani della burocrazia centrale di Vienna, ritiene che sia necessario potenziare responsabilità e prerogative dei ceti di differenti territori della monarchia. Egli diceva che la monarchia doveva: • Mettere nelle loro mani il risanamento della stessa • Modernizzare le amministrazioni locali • Affidare ai ceti l’imposizione indiretta, dazi, gabella • Eliminare le barriere doganali interne Tutto questo per far vedere che gli introiti fiscali sarebbero aumentati e che l’economia sarebbe stata rilanciata. Gennaio 1748: riunione del Consiglio privato. Riunione che rappresenta il passaggio cruciale nella storia del regno teresiano. Haugwitz e Harrach espongono le loro ragioni. La sovrana opta per la messa alla prova delle capacità di Haugwitz e della bontà delle sue proposte. Egli viene inviato in Boemia e Moravia per esporre i suoi progetti dinanzi alle Diete, ma in qualità di progetti per non urtarne le suscettibilità. Il successo lo ebbe con la Dieta morava, meno con quella boema. Alla fine anche i signori boemi si assoggettano ad offrire alla tassazione anche le terre dominicali, cioè quelle di loro esclusiva pertinenza. 51 Haugwitz ha modo di rendersi conto che in Boemia i ceti gestivano la cosa pubblica in maniera più virtuosa che in altri parti della monarchia, ma capisce anche che da quei signori non può uscire quel ceto di funzionari fedeli alle esigenze del pubblico, di cui hanno bisogno le riforme. Altrove, Maria Teresa opta per una linea più dura: • Alla Carniola, regione meno importante per le finanze statali, il contributo viene imposto. • Carinzia e Stiria ottengono la riduzione da 10 a 3 anni della durata del contributo. • Il Tirolo mantiene il privilegio della votazione anno per anno. • Ungheria e Paesi Bassi non vengono sfiorati da questa riforma Con tutti i distinguo e le differenze del caso, si tratta di una svolta decisiva verso una nuova organizzazione della macchina dello Stato, e degli “Stati”. Primo tentativo di riforma con • Tentativo di centralizzazione dell’amministrazione • Depotenziamento delle prerogative dei ceti • Creazione di un corpo di funzionari pubblici • Controllo sulla riscossione delle imposte Vengono creati due organismi che sono di maggior importanza: • Directorium in publicis et cameralibus: Presieduto dallo stesso Haugwitz. Si occuperà di amministrazione e finanze. Grazie a questo nuovo organo, Boemia, Moravia e Erblander si unificano sotto la stessa denominazione di “paesi ereditari tedeschi”, perché tutti posti sotto la giurisdizione del Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca. La conseguenza dell’unificazione è la fusione in un unico Collegio delle cancellerie di Austria e Boemia. Rimane fuori: • Ungheria poiché non fa parte dell’impero e mantiene istituzioni proprie • Lombardia e Paesi Bassi. Decade anche la Hofkammer, limitata alla gestione delle finanze ungheresi e della famiglia arciducale. Punta di diamante di tutto il sistema è: il Directorium. • Corte Suprema: riforma la giustizia. Alla sua testa il cancelliere d’Austria Johann Seilern II. Obiettivo è quello d sottrarre alle due cancellerie, ora fuse, voce in capitolo nel campo dell’amministrazione della giustizia che viene totalmente assunta dal nuovo organismo. I paesi ereditari si troveranno l’unico tribunale di seconda istanza di tutta la monarchia. Con queste due istituzioni, le cancellerie austriache e boema vengono quindi deprivate delle loro prerogative finanziarie e giudiziarie. La seconda rende il titolo di cancelliere puramente onorifico. La Boemia si trova declassata a “provincia di uno Stato federale”. L’innovazione determinerà un diffuso risentimento tra le popolazioni ceche contro la loro sovrana. Si tratta di innovazioni scaturite dalle urgenze imposte dal conflitto appena terminatosi e le scelte compiute sono frutto della volontà pragmatica di ottenere risultati visibili e a breve scadenza. Teorie che avevano avuto origine sin dal secolo precedente in ambito inglese prima e francese poi: abbandonata la preminenza 5-6centesca della cosiddetta “ragion di Stato”. Il nuovo Stato dei Lumi deve basarsi sul consenso di un’élite che è disposta a farsi rappresentare da poteri (monarca, parlamento, magistratura) che devono operare in condizioni di sostanziale equilibrio. È la politica come scienza quella che nasce in UK nella seconda metà del 600 e che poi si trasferisce oltremanica, dando vita alla vigorosa corrente dei Lumi francesi. 51 la base imponibile. Essendo però concentrata nelle proprietà terriere la vera ricchezza, le risorse maggiori provenivano dalla tassazione di quelle. Limiti della signoria: gli agenti del titolare che si occupavano di riscuotere l’imposta, la cui ripartizione era ad arbitrio del signore. Agenti detestati dai lavoratori della terra che venivano “derubati” e spesso oltraggiati. Quello che rimaneva ai contadini da corrispondere allo Stato era ben poca cosa, tolto il minimo indispensabile per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie. Funzionava così per le imposte destinate ordinariamente a finanziare le spese militari. Le elargizioni straordinarie deliberate dalle Diete in condizioni di urgenza e necessità gravavano di norma sulla porzione agraria dipendente dal signore. Difficilmente anche i grandi feudatari contribuivano per cifre importanti. La nuova frontiera dopo la conclusione del catasto giuseppino-carlino nel 1748 è quella di estenderlo anche alle terre dominicali. Denominato “exaequatio dominicalis”, cioè livellamento, pareggiamento rispetto alla parte rusticale già censita. Il catasto prende il via nel ’50. I successivi 7 anni servono per portare a termine l’impresa e per prendere in esame le contestazioni relative alla precedente. Le condizioni dei contadini, secondo lo studioso ceco Pekar, peggiorarono. Maria Teresa avrebbe voluto che la pressione fiscale su di loro non superasse il 30% ma in realtà raggiunse il 45%. Non vengono ancora intaccati le corvées e gli abusi signorili. Si ha notizia di violenze perpetrate dagli agenti dei signori nei confronti dei contadini che si rifiutavano o che riuscivano ad assolvere ai loro obblighi nei confronti del feudatario che si imponeva loro di liquidare in via prioritaria rispetto a qualsiasi altra contribuzione. I contadini vivevano costantemente al limite della sussistenza, ma vivevano. Bastava però un cattivo raccolto o le distruzioni causate dalle guerre o un’epidemia contagiosa a far varcare la soglia della sopravvivenza e gettarli nella miseria. Le dottrine mercantilistiche misuravano la ricchezza di uno Stato sulla base del flusso di monete preziose che gli scambi e le esportazioni facevano affluire nel paese. La situazione di dazi e pedaggi esterni, in particolare interni, alla monarchia era intricatissima e non aiutava, ma anzi rischiava di deprimere eventuali tentativi di sostegno economico e finanziario. Soluzione: ’46 creare un ulteriore nuovo organismo, il Direttorio Universale del Commercio: ▲ Semplificazione e razionalizzazione dei differenti sistemi doganali interni ai territori asburgici ▲ Incentivi alle manifatture. ▲ Viene assunta dal boemo Rudolf Chotek. ▲ Sostegno e consigli da parte di Francesco Stefano il quale, dimostra e dimostrerà un fiuto non comune in tema di affari. Per proteggere o stimolare la produzione nazionale, vengono innalzati i dazi sui prodotti di importazione e sugli articoli di lusso che i ceti dirigenti della monarchia facevano venire dall’estero. Questo porta a una immediata reazione da parte delle potenze straniere che innesca vere e proprie guerre doganali. A Vienna e nel Regno di Boemia vengono impiantate manifatture di porcellane e offerti aiuti a chi vuole impregnarsi nella produzione di velluti o di altri articoli tessili. In territorio ceco, la spinta verso lo sviluppo industriale è dovuta dalla necessità di compensare nel più breve tempo possibile la perdita delle manifatture tessili della Slesia. La produzione di aghi da cucito, maglia, spilloni per capelli viene sovvenzionata con aiuti pubblici e, in caso di avversità, lo Stato interviene acquistando direttamente le manifatture. Ostacolo rappresentato in ambito urbano dalle corporazioni, che le loro rigide regole frenavano l’iniziativa imprenditoriale. Le autorità pubbliche cercano di contenerne lo strapotere così: 51 ▲ eliminando le limitazioni imposte al numero delle officine e alla quantità di personale impiegatovi ▲ consentivo il lavoro femminile e minorile ▲ liberalizzato il lavoro a domicilio I territori danubiani e balcanici erano anche ricchi di attività estrattive e minerarie: in Slovacchia vengono dunque finanziati gli ammodernamenti nelle miniere di rame e di metalli preziosi. In Stiria, in Transilvania e nel Banato si fa lo stesso per l’estrazione di materiale ferroso, in Craina per le miniere di mercurio e in Carinzia per il piombo. I commerci non possono avere barriere interne ed hanno bisogno di buone vie di comunicazione F 0 E 0 abbattimento delle dogane interne. ▲ 1719 già Carlo VI aveva collegato Vienna con Trieste dove aveva costituito il porto franco. ▲ 1748 viene istituito un servizio pubblico di trasporto. ▲ 1766 varato un ordinamento delle dogane e dei pedaggi omogeneo per tutti i territori della monarchia. ▲ 1775 Austria e Boemia si uniscono in un’unica area doganale. L’Ungheria si defila. Lo sbocco al mare della monarchia riprende con rinnovato dinamismo dopo la fine della guerra: ▲ Concessione della piena esenzione doganale ▲ Creazione in loco della Compagnia del Levante nel ‘50 ▲ Borsa nel ‘55 Commercio = circolazione della moneta F 0 E 0 disordine. Es. in Austria e nelle regioni tedesche meridionali, i pagamenti venivano effettuati in fiorini. Nelle regioni germaniche del nord si usava il tallero (=2 fiorini). Questo creava caos e frodi. ▲ 1750 unificazione del valore delle monete perlomeno negli Stati ereditari ▲ 1753 accordo con la Baviera che dà vita al cosiddetto “tallero teresiano”, una moneta d’argento del valore di 10 talleri di Colonia. Costituirà il mezzo monetario di pagamento consentito tra i due paesi. Moneta particolarmente apprezzata anche all’interno dell’impero ottomano. F. Il regno di Boemia: il “forziere” della monarchia La Corona di San Venceslao è composta da Boemia, Moravia e Slesia: • È la parte della monarchia economicamente più ricca. • Vi prevalgono le attività estrattive di oro, argento, rame e le manifatture soprattutto tessili. • La maggior parte della ricchezza proviene anche dalla terra: i signori boemi, dalla fine del 500, avevano affiancato alla produzione cerealicola quella del pesce di stagno, carpe e lucci in particolare, e la fabbricazione della birra. Praga è un centro di primaria importanza dell’area centro-europea sin dal Medioevo. Nel 1348 Carlo IV aveva fondato l’università. La città diventa arcidiocesi e ne aveva sancito l’indipendenza dalle sedi vescovili tedesche limitrofe. • San Venceslao, principe cristiano che aveva subito il martirio all’inizio del X sec, insieme al vescovo di Praga Sant’Adalberto, l’evangelizzatore delle popolazioni centro-europee ancora pagane. • Tra 6-700 Giovanni Nepomuceno, il sacerdote ceco fatto martirizzare da re Venceslao IV alla fine del 300 e canonizzato da Benedetto XIII nel 1729, diventa simbolo “nazionale” ceco, il cui culto, legato ai pericoli dell’acqua e all’esaltazione della difesa del segreto confessionale fino al martirio, diventa caratteristico dell’epoca barocca, con forti richiami identitari per la popolazione locale e per la stessa dinastia. La dinastia poteva avere interesse ad esaltarne la figura nel 700 in contrapposizione a Jan de Hus. Slesia: 51 • Caratterizzata da una componente polacca, presenza tedesca e prevalenza dei luterani. • Esistenza di importanti manifatture tessili. • Motivo per cui diventa il primo obiettivo strategico di Federico II • La presenza tedesca era stata rilevante in tutto il regno sin dal Medioevo, in particolare tra i ceti più elevati e all’interno della borghesia urbana. “Nazione politica” rappresentata dal ceto nobiliare in molte aree dell’Europa centro- orientale, come bacino di difesa di tradizioni e anche privilegi di carattere fortemente identitario. Aspetto che risalta maggiormente la nobiltà magiara. 1620 Battaglia della Montagna Bianca (inizio della guerra dei 30 anni) può essere vista come battuta di arresto nel cammino boemo di costruzione statuale. Il “nazionalismo” 4centesco di Jan Hus aveva rappresentato un salto in avanti, ma la reazione asburgica ha frenato questo processo espansivo. 1627 Ferdinando II d’Asburgo riesce ad imporre l’ereditarietà della Corona di San Venceslao all’interno della sua casata, mentre fino ad allora le Diete boeme, morave e slesiane si erano rifiutate di accondiscendere a tale richiesta. L’identificazione nobiltà-nazione ha significato nel corso dell’età moderna una lotta per la tutela dei privilegi aristocratici, in cui le “libertà” dei ceti privilegiati venivano non a caso accomunate alla rivendicazione della “libertà” della nazione. Nazione = nel senso medievale, comprende lingua, territorio e appartenenza politica comuni quindi anche etnie diverse ma riunite in una stessa natio. Il luogo di difesa era costituito dalle Diete ma rimanevano escluse le masse contadine. Anni 20 del 600 avevano visto l’annientamento del protestantesimo boemo. Le epurazioni e le espulsioni di Federico II erano vissute come umiliazione dei Cechi da parte del conquistatore straniero. In realtà i beneficiari delle confische ai proprietari protestanti furono i signori locali di fede cattolica. Fu adottata una politica selettiva di epurazione tenendo conto delle convenienze politico-economiche. Ad alcuni fu concesso di continuare a professare il credo protestante, come ai: Lobkowicz, Slawata, Liechtenstein, Wallenstein e Czernin. Essi approfittarono delle confische per estendere considerevolmente i loro patrimoni. Ci furono pure nuove famiglie aristocratiche favorite dalla dinastia (cognomi che tradiscono la provenienza): Piccolomini, Colloredo, Buquoy, Gallas. Questo è il momento di: • Imposizione del dominio ereditario asburgico in Boemia • Svuotate le Diete locali del potere di legiferare ma mantenevano il diritto a votare le imposte • Istituito un quarto ordine, insieme ai nobili, cavalieri e borghesi, quello del clero • Si manteneva la Cancelleria di Boemia, trasferita a Vienna dove la si ritrova al tempo di Maria Teresa Il cattolicesimo diventa l’unica confessione religiosa consentita all’interno del regno. Le famiglie protestanti si limitavano a spostarsi nella vicina Slesia, ma la maggior parte si sparse in tutto il resto dell’Europa orientale, settentrionale e insulare (UK). L’’intervento dell’elettore di Sassonia, alla fine della guerra dei 30 anni (1648) garantì alla Slesia uno statuto particolare. Ferdinando II impose l’ortodossia cattolica solo al resto della Boemia, dopo aver cercato di reprimere la presenza protestante nei territori austriaci. In realtà sacche di protestanti continueranno ad esistere in alcune valli appartate dell’Alta e della Bassa Austria fino al 700. Boemia: • L’imperatore Giuseppe I aveva cercato di far dimenticare le oppressioni dell’antenato Ferdinando II. • Nel 1709 insediò una commissione, presieduta da due nobili al fine di rivedere la Costituzione territoriale rinnovata del 1627. Tale organismo non portò a nulla. • La lingua tedesca viene posta sullo stesso piano di quella ceca all’interno dell’amministrazione pubblica. Si innesca una sovrapposizione della lingua 51 Capitolo 4: Altre guerre e nuove riforme A. Alliances e mésalliances Maria Teresa pone il problema delle alleanze internazionali, problema che farà precipitare l’Europa in un vortice di guerre e distruzioni. Le opzioni in campo sono due: • Proseguire con la tradizionale alleanza con l’UK che però si è dimostrata poco affidabile e poco interessata ad ascoltare le esigenze asburgiche, quando non coincidevano con le sue. • Rompere il tradizionale sistema di alleanze e avvicinarsi alla rivale di sempre, la Francia borbonica. Maria Teresa ritiene più fidata la Russia di Elisabetta I, di cui conosce bene le mire su Svezia e Polonia, mire da poter utilizzare in funzione anti-prussiana. Obiettivo: riprendersi la Slesia. Lei e i suoi collaboratori comprendono che la rivalità commerciale tra inglesi e francesi sarà storia mondiale. Non mancano ragioni pratiche che suggeriscono il recupero della Slesia: • Prussia acquisisce la Slesia e la contea di Glatz che rende vulnerabile il regno di Boemia a futuri eventuali attacchi • Maria Teresa non può permettersi altri pericoli. Settore fondamentale per garantire un’efficace difesa in caso di attacco nemico: i contributi estorti alle Diete per le spese militari e l’ammodernamento dell’esercito che vanno messi a frutto. Aver reso pluriennale la “contribuzionale”, cioè la tassa per gli armamenti deliberata dagli Stati cetuali aveva l’obiettivo di impostare più agevolmente la gestione del settore militare. L’apparato militare si trasforma in una entità moderna, ben equipaggiata e addestrata: • Aboliti i compensi in natura per soldati e cavalli da parte dei sudditi • Rimangono in vigore gli oneri di acquartieramento • Addestramento e mantenimento dell’esercito centralizzati e non più delegati al ceto signorile. • Consentito agli aristocratici di armare reggimenti, ma tutti devono acconsentire a sottostare ad un medesimo regolamento e a usi e costumi comuni e omogenei. • Introduzione della coscrizione grazie alla quale ogni territorio deve fornire un dato numero di reclute. • Ungheria non inclusa Haugwitz guida le riforme istituzionali, Chotek cerca di risanare e rilanciare l’economia. Il protagonista della riforma militare è: Joseph Daun, feldmaresciallo e genero della precettrice teresiana Maria Karolina Fuchs. • Attenzione sulla formazione del corpo ufficiali, programmato sin dall’infanzia. • Fonda a Vienna una scuola propedeutica al servizio militare, per i figli di ufficiali di esigue diponibilità economiche • Accademia Militare di Wiener Neustadt • Creazione a Gumpendof dell’Accademia d’Ingegneria per la formazione dei quadri del genio militare. Nuove istituzioni gestite direttamente da Daun. La sovrana si rende conto che gli ufficiali devono avvertire che la loro carica gode del necessario prestigio e riconoscimento. Ecco quindi: • le visite personali ai reparti da parte della sovrana, • il diritto al titolo di nobiltà dopo 40 anni di onorato servizio, • la creazione dell’Ordine di Maria Teresa che lega alla corona i comandanti più esperti e valorosi. Lo scacchiere europeo si prepara. 51 Artefice del cambio di rotta della diplomazia asburgica è il principe di origini morave Wenzel Anton von Kaunitz-Rietber, abbreviato Kaunitz. Kaunitz: • Nato nel 1711 • Figlio di Maximilian Ulrich, ambasciatore cesareo e poi presidente della Dieta morava, e di Maria Ernestine Rietberg. • Il nonno, Dominik August, era stato vice-cancelliere del Reich. • Formazione di carattere giuridico si svolge tra l’università sassone di Lipsia e quella olandese di Leida. • Viaggio di istruzione in UK, Francia e Italia. • Fondamentale è la figura del suo precettore, Johann Friedrich von Schwanau, che lo introduce ai testi dell’età della crisi della coscienza europea (pre- illumistica). • 1736 Vienna, si sposa con la nipote di Starhemberg, il che lo fa entrare definitivamente a corte. • Personaggio stravagante, ossessionato dalle malattie. • Inviato a Torino come ambasciatore, poi a Bruxelles come fiduciario. • 1748 ad Aquisgrana ebbe un ruolo rilevante • 1749 nomina a membro della Conferenza segreta • Condizionerà la politica estera asburgica avendo ben chiara una cosa: gli Asburgo dovevano impegnarsi maggiormente nel consolidamento del loro Stato, accentando la trasformazione da “potenza dinastica imperiale in una potenza statale austriaca”. • Marzo ’49 Conferenza segreta: punto di svolta per lui e per la monarchia. Ostacoli: • Harrach • Colloredo • Imperatore Francesco Stefano Convinti invece del rafforzamento delle tradizionali alleanze con UK e Russia. È probabile il risentimento nei confronti della Francia per la perdita della Lorena. Kaunitz vuole un avvicinamento alla Francia ottenendolo proponendo: • Carlo Emanuele III cessa la Savoia a don Filippo di Borbone. Quest’ultimo la darebbe in cambio di Parma con l’accorpamento al regno di Sardegna il Milanese. • Parma per i Borbone, Milano e i Paesi Bassi per gli Asburgo Di conseguenza rottura dell’asse Parigi-Berlino che Kaunitz ritiene unica possibilità per il riacquisto della Slesia. Giugno ’49, muore Harrach. Questo facilita le cose. Sostituito con il maresciallo Karl Joseph Batthyany il quale non è contrario e ritiene che il sostegno francese alla Prussia costituisca l’ostacolo maggiore per qualsiasi possibilità di recupero. • Kaunitz ottiene appoggio di Maria Teresa • 1750 Inviato a Parigi in qualità di ambasciatore • La diplomazia francese si mostra diffidente, convinta che l’Austria sia una pedina nelle mani dell’UK e della Russia. Con l’UK il contrasto è insanabile, ma ciò che inquieta Luigi XV è la Russia per via del suo espansionismo nell’Europa orientale. • La Polonia risulta cruciale: il re Augusto III, sul trono dalla guerra di successione polacca, ha più di 50 anni ormai. Si prefigura di nuovo il problema della successione. In questo caso la Francia pensa di imporre il principe del sangue Louis François di Borbone-Conti, politico dai difficili rapporti con Luigi XV e visto volentieri lontano dalla Francia. In questo ambito risulta prudente consolidare le alleanze tradizionali con la Prussia, Svezia e Polonia e Impero Ottomano. 51 Successione al trono imperiale: • È uso eleggere re dei romani colui che sarà con ogni probabilità destinato a succedergli • Maria Teresa punta sul figlio, l’arciduca Giuseppe • La Francia non vede di buon occhio il continuarsi della corona imperiale nelle mani di un Lorena. • Giuseppe è un Lorena sì, ma ancor di più un Asburgo. Le ambizioni degli Asburgo-Lorena si contrastano contrapponendovi quelle di un candidato rivale: Carlo Teodoro di Wittelsbach, elettore palatino, il quale ha pretese sulla contea di Falkenstein, unico possedimento in Lorena rimasto di proprietà di Francesco Stefano e che gli garantisce un voto nella Dieta imperiale. Francia non interessata ad accordi con Austria. UK interessata a continuare con la rivalità contro la Francia così che la tiene occupata in Europa e quindi poco attenta a difendere e ampliare i suoi possedimenti coloniali. Spagna di Ferdinando VI, succeduto a Filippo V nel ’46, vorrebbe risaldare l’asse borbonico con Luigi XV, ma la moglie, la portoghese Maria Barbara di Braganza, in virtù della tradizionale dipendenza del Portogallo dall’UK e dell’essere figlia della principessa “leopoldina” Maria Anna, riesce a trattenerlo. Un compromesso con UK e Austria avrebbe consentito ai Borbone di Spagna e ai loro discendenti (Filippo a Parma, Carlo a Napoli) di operare in Italia con tranquillità. Carlo Emanuele III era interessato a contenere le ambizioni francese sul territorio italico. La Prussia è ormai ascesa al rango di grande potenza. Esiste uno Stato in grado di costituire un valido contraltare agli Asburgo a livello politico, militare e sul piano delle relazioni internazionali. C’è chi in UK pensa che l’Austria e la Prussia possano essere un’alternativa per contrastare la Francia, basta spezzare la tradizionale vicinanza tra i Borbone e gli Hohenzollern. Kaunitz fa breccia nel mondo parigino e allaccia amicizie femminili come quella con Marie-Thérèse Rodet Geoffrin che ha da poco aperto un salotto destinato a divenire famoso nel suo palazzo in rue Saint-Honoré. Il soggiorno parigino di Kaunitz si fa difficile per via di: • Ostilità a livello diplomatico • Cade malato nel 51 • Muore il figlio Ma riuscirà a riprendersi. Mette a segno un colpo: frequentazione della potente amante di Luigi XV, Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, alla quale giunge tramite intermediari provenienti dal mondo della finanza. Kaunitz comprende la situazione psicologica della favorita: disprezzata da certi ambienti di corte e sensibile a chi le mostra rispetto e le offre amicizia. Allo stesso tempo, cerca di metterle in testa che l’Austria non è poi quella nemica irredimibile che la diplomazia francese si ostia a credere. 1753 rientra a Vienna con nulla di fatto ma con legami importanti alle spalle. Maria Teresa ha grandi progetti su di lui: • Maggio ’53 lo sostituisce al conte Uhlfeld a capo della Cancelleria di Stato, fino al ’92 quindi sarà il ministro degli esteri della monarchia asburgica. Sin da subito ha delle idee ben precise: ▲ Necessità di accentrare tutte le questioni della monarchia nel suo dicastero. Es. la gestione dei Paesi Bassi austriaci e del Milanese. ▲ Accentramento che si traduce in una centralità spaziale. La nuova sede della Cancelleria sarà nel Palazzo di Ballhausplatz, di fronte alla casa reale. 51 • Federico, sconfitto a Kolin, con la sua capitale occupata, rischia di perdere tutto lo Stato. Alla fine del ’57 vede riconquistate tutte le posizioni, compreso il recupero della Slesia. • Francia incline ad una conclusione. • Interviene UK con il ministro della guerra William Pitt, contrario al cedimento nei confronti di Parigi e favorevole ad un rinnovo dell’alleanza con la Prussia. • 1758 Prussia, sostenuta dall’UK, rilancia la sua offensiva giungendo a minacciare Vienna. • Daun lo blocca. • Russia avanza ad est e costringe Federico a concentrarsi su quel fronte. • 1758 si conclude senza un vincitore. Nel 1759 alleanza austriaca con la Francia (terzo trattato di Versailles): • Luigi XV poco incline a continuare la guerra e fortemente preoccupato dai rovesci francesi nelle colonie americane. • Protagonista del trattato: Etienne François de Choiseul • Ministro degli esteri • Protetto della Pompadour • Ambasciatore a Roma • Rappresentante di Luigi XV a Vienna • Trattato concluso a condizioni favorevoli per la Francia: ■ Sostegno finanziario dimezzato ■ Ridimensionamento delle truppe impegnate nell’area tedesca ■ Rinuncia ad ambizioni di ingrandimenti territoriali ■ No acquisizioni nei Paesi Bassi ■ No sovranità per Filippo di Borbone • Luigi XV si garantisce maggiore libertà di azione nel momento in cui ritenesse di dover staccare la spina e arrivare a siglare una pace separata con i nemici anglo-prussiani. • Maria Teresa soddisfatta: • Può continuare la guerra • L’accordo prevede il matrimonio tra Giuseppe e Isabella di Parma, nipote del re di Francia. Annus horribilis per la Prussia anche perché austriaci e russi riescono ad agire e ad avanzare contemporaneamente da sud e da est. • Daun sconfigge i prussiani • Il comandante russo preme dalla Polonia • Tra gli alleati propende l’attendismo e la prudenza e quindi viene persa l’unica vera occasione apertasi per il totale annientamento del nemico. • Federico II si avvantaggia • Agosto 1760 gli alleati vincono a Liegnitz e occupano Berlino. • Novembre ’60 Prussia vince a Torgau, battaglia in cui Daun viene ferito. Segnale per Maria Teresa: la Slesia non potrà più tornare alla monarchia asburgica. Fronte anglo-francese: • Situazione volge al peggio per Luigi XV e per i suoi possedimenti coloniali, nonostante la scesa in campo della Spagna. • 1759 Carlo nuovo re, figlio di Elisabetta Farnese, re di Napoli e fratellastro del re precedente Ferdinando VI. • Carlo III si affrettò a siglare quel “patto di famiglia” che unisce le dinastie borboniche di Madrid, Parigi, Parma e Napoli contro i nemici comuni: UK di William Pitt (entrata in guerra contro loro nel 62). • 1760: Giorgio III: ■ Ha sostituito il nonno omonimo ■ È molto meno condizionato dall’attaccamento all’Hannover ■ Poco interessato a lasciarsi coinvolgere dai problemi continentali 51 ■ Primo sovrano della dinastia ad essere nato sull’isola e ad essersi completamente formato in ambito anglosassone. • Fine 1761 Emarginazione di William Pitt e il suo allontanamento dal Ministero della Guerra, testimoniano che il nuovo sovrano vuole una pace. Colpo di fortuna per Federico II: • Gennaio ’62 muore la zarina Elisabetta I. • Sale al trono russo Pietro III (Carlo Pietro Ulrico di Holstein-Gottorp): • Fervente ammiratore di Federico II • Figlio del duca dello stato tedesco di Holstein-Gottorp e di Anna Petrovna Romanova, figlia dello zar Pietro il Grande. • Pietro III conclude la pace con Federico: • Giunge a restituirgli tutti i territori prussiani occupati. • Gli mette a disposizione delle truppe • Attua un rovesciamento delle alleanze tradizionali della Russia. • Pietro viene assassinato da una congiura di palazzo. • Sale al trono la moglie Caterina II la Grande (Sofia Federica Augusta di Anhalt- Zerbst). • Federico II sconfigge gli austriaci e riacquisisce tutte le posizioni perdute. Le vicende russe preparano la conclusione del conflitto. Febbraio ’63 la guerra tra FR e UK e il loro alleati si concluderà con il trattato di Parigi. • FR privata di quasi tutte le sue colonie americane. • FR dà il Canada agli inglesi • Spagna dà la Florida agli inglesi • Spagna ottiene Cuba, Filippine e Louisiana dai francesi • India sotto la supremazia inglese Caterina II di Russia non è interessata a riprendere la guerra contro la Prussia. Maria Teresa sa di non poter continuare il conflitto da sola. Febbraio ’63 castello di Hubertusburg, Sassonia, trattative di pace: • Niente più Slesia per Maria Teresa • Perde la contea di Glatz • Federico promette il suo voto a favore dell’arciduca Giuseppe d’Asburgo per l’elezione. Il conflitto ha fortemente indebolito, in termini di popolazione civile. Sono state duramente colpite la Sassonia e la Slesia, le quale hanno costituito i teatri principali del conflitto nello scenario centro-europeo. Non ha lasciato indenni neppure la Moravia e la parte settentrionale della Boemia. Gli eserciti sono stati duramente colpiti. Mutati anche gli equilibri internazionali: • Rivalità Asburgo-Borbone è venuta meno • Isolamento di Federico II che gli ha alienato FR e UK, circondato dalle nemiche Austria e Sassonia. Unico sbocco possibile rimane un avvicinamento alla Russia. • Caterina II non si dimostrerà aliena dall’accettare tale eventualità, in virtù di un interesse comune ai due Stati: agire per cominciare a discutere del futuro del regno di Polonia. Maria Teresa è costretta a farsi una ragione della perdita della Slesia, come che la Prussia si è elevata al rango di grande potenza e che con gli Hohenzollern bisognerà fare i conti da ora in avanti. La guerra è servita a Maria Teresa per mettere alla prova le rinnovate strutture del suo Stato e del suo esercito, strutture che hanno retto. Risultato positivo per gli Asburgo-Lorena: • Si sono emancipati dal condizionamento inglese • Possono agire con la libertà e indipendenza di una grande potenza • Conservano e consolidano il nuovo asse privilegiato con Parigi che significa un’alleanza con tutto il fronte borbonico europeo inclusi i regni di Spagna e Napoli e il ducato di Parma. 51 • Riescono a conservare il titolo imperiale nelle mani della dinastia con il sostegno del nemico prussiano all’elezione del figlio primogenito. Resta da rafforzare la monarchia con rinnovate riforme e istituzioni ammodernate. C. Una nuova stagione di riforme Rinnovata stagione riformistica che inizia prima che la guerra finisse. Scopo: ammodernare e riorganizzare le strutture statuali asburgiche. Protagonista: il cancelliere di Stato Wenzel Anton Kaunitz. Il cancelliere ritiene che i risultati delle riforme di Haugwitz siano insoddisfacenti. Obiettivo: concentrare il potere in un consiglio composto da poche e fidate persone poiché convinto che solo centralizzando le decisioni di indirizzo si possano velocizzare i tempi delle medesime e renderle maggiormente efficaci. Si tratta di selezionare nei vari dicasteri i funzionari più capaci e intraprendenti e creare tra di loro sinergie che consentano un migliore coordinamento a livello decisionale e organizzativo. Gli elementi che caratterizzano il nuovo apparato devono essere competenza e capacità. 1760 il nuovo organo prende vita quando i rovesci militari rendono pressanti decisioni rapide per il rientro del debito pubblico e per il ridimensionamento dell’esercito, da ridurre alla metà. Le entrate annue della monarchia sono circa 60 milioni di fiorini, mentre il debito pubblico si è raddoppiato. Le risorse provenienti dal regno di Boemia continuano a rimpolpare il bilancio statale. Novità: forte incremento delle entrate dei ducati austriaci (Bassa Austria si è vista raddoppiare il carico fiscale, Carinzia e Carniola quadruplicare). MA necessità di affrontare le spese di guerra impone una nuova revisione del sistema istituzionale che lo renda più snello e più efficiente. Gli anni della guerra vengono utilizzati per la riforma di un esercito che non riesce ancora a reggere il confronto con le altre potenze europee (Prussia in primis). Il feldmaresciallo Daun nominato presidente del Consiglio di Guerra nel 1762. Consiglio che viene riorganizzato in una sezione militare, una di giustizia e una amministrativa. Consiglio di Stato (Straatsrat): Kaunitz aveva presentato alla sovrana una memoria privata che proponeva la creazione di un Consiglio ristretto per gli affari interni qualche anno prima. L’urgenza dei fatti di ottobre e novembre del ’60 accelerano l’istituzione. La componente austro-boema, all’interno del consiglio, si giustifica anche con le sue attribuzioni: formalmente solo gli affari interni degli Erblaender. L’ingombrante presenza di Kaunitz, nei tempi e nei modi che riteneva più opportuni, significava che pure gli affari di questi domini rientravano nel novero delle questioni discusse all’interno del nuovo organismo. Infatti, i consigli verranno aboliti e le loro competenze trasferite a sotto-dicasteri dipendenti dalla Cancelleria di Stato. Settore amministrativo. Directorium: Obiettivo successivo del cancelliere è colpire in maniera definitiva il Directorium, responsabile a suo parere, delle storture e delle disfunzioni degli anni precedenti. Kaunitz vuole sostituire un modello più prossimo a quello francese, al sistema dei Consigli ristretti del re Sole. Haugwitz cerca di difendere i suoi progetti, ma Maria Teresa comincia a preferire altri soggetti. La sua marginalizzazione è sancita dal suo ruolo all’interno del Consiglio di Stato ed ha come esito la soppressione del Directorium. • Le competenze amministrative trasferite ad una Cancelleria unita di Boemia e d’Austria con a capo il conte boemo Rudolf Chotek. • Si occupa solo di questioni amministrative in nome della riaffermata volontà di mantenerle separate dalla gestione delle finanze. • Chotek lavora per un riequilibrio dei poteri tra centro e periferia ma si deve scontrare con l’assoluta contrarietà sia del vecchio che del nuovo artefice delle riforme. 51 Il regno non faceva parte del Sacro Romano Impero. Sin dal Medioevo il paese aveva condiviso con la Polonia il ruolo di antemurale della cristianità, prima contro i pagani, dopo contro i musulmani. Il ruolo difensivo del paese ne forgerà il carattere: sotto Maria Teresa, la cavalleria ungherese costituirà la parte importante degli eserciti asburgici e si dimostrerà risolutiva in molti conflitti armati. I magiari discendevano dai temutissimi Ungari, che seminarono il terrore in Occidente (fine IX a metà X), al comando di Arpad, il fondatore della dinastia che regnò fino all’inizio del 300. Gli ungari vennero sconfitti da Ottone I nel 955 presso Lechfeld, vicino Augusta. Successivamente Stefano I si convertì al cattolicesimo (verso la fine del primo millennio): • Il regno diventa l’avamposto del cattolicesimo romano. • Da Roma dipendono direttamente le sedi ecclesiastiche locali • Stefano viene canonizzato per far sì che fosse il punto di riferimento della monarchia nei secoli. Due secoli di espansione e consolidamento: • I magiari si espandono a est verso la Transilvania e verso nord in direzione dell’attuale Slovacchia • Nel XII il regno di Croazia (comprende anche Slavonia e Dalmazia), si unisce a quello ungherese. Questi fenomeni significano una variegata etnicità, vissuta positivamente: Magiari, Slovacchi, Ruteni, Romeno-Valacchi, Croati, Serbi, Greci, Armeni, Tedeschi, Ebrei, zingari di varie provenienze, sono alcune delle popolazioni presenti nel regno. Poteva succedere che questa mescolanza si presentasse addirittura all’interno di una famiglia. Né la lingua né l’etnia rappresentano un discrimine, ma erano piuttosto le funzioni esercitate, il rango, il posto occupato nella scala sociale. Venne infatti scelto il latino come lingua ufficiale del regno perché in quella lingua potessero riconoscersi e comprendersi tutti gli abitanti del paese. Il tardo Medioevo contrassegnato da consistenti flussi migratori da Occidente, spinti dalla crescita demografica a cercare nuovi spazi coltivabili, complicando la situazione etnica ungherese e più in generale quella balcanica. Impatto sull’espansione urbana ma non così consistente in Ungheria. Le pianure ungheresi si prestavano alle coltivazioni e all’allevamento: fino al 600 la vera ricchezza del paese erano le mandrie di bovini che giungevano alle fiere austriache e tedesche ma anche in Italia. Il paese era ricco di miniere di metalli preziosi, oro, argento e rame. Tra 3-400 sfruttamento dei metalli preziosi. Ha avuto il suo culmine con il regno di Mattia Hunyadi, detto “Corvino”, nella seconda metà del XV, dopo che l’Ungheria era stata governata dalle dinastie straniere degli Angiò e dei Lussemburgo, che avevano favorito l’avvicinamento all’Occidente. F 0 E 0 momento di grande espansione del regno (verso ovest e nord). • Mattia si prende la corona boema e per un certo periodo anche il titolo di duca d’Austria, prima della riscossa di Massimiliano d’Asburgo. A Oriente la minaccia degli ottomani (1453 impossessati di Costantinopoli) si fa più pressante. • Ungheresi e Boemi si affidano agli Jagelloni. • I Turchi prendono Belgrado nel 1521. Era la città-fortezza e la porta meridionale del regno ungherese. • Sconfitta di Luigi II, il quale perderà la vita nella battaglia del 1526 contro l’esercito di Solimano il Magnifico, viene a costituire per il regno ungherese una cesura forte. Effetti della Battaglia della Montagna Bianca. Paese diviso in 3 parti: • Ottomani: la più consistente è attribuita al vincitore (Buda compresa). 51 • Ferdinando I d’Asburgo, fratello di Carlo V, aveva sposato Anna, sorella di Luigi II: Ungheria “reale” cioè la Slovenia e parte della Croazia. • Transilvania verrà trasformata nel 1451 in uno Stato vassallo dei Turchi, divenendo un’oasi di tolleranza per confessioni religiose altrove perseguitate. Il principato transilvano diventa “costituzionalmente” plurireligioso e multietnico. La nobiltà era dominata dall’elemento magiaro mentre una componente sociale di un certo peso è costituita dagli “haiduk”, contadini fuggiti dai territori ottomani e dediti a violenze e saccheggi, quando non erano sfruttati come forza-lavoro. Oro, ferro e sale faranno la fortuna dei principi transilvani, opponendoli spesso agli Asburgo. Da Mohacs in avanti (fino al 1867), il regno d’Ungheria non esisterà più. UNGHERIA REALE: RELIGIONE: caratterizzata da una consistente diffusione dei credi protestanti, vissuti dalla nobiltà locale in funzione anti-asburgica. Le differenze religiose erano accettate e protette da antichi privilegi. Non solo luterani e calvinisti, ma anche greco-ortodossi e cattolici di rito greco potevano professare senza grossi problemi il loro credo. La tolleranza costituiva il riconoscimento di una situazione di fatto con la quale si poteva convivere. La tutela delle differenti fedi religiose faceva parte di quel corpus di “libertà” che si cercava di difendere contro l’intromissione dei poteri costituiti nelle vite dei sudditi. ECONOMIA: progressivo peggioramento della condizione servile dei contadini. Fenomeno legato (fine 500- inizio 600) all’innescarsi di una lunga crisi economica. La servitù non costituì la cifra distintiva del sistema economico centro-occidentale europeo, ma anche il suo progressivo imporsi va periodizzato. Simili criticità si verificarono più o meno nello stesso periodo in Europa occidentale (settore meridionale). Il regno continua a mantenere le sue istituzioni rappresentative: • Boemia: Dieta costituita da una sola camera • Ungheria: Dieta costituita da due camere • Tavola dei Nobili: riuniti gli aristocratici e gli ecclesiastici più eminenti che si siedono in virtù dei loro titoli e delle cariche religiose occupate. • Camera bassa: assembla i rappresentanti delle contee e delle libere città, eletti dagli abitanti dei “comitats”, le circoscrizioni amministrative del regno, forniti dell’“incolato”, una sorta di diritto di cittadinanza proveniente dal diritto romano e legato al possesso di terra. • Su tutti domina il ceto nobiliare, che si arroga il diritto di rappresentare la “natio hungarica”, unita sotto la Corona di Santo Stefano. • I comitati sono di varia estensione, esprimono un’assemblea locale o regionale, e sono guidati dall’”alispan”, il governatore eletto, e dal “foispan”, rappresentante del re, che significativamente occupa un gradino inferiore nella scala amministrativa locale. • Palatino o viceré: portavoce della “natio”, non del sovrano viennese. • Arcivescovo di Esztergom, una delle antiche sedi metropolitane ungheresi, comprendente anche la città di Buda. • Gran giudice o “iudex curiae”: amministrazione della giustizia. Tutti organi che vogliono giustificare la peculiarità magiara, pur se sottoposta a dominio straniero. Il nonno di Maria Teresa, Leopoldo I, strappò all’aristocrazia ungherese la successione ereditaria per la famiglia nel 1687. Quella magiara continuerà comunque ad essere una nobiltà sui generis, in buona parte filo-asburgica e quindi cattolica o al cattolicesimo riconvertitasi, ma mai pienamente integrata quanto a usi e costumi. Leopoldo I fu artefice della riconquista di buona parte del territorio dell’antico regno ungherese, grazie all’abilità del suo principale comandante militare, Eugenio di Savoia: • Presa di Belgrado 1717 51 • Ideologia di crociata aveva aiutato il riassorbimento dei contrasti interni tra le differenti fedi cristiane • Il resto lo aveva fatto il processo di riconquista cattolica, guidato soprattutto dai Gesuiti, non veniva comunque messo in discussione il riconoscimento della libertà religiosa dei signori locali. La dinastia fa in modo che i principali beneficiari della distribuzione delle nuove terre sottratte ai turchi siano le famiglie a lei fedeli, gli Esterhazy inasprendo i rapporti con la piccola nobiltà. Decisione comprensibile quindi, quella di mantener separate le anche terre di Santo Stefano, affinché i nemici della monarchia riescano più difficilmente a coalizzarsi: • la parte storica dell’Ungheria reale sempre sotto il diretto controllo viennese. • La parte sud-orientale del paese, il Banato, trasformato in provincia separata. • La Transilvania confermata nei suoi diritti “costituzionali” ma sottomessa alla sovranità asburgica. Viene messa in atto un’attenta politica di ricolonizzazione delle aree spopolate sottratte ai Turchi. Politica che portava vantaggi ai coloni, ma che poi tende ad essere assimilata al resto del sistema servile. Regno diviso tra: • “labancok”: cattolici e fedeli alla dinastia • “kurucok”: ostili agli Asburgo e all’occupazione del loro paese. Il loro nome deriva da “kuruk” che significa “crociata” e vengono detti anche “malcontenti” o “crociati”. Insoddisfazione tra le masse contadine e la piccola nobiltà calvinista (inizio 700), le quali si affidarono a Ferenc II Rakoczy, protestante convertito al cattolicesimo che riesce a proclamarsi principe di Transilvania e Ungheria, espellendo gli Asburgo per una decina d’anni. Il mancato aiuto della Francia e il voltafaccia dei “malcontenti” lo porta sulla via dell’esilio quando, con la pace di Szatmar” del 1711 il paese si riconsegna alla dinastia austriaca. Carlo VI cerca di favorire la riappacificazione del paese progettando di trasferire la capitale da Presburgo a Buda, dove fa costruire un palazzo reale. Più netto si è fatto il solco tra la grande aristocrazia (sempre più concentrata presso la corte viennese) e i piccoli nobili, ancora in buona parte calvinisti (esclusi dal 1731 dagli uffici pubblici). L’aristocrazia continua a controllare le leve del potere. Il peso della borghesia permane limitato, per via dell’urbanizzazione ancora poco incisiva. La borghesia urbana risulta concentrata nelle città occidentali prossime ai confini con i ducati austriaci. La nobiltà, per la quale permane la sostanziale esenzione dal pagamento delle imposte, supera le 450mila unità. Si tratta un ceto ampiamente diversificato al suo interno (200 famiglie della grande aristocrazia doviziosa) a fronte di una nobiltà di media fortuna e un “proletariato nobiliare” molto diffuso, ma fortemente compreso dei suoi antichi privilegi. Alcune piccole imprese economiche vengono portate avanti dai magnati, fortunatamente non tutti “rentiers”. Sul confine occidentale, Francesco Stefano dà l’esempio aprendo una manifattura tessile a Holics. Forti ondate migratorie di Tedeschi, Rumeni e Serbi hanno poi ridimensionato la consistenza della componente magiara. La condizione servile dei contadini è peggiorata: le masse rurali sono ancora per la maggior parte angariate, mentre la percentuale dei contadini è infima. Ungheria esclusa dalla corrente riformistica degli anni 50 e per questo il regno teresiano abbandonato al suo declino. Contrasti molto forti: • Progressivo immiserimento della popolazione contadina fanno riscontro solo timidi segnali di cambiamento 51 Capitolo 5: Kaiserin und Mitregent A. Joseph: figlio, re, imperatore Il coronamento delle ambizioni dinastiche avviene nel 1764 quando si erano spente da poco le armi dell’ultimo decisivo conflitto con i prussiani. Federico II rispetta gli impegni e, contrastando le aspirazioni dell’elettore palatino Carlo Teodoro, fa in modo che i voti dei principi elettori vengano convogliati sull’Asburgo-Lorena F 0 E 0incoronazione a Francoforte Giuseppe: percorso di formazione, segnato fin da subito dalla possibilità di succedere alla madre. • Inizio della sua fanciullezza: sovrana gli aveva affiancato in qualità di precettore il feldmaresciallo Batthyany perché ne curasse la preparazione al mestiere delle armi. • Fase puberale: a Batthyany associato Bartenstein. Le lingue costituiscoo le colonne portanti dell’educazione del piccolo principe e sono le stesse: latino, italiano, francese, tedesco, ceco e ungherese • Aggiunto il diritto, in tutte le sue differenti declinazioni: glielo insegna Christian August Beck, seguace del giusnaturalismo. Informano i primi passi del futuro sovrano le teorie che esaltano il bonum commune, la ricchezza dello stato e il benessere dei sudditi. Anche i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono approfonditi sulla scorta delle opere di Ludovico Antonio Muratori, opere alle quali Giuseppe può avere accesso e meditare nella versione originale, data la sua conoscenza dell’italiano. Giuseppe pronto per l’ingresso all’interno dello Straatsrat, affinché possa affinare la sua preparazione a contatto con i problemi reali della gestione del potere. Difficili i rapporti con la madre, destinati a peggiorare. Giuseppe ha un carattere duro e superbo e la madre tenterà di smussare alcuni angoli troppo spigolosi, punendolo pesantemente. Si pone il problema del matrimonio. Pare che il re di Spagna, Carlo III, si sia fatto avanti per proporre a Maria Teresa un doppio matrimonio: • Arciduca Giuseppe con la sua primogenita (unica sopravvissuta in realtà), Maria Giuseppina (rimane nubile perché non venne accettato il progetto). • Una delle principesse teresiane con il suo primogenito Carlo Antonio. Altra proposta da un Borbone, ma dal ramo francese della casata, che verrà accettata. • Luigi XV vuole destinare all’arciduca Giuseppe la nipote Isabella di Borbone- Parma, figlia del duca Filippo e di Luisa Elisabetta di Borbone-Francia, la figlia prediletta di Luigi. Per non scontentare troppo Carlo III, Maria Teresa decide di accettare per il figlio Leopoldo Maria Luisa, e per Ferdinando di Napoli la figlia Maria Carolina. Primo matrimonio: tra Giuseppe ed Isabella dura poco per via delle morti precoci dei figli e anche della consorte. Il carattere spigoloso di Giuseppe pare addolcirsi nel rapporto con la giovane sposa, la quale è attratta dalla relazione morbosa che instaurerà con la cognata, l’arciduchessa Maria Cristina (sposa del duca Alberto di Sassonia). Figli della coppia: • 1762-70 Maria Teresa • 1763 Maria Cristina (muore subito) Nello stesso mese (’63) muore Isabella di vaiolo che l’ha fatta partorire prematuramente. Secondo matrimonio: Giuseppe vorrebbe sottrarsi ad un nuovo matrimonio, ma la madre lo costringe a sposare nel 1765 Maria Giuseppa di Baviera, figlia dell’imperatore Carlo VII. Il vaiolo colpì anche la seconda moglie nel 1767 e la stessa sovrana lo contrae per essere stata al suo capezzale durante la malattia. Il primogenito assistette la madre che riesce a sopravvivere. 1770 Giuseppe perde anche la figlia Maria Teresa a causa di una pleurite. 51 Giuseppe, erede al trono, rifiuta categoricamente di risposarsi e la sovrana dovette dirottare le sue speranze di una discendenza verso Pietro Leopoldo. Le nozze di Leopoldo con Maria Ludovica di Borbone-Spagna furono destinate a confondersi con un tragico avvenimento per la dinastia: 5 agosto 1765 matrimonio dei due a Innsbruck. 18 agosto 1765 muore l’imperatore Francesco Stefano a causa di un infarto, subito dopo aver assistito a teatro alla rappresentazione della commedia di Carlo Goldoni “il tutore”. Dolore insanabile di Maria Teresa, fortemente legata al marito nonostante le sue infedeltà. Questo rappresentava anche un punto di svolta per la monarchia nel suo complesso. La sovrana fu tentata ad abdicare, ma il senso dinastico e il bisogno dell’erede al trono di controllo e di guida, la dissuadono. Giuseppe, alla morte del padre, divenuto subito re dei Romani, è destinato a succedergli in qualità di imperatore, ma al momento si deve accontentare del ruolo di “coreggente” con delega per gli affari militari. È la madre a mantenere la sovranità sui territori ereditari e assumerà solo di lì a poco il titolo di imperatrice-madre. Leopoldo assegnato alla corona del granducato di Toscana che era formalmente separata da quella austriaca. La morte di Francesco Stefano porta una sorpresa: l’accorta gestione economica del suo patrimonio personale, le speculazioni ben riuscite, i proventi delle attività economiche all’avanguardia delle quali si era fatto promotore intelligente, fanno sì che lasci in eredità quasi una ventina di milioni di fiorini. 1/3 costituirà il cosiddetto “fondo per la famiglia”, destinato a mettere al riparo i discendenti addirittura fino alla fine della monarchia nel 1918. Una buona porzione fu dirottata verso l’estinzione di parte del debito pubblico. B. La Lombardia: il “laboratorio” delle riforme? Lombardia e Paesi Bassi: parti “remote” dei possedimenti asburgici. Dal rovesciamento delle alleanze in avanti, Lombardia e Paesi Bassi meridionali mutano di statuto e di importanza: sempre meno territori disponibili per lo scambio con i famelici vicini, che siano il regno di Sardegna di Carlo Emanuele III o la Francia di Luigi XV. Sempre più rilevanti per le finanze centrali della monarchia e come luoghi di sperimentazione delle riforme (soprattutto la Lombardia). Il ducato di Milano fa parte dei domini asburgici dalla fine della guerra di successione spagnola. Si spezza una coesione territoriale durata per tutto il dominio spagnolo: • Valenza, Alessandra, la Lomellina, la Valsesia diventano sabaude. • Novara e Tortona vengono smembrate sempre a favore dei Savoia alla fine della guerra di successione polacca Anni della “Lombardia austriaca” ovvero Milano, Parma, Piacenza e Mantova (quest’ultima inglobata da inizio 700 pur mantenendo uno statuto di sostanziale autonomia). Il principato ecclesiastico di Trento, il Litorale con Trieste, le contee di Gorizia e Gradisca non erano considerate parte dei territori italiani. Contava più il posto occupato all’interno dei domini austriaci che il fattore etnico-linguistico. I nuovi territori peninsulari erano possedimenti di peso sia sotto il profilo demografico (molto popolati) sia sotto quello economico-finanziario (floridi e dalle grandi potenzialità). La Lombardia esce dalla guerra alla fine degli anni 40 ed è un territorio indebolito sotto il profilo economico con una popolazione di poco più di un milione di abitanti, ma una terra che si riprende velocemente poiché aveva potuto godere di una serie di innovazioni in agricoltura. Dal punto di vista istituzionale, il passato spagnolo operava a lungo anche sotto il regno di Carlo VI. I domini italiani continuarono (fino agli ultimi anni di vita) ad essere soggetti ad un organismo significativamente ancora denominato “Consejo de Espana”. 51 1736 Consejo de Espana sostituito con un Consiglio Supremo d’Italia, presieduto da Silva-Tarouca, e uno delle Fiandre che poi si trasformeranno in due sezioni della Cancelleria unificata sotto Kaunitz. Anni teresiani interpretati come “centralizzazione imperfetta”. Milano viene investita dalla corrente riformatrice lungo tutto l’arco del quarantennio di regno di Maria Teresa. Sono riforme che devono scendere a patti con i poteri locali. Il patriziato milanese conserva le sue roccaforti: • Senato e i due Magistrati delle entrate, ordinario e straordinario • Congregazione dello Stato • Nomina del vicario di provvisione (si occupa del vettovagliamento cittadino) • Scelta dell’arcivescovo e i benefici ecclesiastici più doviziosi Triplice periodizzazione del quarantennio teresiano del percorso delle riforme in area lombarda. Tre archi temporali dominato ognuno da una personalità rappresentativa: 1. Gian Luca Pallavicini (tra il 1740 e il 1750): nato a Genova nel 1697 da una delle grandi casate del patriziato locale. Inizialmente aveva intrapreso la carriera delle armi. Era entrato nell’orbita asburgica e durante la guerra di successione aveva fatto una buona impressione su Maria Teresa, tanto da nominarlo suo delegato per la Lombardia nel 1744 e ministro plenipotenziario nel 1745. Dopo essere transitato dalle finanze, concluderà con la carica di governatore della Lombardia (1750-53). I piani riformistici troppo radicali generarono malumore e malcontento sia tra i funzionari inviati da Vienna sia tra quelli locali. Emergenza da affrontare è uguale a quella che a Vienna stimola i piani di Haugwitz: risollevare velocemente la provincia lombarda dai disastri di due decenni di guerre e arricchire le finanze pubbliche. Da una parte si agisce sulla riorganizzazione del settore amministrativo: 1749 emanata la cosiddetta nuova “pianta” milanese degli uffici e delle magistrature. Un obiettivo primario è limitare i poteri del Senato e delle altre istituzioni controllate dal patriziato locale: ▲ Le “piazze” (numero dei senatori) ridotto da 17 a 10. ▲ Magistrato straordinario viene soppresso. Interventi più drastici avvengono nei livelli inferiori dell’apparato burocratico poiché con questa riforma si sono potute gettare le basi in Lombardia per la formazione di una burocrazia “moderna”: ▲ L’amministrazione finanziaria perde i 2/3 dei suoi addetti. ▲ Vengono meno antiche pratiche che rendevano inefficiente tutto il sistema ▲ Fine alla venalità delle cariche ▲ Si obbligano i funzionari a lavorare di persona e non tramite sostituti ▲ Stipendio adeguato per i funzionari F 0 E 0 quindi no pratica degli emolumenti aggiuntivi (spesso sotto forma di regalie). Catasto: il ducato di Milano fu protagonista di ben altri due tentativi di riforma in questo settore, entrambi abortiti. Nel 1749 si insedia la Giunta del Censimento, presieduta da Pompeo Neri. Egli era docente presso l’ateneo pisano tra gli anni 20-30. Si era distinto presso l’amministrazione dei Lorena in Toscana negli anni della reggenza di Francesco Stefano. Stila una Relazione in cui non si nasconde gli ostacoli che il nuovo organismo dovrà affrontare per contrastare abusi e privilegi inveterati. La sua aspirazione: creare un’unica imposta fondiaria, proporzionale al valore di terreni ed edifici. Si affiancheranno una tassa sul commercio, una personale sui contadini e una sulle case rurali di seconda abitazione. Il catasto entrerà in vigore l’1 gennaio 1760, ma costituirà una novità di grande rilievo: il nuovo sistema si basa sulle perizie dei funzionari pubblici e sulla rappresentazione particellare dei terreni che consentiva di avere una base certa sulla quale calcolare l’imposta fondiaria. 51 ▲ Lingua nazionale ▲ Libri di testo condivisi ▲ Semplificazione del corso grammaticale ▲ Nuove discipline, scientifiche in particolare ▲ Continuità tra studi secondari e studi universitari. Questa è la struttura dei nuovi ginnasi teresiani che si vogliono separare dai seminari per la formazione del clero. Risultati: buona parte degli insegnanti che supera i concorsi di abilitazione continuerà a provenire dalle fila degli ecclesiastici (religiosi o ex-religiosi). Critica al modello scolastico gesuitico: ▲ Troppo orientato verso il curricolo umanistico ▲ Apertura nei confronti dell’insegnamento delle scienze, anche ai livelli inferiori ▲ Apprendimento delle lingue nazionali, accanto e a volte, in alternativa al latino Obiettivo di Giuseppe II: legare più strettamente Milano e anche tutti gli altri territori della monarchia, al centro viennese, unica garanzia secondo lui, di razionalizzazione e di omogeneità. Le riforme teresiane si concludono con l’abolizione del Senato, sostituito da un sistema giudiziario a triplice grado che deve avere come punto di riferimento una codificazione univoca che sopprima il vecchio pluralismo giuridico. C. I Paesi Bassi meridionali: un mondo lontano Fine guerra di successione spagnola fa sì che i Paesi Bassi meridionali diventassero uno dei possedimenti asburgici. Il territorio (comprende Artois, Fiandre vallone e francesi, Hainaut, Lussemburgo) è uno dei più ricchi e più densamente popolati d’Europa. L’UK interessata a questa acquisizione da parte degli Asburgo. Questo evitava che quel territorio strategico potesse cadere in mani ostili. 1715 Trattato di Anversa: fa in modo che gli alleati olandesi possano tenere guarnigioni in alcune strategiche città di confine come Namur o Tournai, in modo da consolidare il filo spinato destinato ad arginare eventuali ambizioni francesi. Territori che sono teatri di guerra ma che si risollevano velocemente facendo perno sulle attività manifatturiere e sui commerci marittimi. Carlo VI costituirà appunto la compagnia di Ostenda, che finirà sotto pressione inglese e olandese quando Trieste (porto franco dal 1719), è ancora troppo debole per sostenere il confronto con i rodati porti delle Fiandre, Anversa su tutti. I capitali fiamminghi finanzieranno l’avvio della Compagnia di Fiume (porto franco fondato nel 1719), potenziato da M. Teresa. La guerra di successione austriaca riporta guerra e devastazioni nel paese, occupato da Luigi XV nel 1745 e restituito a M. Teresa a termine del conflitto. La sovrana controlla a metà 700 uno de territori più fittamente popolati d’Europa. Le divisioni religiose tra cattolici e protestanti sono ormai un ricordo lontano. Il paese è quasi totalmente riguadagnato alla Chiesa di Roma. Il confronto è tutto interno al cattolicesimo, avendo Giansenio (vescovo di Ypres) composto qui i suoi trattati, in particolare l’Augustinus, dai quali avrebbe preso ispirazione il movimento che al suo nome si richiamò, condannato da Clemente XI nel 1713 con la bolla Unigenitus. Problemi delle riforme protestanti vengono riproposti da Giansenio e dai suoi seguaci. Li risolvono richiamandosi ad Agostino e al suo concetto di “grazia” senza cui l’uomo non è portato che al male. Il giansenismo si incontra con le istanze dell’episcopalismo, del gallicanesimo, del febronianismo. Giuseppe II impedirà la pubblicazione della Unigenitus nei territori asburgici. L’influsso del giansenismo in terra d’Austria aveva preceduto l’annessione dei Paesi Bassi meridionali. 51 I plenipotenziari che governeranno il paese per conto della sovrana: • Antonio Botta Adorno • Karl von Cobenzl rivitalizzano l’economia locale • Georg Adam von Starhemberg • Carlo di Lorena diventa governatore. (i sudditi gli erigeranno una statua nella Place Royale di Bruxelles dopo la sua morte -1780- con la conseguente estinzione della casata dei Lorena. Maria Teresa perderà sua sorella e moglie di Carlo di Lorena, a Bruxelles, nel ’44 per le complicanze del parto). ▲ Porto di Ostenda potenziato ▲ Migliorate le vie di comunicazione terrestri e fluviali ▲ Nuove fabbriche di prodotti di lusso ▲ Miglioramento delle tecniche agricole Inizialmente Maria Teresa non era interessata al nuovo possedimento. L’agricoltura in pieno sviluppo, fabbriche produttive, popolazione in costante aumento = afflusso di denaro nelle casse dell’erario. La sovrana si fece promotrice di iniziative volte a sostenere lo sviluppo della regione, come la fondazione a Bruxelles dell’Académie Impériale et Royale des Sciences et Belles Lettres e di un istituto scolastico sul modello del Theresianum viennese. D. Landsmutter: l’ultimo quindicennio. Ultimo quindicennio di regno dominato da: • Accesi contrasti con l’impaziente coreggente. • Politica internazionale: preoccupazioni sempre più pesanti sul fronte orientale. Fine guerra dei 7 anni: ▲ UK indiscutibilmente la prima potenza europea ▲ Spagna prima potenza per estensione dei possedimenti coloniali, seconda è UK. ▲ Prussia assume il ruolo di potenza continentale. Federico II è cosciente del fatto che il risentimento teresiano nei suoi confronti si è ormai incancrenito. Maria Teresa ha capito che dovrà in futuro muoversi con prudenza. Maria Teresa si troverà a confrontarsi con le contrarie opinioni di due suoi strettissimi “collaboratori”: Kaunitz e il figlio Giuseppe, convinti che gli Asburgo debbano continuare ad affermare la loro tradizionale supremazia sul mondo germanico. L’Impero ottomano non è più una minaccia. È ormai un paese in declino. Dalla conclusione della guerra russo-turca (fine anni 30), le relazioni asburgiche con i turchi dal piano del confronto militare si sono spostate su quello dei rapporti commerciali. La Russia è fonte di preoccupazione. Novità nel campo delle relazioni internazionali continentali: asse dei rapporti di forza si va spostando sempre più verso oriente, a fronte di una relativa stabilità all’interno delle compagini statuali occidentali. Polonia torna ad agitare le acque della politica europea. Dal 1569 il regno è diventato il più esteso d’Europa, ma anche uno dei più deboli, dato il carattere elettivo della corona e lo strapotere della szlachta, la nobiltà locale. • Nel 1763 muore Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia. • La Francia è occupata a riprendersi dalla guerra dei 7 anni. Russia, Austria e Prussia si confrontano. Esclusa candidatura di un Wettin, a Maria Teresa piace la scelta della Dieta polacca: elezione di un aristocratico autoctono Stanislao Augusto Poniatowski. Stanislao Augusto Poniatowski: • Amante di Caterina II di Russia • Truppe russe alle porte di Varsavia • È stato scelto dietro impulso della zarina Maria Teresa: • Ritira il suo ambasciatore poco prima del voto. • Esita a riconoscere ufficialmente il nuovo sovrano 51 Risultato che da Vienna si vuole ottenere: evitare che un rifiuto troppo netto possa fornire a Russia e Prussia il pretesto per intervenire in Polonia e spartirsi il bottino. Sale la tensione tra Caterina II e Impero ottomano. • Si scatena una guerra alla fine degli anni 70 • La Francia di Choiseul cerca di fare l’arbitro ma con scarsi risultati • Si fanno più forti le tensioni tra Maria Teresa e il suo Consiglio segreto: la sovrana vuole rimanere neutrale, Kaunitz (alleato con Giuseppe) spinge per un intervento al fine di bloccare le aspirazioni russe. Giuseppe è cosciente che si può aggirare l’ostacolo solo blandendo il più forte sostegno russo, cioè la Prussia. • Giuseppe si incontra con Federico II a Neisse nel 1769. • Il re di Prussia propone: non più Svezia e Francia come garanti di quegli stessi equilibri, ma un “direttorio” tedesco, austriaco e prussiano insieme, come fulcro della politica imperiale e dei rapporti di forza centro-europei. • Federico II era sicuro che Maria Teresa non avrebbe mai accettato la proposta. • Incontro concluso con nulla di fatto. • Le eccessive pretese russe preoccupano la sovrana, la quale decide di intervenire più energicamente sotto il profilo diplomatico. Poniatowski da candidato di Caterina si è trasformato in una figura sempre più indipendente e difficilmente controllabile e manovrabile. Il suo regno estesissimo e dilaniato dai conflitti delle differenti componenti religiose (cattolici a occidente, ortodossi a oriente, protestanti sui confini con la Prussia). Poniatowski comprende che la coesione si può ottenere solo con un piano di riforme radicali: • Abolito il “liberum vetum” che bloccava qualsiasi decisione all’interno della Dieta polacca, potendo un solo voto contrario impedire di deliberare qualcosa. • Garantita la libertà religiosa • Costituzione di un esercito nazionale che consenta al paese di non essere preda dei ricatti e delle pressioni delle potenze contingue. Il sovrano non ha fatto i conti con l’opposizione interna e con gli interessi russi. L’esercito di Caterina costituisce l’ostacolo maggiore che farà fallire i suoi progetti. Anni 70 ripresa della politica degli scambi, o dei baratti, tra territori che aveva dominato lo scenario europeo all’inizio del secolo. Il bottino era più sostanzioso. • Caterina II si convince che i mancati risultati sul fronte ottomano possono essere compensati da acquisizioni territoriali a scapito della Polonia. • Il fratello minore di Federico II, Enrico, in visita a San Pietroburgo, le propone una spartizione del regno polacco-lituano. • La zarina accetta. • Maria Teresa protesta e sa di non poter essere esclusa. Decide di essere della partita. 1772 va in scena la prima spartizione della Polonia: • La frontiera russa viene fatta coincidere con il corso del fiume Dvina e con quello dell’alto Dnepr • Gli Asburgo ottengono la Galizia e la Lodomiria (esclusa Cracovia) • La Prussia acquisisce il territorio tra il Brandeburgo e la Pomerania (tranne Thorn e Danzica). Si vede realizzarsi l’obiettivo: rendere territorialmente contigui i suoi due maggiori possedimenti, il Brandeburgo e la Prussia orientale. Maria Teresa si rende conto che la sensibilità nei confronti di questi scambi di terre, e di genti, è profondamente mutata rispetto all’inizio del 700. L’acquisizione di queste zone orientali ingrossa la componente slava all’interno della monarchia. Il credo di questa popolazione è per lo più ortodosso. Una maggioranza destinata a sottomettersi ad una dinastia profondamente cattolica e quindi orientata a favorire l’invisa minoranza dei cattolici di rito orientale, che facevano parte delle cosiddette “Chiese uniate”, cioè in comunione con il vescovo di Roma. La prima spartizione polacca non pone fine al conflitto russo-turco. 51
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