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Marketing agroalimentare, Appunti di Marketing

Appunti su forme di mercato, borse merci, mercati a termine, mercati all'origine, caratteristiche del prodotto agroalimentare, ciclo di vita del prodotto, analisi BCG, progettazione del prodotto, segmentazione del mercato, analisi di competitività, analisi della domanda, P del prezzo, analisi della concorrenza, distribuzione, comunicazione, analisi di sensitività del prezzo, prodotto e marca, piano marketing, digital marketing, export delle merci.

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Caricato il 17/05/2021

Silvia1516
Silvia1516 🇮🇹

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Scarica Marketing agroalimentare e più Appunti in PDF di Marketing solo su Docsity! MARKETING FORME DI MERCATO Le forme di mercato sono la modalità con cui i soggetti interagiscono fra di loro e l’interazione è dovuta al numero e alla natura dei soggetti che partecipano. Es. entriamo in una impresa che fa prodotti sfusi quindi non applica strategie di marketing, come funziona il mercato della merce sfusa? CONCORRENZA PERFETTA È una forma utopica dell’organizzazione della società. In alcune produzioni questo schema teorico è utile perché presenta delle similarità. La concorrenza perfetta necessita di presupposti: -imprese infinite e piccole perché se una impresa entra o esce dal mercato non altera il mercato; Si avvicina molto a quello che avviene in agricoltura -informazioni gratuite e disponibili a tutti -due diagrammi fondamentali  diagramma del mercato e In un qualsiasi mercato l’incontro della domanda e dell’offerta determina un prezzo di equilibrio. Si può dire quanto è il prezzo del frumento (venduto in tonnellate) 250 euro ton ed è il livello di prezzo che si forma sul mercato all’incontro di domanda e offerta. In caso di produzione di commodities, l’impresa è price taker e subisce il prezzo, non decide il prezzo di vendita del prodotto. Invece in caso di specialities l’impresa è price maker. L’incontro tra domanda e offerta genera un dato storica che è destinato ad oscillare nel tempo e si genera grafico chiamato serie storica del prezzo. Domanda e offerta si incontrano in quel punto. Da cosa dipende i prezzi più o più bassi?? Non dalla qualità della merce ma si osservano delle oscillazioni determinata da dei fattori. Quali sono? La curva di domanda è tendenzialmente rigida cioè i consumi in termini di domanda non oscillano di settimana in settimana ma hanno una tendenza alla stabilità, a parte qualche picco in determinate circostanze tipo a Natale o a Pasqua. Ciò che cambia con una certa rapidità è invece la curva di offerta e può, a causa dei cambiamenti climatici, subire una contrazione dell’offerta, cioè la curva si trasla verso sinistra. Questo determina la formazione di un altro punto di equilibrio. Le oscillazioni di lungo, medio e breve periodo determinano un effetto sul livello di prezzo ed è il risultato di una serie di componenti che dà la sequenza storica di quei prezzi. Le oscillazioni di prezzo possono essere descritti dalla relazione: Y=S+ t+c+ Le oscillazioni dovute alla STAGIONALITA’ avvengono nel corso dell’anno Quelle dovute al TRAND (tendenza) avvengono nel giro di 3-5 anni (medio periodo) Quelle CICLICHE si osservano in un periodo oltre 10 anni In termini statistici si possono individuare dei massimi e dei minimi di previsioni dei prezzi, usato nelle borse. In un mercato borsistico infatti le azioni delle aziende vengono emesse sul mercato, c’è chi le vende e chi le compra. La stessa cosa avviene nel mercato delle derrate alimentari (borse merci). Il ciclo del prodotto alimentare non è un fenomeno molto evidente. Il tran è una grandezza molto studiata che ci permette di capire l’incremento delle quotazioni da qui a 5 anni. Ancora più studiata è la stagionalità. Le quotazioni delle derrate alimentari tendono nel lungo periodo a ridursi perché anche se aumenta la popolazione mondiale, l’incremento della produttività della Terra è molto più forte. Quindi la tendenza è quella di avere eccesso di OFFERTA rispetto alla domanda. Questo problema strutturale comporta sempre sofferenza per il settore agricolo in termini di valore della merce prodotta. A questo si sommano le oscillazioni sul prodotto. STAGIONALITA’ Dipende da momenti temporanei di offerta del prodotto (aumento o diminuzione dell’offerta), ma dipende anche dalla domanda del prodotto nel tempo. Se si riuscisse ad isolare la stagionalità rispetto a ciclicità e trand si avrebbe un andamento del prezzo a pinna di squalo dovuto alla ciclicità di produzione nell’anno. Il prezzo cala nel periodo in cui posso produrre il prodotto  aumento dell’offerta Il prezzo aumenta (long position, aspettativa di aumento del prezzo) quando produco poco. Se le merci sono libere di circolare di ha un appiattimento (smoothing) dei prezzi dovuto al fatto che il prodotto può arrivare da altri paesi in cui le stagioni sono invertite. Tutti questi fenomeni si sommano e ci possono essere impennate di prezzi o al contrario. Un altro prerequisito della concorrenza perfetta è che gli agenti siano razionali e che facciano scelte razionali (scelte che convengono, si agisce per interesse, per egoismo). Il benessere sociale avviene in questo modo. Le oscillazioni a pinna di squalo possono avere delle entità più o meno forti chiamata volatilità dei prezzi. VOLATILITA’DEI PREZZI: La media dei prezzi di due prodotti è simile ma la deviazione standard è diversa: cioè per un prodotto i prezzi si discostano poco dalla media(bassa volatilità), e per un altro i prezzi si discostano molto dalla media (deviazione standard altaelevata volatilità). Un altro prerequisito della concorrenza perfetta è che la merce deve essere INDIFFERENZIATA cioè una merce che non abbia elementi distintivi che la distinguono da altre (es 1qle di grano italiano è = a 1 qle di grano canadese ecc..). questa cosa non è così per prodotti confezionati (es. vino antinori diverso da vino ungarotti, il fatto che abbia un nome diverso presenta già un elemento distintivo). La merce indifferenziata quindi non presenta elementi distintivi all’interno di quella tipologia di prodotto. Nello schema del mercato quindi abbiamo un prezzo di equilibrio che è un dato storico che si conosce solo dopo l’incontro tra domanda e offerta. E quindi sul mercato si ha un certo livello di prezzo oggi ed è l’unica info che ha un’impresa quando semina il grano, poi la quotazione al momento del raccolto non si conosce. Accanto al mercato quindi può essere rappresentata l’impresa: ed è l’insieme di due curve, la curva del costo unitario medio e la curva del costo marginale. Il costo marginale è il costo dell’ultima dose prodotta, il costo unitario medio è il costo medio di quello che si produce. Man mano che ci si sposta da 0 a infinito si incontrano queste curve. Il costo unitario medio prima scende e poi risale perché all’inizio si hanno tanti ammortamenti e produciamo poco, quindi i costi all’inizio sono alti, man mano che si aumenta la quantità prodotta, unitariamente i costi si abbassano perché si diluiscono gli ammortamenti e i costi fissi. Man mano che si cresce aumentano altre spese tipo manodopera, concimi ecc e questi costi incidono. Il costo unitario medio e il costo marginale si incontrano nel punto di minimo perché se produciamo 10 qtl si ha un costo, ma se si produce un’unità in più cambia anche il costo marginale. Per fare aumentare il costo medio, il costo marginale deve essere più basso. Perché ci sono due curve? Si deve decidere il prezzo e la quantità di vendita. Nella concorrenza perfetta il prezzo però non si Operatori della DOMANDA appartengono utilizzatori (mangimisti, allevatori, esportatori, commercianti, industrie di trasformazione) Operatori dell’OFFERTA appartengono agricoltori, commercianti (compra per poi rivendere), cooperative, associazioni di prodotto (OP) In mezzo troviamo i MEDIATORI che sono agenti di commercio, e partecipano alle sedute favorendo l’incontro tra domanda e offerta. Non si assumono nessuna responsabilità sulla merce ma facilitano solo lo scambio e poi percepiscono una % del contratto. Inoltre cerca anche di ricomporre i contenziosi, cioè nel caso in cui la merce non fosse conforme all’ordinativo cercherà subito di mediare le posizioni di entrambe le parti e giungere alla soluzione. Gli SCAMBI che avvengono in una borsa merci sono di 2 tipi: 1.CONTRATTI SPOT  è un contratto che vale una volta soltanto, ci si mette d’accordo sul prezzo e sulla quantità e fatto questo si chiude il contratto. 2.VENDITE FORWARD CONTRACT  sono vendite su forniture, che presuppongono una quantità di prodotto sempre pronta a disposizione. Se si ha bisogno di quel prodotto periodicamente allora si fa questo tipo di contratto. È merce già raccolta, presente nei silos e ovviamente deve essere -Sana  senza insetti, malattie, o altro che può danneggiare -Leale  corrisponde a quello che si ha contratto -Mercantile  risponde a tutte le normative vigenti in quel momento in merito a quella derrata alimentare. -Disponibile in 30gg Se il mercato è così come ci si comporta col prezzo??? Si fanno infatti dei contratti di fornitura agganciati al listino di una borsa importante. Ha delle problematiche: rischio di prezzo, rischio tecnico (difficoltà di stoccaggio ad es.). le contrattazioni di queste vendite possono essere FRANCO PARTENZA (si prende direttamente la merce da chi la fornisce) oppure FRANCO ARRIVO (il fornitore porta la merce all’acquirente). Franco vuol dire libero, cioè libero da vincoli giudiziari di qualsiasi natura. Chi la trasporta la merce?? Possono essere i due soggetti con dei camion oppure un terzo soggetto che si chiama vettore. Problema del contratto di fornitura: il livello del prezzo che aumenta o diminuisce, la volatilità, quindi si riparte questo rischio tra i due soggetti e si dice che il contratto di fornitura è agganciato al LISTINO cioè si contratta decidendo la quantità e il prezzo si fa: base Bologna, o prezzo medio Bologna o prezzo max Bologna, più un euro per la qualità. Cioè si riconosce se il prodotto è migliore e quindi un euro in più a tonnellata. Quando il prezzo aumenterà quindi si pagherà di più, se diminuirà si pagherà di meno. Se il mercato scende diminuisce il prezzo della fornitura e viceversa. Le commissioni camerali fanno il fixing a fine seduta cioè raccolgono le info in merito alle modifiche da apportare al bollettino mercuriale (è un libretto in cui si hanno tutti i prodotti quotati e per tutti viene messo un prezzo min e un prezzo max perché si può solo fare una stima del prezzo) quindi hanno responsabilità elevata ed essere precisi, perché poi le vendite di quella settimana sono agganciate alle borse. Dopo la seduta di borsa vengono pubblicati in listini reperibili on-line. Questi tipi di mercati all’origine sono scambi BtB, tutta la contrattazione non tiene contro dell’IVA. Viceversa negli scambi BtC si parla di PREZZO FINITO che ha anche l’IVA che viene pagata dal consumatore finale. La borsa più importante in Italia è quella di Bologna, ed è l’unica non gestita dalla camera di commercio industria e artigianato (sono degli enti controllati dal ministero dell’economia e hanno le funzioni di tenere il registro di tutte le imprese, dati, caratteristiche ecc, poi svolgono promozione sul territorio e gestiscono le borse merci), perché è una borsa storica nata dall’AGER di Bologna, (associazione granai dell’Emilia Romagna) e fa cose in più oltre al listino: - gestisce il laboratorio dell’ager dove vengono fatte la analisi sulle commodities vendute e inserite nel listino -realizza inoltre i contratti TIPO (contratti che valgono su tutto il territorio nazionale) Cosa svolge l’impresa si chiama codice ATECO e caratterizza ogni tipologia di impresa; i codici ATECO non sono univoci, per ogni attività svolta si ha un codice diverso. I CONTRATTI TIPO cercano di uniformare i contratti nello scambio dei cereali. Nelle sedute di borsa la contrattazione avviene con dei bigliettini in cui sono riportate poche informazioni come la tipologia della merce, il periodo di pagamento e di consegna, il nome delle parti. Quindi le parti accettano tutte le norme previste. I contratti sono numerati dal 101 in poi.. Es. nel bigliettino se si vende mais ci sarà scritto contratto 103 Bologna. I contratti tipo si compongono di due parti sostanziali, oltre quelle parti già viste: 1.la sezione degli ABBUONI 2. ricorso all’istituto dell’arbitrato Quando si parla di merci sfuse, si parla di prodotti ammassati in un silos, quindi succede che la merce è indifferenziata ma ha diverse disformità, e il problema alla base dello scambio dei prodotti all’origine è la nascita dei CONTENZIOSI che possono essere semplici o difficili. L’AGER offre degli strumenti per favorire la soluzione dei contrasti. Cioè quando arriva la merce allo stabilimento si hanno 24h per contestare la merce se è difforme. -Se le disomogeneità sono limitate l’AGER stabilisce gli ABBUONI cioè sconti sulla fatturazione del veicolo che viene recepito in arrivo al controllo qualità. Ogni camion è un’unità a sé che viene campionato all’arrivo, per i campionamenti ci sono delle aste in alluminio alte che si immergono su 5 punti della massa sfusa del camion, l’asta a 4 rubinetti ad altezza diverse che si aprono ed entra il prodotto ad altezze diverte in modo di aver sondato l’intera massa di merce sfusa. I campioni sono messi in confezioni trasparenti e nel momento in cui si analizza il prodotto inizierà la fase di contestazione. -Se la contestazione riguarda problemi molto gravi come presenza di insetti il contenzioso si apre al di fuori degli abbuoni, e per gestirli si ricorre all’istituto dell’arbitrato. L’istituto permette di uscire dalle vie giudiziarie (troppo lunghe), e favorire la rapidità delle transazioni, le parti nominano un perito e un terzo perito viene nominato dall’AGER di Bologna. I tre periti emettono un loro arbitrale cioè decidono chi ha ragione guardando i campioni analizzati dall’AGER. Tutti in conteziosi sono costosi e ovviamente sarà un problema soprattutto per piccole aziende. Per evitare i contenziosi si devono gestire al meglio le masse stoccate. GESTIONE MASSE: CONTESTAZIONE DELLA MERCE SFUSA Si è di fronte alla votalità dei prezzi, perché il contratto viene fatto un certo giorno ma il ritiro della merce avviene dopo 30 gg e ad es. merce venduta a 270 sarà ritirata dopo 30gg e quel giorno vale 240 perchè le quotazioni scendono e appena il camion parte la merce sarà sicuramente contestata in senso speculativo perché l’acquirente non vorrà pagare 270. Il soggetto più debole è colui che vende perché essendosi reso contro di aver venduto al massimo, inizia un comportamento prima del ritiro che gli permette di difendere il suo contratto, cioè la merce ritirata alla data 240 dovrà essere per forza perfetta, e sarà presa nei silos migliori, sarà inattaccabile, per assicurarsi di avere un prodotto perfetto e per evitare contestazioni tali da annullare il contratto. Se invece l’azienda vende a 200 ma la merce il giorno del ritiro vale 230, uscirà dallo stabilimento della merce che vale 230 ma l’incasso da parte dell’azienda sarà solo di 200, in questo caso si cerca di recuperare valore smaltendo i prodotti peggiori presenti nello stabilimento perché la merce non sarà mai contestata perché c’è già un bel differenziale di prezzo. Contestarla potrebbe portare all’allunamento del contratto. Quindi c’è l’abbuono, l’arbitrato e la gestione delle masse che permettono di difendere il contratto stipulato. Entrando nella borsa merci di Bologna ci saranno i listini dove per ogni tipologia di prodotto ci sono le classi di qualità, e poi c’è anche il prezzo MIN e il prezzo MAX. La distanza tra il prezzo MIN e il MAX si chiama FORBICE, se questa è stretta allora la borsa è molto brava a fare fixing, se invece fosse ampia potrebbe essere che sul mercato c’è molta merce difforme derivato dal fatto che magari quell’anno le partite hanno subito qualche danno oppure che la borsa non sa quotare bene. Ci sono borse merci migliori e peggiori, se è molto capace vuol dire che si trova in un’area dove si produce di più quel determinato prodotto, ci sono scambi maggiori. Es. a Perugia si vuole quotare la vendita di soia, ma in Umbria la produzione è praticamente inesistente, quindi si quota di meno. Se in una borsa merci di sono più scambi ad es. a Bologna, allora sarà più sensibile ai cambiamenti. Le quotazioni possono essere franco partenza (quotate a Bologna) franco arrivo (arrivano a Bologna). MERCATI A TERMINE I mercati a termine svolgono 3 funzioni: 1.hedging cioè copertura dal rischio (si fa proprio per non incorrere in rischi di carattere economico) 2. trading cioè di speculazione (acquistare oggi per vendere domani ad un costo forse maggiore quindi si potrebbe incorrere in un rischio) 3. arbitraggio Per costruire un mercato a termine occorre una banca che si chiama CLEARING HOUSE che decide chi gestisce il mercato a termine. La più grande borsa merci a termine al mondo è CboT (board MERCATI all’origine Due borse: Del disponibile o a termine A termine non si scambiano prodotti ma titoli finanziari (derivati). I DERIVATI GLI STRUMENTI derivati si chiamano così perché il loro valore deriva da una attività sottostante (attività reale (future), finanziaria, indice di prezzi ecc..) Ci interessano i derivati che derivano da merci fisiche. Il valore della merce a scadenza sarà uguale al prezzo della merce. I titoli finanziari sono come obbligazioni che la banca emette (CLEARING HOUSE) SONO DIRITTI A COMPRARE O A VENDERE Rispetto alla tipologia di attività sottostante i derivati possono essere -commodity derivatives (attività reali) -financial derivatives (attività finanziarie) Rispetto alle caratteristiche tecniche possono avere diverse forme: FORWARD (mercato forward), FUTURE, SWAPS, OPZIONI Un conto è il mercato forward e un’altra è il contratto forward. FUTURES è un contratto derivato standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare, ad una certa data determinate attività reali (o finanziarie) ovvero a versare o a riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore finanziario di riferimento. Le condizioni (prezzo e quantità) dello scambio sono definite “ora per allora”. I futures sono quotati e possono essere commercializzati ogni giorno. I titoli sul mercato li può acquistare chiunque, sono soggetti a contrattazione. Es. lotti, quotazioni ufficiali. Il mercato dei futures è un mercato regolamentato con quotazioni ufficiali e un vero e proprio calendario di borsa. ▪ anzitutto la “merce” trattata consiste in partite di specifici titoli tutte dello stesso valore nominale con riferimento alla merce sottostante (Lotti). ▪ i titoli dovranno essere consegnati e regolati ad una determinata scadenza che sarà scelta tra le date prefissate dal calendario di borsa. ▪ una clearing house si pone come controparte sia dei venditori che degli acquirenti: i contratti non sono quindi bilaterali come normali contratti di fornitura. ▪ a fronte dell’impegno assunto i contraenti sono chiamati al momento della sottoscrizione a versare alla clearing house una cifra in contanti, detta “margine di garanzia”, pari ad un valore compreso tra uno 0,15% ed un 2,5% del valore nominale del future. ▪ il prezzo a cui avverrà la compravendita è quello fissato dal mercato il giorno della sottoscrizione. ▪ giorno per giorno i prezzi variano in base all’andamento delle quotazioni spot degli strumenti sottostanti (mercato del disponibile). ▪ si hanno così, per un determinato titolo, quotazioni spot e quotazioni a termine. ▪ vige nel mercato future un meccanismo denominato “mark to market” che prevede giornalmente la liquidazione dei differenziali tra la quotazione e la posizione senza quindi attendere la scadenza. ▪ il compratore ed il venditore del contratto future hanno un proprio conto corrente attraverso il quale reintegrano (incassano) la minusvalenza (plusvalenza) creatasi sul margine in base allo scarto tra la quotazione future del giorno e quella del giorno precedente. ▪ il giorno della consegna titoli, i titoli passano di mano al prezzo spot di quel giorno. Operatività in futures ▪ Hedging ▪ Trading ▪ Arbitraggio Con una certa quantità di denaro si può anche fare attività speculativa, molto rischiosa. Oppure si utilizza lo strumento del future per fare hedging. Hedging = rischio bilanciato Per ottenere una copertura efficace è necessario porsi dal lato opposto con un ammontare equivalente è opportuno tenere presente che la copertura non è mai perfetta ma approssimativa. Hedging (copertura del rischio) ▪ le posizioni a pronti vengono assicurate contro andamenti avversi del mercato ▪ per effettuare la copertura le posizioni in futures devono essere opposte rispetto alle posizioni a pronti Può essere svolta da soggetti che detengono la merce fisica, solo così si è in grado di coprirsi dal rischio. A differenza del contratto future (TRADING) in cui non si ha merce fisica. Trading ▪ acquisto di futures: aspettativa di aumento del prezzo del disponibile ▪ vendita di futures: aspettativa di diminuzione del prezzo del disponibile Arbitraggio ▪ operatività basata sulle differenze di prezzo tra il mercato a pronti ed il mercato futures CARATTERISTICHE DEI FUTURES ▪ contrattazioni in borse ufficiali con intervento di operatori autorizzati (commodities exchange, board of trade), BoT Chicago, LIFFE, MATIF, (oggi EURONEXT), ecc. ▪ contratti standardizzati ▪ elevata liquidità ▪ effetto leva ▪ presenza della cassa di compensazione e garanzia (clearing house) ▪ trasparenza ▪ regolamento giornaliero dei profitti e delle perdite sull’open interest ▪ presenza di contrattazioni di grandi dimensioni "Over The Counter" (OTC) non accessibili a privati ( fondi, banche d'affari, ecc) che non seguono le regole dei normali scambi. Tabellone borse merci a termine, si chiamano commodities exchange,board of trade, tranne quella di chicago (CBoT) prima borsa merci del mondo che fornisce quotazioni, contrattazioni di future(titoli) che scadono da qui a 12 mesi o 16 mesi, ha 16 posizioni mensili. Si può anche comprare merce che ancora non è stata seminata scambiandosi quotazioni. Ovviamente si tengono sotto controllo le vendite dando una previsione di come può andare il raccolto ecc.. MATIF (commodities) Le 3 borse europee sono gestite dall’EURONEXT, società per azioni. La quotazione delle commodities negli USA utilizza il bachel che corrisponde a 25L di grano, si vendono in volume, e quindi il CBoT quota in dollari per bachel, quindi poi si devono fare le equivalenze, fatte da chi compra negli stati uniti ad es. Barilla visto che il frumento duro arriva dal Canada. A Parigi invece si quota in euro. Se cambia il rapporto euro dollaro si ha rischi in più. Ogni giorno scorrono le quotazioni, quindi giorno 9 il frumento aveva una quotazione di 270 per tonnellate, ma andando avanti nei giorni la quotazione può variare. Il future ha una scadenza. Chi compra o vende all’inizio lo fa a 280 euro, di giorno in giorno il tabellone scende verso il basso dove la quotazione del fisico scende, il future avrà una scadenza a breve e il suo valore sarà uguale a quello del disponibile. All’inizio quindi viene quotato a 280 ma man mano che passa il tempo si avvicina alla quotazione vera. Alla fine del mese sta per iniziare il mese di aprile quindi il 31 scade il primo titolo, e quindi il primo aprile la clearing house accredita la cifra del giorno della scadenza cioè 275. Il future sarà a segno più o meno se è diritto a vendere o a comprare. Poi ci si sposta su un'altra colonna cioè scadenza 20 maggio, i dati cambiano di giorno in giorno e fanno riferimento ai giorni della scadenza. La speculazione si concretizza nel giro di qualche giorno. Chi deve coprirsi dal rischio lo fa nel lungo periodo. Il nostro agricoltore come si comporta? Grande azienda che vuole coprirsi dal rischio: esempio di copertura: long position (posizione di acquisto) o short position (posizione di vendita). (I –E)t Importazioni nette al tempo t Ht= 1-(at + bt + ct) *Yt Offerta interna disponibile Ot = Ht -VarSt+ (I –E)t Offerta al tempo t Bilancio di approvvigionamento: I prodotti sono suddivisi in diverse tipologie: convenzionali, biologici, da agricoltura integrata, biodinamici, OGM free. Prodotti biologici Sono classificati come biologici i prodotti ottenuti secondo il metodo il metodospecificatodalReg.CE2092/91. •Esclude l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi e l’impiego di OGM; •Prevede l’etichettatura del prodotto trasformato se almeno il 95% delle materie prime agricole proviene da coltivazioni biologiche; •Se la percentuale scende al 70% essa potrà essere precisata in etichetta. •Prevede in etichetta il nome dell’organismo di controllo, aut.minist., codice a barra per identificare il produttore. •Dal luglio2010deveessereindicatal’origine dei prodotti Prodotti da agricoltura integrata La produzione integrata è ottenuta con tecniche che riducono i trattamenti chimici fino al punto soglia di danno economico. Prodotti OGM Sono prodotti ottenuti con la tecnica del DNA ricombinante. L’UE ha vietato la coltivazione degli OGM fino a quando non saranno ritenuti innocui per la salute del consumatore (principio di precauzione). La Dir. CE 18/2001 il Reg. CE1830/2003 hanno imposto la rintracciabilità e etichettatura specifica per gli OGM nonché la rintracciabilità degli alimenti e mangimi ottenuti da OGM. Caratteristiche del prodotto agroalimentare Il prodotto agro-alimentare non ha solo funzione nutrizionale ma svolge altri ruoli: salutistico, sociale, edonistico. Esso differisce, quindi, dagli altri prodotti per la differenziazione nella destinazione di uso. Gli elementi di differenziazione sono: • Consumi • Qualità • Ciclo di vita Nel secondo dopoguerra, si ha avuto trasformazione dei consumi alimentari determinati da: Aumento demografico – Aumento reddito – Elasticità prezzi/reddito e variazioni prezzi; -Caratteristiche del prodotto – Trasformazione del prodotto – Servizi incorporati (marketing, etichette, etc.) LEGGE DI ENGEL Al crescere del reddito la proporzione di spesa delle famiglie destinata ai consumi alimentari decresce – Diminuzione della incidenza non della quantità – Saturazione dei consumi quantitativi •Alimento salute •Alimento servizio •Differenziazione e marketing Se scende la % di spesa sul reddito familiare, sotto il 20 cambia la modalità di consumare e differenziazione produttiva, segmentazione del mercato. Ciclo di vita del prodotto Qualsiasi prodotto ha un suo ciclo di vita, è soggetto ad una sua evoluzione nel tempo, nascita e morte. Si ha una evoluzione sulla modalità di ristorazione, fase di lancio del prodotto, sviluppo dove la curva cambia inclinazione, fase di maturità e declino. Caratteristiche delle fasi: Lancio • Vendite: ridotte • Clienti: pochi • Costi: alti, soprattutto di pubblicità • Ricavi: ridotti • Utili: negativi Caratteristiche delle fasi: Sviluppo • Vendite: crescita molto rapida • Clienti: crescita • Costi: stabili • Ricavi: crescita rapida • Utili: in crescita Caratteristiche delle fasi: Maturità • Vendite: stabilizzazione • Clienti: stabili • Costi: ridotti quelli di produzione, alti quelli di pubblicità • Ricavi: stabili • Utili: in diminuzione Caratteristiche delle fasi: declino • Vendite: in calo • Clienti: disaffezione • Costi: ridotti quelli di produzione, alti quelli di pubblicità • Ricavi: in diminuzione • Utili: negativi Alcuni prodotti hanno cicli di vita brevissimi (non di successo) altri invece lungo es. nutella. La ristorazione ha un ciclo di vita medio di 7 anni, poi si dovrà cambiare arredamento, e si dovranno considerare degli ammortamenti durante la progettazione. A queste fasi è stata individuata una analisi  utilizzando il modello BOSTON con l’analisi portafoglio. Analisi portafoglio- prodotti significa prendere tutti i prodotti nell’azienda e classificarli nella matrice di Boston, la matrice (BCG; Boston Consulting) valuta la capacità di ciascun prodotto di generare reddito in funzione: • Attrattività del mercato  tasso di crescita • Competitività nei confronti dei concorrenti  quota di mercato ANALISI BCG I prodotti sono posizionati in un piano, dove in ascissa si ha la quota di mercato e nelle ordinate il tasso di crescita (ambiente esterno), il tasso è un indicatore del ciclo di vita. Se il mercato vive in una fase in crescita il prodotto avrà più vita. I prodotti sono collocati in 4 quadranti. Se ho una quota di mercato bassa es.olio, sono prodotti che difficilmente avranno successo, se invece avessi avuto più quote di mercato si potrebbe avere una maggiore crescita nel mercato senza dover rubare quote di mercato ad altri competitor. I prodotti dogs sono a rischio, sono prodotti con quota di mercato bassa, flusso di cassa positivo ma in forte calo, crescita di mercato bassa e quota di mercato bassa. Quelli question mark sono stati lanciati da poco, ma c’è maggior interesse, cresce la quota di mercato e si deve vedere se avranno successo o meno, non crea liquidità perché si deve investire nella pubblicità. Prodotti star, quota di mercato molto alta, è leader, e in più ha un aumento del tasso di crescita, quindi genera molto cash anche assorbendo da pubblicità. Nei cash cow (mucca da mungere) invece il prodotto è molto grande, il mercato non cresce e non entreranno nuovi industriali che fanno olio, si è tranquilli perché genera profitti stabili, si ha quota di mercato alta e crescita di mercato bassa. CONTINUAZIONE MERCATI FORME MERCATO Sono definite dal numero e dalla struttura delle aziende che vi operano e si distinguono in base al GRADO DI CONCORRENZA: -concorrenza perfetta -concorrenza monopolistica -oligopolio (oligopsonio es settore distributivo che vuole vendere un prodotto, sono poche aziende ed acquistano i prodotti) -monopolio (monopsonio) Concorrenza perfetta Vede grande numero di compratori e venditori, omogeneità di prodotto, info gratuita perfetta e disponibile a tutti. Assenza di barriera all’entrata e in uscita, è un price taker (non decide il prezzo). Tra le concorrenze non perfette c’è oligopolio e monopolio Monopolio Prodotto DIFFERENZIATO(confezionato), le imprese si differenziano per nome e packaging diversi, i prodotti sono in concorrenza monopolistica es. pane confezionato. Il mercato è come formato da singoli monopoli, es vino antinori, vino lambrusco, hanno differente brand. SI PUÒ MANOVRARE IL PREZZO. Nel monopolio c’è Un solo produttore, Forti barriere all’entrata, Posizione dominante. Minacce credibili di comportamento aggressivo (Controllo proprietario degli input, Controllo della tecnologia (brevetti), Concessioni governative). collusivi (cartello:prezzo o quote di mercato). Manovre sul prezzo e sulle caratteristiche del prodotto-servizio. Es. mercato tonno, è fatto da poche imprese, ci sono alcune categorie commerciali dove ci sono poche imprese leader che dominano il segmento. Il mercato deve avere un suo spazio, possono essere liberi o confinati, es. mercatino biologico in qualche piazza dove si riuniscono bancarelle, il numero di imprese sarà limitato, e quel mercato sarà oligopolistico. Es. insegne distributiva in una città, sono sempre oligopolio, perché il numero è limitato. Livello spazialmente ridotto. I supermercati saranno un oligopolio. Riconoscendo un oligopolio si può sapere come si comportano in un sistema. Collusione: le imprese si possono mettere d’accordo sulle variabili sostanziali cioè prezzo e quantità prodotte. Es.mercato del petrolio, se il prezzo scende a livello mondiale si riducono le quantità da estrarre. Altro esempio di oligopolio può anche essere una struttura efficiente portandoci alla concorrenza perfetta. Brand = INSEGNA DISTRIBUTIVA Comportamenti delle imprese in un oligopolio Altra caratteristica fondamentale dell’oligopolio, non si ha un generale prezzo di equilibrio, il punto si chiama EQUILIBRIO DI NESC e qualsiasi decisione mia è legata alla decisione del concorrente. Una mia strategia di marketing modifica la strategia anche nel concorrente. Se faccio una modifica devo sempre chiedermi cosa farà il mio competitor. Nell’equilibrio di nesc i due soggetti non possono fare scelte strategiche diverse. DUOPOLIO coca-cola, pepsi-cola: Due aziende gareggiano fra di loro, competono. Perché la lattina di coca cola ha un prezzo che non oscilla nel tempo? Questo dipende dal fatto che i due competitor osservano i listini del concorrente e son pronti a fare delle manovre in funzione del comportamento del concorrente, determinando una linea spezzata in un punto chiamato pm(prezzo attualmente presente sul mercato). Ipotesi: coca-cola vuole fare uno sconto del 10%, e il prezzo scende da pm alla linea sottostante, avendo poi un delta q che non è più grande del delta p, non è conveniente fare sconti perché il delta q (la quantità di vendite aumenta ma è solo del 5%, quindi non è proporzionale allo sconto e il fatturato scende) Ipotesi opposta: si aumenta prezzo del 5% e il pm si porta sopra, l’effetto è avere riduzione di quantità avendo delta q NEGATIVO, il numero di lattine vendute si riduce in maniera più che proporzionale. non esiste vantaggio ad effettuare manovre Perché avviene ciò? Quando il concorrente diminuisce il prezzo anche noi abbassiamo il prezzo e l’incremento che si aspetta la coca-cola non c’è. Se una delle due aumenta il prezzo, l’altra non è disposta ad aumentare, quindi lo svantaggio in termini di quantità è a favore della coca perché i consumatori andranno a consumare più pepsi. Quindi se qualche concorrente da lo sconto, si reagisce con lo sconto. Ma se invece il prezzo del concorrente aumenta nessuno abbasserà il prezzo e non seguirà il concorrente. Non sarebbe conveniente fare sconti. Altro modello: MODELLO DI BERTRAND, meccanismo della guerra dei prezzi. Bertrand dice che le imprese decidono a quale prezzo vendere un prodotto. Es. i supermercati di una città si trovano in una soluzione oligopolistica per i consumatori. Se non c’è collusione tra imprese, anche se sono in numero ridotto, possono raggiungere situazione di benessere sociale. Costo marginale =prezzo (l’impresa non fallisce, fornendo prodotto al più basso prezzo possibile). Nel grafico avremo che la curva di domanda nel primo tratto coincide con l’asse dell’ascissa, poi orizzontale e poi curva negativa inclinata verso l’origine. Diventa orizzontale a livello di vendita +1, ipotizziamo che una azienda venda un televisore samsung a 300 euro, e si vendono q1 televisori ad un prezzo +1, il mercato è aperto quindi un’altra impresa vuole vendere quel televisore e l’unica possibilità di posizionarsi è a livello di prezzo più basso p2 e questo fa sì che solo la seconda azienda riesca a vendere quei televisori, le quantità si spostano in un altro tratto e un numero maggiori di consumatori compra televisori dalla seconda azienda, non esisterà quindi più il prezzo +1. Se la prima azienda vuole continuare a vendere deve scendere il prezzo a p 3, al di sotto di p3, e l’altro competitor fa lo stesso, diminuendo fino a p4 ecc.. si chiama guerra dei prezzi e i due rubano tutto il mercato della città. La guerra prosegue fino al punto in cui il prezzo è uguale al costo marginale. Il costo marginale viene rappresentato come una linea orizzontale. Le due aziende quindi vendono il televisore fino al punto in cui l’ultimo televisore ha un costo uguale a quello che hanno acquistato. Concettualmente questa guerra determina una concorrenza perfetta, dove cm=p, non ci saranno situazioni di extra-profitto. Un televisore può essere venduto sotto il costo marginale? Si è possibile, e si chiamano vendite sotto costo, è sempre una strategia di marketing, costruendo prodotti civetta cioè prodotti che servono per mantenere costante flusso di consumatori in quel punto vendita. Il flusso constante di persone non si ottiene facilmente, ci sono sempre oscillazioni. Come si mantiene il flusso? Si utilizzano leve di vendita e quindi prodotto civetta, cioè venduto sottocosto con l’obiettivo di attrarre i consumatori, quando entra il consumatore all’interno del punto vendita, una volta entrato per il televisore inizia a comprare anche altre cose. Es. distributore ipercoop ha mantenuto bassi i costi della benzina, più degli altri, così ha fatto arrivare flusso di persone in quel momento, avendo sicuramente perdite economiche ma facendosi nel frattempo pubblicità. Quindi gli oligopoli esistono e devono essere competitivi, ci sono autorità che controllano, e si possono anche formare equilibri alla Bertand. Osservare quindi cosa fa un competitor, senza essere i primi a fare sconti per evitare guerra dei prezzi. Ci sono anche altri modelli di oligopolio: COURNOT Dice che le imprese se vivono nell’oligopolio controllano l’offerta e quindi quanto produrre Le imprese competono fra loro, i risultati di A dipendono dal comportamento di B e viceversa. Es. paesino in collina (mercato chiuso) e ci sono due unici agricoltori che producono meloni allo stesso costo, l’impresa deve decidere quanti meloni seminare e quindi quanto produrre, Cournot dice che i due agricoltori produrranno 240 meloni perché questa è la situazione che massimizza in entrambi i profitti secondo Curnot, dividendosi la domanda di mercato e quindi sono in equilibrio di NASH. (la mossa di uno dei due giocatori non determina un abbattimento della massimizzazione del suo profitto e anche dell’altro, non esiste altra mossa se non quella che porta all’equilibrio di nash. i due giocatori ottengono il massimo possibile ma che non viene inficiato dall’altro, tutti e due vincono.) La somma delle vincite non è uguale alla concorrenza perfetta dove CM = P (Bertand). La curva di domanda è rappresentata da una funzione di domanda in base al prezzo che è uguale a 1000-1000p Questa formula si risolve come prezzo, avendo che la domanda di mercato può essere espressa anche come 1-0,001 Q L’obiettivo è soddisfare i bisogni del consumatore. Malsow dice che i bisogni dei consumatori non sono infiniti ma sono pochi e uguali per tutti, ciò che cambia sono i desideri, cioè la concretizzazione di come si pensa di risolvere il bisogno. I bisogni sono uguali per tutti. Identifica alla base i bisogni fisiologici, poi sicurezza, appartenenza, e stima, si passa da bisogni fisici a immateriali. Sono rappresentati sotto forma di piramide perché hanno un criterio additivo, cioè se non si risolvono i problemi alla base non ci si può focalizzare sugli altri bisogni. Es se una persona è molto povera avrà come primo bisogno quello di trovare qualcosa da mangiare e non penserà al prestigio personale o stima. Le società, secondo Maslow, prima devono risolvere i problemi fisici e poi si occuperanno di quelli immateriali. I bisogni come sappiamo noi hanno una componente immateriale molto forte. Quando si progetta un prodotto si devono conoscere le variabili da controllare che sono molte di più di quello che si pensa inizialmente. Progettazione del prodotto I produttori pensano spesso ai prodotti come insieme di attributi e pensano che così li veda anche il consumatore In realtà il consumatore è più interessato alle conseguenze positive (benefici) o negative (rischi) derivanti dall’uso/acquisto dei beni e servizi Gli attributi del prodotto non sono altro che mezzi che i consumatori utilizzano per raggiungere valori finali attraverso le conseguenze o benefici ottenuti da questi attributi (Catene mezzi-fini) Uno dei problemi molto comune è che i produttori dei beni alimentari pensano che il consumatore veda quel prodotto come lo vedono loro, in realtà gli occhi del consumatore sono molto diversi da quelli del produttore, spesso si ha quindi sopravvalutazione del proprio prodotto e questo atteggiamento arrogante di chi produce crea facili errori di valutazione. I consumatori sono interessati ai benefici o rischi derivanti dall’uso e acquisto di beni e servizi. Gli attributi del prodotto sono visti dal consumatore come strumenti, mezzi che servono per raggiungere determinati fini. Si parte quindi dagli attributi che sono dei mezzi per raggiungere dei fini, il consumatore quindi analizza ed esprime il proprio giudizio in base a ciò che crea all’interno della sua mente e si chiama CATENE MEZZI FINI. Sono stati sviluppati di recente per progettare i prodotti, che tengono conto non degli elementi esclusivamente organolettici tipo buono, piacevole, che riguardano aspetti sensoriali ma tiene in considerazione la relazione che si instaura tra il prodotto e il consumatore, cioè si indaga non sulla risposta ma sul legame tra i due. I bisogni reali e immateriali cambiano da società a società, cambiano da individuo a individuo ma cambiano anche nel tempo per ogni individuo. A volte il consumatore guarda aspetti immateriali altri no, in funzione della sua vita. Ad es. se una persona è tranquilla è più portato a desiderare bisogni immateriali, attributi di benessere. La rilevanza intrinseca (correlata alla conoscenza del prodotto, cioè delle catene mezzi-fini, immagazzinata nella memoria del consumatore sulla base di esperienze passate) e la rilevanza situazionale (dipende dalle caratteristiche del prodotto che assumono rilevanza in quanto componenti del contesto (pubblicità, promozione) e dalle caratteristiche del contesto ambientale e sociale in cui si colloca un certo atto di acquisto (luogo d’acquisto, acquisto collettivo o individuale, ecc.) sono le due condizioni che regolano il coinvolgimento di una persona rispetto al prodotto. Più il prodotto lo conosco e lo consumo, più le catene mezzi fini sono molto chiare. Invece nel tempo cambia la rilevanza situazionale, cioè nel tempo cambia il modo in cui si percepiscono gli attributi del prodotto. La situazione influenza le scelte. Si riuniscono dei soggetti di consumatori diversi, di età, professione ecc,si crea un forum group per discutere del prodotto. Il prodotto non è targettizzato cioè non è costruito solo per un gruppo di consumatori specifici es. latte con aggiunta vit D, bevande con sieroproteine, la stragrande dei prodotti non sono targettizzati e sono consumabili da tutti. Il forum group serve a fare esplicitare dai consumatori gli attributi, conseguenze e valori per un prodotto. Si creano legami tra colonna 1 e 2, o tra 1 con entrambe, o 1 con 3. Se un attributo raggiunge in maniera chiara questi valori vuol dire che è consolidato e importante per il consumatore. Rappresentazione grafica della catena mezzi fini: Nel risultato finale solo 7 attributi sono giudicati i più importanti (quelli alla base), poi salendo in cima ci sono conseguenze e in alto i valori come appagamento, ambizione ecc. Lo spessore della freccia indica la numerosità delle risposte dei consumatori. Alcuni attributi giungono direttamente ai valori altri fanno zig zag e ottengono collegamento col sistema di valori solo più avanti. Es Gusto sempre importante nelle decisioni di acquisto, è una variabile forte legata direttamente all’appagamento, ed è subito collegato con appagamento. Ricapitolando: I principali bisogni sono di tipo fisico, quelli immateriali si formano quando si deve soddisfare un certo bisogno. Quando ci sono scandali alimentari il consumatore ritorna a leggere le etichette e fare acquisti ragionati, invece con tranquillità non è attento, e compra per abitudine. Tipi di consumi diversi. Se si ha info anomala, il consumatore non lo compra, o è molto più attento e scrupoloso prima di acquistarlo. Quando si costruisce un prodotto, rivolgendoci al consumatore si vendono tutta una serie di servizi, più o meno importanti in funzione del tempo, la certificazione è servizio necessario adesso, questo genera un coinvolgimento che dipende dalla rilevanza del singolo attributo, l’altra invece dipende dalla situazione cioè dall’ambiente di consumo. CATENE MEZZE FINI Fase 1 Focus groups: si uniscono i consumatori si fanno parlare e si stimolano a capire quando comprano cosa vedono, perché comprano ecc, creando degli attributi, questi condizionano la scelta, creano conseguenze e valori. Fase 2 si fa un questionario Gli attributi giungono fino agli elementi valore. Occorre che le persone si fidelizzino con un prodotto, si costruisce un bayer psicologico. Se si trovano parole chiave che rafforzano il valore si ha successo. Molti attributi hanno come conseguenza l’approvazione familiare, elemento familiare è strategico. Es. nell’olio, Non è così invece per il vino. Ha attributi diversi. Si chiama tasso di conversione: si convertono i contatti pubblicitari in atti di acquisto. commerciale sono più dei prodotti, ad es acqua panna da 1L e acqua panna da 0,50cl hanno due referenze diverse. Il codice a barre legge il prodotto, è identificativo del prodotto e presenta un certo prezzo. Questo serve a monitorare quante bottiglie di acqua panna sono state vendute in tutta l’Italia e a quale prezzo. Queste info servono alla catena distributiva a fini organizzativi, serve per il just in time e per riorganizzare la logistica per rifornire lo scaffale, gestendo catene alimentari anche del freddo. Oltre agli accordi bilaterali tra le grandi marche, questi dati vengono tutti acquistati da varie multinazionali la più grande è la NILSEN che acquista dati di vendita di tutti i supermercati, li elabora e li rivende alle imprese che hanno bisogno di avere report periodico sullo stato delle proprie vendite, e dei prezzi di vendita delle altre imprese competitor. Il monitoraggio permette di osservare chi compete nel nostro stesso segmento. Altra società che fa questo è la iriinfoscain fa la stessa tipologia di servizio. Un’altra è data bank. La Nilsen suddivide l’Italia in 3 grandi aree che hanno standard economico preciso. Che analisi si può fare con questa analisi di competitività? Sono prodotti che appartengono alla stessa categoria e svolgono la stessa funzione es. tutti oli DOP ma con brand diverso. I dati possono essere schematicamente espressi in questo modo: n = numero di prodotti presenti all’interno del mercato competitivo; j = generico prodotto del mercato competitivo; P (j) = prezzo del prodotto j-esimo; Pm = prezzo medio (media semplice dei prezzi dei prodotti del mercato); V(j) = vendite del prodotto j-esimo; Vm = vendite medie (media semplice delle vendite dei prodotti del mercato); Vt = vendite totali dei prodotti del mercato. Info estratte da un archivio Nilsen. L’analisi si fa considerando 3 step distinti: si prendono i dati e si costruisce un data set P (j): prezzo medio del j-esimo prodotto. Si fa la media del prezzo all’interno dell’anno di quel prodotto. V (j): vendite in termini di fatturato del j-esimo prodotto Q(j): quota di mercato del j-esimo prodotto, % con numeratore vendite prodotto/ vendite totali Pr(j): prezzo relativo del j-esimo prodotto, prezzo di vendita del prodotto/prezzo medio di vendita dei prodotti del mercato competitivo Avendo prezzo relativo e quota di mercato si possono mettere i dati in un asse cartesiano. Ascisse quote di mercato, ordinate il prezzo relativo. Si analizzano solo i nostri prodotti sulla base di due variabili. In questo caso è Analisi su tutti i prodotti che appartengono al segmento, cioè tutti oli DOP presenti sul mercato. Si cerca di sapere quanto siamo competitivi noi e gli altri con la costruzione di mappe competitive. La competitività di prodotto nel marketing è diversa da quelle delle imprese (nelle imprese si è competitivi nelle imprese quando si produce ad un costo basso chiamata competitività da costo) In marketing la competitività del prodotto è diversa, si è competitivi quando nonostante io venda un prodotto ad un prezzo elevato, vendo di più degli altri. questo dà il successo di tutte le variabilità di marketing. Si suddivide lo spazio cartesiano con ascisse la quota di mercato e ordinata il prezzo relativo (rapporto tra il prezzo del prodotto e il prezzo medio) in 4 quadranti, che prendono diversi nomi, zona di qualità, competitività, convenienza e debolezza. Non sono nomi universali. L’analisi SIMCOP è fatta da un Italiano. Zona qualità: quadrante nord est-sud ovest, è una zona dove i prodotti hanno prezzo superiore a quello medio (linea tratteggiata), ed avendo prezzo più altro tendenzialmente hanno quota di mercato abbastanza piccola. Prodotti che vendono poco. Zona convenienza: vendono più della quota media, perché collocano il prodotto a prezzo più basso, conquistando quote di mercato. Es. discount Quadranti in basso a sinistra e in alto a destra sono i più importanti Zona di debolezza: basso a sinistra, prodotti a prezzo medio più basso della media degli altri ma non riescono ad andare sopra la media, qualcosa non va per vari motivi (variabili marketing sbagliate, problemi nelle 4p del marketing mix) si deve capire quale è il problema, magari non è ben visibile sugli scaffali, non ha packaging accattivante, non piace ecc. Zona di competitività: quadrante in alto a destra, nonostante si venda a prezzi alti, si hanno quote di mercato più alte, si attraggono consumatori. DOP Assisi-Spoleto è leader di mercato. Più in prodotto si trova in alto a destra è più è competitivo. A prezzi alti le vendite sono basse e a prezzi basse le vendite si alzano, questo considerando domanda e offerta. La lettura di una mappa competitiva risulterà poi amplificata se si terrà conto anche di una serie di “indici di competitività”, utili a definire in termini quantitativi la reale posizione competitiva di un prodotto rispetto agli altri. SECONDA FASE Realizzazione di alcuni indicatori algebrici. Analisi non di tipo grafico. a). Indice sintetico di competitività (Isc): che misura il grado di competitività di un prodotto con riferimento all’insieme dei prodotti appartenenti al mercato competitivo; Iscj = Qj /pm/pj = Qj * pj/pm Si ottiene moltiplicando la quota di mercato di un prodotto per il suo prezzo relativo, entrambi riferiti al mercato competitivo considerato. Attraverso di esso sarà possibile classificare i prodotti in un “ranking competitivo”. Tiene conto della quota e del prezzo medio. Attraverso questo indicatore si possono classificare i prodotti. Da solo è poco utilizzabile, si fa una normalizzazione, cioè Iscn (indice Sintetico di Competitività Normalizzato), la normalizzazione permette di avere un valore min e max, si avrà un range tra 0 (prodotto meno competitivo) a 1(prodotto più competitivo). La normalizzazione si ha facendo il rapporto tra il valore iscj meno il valore min (isc) fratto il min (isc)-max (isc) tutto all’interno del valore assoluto. La prima colonna non ha né min né max. nella seconda colonna c’è l’Iscn(j). Nella terza colonna invece si avranno i numeri della seconda colonna ordinati dal più grande al più piccolo, ottenendo La domanda di mercato, o domanda primaria, consiste nel volume totali degli acquisti di un dato prodotto, posti determinati confini spazio-temporali. La domanda dell’impresa, o domanda secondaria, coincide con la quota di domanda primaria rappresentata dalle vendite dell’impresa stessa, con riguardo al medesimo prodotto in esame, considerando i confini spazio-temporali determinati. In termini analitici: Q (a) = s(a) x Q dove: • Q (a) sono le vendite dell’impresa “a” (domanda secondaria); • s (a) è la quota di mercato dell’impresa “a”; • Q è la domanda primaria. POTENZIALE DI MERCATO È una analisi che si fa in fase iniziale ed è riservata alle grandi imprese, ad es. quando vogliono lanciare un prodotto. E’ il limite teorico - massimo - che la domanda di un prodotto può raggiungere, considerando determinati ambiti spaziali ed un certo intervallo temporale, nell’ipotesi in cui gli investimenti di marketing cumulati (ossia quelli realizzati da parte di tutte le imprese che operano nel business) abbiano raggiunto il livello massimo. Potenziale di mercato = N x D x T dove: • N è il numero dei consumatori potenziali del prodotto Y; • D è il consumo pro-capite potenziale (o dosaggio); • T è l’intervallo temporale di riferimento Si calcola con delle stime. La stima del potenziale di mercato, nelle diverse configurazioni geografiche, assume grande rilevanza nei processi decisionali e valutativi riguardanti: • l’introduzione di nuovi prodotti; • l’allocazione degli investimenti di marketing; • le quote di vendita; • la locazione di nuovi impianti; • l’attivazione di nuovi canali distributivi. Tra gli approcci per la stima del numero dei consumatori potenziali e del dosaggio pro-capite rilevano: • l’approccio teorico (ipotesi ottimistica: tutti i potenziali fruitori, con dosaggio massimo “fisiologico”) • i break down methods (basati su dati storici); • i build up methods (basati su dati raccolti con interviste ad hoc); • l’approccio analogico (paesi/prodotti/mercati “analoghi”). GAP DI POTENZIALE DI MERCATO Studio dei gap. Le cause dei gap possono essere di diversi motivi: -un gap di comunicazione, i consumatori non conoscono il prodotto. -un gap d’uso, i consumatori conoscono il prodotto ma non sono abituati ad utilizzarlo, o non conoscono le indicazioni d’uso. -un gap di prodotto, la differenziazione del prodotto non è adeguata alle attese del mercato (rientra in questa categoria il gap di prezzo, ossia la mancanza di versioni più povere del prodotto) -un gap distributivo, la presenza nei pdv (punti di vendita) sul territorio non è adeguata, il prodotto non è disponibile facilmente al consumatore. -un gap concorrenziale, il prodotto offerto dal concorrente è preferito rispetto a quello proposto dall’impresa. LA QUOTA DI MERCATO La quota di mercato esprime in termini percentuali le vendite della marca “x” del prodotto “Y” rispetto al totale delle vendite del prodotto “Y”, posti determinati confini spazio-temporali (es: supermercati dell’Umbria). Quota di mercato dell’impresa = Vendite della marca “x” del prodotto “Y”/ Vendite totali del prodotto “Y” x 100 La quota di mercato è inoltre rappresentabile mediante il prodotto tra • la copertura ponderata • la penetrazione Si può sapere su un’impresa la % di quota di mercato. Già col 20% è impresa leader. Il manager deve cercare di aumentare le quote di mercato, ha questo obiettivo. Aumentando le quote si vende di più, acquistando clienti che prima non consumavano quel dato prodotto, si rubano spazi di mercato a chi è meno efficiente. Attraverso la differenziazione si riesce a far comprare quel prodotti a consumatori che non lo avevano mai fatto prima. Forte correlazioni tra vendere di più e aumentare le quote unitarie, più si cresce più si può investire più capitale, si guadagna di più all’aumento della quota di mercato. Es si ha 5% della quota di mercato, come si fa a passare al 10%? Attraverso la scomposizione delle frazioni di quote del mercato. COPERTURA NUMERICA: E’ possibile valutare la presenza nei PDV della marca “x” in termini numerici o ponderati. Con l’indice di copertura numerica (o semplice) si tiene conto esclusivamente della quantità di PDV in cui sono venduti (intermediati) i prodotti dell’impresa: Copertura numerica = Numero di PDV in cui è in vendita la marca “x” del prodotto “Y” _______________________________________________________ Numero di PDV in cui sono in vendita i prodotti “Y” es numero di supermercati in cui è presente il latte grifo fratto il numero dei supermercati in cui si vende latte (tutte le marche di latte) Quindi es. latte grifo si trova nel 70% dei supermercati dell’Umbria. COPERTURA PONDERATA: La quota di mercato si può scomporre in copertura ponderata (tiene conto della dimensione del punto vendita) e in penetrazione (quota dei trattati) Con l’indice di copertura ponderata, invece, viene valutata anche qualitativamente la presenza dei prodotti dell’azienda in PDV ad alta quota di mercato, cioè grandi supermercati della città/regione/area: Copertura ponderata = Vendite dei PDV in cui è in vendita la marca “x” del prodotto “Y” _______________________________________________________ Vendite totali dei PDV in cui sono in vendita i prodotti “Y” Esempio: il supermercato A vende il 20% dell’intera acqua minerale della città LA PENETRAZIONE: vendite di latte grifo con riferimento alle vendite di solo latte grifo. La penetrazione, o quota trattanti, è esprimibile come rapporto fra: Vendite della marca “x” del prodotto “Y” nei PDV in cui la marca “x” è presente _______________________________________________________ Vendite totali di prodotti “Y” (di tutte le marche) nei PDV in cui la marca “x” è presente E’ evidente che maggiore è la rilevanza dei punti di vendita in cui l’impresa è presente e maggiore è la penetrazione in tali PDV, più alta sarà la quota di mercato dell’impresa. Se la penetrazione è bassa il prodotto nei supermercati vende poco perché piace poco, le variabili 4P non son graditi rispetto ai concorrenti Penetrazione alta: il prodotto piace in qualsiasi posto Il prodotto ha successo con penetrazione e copertura ponderata alte. QUOTA DI MERCATO E REDDITIVITA’ AZIENDALE La quota di mercato esprime, in termini relativi, il dominio esercitato dall’azienda sul mercato dei suoi prodotti. Le imprese desiderano raggiungere importanti traguardi di QM, essendo stata rilevata una relazione positiva tra QM e redditività del capitale investito. Le quote di mercato indicano anche la redditività. Più la quota sul mercato è grande più si ottengono economie di scala. Aumentando la dimensione dell’azienda si riescono ad abbassare i costi unitari diventando più efficienti. La quota di mercato che cresce è un obiettivo del manager di azienda che porta aumenti di profitti. All’aumentare del fatturato, si diventa più importanti, più noti, aumentando il potere di mercato es. yogurt muller c’è sempre in tutti i supermercati. ‐ DGTVi ha assegnato al prodotto New vision il BOLLINO BIANCO ‐ OBIETTIVO dell’impresa  MIGLIORARE LA POSIZIONE OCCUPATA SUL MERCATO COME PROCEDERE?  Attraverso la scomposizione della QM, può comprendere come indirizzare gli sforzi di marketing QMNV = 20.000 / 1.000.000 = 2% ACSNV= 20.000 + 550.000 = 570.000(acquisti totali di televisori effettuati dalla clientela servita) ACSi/Q= 570.000 / 1.000.000 = 57% (indice di copertura ponderata) Qi/ACSi=20.000 / 570.000 = 3,5% (indice di penetrazione) ni /N= 250 / 500 = 50% (copertura numerica) ACSi/ni= 570.000 / 250 = 2280 (peso medio della clientela servita) N/Q = 500 / 1.000.000 = 0,0005 (grado di dispersione della clientela) Indice di qualità del portafoglio clienti = 57% / 50%= 1,14 La matrice evidenzia: PENETRAZIONE molto bassa e PONDERATA media quindi cercare di: ‐Migliorare il parco clienti servito Lavorando sulla rete distributiva ‐Investire in sforzi di marketing per accrescere l’accettazione del prodotto da parte dei consumatori (comunicazione mirata) P DEL PREZZO La “P” più importante percepita. A che prezzo vendo il prodotto? Vari percorsi articolati. Quando devo prezzare il prodotto ex novo? (nuovo prodotto mai uscito) Come si gestisce la variabile prezzo nel corso del tempo? POLITICA DI PREZZO Poggia la sua decisione su due pilastri, più un terzo opzionale realizzabile se l’azienda ha altre risorse da dedicare a questo. I due pilastri sono: analisi dei costi e analisi prezzi di mercato La prima ci permette di dimensionare il nostro business. La seconda è un’analisi della concorrenza, cioè si va a vedere a quanto viene venduto un prodotto simile al nostro sul mercato. Prezzi massimi e minimi. Nel prendere le decisioni ci saranno aspetti negativi e positivi da considerare. Si deve definire una politica di prezzo Non esiste un’unica politica valida per il prezzo, si deve capire il segmento, il periodo storico ecc.. Mark up il prodotto costa 10 voglio guadagnare 20 e lo vendo a 120 Going rate capire il miglior prezzo in base alla concorrenza Fare analisi sulla disponibilità a pagare del consumatore ci dà la possibilità di avere informazioni aggiuntive. Cosa fondamentale del prezzo è che è il primo segnale di valore del prodotto. Segnale di comunicazione, l’elemento difficile da avere è la gestione dell’UNICITA’ DEL PREZZO, il consumatore non capisce perché uno stesso prodotto ha prezzi diversi. Il principio base è questo, il problema è di dimostrare che esiste una logica per cui esistono dei differenziali di prezzo nello stesso settore, lo stesso identico prodotto raggiunge il consumatore con prezzi diversi, si ha bisogno di gestire la comunicazione per chiarire questo aspetto. Il punto di partenza è l’analisi dei costi. Quanto costa produrre il prodotto? Dalla fase di lancio fino alla morte sappiamo che il prodotto può occupare tutti i 4 quadranti della matrice BCG. Breack even analysis si utilizza perché serve per DIMENSIONARE LE PERFORMANCE dei singoli prodotti. Es. quante marmellate devo realizzare per coprire i costi di produzione? Solo dopo aver superato soglia del breack even avremo dei profitti. All’inizio si avrà marginalità negativa del prodotto. Si definisce un prezzo di vendita vedendo i prezzi della concorrenza. Si deve assegnare al nostro prodotto un prezzo unitario. Si costruisce il mercato, nelle ascisse quantità, nelle ordinate prezzo, si costruirà la curva dei costi fissi è una linea parallela all’asse delle ascisse per definizione (indipendenti dalla vendita delle bottiglie), costi variabili (crescono al variare delle quantità), costi totali (somma dei costi fissi e variabili). Quante bottiglie si devono produrre per coprire i costi? Si deve definire un prezzo di vendita, un prezzo unitario. Es. vino a 7 euro, sul mercato ce ne sono altri a diversi prezzi. Definito il prezzo ci possiamo calcolare i ricavi (l’incasso). Man mano che si vende si avrà un certo ricavo che saliranno da 7 con inclinazione diversa del costo variabile perché P= R-CT , quindi la curva del ricavo R incontra la curva del costo totale in un punto chiamato punto di pareggio (breack even point) a quel punto corrisponde una quantità Q BREACK che ricopre i costi di produzione. Sopra quel punto si hanno profitti positivi (P+) sotto quel punto negativi (P-). Sotto le 2000 bottiglie non si hanno profitti, non si riescono a coprire i costi di produzione e il business non è sostenibile. C’è un software che descrive questo meccanismo. In rosso ci sono i costi fissi, in blu quelli variabili, e la linea gialla sono i ricavi. La retta dei ricavi incontra la curva del costo totale. Il breack even è a 10.800 unità, quindi se non si realizzano almeno queste produzioni allora non è sostenibile. L’area bianca tra giallo e blu è il PROFITTO. Quando la retta dei ricavi è tanto inclinata e si trova a destra vuol dire che non va molto bene, quando invece l’altezza del profitto è tanta si ha buoni profitti (40%), i costi fissi sono 35-40% e i costi variabili 25%. La marginalità ampia permette di gestire molte cose, tra cui anche la scontistica. Il business è interessante se la pendenza della curva gialla e blu sono molto vicine, ma per farlo i costi fissi dovrebbero essere inferiori. In questo caso sono troppo alti, l’incidenza dei costi variabili sui fissi è troppo bassa. Il capitale che si investe è molto. Come si calcola il BREACK-EVEN POINT? Si devono tenere in conto i costi fissi (calcolati annualmente e quindi con riferimento all’anno solare) e i costi variabili per unità (calcolati cono riferimento alla singola unità prodotta). Il risultato del breack even è di andare ad individuare il numero di unità minimo che si deve vendere per coprire i costi di produzione, partendo dalla determinazione di un prezzo obiettivo (target), cioè il prezzo più congruo per entrare nel mercato. Es. bottiglie di vino, vendute a 7euro (prezzo target) per uno scambio B to C, è il prezzo finale per il consumatore, invece si chiama prezzo FINITO per le imprese. Il prodotto a 7 euro che si ritrova sugli scaffali è compreso di IVA. Nel breack even non c’è il prezzo con l’iva. IVA (IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO) È un’imposta che paga il consumatore finale, ed è calcolata sulla base del valore che si crea lungo la filiera di produzione. È un’imposta INDIRETTA che pagano tutti indipendentemente dal reddito e che è proporzionale al prezzo del prodotto. Le imprese lungo la filiera vendono e comprano varie materie prime che servono per la produzione finale del proprio prodotto, quando vendono qualcosa incassano l’IVA se invece comprano qualcosa l’IVA la dovranno pagare. Valore residuo 30.000 euro Alcuni ammortamenti hanno in alcuni casi dei problemi strutturali come l’inflazione. L’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi dei prodotti presenti sul mercato che ha come conseguenza  perdita del potere di acquisto della moneta Es. se un trattore oggi costa 100.000 euro e domani costa 105.000 vuol dire che la mia moneta vale meno. Fenomeno legato a due fenomeni congiunti o distinti che sono inflazione da costi (se costa di più produrre il bene è chiaro che il prezzo di quel bene sarà maggiore nel costo del tempo, come ad es. i costi energetici), e l’inflazione della legge della domanda e dell’offerta soprattutto per l’impennata della domanda. La domanda sui prodotti alimentari cambia di poco solitamente, ma per gli altri bene può succedere che quando aumenta il reddito pro capire, aumenta la domanda che di conseguenza trasla verso destra creando un nuovo equilibrio e quindi inflazione. Es può succedere quando in un Paese l’occupazione cresce, tutti hanno un buon reddito, il clima è sereno, e possono spendere più soldi quindi i prezzi aumentano. L’inflazione adesso è molto bassa, intorno al 2%, infatti il sistema economico è in recessione perché la domanda non riesce a coprire i prodotti venduti, si hanno alti tassi di disoccupazione, e quindi il costo del denaro è BASSO. Negli anni 60 cu fu un boom economico con inflazione >13%, cioè si produceva molto e si comprava molto, questo fino agli anni 80. Il problema infatti per la quota di ammortamento è che appunto al termine dei 10 anni, non si è in grado con quel denaro di acquistare un bene con caratteristiche simili per colpa dell’inflazione. Escamotage che si può utilizzare è che per fronteggiare questo fenomeno esterno(inflazione), si può rivalutare ogni anno i cespiti. Come funziona? 1° anno dal mio investimento di 300.000 euro metto da parte il 10% e quindi la quota di ammortamento è 27.000 2° anno invece di fare il 10% di 270.000 (300.000-30.000) si va a vedere quanto costa dopo un anno quell’impianto. Es. se ora costa 310.000 vuol dire che faremo 10% al nuovo valore, si avrà come valore 280.000 e la quota di ammortamento diventa 28.000euro Non si avranno più quote costanti di ammortamenti ma quote CRESCENTI, sul fondo si avranno più soldi alla fine per riacquistare i capitali, gestendo così il fenomeno dell’inflazione. L’analisi BE è analisi MONOPRODOTTO, si può avere il problema di costi congiunti (costi che non sono direttamente attribuibili a quel prodotto ma legati ad altre produzioni) . Se si hanno più prodotti con impianti in comune fra loro? Si fa analisi PRO-QUOTA (impianto realizzato per più prodotti) e ripartizione dei prodotti: si identifica il flow-sheet dei due prodotti, si andrà a vedere quali impianti servono al primo, quali al secondo, quali per entrambi, separando il fatturato per i prodotti. Quindi si suddivide il valore di 27.000 euro nel fatturato, es 70% per vino rosso, 30% per vino bianco. Quindi siccome in questo caso due vini (rosso e bianco) si andrà a creare delle colonne scrivendo: (stimare utilizzo dell’impianto in funzione del portafoglio prodotto) nome cespite valore nuovo cespite n quota ammortamento pro quota pro quota + quote totali capitali specifici Nel breack even quindi sui costi FISSI si scriverà >AMMORTAMENTO PRO-QUOTA, facendo il 70% di 27.000 euro riferendoci al vino rosso, quindi avremo 18.900euro. Altri costi fissi sono: >AFFITTO CAPANNONE è 20.000, pro quota al 70% sarà 14.000 euro >INTERESSI (la banca anticipa ad es del denaro iniziale di 300.000 euro e poi chiede una quota al mese di 2800euro) si farà (Vi (300.000) – Vf (30.000) /2)*2% 2%=saggio di interesse l’interesse si applica sull’indebitamento medio(270.000/2). Perché si calcola diviso 2? Perché all’inizio l’esposizione finanziaria è alta (si è molto indebitati), poi si abbassa perché man mano nel conto rientra la quota di ammortamento, in questo modo si calcola l’indebitamento medio!! L’ultimo anno quindi avremo annullato tutto l’indebitamento. Il capitale su cui si incide infatti cambia di anno in anno. >ENERGIA 6000 euro l’anno, pro quota 4200 euro >COSTO DI MANODOPERA/SALARI 70% di 30.000 euro sarà 24.000euro ULU=unità di lavoro uomo, es 214 giornate all’anno saranno 1,5 ULU considerato una piccola cantina, ma dipende dal modello organizzativo. >COSTI MARKETING es. brochure, etichetta, agenzia grafica, budget pubblicitario >CONSULENZE es. commercialista, assicurazione > VARIE Poi si scrivono i COSTI VARIABILI (calcolati su singola bottiglia di vino) >MATERIA PRIMA (ci si deve innanzitutto chiedere quante uve ci vogliono per fare una bottiglia di vino da 0,75cl, partendo dal valore delle uve( 1 quintale quindi 100Kg di uve costano in base alla varietà, disciplinare ecc. . es. Grechetto intorno ai 60/70 euro e con questi si fanno 50litri di vino) nel biologico invece sono circa 100euro a quintale. I litro è 1,4euro ma la nostra bottiglia è 0,75cl quindi avremo 1,05 euro di uva nella bottiglia. >COSTO BOTTIGLIE (dipende dal logo, peso, spessore, possono essere personalizzati ecc..) Problemi di economie di scala, se il consumo è ridotto a 10.000 bottiglie è necessario avere intermediario con la vetraria e i costi aumentano. La vetreria costa meno se la quantità richiesta è maggiore. Grande variabilità. Considerando un Grechetto serve almeno 1euro a bottiglia. >TAPPO E CAPSULA possono anche costare più della bottiglia es. sughero di qualità costa più di un euro, i tappi a corona invece qualche cent, costi variabili anche qua. Consideriamo almeno 0,50 cent. >ETICHETTA e costi di stampa ecc.. circa 0,25cent >PACKAGING SECONDARIO 0,08cent >MATERIALI come pallet, gabbie per bottiglie 0,03cent >CERTIFICAZIONI 0,20 cent >COSTI DI COMMERCIALIZZAZIONE 0,20cent QUESITO PRIMARIO: NUMERO MINIMO DI BOTTIGLIE PER COPRIRE I COSTI  NUMBER UNITS Considerando il quesito, il software calcola in base ai costi fissi e variabili il breack-even che si trova a 39.665 bottiglie, sotto questa soglia non è un’attività redditizia. Infatti il differenziale tra costo totale e ricavo non è alta, si hanno più costi fissi che variabili la marginalità non è eccellente ma molto bassa. Nel grafico si ha una grande zona blu e una zona rossa contenuta marginalità bassa Altro dato è l’UCM (margine di contribuzione unitario), cioè dalle 5,40euro di prezzo target, 3,40 euro servono per i costi variabili e 2,09euro per pagare i costi fissi, il margine è quanto quel prodotto aiuta a pagare i costi fissi. In questo caso il prezzo target è 5,40euro, considerando i costi fissi, vuol dire che l’azienda non è grande ma vuole vendere alla GDO e le dimensioni di fatturato devono essere rilevanti, più di 40.000 bottiglie, deve farne almeno 65.000 per stare sul mercato. Se dall’attività si vuole aumentare il profitto, si devono aumentare le bottiglie. Cerchiamo di capire i valori dei prodotti della concorrenza, analizzandoli vedremo che si sarà un prezzo minimo e massimo del prodotto omologo sul mercato. Essendo prezzi finiti si può togliere l’IVA (margine del 25%) risalendo al prezzo FRANCO PARTENZA. P P 9 euro (P max) 9 euro(P MAX) 7 euro (P min) 7 euro (P min) 6 euro (costi unitari) 6 euro (costi unitari) Q Q Grafico 1: (strategia penetrazione) Grafico 2: (strategia dell scrematura) Abbiamo diversi dati: -6euro costi unitari, -7euro prezzo MIN, -9euro prezzo MAX Non esiste una legge assoluta, esiste l’analisi degli aspetti positivi e negativi. Es. non vendo sotto 6 euro perché non copre i costi di produzione, potrei anche salire sopra i 9 euro (nessuno ce lo vieta). Come faccio a decidere? Si può: -partire da prezzi BASSI sotto i 7 euro ma sopra i 6euro  STRATEGIA DELLA PENETRAZIONE Ha molti vincoli, si guadagna meno, poca marginalità, per averla interessante si devono vendere tantissime bottiglie e con distribuzione PERVASIVA, dove la copertura ponderata (presenza nei punti vendita) deve essere almeno dell’80%, di adatta male per una piccola impresa. Cosa positiva può essere che i costi di produzione siano molto bassi. Va contro la legge del prezzo, cioè che è molto facile diminuire i prezzi, ma aumentarli è difficilissimo perché può essere visto come INFLAZIONE. Per evitare di intaccare il giudizio del prodotto sul mercato si devono evitare gli SCONTI. Il consumatore analizzato singolarmente si documenta, è attento, può essere esperto e capire la vera qualità del prodotto, ma se viene analizzato in forma COLLETTIVA, ci si accorge che può essere paragonato ad un bambino. Esempio: se la bottiglia di olio ieri era prezzata a 10 euro e oggi a 11 il “bambino” non capisce il perché del motivo, si arrabbia, la considera come inflazione non lo compra più. Cosa si può fare? Si RIPOSIZIONA IL PRODOTTO in termini di prezzo, modificando qualche assetto del prodotto es il packaging, cambiando cose banali ma che funzionano molto bene. Infatti se qualcosa nel prodotto cambia, allora il consumatore comprende la motivazione del cambiamento del prezzo e lo compra (potrebbe ovviamente anche non farlo). Il riposizionamento è comunque costoso, quindi questo tipo di strategia è rischiosa!!! Strategia opposta  si parte da prezzi ALTI, quasi 9 euro  STRATEGIA DELLA SCREMATURA Numerosi vantaggi: >in linea con la legge del prezzo, >comunica VALORE Problema fondamentale = se non è un marchio conosciuto venderà molto poco (grafico 2). Nel breve periodo dovrò abbassare i prezzi per avere maggiori vendite Se il consumatore capisce che il prodotto ha VALORE, non posso abbassare i prezzi, il “bambino” non comprenderà il motivo, nota invece la PROMOZIONE perché comuno aggiungendo qualcosa es. “oggi per te questo prodotto cosa meno” si aggiunge il piacere del risparmio per il consumatore. La bottiglia ad es. costa sempre sui 9 euro ma posso fare sconto quantità (se ne compri di più paghi meno) oppure sconto 3x2 (gestita invece da chi distribuisce e non da chi produce). Il contratto con la distribuzione richiede 2 o 3 settimane di 3x2 per omogeneizzare i flussi di traffici nei punti vendita e il prodotto sarà venduto con sconto del 33% che sarà fatturato, settimane importanti per il canale distributivo. Altra opportunità di questa strategia: se avessimo info sulle caratteristiche delle persone, si potrebbe capire che esistono persone che acquistano il prodotto anche se il prodotto ha il prezzo più altro sul mercato. Avendo info sul quel target di consumatori si può puntare ad investire tutta la comunicazione su di loro, es capendo il luogo dove quel target di consumatori può essere facilmente contattato da nostro brand. PROMOZIONI Strumenti di gestione del prezzo. Per funzionare devono avere 2 prerequisiti: 1. Essere TEMPORANEE (devono essere un regalo, max 15gg, il consumatore deve dover tornare al prezzo target) 2. IMPREVEDIBILITA’ della promozione. Più il consumatore è abituato al 3x2 più tornerà a breve a riacquistare il prodotto comprandone in maggiori quantità. Risultato  non esisterà più un prezzo target, ci sarà eccesso di promozione. L’effetto della promozione si studia molto. Non tutte sono uguali, es -3x2 gonfia i fatturati -sconto carta fedeltà hanno effetti di FIDELIZZAZIONE -scontistica con prodotto civetta (fortemente scontato) Si lavora molto con l’utilizzo dei dati da scanner In conclusione, il prezzo fa il valore del prodotto. Nel lancio del prodotto si associa spesso carta fedeltà o una scheda punti per avere INFO SUL CONSUMATORE, questa è strategia. Si capisce CHI ACQUISTA, registrando le abitudini di acquisto dei consumatori, la fascia di età e altre info. DISTRIBUZIONE (placement) Limite tra produzione e distribuzione, la distribuzione Svolge diversi compiti: >trasporto >frazionamento >stoccaggio >assortimento (creazione di mix di prodotti da offrire) >contatto (contatti tra prodotto e consumatore finale) >informazione >promozione La distribuzione è un costo o genera anche valore aggiunto?? In realtà genera VALORE AGGIUNTO per la società e può essere rappresentato come una trasformazione nel tempo e nello spazio dei prodotti alimentari. La funzione di stoccaggio ad es. è una funzione nel tempo. All’interno della distribuzione si caratterizzano dei flussi: -flusso del titolo di proprietà (cioè fatturazioni) attestano la titolarità della merca che passa da un produttore ad un intermediario -flusso fisico è la logistica dei trasporti che vediamo ogni giorno -flusso degli ordini antecedente al flusso del titolo di proprietà -flusso dei pagamenti opposto a quello fisico delle merci, -flusso di informazioni flusso di informazioni verso monte e verso valle La presenza di un intermediario è importante perché migliora l’efficienza dei contatti, determina il raggiungimento di economie di scala, riduce le disparità di funzionamento, assortimento migliore e servizio migliore. È personale specializzato. Nello schema vediamo che c’è un sistema produttivo senza e con intermediari, in assenza di un distributore ogni produttore deve aumentare i contatti con ogni singolo consumatore, invece con intermediario c’è una migliore efficienza di contatti. VARI TIPI DI INTERMEDIARI >GROSSISTI (imprese di distribuzione che fanno solo scambi B to B > DETTAGLIANTI (vendono al consumatore finale direttamente) > DISTRIBUZIONE INTEGRATA (unico soggetto svolge le due funzioni, si rivolge all’impresa e vende al consumatore) > AGENTI (presenti nella compravendita) > SOCIETA’ DI SERVIZI (intervengono nella vendita ma non si occupano di questa) STRUTTURA DISTRIBUTIVA VERTICALE Da chi produce  a chi consuma >grossisti: vendono ad altri rivenditori o clienti intermedi (ristoranti, alberghi, ecc) >DETTAGLIANTI TRADIZIONALI vendono ai consumatori finali, distinti in: - generali, -specializzati e dettaglianti artigiani (es. macellerie), -self-service o servizio completo, - margine ridotto/rotazione intensa e margine alto/rotazione lenta Sistemi di distribuzione verticali integrati: – il produttore o il distributore organizza e controlla tutta la filiera Sistemi di distribuzione verticali contrattuali: – Unioni volontarie, Cooperative di dettaglianti, rapporti di franchising. Sistemi di distribuzione verticali coordinati Nella DO invece erano degli alimentaristi del dopoguerra che si rifornivano dai grossisti entrati in profonda crisi con l’avvento della GDO e la Conad ad esempio si è riconvertita e ha creato cooperative tra DETTAGLIANTI e ha costruito un proprio CEDI. Al suo interno quindi ci sono vecchi alimentaristi che gestiscono tutto, sono presenti anche professionisti come i bayer che costruiscono assortimenti e poi provvedono agli acquisti. Gli acquisti sono diventati adesso tutti centralizzati. Il CEDI acquista come la GDO ma a differenza di questa ogni punto vendita è a sua volta un’impresa, ogni singolo Conad è un’impresa. All’interno della DGO ci sono anche i discount che vendono prodotti a basso prezzo. CANALE HO.RE.CA (hotel, ristoranti, catering) Riguarda l’ingrosso, sono soggetti che acquistano all’ingrosso. è caratterizzata da  Settore cash and carry (paga e porta via) es. metro  Food service (prodotto alimentare che viene portato al canale horeca) Un tipo di integrazione verticale legato ad un punto vendita è il franchising. SISTEMA DI FRANCHISING • Sistema di distribuzione contrattuale verticale che fa riferimento ad un sistema completo di distribuzione di beni o servizi. • Il franchising è una relazione contrattuale in cui un franchisor provvede una licenza esclusiva ad un franchisee a vendere un prodotto o servizio molto conosciuto. • Il franchisee accetta di pagare una quota iniziale e/o royalties calcolate sulle vendite e di ricevere assistenza e servizi dal franchisor. • Il franchisee acquista il diritto di utilizzare una formula di successo e beneficia del supporto e delle conoscenze del franchisor. Market-driven management. Marketing strategico e operativo–J.J. Lambin Copyright © 2008 –The McGraw-Hill Companies srl CARATTERISTICHE DI UN FRANCHISING EFFICACE • Si commercializza un prodotto o servizio di alta qualità. • La domanda del prodotto o servizio è universale. • E’assicurato il trasferimento immediato e completo del know-how. • Viene offerto servizio ed assistenza iniziale e continuativa. • Stabilisce un regolare reporting e sistema informativo. • Vengono specificati il canone iniziale e leroyalty. • Coinvolge il franchisee nella gestione e sviluppo del sistema. • Specifica procedure di rinnovo, annullamento e proroga del contratto. Market-driven management. Marketing strategico e operativo–J.J. Lambin Copyright © 2008 –The McGraw-Hill Companies srl Tipi di F. nell’agroalimentare 4 TIPI DI F. • Produttore-dettagliante (auto, vestiario) • Produttore grossista (Coca-cola) • Grossista dettagliante (Disco e Unic nell’alimentare) • Società di servizi e distributore: Herz, McDonald (fastfood) Market-driven management. Marketing strategico e operativo–J.J. Lambin Copyright © 2008 –The McGraw-Hill Companies srl CARATTERI DI SUCCESSO DEL F. • prodotto di buona qualità • domanda universale • l’affiliato può rifiutare l’apertura di un altro affiliato nella zona • trasferimento immediato del know-how • esempi già sperimentati in imprese pilota • rapporto continuo tra affiliati e casa madre • rapporti chiari e continuativi • pagamento quota base che responsabilizza l’affiliato • definisce modalità di proroga o annullamento. • VANTAGGI per franchiser • accedere a capitali senza delegare la funzione di marketing • evita l’acquisto e gestione diretta di punti vendita • distributori indipendenti ma motivati in quanto titolari di attività • economie di scala • penetrazione rapida sul territorio • effetto ridondanza sul marchio del prodotto • controllo delle informazioni • VANTAGGI per franchisees • inizio di attività con modesti capitali • riduzione del rischio • assistenza continua • miglior posizione di vendita • sostegno per marketing e pubblicità Connesso alla distribuzione alimentare è il  MERCHINDISIN ALIMENTARE Cioè di PROMOZIONE DEL PRODOTTO Definizione: tutte le azioni di marketing che riguardano i punti vendita e reallizzati all’interno dello stesso punto vendita per favorire il suo funzionamento. Obiettivo specifico  MASSIMIZZAZIONE Ogni m2 del punto vendita dovrà generare il massimo margine distributivo, sapendo che non tutti i m2 sono uguali, non hanno lo stesso pregio. PRIMA LEVA del merchindisin alimentare è  il LAYOUT, cioè organizzazione funzionale e architettonica del punto vendita, degli SPAZI. PROGETTAZIONE: Non tutte le aree hanno la stessa capacità di vendita, es. area di ingresso. L’ingresso al punto vendita è posizionato a destra delle casse perché dato che la maggior parte delle persone è destrorsa, sono portati a svolgere il percorso verso destra e invece nella progettazione si costringe a farli andare verso sinistra in modo tale da allungare i tempi di permanenza. All’aumentare del tempo al supermercato, aumenta il contatto con i messaggi visivi presenti al suo interno. Siccome la gente entra velocemente dall’ingresso e va verso i reparti che interessano, questa area vende male o non vende proprio, per evitare ciò si pongono qui dei prodotti civetta in modo tale da attirare il consumatore. Altre aree scadenti sono quelle vicino l’ingresso dei magazzini, sono aree buie, quindi si posizionano beni di prima necessità che servono a tutti quindi costringe il consumatore a fermarsi. Area invece di grande pregio è il corridoio centrale, infatti lì ci sono gli scaffali chiamati gondola che sono riservati per le offerte, in mezzo invece ci sono gli espositori per i prodotti stagionali. Altra area di particolare pregio sono quelle alle casse, è uno spazio piccolo quindi si posizionano i beni di impulso, beni piccoli che inducono il consumatore a comprarli. Altri reparti sono studiati attentamente, esiste una sequenza e omogeneità ad es dei prodotti freschi tutti vicini, più lontani sono posizionati altri beni es. vestiti ecc.. SECONDA LEVA  DISPLAY (lo scaffale) Questo è organizzato in diversi piani, non più alto di 1,80m, scaffale 1 è ad altezza occhi ed è il più importante, poi sopra quello si ha 2 e 5, sotto 3 e 4, posizionati appunto in base all’importanza. Gli spazi ad un determinato prodotto sono riservati in base alla contrattazione, pagamento attraverso sconto merce, es. marche importanti riservati allo scaffale 1. Le marche poco note hanno meno possibilità di scegliere lo scaffale. 5 2 1 3 4 TERZA LEVA  ATMOSFERA Luminosità estrema, T costante, luoghi di benessere che inducono a comprare. QUARTA LEVA  PRIVATE-LABELS La distribuzione ha comunque un obiettivo, cioè di promuovere i propri prodotti. Prodotti che escono col marchio del distributore non del produttore e che vengono commissionati dal settore distributivo perché non necessitano di pubblicità, es. coop ha tutta la sua linea di prodotti che vengono commissionati alle imprese, e non necessitano di una pubblicità specifica su singolo prodotto, questi prodotti hanno costi più bassi, si investe poco, quindi è un fenomeno in crescita. Gli altri prodotti si contengono gli scaffali, invece i private-labels si riconoscono bene nei punti vendita grazie ai loro colori distinguibili in mezzo agli altri. QUINTA LEVA ASSORTIMENTO, 2 caratteri:  PROFONDITA’ di un assortimento che è il numero di referenze  AMPIEZZA è il numero di categorie commerciali, cioè es. frutta, pesce, yogurt Maggiore è il numero di categorie commerciali è più è ampio l’assortimento. Lo spazio è diluito in base al numero di referenze. La catena distributiva ha i facing, cioè le bottiglie di un prodotto,es la stessa referenza è visibile con due bottiglie dal consumatore quindi 2 facing, in altri casi ci può essere un solo facing cioè ogni prodotto ha con se un facing per referenza. Questo incide sugli assortimenti. 3 facing invece sono es 3 bottiglie Monini vicino all’altra, e quindi il numero di referenze sullo scaffale diminuisce e sarà MENO PROFONDO L’assortimento PRODONFO quindi con 1 solo facing, determina presenza di più prodotti, quindi c’è PIU’ SCELTA (pregio), il difetto invece è la difficoltà nel fare la spesa, di devono processare molte più informazioni, il consumatore si stanca. ALTO NUMERO DI REFERENZE, ogni referenza ha al massimo 1 facing, es una bottiglia per ogni brand Dal punto di vista manageriale si utilizza un altro metodo ANALISI DI SENSITIVITA’ DI PREZZO Sensitività di prezzo Definizione Nel 1976 l’economista olandese Peter H. van Westendorp introdusse il modello della Sensitività di Prezzo (in inglese Price Sensitivity Meter (PSM)), una tecnica di mercato volta a valutare la percezione del prezzo e le aspettative del consumatore in maniera collettiva. L'approccio PSM è stata una tecnica di base per affrontare le questioni dei prezzi negli ultimi 20 anni e continua ad essere ampiamente utilizzata in tutto il settore delle ricerche di mercato. Il PSM si basa sulla capacità degli intervistati di immaginare un paesaggio di prezzi e sulla condizione che determina che il prezzo sia una misura intrinseca di valore o di utilità. Esso è fondato sul presupposto che vi è una gamma di prezzi delimitata da un massimo che un consumatore è disposto a spendere e un minimo sotto il quale il prodotto perde credibilità. Calcolare la Sensitività di Prezzo Il primo approccio è quello di chiedere quattro prezzi collegati a quattro questioni, che vengono poi valutate da una serie di quattro distribuzioni cumulative: una distribuzione per ogni domanda. (Brandalyzer, 2010) Le quattro domande sono le seguenti:  A quale prezzo inizierebbe a considerare il prodotto eccessivamente costoso per cui non prenderebbe in considerazione il suo acquisto? (Troppo costoso)  A quale prezzo considererebbe il prodotto talmente poco costoso da pensare che la sua qualità non sia buona? (Troppo economico)  A quale prezzo considererebbe il prodotto costoso ma comunque comprabile? (Costoso)  A quale prezzo ritiene che il prodotto sia “un affare”? (Economico) Da queste quattro domande si possono ottenere quattro differenti frequenze cumulative che possono essere traslate su un grafico. Invertendo due frequenze (troppo economico ed economico) e traslandole tutte su un grafico si ottiene un range all’interno del quale, in base a come ci si sposta all’interno, si ha la maggiore o minore possibilità di incontrare persone che considerano un determinato prezzo accettabile. Inoltre ai quattro angoli che delimitano l’area del range si presentano quattro punti fondamentali ciascuno dei quali deriva dall’intersezione di due frequenze cumulate:  Punto di indifferenza del prezzo (in inglese “Indifference Price Point” - IPP): è dato dall’intersezione tra la retta che rappresenta la frequenza cumulata “Costoso” e quella che rappresenta l’“Economico”, indica il prezzo al quale un numero uguale di intervistati valuta il prodotto sia come “costoso” sia come “economico”.  Punto ottimale di prezzo (in inglese "Optimal Price Point” – OPP): è dato dall’intersezione tra “ Troppo economico” e “Troppo costoso”, in questo punto si trova il maggior numero di persone che considera il prodotto troppo costoso e il maggior numero di persone che lo considera troppo economico e esprime la massima possibilità di incontrare persone che potrebbero considerare il prezzo accettabile.  Punto di economicità marginale (in inglese “Point of Marginal Cheapness” – PMC): è dato dall’intersezione tra “Troppo Economico” e “Costoso” e rappresenta il limite inferiore della fascia di prezzo accettabile e qui si riduce la possibilità di incontrare acquirenti.  Punto di dispendio marginale (in inglese “Point of Marginal Expensiveness”- PME): è dato dall’intersezione tra “Troppo Costoso” ed “Economico” e rappresenta il limite superiore della fascia di prezzo accettabile e qui si riduce la possibilità di incontrare acquirenti. (vedi Fig.6) Le 4 domande permettono di costruire dei grafici riferiti ai prezzi di un prodotto, l’incrocio tra le 4 rette determina un quadrilatero di identificare 4 punti. Ad 8 euro e 20 c’è il punto ottimale, cioè è l’incontro tra economico e costoso, che è un prezzo molto gradito dalla maggior parte dei consumatori, c’è comunque una parte di consumatori che lo comprerebbero ad un prezzo maggiore sui 10 euro e minore sui 6,50 euro. Se il quadrilatero è molto piccolo significa che il consumatore ha ben chiaro il prezzo del prodotto nella sua testa. È positivo o negativo? Dipende da quanto investe l’azienda su quel prodotto, se vuole venderlo a prezzi troppo alti si rischia che il consumatore, avendo già in mente il prezzo massimo da spendere, non compri il prodotto. PRODOTTO E MARCA Si devono distinguere tre cose fondamentali: prodotto, marca e politiche di brand es. marmellata al rabarbaro, si può adottare strategia push se è piccola e ancora non conosciuta e piano piano aumenta il valore della marca, poi dovrà passare ad una strategia pull per diventare ancora più conosciuta. La marca cumula al suo interno tante cose. Una cosa è costruire un prodotto, un’altra è la marca. Il prodotto è lo strumento per costruire una marca. Si arriva a gestire una linea di interi prodotti. Uno degli attributi più rilevanti in assoluto, nell’acquisto di un bene alimentare, è il packaging. Fondamentale per identificare la marca è il LOGO. Cosa è un prodotto?? Un prodotto è tutto ciò che può essere offerto a un mercato a fini di attenzione, acquisizione, uso e consumo, in grado di soddisfare un desiderio o un bisogno. Esso può consistere in oggetti fisici, servizi, persone, località, istituzioni e idee (Kotler, 1992). Da tale definizione si evince che esistono due ottiche principali attraverso cui esaminare il concetto di prodotto: quella del consumatore, ossia di chi percepisce il bisogno e acquista il prodotto, e quella del produttore, di chi lo costruisce. Per il consumatore il prodotto è la soluzione ad un problema specifico, pertanto se ne valuta la percezione soggettiva; per l’impresa il prodotto è un insieme di attributi, tangibili e intangibili, che caratterizzano l’offerta a un mercato obiettivo, pertanto si privilegiano gli aspetti oggettivi che si ricollegano alla descrizione degli attributi. Da entrambi gli approcci si ottengono valutazioni utili per un’adeguata definizione delle scelte di prodotto LA GERARCHIA DI PRODOTTO >FAMIGLIA DI BISOGNI: il bisogno fondamentale che da origine alla famiglia di prodotti. Es. il bisogno di sicurezza economica >FAMIGLIA DI PRODOTTO: tutte le classi di prodotto in grado di soddisfare più o meno efficacemente un bisogno di base. Es. i risparmi e il reddito >CLASSE DI PRODOTTO: un gruppo di prodotti, all’interno di una famiglia, che presentano una certa coerenza funzionale. Es. gli strumenti finanziari >LINEA DI PRODOTTO: un gruppo di prodotti strettamente correlati all’interno di una classe, in quanto operano in modo simile, o sono venduti agli stessi gruppi di consumatori, o sono offerti attraverso lo stesso tipo di canali, o rientrano entro certi intervalli di prezzo. Es le polizze di assicurazione sulla vita >TIPO DI PRODOTTO: gli articoli di una stessa linea di prodotto che hanno in comune una delle molteplici forme che il prodotto può assumere. Es. la durata della polizza >MARCA: il nome associato a uno o più articoli di una linea, usato per identificare la fonte produttiva o le caratteristiche del prodotto. Es. Generali o Ras >ARTICOLO: un’unità distinta nell’ambito di una marca o di una linea di prodotto, riconoscibile per le dimensioni, il prezzo, l’aspetto o qualche altro attributo. Es. una polizza rinnovabile L’analisi del MIX DI PRODOTTI secondo la dimensione della vendita.. PRODOTTO CARDINE: è il prodotto intorno al quale ruota l’intera linea e da cui proviene una quota significativa del suo fatturato (es. cartuccia per stampante ink-jet) PRODOTTO CIVETTA: grazie alla sua convenienza ha la funzione di attrarre il consumatore verso la linea e indirizzare i suoi acquisti sul prodotto cardine (es. stampante ink-jet tradizionale) PRODOTTO TATTICO: viene lanciato in risposta ad un’azione aggressiva della concorrenza (es. stampante ink-jet per foto digitali) PRODOTTO ACCESSORIO: contribuisce al completamento e alla redditività della linea senza assumere una funzione cardine (es. carta speciale per la creazione di biglietti da visita o personalizzati) LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI INTERVENTO SULLA LINEA DI PRODOTTO  ALLUNGAMENTO: inteso come estensione della linea in fasce di prezzo/qualità superiori (allungamento verso l’alto) o inferiori (allungamento verso il basso)  COMPLETAMENTO: diretto ad integrare la linea con prodotti in grado di soddisfare in maniera più completa le esigenze di clienti e distributori; in questo caso il rischio sempre presente è quello della cannibalizzazione, cioè della sottrazione di clienti ad un prodotto della linea da parte di un altro  MODERNIZZAZIONE: può essere graduale – in modo da verificare le reazioni dei clienti – o rapida – così da impedire ai concorrenti di prendere le adeguate contromisure  CARATTERIZZAZIONE: realizzata attraverso uno o più prodotti della linea che, per il loro prezzo o le loro caratteristiche, sono in grado di attirare l’attenzione dei consumatori  SEMPLIFICAZIONE: diretta a eliminare prodotti poco redditizi o non coerenti con l’immagine e le caratteristiche della linea o con le strategie aziendali MARCA La marca è un nome, un termine, un simbolo, un design o una combinazione degli elementi elencati, che viene utilizzata per identificare i beni o i servizi di una impresa o di un gruppo di imprese, e per differenziarli da quelli realizzati dalla concorrenza. Definizione parziale in quanto trascura una serie complessa di significati che essa esprime: DIFFERENZA TRA MARCA E PRODOTTO  il prodotto e’ cio’ che viene fabbricato in un’azienda; la marca invece e’ cio’ che il consumatore acquista  il prodotto soddisfa bisogni; la marca evoca desideri  il prodotto puo’ essere imitato da un concorrente; la marca e’ unica  il prodotto puo’ risultare rapidamente superato; la marca di successo dura nel tempo UNA MARCA E’ PIU’ DI UN PRODOTTO! SE CORRETTAMENTE GESTITA LA MARCA HA UN ELEVATO IMPATTO SUL MERCATO E SI TRASFORMA IN CAPITALE (BRAND EQUITY) CHE AGGIUNGE VALORE AI PRODOTTI/SERVIZI LE FUNZIONI CHE LA MARCA SVOLGE PER L’ACQUIRENTE IDENTIFICAZIONE: conferisce riconoscibilità al sistema d’offerta ORIENTAMENTO: struttura l’offerta presente sul mercato e consente al cliente di valutarla in modo più semplice e approfondito GARANZIA: garantisce l’impegno dell’azienda a mantenere la qualità e l’uniformità dell’offerta PERSONALIZZAZIONE: è il tramite attraverso il quale il cliente può esprimere il proprio personale rapporto con l’ambiente circostante LUDICITA’: amplia e differenzia la scelta, rendendo più piacevole lo shopping PRATICITA’: consente scelte rapide riducendo il rischio dei risultati LE PRINCIPALI DECIZIONI RIGUARDANTI LA MARCA  Adottare o meno una marca  Scelta del nome di marca  Promotore della marca  Strategia di marca  Riposizionamento PERCHE’ L’IMPRESA HA CONVENIENZA AD ADOTTARE UNA MARCA  consente di mantenere un parco clienti fedele e profittevole  conferisce una protezione legale alle specifiche caratteristiche di produzione  permette di differenziare l’offerta difendendola dalla concorrenza di prezzo  conferisce all’impresa un elevato potere contrattuale nei confronti dei rivenditori  facilita la conoscenza del cliente e la segmentazione del mercato PIANO MARKETING Piano che lancia i prodotti sul mercato. Obiettivo: ridurre incertezza cercando più info possibili. In questo scenario, oggi, ci sono solo tre modi di sopravvivere e prosperare nel largo consumo alimentare, per chi non è così bravo e fortunato da essere leader nel suo settore, o da poterlo diventare. Il primo è quella più antico del mondo: avere prezzi più bassi degli altri. Ci sarà sempre richiesta di prodotti di qualità accettabile ai prezzi più bassi possibile. Ovviamente, per vincere in questo modo bisogna avere anche costi più bassi degli altri e organizzare l’attività intorno a questa. Il secondo è più recente, in parte collegato al primo, e ne rappresenta l’evoluzione moderna: diventare un produttore per le Private Label dei supermercati. Per riuscire, ci vogliono flessibilità, grande efficienza produttiva ed economie di scala, ottima qualità a costi bassi. Il terzo modo di sopravvivere e prosperare nel largo consumo è quello di differenziarsi da leader e private label. Di offrire qualcosa di diverso, di speciale, di unico. Di occupare una nicchia (di prodotto, geografica, e cosi via) non presidiata da leader e private label, che sia sufficientemente grande da garantire profitti adeguati, ma abbastanza piccola da non essere interessante per chi guarda ai grandi volumi. E di creare una marca forte nella nicchia scelta. Questa guida è scritta per chi sceglie questa terza via. È basata su tanti anni di esperienza in aziende del settore alimentare, tanti piani di marketing preparati ed eseguiti, tante conversazioni (diciamo, meglio, discussioni) con buyer della GDO. Quindi, è una guida essenzialmente pratica, scritta per tutte le aziende alimentari piccole e medie che vogliono competere con successo contro i giganti. Può essere utilizzata sia da chi si appresta ora ad entrare sul mercato, sia da chi ci lavora già da tanti anni, e vuole capire come può migliorare i suoi risultati. In entrambi i casi il successo dipende dall’eseguire bene i 6 passi e vincere sul mercato che andremo ora ad esaminare. Step 1  Definisci il tuo mercato La prima cosa da fare è definire in che mercato vuoi competere. Fai attenzione, perché dal modo in cui definirai il tuo mercato dipenderanno tante cose: i prodotti che avrà senso offrire, il nome giusto per la tua marca, il modo in cui dovrai comunicare la tua proposta, e cosi via. Sembra semplice, ma ci devi riflettere bene. Ad esempio, se produci mozzarelle penserai che il tuo mercato è, appunto, quello delle mozzarelle. E quindi sceglierai di allargare la tua gamma con altri tipi di mozzarelle, usando certi packaging, comunicando con lo stile tipico delle mozzarelle. Oppure guardando un po' più in là potresti pensare che il tuo mercato non è quello ristretto della mozzarella, ma è quello più ampio dei formaggi. Definendo così la tua area di azione, ti troveresti a ragionare in termini di prodotti, packaging, stili di comunicazione completamente diversi da quelli che useresti se ti concentrassi solo sulla mozzarella. Una bella differenza. Lo stesso vale per le aziende ortofrutticole. Produci pomodori ciliegino, ad esempio. Il tuo mercato è quello dei pomodori ciliegino, e ti concentrerai lì? Oppure è quello dei pomodori in generale, e proverai a produrre altri tipi di pomodoro; o invece, vuoi dedicarti a tutte le verdure, ed allargherai la tua attività ad altri tipi di prodotti? Come vedi, definire il mercato in cui si vuole competere non è una scelta banale, in nessuna categoria di prodotti alimentari. Le aziende grandi tendono a definire il loro mercato nella maniera più ampia possibile, per sfruttare tutte le opportunità. Coca-Cola ad esempio si definisce una total beverage company, così rendendo chiaro a tutti che il suo business è tutto il mercato delle bevande dall’acqua agli sport drink ai succhi di frutta - e non solo quello delle bevande gassate al gusto cola. Per le aziende medio piccole, con meno risorse, ha più senso definire il mercato in maniera non troppo ampia, e trovare una focalizzazione ben precisa. Così facendo, potrai concentrare tutti i tuoi sforzi in un’area ben determinata, senza disperderti in un mare troppo vasto “FOCALIZZATI SU UN MERCATO, DEFINITO IN MODO ABBASTANZA STRETTO, E CONCENTRA LE TUE FORZE LI“ ESEMPIO: Un’azienda che sembra aver compreso bene il principio della focalizzazione è Mutti. Già dal claim, riportato sotto il logo, sul sito ed in ogni comunicazione dell’azienda si capisce la scelta strategica di focalizzarsi sul mercato del pomodoro. Pomodoro lavorato in tante forme e confezioni, in modo da soddisfare ogni possibile richiesta e non precludersi nessuna possibilità di vendita. Il risultato di questa focalizzazione è che l’azienda non disperde forze e la marca può diventare sinonimo di specialista del pomodoro. Step 2  Conosci i tuoi clienti Una volta che hai deciso in che mercato competere, devi sapere chi compra la tua categoria di prodotti. Perché? Perché è molto diverso ad esempio costruire un’offerta che funzioni per le mamme piuttosto che per singoli e per pensionati. Ancora c’è molta differenza tra il comunicare a giovani donne milanesi e a signore di mezza età che vivono nel Sud Italia. Quindi, inizia con il capire chi compra i prodotti della tua categoria. Per fare ciò, se hai un po' di budget puoi rivolgerti a società come AC Nielsen o GFK, che saranno liete di venderti i dati che cerchi. Altrimenti, dovrai basarti sulla tua esperienza ed il tuo buon senso. Una volta capito chi sono i principali acquirenti della tua categoria di prodotti, dovrai poi esplorare il campo di battaglia. Ma qual è il campo di battaglia? No, il campo di battaglia non è il supermercato o il punto vendita, e non è nemmeno una nazione, una città, una regione. Non è un luogo fisico. Le marche esistono (o non esistono) nella mente dei consumatori. Il campo di battaglia, quindi, è la mente dei consumatori a cui ti vuoi rivolgere con la tua offerta. È lì che si combatte la battaglia delle marche. Per progettare una marca di successo, devi perciò guardare nella mente dei consumatori. Devi sapere che pensano dei prodotti della tua categoria, che benefici cercano quando li acquistano, che marche hanno in mente (se ne hanno) e che posizione quelle marche occupano. Come procedere? Se hai qualche soldo da investire, devi commissionare una ricerca di mercato. E se non hai nulla da investire? Anche qui, non ti rimane che affidarti alla tua esperienza ed all’aiuto che ti daranno amici e parenti che rientrano tra il gruppo di consumatori target: parla con loro e cerca di farti spiegare come vedono i prodotti della tua categoria Una ricerca qualitativa, che si chiama Focus Group. Che ti farà scoprire tanto su quello che hanno in mente i consumatori della tua categoria di prodotto, il che ti aiuterà molto negli step successivi. COSA SONO I FOCUS GROUPS? I Focus Groups sono una particolare forma di ricerca di mercato. Funziona più o meno così: 6-8 persone vengono raggruppate in una stanza dove, con la moderazione e l’input di n ricercatore, discuteranno di temi che interessano all’azienda committente. Hanno tanti limiti e bisogna saperli organizzare, gestire ed interpretare; ma i Focus Groups ti possono aiutare molto a capire come i consumatori vedono i tuoi prodotti e quelli dei tuoi concorrenti. Assistendovi, scoprirai cose a cui non avevi mai pensato! “CONOSCI CHI COMPRA I PRODOTTI DELLA TUA CATEGORIA, ED ESPLORA IL CAMPO DI BATTAGLIA” Step 3 Costruisci la tua marca Ora sai chi sono consumatori della tua categoria di prodotto. E hai un’idea del campo di battaglia. Sei pronto per la cosa più importante che farai: costruire la tua marca. Come cominciare? Devi innanzitutto stabilire che positioning (posizionamento, in Italiano) vuoi dare alla tua marca. Per positioning, si intende quello che vuoi che i consumatori pensino della tua marca. Vuoi che i consumatori pensino che il succo di frutta che vendi è il più buono, il più ricco di frutta o il meno calorico? Questi sono tre posizionamenti diversi possibili. Un buon positioning ha una componente verbale ed una visiva. La parte verbale deve comprendere, come minimo: - La Brand Essence, o claim di marca, che è la sintesi estrema del positioning e riassume in 1 o 2 parole il significato della marca. Chiquita 10e Lode ecc.. - I benefici che la tua marca offre. Che possono essere di tipo razionale (Freschezza, gusto, durata, ecc) o emozionale (mi fa sentire bene, mi piace, ecc). Meglio ancora, di tutti e due i tipi. -Le RTB (reason to believe), cioè i motivi per cui il consumatore dovrebbe credere a quello che gli state dicendo. Importi Mango dal Costarica e il benefit della tua marca è la maggior freschezza? Perché puoi dirlo? Perché le tue navi sono i veloci e il o Mango arriva prima in Italia? Ecco una buona RTB. Il positioning della tua marca dovrà essere differente da quello dei tuoi concorrenti. E dovrà essere differente in maniera rilevante, cioè interessante per chi acquista, oltre che sufficientemente semplice per essere comunicato con successo. Questa è la parte verbale. Poi la tua marca avrà una parte visiva. Dovrai scegliere un logo, un colore, delle immagini che distinguano nettamente la tua marca dalle altre. Differenziazione rilevante e distintività: ecco cosa devi cercare, quando costruisci la tua marca UNA MARCA CHE SI DIFFERENZIA: MULLER Uno yogurt diverso da tutti gli altri, più cremoso, più gustoso: è Muller. Il grande merito di questa marca, entrata sul mercato degli yogurt Italiani solo verso la fine degli anni 90, è stato quello di differenziarsi nettamente dagli yogurt già presenti sul mercato in quegli anni: mentre Yomo e le altre marche presenti parlavano di salute, Muller si posizionava nellaea del iacee Aea rilevante per chi comprava yogurt, a tal punto che Muller è diventata rapidamente tra le marche leader del settore. UNA MARCA CHE SI DISTINGUE: MILKA Sin dall’inizio il packaging della marca è di un bel colore lilla. Un colore distintivo, unico, cha fa rapidamente notare la marca sugli scaffali. Ma non solo: anche le pubblicità su stampa o cartelloni hanno uno sfondo lilla. Lo stesso claim di marca è incentrato sul colore: “ Milka il lilla che invoglia”, Il risultato? Ogni volta che vediamo qualcosa di lilla pensiamo a Milka. Così, la marca occupa spazio nella nostra mente, e la distingueremo e ricorderemo quando passeremo davanti allo scaffale del cioccolato “DIFFERENZIAZIONE RILEVANTE E DISTINTIVITA’: ECCO COSA DEVI CERCARE QUANDO COSTRUISCI LA TUA MARCA“ Step 4  Definisci la tua offerta Ora hai una marca. Se hai fatto tutto bene, la tua marca è già ben costruita, differente dai tuoi concorrenti e disegnata in modo da distinguersi sugli scaffali affollati dei supermercati. Misura vari indicatori, di cui alcuni sono più importanti per te. Il primo è la cosiddetta Brand Awareness. E nient’altro che la conoscenza che il consumatore ha della tua marca. Ovviamente, più alta è, meglio è. Poi, ci sono altri indicatori che dovrai tenere sotto controllo (la disponibilità dei consumatori a spendere di più” per la tua marca, la preferenza per la tua marca nei confronti delle altre, e cosi via). Rivolgiti ad una buona società di ricerca, che ti saprà consigliare cosa ti serve. “MISURA DISTRIBUZIONE FISICA E SPAZIO NELLA MENTE DEI CONSUMATORI, ED INTERVIENI DOVE DEVI“ “UNA MARCA E COME UNA PIANTA: PER FARLA CRESCERE, RICORDATI DI CURARLA NEL TEMPO “ Una marca è come una pianta. Se sei stato così bravo da riuscire a creare una marca che abbia coniato n o di aio nella mente dei consumatori, una marca che ti permette di ottenere buoni risultati, il tuo lavoro non è finito. La tua marca ha ancora bisogno di tanta attenzione. Devi sempre (sempre) mantenere la qualità giusta nei tuoi prodotti. Devi evitare operazioni sul prezzo che sminuiscano il valore della tua marca. E devi continuamente sostenere la marca ricordando a tutti la sua esistenza ed i suoi fattori distintivi. *breath di agenzia: l’azienda decide che il prodotto deve differenziarsi, le parole chiave devono essere passate al pubblicitario che lo aiuteranno a comunicare l’essenza del marketing. DIGITAL MARKETING Introduzione di strumenti diversi grazie alla digitalizzazione, questa ha modificato alcuni paradigmi del marketing. Ha modificato il modo di ottenere le informazioni. Il cellulare diventerà estensione digitale della nostra vita. Scambio sempre più eterodiretto, influenzato dal digitale. Terminologia essenziale e in inglese. Il digitale permette di accelerare molti processi e abbattere i costi di contatto e i costi distributivi, adesso anche una piccola impresa può avere opportunità maggiori riuscendo a utilizzando il web. Il Digital marketing è: Ogni azione di comunicazione, promozione, vendita che viene effettuata attraverso i canali digitali. Comprende un insieme eterogeneo di attività, strumenti, tecniche utilizzate per la promozione e la commercializzazione di beni e di servizi via web COMUNICARE-PROMUOVERE-VENDERE Obiettivo  farsi CONOSCERE, trovare NUOVI CLIENTI, GESTIRE LA RELAZIONE ( capitalizzare quello che si costruisce con i clienti) con i clienti. Tipologie di ATTIVITA’ del web marketing 1. approccio OUTBOND marketing: obiettivo di far conoscere il brand a più persone possibili, sparare le mie informazioni (strategia PUSH), si spinge il prodotto per raggiungere le persone attraverso attività di comunicazione. 2. approccio INBOUND marketing: nasce con la digitalizzazione, FARSI TROVARE DA PERSONE POTENZIALMENTE INTERESSATE AL MIO BRAND O SERVIZIO (strategia PULL) Le due strategie ovviamente sono più marcate nel digitale. 4 CANALI PRINCIPALI DEL DIGITAL MARKETING 1.social media 2. motori di ricerca 3.display e video advertising 4. email Costituiscono tutte le opportunità del web marketing con varie strumentazioni. Possono essere sviluppati con diverse strategie che possono cambiare col tempo. LE PAROLE DEI SOCIAL MEDIA Social Media Marketing (SMM): E’ quella branca del marketing che usa i canali social quali Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin etc., per raggiungere il proprio target. • Social Advertising: E’ la gestione di annunci pubblicitari a pagamento su piattaforme social • Sharing: Bottoni aggiuntivi che si posizionano intorno a un post o ad una pagina web per facilitarne la condivisione sui social network. • Profilo Social: Su social network l’utente crea un profilo con i propri dati personali dove inserisce i contenuti che sceglie di condividere e dove interagisce con gli altri utenti • Hashtags (#) Un hashtag è un tag, un segnale, utilizzato per aggregare messaggi che trattano della stesso tema e per facilitarne la ricerca attraverso i motori di ricerca. Un utente può creare o utilizzare un hashtag posizionando il carattere hash (cancelletto #) davanti ad una parola o una frase (senza spazi) • Like E’ un’azione di approvazione fatta da un utente a un contenuto • Follower E’ un utente che ‘segue’ i contenuti pubblicati da un altro utente/da un profilo PAROLE DEI MOTORI DI RICERCA • Search engine optimization (SEO) Il SEO è quell’insieme di attività volte a migliorare la visibilità e il posizionamento di un sito web all’interno delle SERP (Pagina dei risultati dei motori di ricerca) • Search engine marketing (SEM) o Search engine advertising (SEA) Il Sem è l’insieme di tutte le attività volte a generare traffico qualificato verso un determinato sito Web. è a pagamento. • Si tratta di attività a pagamento che consistono essenzialmente in KW Advertising, ovvero nell’acquisto di visibilità in relazione alle parole chiave legate al proprio business • L’acquisto avviene in modalità RTB, ovvero tramite un meccanismo di asta in tempo reale PAROLE DEL DISPLAY ADVERTISING Sono i banner che si misurano in impression. • Annunci pubblicitari digitali (banner) mostrati all’interno di una pagina web che offre contenuti di vario tipo all’utente. I display ads possono essere grafici, con combinazioni di testo e immagini statiche o animate, a volte sono inseriti nel contenuto (in pagina), a volte si sovrappongono al contenuto (fuori pagina), e sono sempre interattivi (quindi cliccabili) • Si misurano in impression; quindi una impression è l’erogazione di un formato pubblicitario all’interno di una pagina • La loro erogazione viene gestita tramite un adserver (che consente per esempio di gestire pubblicità profilata, o a rotazione, etc) PAROLE DEL VIDEO ADVERTISING • In stream video ads Annunci pubblicitari video inseriti all’interno di in un contenuto video (di solito precedono il contenuto, e si chiamano preroll) Possono essere skippabili o non skippabili • Out stream video ads Annunci pubblicitari video, inseriti all’interno di un contesto non video (pagine con testo e immagini) PAROLE DELL’E-MAIL MARKETING -Email Marketing: E’ un tipo di marketing diretto che usa la posta elettronica come mezzo per comunicare messaggi commerciali (e non) al pubblico • DEM Invio di mail a contenuto pubblicitario • Newsletter: Mail con un contenuto informativo /di intrattenimento, che può essere sponsorizzata GLI INDICATORI DI PERFORMANCE PER LA MISURAZIONE DEI RISULTATI Tutte queste attività costano, si misura la loro efficacia. Le metriche di misurazione sono importanti per capire se si ha efficacia o meno. I KPI sono tutte le metriche da misurare per capire se le attività stanno portando a dei risultati. Strumenti e canali possono essere utilizzati con modalità differenti, a seconda del settore merceologico, del modello di business, degli Obiettivi La cosa importante è: • Scegliere sulla base della definizione degli obiettivi è possibile capire gli strumenti che meglio rispondono a quegli obiettivi • Selezionare sulla base del budget a disposizione, fare una scelta in base a una scala di priorità • Sperimentare  una delle caratteristiche fondamentali del digitale è la scalabilità: non esistono soglie di ingresso, è possibile cominciare ad investire soglie contenute e poi incrementare i propri investimenti in funzione degli obiettivi di comunicazione e sulla base dei risultati ottenuti Proprio per questo è fondamentale stabilire i KPI (Key Performance Indicator, metriche da misurare, secondo una scala di priorità fatta in base agli obiettivi, che aiutano a capire se le attività implementate stanno portando dei risultati) IL FUNNEL DEL DIGITAL MARKETING È un imbuto con il quale si cerca di costruire un potenziale viaggio dei consumatori che fanno per acquistare un prodotto. L’imbuto del marketing digitale è una rappresentazione ideale del “viaggio” che le persone che non conoscono la nostra offerta compiono partendo dalle prime informazioni che ricevono su un brand, un prodotto, un servizio fino all’atto di acquisto. Il marketing funnel consente di progettare un processo di acquisizione dei clienti, trasformandoli da prospect (cioè da consumatori che ancora non ti conoscono) in lead (cioè in contatti “caldi”) e infine in clienti veri e propri. Una volta acquisito, il cliente fedele può a sua volta diventare un ottimo ‘ambasciatore’ del brand KEYWORDS Quando un sito compare nei primi posti della ricerca è perché all’interno di questo si trovano determinate parole chiave che gli permettono di posizionarsi nelle prime pagine di ricerca, oppure perché il sito ha pagato per comparire tra i primi. Infatti nel fare una ricerca si può notare che compaiono prima gli annunci (a pagamento) e poi gli inserzionisti più cliccati (non a pagamento). Come scegliere le giuste keywords per posizionare un’azienda dal punto di vista SEO 4 elementi su cui focalizzarsi: 1. Volume di ricerca delle keywords, esistono parole chiave generiche e più specifiche e una volta scritte il motore di ricerca darà un certo numero di visite al nostro sito. Il volume è quante volte gli utenti arrivano al sito grazie alla parola chiave. Se ha un maggiore volume aumenteranno le visite. 2. Semantic search (attinenza semantica) nel momento in cui si sceglie una parola chiave poco utile su google accade che il sito soddisferà solo una piccola parte del pubblico, quindi molti cliccheranno sul sito ma poi torneranno indietro. Problematica comune del lungo periodo. E google misura esattamente quante persone tornano indietro e cliccano su un altro sito che meglio soddisfa i bisogni di chi cerca. La parola chiave quindi deve essere molto attinente a ciò che offre il sito 3. Punto di partenza: si guarda il rankine del mio sito con determinate parole chiave, si deve sapere che ci sono costi alti per ottenere le prime posizioni di google, se però google vede che il sito ha determinate parole chiavi, attinenti, inquadra il sito e lo mette tra in primi 40, 60 posti 4. Tipologia di target che si vuole prendere: le parole chiave indicano diversi tipologie di pubblico Strumenti di Google per promozione di un sito sono gli adwords e google analytics EXPORT MERCI 3 problemi: 1.Problema dell’omogeneità e della compatibilità delle norme. 2. problema modalità in cui si definisce l’export 3.Problema del rischio (“del farsi pagare”). Per quanto riguarda il territorio comunitario ci sono vari leggi che definiscono tutto. L’UE può definire anche accordi di libero scambio con altre aree territoriali, dove esiste un accordo che detta le linee guida sugli scambi tra aree produttive di tutto il mondo. La sede dove avvengono queste trattative e accordi è il WTO (world trade organization) si trova a Ginevra, associa oltre 140 Paesi, elabora dei round (possono durare vari anni) con degli obiettivi; se questi obiettivi vengono accolti da tutti i Pesi il round si chiude. I round hanno lo scopo di costruire rapporti multilaterali unitamente ad accordi bilaterali. I primi, cioè i rapporti multilaterali, avvengono con la clausola della nazione più favorita (cioè quando si chiude un round, nell’ipotesi in cui una Nazione costruisca un rapporto bilaterale con un’altra all’interno dell’accordo, e se questa condizione è più favorevole al libero scambio automaticamente questa condizione si estende a tutti gli altri Paesi). Principio base che serve per ridurre tutte le barriere tariffarie che non permettono la libera circolazione delle merci. Perché è importante la libera circolazione? Perché migliora l’efficienza sui mercati e la disponibilità per i consumatori di avere un prodotto al più basso prezzo possibile. Quindi sono tantissime le iniziative che cercano di smantellare queste misure protezionistiche. All’interno degli accordi ci saranno approcci liberisti e approcci protezionisti (non vogliono tutelare i consumatori ma le imprese all’interno di quella Nazione che non subiranno la competizione internazionale Quali sono le misure tariffarie di protezionismo? I dazi, cioè delle imposte che possono essere sulla base della quantità ad valorem, come percentuale del valore esportato, che una nazione può mettere per evitare che le merci entrino a prezzi troppo bassi e danneggino le imprese interne. All’interno dell’UE vige il principio di libero scambio e alla base di tutto c’è la famosa sentenza Cassis de Dijon (ogni merce è libera di circolare all’interno del territorio comunitario portando con sé la normativa del Paese di partenza). Così non è fuori dall’UE, infatti lì le normative sono specifiche in base al Paese. Esportare presuppone la conoscenza del Paese di arrivo della merce. Per alcuni prodotti addirittura ci sono delle regole differenti di vendita che costringono a passare per forza da un’agenzia. Quindi si deve conoscere la normativa del Paese di arrivo della merce ma anche di quelle di transito, poiché per alcuni prodotti la merce potrebbe essere anche bloccata durante i trasporti. CONTRATTUALISTICA Qualsiasi contratto per l’export è valido sono se è scritto, e deve essere accettato dalla controparte. Un aspetto importante per i prezzi è che un prodotto che da noi costa un tot, in altri Paesi potrebbe poi avere prezzi differenti. Nel contratto il prezzo deve essere specificato. C’è un organo in particolare, cioè la Camera di commercio internazionale di Parigi che stabilisce i cosìdetti inkoterms (acronomi che vengono apposti accanto al prezzo e che hanno l’obiettivo di individuare il punto in cui avviene, durante l’export, il passaggio di proprietà della merce). Questi permettono di capire quali sono i diritti e i doveri del titolare della merce e quando finiscono e quando iniziano quelli dell’acquirente. Importante è anche l'indicazione, dopo la sigla, del nome specifico della località geografica, della frontiera o del porto/aeroporto a cui la sigla stessa si riferisce. Per ogni punto in cui avviene lo scambio vengono elencati diritti e doveri dell’acquirente e del venditore. Si inizia a contrattare un prezzo. Noi azienda decidiamo di vendere il prodotto a 5euro EX WORKS (prezzo franco partenza) il produttore ha soltanto un obbligo (imballaggio in pallet EU, stabile per evitare rotture ecc..). il prodotto sul piazzale aspetta un camion (un vettore che lavora per una filiera organizzata dall’acquirente) e il produttore ha solo l’obbligo di caricare la merce. Caricata la merce in quel punto cioè in ex works la merce cambia proprietario e l’acquirente ne diventa il responsabile. Lo stesso prodotto però può anche essere negoziato e 6 euro prodotto FOB (cioè free on board, il passaggio di proprietà tra venditore e acquirente avviene in un altro punto, il venditore consegna le merci posizionandole a bordo della nave nominata dall'acquirente nel porto di spedizione indicato. Ha l’obbligo di prendere un camion, caricare la merce e portarla fino al porto, dovrà pagare i costi di trasporti fino al porto e caricare il container sulla nave. La merce diventa dell’acquirente appena viene poggiata sulla nave, solo in quel momento è free on board. Stesso prodotto può diventare 10 euro CIF (cioè il venditore deve organizzare tutto il processo di spedizione fino alla banchina del porto dell’acquirente, pagare carico, scarico e dogane ecc..). l’acquirente quindi manderà un camion per prendere la merce. Ci sono società di spedizionieri che organizzano questo processo es. Bartolini Le navi hanno costi di trasporto molto basso, il costo del trasporto oceanico prende il nome di NOLO (sono quotati a livello internazionale, si può comprare uno spazio di nave, e il loro prezzo è influenzato dal prezzo del petrolio, e da altri fenomeni legati a domanda e offerta di transito oceanico). Quando si fa quindi contrattazione BTB delle merci nel contratto si deve mettere per iscritto anche la dizione definita dall’inkoterms. Altra problematica oltre quella di specificazione del contratto, c’è anche quella del rischio finanziario. Per abbattere il rischio ci possono essere più vie: 1. Pagamento anticipato (forma che tutela di più il venditore) ma l’acquirente non sa come potrebbe arrivare quella merce. 2. Assicurazione credito estero (pagamento concordato entro 30 gg, ma volendo può essere posticipato aumentando i prezzi, i rischi sono tutti a carico del venditore, che quindi può assicurarsi (cioè le assicurazioni assicurano il mancato pagamento di fatture su merci esportate). Ha un costo solo per il venditore. 3. Lettera di credito internazionale (forma di scambio più sicura che annulla il rischio del pagamento, in che modo? La lettera ha un costo per chi vende e acquista, e giunge al venditore dalla banca del soggetto acquirente, quindi lo scambio avviene tra le due banche. Alla scadenza della fattura il credito sarà saldato dalla banca del soggetto acquirente, quindi è una relazione tra banche e ovviamente ha dei costi. La banca si trattiene un 2% dell’importo complessivo. Unico modo che permette una tutela completa. Nel caso non ci fosse nulla da fare, l’ultima spiaggia è il recupero crediti. Sono società di avvocati che effettuano il recupero dei soldi, ma si tratterranno almeno un 40% dell’importo. Però ci possono essere casi in cui ormai è aperta la procedura fallimentare, quindi l’azienda non può più acquistare la merce; se la vendita è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell’azienda che acquista, un curatore fallimentare andrà a vedere crediti e debiti della struttura. La possibilità di recuperare qualcosa è remota. Se invece la vendita è avvenuta dopo la dichiarazione fallimentare, non si avranno titoli, non si recupera niente dal punto di vista civile.
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