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Martino - Letteratura Inglese III - Riassunti materiale, Sintesi del corso di Letteratura Inglese

Riassunti dei testi e analisi per l'esame di Letteratura Inglese III da 12 cfu, prof. Martino. Anche il riassunto di Per un critica imperfetta (per i non frequentanti). Poesie: Prufrock; Portrait of a Lady; Preludes; Rhapsody on a windy night; The Waste Land Saggi: Reflections on Vers Libre; Tradition and the individual talent; The metaphysical poets; Ulysses, Order, and Myth. Wilson, Eliot, Axel's Castle Mays, Early Poems: From Prufrock to Gerontion Hyde, The Poetry of the City Praz, Elio

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 15/09/2015

PaoloPap
PaoloPap 🇮🇹

4.6

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Scarica Martino - Letteratura Inglese III - Riassunti materiale e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Axel’s Castle - Edmund Wilson La poesia inglese del 17° sec e quella simbolista francese del 19°, entrambe convergono in Eliot. La forma nella quale inizia a scrivere (1908-1909) era direttamente presa dagli studi di Laforgue assieme a quelli del tardo drama Elisabettiano. Nel 1873 a Parigi esce un libro (Les Amours Jaunes) di Tristan Corbiere, accolto con indifferenza. L’autore morì 30enne di consunzione; fu un uomo eccentrico: figlio di un capitano che aveva scritto anche storie d’ambientazione marina e di grande cultura, ma lui scelse la vita da fuorilegge. Una volta, durante una visita a Roma, girava per strada con un vestito da sera, con un mitra sulla testa e due occhi dipinti sulla fronte. La sua poesia era una poesia dell’emarginato: spesso colloquiale e sgraziata, con una retorica però fantastico gergo, portatore di una personalità romantica, ma continuamente straboccava di auto-derisione scurrile e selvaggia. I versi di Corbiere portarono nuovamente in FR qualità che erano state aliene alla sua poesia dai tempi di Françoise Villon. Paul Verlaine, nel 1883, gli rese onore in una serie di articoli, Les Poetets Maudits, che era uno degli importanti eventi critici nello sviluppo del simbolismo. Verlaine stesso fu influenzato da Les Amours Jaunes, non solo riguardo certi effetti artistici, ma anche per la sua personalità poetica. Un altro francese Jules Lafrogue, 19 anni in meno di Corbiere, aveva indipendentemente sviluppato un tono e una tecnica che avevano molto in comune con C. Ciò che in C sembra essere un personale e inevitabile, per quanto eccentrico, modo di esprimersi; in L suona auto-consapevole e deliberato, quasi un esercizio letterario. Anche lui era tubercolare, come C era, a morì a 27. Comunque Lafrogue è un vero fin poeta e uno dei più degni simbolisti. Lui e C introdussero una nuova varietà di vocabolario e una flessibilità del sentimento. E’ dalla forma conversazionale- ironica della tradizione simbolista, più che da quella serio-estetica, che Eliot deriva. C e L sono quasi ovunque nei suoi scritti giovanili. I più elaborati Portait of a Lady e The Love Song of J. Alfred Prufrock seguono strettamente i più lunghi poemi di Lafrogue. Nel finale di Prufrock e in quello di Légende si nota: E riproduce la metrica irregolare di L quasi verso per verso. Inoltre il soggetto del poema di L - l’esitazione e i limiti di un uomo troppo timido o disilluso per fare l’amore con una donna che provoca la sua ironica pietà - ha una forte somiglianza con il soggetto di Pufrock e di Portrait of a Lady. Ha inoltre portato nell’inglese alcuni degli effetti privi d’accento (unstressed effect) del verso francese: quanto suona diverso l’alessandrino (Simple and faithless as a smile and shake of the hand) dal classico alessandrino (which like a wounded shake drags its slow length along). Sebbene Eliot, in alcuni momenti, sia stato tanto fedele alla formula di Lafrogue, non può essere descritto come un imitatore in quanto lui è in certe maniere un artista superiore. Lui è più maturo, e la sua maestria è perfetta in una maniera in cui non lo furono mai quella di L o di C. La distinzione sta sopratutto nel phrasing di Eliot. Le immagini di L sono spesso grottesche; le impressioni che lascia E, anche nei suoi primi lavori, sono chiare, vivide, e indimenticabili. Una delle principali preoccupazioni di Flaubert - un eroe per Eliot, come per Pound - è stata l’inferiorità del presente rispetto al passato. Anche E sentiva che la vita umana fosse ignobile, sordida, o monotona, ed è tormentato dal fatto che una volta potesse essere stato differente. Il presente è più timido del passato: il borghese ha paura di lasciarsi andare. La FR è stata preoccupata di ciò dall’alba del romanticismo; ma E trattava questo tema da un punto di vista differente, un pdv americano. Per E, sebbene nato St. Louis, viene da una famiglia inglese e studiò ad Harvard; ed è un prodotto tipico della civilizzazione inglese. Si distingue lui per pratica prudenza e idealismo morale che si mostra nei suoi tardi sviluppi con una eccessiva scrupolosità. Uno dei principali soggetti di E è davvero quel rimorso verso situazioni inesplorate, quell’oscuro bruciare di passioni inibite, che è emerso numerose volte negli scritti di autori americani inglesi e di NY, da Hawthorne a Edith Wharton. ! di !1 60 Mr. Prufrock e il poeta di Portrait of a Lady con la loro debole consapevolezza di essersi curati troppo poco, corrispondono esattamente agli eroi medioevali di The Ambassador e The Beast in The Jungle (Henry James), realizzando tristemente troppo tardi del loro vivere povero e cautamente. La paura di vivere in HJ, è strettamente correlata a quella della volgarità. E Eliot anche teme la volgarità, ma allo stesso tempo ne è affascinato. E si infastidisce alle limitazioni e pretese della cultura di Boston - società incivile, ma refined beyond the point of civilization. E Portrait of a Lady, che sia ambientato a Boston o Londra, è una poesia su quella società inglese refined beyond the point of civilization: dalla giovane, che serve te tra le candele con fare seducente il poeta è preso da un impulso a fuggire. Ma discute sempre con la sua coscienza, la sua incurabile sollecitudine morale gli fa chiedere Sono queste idee giuste o no? La colonizzazione da parte di puritani della nuova Inghilterra era puramente un incidente in quell’ascesa della middle class, che ha portato civilizzazione commerciale-industriale alle città europee come a quelle americane. TSE ora vive a Londra ed è diventato cittadino inglese; ma la desolazione, la siccità estetico-spirituale, della classe media inglese opprime Londra tanto quanto Boston. E questa Waste Land ha un altro aspetto: non è solo un luogo di mera desolazione, ma anche anarchia e dubbio. Nel nostro mondo post-guerra di istituzioni distrutte, ideali vuoti e nervi consumati, la vita non sembra più seria o coerente. Il poeta della Waste Land vive per metà nella realtà contemporanea londinese, e metà nell’infestata povertà della legenda medievale. L’acqua verso la quali lui anela nel deserto del suo sogno è per spegnere la sete spirituale che lo tormenta nel tramonto londinese; e come Gerontion pensò degli uomini giovani che aveva combattuto nella pioggia, così il poeta della WL, facendo dell’acqua il simbolo della libertà, fecondità, e fioritura dell’animo, invoca in disperato bisogno la memoria di una doccia aprilante della sua giovinezza. WL, nel metodo come nell’umore, ha lasciato Laforgue lontano. Eliot ha sviluppato una nuova tecnica, laconica, veloce, precisa, per rappresentare la trasmutazione del pensiero, lo scambio tra percezione e riflessione (perceptio-rflection). Trattando con soggetti complessi nella stessa maniera della poesia di Yeats Among School Children, E ha trovato per questi un linguaggio differente. Mary Sinclair = inganno di tagliare i suoi angoli e le sue curve fa sembrare lui essere oscuro quando è chiaro come la luce del giorno. Si veda la pt. II (Above the antique…): Sull'antico camino era dipinta, Come se una finestra si aprisse sulla scena silvana, / La metamorfosi di Filomela, dal re barbaro /Così brutalmente forzata; eppure là l’usignolo /Empiva tutto il deserto con voce inviolabile / E ancora ella gemeva, e ancora il mondo prosegue, / « Giag Gíag » a orecchi sporchi. Il poeta vede sopra la finestra, una immagine di Filomela mutata in usignolo, e gli dona un momento di veloce rilascio. L’immagine è come una finestra sul paradiso terrestre miltoniano (la sylvan scene dice in una nota essere una citazione da Paradise Lost), e il poeta associa la sua difficoltà nella città moderna, nel quale qualcosa infinitamente gentile, e sofferente, è in qualche maniera ucciso, con Filomela stuprata e mutilata da Tereo. Ma nel paradiso tesereste, c’era un usignolo che cantava. E con un improvviso cambio di tempo (cried, pursues) il poeta torna dal mito alla presente situazione. WL è dedicato a Pound, al quale Eliot deve molto; e lui qui è stato evidentemente influenzato da Cantos di Puond: frammentario nella forma, e colmo di citazioni letterarie e allusioni. Nei fatti, il passaggio appena discusso rassomiglia al passaggio di stesso soggetto (mito Filomela e Procne) presente all’inizio del 4° Canto. Laforgue parodiava alle volte nelle sue poesie i grandi versi di altri poeti, e Eliot, nei suoi primi lavori, introduceva frasi da Sh. e Blake con effetto ironico. Ma nella WL, porta questa tendenza a quelli che uno potrebbe pensare essere i limiti estremi: qui in un poema di solo 403 versi, inserisce citazioni da - e allusioni a, o imitazioni di - almeno 35 scrittori, con poi canzoni popolari, e ! di !2 60 Auden’s Life and Character - Richard Davenport-Hines I nonni di Auden erano preti: le sue ultime poesie erano haiku che descrivevano o prendevano forme di preghiere. Non si può non apprezzare o minimizzare il religioso nella sua poesia. Era un enciclopedista che amava collezionare, classificare, e interpretare molte informazioni; e si sforzava di integrare fenomeni naturali, esperienze spirituali, storia umana e intime emozioni in un sistema dove corpo, spirito, sentimenti e intelletto fossero coerenti. Le sue poesie richiamavano idee di altri poeti, romanzieri, storici, teologi, psicologi, filosofi e antropologi. Fu il primo grande poeta inglese ad essere nato nel 20°, e i cui lavori furono influenzati da teorie psicanalitiche e analitiche. Da bambino credeva più alle macchine che agli uomini. Le esperienze degli anni ’30 però lo portarono indietro alla fede cristiana, che divenne più esplicita dopo che andò negli USA, nel 1939. Masochista spirituale, pensava che la gratitudine più che una virtù fosse un obbligo; infelice, non fu comunque mai preso da autocommiserazione. Ritenne i suoi primi lavori noiosi, riscrisse alcuni versi, e rinnegò le sue passate nozioni intellettuali. Il dialogo umano era uno dei temi dei suoi lavori, era affascinato dal linguaggio. Lettore onnivoro, i cui saggi, recensione spesso precedevano idee che si sarebbe sviluppate in poesie. 21 Feb 1907, York - nascita. Il padre era un fisico dotato di grande curiosità intellettuale, da lui deriva il suo interesse per la psicologia, malattie, e saghe nordiche. Sua madre era intelligente, sebbene irascibile, anglo-cattolica che instillerà in lui un forte senso letterario come piacere per teologia e musica. Nella sua autobiografia si riteneva da bambino autistico, e si autodiagnosticava l’Asperger. Da giovane era amico di Isherwood, romanziere che diverrà suo amante e collaboratore. Le sue poesie giovanili erano imitazioni di Wordsworth, Hardy e Edward Thomas. Sfuggì dall’onnipotente influenza di Eliot, rifugiandosi in Yeats e Graves, suoi modelli. Si veda In Memory of W.B. Yeats, suo maestro, la cui influenza spesso lo disgustava. The Watershed e The Secret Agent (1927-8) furono i suoi primi esempi del suo unico idioma, criptico, ambiguo, minaccioso (Audenesque). Attraverso il padre conobbe già da ragazzo W.H.R Rivers - Insitnct and the Unconscious e anche le teorie di Frued. Era solito ballare i suoi compagni facendogli analisi freudiani. tra il 27-28 si sottopose anche a sedute di psicoanalisi. Nel 1928 andò a vivere a Berlino, dove si punì ferocemente con letture, pensiero e vita, incluse energiche avventure sessuali con altri uomini. La sua coraggiosa omosessualità era oggetto di sanzioni criminali in GB fino a quando lui non ebbe 60 anni, e ciò contribuì al suo interesse verso la delinquenza e l’esclusione. Eliot facilitò la pubblicazione nel 1930 del suo primo libro presso Faber (Poems): sembrava guardare dall’alto giù verso le neurosi della civilizzazione occidentale, e la malattia del capitalismo. Ogni poesia era studiata con meticolosa intensità. Nel 1932 pubblicò The Orators, libro straordinario dove si mescolano poesie emozionanti con note ellittiche, e prosa superba: l’atmosfera è faceta, paranoica, disturbata; l’omosessualità è rappresentata in termini dell’aviazione; inserisce immagini cristiane. Nel 1933 mentre sedeva sull’erba con tre colleghi a Downs School, ebbe una esperienza mistica, nella quale scoprì il significato dell’amore cristiano per il prossimo. Dopo il 1932 contribuì a periodici letterari e poesie per influenti antologie. Lui stesso compilò un totale di 22 antologie nella sua vita. Sentendosi troppo isolato e creativamente remoto decise di raggiungere un pubblico più ampio, e entrò a far parte del documentario del General Post Office, Night Mail. Collaborando con Isherwood, scrisse 2 plays, The Dog Beneath the Skin e The Ascent of F6, dove vengono messe in relazione neurosi personali a motivi politici. Un altro amico, Benjamin Britten, compose musica per accompagnare i suoi testi. Nonostante scene convincenti, linguaggio meraviglioso, e idee ambizione, sembrarono troppo forzate per entrare in un repertorio teatrale durevole. Viaggiò per l’Islanda nel 1936 con Louis MacNeice, e assieme misero su un libro poesia/prosa/ reportage del viaggio Letters from Iceland. Last Will and Testament si chiudeva con una preghiera, e d’ora in poi tutte le sue plays e lunghe poesie finirono con preghiere, sebbene non dirette a Dio, fino al 1941. Nonostante la gaiezza dell’opera, A. vide in Islanda uno spettacolo di estrema violenza: balena fatta a pezzi da argani. Ciò lo portò a comporre Musee des Beaux Arts, dove la gente è troppo egoisticamente indaffarata per notare il grande dolore che li circonda, come per Memorial for The City. Dal 1937 guidò come volontario l’ambulanza per le forze repubblicane che combattevano il fascismo nella guerra civile spagnola. Una volta a Valencia fu tirato dentro la stesura di un testo a scopo propagandistico, ma presto ripudierà tale avvenimento. Accompagnato da Isher, A visiterà la Cina che era stata invasa dai giapponesi. Questo risultò nel loro libro Journey to a War, contente In Time of War, una sequenza di 27 sonetti, che tracciano la storia umana dall’espulsione dall’Eden fino all’età meccanizzata e le sue neurosi. Tornando dalla Cina passò per NY. Lì cercò la solitudine ma si innamorò di Chester Kallman un ragazzo biondo, studente al ! di !5 60 college, da Brooklyn. Però i due uomini che si erano promessi di vivere per sempre insieme, le loro attività sessuali preferite erano incompatibili. A era per il sesso orale, e si sentiva sadico quando doveva soddisfare la passività anale di Kallman. K era certo uomo di grande sensibilità estetica, ma era egoista; A era possessivo e invasivo. Nonostante ciò rimasero compagni, condividendo residenze estive in Europa e appartamenti a NYC. Auden salvò anche Kallman dall’oscurità nell’arrangiare una loro collaborazione nel preparare un libretto per Stravinsky (The Rake’s Progress). Nel 1963 A portò a termine il suo più fine lavoro come librettista nell’opera The Bassarids (Henze). Una volta visitò un cinema nel distretto Yorkville, NY, e la ferocia del pubblico tedesco-americano che urlava Uccidete i polacchi, durante il notiziario riguardo la guerra europea, distrusse la sua fede nelle nozioni liberali del progresso umano, e quindi disprezzo il testo The Prolific and the Devourer che aveva scritto allo scoppio della 2WW. Nel 1940 finì di rivedere il The Double Man, e iniziò a frequentare la chiesa episcopale in NY, e dopo due decadi di ambivalenza religiosa, decise di divenire poeta cristiano. Durante il 1941 iniziò a pescare dalla teologia come fonte poetica, come prima vi erano Marx o Freud. Kierkegaard lo impressionò. Divenne amico del teologo tedesco protestante esiliato in US, Tillich, e si convinse che la Cristianità e la giustizia sociale fossero strettamente correlate. Il suo primo esplicito lavoro cristiano, For the Time Being, descrive la storia di natale attraverso un insieme di cori, narrativa, dialoghi, canzoni e prose. A. iniziò ad usare un tono leggo mentre discuteva di oggetti importantissimi. The Sea and the Mirror dove i personaggi presi da Sh. (la tempesta) rappresentano la concezione cristiana dell’arte, perfetto divino amore e imperfetto umano amore. L’appartamento che affittò dal 1946 a Cornelia Street 7 in Greenwich Village fu la sua prima casa da adulto. Il Village nei tardi 40 sembrava la Parigi dei 20 come centro di innovazioni artistiche e sviluppo intellettuale. Dal 1948 affittò una casa in un villaggio costale a Ischia (Foro), verso Napoli, come Fire Island, stava sviluppando un resort gay. Entrambe le località furono celebrate in poesie scritte nel 48. Pleasure Island e Ischia. Lavorò a NY come narratore freelance, ma le sue visite in Italia erano gli unici momenti per lui di composizione poetica. Le visite del 48 in Italia trasformarono la sua immaginazione poetica come la visione del 1933. Lo riempì di gioia ne creato e riempì il suo bisogno di paesaggi che potessero simboleggiare il corpo umano e connotare felicità. In Praise of Limestone inaugurò una nuova fase poetica nella quale celebrava il corpo umano per le sue qualità corporee e significati sacri. A scrisse anche poesie collettivamente intitolate Bucolics dove esprimeva il suo piacere verso le caratteristiche naturali della terra. Riteneva che gli esseri umani fossero nati peccatori, la storia umana era criminale e patologica. Divenne giudice al Yale Series of Younger Poets nei 50 e fece pubblicare Adrienne Rich; apprezzava relazioni felici, lascive. Altri tempi si sentiva isolato dal contatto umano. Il magazine critico di Leavis Scrutiny denunciò le idee di A principalmente per il fatto che fosse omosessuale. Nel 1951, quando la spia sovietica Guy Burgess volò verso Mosca, provò a telefonare a Auden, così A si ritrovò immischiato in una tremenda storia di spionaggio, che portò la polizia Britannica ad prendere le mosse contro l’omosessualità. Entrambi Leavis e Burgess danneggiarono la reputazione di A in Inghilterra, e contribuirono al panico creatosi quando divenne professore di poesia a Oxford. La sua poesia There Will Be No Peace evoca questi sentimenti di persecuzione. Nel 1963 il Time preparò un numero dedicato a Auden, ma l’editore si rifiutò: omosessuale. Per almeno 20 anni, dal 1938 A utilizzò una droga d’anfetamina legale, Benzedrina, che aumentava la sua forza di fare veloci connessioni intellettuali e la sua urgenza nel comunicare ciò che provava. Cambiando idee politiche e mediche verso le anfetamine rinunciò alla benzedrina, che bloccò temporaneamente la sua creatività e fede in sé. Il periodo a Oxford fu il meno interessante. Nel 1958 abbandonò l’Italia con Goodbye to the Mezzogiorno e segnò il suo acquisto di un cottage in Kirchstetten nello scrivere On Installing an American Kitchen in Lower Austria. Kalmann se ne andò ad Atene, la solitudine di A durante la loro separazione fu acuta. La sua dipendenza da K rimase forte, anche se fughe sessuali, dipsomania, e la tristezza nell’esser ex, gli recavano una grande pena. La sua salute ugualmente soffriva dal chain-smoking, vino e martini. La morte di Eliot nel 65 acuì i dolori. Da allora le sue lettere per gli amici furono sempre più corte, ripetitive e scritte sul retro di copie di carta carbone dei suoi ultimi poemi. Grandi artisti, A spesso disse, muoiono quando hanno finito il lavoro nel quale sono intenti. Morì nel sonno, il 29 settembre, dopo una lettura a Vienna. Fu il poeta del quale i poeti maggiormente scrissero. ! di !6 60 The Poetry of the City - Hyde Si può sostenere che la letteratura Modernista sia nata nella città e con Baudelaire - specialmente con la scoperta che le folli significano solitudine, e che i termini solitudine e moltitudine sono per il poeta dotato di immaginazione, interscambiabili. Le città divengono meno reali come si approssimano: o come uno si avvicina a loro. Jerusalem Athens Alexandria / Vienna London / Unreal. Altri grandi modernisti (Crane, Mayakovsky) spiegarono l’irrealtà delle città irreali come un fallimento d’arte piuttosto che come fallimento umano. Ma C e M, architetti dell’ambiente urbano trasfigurato, i cui mondi mitici erano troppo grandi per essere sostenuti da un uomo, segnano il decesso della città modernista: Crane si annegò, e M si sparò. Se la moltitudine e la solitudine sono termini uguali convertibili, la città non ha più realtà oggettiva. La città è impoetica; ma la città è per sua natura il più poetico di tutti i materiali. Dipende dal punto di vista che si usa: il dominio della visuale sul materiale è caratteristicamente modernista. L’atteggiamento (difensivo sebbene arrogante) è divenuto la classica posa degli scrittori modernisti, il dibattito con un immaginato - ma per questa ragione troppo reale - interlocutore è divenuto il vero modo d’essere di molte opere moderniste. Classicamente dialettico in Baudelaire, diviene nervoso e auto-derisorio in Lafrogue, e riverbera sonoramente in Prufrock e in WL. Il solipsismo trova una triste eco in Eliot: this fragments I have shored against my ruins. La città e la sua vita erano dominate dall’ideologia dei bourgeoisie; e era inevitabile che elementi opposti si sarebbero scagliati all’interno e contro di esso. Il poeta apparteneva letteralmente e simbolicamente agli attici che si nascondevano dietro le ampie façades: non sognando di una città trasfigurata, un nuovo ordine, ma provando a spiegare a sé stesso perché lui fosse necessariamente dannato in un società che era così sicura della sua salvezza. Pushkin, lui vedeva la città di St. Petersburg in termini hegeliani, come incarnazione dell’idea di Libertà, e le sue premonizioni di tirannia emergenti dalla spietata soggezione del naturale ai precetti della concreta incarnazione dell’Idea è referto attraverso un arte che è al cuore apollinea, severo e pieno grazia come la città stessa. Uniformità di stile e struttura che una volta portava radiante saggezza, il fatto che quegli uomini civilizzati ovunque parlassero la stessa lingua and potessero comunicare con facilità, ora minacciava di chiudere gli uomini in un duro carapace: le ipocrisie del Second Empire . Il malumore (spleen) è prima 1 di tutto un sentimento di recinto, e la libertà ora è tutta dentro di sé. Il linguaggio della poesia è una forma restrittiva: in Francia, il romanticismo non ha dislocato il classico Alessandrino: il linguaggio letterario è minacciato dai cliché delle forme morte dell’oratoria; il dialetto della tribù deve essere purificato. Baudelaire, la usa poesia urbana non è marcata da radicali innovazioni formali: ma i problemi che portarono le innovazioni moderniste in forma, sono urgentemente espresse nella sua opera. Derivano dal problematico rapporto del poeta verso il suo pubblico, la sua razza, la sua eredità culturale, il suo ambiente esterno, i suoi lettori. I problemi sono tutti essenzialmente problemi di un rapporto in una società che offre solo una falsa e ipocrita opinione di come le sue parti siano internamente correlate; la città è metafora, l’unica adeguata, attraverso la quale i problemi relazionali possono essere espressi. Il poeta vira dentro di sé con una disperata interiorità, essenza, differente dalla soggettività romantica, e pone assieme i frammenti culturali che gli danno un senso privato di appartenenza, e un senso che un ordine esiste, sebbene personale. Il poeta dopo ha il suo contesto culturale, sebbene egli continui a reinventarlo. Baudelaire, il suo Le Cygne mette a fuoco tutte queste caratteristiche e anticipa i temi e i metodi del WL. La sua invocazione d’apertura di una vivente tradizione classica contrasta - in maniera eliottesca - con un presente ridotto, e costituisce un primo contributo al quello storicismo invertito che nega proclamazioni confidenti di progresso e sostituisce un’asserzione di regresso: il mito della Caduta, il declino dell’occidente. Il fiume è eterno e l’acqua da vita, come il fiume evoca altri ricordati e immaginati fiumi. Il cigno del titolo della poesia è una dell’espressioni urbane di Baudelaire, inizialmente sofferente poiché è scappato dalla sua gabbia e la strada è dura, ma più perché desidera l’espressione del fulmine che porti pioggia, l’epifania che finisce la WL. La strofa cruciale è inserita all’inizio della seconda sezione della poesia: regime bonapartista di Napoleone III1 ! di !7 60 versi, può essere applicata più efficacemente dove è necessaria. Vi sono spesso passaggi in una poesia non rimata dove la rima è voluta per un qualche effetto speciale, per una insistenza cumulativa. La caduta di intricati pattern formali non ha nulla a che vedere con l’avvento del v.l. E come per il v.l. noi concludiamo che non è definito dalla assenza di pattern o di rima, poiché altri versi stessi mancano di essi; non è definito dalla non esistenza del metro, dato che anche il peggior verso può essere analizzato; e possiamo concludere che non esiste la distinzione tra Verso Conservativo e v.l., poiché esiste solo quello tra buon verso, cattivo, e caos. Da: Ezra Pound: la sua metrica e poesia. Il lettore causale dei suoi servi, sconcertato dalla differenza dei versi di Pound rispetto a quelli ai quali il suo gusto era andato modellandosi, attribuisce le sue porrei difficoltà a una eccessiva erudizione da parte dell’autore. Questo, si dirà di una delle poesie in provenzale o di tema provenzale, è archeologia; richiede conoscenza da parte del lettore, e la vera poesia non richiede tale conoscenza. Ma il mostrar conoscenza non è la stessa cosa che aspettarsela nel lettore. Pound spesso si occupò dell’erudizione, della sua morte, e isolamento dal genuino apprezzamento. Lui studiò poesia con cura, e fece uso dei suoi studi nei suoi stessi versi. Personae and Exultations mostrano il suo talento per il suo uso degli studi: questi esigono qualcosa dal lettore, non richiedono una conoscenza del Provenzale o dello spagnolo o dell’italiano. Non c’è poesia in questi volumi di P che richieda una spiegazione più completa di quella data dall’autore. Ciò che le poesiee richiedono è un orecchio allenato, o almeno che possegga la volontà d’essere allenato. I metri e l’uso della lingua non sono affatto familiari. Ci sono alcune tracce di influenza moderna: probabilmente solo due autori: Yeats e Browning. Pound è stato ritenuto il padre del verso libero, con tutte le sue virtù e i suoi vizi. Il termine è uno vago, ampio - ogni verso è chiamato libero, da gente le cui orecchie non vi sono abituate - e in secondo luogo, l’uso di P di questo mezzo ha mostrato il temperamento dell’artista, e la sua fiducia in esso come mezzo non è tanto questione di fanaticheria. E’ vero che per molto fu impossibile veder stampato il verso libero in un periodico, a meno che non fosse influenzato da Pound; e che ora è possibile stampare versi liberi in praticamente ogni rivista americana. Il verso libero di P è tale ch’è possibile solo per un poeta il quale abbia lavorato instancabilmente con forme rigide e differenti sistemi di metrica. —- Literary criticism is a distinctive activity of the civilized mind. ! di !10 60 Tradition and Individual Talent. Di rado in letteratura inglese parliamo di tradizione, e soltanto occasionalmente facciamo ricorso a questo termine, per deplorarne l’assenza. facciamo ricorso all’aggettivo, per dire che la poesia del tale è 'tradizionale' o addirittura 'troppo tradizionale'. Il sostantivo invece compare raramente, e semmai, forse, in frasi di censura. E se compare con una sfumatura elogiativa nell’opera lodata, un gradevole retrogusto di ricostruzione archeologica. È certo, comunque, che la parola 'tradizione' ha ben poche probabilità di comparire nella nostra valutazione di autori morti o viventi. Noi crediamo di conoscere, in base all’enorme massa di letteratura critica apparsa in lingua francese, il metodo o l’abito critico dei francesi; e ne concludiamo solamente che i francesi sono "più critici" di noi; di questo fatto, talvolta, addirittura ci pavoneggiamo un po', come se i francesi per questo motivo fossero meno spontanei. E forse è vero che lo sono; ma noi dovremmo ricordarci che la critica è inevitabile come il respiro, e che noi non saremmo certo sminuiti se esprimessimo in modo articolato quello che ci passa per la mente quando leggiamo un libro, le emozioni che proviamo, se insomma sottoponessimo a critica la nostra mente. Uno degli elementi che potrebbero venire alla luce in questo processo è la nostra tendenza a sottolineare, quando lodiamo un poeta, quegli aspetti della sua opera in cui egli meno somiglia ad altri. il tratto individuale. Ci soffermiamo con soddisfazione sulla differenza di un dato poeta rispetto a quelli immediatamente precedenti; ci sforziamo di trovare qualcosa che possa essere isolato come unico, e ne traiamo godimento. Se ci accostassimo a un poeta senza pregiudizio, scopriremmo che le parti più originali delle sue opere sono forse quelle in cui i poeti già morti dimostrano con maggior vigore la loro immortalità. E non intendo riferirmi alle opere composte negli anni dell'adolescenza – l'età più sensibile alle suggestioni – bensì proprio alle opere della piena maturità. Se tuttavia la sola forma di tradizione, consistesse nel seguire le strade della generazione precedente, con una cieca adesione ai successi già conseguiti, la questa andrebbe scoraggiata. La tradizione è però una questione di significato molto più ampio, non si può ereditare, e la si deve conquistare con fatica. Essa implica, in primo luogo, il senso storico, e questo implica non solo la percezione della qualità dell'essere ‘passato’ del passato, ma la percezione della sua ‘presenza’; il senso storico costringe un autore a scrivere non solo insieme alla propria generazione, di cui egli è la concreta incarnazione, ma lo spinge a scrivere anche con la sensazione che l’intera letteratura europea a partire da Omero (e in essa tutta la letteratura del proprio paese) ha una esistenza simultanea e compone un ordine simultaneo. Questo senso storico – che è senso dell’a-temporale come del temporale, e dell’a-temporale e del temporale insieme – è ciò che rende uno scrittore ‘tradizionale’. Ed è allo stesso tempo ciò che rende uno scrittore più acutamente consapevole della sua posizione nel tempo, della sua propria contemporaneità. Non c'è poeta, non c'è artista di nessun’arte, che abbia un significato compiuto se preso per sé solo. La sua importanza, il giudizio su di lui, è il giudizio del suo rapporto con i poeti e gli artisti del passato. Non è possibile valutarlo da solo; bisogna collocarlo, per giustapposizione e confronto, tra i morti. I monumenti esistenti compongono fra di loro un ordine ideale, che si modifica con l’introduzione tra essi della nuova (veramente ‘nuova’) opera d’arte. L’ordine esistente è in sé completo prima che arrivi l’opera nuova; perché l’ordine persista dopo la comparsa della novitas, l’intero ordine deve essere, sia pur in misura minima, alterato. E così i rapporti, le proporzioni, i valori di ogni opera d’arte si correggono rispetto all’insieme: è, questa, la relazione di conformità tra vecchio e nuovo. il passato sia modificato dal presente, così come il fatto che il presente sia indirizzato dal passato. E il poeta che sia consapevole di questo, sarà anche consapevole delle grandi difficoltà e delle responsabilità che lo attendono. In un senso tutto particolare egli sarà anche consapevole di dover essere inevitabilmente giudicato in base ai parametri del passato. ! di !11 60 l’opera ci sembra conforme al passato e anche che può essere originale, oppure che ci sembra sia originale e risulta anche conforme; è assai improbabile, però, che rileviamo solo uno dei due aspetti e non l'altro. il poeta non può considerare il passato un ammasso informe; né può formarsi su qualche sua personale predilezione; e nemmeno può formarsi interamente su un’unica epoca da lui prediletta. Il primo atteggiamento è inammissibile; il secondo può essere una esperienza importante di gioventù; il terzo un gradevole complemento. Ma il poeta deve essere innanzi tutto ben consapevole del corso della temperie letteraria del suo tempo, deve poi essere consapevole dell’ovvia verità che l’arte non evolve mai, ma che la materia dell’arte non è mai del tutto la stessa. Deve infine essere consapevole che lo spirito dell’Europa è uno spirito che muta, ma che non manda in pensione per anzianità né Shakespeare né Omero. Ma la differenza tra il presente e il passato sta nel fatto che un presente consapevole di sé consiste in una coscienza del passato tale che, per modo e per misura, il passato – inteso come sua propria autoconsapevolezza – non è in grado di mostrare. Qualcuno ha detto: “Gli scrittori del passato sono lontani da noi perché noi sappiamo molto più di loro”. È proprio così – nel senso che proprio essi sono ciò che noi sappiamo. L’obiezione [che si muove al mestiere di poeta] è che esso richiederebbe una ridicola quantità di erudizione (ovvero pedanteria): pretesa che può essere confutata richiamandosi alle biografie dei poeti di qualunque pantheon. Si giunge addirittura ad affermare che troppa erudizione estinguerebbe o corromperebbe la sensibilità poetica. Alcuni poeti sono predisposti ad assorbire la cultura, i più lenti devono conquistarsela sudando. il poeta deve sviluppare o procurasi una consapevolezza del passato, e continuare a sviluppare questa consapevolezza per tutta la sua carriera. L’evoluzione di un artista è un continuo auto-sacrificio, estinzione della personalità. II. una concezione di poesia come unità vivente di tutta la poesia che sia mai stata scritta. L’altro aspetto di questa teoria ‘impersonale’ della poesia è il rapporto fra il componimento poetico e il suo autore. lo spirito del poeta maturo differisce da quello del poeta immaturo non per una qualche valutazione della "personalità” nello specifico, non perché sia necessariamente più interessante, quanto piuttosto perché è un mezzo più finemente perfezionato nel quale emozioni particolari sono libere di entrare in nuove combinazioni. Il paragone per analogia è quello del catalizzatore: Quando ossigeno e biossido di zolfo vengono mescolati in presenza di un filamento di platino, essi formano acido solforico. Questa combinazione si verifica solo se è presente il platino, e nondimeno nell’acido che si è formato non c’è traccia di platino, né il platino stesso sembra essere stato modificato dal processo: è rimasto inerte, neutrale, immutato. Lo spirito del poeta è il filo di platino. Esso può agire in modo parziale o esclusivo sull’esperienza personale del suo essere uomo; eppure, più perfetto è l’artista, più totalmente separati in lui saranno l’uomo che soffre e lo spirito che crea: più perfettamente lo spirito assimilerà e trasmuterà le passioni che costituiscono i suoi materiali. gli elementi che registrano la presenza di trasformazione del catalizzatore di due generi: emozioni e sensazioni. L’effetto di un’opera d’arte sul soggetto che ne gode è un’esperienza di genere diverso da ogni altra esperienza non artistica. Può consistere di una sola emozione o può essere una combinazione di emozioni diverse. Grande poesia, però, si può fare anche senza l’uso diretto di una qualsivoglia emozione: può essere composta unicamente da sensazioni. Il canto XV dell’Inferno (quello di Brunetto Latini) consiste nell’elaborazione dell’emozione che si manifesta in quella situazione; ma l’effetto, benché unico come quello di qualsiasi opera d’arte, è ricavato da una considerevole complessità di particolari. a mente del poeta è un ricettacolo che raccoglie e immagazzina innumerevoli sensazioni, frasi, immagini, che lì rimangono finché tutte le particelle ! di !12 60 “Nell'ora violetta, quando gli occhi e la schiena Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende Come un tassì che pulsa nell'attesa, Io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite, Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere Nell'ora violetta, nell'ora della sera che contende Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto. La dattilografa a casa all'ora del tè, mentre sparecchia la colazione, accende La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato. Pericolosamente stese fuori dalla fìnestra Le sue combinazioni che s'asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole, Sopra il divano (che di notte è il suo letto) Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole. Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrínzite, Osservai la scena, e ne predissi il resto - " (pagg. 103-104 - vv. 215 - 229) Eliot esegue quello che Joyce fa con la prosa e Beckett con il teatro: una destrutturazione delle normali forme di espressione alla ricerca di un linguaggio più vicino all'intimo dramma dell'uomo, alla sua lacerazione interiore ed utilizza il mito come viatico per una lucida dimostrazione della nostra futilità ed inettitudine. ! di !15 60 I Poeti Metafisici. Collezionando queste poesie qui (Metaphysical Lyrics and Poems of the Seventeenth Century) dal lavoro di una generazione più spesso nominata che letta, e più spesso letta che ben e con profitto studiata. Il libro di Mr. Herbert Grierson è esso stesso un’opera di critica, e provocazione di criticismo; e pensiamo che lui aveva ragione nell’includere così tante poesie di Donne, altrove accessibili, come documenti nel caso di poesia metafisica. La questione è fino a che punto questi metafisici formassero una scuola (o modernamente un movimento), e quanto questo movimento sia una digressione dalla corrente moderna. Non solo è estremamente difficile definire la poesia metafisica, ma è difficile decidere quali poeti la praticarono e in quali dei loro verso. Donne e Cowley, spesso usano uno strumento ch’è la elaborazione di una figura retorica allo stato estremo alla quale la ingenuità la porta. Si veda infatti Cowley dove sviluppa la nota comparazione tra il mondo e una scacchiera (in To Destiny), e Donne, che con più grazia, in A Valediction, compara due amanti a un compasso. Ma altrove troviamo, invece della mera spiegazione del contenuto di una comparazione, uno sviluppo di una rapida associazione di pensiero che richiede considerevole agilità da parte del lettore. Ad ogni modo, alcuni degli effetti migliori e caratteristici di Donne sono assicurati da brevi parole e improvvisi contrasti: A bracelet of bright hair about the bone, dove il più potente effetto è prodotto da un improvviso contrasto derivato dall’associazione di bright hair e bone. Questa associazione multipla è caratteristica di versi di alcuni dei drammaturghi del periodo che Donne conoscenza: per non menzionare Sh., Middleton e Webster. Johnson, che impiegò il termine poeti metafisici avendo sembra in mente Donne, Cleveland e Cowley, sottolinea che le idee più eterogenee sono aggiogate dalla violenza assieme. Lo possiamo vedere in alcuni dei versi di Johnson stesso: The Vanity of Human Wishes, dove l’effetto nasce grazie a un contrasto di edee, differenti nel grado, ma uguali in principio. E in uno dei poemi migliori dell’eta, Exequy, del vescovo Henry King, l’estesa comparazione è usata perfettamente. Ancora potremmo prendere delle strofe di una Ode di Herbert, che immediatamente definiremmo metafisiche: An Ode upon a Question moved. In realtà non c’è nulla in questi versi che rassomigli a quanto Johnson va dicendo nel suo saggio su Cowley, riguardo i poeti metafisici: il significato è chiaro, il linguaggio è semplice ed elegante. Si deve notare che il linguaggio di questi poeti è una regola semplice e pura; nei versi di George Herbert questa semplicità procede fin dove le è possibile. La struttura delle frasi, invece, alle volte è tutt’altro che semplice, ma questo non è un vizio, è un esser fedeli al pensiero e al sentimento. Assumendo che i poeti del 17° secolo fossero il normale sviluppo dell’età precedente; e senza pregiudicarli additandoli come metafisici, consideriamo se la loro virtù non fosse qualcosa di prezioso permanentemente, che successivamente sparì, ma non sarebbe dovuta sparire. Johnson notò per caso una delle principali peculiarità quando osserva che i loro approcci erano sempre analitici. Si noti come accadde qualcosa nella mente dell’Inghilterra tra i tempi di Donne e Lord Herbert di Cherbury e quelli di Tennyson e Browning; è la differenza tra il poeta intellettuale e quello riflessivo. T e B sono poeti, e loro pensano; ma non sentono (feel) i loro pensieri con la stessa immediatezza dell’odore di una rosa. Un pensiero per Donne era un’esperienza; modificava la sua sensibilità. I poeti del 17° sec. possedevano un meccanismo di sensibilità che poteva divorare una qualsiasi esperienza. Loro sono semplici, artificiali, difficili, o fantastici, come erano i loro predecessori; né più né meno di Dante, Cavalcanti, Guinicelli. Nel 17° sec prese piede una dissociazione della sensibilità, dalla quale non ci siamo mai ripresi; e questa dissociazione, com’è normale, venne aggravata dall’influenza dei due più grandi poeti del secolo: Milton e Dryden. Ognuno di questi utilizzò certe funzioni poetiche così magnificamente bene che la grandezza del loro effetto nascose l’assenza di altri. Ma mentre il linguaggio difende più raffinato, il sentimento divenne più crudo. Il secondo effetto dell’influenza di Milton e Dryden seguì il primo: i poeti si ribellarono contro l’uso della ragione, raziocinio, l’elemento descrittivo; loro pensavano e sentivano attraverso la riflessione. Quale sarebbe stato il destino del metafisico se la poesia corrente discendesse in una linea diretta da essi? Non sarebbero classificati come metafisici. I possibili interessi, di un poeta sono illimitati, lui li rende in poesia, e non medita semplicemente su di loro in maniera poetica. I poeti in questione, avevano come tutti delle colpe, ma erano, nel migliore dei casi, impegnati nel compito di trovare un equivalente verbale per stati mentali e sentimenti. E questo significa che essi sono più maturi, e erano migliori, dei tardi poeti di non minore abilità lirica. ! di !16 60 Possiamo solamente dire che sembra che esser poeti nella nostra civilizzazione, dev’esser complesso. La nostra civilizzazione comprende una grande varietà e complessità, e queste, giocando su una raffinata sensibilità, dive produrre vari e complessi risultati. Il poeta deve comprendere sempre più cose, sempre più allusivo, e indiretto. Lafrogue e Corbiere in molte delle loro poesie, sono più vicini alla scuola di Donne che ogni altro poeta inglese moderno. Ma poeti più classici di loro hanno la stessa essenziale qualità di tramutare idee in sensazioni, o trasformare osservazioni in state of mind: Racine e Baudelaire sono i più grandi psicologi, esploratori curiosi dell’animo. Quelli che obiettano a Milton o a Dryden la loro artificialità, spesso ci dicono di guardare nei nostri cuori e scrivere. Ma non è guardare dentro abbastanza; Racine o Donne guardavano ben oltre il cuore: uno deve guardare nella corteccia cerebrale, nel sistema nervoso, nel tratto digestivo. Non possiamo concludere che Donne, Crashaw, Vaughan, Cowley sono nella fretta corretta della poesia inglese, e che le loro colpe debbano essere rimproverate per questo standard piuttosto che viziati per un’affezione antiquaria? Loro sono stati abbastanza elogiati in termini che sono limitazioni implicite perché loro sono metafisici o witty, oscuro, sebbene al loro meglio non hanno questi attributi più di altri seri poeti. D’altra parte però comunque non dobbiamo rifiutare la critica di Johnson. Sarebbe un lavoro fruttuoso, e richiederebbe un grande libro, rompere la classificazione di Johnson e subire questi poeti nelle loro differenze di genere e grado. —— The metaphysical poets (1921), in cui egli propone la tradizione dei poeti metafisici in alternativa a quella rappresentata dalla linea Milton-vittoriani. Eliot vi scrive: “La differenza [tra i poeti metafisici e ciò che c’è stato dopo] non è una semplice differenza di grado tra poeti. E’ qualcosa che è accaduto nell’anima dell’Inghilterra tra il tempo di Donne o Lord Herbert of Cherbury e il tempo di Tennyson e Browning; è la differenza tra il poeta intellettuale e il poeta contemplativo. Tennyson e Browning sono poeti, e pensano; ma non sentono il loro pensiero così immediato come l’odore di una rosa. Per Donne un pensiero era un’esperienza; modificava la sua sensibilità. Quando l’anima di un poeta è equipaggiata perfettamente a questo scopo, è di continuo presa dal tentativo di amalgamare esperienze disparate; l’esperienza ordinaria di ogni uomo è caotica, frammentaria, irregolare. Questi si innamora o legge Spinoza, e tali esperienze non hanno niente a che vedere l’una con l’altra o con il rumore di una macchina da scrivere o l’odore dei cibi che cuociono; nell’anima del poeta queste esperienze formano sempre nuovi interi”. Infatti per Eliot i poeti metafisici possedevano un meccanismo di sensibilità che permetteva loro di “divorare” qualsiasi tipo di esperienza. Meccanismo che non avevano Milton e Dryden che, per il fatto di essere in grado di rendere così bene una singola esperienza, riuscivano a celare l’assenza delle altre, che passava inosservata. Perciò solo i poeti delle generazioni successive a quelle dei metafisici cominciarono a rivoltarsi contro le esperienze razionali e le descrizioni (forse ad eccezione solo di Shelley e Keats che tentarono una riunificazione delle sensibilità, ma morirono). “Dissociation of Sensibility” è quindi un’espressione usata da Thomas Stearns Eliot, nel suo saggio, per descrivere il processo di lacerazione di quell’unità che consisteva nell’amalgamare le diverse esperienze umane. Se si vuole, anche il tentativo di individuare nell’ordine formale, strutturale e armonico le ragioni del piacere estetico deriva da un processo analogo a quello che T.S. Eliot individua per Milton, Dryden, Tennyson e Browning. La selezione delle esperienze e la loro contrapposizione dualistica dà l’idea di essere una cifra dell’arte europea tra diciottesimo e diciannovesimo secolo. Il rigore, formale (potremmo dire topologico) o quantitativo, viene contrapposto al sentimento. Non è una complementarità tra esperienza razionale e esperienza estetica (o anche ‘sacra’, ‘astratta’), ma un tentativo di spiegare l’esperienza estetica sulla base dell’apparato linguistico e concettuale dell’esperienza razionale, attribuendo alla seconda la stessa supremazia attribuitale, per esempio, da Eulero nel Tentamen novae theoriae musicae, e rovesciando la gerarchia voluta da Pascal, quando nel definire esprit géométrique e esprit de finesse conferisce al secondo la capacità di penetrare i fondamenti di cui il primo è incapace. In entrambi i casi si tratta di lacerare con una gerarchia il tentativo di unificare le esperienze umane attraverso l’esperienza estetica. Ciò avverrebbe, per Eliot nelle generazioni successive a quella dei poeti metafisici. Sarebbe in sostanza una caratteristica della poesia del periodo che va dalla seconda metà del diciassettesimo secolo fino al ventesimo secolo. ! di !17 60 da D l’impressione di un diavolo sofferente come le dannate anime umane; dove provo che il tipo di sofferenza esperito dallo spirito del mare debba essere rappresentato come differente. Posso dir che D ha fatto il meglio di un cattivo lavoro. Nel mettere Bruto, il nobile Bruto, e Cassio con Giuda lui disturberà il lettore inglese, per il quale B e C saranno sempre quelli di Sh. Se qualcuno non apprezza l’ultimo canto dell’Inferno, gli posso solo dire di aspettare fino a che abbia letto e vissuto per anni con l’ultimo canto del Paradiso, che è il più alto punto che la poesia abbia mai raggiunto e possa raggiungere. Il Purgatorio e il Paradiso. Abbiamo imparato dall’Inferno che la più grande poesia può essere scritta con la più grande economia di parole, e con la maggiore autorità nell’uso della metafora/ similitudine/bellezza verbale ed eleganza. La lingua di ogni grande poeta inglese è la sua propria lingua; la lingua di Dante è la perfezione di una lingua comune. Dal Purgatorio impariamo che una decisa posizione filosofica può anch’essa essere grande poesia; dal Paradiso che il più rarefatto e remoto stato di beatitudine può essere materia di grande poesia. E arriviamo ad ammettere che Sh comprende una più grande varietà di vita umana, ma D comprende gradi più profondi della degradazione e della esaltazione. E una saggezza è raggiunta quando vediamo che questo indica quanto siano uguali i due uomini. Il pieno significato dell’Inferno può essere estratto dopo aver apprezzato le sue ultime parti, sebbene abbia un significato sufficiente in se stesso per le prime poche letture. Infatti il Purgatorio è il più difficile dei 3. Non può essere apprezzato senza autonomamente senza l’Inferno, e non può essere considerato solo come suo sequel. Solo quando abbiamo letto il Paradiso e riletto l’Inferno, allora il Purgatorio si mostra per la sua bellezza. Nel canto XXVI i lussuriosi soffrono le fiamme, ma vediamo come le fiamme del purgatorio differiscano da quelle dell’inferno. Negli inferi la tortura è la vera natura dei dannati stessi; nel purgatorio accettano consapevolmente la loro punizione come punizione, v’è speranza in loro. Le anime del purgatorio soffrono perché sperano di soffrire, si preparano alla benedizione. Negli ultimi canti del purgatorio (XXIX-XXXIII) siamo già nel mondo del Paradiso. Ma nel mezzo di questi episodi c’è la narrazione dell’ascesa al monte, con significati e visioni tutte importanti e difficili per il lettore incolto che lo trova meno eccitante rispetto agli eventi eccezionali dell’Inferno. Non si possono ignorare le credenze filosofiche e teologiche di D, o saltare i passaggi che più l’esprimono; ma del resto non sei nemmeno spinto a credervi tu stesso. E’ sbagliato pensare che queste parti siano di interesse solo per i cattolici o per i medievalisti. Poiché c’è una differenza tra il credo filosofico e l’assenso poetico. Se leggi poesia come poesia, si può credere alla teologia di D esattamente come si crede alla realtà fisica del suo viaggio; che è sia sospensione del belief e del disbelief. La questione vitale è che la poesia di Dante è un tutto; devi comprendere ogni parte per poter comprendere ogni parte. Con Goethe spesso percepisco acutamente, troppo, questo è quanto Goethe l’uomo crede, invece di semplicemente entrare nel mondo da lui creato; con Lucrezia anche. G sempre mi fa nascere sentimento di disbelief (scetticismo?) in ciò che egli crede: Dante no. Io credo che questo accada perché D è il poeta più puro. Ciò che è necessario per apprezzare il Purgatorio non è il belief, ma la sospensione di esso. Quando parlo di comprensione, non intendo semplicemente conoscenza di libri o parole, non più di quanto io intenda belief: io intendo uno stato mentale nel quale uno vede certi beliefs, come l’ordine di peccati mortali, nei quali l’orgoglio è maggiore della lussuria, e despair the greatest, as possible, so that we suspend our judgment altogether. Dante è arrivato a una condizione, che è quella della benedizione: per organizzazione politica e ecclesiastica sono necessarie solo le imperfezioni della volontà umana. Nel Paradiso Terrestre D incontra una donna dal nome Matilda, dopo la sua spiegazione sulla natura del luogo segue una Sfilata divina. Coloro che non apprezzano le serie sfilate della corona, della chiesa, dei funerali ! di !20 60 militari - a questi la pageantry che troviamo nel paradiso potrà sembrare noiosa. Sono arrivato ad accettarlo, con qualche difficoltà: c’erano almeno 2 pregiudizi, uno contro l’immaginario dei Pre- Raffaeliti, che era naturale per uno della mia generazione. E l’altro pregiudizio è che la poesia non solo deve essere trovata attraverso la sofferenza, ma il suo materiale deve anch’essere solo sofferenza. Ma dobbiamo comprendere con quale bravura D esprime le recrudescenza di un’antica passione in una nuova emozione, in una nuova situazione, che comprende, amplia, e dà significato a essa. In una certa maniera questi canti sono quelli di più grande intensità personale di tutto il poema. Nel Paradiso Dante stesso, eccetto il passo di Cacciaguida, diviene de- o super-personalizzato; ed è in questo ultimi canti del Purgatorio, più che in quelli del Paradiso, che Beatrice appare più chiaramente. Ma il tema Beatrice è essenziale per comprendere il tutto, non perché abbiamo bisogno di comprendere la biografia di Dante, ma la filosofia di Dante al suo riguardo. Questo, tuttavia, concerne più la nostra analisi della Vita Nuova. Il Purgatorio è il più complesso perché è il canto di transizione; può essere definito qui e lì monotono: mentre il Paradiso non lo è mai, è o incomprensibile o intensamente eccitante: tutti i personaggi hanno le migliori credenziali: sembrano inizialmente meno distinti di quelli dannati. Perché noi abbiamo un pregiudizio contro la beatitudine come materiale poetico. Shelley fu in grado di pronunciare la proposizione che le nostre più dolci canzoni sono quelle che narrano i pensieri più tristi. Il primo lavoro di Dante può confermarlo; ma il Paradiso ne è la controparte. Non è monotono, è un poema vario come ogni altro. E prendi la Commedia come un tutto, puoi compararlo a nulla se non a tutta l’opera drammatica di Sh, come la Vita Nuova ai Sonetti. Dante e Sh. dividono il mondo moderno tra di loro, non c’è terzo. Sh dà la più grande ampiezza della passione umana; Dante la maggiore altitudine e profondità. Possiamo studiare con rispetto il più elaborato immaginario, come quello della figura della Aquila formato dagli spiriti della giustizia, che si estende dal Canto XVIII in poi. Queste figure non sono semplicemente antiquate figure retorica, ma seri mezzi pratici per rendere lo spirito visibile. Una comprensione della adeguatezza di un tale immaginario è una preparazione per apprendere l’ultimo e più grande canto il più tenue e intenso. Che fe’ Nettuno ammirar l’ombra d’Argo. E io non conosco da nessuna parte in poesia un più autentico segnale di grandezza dopo che la forza associativa che appare nell’ultimo verso, quando il poeta sta parlando della Divina visione, introduce l’Argo passando sopra il capo del curioso Nettuno. La forza di stabilire relazioni tra bellezze tra le più differenti; quest’è la maggiore forza del poeta. Non c’è poeta in nessun lingua che sia un tale modello. Il suo metodo allegorico ha grandi vantaggi per la scrittura di poesia: semplifica la dizione, a rende chiare e precise le immagini. Per l’allegoria non è necessario comprendere il significato prima per apprezzare la poesia, ma il nostro apprezzamento della poesia ci mette la voglia di comprendere il significato. E la DC è una completa scala di profondità e altezze dell’umana emozione. ! di !21 60 Prufrock and Other Observation (1917) Eliot and Verdenal: The little that the world knows of Verdenal comes mainly from the research of George Watson and Verdenal's letters to Eliot. No other letters from Verdenal are available, not even to his family. There are no copies of Eliot's letters to Verdenal. We are told that Verdenal excelled at languages and that he had copies of Mallarmé's Poésies and of Laforgue's Poésies and Moralités légendaires. He may have preferred to study literature but became a medical student, perhaps to please his father, a doctor. Watson tells us that in Paris Verdenal had frequented literary circles. In 1910 T.S. Eliot, then a graduate student studying philosophy at Harvard University, went to Paris to study a year at the Sorbonne. He took a room at the Cazaubon family's pension, Rue St Jacques, where he met Verdenal who had another room there. When Eliot traveled to Germany and Italy in the summer of 1911 Verdenal wrote him. After Eliot returned to Harvard in the autumn of 1911 to continue his work toward a doctorate they carried on a correspondence at least through 1912. Seven letters from Verdenal to Eliot (written in French) are archived at Harvard University's Houghton Library. The Verdenal letters, in French and in English translation, have also been published in The Letters of T.S. Eliot : 1898-1922. The only other public reference by Eliot to Jean Verdenal appeared some seventeen years after the Prufrock dedication, in the April 1934 issue of The Criterion, in the editor's column, "A Commentary.” a friend who was later (so far as I could find out) to be mixed with the mud of Gallipoli. In Prufrock and other observations Eliot ricorre ad una scelta filosofica che risponde alla crisi dell'io e dell'identità contemporanea con la proposta della frantumazione della coscienza, che trova la sua esplicazione attraverso la perdita (a livello stilistico) della linearità del discorso poetico. Eliot adopera il linguaggio quotidiano e il verso libero, ereditato dalle influenze dei simbolisti francesi. Nei componimenti vi è inoltre compresenza di luoghi e tempi diversi e il puntuale ed elegante ricorso alla dimensione ironico- satirica. ——- Il primo libro di Eliot, pubblicato a Londra da The Egoist nel giugno del 1917, in 500 copie. Titolo = riprende in forma abbreviata quello della prima e principale poesia, suggerendo che le poesie presentate costituiscono una serie di osservazioni distaccate, oggettive di fenomeni culturali e sociali. Observations era titolo fornito da Harriet Monroe a un gruppo di 4 poesie, da lei pubblicate su Poetry. A El. piacque tanto da riprenderla. Dedica = la frase francese fu aggiunta da Eliot nel 1925 e richiama la lingua in cui i due amici discorrevano e si scrivevano. La dedica a un giovane caduto situa la raccolta nel clima della guerra mondiale che era al centro dell’attenzione di tutti quando essa apparve. Epigrafe = Purgatorio XXI (133-36). Sono le parole di Stazio a Virgilio che concludono il canto. Esprimono nei termini del poeta da Eliot più venerato l’affetto per l’amico scomparso. Il tema della nostra vantate è anche centrale in Eliot. L’ultimo verso suggerisce che le figure che incontreremo nella raccolta sono solo ombre, che non hanno saputo vivere pienamente. ! di !22 60 arguably the greatest lover of cats ever to write poetry (he wrote a number of poems on them, and the musical "Cats" is based on Eliot's work), here the feline correlation seems undesirable. The fog/cat seems to be looking in on the roomful of fashionable women "talking of Michelangelo" (13). Unable to enter, it lingers pathetically on the outside of the house, and we can imagine Prufrock avoiding, yet desiring, physical contact in much the same way. Eliot again uses an image of physical debasement to explore Prufrock's self-pitying state; the cat goes down from the high windowpanes to the "corners of the evening" (17) to the "pools that stand in drains" (18), lets soot from the high chimneys fall on its back (since it is lower down than the chimneys), then leaps from the terrace to the ground. While Eliot appreciated the dignity of cats, this particular soot- blackened cat does not seem so dignified. Rather, the cat appears weak, non-confrontational, and afraid to enter the house. Moreover, Prufrock's prude-in-a-frock effeminacy emerges through the cat, as felines generally have feminine associations. Regardless of what one takes from these images, the bewildering collage points to another technique Eliot and the Modernists pioneered: fragmentation. The Modernists felt their writing should mirror their fractured and chaotic world. Images and allusions are not the only fragmented features of "Prufrock." The rhythm of the lines is deliberately irregular. At times in unrhymed free verse, Eliot occasionally rhymes for long stretches (lines 4-12) and then not at all; his rhyme scheme itself seems like the confusing "Streets that follow like a tedious argument" (8). He also twice uses the refrain of "In the room the women come and go / Talking of Michelangelo" (13-14, 35-36), and often begins lines with the word "And" (7, 23, 29 32, 33). As the word found in three of these lines implies - "time" (23, 29, 32) - the repetitions have something to do with Prufrock's relationship with time. Prufrock indecisively cycles around even the smallest of concerns: "And time yet for a hundred indecisions, / And for a hundred visions and revisions, / Before the taking of a toast and tea" (32-34). He seems rooted in the present tense and this, according to Eliot and most Modernists, is an unhealthy approach to time. The opening image of the evening "spread out" (2) against the sky is an allusion to a metaphor frequently used in turn-of-the-century French philosopher Henri Bergson's work Time and Free Will (1889). Bergson was a great influence on Eliot; the latter attended the philosopher's lectures in Paris in 1910 and was influenced by his theories on consciousness. In Time and Free Will, Bergson argues that time is a single, continuous, and flowing "durée," or duration, rather than a succession of discrete steps with distinct tenses. Prufrock's anxiety is rooted in the social world. Not only is he afraid to confront the woman talking of Michelangelo (whose most famous sculpture, David, is the epitome of masculine beauty, a daunting prospect for the flaccid Prufrock), he seems intimidated by the social posturing he must engage in: There will be time, there will be time/ To prepare a face to meet the faces that you meet; / There will be time to murder and create, / And time for all the works and days of hands/ That lift and drop a question on your plate; The works and days of hands is a reference to 8th-century B.C. Greek poet Hesiod's poem about the farming year, "Works and Days." Prufrock seems to resent the divergence between the blistered hands of hard-working farmers and the smooth ones of social players, just as he dislikes the masks people wear in the social arena ("To prepare a face"). His social anxiety assumes more importance in the middle part of the poem. ! di !25 60 Lines 37-86 Summary:Prufrock agonizes over his social actions, worrying over how others will see him. He thinks about women's arms and perfume, but does not know how to act. He walks through the streets and watches lonely men leaning out their windows. The day passes at a social engagement but he cannot muster the strength to act, and he admits that he is afraid. Analysis: Prufrock's social paralysis is diagnosed in these six stanzas. The smallest action - descending stairs - is occasion for magnified self-scrutiny and the fear that he will "Disturb the universe" (46). He continues asking himself questions about how to comport himself, but admits he will reverse these decisions soon. Prufrock twice refers to his balding head, describes his plain, middle-aged clothing, and draws us into his point-of-view of the social world. His eye is specific in its observation: "Arms that are braceleted and white and bare / (But in the lamplight, downed with light brown hair!)" (63-64) Although the first line is an allusion to the line "A bracelet of bright hair about the bone" from John Donne's poem The Relic, a line Eliot admires for its sharp contrast in his essay The Metaphysical Poets (1921), the specificity of Prufrock's eye shows more the influence of the 19th-century French Symbolists, such as Baudelaire, Rimbaud, Mallarme, and Laforgue. The Symbolists believed life could be represented only by symbols, however confusing or chaotic. Eliot's objective correlative serves a similar purpose, expressing Prufrock's emotional life through concrete, oft-elusive symbols. "Sprawling on a pin" refers to the practice of pinning insect specimens for study, suggesting Prufrock feels similarly scrutinized, but the key here is Prufrock's discussion of eyes. Anxiety is foremost a concern with the future, and Prufrock continues to show his inability to advance in time. Of the six stanzas here, four begin with "And" (37, 55, 62, 75) while five lines at the end of different stanzas do (61, 68-69, 85-86), suggesting a repetitive, inescapable present tense. Prufrock's refrain And indeed there will be time (23, 37) is an allusion to Metaphysical poet Andrew Marvell's "To His Coy Mistress" ("Had we but world enough, and time"), in which the speaker urges his lady to speed up their courtship. As with most of Eliot's allusions in "Prufrock," the Marvell reference is ironic. Rather than hurrying his lady, Prufrock makes excuses for himself; he assures himself there will be time to act, although his repetitive, paralytic nature has so far belied that. A further irony unfolds in Prufrock's use of the word "presume." While the Latinate root of "presume" means "to anticipate," something Prufrock spends much time doing, its main English meaning is "to undertake without leave or clear justification," a boldness Prufrock surely lacks. Prufrock descends the stairs, and as he watches smoke rising from pipes and lonely men "leaning out windows" (72) just below, he feels he "should have been a pair of ragged claws / Scuttling across the floors of silent seas" (73-74). This final alliterative image of debasement (the third animal association for Prufrock after the cat and insect connections) paints a pathetic portrait of Prufrock, but the suggestion of a crab is perhaps an allusion to Shakespeare's "Hamlet," in which Hamlet mocks Polonius (Eliot later explicitly references "Hamlet," making this more plausible): "for yourself, sir, should be old as I am, if, like a crab, you could go backward" (2.2.205-206). Perhaps, then, Prufrock's propensity to move backwards and downwards is suggestive of his nearness to death, of his backpedaling down into Hell. The Dante epigraph casts a deathly pallor over the entire poem, and Prufrock himself sees "the eternal Footman hold my coat, and snicker" (85). While he says in the next line "in short, I was afraid" (86) in reference to his fear of social action, he may also be referring to this deathly figure awaiting him. ! di !26 60 Lines 87-131 Summary: Prufrock wonders if, after various social gestures, it would have been worthwhile to act decisively if it resulted in a woman's rejection of him. He thinks he is not a Prince Hamlet figure, but a secondary character in life. Worried over growing old, he adopts the fashions of youth. By the beach, he sees images of mermaids singing and swimming. Analysis: The movement in the final section of the poem swings from fairly concrete, realistic scenes from the social world to fantastic images of mermaids "riding seaward on the waves / Combing the white hair of the waves blown back" (126-127). Eliot's objective correlative grows more vague; what exactly does Prufrock feel here? Perhaps Prufrock himself is unsure: "It is impossible to say just what I mean! / But as if a magic lantern threw the nerves in patterns on a screen" (104-105). His own inarticulacy results in the magic lantern's wild kaleidoscopic imagery of teacups and mermaids; aside from desperation and loneliness, confusion is one of the objective correlative's main emotional associations. But Prufrock shows a wise self-regard when he admits he is not Prince Hamlet, nor was meant to be. Hamlet, Shakespeare's famous tragic hero from the play of the same name, is literature's other great indecisive man. Hamlet waffles between wanting to kill his stepfather and holding off for a variety of reasons. The allusion, then, is somewhat ironic, since Prufrock is not even as decisive as Hamlet is. Instead, he is more like the doddering Polonius of Hamlet (the "for you yourself, sir" quote from Hamlet 2.2.205-206, if the "ragged claws" [73] line alludes to it, is spoken by Hamlet to Polonius), or the conventional Shakespearean "Fool" (119). Prufrock is the second-in-command at best, and he comes off as a mock-hero; even the absence of an "I" preceding "Am an attendant lord" bespeaks his lack of ego. The numerous caesurae (pauses) from commas and semicolons in the stanza underscore Prufrock's stagnation and paralysis. The only thing in Prufrock's life not paralyzed is time; it marches on, and Prufrock laments "I grow old . . . I grow old . . . / I shall wear the bottoms of my trousers rolled" (121). The rolled trouser, a popular bohemian style at the time, is a pathetic attempt to ward off death. His refrain of "And would it have been worth it, after all" (87, 99) places his actions in the perfect conditional tense. It is as though he is reviewing actions he has yet to take. Previously, Prufrock wondered if he should "dare / Disturb the universe" (45-46) and squeeze "the universe into a ball" (92). The latter is a reference to Marvell's To His Coy Mistress: "Let us roll all our strength and all / Our sweetness up into one ball, / And tear our pleasures with rough strife / Thorough the iron gates of life" (41-44). Marvell urges his lady to engage in sex with him, as death draws ever closer and their time is running out. Prufrock, on the other hand, knows he is going to die soon but he still cannot even "dare to eat a peach" (122). While Eliot's main intent is to trivialize Prufrock's anxieties - a simple piece of fruit confounds him - the peach has a few other possible meanings. First, it is the Chinese symbol for marriage and immortality, two things Prufrock desires. Moreover, the peach, through shape and texture, has long been a symbol for female genitalia. Prufrock's anxiety about eating a peach, then, has much to do with his feelings of sexual inadequacy, his worry that his balding head and thin physique earn him the scorn of women. Accordingly, Prufrock immediately switches his attention to the mermaids "singing, each to each" (124) - the society of women who ignore him. The elusive images perhaps have more cohesion than on first glance: I have seen them riding seaward on the waves, /Combing the white hair of the waves blown back,/When the wind blows the water white and black. ! di !27 60 line “soul stretched tight across the skies...” Eliot points out the action of ‘stretching’ to suggest a sense of pain and agony created by restlessness. This idea could also be extended to almost make it seem like the man is vulnerable and fragile since his soul is personificated to be “stretching tight.” The accumulation of “four and five and six o’clock” infers a rhythm and a busy ongoing routine which society goes through, almost like in a mechanical way. This further outlines how society is so meaningless since we are forced to go through the same routine everyday. The “evening newspapers” is a reference to the people who travel in public transport everyday and reading the paper in the evening, a routine many people share. The final three lines are very dramatic as Eliot reveals that people are constantly “assured of certain certainties” outlining the lack of uniqueness among society and yet again explaining how we are part of a meaningless routine. The sharpness of the following statement “conscience of a blackened world” is extremely heartbreaking. Eliot for the first time in the poem no longer uses a metaphor to bring across his message but instead makes a definite statement about the fate of society and ultimately, the world. This rather harsh statement gives us the total impression that there is no hope left in society and that we all live in a doomed world with nothing to save us. However, the next stanza directly contrasts this lack of hope. The perspective changes to the first person with a very personal view. His mentioning of “the notion of some infinitely gentle infinitely suffering thing” is a reference to Jesus, a divine source, whom many people of society rely on for hope. Eliot is stating that he is succumbing himself to the hope of a god to save him and society. This denotes that this is exactly what people think of for hope, a divine intervention of some sort to save humanity. But Eliot quickly dismisses this source of hope in the final concluding stanza. Using an extremely harsh and savage tone, Eliot totally disregards the hope of a god saving the world. This yet again brings us back to the tone of a sense of hopelessness, as the world has no one to save it. The use of the world “revolves” tells us that society is still undergoing a continuous process, a reminder of the idea of a meaningless, mechanic routine which society goes through. The very last line “gathering fuel in vacant lots” is a very bleak and terror- filled tone, which the poem concludes on. The ‘vacant lots’ brings us back to the first stanza, a street where the society is corrupt, desolate and fragmented. ———————— Le sezioni I-II furono composte nel 1910 a Harvard, la III a Parigi nel 1911, IV a Harvard. Furono edite insieme su Blast nel 1915. Titolo = forse ricavato da Laforgue (Preludes autobiographiques), inizialmente era Preludes in Roxbury (sobborgo di Boston) Metro = poemetto di 54 versi, perlopiù tetrapodie giambiche, frequenti rime baciate o alternate. Le 4 sezioni descrivono su un comune fondo urbano 1) il sopraggiungere della piovosa sera invernale, 2) il mattino col pensiero dei gesti ripetuti da innumerevoli mani che alzano gli scuri delle finestre, 3) una notte insonne e turbata che si conclude in un mattino greve, 4) e forse di nuovo il venire della sera con un senso di pena e pietà. Nel complesso Preludes evoca il sentimento della vita urbana in diversi momenti. Eliot affermò di aver ricavato alcuni particolari dai romanzi di Charles-Louis Philippe, Bubu de Montparnasse e Marie Donadieu. ! di !30 60 Rhapsody on a windy Night. Time is undeniably associated with notions of present and past, and it plays a significant role in 'Rhapsody on a Windy Night', hereafter in this article referred to as 'Rhapsody'. The modernist interest in time could be argued to be partially determined by earlier scientific discoveries. The concept of time itself had been in the throes of change since the sixteenth century. However the plethora of scientific explorations and discoveries in the nineteenth century seemed to herald a new age in science. While Eliot was engaged in writing the Prufrock poems, advances in theoretical physics, such as Einstein's formulation of the Special Theory of Relativity, were transforming the understanding of time as a physical measure. However, in regards to Eliot's own interests in time, it was the French philosopher Henri Bergson who exerted the most immediate influence. The philosopher's theories on time and his attempts at defining the nature of past, present, and future manifest themselves in several of the Prufrock poems, especially 'Rhapsody', which is usually regarded as reworking some of Bergson's ideas; therefore an understanding of them is useful when evaluating Eliot's own attitudes to the present. In his Creative Evolution (1907) and Matter and Memory (1896) - two works Eliot was familiar with while composing the Prufrock poems - Bergson set out to define the nature of time and consciousness as experienced by human beings. He arrived at an idea he called 'le duree', meaning 'duration', a metaphysical construct which considers evolution and consciousness to be underlain by a constant flow of moments that cannot be measured by clock time. In Creative Evolution, Bergson proposed the notion that an individual's natural state is change, asserting that all feelings and ideas are undergoing constant change. Bergson thought that an individual's memory forms a large part of this process, with past memories constantly resurfacing in a person's consciousness. It is this perpetual resurfacing of the past that plays a central role in 'Rhapsody', where, while wandering around a desolate environment, the protagonist experiences a variety of seemingly fragmented memories. In Matter and Memory Bergson endeavoured to evaluate the nature of consciousness and its inextricable association with time. This was accomplished by attempting to define the relationship between past, present and future. Bergson considered the true essence of time is its transitory nature. This presents a problem in identifying the exact point that could be considered 'the present'. Bergson concedes that what we identify as the present is formed by sensations deriving from the past and actions directed towards the future, and it is this inherent duality that informs much of the content of 'Rhapsody'. The poem is located in an urban environment. As with the other Prufrock poems, a defining feature of 'Rhapsody' is Eliot's perfection of a highly original and distinctly modern poetic voice. It is important to acknowledge that this poet persona is not intended to represent T.S. Eliot himself, but is instead a fictional construction that brings together the formal and thematic qualities of the poem. This particular poetic consciousness belongs to an alienated individual who recounts their experiences while wandering around a desolate city after midnight. The use of the word 'rhapsody' in the poem's title is somewhat ironic, in that we normally associate this word with 'enthusiasm' or 'extravagance'; the observations and recollections that the poet persona experiences appear more to do with degradation and futility, and the prevailing tone is generally bleak and depressing. The poet persona in 'Rhapsody' is typified by a lack of control, predominantly illustrated by the seeming random appearance of memories. The reader gathers that the protagonist of 'Rhapsody' has little to no control over this incessant flow of resurfacing memories. Eliot illustrates this unpredictably of memory in several lines but perhaps most notably in the bizarre image of 'a madman shakes a dead geranium'. The geraniums become a symbol for the involuntariness of the poet persona's memory in the later lines 'The reminiscence comes / Of sunless dry geraniums'. ! di !31 60 The street lamps the poet persona encounters play a key role in the poem. They are personified - a device that contributes to the protagonist's fragmented and dissociated nature - in the second stanza, with the lines 'The street-lamp sputtered / The street-lamp muttered / The street-lamp said'. Eliot accomplishes this disjointed effect by having the poet persona's perceptions depicted as observations from the street-lamps. For example, in the second stanza the protagonist is instructed by the street lamp to observe a woman, while in the fourth and fifth stanzas they are directed to look at a cat, and then the moon, respectively. These urban sightings are deliberately depressing: the woman is clearly a prostitute; the cat is described as slipping out its tongue to devour 'a morsel of rancid butter' - an act the reader assumes to be a subtle reflection on the protagonist's own futile existence; while the moon is delineated in the most anti-romantic hue: 'A washed-out smallpox cracks her face'. These images and those from the protagonist's memory are juxtaposed with the inexorable march of clock time, illustrated by the stark fact that most of the stanzas begin by informing the reader of the actual time. In the poem "Rhapsody on a Windy Night," the "I" of the poem experiences, as he walks, a mental struggle between two views of the world, one active, focused on the moving present, and one passive, focused on the inert past. This struggle is expressed through two images, that of the street lamp and that of memory. The poem alternates between their two perspectives. Rhapsody on a Windy Night describes a town scene and is based on a musical idea. Details in this poem- including the sight of the street- lamps, the woman in the doorway, the smells, the memories- are derived from the novel Babu de Montparnasse (1898) by Charles- Louis Philippe. Eliot composed this poem in the characteristic manner of the French symbolists, especially Laforgue, who concentrated a number of fragmented, broken images to suggest the sordid life and squalor of a modern city. The poem subverts the romantic connotations of the title. The term 'rhapsody' was originally used for a portion of an epic poem, such as a book of the Iliad, adapted for recitation. It is used in a general sense for any ecstatic, highly emotional utterance; and it can also refer to a fragmented, disconnected series. In music, 'rhapsody' is an instrumental composition, improvisational, and irregular and form, the most famous being Franz Liszt's 'Hungarian Rhapsodies' for the piano. Rhapsody on a Windy Night" does not have a regular stanzaic pattern. It is composed of strophes, which are irregular rhetorical units of free verse, determined by rhythmic or emotional completeness rather than by metrical pattern. The structure of the poem is carefully controlled, however, although it might appear to be a collage of fragmented images. —- First published by Eliot in 1915 and one of two Boston poems written by him (The Love Song of J Alfred Prufrock being the other) gives us an insight into upper class society of the time - something rather dispirited and forlorn and filled by upper class society ladies, as soulless and empty, as the female subject of the poem – and by young men (like the poet himself) and like the personality of the poem who reveals himself in the course of the poem, as the one who is truly callous and unfeeling. The world of the poem is covered in smoke and haze – the scene that is evoked is that of a Half Life, the individuality of the characters already swallowed by the abyss of ritual that has lost its meaning: Among the smoke and fog of a December afternoon/ You have the scene arrange itself--as it will seem to do—“ These lines mock by the suggestion of a subtle romantic atmosphere, the poem’s opening lines which are decidedly unromantic. The talk of “fornication” and death is a verbal attack on any ! di !32 60 Early poems: from Prufrock to Gerontion - J.C.C. Mays I lettori di una poesia dovrebbero cercare di afferrare ciò che la poesia intende essere, tentare di afferrare la sua entelechia, temine che in Aristotele enfatizza l’obiettivo in contrapposizione alla causa. La raccomandazione di Eliot offre un via utile per comprendere la relazione delle sue prime poesia con quelle che seguono, nei termini della fine che egli pensava essi condividessero, e questa fine può essere spiegata attraverso una comparazione W.B. Yeats. Prendiamo per esempio, i versi che chiudono Among School Children (Yeats), che descrivono l’immagine di castagni e l’impossibilità di conoscere il danzatore dalla danza. Ci sono molti passaggi simili in Yeats che estendono il significato di quanto egli scrisse Among SC. Per esempio la quarta strofa di Byzantium uguaglia la danza con il trance, e così via. Ma in Eliot il caso è significativamente diverso. Essi mandano il lettore avanti e indietro, da un pezzo all’altro, e questa è la loro natura; ogni set di versi abbisogna di un altro per completare il suo significato, non solo per aggiungere un altra dimensione al significato ch’è già completo. Eliot usa lo stile, quota stili, come una maniera di putting it. Lui rappresenta le cose in maniere che sono bellissime e suggestive, ma la rappresentazione non pretende di racchiudere l’interezza della vita, e ciò che egli dice non è meno memorabile poiché egli ammette incompletezza. Yeats, invece, comprende tutto in termine di stile; crea uno stile in un poesia e questo è lui; non c’è altro. La comparazione può essere resa anche in altri termini. Entrambi i poeti concepiscono la relazione tra vita e arte come tragica. L’atteggiamento di Yeats è caratterizzato della sua pertinenza, audacia, integrità, intelligenza, coraggio, e poiché la sua poesia raccoglie queste qualità, essa le rende grandemente. Non c’è tuttavia nulla di umile al riguardo. Umiltà è i il grande tema di Eliot, perché essa devo esserlo: le parole non abbracciano mai il significato adeguatamente, o perché sono relativamente inerti o troppo mobili. La differente relazione tra arte e vita in Yeats e E evidenzia un umore centrale in Eliot: è composto di sforzo e fallimento inevitabile, di pathos e insistenza; attraversa un arco di sentimento che si estende dalla pre-sofferenza di Tiresias in The Waste Land alla esultante umiltà di Little Gidding. Ciò che F.R.Leavis chiama tecnica della sincerità. Un altro aspetto della comparazione può essere compiuta per illuminare la tecnica di Eliot. La domanda che chiude Among S.C., si pone come non-in-grado-di-essere-risposta: how can we know the dancer from the dance? L’autorità di Y riposa su un presupposto che i temi e le tecniche nella poesia sono identici. Quando la relazione tra loro si rompe, la poesia si divide in melodramma o sentimento: il sentimento, quando noi siamo consci che quanto detto è meno di quanto fosse inteso; il melodramma, quando accade il contrario, e quanto detto supera quanto inteso. Il punto di partenza per Eliot è prendere la rottura (il breakdown) per garantita. Ciò presuppone che la volontà non può raggiungere i suoi oggetti e questi, tema e tecnica, non possono essere riconciliati in una maniera fondamentale. Lui coinvolge il sé nel divorzio tra contenuto e forma, tra ciò che si intende e ciò che può essere detto, e scrive una parodia del fallimento. Comparando l’inizio di The Lake Isle of Innisfree, che poi Yeats ripudierà, con il deliberatamente opposto sentimento all’inizio di The Love Song of J.A.Prufrock. Dove Yeats termina la sua poesia ancora sentendo lake water lapping with low sounds by the shore, Prufrock descrive la sua visione in termini di delusione. I primi due volumi di Eliot si conformano alla centrale e continua tendenza che ho descritto. I temi e gli approcci che lo preoccupavano alla fine della sua carriera emergono già in Prufrock, poesia d’apertura della prima raccolta. Prufrock divide in un you e un I; la dissociazione è continuamente attribuita a un fallimento dei nervi, una essenziale timidezza. La stessa timidezza determina altre caratteristiche del verso di Eliot come il ritiro della personalità affermativa, il tono ironico, l’uso di citazioni e allusioni, la struttura disgiuntiva. ! di !35 60 La volontà d’Eliot d’essere un grande poeta riposa sul rifiuto dell’asserzione. Egli è grande tanto da ridefinire la timidezza come umiltà e i limiti della poesia sono riconosciuti mentre egli cerca di sfondarli. Egli è un grande poeta moderno per il fatto che egli tradusse i tristi accadimenti della sua vita in poesia, in un modo che miracolosamente contesse l’esultanza e la disperazione di una generazione. George Oppen descrisse l’alternativa che E scelse, non per cercare di riscrivere le ultime parole di Prufrock (till other voices wake / us or we drown). I suoi semplici cambiamenti dirigono l’attenzione sul mondo al di fuori del solitario e solipsistico Io lirico. La scelta gli portò fama e pace mentale, ma, negli anni trascorsi dalla sua morte, il suo esempio as witness è stato più toccante generale per i lettori che produttivo per altri poeti. La Canzone d’Amore domina il volume del 1917 nel quale appare. Il suo disegno intellettuale è così chiaro, il suo movimento emotivo così soddisfacente. Le sue caratteristiche sono state analizzate in una dozzina di libri e migliaia di lezioni; l’epigrafe che mette in risalto il tema della paralisi della autoconsapevolezza, i pronomi Io e Noi e Tu; il movimento di irregolari e a volte non-rimati versi; la tendenza delle immagini, come quella della nebbia come gatto, che assumono al di là delle loro referenze vita propria; il cambio repentino dei tempi nel condizionale. Sebbene Pound ritenesse che il passaggio Amleto-Polonio dovesse essere accorciato, rende comunque un effetto straordinario e persuasivo. Eliot spiegò l’effetto di Prufrock nel corso del suo Tradition and the Individual Talent. La Figlia che Piange ha un’origine molto differente da Pruf, il suo differente scopo e costruzione involvono il lettore differente, ma nell’orbita della poesia più lunga, questo prolunga e attenua lo stesso motivo. Portait of a Lady, segue direttamente Pruf, come la stessa storia detta da voci che convergono, permettendo più a un differente ma complementare punto di vista - quello di una femminea versione di Prufrock - che è similmente patetico, inadeguato, intrappolato dalle circostanze. Simili motivi ricorrono: discussioni su Chopin invece che su Michelangelo, il servire e bere te. La poesia è scritta come un monologo di voci in rimbalzo, dove i pensieri dell’uomo privo di nome sono interpretati dalla da quelli della donna priva di nome, in versi rimati e non, la cui lunghezza è variabile; il movimento va da una frustrata speranza a un fallimento insoddisfacente. Così anche Preludes e Rhapsody on a Windy Night, che seguono Pruf e Portrait. Questi rinforzano e viaggiano le note di noia con differenti immagini di pesantezza. I primi due Preludes rimano una scena serale contro una mattutina così da far collassare le differenze e la speranza di cambiamento; la seconda coppia dei preludi rima alba contro tramonto, e all’interno di ciascuna scena maggior dramma è promesso solo per rendere evidente che nulla accadrà. Kenner nota che queste poesie non sono esercizi imagisti. Le immagine di Eliot non sono presentate come autosufficienti punti di riposo estatico. Gerontion, aprendo il volume del 1920, è decisamente continuo nel tema e nell’umore, sebbene porti le stesse implicazioni ancora più lontano. E’ sempre un monologo narrato da una voce che ricorda quella di Pruf, identificato dal titolo come un piccolo vecchio uomo. Il movimento ottativo di Pruf attraverso la donna che egli anela attraverso strade labirintiche, è selezionato in Gerontion attraverso il labirinto della storia attraverso un protagonista che si rivela sorprendentemente essere donna. C’è lo stesso attento gioco con i pronomi - Us, I, We, You; lo stesso cambio da Have a Should. Immagine simili concludono ciascuna poesia, la visione dandy delle sirene, e in Gerontion una visione più isolata di un gabbiano contro il vento, remoto e perso all’uomo. Ciò che Gerontion aggiunge a Prufrock è la forza della generalità. Riduce il senso di profondità personale e dimensione comica e, contemporaneamente, allarga il raggio di referenza. Gerontion è un persona meno stabile, meno identificabile di ciascun parlate presente nel volume precedente. Prufrock è un character, dove Geroniton non lo è (come dice Maud Ellmann). ! di !36 60 Il volume del 1920, dopo Gerontion, è ricco di poesie quartine o in francese. Le altre poesie differiscono da Prufrock per proporzioni di pathos e satira; il loro principio strutturale non è ricerca fallita, ma piuttosto una più o meno statica situazione vista satiricamente. Le poesia satiriche controbilanciano l’insoddisfazione sessuale al centro di Prufrock e La Figlia che Piange, e le allusioni e lo spettacolo di intelligenza porta a una distanza nella quale la persona di Eliot è in gradi di allargarsi. Due cose sembrano aver aiutato nel portato avanti questo nuovo aspetto della scrittura eliotipia. 1) L’amicizia con Pound portò al loro conscio esperimento comune in rima e strofe regolari, basato sul Emaux et Camees di Gautier e il Bay State Hymn Book. Pound articolò il loro obiettivo come fosse più grande oggettività, salvare i loro versi dal cadere nel flusso delle riflessioni dei loro partecipanti. Il suo Hugh Selwyn Mauberley è il contrappunto alle quartine di Eliot. 2) le critiche che E andava scrivendo influirono sul suo verso profondamente. La sua scoperta di drammaturghi quali Webster, Tourneur e Middleton non solo fornì particolari allusioni, ma la natura della sua lettura influenzò la maniera in cui tali allusioni venivano utilizzate. Spesso, parole ordinarie e frasi venivano tirate dal loro contesto per echeggiare e assumere nuovi significati in nuovi contesti. Una tecnica ventriloqua che segna Gerontion e le poesie che lo accompagnano. Il senso di shock e reale difficoltà sentito da i primi lettori di Eliot sta a ricordare le qualità che la familiarità può prendere. Sempre, il suo status si altera nel processo. La carriera di Eliot scrittore si accompagna a quella di lettore. La sua carriera si muove meno consistentemente nella direzione del pellegrinaggio spirituale che ha evidenziato in The Frontiers Of Criticism; i suoi primi volumi contengono non solo l’inizio della tendenza con la quella la sua carriera continuò. The Road Not Taken fornisce un immagine che mantenne il presente argomento chiaro. E’ una distorsione retrospettiva comprendere le quartine di Eliot come giustapposizioni satiriche al suo tema confessionale, che aiutò ad allargare il suo scopo ma che sono disturbatrici poiché portano in direzioni differenti. Ciò che da un pdv è irrilevante è, da un altro pdv, una misura della loro apertura; queste poesie in quartine mostrano Eliot, nei suoi stessi termini, scrivere al di fuori di sé stesso. La qualità inventiva e l’energie e il divertimento esprimono se stessi in molte maniere. Hugh- Kenner hanno alcune caratteristicamente acuti commenti sull’innaffiamento della forma in strofa, dicendo c’è una sorpresa ad ogni angolo. The Hippopotamus è la più regolare nell’adozione della strofa di Gautier di 2 rime. Il campo di referenza non è solo più ampio e compresso nel volume del 1920, ma le referenze operano con differente effetto. Dove la comparazione di Prufrock di se stesso a Giovanni Battista, o Polonio guadagna una certa grigia simpatia; l’immagine dei fiori nascenti da un teschio in Whispers of Immortality, è solo di meravigliarsene. Non c’è possibilità dell’allusione d’essere assorbito per costruire un senso del personaggio del parlante. Dove il personaggio di Prufrock concentra simpatia, le personificazioni di Sweeney generano fascinazione e disgusto; la loro animazione dipende da un grado di animosità. C’è una comparazione da fare con Wordsworth nel contributo del 1798 alle Ballate Liriche. Poesie nella forma della ballata come The Idiot Boy possiedono una selvaggia e non assimilata ilarità che Wordsworth e Coleridge appaiono aver riconosciuto da uno speciale uso di parole come glee e joy. Persone assorte dai loro stessi problemi - Words, e Eliot - furono interrotti a uno stadio cruciale delle loro carriere - da Coleridge e Pound - in maniere che li aiutarono a scrivere fuori da loro stessi. La relazione di Pound con Eliot era complementare. Accanto l’assistenza materiale che gli diede, gli procurò qualcuno con il quale potesse confrontare le proprie differenze. E il volume del 1920 lo lasciò diviso in due direzioni, la direzione che condivideva con Pound soggiogata dalla direzione che scelse di seguire. ! di !37 60 TS. Eliot e il simbolismo (il simbolismo nella letteratura nord-americana). Si dirà un giorno l’eta di Eliot come si è detto di Sh, o più ampiamente di dirà l’età dell’ansia? Ad ogni modo le due denominazioni sarebbero sinonime, poiché appunto nel segno dell’ansia egli ha scritto la sua composizione che ha avuto più eco, WL. La prima parte della sua carriera potrebbe denominarsi The road to the WL. Eliot poeta nasce press’a poco al tempo in cui egli divenne studente universitario a Harvard, 1906, o meglio nasce allora un versificatore non notevole, che a poco a poco trova un più profondo se stesso a contatto dell’ambiente culturale eclettico di Boston. Influssi dai dantisti di Harvard non fanno che sentire il loro influsso più tardi. Altri germi vitali eran deposti nella mente del giovane Eliot a H: nel 1906 il corso di Briggs gli faceva conoscere Donne e gli elisabettiani; il corso di Babbitt lo introduceva alla poesia e alla critica dell’800 francese; ancora più fecondi furono pel momento gli stimoli culturali extra- universitari: il libro The Symbolist Movement in Literature (Arthur Symons) che gli rivelò i simbolisti francesi e il libro di Pound The Spirit of Romance. Dei simbolisti francesi, due soprattutto lasciarono la loro impronta su Eliot: Corbiere, il poeta maledetto di Les Amours Jaunes e Jules Laforgue. Quanto al Laforgue, poco importa che oggi egli ci sembri un poeta minore sulla scia di Heine, sebbene molto rappresentativo d’un’epoca: in Pound egli era un poeta enorme: Laforgue fu la fine d’un’epoca: cioè assommò in sé, sintetizzò ed esaurì la letteratura francese dell’800. Ebbe influenze anche nei discepoli italiani che lo semplificarono (Palazzeschi), e provincializzarono (Gozzano). In un certo senso, la poesia di Laforgue era in Italia un cavallo di ritorno, poiché L, nel suo primo libro di versi in Crepuscule de Dimanche d’ètè imitava la Sera del dì di festa di Leopardi. Ma quello che gli italiani non riuscivano a ricuperare dal Laforgue era la nota più profonda di disperazione presente in tutta quella poesia. La Passeggiata di Palazzeschi riflette un tedio, quella di Laforgue una desolazione cosmica. Da Laf Gozzano derivò una mescolanza di sentimentalismo e di ironia, il punti di vista scettico d’una mente disincantata. Anche Corazzino fin dal titolo del Libro per la sera della domenica chiaramente denuncia il carattere laforguiano della sua ispirazione. Questi poeti italiani riducono la Musa laforguiana a un repertorio di genere: violette appassite, marionette patetiche, e facilmente scivolano nell’imitazione dei più manierati belgi. Ora in Eliot, l’ispirazione laforguiana assunse un ben più ampio respiro che non negli imitatori italiani di L, e questo avvenne grazie a una felice intuizione culturale di Eliot. Il caso gli mise contemporaneamente davanti Donne e gli elisabettiani, e i simbolisti francesi. La forma cui cominciai a scrivere, nel 1908, era derivata direttamente dallo studio di L insieme col più tardo dramma elisabettiano; e io non conosco nessuno che prendesse le mosse esattamente da quel punto. Axel’s Castle = le enfatiche argute quartine di Corbiere, coi loro improvvisi scivolamenti nella tenerezza e nel pathos, si riodono nelle quartine satiriche di Eliot: una poesia come Mr. Eliot’s Sunday Morning Service non avrebbe potuto essere stata scritta senza la Rapsode forcine di Corbiere, e come Conversation galante deriva da certe poesie delle Complaintes di L, così i più complessi Portrait of a lady e The love song of J. seguono davvicino le poesie più lunghe di L. Dopo Prufrock Eliot scrisse 12 poesie, raccolte in volume nel 1920 col titolo di Ara Vos Prec (le tre prime parole del passo provenzale che Dante mette in bocca ad Arnaldo Daniello nel canto XXVI del Purgatorio), poi col titolo di Poems. Gerontion va oltre alla WL, preannunciando l’Eliot più maturo di Ash Wednesday e dei Four Quartets: lì il dettato fluisce con un’eloquenza contenuta e profonda da monologo di personaggio elisabettiano; segna una nuova strada in cui di più in più fievoli s’udiranno i bizzarri smantellamenti del miglio fabbro. L’angoscia di G è, come quella di WL, la disperata aridità di chi ha tutto saputo, esaurito, e in tutto ha sentito l’inquinamento: ma il senso della colpa è ancora passivo, non è ancora divenuto desiderio di purificazione, non si è ancora trasformato in fermento di elevazione morale. ! di !40 60 WL ebbe una prima stesura in Svizzera, dove E si recò nel 1921 in seguito a un esaurimento causato, pare, dal dover attendere a un lavoro ingrato ed estenuante come quello della banca, tanto in contrasto con la sua natura. Durante il viaggio di ritorno il poeta si fermò a Parigi, e fu consigliato dall’amico Pound di sfrondare il poemetto. Laforgue, Corbiere, Rimbaud, Pound, Hulme, Donne, gli elisabettiani… la lista delle buone fate che han presieduto alla nascita di questo poeta non si esaurisce facilmente, ma tra esse primeggia la musa dantesca. Fu sempre il Pound critico a guidare dapprima E per la nuova strada, il Pound che aveva rimesso in onore l’allegoria dantesca intesa come un mezzo per distaccarsi dalle emozioni, per visualizzarle. Per P il poeta medievale l’allegoria non era una finzione; non aveva nulla di retorico; nel Medioevo l’aver visioni era considerato con rispetto; il tentativo del poeta di riprodurre esattamente la cosa che egli aveva effettivamente veduta genera chiarezza. Se accanto a quel passo dello Spirit of Romance leggiamo ciò che Eliot dice sullo stesso argomento nel suo Dante, scoprimento facilmente le affinità: noi tendiamo a considerare l’allegoria un noioso indovinello; per un poeta competente allegoria significa chiare immagini visive. Questo passo - da Dante- è più vicino a The Spirit of Romance del passo sull’allegoria nel breve saggio in The Sacred Wood: quella di Dante è la più comprensiva e ordinata presentazione delle emozioni che mai sia stata fatta. Spirit of Romance = non c’è dubbio che Dante concepisse l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso reali come stati, non come luoghi. nel leggere la Commedia, conviene riguardare le descrizioni dantesche delle azioni e delle condizioni delle anime quali descrizioni di stati mentali degli uomini nella vita, in cui essi, dopo morte, sono costretti a perseverare: cioè, l’aspetto degli uomini visti visibilmente dinanzi agli occhi della mente di Dante. L’E ha cercato di rimettere in onore questo metodo soprattutto in Ash-Wednesday, trovando chiare immagini, o piuttosto simboli, facenti appello ai sensi, atti ad evocare le emozioni di cui essi sono il correlativo oggettivo. La credenza in questa fusione ideale d’intelletto e di emozione, che si ritroverebbe solo nei poeti metafisici (di cui E distingue tre scuole, ma medievale che culmina in Dante, la barocca che culmina in Donne e Marvell, e la simbolista con Baudelaire, Laforgue, Rimbaud) diventò il criterio fondamentale di Eliot nella sua concezione della storia della poesia: il razionalismo scientifico del 6-700 avrebbe portato alla dissociazione della sensibilità, onde la necessità d’una reintegrazione da parte dei poeti d’oggi. La carriera poetica di E potrebbe descriversi come una regressione dalla moderna all’antica Musa, dal simbolismo inteso in senso individuale, dei moderni, (Mallarmè) al simbolismo dantesco. Grande poeta è colui che esprime la più grande intensità emotiva del tempo suo, basata su quello che costituisce il pensiero del suo tempo, qualunque esso sia. Grandi poeti in questo senso metafisico furono Dante, portavoce della religione medievale, Donne, esponente del travaglio settecentesco, combattuto tra una teologia in procinto di disgregarsi e una scienza in rapida formazione; infine Laforgue, che esprime meglio d’ogni altro la crisi dell’Ottocento, crisi di pensiero e di società. Dante offre a E il modello dell’impersonalità del poeta, premessa necessaria d’ogni classicismo. Santayana: Dante dà un riuscito esempio della più alta specie di poesia. Questa teoria dell’impersonalità era stata già svolta nel saggio su Tradition and the Individual Talent, ove può leggersi tra l’altro: il processo d’un artista sta in una continua abnegazione, in una continua estinzione di personalità. E’ interessante rintracciare il germe di queste idee nella letteratura del Dante del Grandgent: in nessun rispetto, forse, gli scritti medievali differiscono in modo più patente dai moderni, quanto nella loro dignitosa impersonalità. Mettere per un momento a contrasto quest’atteggiamento con ! di !41 60 l’espansività odierna, con la nostra compassionevole bramosia di svelare ogni particularuzzo della nostra esistenza corporale e spirituale. Le idee sull’impersonalità del poeta che l’E trova in Santayana e in Grandgent partecipano di quell’idealismo etico e di quel timore della volgarità che sono tipici della mente puritana. Uno dei principali temi della poesia di Eliot è in realtà quel rimorso per situazioni non esplorate, quel tenebroso struggimento per passioni inibite, che han figurato in modo così cospicuo nell’opera degli scrittori della New England e di New York da Hawthorne a Wharton. La più complessa espressione del tema dell’inedia emotiva si trova nella WL…da un capo all’altro vi troviamo i conflitti peculiari del Puritano diventato artista: l’orrore della volgarità e la timida simpatia per la vita comune, l’ascetico ritrarsi dalla esperienza sessuale e lo sconforto all’isterilirsi delle sorgenti dell’emozione sessuale, e infine il tentativo di sostituire questa con un’emozione religiosa. Se questo sfondo puritano può in una certa misura spiegare la predilezione di E per l’impersonalità dell’artista, e per un tipo di simbologia spersonalizzata, universale, che troverebbe il suo modello nell’allegoria dantesca, d’altra parte le idee che egli sviluppa sotto lo stimolo di Pound, il miglior fabbro, riguardano piuttosto la tecnica del verso, il ritrovamento di un disegno di chiare immagini visive capace d’evocare immediatamente l’emozione sottesa. Le immagini sono il correlativo oggettivo delle emozioni che intendono suggerire, il linguaggio stimola l’immaginazione uditiva: in entrambi v’è un elemento di estrema precisione e un elemento di incognito e indistinto. Se supponiamo che Eliot abbia trovato in codesti canti (XXX-XXXI, Purgatorio) ispirazione di Ash, il simbolismo di questo poema sembra divenire trasparente d’un tratto. I 3 leopardi bianchi appartengono allo stesso simbolismo animale dell’aquila, della volpe e del drago del XXXII, e naturalmente delle 3 bestie nel primo dell’Inferno. Our peace in his will traduce il famoso verso del Paradiso: E’n la sua volontari è nostra pace. Sicché il disegno delle immagini in As pare suggerito da Dante, ma in un modo molto singolare. E’ come se Eliot avesse letto Dante senza prestare molta attenzione al senso, ma abbandonandosi l’impressione di poche chiare immagini visive. In realtà val meglio, all’inizio, di non sapere o curarsi di quel che significano… chiare immagini visive ricevono assai più intensità dal fatto d’aver un significato: non è necessario che noi sappiamo quale sia questo significato, dobbiamo essere consapevoli che c’è pure il significato. Non si trova in Dante l’effetto che Elio ottiene in quella Ash e altre, nei 4 Quartetti, un genere d’effetto al quale i simbolisti francesi della fine del secolo scorso miravano, d’evocare una presenza magica per via di tratti in parte vividissimi, in parte evasivi. Matthiessen scrive di Gerontion: come egli disse una volta in una conversazione, le immagini sono qui ‘consciamente concrete’. Ma egli crede pure che se esse con rese chiaramente, rappresentano qualcosa di più vasto di esse medesime. Mentre per Yeats i simbolisti devono essere scelti da tutte quelle cose che avevano più commosso gli uomini durante molti secoli, soprattutto i cristiani, l’E sceglie simboli nuovi da occasioni che hanno fortemente impegnata la sua sensibilità. La poetica simbolista s’incontra in Eliot con l’effetto prodotto dalla lettura dantesca, e ne nasce quella sua poesia che tra una sua scabra e soave originalità dalla decantazione dei più vari climi culturali. ! di !42 60 ironia del testo che è merito grande del new crticism prima e dello strutturalismo poi avere individuato e definito, e dall’altro quel trauma, terrore senza catarsi, che nasce dalla percezione dell’abisso. Con Blake, dei Libri Profetici, ha luogo una svolta nella poesia, e dunque nella performance del testo, che fa della sua esperienza, e di quella romantica e simbolista, una delle tappe decisive della poesia moderna. La ragione della poesia romantica sta nella creazione di un linguaggio poetico, in cui come nel lignaggio di Blake visionario, il testo non solo rinnova quel dramma, quel conflitto tra occultamento e rivelazione del sacro, ma diventa esso stesso sacro. Il lettore non solo viene condotto dal movimento della poesia verso la soglia cui l’arte tende ma collocato di fronte ad un testo poetico che è esso stesso quella soglia. La poesia non solo indica un cammino da percorrere ma è quel cammino, subisce essa stessa, nel suo linguaggio, l’esperienza di morire alla vita di cui dice Keats nell’Iperione. E se tutte le grandi liriche romantiche potrebbero offrire testimonianza di queste qualità che il testo assume, l’Ode sull’urna greca di Keats offre un esempio ancora più ricco perché in essa chiaramente e dolorosamente emerge un ulteriore motivo: quello della finitudine dell’arte. L’immersione di ogni elemento della vita nella morte; c’è una tensione del linguaggio che mira, questa morte, abisso, ad esplorarlo con la parola, facendo del testo poetico un’esperienza dell’assoluto, eterno; ma c’è anche la dolente consapevolezza dei limiti dell’arte pur protesa in questo sforzo supremo. E’ la storia di Eliot: di una misteriosa lirica come La Figlia che piange, dove la ricerca si compie attorno a un oggetto, una stele che E non riuscì mai a vedere; o dei 4 Quartetti, in cui la dimensione religiosa, l’aspirazione formale a un punto fermo che s’identifica col Cristo incarnato, rende ancora più complessa, come nell’ultimo Auden, l’esperienza poetica. Storia davvero drammatica, e strada davvero impervia, anzitutto per il poeta, in cui quel dramma eroico dell’artista che sempre vive nella creazione poetica si trasforma in una strenua lotta con la parola, tesa da un lato verso l’assoluto, assoluto essa stessa ma insieme tarpata dalla propria inadeguatezza. Le parole si tendono / s’incrinano e a volte si spezzano / (…) decadono per imprecisione. Ma strada impervia anche per il lettore, sottoposto alla massima tensione dell’intera storia della poesia, collocato com’è di fronte a un testo che è diventato non immagine di un’esperienza ma esperienza esso stesso, e la più complessa e rischiosa che il lettore abbia mai dovuto affrontare. Narrativa = verso tale verità, assoluti, muovo nella narrativa quella americana dell’800 e mentre non meraviglia allora che in essa il divario tra artista e società sia ancora più marcato, non meraviglia nemmeno che in essa si scorga con grande evidenza quel cammino del testo che si è seguito fin qui. Il romance ha anche la funzione del teatro nel teatro: quella di produrre la sospensione della sospensione dell’incredulità, di condurre il lettore in una zona così evidentemente artificiale da renderlo consapevole ch’è di fronte a una finzione. Non sembri un paradosso ma proprio per questo è il romance, nella narrativa, il momento della verità là dove il novel è il momento dell’illusione. Questo può spiegare anche la tensione verso il gotico, fantastico, che sottende la storia del novel, esplodendo alla fine del 700 e mai venendo meno. Questa è la grande illusione dell’età moderna, e della società borghese - l’illusione di potersi appropriare, attraverso l’arte, del reale, così sanando anche la lacerazione tra arte e società svelata prima dal teatro e poi specialmente dalla poesia. Con la sua fiducia nel progresso, il 700 borghese tenta di inventare, con la prosa del mondo, una forma artistica che da un lato celebri l’uomo borghese e dall’altro faccia del romanziere (come scrive Fielding), il monarca di un regno dell’arte che vuol essere il mondo. Già in Robinson Crusoe, archetipo del moderno novel, la celebrazione dell’eroe borghese mostra di pagina in pagina le sue crepe. Con i Viaggi di Gulliver lo smascheramento è totale, il patto col ! di !45 60 lettore infranto. Il Tristram Shandy manda in pezzi la grande costruzione. Come avviene col metateatro, mettendo a nudo i meccanismi del novel Sterne solo in apparenza lo esalta, lo rafforza, ne attesta la maturità ma anche ne rivela l’inconsistenza in quanto realtà che lo scrittore e il lettore possano attraversare e possedere. Non a caso il solo pattern che possa sostenere l’opera è la maschera del fool di una mera convenzione teatrale. Sterne, insomma, avverte il lettore che ha davanti a sé un gioco una finzione, non uno strumento per possedere il mondo. Il romanzo può porsi, come scrive C. Levi in una sua prefazione, come fuga dalla morte, ma la morte è in attesa, il tempo è irredimibile, l’arte non può fermarlo o controllarlo (vd. Faust). E’ fuori del libro ad attendere il lettore, il quale quanto più saprà di trovarsi davanti a un’illusione tanto più fortemente e dolorosamente sentirà l’incubo della condizione umana. Proprio mentre viene pubblicato Shandy assistiamo al fiorire di quel Romanzo Nero che di tale incubo è espressione. E anche assistiamo alla rinuncia a ogni ottimismo e dominio e tende o al romance o ad una forma il cui realismo non consiste nella ricomposizione, nell’arte, del reale ma nel rifiuto di essa, nella rinuncia all’ordine. Anche la narrativa dell’età vittoriana è assai più problematica di come non sia stata proclamata. Arte caratterizzata, secondo l’interpretazione di Praz,dalla crisi dell’eroe; un’arte che scopre con Dickens, l’angoscia di cui può essere intrisa la città moderna. Col Conrad di Cuore di tenebra l’orrore della realtà. La Monna Lisa di Walter Pater aggiunge al ritratto romantico della donna fatale il fatto che questa pagina racchiude il conflitto e il movimento dell’arte moderna: il suo creare un mondo di bellezza al quale il lettore si abbandona e nel quale si immerge per ricavarne una lacerazione, un brivido di morte, la verità della condizione umana. James da un lato porta il novel al suo massimo di consapevolezza, creando perfette architetture, universi narrativi che paiono del tutto autonomi, e auto-referenziali. Ma James è altrettanto consapevole che questi sono universi artistici. La vera funzione del più celebrato strumento tecnico jamesiano, il punto di vista circoscritto. Se esso giova sommamente a creare una struttura oggettiva, ad eliminare il narratore onnisciente, a far assumere al romanzo la condizione del dramma, esso è anche e sopratutto lo strumento che fa emergere la lacerazione, che innesca il processo che distrugge l’immagine di bellezza. L’Ulisse è certo l’esempio più alto e coerente di un universo narrativo interamente autonomo, prodigiosamente costruito con la scrittura - e tuttavia lo stream of consciousness irrompe e dilaga il magma del reale, della materia, della morte… costringe il lettore a vedere e patire le ferite del mondo. Assai più grande di come non sia apparsa risulta l’opera di Woolf: in Gita al Faro e in Le Onde ogni illusione è scomparsa e la scrittrice affronta direttamente, senza mediazioni, il sacro. La scrittura si fa evento e distrugge la forma pur rassicurante del novel. Il testo narrativo muove verso la poesia o il teatro. Il romanzo come tale (lo vediamo in Borges, Calvino, e postmoderni) è sopratutto riflessione sul romanzo; il romanziere è diventato critico e una performance critica sostituisce quella narrativa. Come Keats, nelle lettere, dice della poesia, potremmo dire che il testo non sopporta alcun tangibile disegno da parte della critica. Il critico devo entrare nel labirinto, deve accettarlo com’è, non trasportarlo nella sua stanza ordinata, modificarlo nel suo laboratorio. Il testo esiste. Ma la sua esistenza sta nella sua metamorfosi, in questa sua performance; e il critico, per affrontarla deve rinunciare a ogni certezza. Il critico dovrà forse assumere l’impersonalità che Eliot vuole per il poeta; o farsi camaleonte come ancora del poeta dice Keats. Ma un modello più pertinente potrà essere il narratore dell’Uomo della folla di Poe, che incessantemente, seppur vanamente segue l’oggetto della sua osservazione in ogni movimento e istante della lunga giornata; oppure il Marlow di Conrad con la sua ostinata ricerca di notizie e dati. Come nessuno di loro scoprirà le ragioni ultime del testo che leggono, così il critico imperfetto non scoprirà la cifra nel tappeto. Accettando tuttavia con umile coraggio la propria ! di !46 60 imperfezione e non sovrapponendosi ma interrogandosi senza soste sul teso, egli potrà accostarsi alla difficile verità, a sua volta imperfetta. Shakespeare e la tragedia del linguaggio. Quando si compie un gesto creativo, anche si compie un atto di distruzione. L’artista, per costruire, deve fare il vuoto intorno a sè, e l’opera nuova può solo nascere dalle rovine di quelle precedenti. L’artista usa sì forme e convenzioni ricevute dal passato ma per violentarle, come Shakespeare manipola le sue fonti. L’arte vera è sempre trasgressiva, il problema della critica è di conoscere la discontinuità, rottura. Una vita d’allegoria definiva Keats la vita di Sh: e l’allegoria è quella di un poeta strenuamente teso a creare il nuovo, non a imitare il mondo ma a ricrearlo. Nessuna delle forme ricevute rimane qual era. Sh non è mai statico, non è mai passivo. Anch’egli è consapevole che la concezione di una gerarchia regolatrice dei rapporti umani in quanto riflesso della gerarchia regolatrice dei rapporti umani in quanto riflesso della gerarchi del cosmo e dunque dell’ordine divino, è stata ridotta in atomi dalla nuova realtà (Donne), quella in cui la visione copernicana dell’universo si sostituisce a quella tolemaica, si scoprono l’America e altri mondi, avanza la nuova scienza, e ciò mentre il sistema feudale e aristocratico va crollando dietro la spinta degli uomini nuovi. E’ a questa realtà che Sh appartiene, a questo periodo di grandi crisi, di grande trasformazione e ch’è il periodo di passaggio all’età moderna. La crisi già investe una tragedia come Romeo e Giulietta, penetra e lacera il tessuto giocoso di una commedia come Molto rumore per nulla, e conferisce ai Sonetti una qualità di drammatica interrogazione sul destino dell’uomo e dell’artista, assai bene rilevata da Melchiori, Serpieri. Finché col Giulio Cesare, la presa di coscienza della crisi è piena. La fine di ogni mito, il crepuscolo degli eroi. Amleto = il suo essere immagine teatrale della coscienza moderna individuata nel suo nascere e che da un lato rifiuta l’eredità del passato, dall’altro cerca di farsi strada nel labirinto del presente. La fine della tragedia non può più coincidere con la catarsi perché non coincide se non in apparenza con la restaurazione di un ordine che la vicenda tragica ha mortalmente ferito. Le ferite inferte alla società, alla comunità umana potevano rimarginarsi, nella tragedia greca, perché al di sopra di quello degli uomini c’era un mondo di dei, nettamente separato, che aveva il potere di ricomporre il dissidio. Ma nella moderna tragedia shakes le ferite sono mortali. La polivalenza del reale si riflette e si identifica con la polivalenza di una forma che spezza ogni barriera tra commedia e tragedia. Non è questione solo della ben nota mescolanza ma di una vera e propria impossibilità a rimanere nell’ambito di un genere codificato. Ed è da questa percezione della fine del tragico classico che nasce la nuova forma delle grandi tragedie. Una forma che usa le strutture e le convenzioni della tragedia antica per rappresentarne la morte e muovere in una nuova direzione, una forma mai chiusa, mai conclusa, la forma del dubbio, sempre aperta, ambigua, problematica. Ma il segno più marcato della nuova tragedia che Sh costruisce sta nella centralità che vi assume il problema della parol. Intrecciata all’esperienza del metateatro c’è però in Sh una drammatizzazione del problema della parola che acquista sempre maggiore peso e centralità. I Come vi piace il gioco linguistico si vena di problematicità, il pun si fa segno di una più vasta e pervasiva ambiguità. L’avventura di Amleto che cerca il significato perduto del mondo è anzitutto avventura tra le parole, e nessuna immagine scenica è più pregnante, in questo senso di Amleto che compare in teatro con un libro in mano. Dall’altro ci sarà lo smascheramento, sì che si possa scancellarla, della parola arbitraria, falsa, mistificante, di quello ch’è il teatro di Polonio. Nella tragedia sanguinosa dei personaggi s’innesta infatti la tragedia della parola. E se alla fine il palcoscenico si copre di cadaveri, si copre anche di parole - le parole della falsità, della violenza, dell’inganno; le parole che Amleto ha, per sè e noi, ! di !47 60 l’artista, pur dotato di suprema lucidità e controllo e penetrazione, non ha alcuna qualità sovrumana o mistica; con Eliot egli deve rinunciare alla sua personalità, viene identificato col filamento di platino che rende possibile una combinazione chimica. E’ diventato Prufrock: un essere lacerato, perplesso, solitario; un esule fisico e morale. La grandezza e l’essenza della poesia romantica sta sopratutto nella creazione di un linguaggio poetico che non è più uno strumento ma un fine, non un modo per raggiungere gli assoluti cui la poesia tende ma esso stesso un assoluto. La storia della poesia moderna mi appare quella d’un disperato tentativo, da parte dei poeti, di raccogliere la sfida romantica - ma di un tentativo accompagnato e frustrato da una consapevolezza sempre più lucida dei limiti e anche dell’impotenza dell’arte, della precarietà dell’universo linguistico che il poeta costruisce, e della finitudine del poeta stesso. Ciò che rimane è la lotta. Il testo diventa lo specchio dell’artista e lo specchio della sua lotta, e della sua sconfitta. Tutti gli artisti sono espatriati quasi per definizione - e non che si trovano in un altro paese, ma espatriati in patria. Il viaggio porta al dolore, alla consapevolezza dell’illusione, all’urto con una realtà, un esilio, che si credevano cancellati. L’Italia e l’artista in Henry James. Gli ambasciatori mettono in luce la presenza costante, in ogni opera d’arte, di un’altra storia, dell’artista. Sia per il suo retaggio americano sia per i suoi legami con l’estetismo, James porta questa tendenza generale alle estreme conseguenze - anticipando così l’intero movimento della letteratura moderna e postmoderna, in cui il vero oggetto della scrittura è recisamente la relazione, e il conflitto, dello scrittore col suo linguaggio, la sua lotta con quella parola scritta che, come leggiamo nel saggio L’Italia rivisitata, sta per qualcosa che ci prende eternamente in giro. Il problema artistico è chiaramente anche un problema umano, la casa della narrativa, è la casa della vita, la molteplicità dei pdv estetici è anche la molteplicità della nostra visione della realtà. L’Italia non è un’Arcadia e tuttavia non è un paese reale - fatto cioè di paesaggi, opere d’arte, reliquie, ma anche di classi sociali, problemi politici, vita quotidiana. Ebbe anche scarsi rapporti con gli italiani. Si pensi altresì alla pressoché totale mancanza, nella sua narrativa, di personaggi italiani che non siano convenzionali. L’Italia non è per lui solo un immenso museo che gli consente di vedere e entrare opere d’arte che sarebbero state altrimenti inaccessibili. E non è solo una serie di quei paesaggi pittoreschi e du quelle città, strade chiese, piazze e piazzetta che descrive con inarrivabile eleganza e sottigliezza nei suoi saggi e nella sua narrativa. L’Italia è innanzitutto per J una metafora dell’arte che tutti gli elementi - naturali, artistici, storici, umani - contribuiscono a formare, e tutti suoi scritti sull’Italia mi paiono i rinnovati tentativi da un lato di rappresentarla sulla pagina, dandole forma, corpo, realtà e dall’altro di svelarne il significato. Ecco perché l’Italia doveva diventare la componente più importante dell’universo jamesiano. Le sue parole ci ricordano Il principio poetico di Poe, là dove si dice dell’impossibilità di afferrare altro che brevi e indeterminati balenii delle gioie che l’artista vorrebbe cogliere. Il ritratto dell’Italia, perciò, è sempre incompleto, in progress. Se il rapporto con l’Europa è sempre difficile per gli innocenti americani, esso può ancora offrire, in Inghilterra, in Francia, momenti di quiete, serenità, e felicità. Questo non può avvenire in Italia. Con pochissime eccezioni l’Italia è dunque, per i personaggi jamesiani un’esperienza di dolore. Essi sono circondati da bei paesaggi e magnifici palazzi e opere d’arte ma la visione non porta mai alla felicità. L’Italia è dolore, solitudine, rinuncia; illusione, palcoscenico dove uomini e oggetti indossano maschere, creando uno spettacolo davanti al quale i sognatori americani si trovano come il Gerontion di Eliot davanti alla storia: Pensa ora / Che la storia ha molti passaggi astuti, corridoi contorti. I personaggi soffrono in Italia e muoiono perché l’artista per potere creare deve morire alla vita (Keats) e perché l’oggetto artistico conduce inevitabilmente a quel momento sacro, assoluto, che è ! di !50 60 la morte. Il doppio processo operante nell’arte, per cui la forma crea un mondo di bellezza e di armonia che essa stessa distrugge, mostrandone la natura illusoria, certo opera nel testo jamesiano. Ungaretti e i sonetti di Shakespeare. Situazione del 1944 = la conoscenza dei sonetti era ancora del tutto embrionale. Gli studi critici, del resto assai scarsi, s’erano soffermati essenzialmente su problemi extra-letterari: identificazione del dedicatorio, del poeta rivale, della Dama Bruna - quei problemi che lo stesso Ungaretti mette con decisione da parte. Croce confina i Sonetti nella sfera d’una poesia minore, squisitamente letteraria e quindi di necessità, un po’ superficiale o tenue rispetto ai drammi. Né la situazione era diversa per quel che riguardava le traduzioni, la prima delle quali, in prosa, di Olivieri. Ungaretti sostiene che i Sonetti sono il suo teatro concentrato. Non si può ignorare che la stagione in cui nascono le versioni dei Sonetti è quella stessa in cui nasce Il dolore. Gli avvenimenti, individuali e collettivi, che sostanziano le liriche di quel libro - la morte del fratello/figlio/ la guerra, occupazione di Roma - paiono riflettersi, né poteva essere diversamente, nel lavoro intorno ai Sonetti, determinando in molti casi la scelta e influendo sull’espressione. La versione ungarettiana è tra le più fedeli e scrupolose che sia dato incontrare: si può discutere su certe soluzioni. ! di !51 60 La terra desolata - Eliot Attesa delusa: attesa di un discorso poetico organizzato secondo progressioni liriche di stati d’animo o secondo sequenze narrative. Non più sequenziale e monologico, ma relazionale e dialogico. Non doveva più raccontare qualcosa, né dare sfogo a un lirismo implicante una sicura presa sull’oggetto della meditazione o della stimolazione emotiva. Poteva invece confrontare ogni abbozzo di sequenza narrativa, come ogni rappresentazione psicologica o emotiva o sentimentale, su paradigmi letterari, mitici, antropologici. Kristeva alter-giunzioni discorsive, per cui ogni elemento allude, connessa, nega, parodica testi che lo precedono. In Poems 1920, in quella raccolta c’è anche Gerontion, ch’è il verso preludio alla Terra Desolata. Il personaggio, in questa poesia, si è dilatato al punto da diventare emblema della coscienza del mondo contemporaneo, sotto una fitta rete di riferimenti storici e leggendari. Sempre Kristeva: il significato poetico rinvia a significati discorsivi altri, di modo che nell’enunciato poetico sono leggibili molti altri discorsi. L’incontro di Eliot con Pound è innanzitutto un incontro sul comune terreno del metodo mitico, che Pound avrebbe sviluppato costantemente e, a differenza dell’amico, con fede incrollabile, nel lunghissimo percorso dei suoi Cantos. Nel 1915 introdusse le sue prime poesie nella Catholic Anthology. Nel 1917 riuscì a procurargli il posto di vice-redattore della rivista The Egoist; e nello stesso anno gli fece pubblicare presso la Egoist Press la prima raccolta di poesie, Prufrock and Other Ob., pagando segretamente di tasca propria le spese di stampa. I primi riferimenti al progetto di WL si possono rintracciare in alcune lettere di Eliot datate 1919. Comunica alla madre che il suo progetto per l’anno successivo è di scrivere una lunga poesia che ha in mente da lungo tempo, anni. I primi embrioni dell’opera in alcune poesie miscellanee comprese nel corpus dei dattiloscritti e manoscritti del poemetto. Il 1920 e il 1921 furono per lui anni durissimi. La moglie Vivien, che aveva sposato nel 1915, era sempre + gravemente ammalata e il lavoro in banca risultava incompatibile con la sua fitta attività di critico, e poeta. Nell’estate del 1921 l’affaticamento degli ultimi anni e il rapporto tormentato con la moglie gli causarono una sorta di crollo nervoso. Nel settembre si fece visitare da un neurologo che gli prescrisse tre mesi di riposo assoluto. Durante il periodo di cura a Losanna, buttò giù una prima stesura: è proprio un pezzo di lamentela ritmica. Sulla via del ritorno a Londra, nel dicembre, si fermò per alcuni giorni a Parigi a trovare Pound che vi si era trasferito. Il poemetto fu pubblicato nell’ottobre del 1922 su The Criterion, la rivista letteraria fondata dallo stesso Eliot, e il mese successivo apparve anche sulla rivista americana The Dial. Nel dicembre dello stesso anno lo stampò quindi l’editore Boni e Liveright con l’aggiunta di note scritte espressamente dal poeta per dare consistenza al volumetto; e infine la prima edizione inglese in volume apparve per i tipi dell’artigianale Hogarth Press (Woolf). La fortuna fu evidentemente travolgente, e crebbe con le note che risultano indispensabili per far comprendere appieno come l testo si costruisca su altri testi, in una dimensione dialogica ch’è lo spazio delle analogie, relazioni, ribaltamenti, paradossi. Schema mitico antropologico. Gli antichi riti della fertilità, riconsiderati alla luce della leggenda medievale del Graal, costituiscono la grande impalcatura simbolica su cui è costruita l’opera. Con tutta probabilità E ricavò le prime suggestioni dalla leggenda della lettura del classico Morte Darthur di Malory. E non poté ignorare l’ultima grande opera di Wagner, Parsifal, data l’ammirazione che nutriva per la sua musica, come mostra anche l’utilizzazione nel poemetto (31-32 e 42), di alcuni versi del Tristano e Isotta. Non solo il titolo, ma anche il piano e una buona parte del simbolismo insito nel poemetto furono suggeriti dal libro di Miss Jessie L. Weston sulla leggenda del Graal, From Ritual to Romance. Verso un’altra opera di antropologia sono indebitato ! di !52 60 Annunciata da un But irrompe ai 196-8 una parvenza di vita fragorosa e vaca con un suono di trombe e di motori che si sovrappone, intertestualmente, al suono dei corni di Atteone, il cacciatore mitico sbranato dai cani di Artemide per averla sorpresa mentre prendeva il bagno nuda. Il sesso sacro è sbarrato, appartiene al mondo dei misteri, mentre non lo è affatto quello profano che vede lo scimmiesco Sweeney recarsi da Mrs. Porter in the spring: Porter la quale insieme alla figlia si lava i piedi in acqua di soda. Torna così, ancora una volta, il tema dell’acqua profanata, cui risponde il v. 202, dal Parsifal di Verlaine, a riproporre oppositivamente uno dei motivi rituali della leggenda del Graal, quello del lavacro simbolico dei piedi. Infine con un altro salto vertiginoso il canto dei bambini sotto la cupola sacra richiama il canto disperato di Filomela, stuprata e mutilata da Tereo e infine trasformata in usignolo, un canto di dolore che, tuttavia, l’udito volgare di una umanità materialistica interpreta come il suono dell’atto sessuale: jug jug jug jug. L’aprile crudele risponde alla primavera della rinascita del dio mitico della fertilità come alla primavera fiorente di Chaucer; il cadavere che resta sepolto o i bianchi corpi che si disfano separati dalle ossa richiamano la sepoltura rituale del dio mitico; la signora paralizzata nella sua rituale opulenza e impedita nel dialogo d’amore con il suo interlocutore muto si pone in alternativa a Cleopatra e al suo Antonio nel calore della loro passione; Madame Sosostris presenta un’edizione degradata del veggente Tiresia; il dull canal fa da tetro contrappunto al mare della Tempesta shaiana come al mare o al lago del Re Pescatore; la gashouse si pone in grottesco contrasto con la Cappella del Graal che sarà evocata al v.387. Il cubismo sia di Picasso che di Braque, deostruiva il figurativo in modo in certa misura analogo alla decontrazione poetica del narrativo, e infine la pratica del collage lavorando su incastri eterogenei e citazioni multiple di materiali, oggetti e referenti, poteva fare da corrispettivo all’operazione poetica fittamente intessuta di diversi linguaggi. Ma non ho la competenza per stabilire quanto Eliot fosse direttamente influenzato dalla sperimentazione pittorica. Aveva assistito a Le Sacre du Printemps di Stravinskij e ne aveva scritto con grande partecipazione sulla rivista The Dial sottolineandone l’interesse per chi avesse letto The Golden Bough di Frazer, e volgendo l’attenzione più che al mito che vi era rappresentato, al metodo della composizione dodecafonica. La politonalità, e cioè l’uso di 2 o + tonalità distinte e sovrapposte che generano una sorta di contaminazione polifonica e tonale, si coniuga con la deformazione citazione, con il positivismo e con i sostenuti cambi di registro e di cadenze metriche e ritmiche, effettuando continue implicazioni metalinguistica e metaletterarie. Se nella musica di S o di Schönberg la dissonanza risulta dalla frizione tra codici, ovvero tra grammatiche del sono che producono politonalità, in questo linguaggio poetico la dissonanza si crea ovviamente a livello dei contenuti, e tuttavia investe anche il piano del significane (variazioni metriche e ritmiche). Tiresia il fuoco prospettico del poemetto. Si passa a una strutturazione espressiva alquanto diversa. Ora non si dà più contornato ironico. Il tono è secco, non più dissonante. E qui spunta il primo accenno a una rigenerazione, affidata a citazioni ellittiche dalle Confessioni di Sant’Agostino e dal Sermone del Fuoco di Budda: un accostamento non accidentale, annotava Eliot, tra questi 2 personaggi dell’ascetismo occidentale e orientale. La citazione da Sant’Agostino riguarda l’esperienza fatta a Cartagine, nella prima gioventù, del ribollire di amori impuri. E’ un vistoso cambio di registro. Le citazioni sono usate più in un serrato contrappunto, ma vengono riprese nel loro senso originario e aggiunte l’una all’altra pariteticamente. Si profila la ricerca, il filo che conduca fuori dall’intrico intertestuale verso una modalità prevalentemente allegorica. E’ questa civiltà, questa terra, la terra desolata, o non è piuttosto desolata tutta la storia nelle sue ricorrenti stagioni di squallore, a meno che non intervenga la miracolosa rinascita, la resurrezione del dio della vegetazione e della fertilità o del Dio cristiano del Graal? L’opposizione romantico- estetica tra presente e passato indicherebbe la prima soluzione, mentre la ciclicità della storia, che si ! di !55 60 pone come paradigma o sistema organizzatore del suo materiale antropologico e simbolico, punta decisivamente verso la seconda. Il metodo mitico non è, nella WL, una semplice collazione intertestuale del sacro e del profano, del magnifico e dello squallido. L’epoca presente è sotto tiro, ma il tempo tragico dilaga anche nel passato. La desolazione attuale è la più bassa, volgare, alienata, ma le terre di tragedia in attesa di riscatto si ripropongono in tutta la storia. Dovunque c’è esilio, alienazione, violenza, sterilità, morte. L’acqua e il fuoco. Sia in un caso che nell’altro la terra è in attesa di una rigenerazione. A livello della natura, essa può darsi solo se il seme è fecondato dalla pioggia a primavera; a livello umano, solo se il seme sessuale produce, nell’incontro erotico, nuova vita. In questa terra desolata mancano tutte e tre le condizioni simboliche. L’acqua è profanata. La pioggia dell’aprile crudele è respinta dagli uomini vuoti che preferiscono il letargo dell’inverno (v. 1-7). L’incontro amoroso con la ragazza dei giacinti dai capelli bagnati dalla pioggia resta sospeso, impossibile (35-41). Per acqua si può morire, non vivere, come ammonisce Sosostris (55) e come si realizza nella 4a sezione. Il fiume è carico di sporcizie (177-9). L’attuale Re Pescatore può gettare l’esca solo in dull canal (189). Una prostituta con sua figlia si lavano i piedi in acqua di soda. Il fiume scorre a fianco di amori sterili o violati. Il seme è sterile. Sia Una partita a scacchi che Il sermone ruotano intorno alla sterilità dei rapporti erotici impediti o non riproduttivi. La sterilità evoca arsura, l’arsura il fuoco: il fuoco del desiderio che brucia. Ed è qui che sopraggiungono le citazioni da Sant’Agostino e da Budda. Simbolo di rigenerazione l’acqua è tuttavia molto spesso associata alla carnalità peccaminosa. Nella mente sostanzialmente puritana di Eliot, la carne è connotata da animalità. Acqua, carne, peccato, morte risultano dunque strettamente collegate. Nella WL corpi giacciono insepolti e separati dalle ossa. E quando la poesia eliotipia conoscerà la rigenerazione in Ash ciò non avverrà nei termini simbolici della lunga attesa della pioggia che si era protratta da Gerontion fino al poemetto, dove la pioggia non cade perché la redenzione non è raggiunta, ma ancor più perché la pioggia coincide con la carne, significando morte spirituale. Non l’acqua purificatrice, ma l’asciutto spirituale del deserto offre la via d’uscita. Poiché il fuoco distrugge, ma purifica; indica sterilità, ma anche arsura interiore e quindi ricerca spirituale. L’attesa della pioggia, in Eliot, non è solo spiritualmente vana, ma anche simbolicamente fittizia. Le ultime due sezioni. Morte per acqua addita il destino di una mortalità irredenta e Ciò che disse il tuono spalanca l’angoscia d’una soggettività sofferente, alla ricerca di un Santo Graal, nel panorama di una civiltà al tramonto. Flessa naufraga e finisce spolpato dai pesci. La sua morte è un monito agli uomini della terra desolata affinché prendano coscienza del destino che li attende ove non si profili il segno di una rinascita. L’incipit della 5 sezione ripropone immagini e i temi della desolazione da una prospettiva che ricapitola un intero ciclo storico, fondamentalmente cristiano. All’agonia del cristo segue poi il primo accenno della Voce del Tuono della Brihadaranyaka-Upanishad induista. La ricerca di guide spirituali affiora sempre più esplicita, pur intessendosi ancora con gli antichi miti e riti della vegetazione e della fertilità. Quindi inizia il viaggio nell’arsura di un deserto simbolico: here is no water but only rock. Questo secondo brano risponde al secondo brano di intonazione biblica di La sepoltura dei morti, ma ora sia il senso che il ritmo risultano ossessivamente angosciosi. La funzione dell’io non è più, come nelle prime 3 sezioni, multipla, testimoniale, spettatoriale, ma riguarda piuttosto l’attore della ricerca, che al prezzo di una grande tensione si incammina verso una meta. Passa per il deserto simbolico e vi si vede spalancare davanti il panorama della storia contemporanea con le macerie della Prima guerra mondiale e la minaccia della Rivoluzione russa. L’intera terra è devastata, il ! di !56 60 senso qui è più pregnante di WL. Come era quella del Re Pescatore. Solo il ritrovamento del Graal potrebbe riscattarla. Ed ecco, puntualmente, l’avvicinamento prospettico alla Cappella dove la coppa è custodita. Una visione terrifica vi si frammette, con la ripresa di un motivo tipico della leggenda, quello di orrende apparizioni predisposte per mettere alla prova la purezza del cavaliere che vi si frammette, con la ripresa di un motivo tipico della leggenda, quello di orrende apparizioni predisposte per mettere alla prova la purezza del cavaliere che vi si avventurava. Ma appena raggiunta, la Cappella Perigliosa si rivela vuota, abitata dal vento. Solo un gallo simbolico canta sul suo tetto. Poi la scena si sposta. Siamo ora sulle rive del Gange in secca che attende la pioggia. Ed ecco che interviene la Voce del Tuono a suggerire un viatico di comportamento esistenziale nell’insanabile smarrimento: Datta… E in chiusura l’io riprende la maschera che aveva riassunto tutto il grande sistema dei riferimenti antropologici rituali e mitici, quella del Re Pescatore (Shall I at least set my lands in order?) Un interrogativo sospeso, cui seguono una serie di citazioni da varie fonti letterarie che alternano accenni di apocalisse a segnali di purificazione. Ma questo improvviso, e conclusivo, accumulo intertestuale può testimoniare la ripresa del metodo mitico, il ritorno all’entropia semantica? In effetti il poemetto sembra sospeso tra una paralisi di senso e un accenno di percorso verso un Senso che ha prima messo scacco. Rifiuta una narrazione e tuttavia alla fine la implica, mette in crisi qualsiasi sistema di riferimento e tuttavia addita una referenza metastorica. - Il poemetto ha un valore emotivo di gran lunga più chiaro e ricco del suo valore logico, arbitrario e alquanto inservibile.// Ma una poesia che ha bisogno di essere spiegata in nota non è diversa da un quadro con scritto sotto Questo è un cane. /// Questa oscurità è voluta: fa parte degli elementi fondamentali di ogni poesia derivata. La si trova nell’ellenismo, nei Trobadours (trobar clus, poesia chiusa), la si trova in Dante, Mallarmé. Questa oscurità ha la funzione di allontanare il lettore superficiale, e nello stesso tempo di rafforzare i simboli, infittire il mistero. Un terzo carattere ha infine Eliot in comune con gli alessandrini: l’erudizione mitologica. — Manoscritti ritrovati. 1971 e 1996. Il primo volume presenta una stesura molto più ampia e ancora provvisoria del poemetto, in cui erano compresi anche una quantità di componimenti o abbozzi che il poeta pensava di poter forse utilizzare. Il secondo raccoglie un gran numero di poesie giovanili nonché di prime versioni di testi già pubblicati nelle due raccolte Prufrock e Poems 1920. I manoscritti furono donati al collezionista newyorkese John Quinn nel 1923, con la sua morte sono stati ereditati dalla sorella Julia, che morì poco dopo, quindi alla figlia Mary che li vendette alla Berg Colection per 18000 dollari. Il volume, di grande formato, presentava le copie fotografiche di tutti i fogli dattiloscritti e manoscritti, faccia a faccia con le relative trascrizione tipografiche, dove l’uso di un colore diverso, il rosso per l’annotazioni di Pound e il corsivo per quelle di Vivien Eliot, consentiva di distinguere le correzioni e i commenti dello stesso Eliot dagli interventi dei suoi primi lettori privilegiati. Più recentemente la B. Collection ha autorizzato la pubblicazione di altri manoscritti, poesie giovanili di E. Inventions of March Hare. Quel taccuino era stato venduto da Eliot, per 140 dollari, allo stesso Quinn con la prego di tenerle per sè e di vigilare affinché non siano mai pubblicate. March Hare. Le poesie del taccuino, 50, sono come il retrobottega del laboratorio dell’artista, che già a partire dai 20 anni va sperimentando un’ampia varietà di toni, registri e motivi. Forme più varie: Bibbia, Sant’Agostino, Dante, Shake, Webster, Milton, Wordsworth, Verlaine e ! di !57 60
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