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Marx e Engels, Borghesi e proletari, Appunti di Sociologia

Riassunto del pensiero di Marx e Engels, fondatori del "Manifesto del Partito Comunista"

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 14/05/2018

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elena-monari-1 🇮🇹

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Scarica Marx e Engels, Borghesi e proletari e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! MARX-ENGELS BORGHESI E PROLETARI Manifesto del partito comunista: composto e pubblicato alla vigilia dei moti del 1848. Teoria di Marx ed Engels: decentrata rispetto al campo della sociologia, la cui questione principale è “com’è possibile la società?”. La questione costitutiva dell’opera di Marx ed Engels è “com’è possibile la politica moderna?”. La scoperta dei due autori è che nell’epoca della grande industria capitalistica, il binomio operaio- fabbrica è fondamentalmente slegato dalla società. Infatti operaio e fabbrica non compongono un vero e proprio legame sociale, bensì una forma a 3 piani: il “libero mercato” della “forza lavoro” salariata, l’”espropriazione delle potenze mentali della produzione” e il “despotismo di fabbrica”. Questi elementi sono implicati radicalmente al funzionamento dell’industria moderna, ma nessuno dei quali è deputato alla formazione di una società possibile. L’operaio vende la propria forza lavoro ma riceve in cambio solo il necessario per potersi riprodurre come merce. Inoltre, mentre l’antico artigiano dirigeva l’intero processo produttivo e le sue capacità erano limitate a una sola attività, al contrario l’operaio moderno conosce solo una minima parte del processo produttivo e può svolgere qualsiasi lavoro. Il tutto è determinato e regolato dall’autorità incondizionata del capitalista. L’unica forma di comunità che si può instaurare tra gli operai in fabbrica è quella che si fonda su un legame dispotico. La questione politica di Marx ed Engels era quella moderna, dell’uguaglianza: come formulare delle prescrizioni politiche egualitarie capaci di investire anche il lavoro salariato. Gli autori approdano quindi all’invenzione di ciò che chiamarono la “concezione materialistica della storia”. La capacità politica degli operai poteva essere pensata e organizzata solo innalzandosi all’”intelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme”, non limitandosi alla sfera delle opinioni che si costituiscono in un dato momento sulla politica o sullo Stato, ma risalendone al fondamento materialista. La materialità di tale fondamento consisteva nello squilibrio tra le “forze produttive” e i “rapporti di produzione”. Per ricostruire la situazione, per orientare in modo nuovo la storia “finora esistita” gli operai dovevano organizzarsi in forma indipendente rispetto al sistema di fabbrica, prescrivere allo Stato misure di uguaglianza relative all’organizzazione del lavoro industriale e infine abolire la forma capitalistica dell’economia. Questo statuto non è mai apparso come unitario, ma ha sempre prodotto una discontinuità interna. Il Manifesto conteneva una scommessa sulle capacità politiche degli operai, che fu enunciata nella forma di una teoria generale della società e della storia, e che forse solo a tale livello di generalità era enunciabile. Tale scommessa si avverò, ma non nel quadro di una teoria generale, bensì nella singolarità della situazione politica dei primi mesi dei 1848 in Francia. Nel 1848 gli operai, componendosi in un quadro di “lotte di classi” entrarono sulla scena politica e, al loro seguito, anche tutte le classi della società francese. Gli stati socialisti avevano tentato di colmare il vuoto di socialità del binomio operaio-fabbrica, ma costruendo uno Stato speciale che lo inglobasse interamente, col risultato che in essi la fabbrica era un’istituzione chiave dello Stato e l’operaio era il livello di base del funzionamento statale. Essi entrarono in crisi quando, tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70, grandi turbolenze soggettive di operai a livello mondiale, contestarono agli Stati socialisti e ai partiti comunisti che la politica egualitaria da essi promessa era solo un’altra forma di disciplinamento della fabbrica politicamente vuota e soggettivamente intollerabile. Da qui la completa vanificazione del contenuto politico della figura operaia. E’ essenziale reinventare un valore politico della figura operaia, e dell’intero campo delle relazioni contemporanee di lavoro, dopo la fine del classismo. La storia di ogni società esistita fino a questo momento è storia di lotte di classi. Oppressori e oppressi furono continuamente in reciproco contrasto e condussero una lotta ininterrotta, che ogni volta è finita con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina delle classi in lotta. La società borghese moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi tra le classe, ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, e quindi nuove oppressioni. La borghesia si distingue solo per aver semplificato gli antagonismi di classe. La società si suddivide in 2 grandi campi nemici: borghesia e proletariato. La borghesia è stata in buona parte rivoluzionaria: ha distrutto le condizioni di vita feudali e patriarcali e ha lasciato tra uomo e uomo, come unico vincolo, il nudo interesse, il “pagamento in contanti”. Ha sostituito lo sfruttamento mascherato di illusioni religiose e politiche con quello aperto e spudorato. Ha privato della loro aureola tutte le attività fino ad allora venerate: il giurista, il prete, il poeta sono stati ridotti a salariati. La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto ad un puro rapporto di denaro. Solo la borghesia ha dimostrato cosa può compiere l’uomo. -CONDIZIONE DI ESISTENZA DELLE CLASSI INDUSTRUALI PRECEDENTI: mantenimento del vecchio sistema di produzione -CONDIZIONE DI ESISTENZA DELLA BORGHESIA: rivoluzionare continuamente gli strumenti e i rapporti di produzione, tutti i rapporti sociali. Il bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti sospinge la borghesia a percorrere tutto il globo terrestre (globalizzazione). Con lo sfruttamento del mercato globale la borghesia ha dato un’impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e dei climi più lontani. Si osserva un’interdipendenza universale tra le nazioni. La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città, ha reso i paesi barbari e semibarbari dipendenti da quelli inciviliti. La borghesia ha agglomerato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione e ha concentrato in poche mani la proprietà. N’è stata conseguenza necessaria la centralizzazione politica. La borghesia ha creato mezzi di produzione così potenti, da non riuscire più a dominarli. La borghesia può superare la crisi solo creando le condizioni per una nuova crisi (sfruttando più intensamente i mercati, distruggendo in massa le forze produttive, conquistando nuovi mercati). Ma la borghesia non ha soltanto costruito le armi che la porteranno alla morte, ha anche generato gli uomini che impugneranno quelle armi: gli operai moderni (i proletari). Essi vivono fintantoché trovano lavoro e trovano lavoro fintantoché il loro lavoro aumenta il capitale. Questi operai, costretti a vendersi al minuto, sono una merce come tutte le altre. Con l’estendersi dell’uso delle macchine, l’operaio ha perso ogni carattere indipendente, è soltanto un accessorio della macchina. Il suo lavoro consiste in un’operazione manuale semplicissima. Guadagna lo stretto necessario per il suo mantenimento e per la riproduzione della sua specie. Masse di operai nelle fabbriche vengono organizzate militarmente. Gli operai sono servi non soltanto della classe borghese, ma anche della macchina, del sorvegliante. Il lavoro degli uomini viene via via soppiantato da quello di donne e fanciulli. La borghesia non conosce differenze di sesso e di età. Il proletariato passa attraverso gradi di sviluppo. La sua lotta contro la borghesia comincia con la sua esistenza. Prima i singoli operai si oppongono al singolo borghese che li sfrutta direttamente. Si oppongono anche contro gli strumenti di produzione, distruggono le macchine, le merci straniere e le fabbriche stesse. Inizialmente la borghesia deve mettere in movimento il proletariato, per i propri fini politici. In questa fase il proletariato combatte non contro i suoi nemici, ma contro i nemici dei suoi nemici. Ma con lo sviluppo dell’industria il proletariato si moltiplica, la sua forza cresce. Gli operai si coalizzano contro i borghesi per difendere il proprio salario. Non ottengono successo immediato, ma l’unione si estende sempre di più. L borghesia è in lotta da sempre, prima contro l’aristocrazia, poi contro una parte della borghesia stessa. Per tanto reca al proletariato i propri elementi di educazione, cioè armi contro se stessa. La classe operaia è realmente rivoluzionaria. Gli ordini medi combattono contro la borghesia, al solo fine di rimanere tali. Sono quindi conservatori. I proletari invece non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri. La lotta del proletariato contro la borghesia comincia come lotta nazionale: è normale che il proletariato di ciascun paese debba innanzitutto prendersela con la propria
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