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Mary Shelley, il Romanzo Gotico e Frankenstein, Temi di Inglese

In questo file vi sono le principali caratteristiche del romanzo gotico, il senso metaforico di "Frankenstein" e la sua interpretazione, un breve accenno alla vita dell'Autrice, la traduzione di 3 principali estratti del libro che lo inquadrano molto bene, e i temi principali del suddetto romanzo epistolare.

Tipologia: Temi

2016/2017

In vendita dal 18/12/2017

Acer.eighteightnine
Acer.eighteightnine 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Mary Shelley, il Romanzo Gotico e Frankenstein e più Temi in PDF di Inglese solo su Docsity! Features of a Gothic novel: -Main character: a monster. -Sublime: in its connection to terror. -Plot: complicated. -Male characters: powerful and a little bit mad. -Female characters: scared by the monster. -Catholic countries as setting for shocking crimes. -Terrifying descriptions. Mary Shelley’s life: -Born in 1797, child of Wollstonecraft, feminist. -She was influenced by Gothicism because she went to visit the dead mother’s tombstone every day. -At the age of sixteen she ran away to live with Percy Shelley. -Her husband died soon and she returned to live in England, where she died by tumour in 1851. Works: In 1818 she wrote Frankenstein. The idea for the book was conceived in Switzerland with Byron and her husband Shelley. In 1826 she wrote another book named The Last Man. Frankenstein: -Themes: the overreacher (represented by Walton and dr. Frankenstein), the forbidden knowledge, the usurpation of female and god’s role (dr. Frankenstein created), the social injustice (represented by the society towards the monster) -The modern Prometheus was the name given to dr. Frankenstein because he try to replace God with his creation, driven by his ambition. -The noble savage: Natural man is not corrupted by society, the monster initially was not violent. He became violent only when the society targeted him CAPITOLO 5 (The creation of the monster) Fu in una lugubre notte di novembre che vidi la realizzazione delle mie fatiche. Con un’ansietà che rasentava quasi l’angoscia, raccolsi gli strumenti della vita attorno a me, così da poter infondere una scintilla di esistenza nella cosa inanimata che giaceva ai miei piedi. Era già l’una di notte; la pioggia picchiettava lugubre contro i vetri, e la mia candela era quasi consumata, quando, alla debole luce semi-estinta, vidi l’occhio giallo, fermo, della creatura aprirsi; respirava a fatica, e un moto convulso agitava le sue membra. Come posso descrivere le mie emozioni di fronte a questa catastrofe e come descrivere lo sventurato che, con infinite sofferenze e attenzione, ero riuscito a creare? Le sue membra erano proporzionate, e io avevo selezionato i suoi bellissimi lineamenti. Bellissimi! Buon Dio! La sua pelle gialla copriva a malapena il lavoro dei muscoli e delle arterie sottostanti; i suoi capelli erano fluenti, neri, lucenti; i denti erano bianchi come perle; ma questa rigogliosità formava solo un contrasto ancora più terribile con i suoi occhi timidi, che sembravano quasi dello stesso colore smorto delle orbite bianche in cui erano inseriti, la sua [ielle era raggrinzita e le labbra erano nere e diritte. I vari incidenti della vita non sono così mutevoli quanto i sentimenti della natura umana. Avevo lavorato duro per circa due anni, con il solo scopo di infondere vita in un corpo inanimato. Per questo avevo sacrificato riposo e salute. Lo avevo desiderato con un ardore che superava di molto la moderazione, ma terminata l’opera, la bellezza del sogno svanì, e l’orrore e un disgusto tale da togliere il fiato riempì il mio cuore. Incapace di sopportare la vista dell’essere che avevo creato, mi precipitai fuori dalla stanza e, per un bel po’, continuai a camminare avanti e indietro nella mia camera, incapace di convincere la mia mente a dormire. Alla fine la stanchezza ebbe la meglio sul tumulto che avevo provato prima, e mi gettai sul letto, vestito, cercando di trovare qualche momento di oblio. Ma fu inutile; dormii, è vero, ma fui turbato dai sogni più paurosi. Mi sembrava di vedere Elisabeth, nel fiore della salute, camminare per le strade di Ingolstadt. Felice e sorpreso l’abbracciai, ma non appena le diedi un bacio sulle labbra, queste divennero livide come il colore della morte; i suoi lineamenti sembravano cambiare, e mi sembrò di tenere fra le braccia il corpo di mia madre morta; un sudario avvolgeva la sua forma, e vidi i vermi 1 brulicare fra le pieghe della flanella. Mi svegliai con orrore; un sudore freddo mi copriva la fronte, i miei denti battevano, e le mie membra erano in preda a una convulsione; allora, alla luce pallida e gialla della luna, che penetrava attraverso le imposte della finestra, vidi lo sventurato, il miserabile mostro che avevo creato. Alzò la cortina del letto; i suoi occhi, se occhi si possono chiamare, erano fissi su di me. Aprì le mascelle, ed emise alcuni suoni disarticolati, mentre una smorfia gli increspò le guance. Poteva aver parlato, ma io non udii; una mano era tesa, come se volesse trattenermi, ma io scappai e mi precipitai giù dalle scale. CAPITOLO 13 (What was I) «Mentre imparavo a parlare imparavo anche la scienza della scrittura che veniva insegnata alla straniera, e questo mi aprì un nuovo ampio territorio di meraviglie e di piaceri. «Il libro sul quale Felix istruiva Safie era “Le rovine degli imperi di Volney”. Non ne avrei capito il contenuto se Felix, leggendolo, non avesse dato mille minute spiegazioni. Egli aveva scelto quel libro, disse, perché lo stile oratorio era costruito a imitazione degli autori orientali. Attraverso quest'opera arrivai ad avere una sommaria conoscenza della storia e una panoramica dei diversi imperi esistenti nel mondo; mi feci un'idea dei costumi, dei tipi di governo e delle religioni delle diverse nazioni della terra. Udii parlare dei pigri asiatici, della stupefacente genialità e dell'attività intellettuale dei greci, delle guerre e dello straordinario valore degli antichi romani, della decadenza e del declino di quel potente impero, della cavalleria, della cristianità e dei re. Udii della scoperta dell'America e piansi con Safie sul tragico destino dei suoi originari abitatori. «Questi meravigliosi racconti mi ispirarono strani sentimenti. Davvero l'uomo era così potente, virtuoso, magnifico, e tuttavia così vile e basso? Egli appariva insieme un figlio del male e tutto ciò che si può concepire di nobile e simile a un dio. Essere un uomo nobile e grande appariva il più alto onore a cui può aspirare un essere umano; mentre essere malvagio e abietto, come molti erano stati nel passato, appariva una degradazione, una condizione più bassa di quella di una cieca talpa o di un innocuo verme. Per molto tempo non riuscii a concepire come un uomo potesse uccidere un suo simile, né perché ci fossero leggi o governi; ma quando sentii i particolari del vizio e del delitto, lo stupore cessò e vennero il disgusto e la repulsione. «Ogni conversazione dei miei vicini, ora, mi svelava nuove meraviglie. Gli insegnamenti che Felix impartiva all'araba mi fecero conoscere lo strano sistema che regola la società umana. Sentii parlare della divisione della proprietà, di immensa ricchezza e di squallida povertà, di rango, discendenza, nobiltà di sangue. «Queste parole mi indussero a guardare me stesso. Avevo imparato che il bene più stimato dai tuoi simili è una discendenza nobile e senza macchia, unita alla ricchezza. Un uomo può essere rispettato anche se possiede uno solo di questi vantaggi, ma senza nessuno dei due egli è considerato, con rarissime eccezioni, un vagabondo e uno schiavo, costretto a sprecare le sue energie per il profitto di pochi eletti! E io, cos'ero io? Della mia creazione e del mio creatore ero assolutamente ignaro, ma sapevo di non avere denaro, né amici, né alcun genere di proprietà; per di più ero dotato di una figura disgustosamente deforme e ripugnante, e non ero nemmeno della stessa specie dell'uomo. Io ero più agile di loro, e potevo resistere con una dieta più rozza; sopportavo gli estremi del caldo e del freddo con minor danno per la mia costituzione, la mia statura di gran lunga eccedeva la loro. Quando mi guardavo intorno non vedevo e non sentivo nulla di simile a me. Ero io, dunque, un mostro, una macchia sulla faccia della terra, dalla quale tutti gli uomini sarebbero fuggiti, e che tutti avrebbero evitato? «Non posso descriverti il tormento che mi infliggevano queste riflessioni; cercavo di scacciarle ma l'infelicità non faceva che aumentare con la conoscenza. Oh, se fossi rimasto per sempre nel mio bosco natio, senza sapere, senza sentire nulla oltre la fame, la sete, il caldo! «Com'è strana la conoscenza! Si abbarbica alla mente, una volta che se ne sia impadronita, come un lichene a una roccia. A volte desideravo scrollar via tutti questi pensieri e sentimenti; ma avevo imparato che c'era un solo mezzo per vincere il dolore: la morte, uno stato che temevo pur senza comprenderlo. Ammiravo le virtù e i buoni sentimenti, mi piacevano i modi gentili e le amabili qualità dei miei vicini, ma ero escluso da ogni rapporto con loro, tranne quelli che riuscivo ad avere a loro insaputa, non visto e ignorato, e che aumentavano, piuttosto che soddisfare, il mio desiderio di essere un uomo in mezzo agli uomini. Le parole 2
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