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Mastery Learning - SdE - Didattica Generale (Sintesi), Sintesi del corso di Didattica generale e speciale

Ciao! Questo è il mio riassunto prodotto per l'esame di Didattica Generale sul Mastery Learning. Università di Roma Tre - Facoltà di Scienze dell'Educazione.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 24/03/2021

lorenzo-pascazi
lorenzo-pascazi 🇮🇹

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Scarica Mastery Learning - SdE - Didattica Generale (Sintesi) e più Sintesi del corso in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! Mastery Learning. ! Strategie Didattiche: Individualizzazione e Personalizzazione. Partiamo da una schematica definizione di due strategie didattiche: 1. Individualizzazione: È l’insieme delle strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento. 2. Personalizzazione: È l’insieme delle strategie didattiche che hanno il fine di garantire ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva attraverso la possibilità di scegliere quali potenzialità intellettive individuali (punti di forza) coltivare. INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL MASTERY LEARNING: ! Che cos’è? È una strategia di progettazione, organizzazione e valutazione dell’insegnamento che pur avendo origini teoriche non recenti (Carrol, 1963, Bloom, 1971, Block 1978), rappresenta ancora oggi un modello di riferimento per l’operatività didattica, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione ai ritmi e ai modi personali di apprendimento degli alunni. ! Da dove deriva? Il modello del Mastery Learning deriva dal bisogno di rispondere al problema centrale dell’educazione. Problema che per migliaia di anni ha spinto diverse scuole alla ricerca di metodi di insegnamento funzionali all’apprendimento, i quali permettessero così di soddisfare uno dei principi fulcro della ricerca didattica, ovvero l’idea che la maggior parte degli studenti può imparare ciò che la scuola ha da insegnare loro. ! Brevi cenni storici: Il presupposto che “la maggior parte degli studenti può imparare ciò che la scuola ha da insegnare loro”, fu evidenziata in vari modi dalle scuole del passato (Gesuiti prima del XVII secolo, Comenio XVII secolo, Pestalozzi nel XVIII, Herbart XIX e molti altri). 1. Washburne ed il piano di Winnetka: Nel XX secolo Washburne cercò di realizzare un insegnamento individualizzato che si basava sul libero raggruppamento degli alunni i quali seguivano un programma ugualmente libero. La situazione scolastica di Winnetka aveva come tema centrale il concetto di padronanza piuttosto che il tempo impiegato. Il principio basilare per Washburne era quello di fornire a tutti le cognizioni necessarie per essere in grado di inserirsi nella società del suo tempo, senza nozionismi, ma valorizzando le disposizioni individuali. 2. Morrison e la “Scuola Laboratorio dell’Università di Chicago”: Durante gli anni ’20, usò spesso test diagnostici progressivi quali il meccanismo di feedback, per stabilire il punto in cui ogni singolo studente aveva bisogno di tempo addizionale e di aiuto per conseguire la padronanza. 3. John Carrol, “A model of School Learning”, 1963: Secondo Carrol, se gli studenti sono distribuiti secondo una curva matematica “normale” riguardo l’attitudine per qualche argomento e se a tutti questi studenti viene data la stessa identica istruzione (quantità, qualità, tempo concesso per l’apprendimento), allora il profitto valutato, al termine del corso, risulterà distribuito anch’esso secondo una curva normale. In queste condizioni, la correlazione tra “attitudine misurata” all’inizio del processo didattico e “profitto” misurato alla fine dello stesso, sarà relativamente alta (più del 70%). Viceversa, se gli studenti sono distribuiti secondo una curva matematica “normale” tenendo conto delle loro attitudini, ma sviluppando una strategia d’insegnamento con una tempistica ed una qualità adeguate al singolo studente (quindi una didattica individualizzata), allora la maggior parte degli studenti acquisirà la padronanza dell’argomento e la correlazione tra attitudine misurata e profitto misurato al termine del percorso, dovrebbe avvicinarsi a zero. Quindi, se si applica una didattica individualizzata, a prescindere dalle capacità di base dello studente questi dovrà, al termine del percorso in un determinato argomento, aver acquisito le nozioni che erano previste imparasse. ! Perché le strategie di “Mastery Learning” raccolgono tanto consenso? Uno dei motivi principali può essere dovuto al fatto che agli insegnanti e alle scuole è richiesto un “mutamento minimo” nell’organizzazione scolastica, nei metodi d’insegnamento e nelle procedure scolastiche di gruppo. ! Che ruolo hanno i test e le procedure di feedback nel Mastery Learning? Lo sviluppo di tali strategie fu molto condizionato dalle procedure di feedback, quest’ultime avevano l’importante scopo di indicare la situazione di padronanza degli argomenti posti in esame, non solo, permettevano anche di sviluppare le procedure correttive nei vari stadi e livelli durante il processo di apprendimento. ! Cosa sono i test diagnostico-progressivi? Tali test erano intesi a determinare ciò che ogni studente aveva appreso in ogni unità, capitolo o parte del discorso e/o che cosa aveva bisogno di apprendere ancora. Tali test non erano utilizzati per classificare o giudicare uno studente, erano invece utili per fornire un’indicazione (feedback) sia all’insegnante, sia allo studente, riguardo quegli aspetti delle varie unità didattiche che dovevano ancora essere padroneggiati. Due degli esponenti di questi tipi di test, furono Block (1970) e Airasian (1969). Tramite questi test diagnostico-progressivi è possibile quindi individuare le necessità di uno studente, ed è proprio questo grado di efficienza che ha una relazione evidente con il successo o il fallimento del Mastery Learning. ! Qual è la chiave del successo delle strategie di Mastery Learning? Tale successo sta nella misura in cui gli studenti possono essere motivati e aiutati a correggere le loro difficoltà nei punti appropriati del processo di apprendimento. È qui che gli insegnanti giocano un ruolo importante e creativo, mirato al motivare gli studenti nello svolgere il lavoro supplementare e nel trovare mezzi più concreti per fornire correttivi. BLOOM, “APPRENDIMENTO PER LA PADRONANZA” La strategia del Mastery Learning di Bloom si fonda sull’assunto per il quale, se si fornisce ad ogni studente il tempo e la qualità di istruzione di cui ognuno ha bisogno per dimostrare la padronanza in un determinato argomento, la percentuale dei ragazzi che raggiungeranno questa padronanza, a prescindere dalla loro attitudine iniziale, sarà pari ad una percentuale del 95%. ! Per quale situazione è concepita la strategia di Bloom? È in primo luogo concepita per essere utilizzata in una situazione di istruzione collettiva, dove il tempo a disposizione è relativamente fisso. ! Concetto base della strategia? L’idea è che la maggior parte degli studenti possa raggiungere un elevato livello di apprendimento se vengono create le condizioni favorevoli, adeguate alle caratteristiche e ai bisogni di ciascuno. ! Qual è la struttura della strategia di Mastery Learning di Bloom? 1. Definizione di “Padronanza degli argomenti” definita dal docente per il corso dove intende utilizzare la strategia di Bloom. 2. Formulazione di Obiettivi Didattici che si presume tutti gli studenti acquisicano fino a fornire una prova standard di padronanza alla fine del corso. 3. Divisione del corso in Unità Didattiche, in cui ogni unità comprende gli obiettivi del corso divisi in cicli di due settimane, il materiale di ogni unità è direttamente collegato a quello dell’unità precedente. 4. Creazione di Test Formativi, i quali hanno scopo diagnostico e sono senza voto, vengono auto corretti dagli studenti, questi test sono strumenti di valutazione di tutte le unità di apprendimento. 5. Creazione di Materiali Didattici Alternativi, ovvero unità con funzione correttiva, tali materiali insegnano gli stessi contenuti già affrontati nelle singole unità ma in maniera “diversa” o “alternativa”. ! Applicazione del Mastery Learning di Bloom: 1. Si inizia insegnando la prima unità della sequenza con i classici metodi di insegnamento collettivo. 2. Al termine dell’Unità Didattica, prima di procedere con la successiva egli applica i Test Formativi di verifica, per determinare in che modo ogni studente sta imparando. 3. Prende atto del progresso degli studenti che arrivano a soddisfare il livello richiesto di profitto e chiede agli altri di utilizzare le unità correttive (Materiali Didattici Alternativi) per completare l’apprendimento e colmare le lacune. 4. Viene affidata la responsabilità allo studente di utilizzare i correttivi, entro i termini di inizio della successiva unità didattica, per colmare le lacune. Si richiede quindi allo studente di utilizzare del tempo extra scolastico (anche se alcune strategie vengono applicate in parte anche durante il tempo scolastico) per acquisire le competenze mancanti. L’insegnante applica ciclicamente i passi sopra indicati fino all’esaurimento delle unità didattiche, poi: 5. Esame finale del corso: Applica lo strumento complessivo di valutazione (Bloom, Hastings, Madaus, 1971). Tale strumento ha lo scopo di riassumere tutti gli obiettivi complessivi del corso. La prova sostenuta dallo studente in questo strumento “complessivo” è decisiva. La valutazione non dipende da quanto lo studente ha appreso rispetto ai compagni piuttosto rispetto agli obiettivi di padronanza prefissati ad inizio corso. Bloom non pretende la padronanza perfetta di ogni unità didattica ma una prova finale complessiva adeguata. KELLER, “SISTEMA DI ISTRUZIONE PERSONALIZZATA”. Il “Sistema di Istruzione Personalizzata” di Keller (PSI), è definibile come “istruzione programmata”. Questo approccio all’istruzione è espressamente concepito per convertire il ruolo dell’insegnante da “dispensatore di informazione culturale” a quello di “tecnico dell’apprendimento” ed eventualmente di “organizzatore dell’apprendimento” degli studenti. ! Caratteristiche essenziali del PSI (Sistema di Istruzione Personalizzata) di Keller: 1. Ognuno deve procedere ad un suo ritmo (velocità commisurata all’abilità personale e ad altre esigenze correlate al tempo di cui si dispone). 2. Esecuzione perfetta dell’unità di apprendimento (lo studente accede all’unità successiva solo dopo aver dimostrato la perfetta padronanza dell’unità precedente). 3. Utilizzo di lezioni e dimostrazioni a scopo motivazionale (piuttosto che come fonte di informazione critica). 4. Aumento dell’importanza nelle comunicazioni tra studente e docente. 5. Impiego di Proctor (Nel senso di “persona che aiuta” al di fuori del docente, può essere anche un compagno che ha già padroneggiato l’argomento, per fare questo è importante che nella classe non vi sia competizione tra gli studenti). 6. Definizione anticipata degli obiettivi del corso. 7. Suddivisione degli obiettivi in unità di apprendimento (di solito hanno durata e cadenza settimanale). 8. Sviluppo di procedimenti per mezzo dei quali lo studente impara a padroneggiare gli obiettivi dell’unità didattica che si sta affrontando. ! Quali sono i procedimenti utilizzati nel PSI di Keller? 1. Una lista degli obiettivi dell’unità didattica 2. Lettura di libri di testo ed altri materiali 3. Il docente pone una serie di domande mirate a stimolare l’attività mentale dello studente e a guidarne il lavoro. 4. Lo studente viene sottoposto ad un esame sulla singola unità dal suo proctor o dal suo assistente. Tali esami vengono formulati in maniera “personalizzata” sulla base del tipo di comportamento che ci si aspetta dallo studente. 5. Se alla fine dell’esame l’esecuzione dello stesso da parte dello studente è perfetta, egli riceve l’autorizzazione a procedere con l’unità didattica successiva, in caso contrario si chiede allo studente di riprendere in esame l’unità didattica prima di tornare a ripete la prova. 3. Sequenza di Unità Didattiche: • Nella strategia di Bloom l’insegnante tenta sistematicamente di mettere in sequenza le unità didattiche secondo una scala gerarchica, in modo che il materiale didattico di ogni unità successiva venga costruito il più direttamente possibile su quello dell’unità precedente. • In Keller può avvenire la stessa condizione, ma non in maniera così sistematica. 4. Presentazione dell’insegnamento originario di un’unità: • Bloom insegna le unità didattiche utilizzando metodi essenzialmente collettivi. • Keller utilizza metodi di insegnamento quasi esclusivamente individuali. 5. Modalità di insegnamento primario di un’unità: Le strategie differiscono sia nel numero dei metodi che nei tipi: • Bloom chiede agli studenti di imparare mediante sistemi e mezzi diversificati: o Lettura o Ascolto di conferenze o Partecipazione attiva nelle discussioni È responsabilità dello studente scegliere il materiale adeguato all’apprendimento tra quelli sopra proposti. • Keller utilizza quasi esclusivamente il metodo della lettura come mezzo di apprendimento. 6. Andamento dell’insegnamento originario di un’unità: • Nell’insegnamento di Bloom, l’insegnamento originario è commisurato ai ritmi dell’insegnante. • In Keller, l’insegnamento di “autoregola”, ovvero è commisurato ai ritmi dello studente. 7. Strumenti di Feedback per singole unità: • Bloom = Test Formativi: Perlopiù a “Scelta Multipla”. Tali test, sembrano fornire un feedback più dettagliato riguardo ciò che lo studente ha o non ha imparato, facilitano il docente nell’individuare quali obiettivi lo studente ha o non ha raggiunto all’interno dell’unità proposta, ciò permette all’insegnante di indicare allo studente in quali punti dell’unità si sono riscontrati i maggior problemi, evitando che quest’ultimo “sprechi tempo” nel ricercare l’origine delle proprie lacune. • Keller = test ed item diversificati: Scelte multiple, saggi, performance e domande orali. Tali test sembrano restituire risultati meno dettagliati riguardo quello che lo studente ha o non ha imparato, tuttavia essi risultano essere maggiormente descrittivi essendo formati da strumenti diversificati. 8. Padronanza e richiesta per ciascuna unità: • Bloom non pretende una performance perfetta su ogni unità, preferisce altresì un’esecuzione adeguata nel test finale del corso. Questo deriva dall’assunto che una performance perfetta può anche essere una pretesa non realistica. • Keller invece, pretende una performance perfetta nei test al termine di ogni unità per poter passare a quella successiva. Tale richiesta è però risultata “problematica” in alcune applicazioni delle idee di Keller. 9. Modalità di Intervento Correttivo: • Gli strumenti formativi di Bloom danno un’informazione esplicita su come gli studenti si evolvono in conseguenza all’istruzione collettiva originaria, i test possono essere utilizzati sia per descrivere i problemi di apprendimento, sia per suggerire un ‘appropriata sequenza di unità di recupero. • Gli strumenti di feedback di Keller tendono a descrivere soltanto una “porzione a caso di ciò che lo studente ha imparato, di conseguenza nell’approccio di Keller è qualche volta più difficile suggerire un’appropriata sequenza di unità di recupero. • Nella strategia di Bloom c’è una maggiore varietà degli strumenti di recupero. Bloom utilizza tutor, attività di apprendimento a piccoli gruppi e diversi altri espedienti didattici alternativi (libri di testo, libri di lavoro, istruzione programmata, materiali audiovisivi, giochi ed indovinelli educativi). • Keller impiega principalmente tutor (in Inghilterra sono insegnanti universitari che seguono uno o più studenti, ma sempre in numero limitato) come metodo primario di istruzione correttiva. • I materiali forniti nella strategia di Bloom rafforzano l’apprendimento dello studente in forme che sono molto diverse dall’istruzione originaria. L’idea di base è che non è utile riportare lo studente ai materiali originari per aiutarlo a superare le difficoltà di apprendimento. • I correttivi di Keller tendono ad essere molto simili ai materiali dell’insegnamento originario. L’assunto è che lo studente non ha bisogno di una serie differente di materiali didattici, ma solo di avere più pratica con la vecchia serie. L’autore ha constatato che è stato fatto un solo tentativo (Tierney, 1973) per esaminare implicazioni e differenze che le strategie di Bloom e Keller comportano nei processi di apprendimento degli studenti. La strategia di Bloom ha prodotto, in alcuni casi, risultati differenti nel profitto rispetto all’approccio di Keller. In futuro perciò, promettenti ricerche sul Mastery Learning, potrebbero orientarsi verso studi sperimentali capaci di provare quali differenze, sopra indicate, creino una divergenza nello sviluppo conoscitivo ed affettivo degli studenti.
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