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Istituzioni di diritto romano: Origine e Evoluzione del Diritto Romano, Schemi e mappe concettuali di Matematica

Questo testo tratta dell'origine e dell'evoluzione del diritto romano, dalla compilazione del Corpus iuris civilis fino all'umanesimo, al razionalismo e alle altre tradizioni giuridiche. Vengono descritte le istituzioni del diritto romano, come la persona, il diritto di voto, la famiglia, il matrimonio e i diritti reali e di credito.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2018/2019

Caricato il 16/08/2021

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MrFlanagan.01 🇮🇹

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Scarica Istituzioni di diritto romano: Origine e Evoluzione del Diritto Romano e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Matematica solo su Docsity! Istituzioni di diritto romano Il diritto romano è alla base del diritto moderno | romani, infatti, hanno inventato la scienza giuridica, creando un sistema che mette le norme in relazione fra loro L'Italia era abitata già da 30000 anni prima di Cristo da popoli pre-indoeuropei. Erano popoli arretrati da un punto di vista della civiltà, non conoscevano l'uso dei metalli, vivevano in caverne. Fra il 3000 ed il 1500 aC, iniziano delle migrazioni di popoli che arrivano da Oriente, dal centro dell'Asia, a più ondate. Vanno a stanziarsi nel centro dell'Europa. Alcuni di questi popoli arrivano in Italia. Sono tanti popoli, tutti diversi. Sono più avanzati dei popoli pre-indoeuropei. Conoscono l'uso dei metalli, vivono in palafitte. Fra questi popoli c'è quello dei latini, arrivato insieme ai sanniti, ai volsci, ai galli, ai sabini, agli etruschi. Avevano tutte etnie diverse, ma in comune avevano le radici linguistiche indo-europee | latini occupano il Lazio. Sono organizzati in città indipendenti, le città-Stato, così come gli Etruschi, che occupano la Toscana. Manca qualunque tipo di unità, sia all'interno di un singolo popolo, sia fra diversi popoli Fondazione di Roma 21 aprile del 753 a C Roma viene fondata da Romolo e Remo, discendenti di Enea, un troiano che, con la presa di Troia da parte dei greci guidati da Agamennone, intorno al XII secolo, riesce a scappare da Troia verso l’Italia, approdando nell'Italia meridionale. Sposa la figlia di un re, il re del Lazio, e ha un figlio, Ascanio. Questo figlio, una volta cresciuto, va a fondare Albalonga. Dopo otto generazioni, sul trono di Albalonga ci sono due fratelli; Numitore e Amulio. Amulio scaccia Numitore ed uccide tutti | suoi figli, tranne una: Rea Silvia. Essa un giorno era la fiume a lavare i panni, e incontra la divinità Marte, la quale la lascia incinta. Dopo nove mesi generò due gemelli, che vengono abbandonati in una zattera, vengono trovati da una lupa. Crescono forti e robusti, tornano ad Albalonga, uccidono Amulio e rimettono sul trono Numitore Romolo e Remo vanno poi a fondare la nuova città di Roma, più a nord di Albalonga, proprio sul Tevere. Con l'aratro disegnano il confine sacro ed inviolabile della città. Per scegliere il nome fanno una gara, a chi vede più uccelli. Romolo vince e spetta a lui dare il nome alla città. Remo si arrabbia, viola i confini della città, distrugge le mura e Romolo dunque è costretto ad ucciderlo. La città si chiama Roma, e nasce da un fratricidio Roma viene dunque fondata da fuoriusciti di Albalonga. Roma nasce probabilmente come colonia di Albalonga, sulla costa meridionale del Tevere, come avamposto difensivo della città di Albalonga contro i nemici: gli etruschi Probabilmente a fondarla sono tutti uomini, soldati. Le donne sono poche, e dunque i romani rapiscono le donne dei sabini. Scoppia una guerra, ma poiché le donne sabine, che ormai hanno sposato i soldati romani, non vogliono che i loro mariti combattano contro i loro padri, viene indotta la pace fra romani e sabini La città-Stato di Roma nasce come una fusione fra romani e sabini. Il popolo romano diceva di chiamarsi “Populus Romanus Quirites”. | quiriti erano i sabini, poiché in lingua sabina “quiris” significava lancia. In effetti, il primo re di Roma era Romolo, ma insieme ad egli era sul trono anche Tito Tazio, un sabino. In successione vi sono, poi, Numa Pompilio (sabino), Tullo Ostilio (romano), Anco Marzio (sabino), Tarquinio Prisco (etrusco), Servio Tullio e Tarquinio il Superbo Nel 617 a.C, i Tarquini invadono Roma, controllata dagli Etruschi fino al 509 a.C, anno della fine della monarchia L'impero romano, nel 395 dC, era stato diviso in due parti dall'imperatore Teodosio | il grande. Alla sua morte, egli aveva spartito l'impero fra ì suoi due figli, Arcadio e Onorio * Impero romano d'Oriente *. Impero romano d'Occidente Questa divisione sarebbe rimasta stabile nel tempo, fino al 476 dC., quando un generale dei barbari che aveva invaso l'Italia, Odoacre, depose l’ultimo imperatore d'Occidente, Romolo (detto Augustolo). L'impero d'Occidente cadde così sotto il controllo di popolazioni barbariche, sparendo * Ostrogoti in Italia * Longobardi in Italia *. Visigoti in Spagna *. Franchi in Francia * Sassoni in Gran Bretagna * Alamanni in Germania In Oriente, però, l'impero continuava ad esistere. La sede era a Costantinopoli, al tempo detta Bisanzio Quando Giustiniano sale al trono imperiale nel 527 dC. il diritto romano esisteva ed era un diritto estremamente intricato. Questo perché erano in vigore norme giuridiche che risalivano alla fondazione di Roma, unite a migliaia di nuove norme. Era un sistema di norme molto ricco e complesso In Oriente il diritto romano era ancora applicato perfettamente, senza cesura, mentre in Occidente esistevano tanti diversi regni barbarici, e ciascun regno applicava il diritto di quel popolo dominatore Giustiniano si pone due obiettivi 1. Riconquistare l'Occidente 2. Riportare il diritto romano in Occidente Il desiderio era quello di un impero riunificato. Inizia così la riconquista dell'Occidente, che porterà a termine nell'arco di qualche decennio, riconquista non totale. Per riportare il diritto romano in Occidente, egli deve però semplificare, riordinare quella materia, complicata per il sistema delle fonti e la quantità di norme giuridiche. Fra il 533 e 534 dC. realizza dunque un'opera semplificatrice, il Corpus iuris civilis (“corpo del diritto civile”), composta principalmente di tre parti. Istituzioni (quattro libri), Digesto (cinquanta libri) e Codex (dodici libri). Fa una selezione di tutto ciò che sarebbe entrato a far parte del Corpus iuris civilis, poiché il materiale di partenza era ricco. Tutto ciò che veniva lasciato fuori, non era più in vigore Nel frattempo conquista l'Occidente Nel 552 dC. Giustiniano fa una Pragmatica Sanzione, stabilendo che il diritto romano sia in vigore anche in Occidente. Finge che questa richiesta gli provenga da Papa Vigilio ed invia l’opera all'esarcato bizantino di Ravenna, sede del rappresentante in Occidente Il 565 dC, anno della sua morte, rappresenta convenzionalmente la fine della storia romana e l'inizio del Medioevo. L'impero d'Oriente continuerà fino al 1453, anno della conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani. In Occidente, invece, i popoli barbari si risollevano contro gli imperatori d'Oriente e ristabiliscono i loro regni. Il diritto romano viene dimenticato, non trovando più alcun tipo di applicazione. Si applicheranno semplicemente consuetudini formate localmente nei vari regni barbarici, con qualche ricordo del diritto romano Norma giuridica : si manifesta attraverso un enunciato verbale, che si caratterizza per una specifica funzione permettere alle persone, ai consociati, di risolvere conflitti d'interesse intersoggettivi. Tale conflitto si risolve ricorrendo all'applicazione delle norme giuridiche. Ciò presuppone l’esistenza di una società, di cui il diritto ne è l'espressione. | romani dicevano “ubi societas ibi ius”, dove c'è una società, là esiste il diritto * Norme di qualificazione : norme che si trovano negli ordinamenti, abbastanza rare, che danno delle definizioni agli elementi giuridici che i consociati utilizzano (diritti, istituti, contratti, negozi giuridici) Art. 1321 del codice civile. Dà una definizione di contratto: “Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale” * Norme di relazione : norme che permettono di risolvere | conflitti d'interesse in maniera più evidente. Si caratterizzano per una certa struttura: una fattispecie ed un effetto. Viene dato un fatto che può verificarsi, e una conseguenza in caso che si verifichi Implicitamente tali norme dettano dei comandi generali ed astratti, che possono essere disattesi. In tal caso, sono previste delle sanzioni Art. 575 del codice penale. L'omicidio è punibile con reclusione non inferiore ad anni ventuno Art. 624 del codice penale. Il furto è punibile con reclusione da sei mesi a tre anni e con multa. Con aggravante, la pena è da due anni a sei anni. Con due aggravanti, da tre a dieci anni Art. 2043 del codice civile. Il risarcimento per fatto illecito Nel campo del diritto penale, la sanzione è inflitta dallo Stato. Nel campo del diritto civile, invece, la sanzione va da un soggetto ad un altro soggetto Va prevista la coercibilità della sanzione. Il compito spetta agli organi dello Stato, che sono incaricati di infliggere le sanzioni. Si va in processo, il giudice verifica che si siano verificate le condizioni della fattispecie, poi gli organi infliggeranno la sanzione: polizia giudiziaria, polizia penitenziaria Norme giuridiche più antiche: codice di Hammurabi, re di Babilonia, 1750 aC. Legge del taglione Norme morali : non giuridiche. Pongono un criterio di comportamento. Non prevedono sanzioni Norme religiose : norme che dettano dei comandamenti. Possono prevedere delle sanzioni che si verificheranno in un'esistenza ultra-terrena, in una prossima vita, non a opera degli organi dello Stato. Le norme del diritto canonico, invece, sono giuridiche, e disciplinano i rapporti degli appartenenti alla Chiesa cattolica Norme meramente sociali : hanno rilevanza unicamente sociale, e sono norme del pre-diritto. Sono proprie di società che non hanno sviluppato ancora completamente il diritto. Dettano dei modelli positivi di comportamento ma non prevedono sanzione. Prevedono soltanto il biasimo sociale, e si parla di culture di vergogna, contrapposte alle culture di colpa, ovvero quelle nelle quali la società è organizzata dal diritto, e la colpa è sanzionata dalla norma giuridica Oggi, la coercizione delle norme giuridiche è affidata a * Giudice * Organi dello Stato Nella Roma antica, troviamo delle norme diverse Leggi delle XII Tavole (451/450 a.C.) Redazione in forma scritta su delle tavole Norma giuridica arcaica “Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto” Se un soggetto ha fratturato un arto ad un altro soggetto, se i due non si mettono d'accordo su un risarcimento economico, abbia luogo la legge del taglione. Colui che ha subito la rottura dell'arto può a sua volta rompere l'arto al secondo. La sanzione, la vendetta, viene inflitta dal soggetto leso, non dagli organi dello Stato Edward Hoebel scrisse “Il diritto nelle società primitive” nel 1954. Afferma che la sanzione viene inflitta da un agente socialmente autorizzato. Non è l'organo statale che infligge la sanzione, bensì un privato, che è autorizzato dal diritto a infliggere la sanzione. Siamo nel campo della vendetta privata regolamentata e della autotutela Periodi della storia costituzionale romana 753 aC 509 a C 27aC 565 dC I | | | > Regno Repubblica Impero Regno . Periodo durato 244 anni. Il re è individuato dal Senato, ed è l'unico magistrato. Roma è ancora una piccola città-Stato. Il periodo dura fino al 509, anno della cacciata dei Tarquini (fine della dominazione etrusca) Repubblica : Periodo durato 482 anni. A capo dello Stato non vi è più un re, ma vi sono altri magistrati che sono eletti dal popolo. Precisamente, i due consoli sono i magistrati supremi. AI di sotto dei consoli ci sono altri magistrati minori. pretori, edili e questori. AI di sopra di tutti ci sono | censori, con rango superiore ai consoli ma senza poteri di Governo. È il cosiddetto “Cursus honorum”, ovvero gerarchia di magistrati. Il potere esecutivo era del popolo, mentre il potere giudiziario non esisteva. Il periodo dura fino al 27 a. C., dopo una serie complessa di fatti, soprattutto di guerre civili dopo la morte di Cesare nel 44 a.C. fra i suoi successori. Ottaviano e Antonio litigarono per il potere. Nel 27 aC. Augusto Ottaviano riesce ad imporsi su Antonio, dopo la vittoria di Azio * Magistrati. in Italia sono | giudici ed i pubblici ministeri che detengono il potere giudiziario. A Roma, invece, non vi era la concezione della tripartizione del potere (risale all'Illuminismo, a Montesquieu). Non esistevano neanche giudici professionisti né pubblici ministeri. Essi erano i detentori del potere esecutivo Svolgevano le funzioni di governo, militari e giurisdizionali. Amministravano tutte le funzioni dello Stato Impero : Periodo durato 592 anni. L'imperatore è al di sopra dei magistrati. La struttura amministrativa è differente. Lo Stato è a grande estensione territoriale, dalla Mesopotamia al Portogallo, dalla Scozia all'Egitto Raggiunge la sua massima espansione con Triano, nel Il secolo d.C. L'Impero si divide in due sotto-periodi principato e dominato. Il confine fra i due non è chiaro, è discusso. Si pensa sia intorno al 235 a.C, anno della morte di Alessandro Severo. Il principato è una forma di Governo in cui i poteri del sovrano sono meno forti. Il dominato, invece, è un'età di assolutismo. Il periodo dura fino al 565 d.C., anno della morte di Giustiniano Epoche del diritto privato romano 753aC 242aC 235 dC 565 dC I I I I > Età arcaica Età classica Età post-classica Età arcaica : Roma continua ad essere una piccola città basata sull'attività agricola e pastorizia, e l'arrivo della Repubblica non cambia subito il diritto. Il periodo dura fino al 242 aC, anno in cui viene istituito il Pretore peregrino. Si occupa dei rapporti con gli stranieri: la parola “peregrino” in latino significa straniero. Con la fine della prima guerra punica, contro Cartagine, Roma si espande nel Mediterraneo: Sicilia, Sardegna e Corsica. Con la seconda guerra punica, anche in Spagna e Nord Africa. Conquista territori extra-italici chiamati “province”. Nelle province abitano gli “stranieri”, non vengono resi cittadini romani. Non sono obbligati a rimanere nelle province, però, e perciò sì mescolano con i romani. Da ciò, l'inevitabile regolamentazione dei rapporti giuridici Età classica : momento di massimo splendore del diritto. Da un'economia agricola, chiusa, si passa ad un'economia mercantile e commerciale, aperta. Il diritto privato cambia, viene ad includere nuovi istituti giuridici e contratti commerciali che prima non erano necessari. Il periodo finisce con la morte di Alessandro Severo Età post-classica : è un periodo di crisi dell'Impero, di anarchia militare. Inizia il dominato. Sarà un periodo di grandi invasioni barbariche, e di impoverimento culturale dell'Impero e della cultura giuridica Un'innovazione introdotta dal Pretore urbano nel lus Honorarium, dopo un certo periodo di tempo, si riteneva passare al lus Civile attraverso la consuetudine. Il lus Civile inizia dunque ad assorbire il lus Honorarium. Si parla di editto “tralaticium”, editto che viene tramandato Tre funzioni del lus Honorarium nei confronti del lus Civile *. Adiuvandi aiutare *. Supplendi. corrigendi * Corrigendi . correggere luris civilis gratia Se il lus Civile aveva una lacuna, il lus Honorarium sopperiva quella lacuna. Esso diventa il motore esterno di sviluppo del lus Civile Tutto ciò va avanti fino all'anno 130 dC, periodo del principato. Gli imperatori volevano esercitare il potere e controllare il diritto privato. Inizieranno a fare leggi dette costituzioni imperiali. Si verifica la cristallizzazione dell'editto da parte dell'imperatore Adriano. Il compito viene affidato al giurista Salvio Giuliano, il quale scrive un editto in forma definitiva. È l'Edictum perpetuum Il lus Honorarium è cristallizzato, ma gli istituti passano lentamente al lus Civile. In età post-classica si tornerà ad avere soltanto il lus Civile Fonti di produzione del ius Età arcaica Si ha un unico sistema di norme: il ius civile. Parlare di fonti di produzione significa parlare di quegli atti o fatti da cui le norme scaturiscono. È una metafora “fonte”, come fosse una fonte di acqua. Le norme del ius vengono dalla consuetudine 1. Mores maiorum, fenomeni consuetudinari antichi, dei quali non si conosceva neanche l'origine. La consuetudine è un comportamento protratto nel tempo, così a lungo che i consociati ritengono che sia diventato norma. Anche oggi la consuetudine è una fonte di produzione del diritto, ma scarsamente importante poiché ha valore dopo altre fonti, gerarchicamente sovraordinate. Nel ius civile arcaico, tutto il ius era consuetudine. Sono usi particolari, riguardanti i rapporti giuridici fra soggetti. Letteralmente mores maiorum sono i costumi degli antenati. le norme giuridiche di origine consuetudinaria 2. Leges regiae, leggi attribuite ai re. | re avevano il potere di emanare leggi. Ciò appartiene solo all'età del Regno, quantitativamente poco numerose. Sono leggi di completamento dei mores, non scritti. Parliamo di un diritto non scritto. La parola legge vuol dire affermare 3. Interpretatio pontificum, interpretazione dei pontefici o Giurisprudenza pontificale. Attività svolta dai pontefici di interpretazione | mores venivano resi noti alla popolazione rivolgendosi ai pontefici, collegio di sacerdoti che avevano il monopolio della conoscenza del ius civile. Nell'esercitare la loro funzione di interpretazione dei mores, i pontefici, talvolta, senza dichiararlo espressamente, creavano nuove norme. Non essendo scritti, non avevano buon gioco nel far emergere mores nuovi. Erano loro per primi ad affermare norme. A ciò giungono | pontefici a tecniche di interpretazione dei mores esistenti, ampliati, estesi, a comprendere fattispecie nuove, originariamente non compresi da essi. L'interpretazione era un motore dello sviluppo del ius civile. Perciò sono una fonte di produzione del diritto. | pontefici erano tutti patrizi Nella Roma arcaica, la popolazione era divisa in due classi: patrizi e plebei. Da un punto di vista del diritto romano, ha una rilevanza fondamentale. Nell‘età regia, solo i patrizi partecipavano alle strutture della società. | plebei erano esclusi dalla vita politica. Non erano nei comizi, non potevano diventare pontefici Questa divisione creava un problema. Se c'era una controversia fra un patrizio ed un plebeo, non si sapeva cosa dicesse il ius. Le parti andavano davanti al pontefice per chiedere cosa dicessero i mores. In un contesto sociale tale, accadeva che i pontefici tendessero a dare quella interpretazione che risultasse favorevole alla parte patrizia Potevano farlo poiché il diritto non era scritto. Da ciò nasce il problema della componente plebea, che non poteva controllare che l’attività dei pontefici fosse condotta in maniera ineccepibile. Mancava la “certezza del diritto”, ovvero la possibilità per ciascun cittadino di verificare cosa dicesse il diritto su una determinata questione Questa contrapposizione fra patrizi e plebei dura per tutta l'età regia, prosegue in età repubblicana (i plebei vogliono arrivare alle magistrature e a conoscere il ius certo) Un primo obiettivo viene raggiungo nel 451/450 a C. con le Leggi delle XII Tavole. Sono la prima redazione scritta dei principali mores. | plebei si lamentano contro i patrizi, si ha la lotta di classe e viene nominato un collegio di dieci membri incaricato di redigere in forma scritta i principali mores. Sono i decem viri. Redigono probabilmente dieci tavole il primo anno L'anno dopo vengono cambiati i dieci membri, e probabilmente sono entrati tre plebei che hanno redatto le altre due tavole. La magistratura ordinaria del consolato è stata sospesa durante questi due anni Le dodici tavole forse erano di bronzo, forse di legno. Non ci sono giunte, andarono bruciate nell'incendio gallico del 387 a.C. | galli provenienti dalle Marche e la regione della Pianura Padana invasero Roma, bruciando la città Roma fu salvata dalle oche del Campidoglio, che svegliarono Manlio Capitolino, che cacciò i galli, guidato dal condottiero Brenno. Fu l'ultima invasione di Roma prima delle invasioni barbariche Sono conosciuti alcuni versetti, ovvero alcune norme, tramandati dagli scrittori. Cicerone, Livio. Hanno fatto la palingenesi delle dodici Tavole Le dodici Tavole non sono una soluzione definitiva, poiché i pontefici continuano con la loro attività d'interpretazione Leggi comiziali. Siamo nel secolo IV. Sono degli atti normativi approvati dai comizi centuriati e tributi, riunioni del popolo in età repubblicana. Il popolo era organizzato in modo differente: votavano per centurie o tribù. Votavano le leggi proposte dai magistrati. Erano in forma scritta, pronunciate verbalmente. Davano certezza del diritto. Avevano però un'importanza limitata per il diritto privato, perché in maggior parte le leggi riguardavano il diritto pubblico, l'organizzazione dello Stato, il diritto costituzionale. Sono fonte di produzione ma hanno scarso impatto sul ius civile Per il meccanismo di funzionamento dei comizi, c'erano tutti | cittadini ma il voto non aveva lo stesso peso. Il voto dei più ricchi valeva più di quello dei più poveri. | patrizi, benché fossero la parte minoritaria della popolazione, avevano la maggioranza dei voti dei comizi. Lo scontro fra patrizi e plebei continua 5 Plebi scita. Il punto finale della lotta fra patrizi e plebei è il 287/286 aC, anno in cui i plebei impongono ai patrizi che loro stessi potevano fare leggi vincolanti per l'intera popolazione. Queste leggi, approvate dai soli plebei, riuniti nel Concilio della plebe, stabiliscono che gli atti approvati dal concilio erano vincolanti per l'intera città, e dunque vennero equiparati alle leggi comiziali. Tali atti erano definiti plebisciti, stabiliti dalla Lex Hortensia Età postclassica Dopo la crisi che segue la morte di Alessandro Severo, si ha nell'Impero l'anarchia militare, seguita poi da Diocleziano (inizio del dominato). Non ci sono più grandi giuristi, e gli operatori del diritto faticano ad orientarsi nel grande numero di fonti di produzione del diritto. Esse sono numerose, esistevano numerosi Costituzioni imperiali e Senatoconsulti, e la Giurisprudenza classica si era manifestata in un grande numero di opere Le opere della Giurisprudenza classica non erano come i moderni classici. Erano fatte di materiali casistici le opere erano raccolte di casi ai quali si dava la soluzione. Un operatore giuridico che avesse avuto bisogno di consultare il diritto si trovava di fronte a numerose opere da studiare in profondità. Inoltre, era un diritto controverso, e quindi su uno stesso caso vari giuristi davano soluzioni diverse. Gli operatori dell'età classica non avevano difficoltà ad orientarsi in questo materiale, esistevano diverse scuole di diritto Nell'età postclassica non esistono più giuristi che producono nuove opere. Si va dunque incontro ad una semplificazione: si realizzano delle raccolte chiamate Collezioni di leges e Collezioni di iura. | mores maiorum si vanno a cercare in queste collezioni Collezioni di leges : Sono raccolte selezionate di Costituzioni imperiali che vengono realizzate o da privati, o da imperatori. La prima ufficiale viene fatta dall'imperatore d'Oriente Teodosio II, nel 438 dC. L'ufficialità consiste nel fatto che Teodosio Il seleziona le Costituzioni più importanti e le inserisce nel Codice Teodosiano. Dispone che tutte le Costituzioni imperiali non incluse siano abrogate, mentre quelle inserite sono ancora in vigore Collezioni di iura : alcuni privati si occupano di fare delle raccolte di casi ritenuti da loro importanti: Collezioni di iura. Non hanno valore ufficiale. Sono delle antologie di casi selezionati dalle opere della Giurisprudenza classica È un lavoro di semplificazione Regni barbarici A partire dal V secolo dC., a seguito delle invasioni, si instaurano i Regni barbarici. Si hanno in Occidente vaste regioni, prima imperiali, occupate dai nuovi popoli arrivati. Pian piano faranno cadere l'Impero. Hanno una popolazione mista (barbarica e romana). A capo ci sono dei re, che sono re delle popolazioni barbare. | nuovi dominatori sono i barbari, mentre i romani sono ormai stati sconfitti. | re devono amministrare i loro regni, nei quali c'è una popolazione mista: sudditi romani e sudditi barbari. Non si può imporre il diritto barbarico ai romani, essendo troppo diverso. Non si può applicare il diritto romano ai barbari, non parlando neanche il latino Principio della personalità del diritto. Nello stesso Stato, la componente romano continuano ad usare il diritto privato romano. La componente barbara usa il suo diritto tradizionale. | re barbari vogliono però controllare il modo in cui vive la componente romana, il modo in cui si gestisce nei rapporti giuridici fra privati. Si ha dunque una nuova fonte della produzione del diritto sono le leggi romano-barbariche. Sono delle compilazioni essenziali di diritto romano (leges e iura) fatte realizzare dai sovrani barbari a un notabile della componente romana dei loro regni. Quello era il diritto romano utilizzato dai sudditi romani di quel regno Due leggi scritte in latino, fatte fare su incarico dei re barbarici alla componente romana * Popolo dei Visigoti (Spagna) * Popolo dei Burgundi (Borgogna) Corpus luris Civilis : Compilazione Giustinianea Siamo alla fine del diritto romano. Giustiniano fa realizzare grandi Compilazioni di leges e di iura 1. Digesta Composto da 50 libri, pubblicato nel 533 dC. È una Compilazione di iura, un'antologia di passi di opere dei giuristi classici. Sono frammenti di casi o brani in cui si commenta il lus Civile. È la prima collezione ufficiale di iura.| compilatori (gruppo di lavoro capeggiato da Triboniano) avevano selezionato in partenza 2000 opere di giuristi classici, di 300 a 500 anni prima, da cui selezionarono materiale per creare 50 libri. Vi sono dei passi delle Istituzioni di Gaio. Gli originali venivano però cambiati in alcuni passi per adattarli alle esigenze dell’epoca Giustiniano dispone che tutte le opere dei giuristi classici non inserite nella compilazione siano vietate nelle citazioni in giudizio. Si può citare solo il Digesto. Si tratta di un'opera fondamentale. Si smette dunque di copiare opere della Giurisprudenza classica, proprio per il divieto giustinianeo 2. Codex Composto da 2 libri, pubblicata nel 534 dC. È una Compilazione di leges Giustiniano è agevolato, dato che già esisteva una Compilazione del 438 d.C, quella di Teodosio Il. Raccoglie Costituzioni imperiali, da Augusto a Giustiniano. Le altre Costituzioni imperiali non inserite sono vietate 3. Institutiones Composto da 4 libri. È un'opera fondamentale per l'insegnamento nelle scuole del primo anno di diritto. È ispirata all'opera di Gaio, le Istituzioni 4. Novellae È la raccolta di Costituzioni imperiali pubblicate da Giustiniano dopo l'anno 534 dC, fino alla sua morte Gli schiavi non erano soggetti di diritto, non erano persone. Erano oggetti di diritto, cose. Non avevano un patrimonio, non avevano capacità giuridica, ma avevano la capacità di agire non piena. Gli schiavi potevano essere incaricati dal Pater di compiere alcuni atti, se erano maschi, puberi e sani di mente. Avevano una limitata capacità di agire. Non hanno un patrimonio proprio, possono agire entro certi limiti ben precisi. Nella stessa condizione degli schiavi erano i figli. Il Pater poteva far lavorare, punire, uccidere, vendere, ma anche liberare gli schiavi Es. Il Pater poteva dire di andare al mercato a vendere un cavallo, a comprare dieci pecore Processo di libertà Poteva accadere che una persona tenuta come schiava dicesse di essere libera. Oppure uno schiavo poteva vivere da libero. L'incertezza poteva essere risolta ricorrendo ad un processo Es. Uno schiavo scappa, e ad un padrone giunge notizia che in tal luogo vive da libero. Il padrone poteva intentar causa a questa persona dai giudici e farla ricondurre allo stato di schiavitù. Oppure uno schiavo afferma di essere libero e fa causa a chi lo tiene in schiavitù La persona il cui status era contestato non poteva da solo fare causa al padrone, aveva bisogno di qualcuno che lo rappresentasse, che per lui facesse causa al padrone. Così come, viceversa, se il padrone diceva che un uomo era suo schiavo, quest'ultimo doveva trovare qualcuno che lo rappresentasse. La persona il cui status era contestato era oggetto del processo, non parte processuale * Adsertor libertatis : colui che rappresentava la persona il cui status si doveva dibattere. Citato dall'attore di fronte al pretore * Decemviri stlitibus iudicandis : giudici che si occupano dei processi di libertà di un libero che qualcuno afferma sia suo schiavo. Erano dieci magistrati che si occupavano di tali processi. Erano magistrati di basso rango che stavano al di sotto dei questori. Era demandata dal pretore a dei magistrati cittadini * Recuperatores : coloro che si occupano dei processi di libertà di uno schiavo che diceva di essere libero. Erano dei privati cittadini nominati e scelti dal pretore. Erano un collegio di cinque o sette membri. Stabilivano se lo schiavo era o no un uomo libero. Se l’adsertor libertatis vinceva la causa, l'oggetto era dichiarato libero. Lo schiavo recuperava la libertà L'attore (colui che agisce in giudizio) chiamava in giudizio l’adsertor libertatis (come convenuto) e lo schiavo (oggetto della lite) come oggetto, e tutti e tre andavano di fronte al pretore. La causa non era decisa dal pretore, quest'ultimo si limitava a impostarla da un punto di vista formale. Rinviava le parti litiganti davanti ai giudici. Il processo di libertà era dunque bifasico prima di fronte al pretore e poi di fronte ai giudici Manomissioni civili (del lus civile) Conferivano alla persona liberata, contestualmente e inseparabilmente, la libertà e la cittadinanza. Lo schiavo liberato con manomissione civile diventava cittadino romano. Erano tre * Manumissio testamento : testamento orale, fatto davanti ai comizi curiati (solo patrizi). Con essa, il Pater familias liberava lo schiavo dal suo testamento. Aveva effetto soltanto dopo la morte del Pater Lo schiavo non passava in eredità ai successori * Manumissio censu . fa riferimento al censimento, compiuto dai censori ogni cinque anni. | censori erano in carica un anno e mezzo. Ogni cinque anni censivano le persone, stabilendo il loro censo, mettendo nelle varie fasce di reddito per le varie imposte. Il censimento era anche un momento per compiere delle manomissioni di schiavi. Il padrone poteva chiedere al censore l'iscrizione di un proprio schiavo nelle liste del censimento. Questo significava che lo schiavo cessava di essere schiavo e diventava uomo libero e cittadino. Si poteva però fare ogni cinque anni * Manumissio vindicta : sì applica un vero processo in un finto processo di libertà, per liberare uno schiavo immediatamente. Si trovava un amico che assumesse il ruolo di adsertor libertatis. Lo citava in giudizio, come in un processo di libertà, davanti al pretore, dicendo che quest'uomo era un uomo libero. Dato che era un finto processo, il padrone non si opponeva. A quel punto il pretore non mandava neanche le parti davanti ai giudici, che sarebbero stati i recuperatores. Quando il convenuto dà ragione all'attore, non c'è bisogna di nominare i giudici. Il pretore toccava lo schiavo con una bacchetta che si chiamava “vindicta”, detta anche festuca. Lo schiavo era liberato In età classica gli schiavi erano molto numerosi. Roma aveva iniziato la sua grande espansione nel V secolo a.C. in Italia, nel Ill secolo in Europa. Questo sia in età repubblicana, sia in età imperiale, quando si arriverà alle conquiste più grandi. Affluiscono a Roma migliaia di schiavi, da terre anche lontane, e non solo latini. Vengono dall'Africa, dalla penisola arabica, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Scozia. Diventano una merce che non ha più un grande valore economico. Ci sono ricchi proprietari che hanno migliaia di schiavi. | ricchi latifondisti, per esempio, li facevano lavorare nelle loro terre. Le fonti della schiavitù rimangono le stesse, per il favor schiavis, però, se la donna è libera o al momento del concepimento, o al momento della nascita, il figlio è libero. | padroni hanno numerosi schiavi e quindi sono più inclini a liberarli. In età arcaica era meno frequente, essendo una merce di valore. Essendo ora di poco valore, le manomissioni diventano molto più frequenti Manomissioni informali (non riconosciute dal lus civile) * Interamicos il padrone, davanti ad amici come testimoni, libera il proprio schiavo * Perepistulam . il padrone libera lo schiavo attraverso una lettera. Essa gli restava anche come prova * Permensam il padrone invita lo schiavo a mangiare con la famiglia *. Manumissio in ecclesia : questa arriva dopo Queste manomissioni raggiungevano uno scopo di fatto ma non avevano l'effetto giuridico di ottenere la libertà e la cittadinanza. Non entravano nel corpo dei cittadini, la loro liberazione era addirittura così priva di rilevanza che rimanevano schiavi dal punto di vista giuridico. Il padrone avrebbe anche potuto ricondurli alla schiavitù. Poteva ripensarci. Non era un atto definitivo C‘erano situazioni di incertezza che erano aggravate dal grande numero di schiavi manomessi con manomissione informale. Non si capiva il loro status libertatis, né civitatis. Si parlava di morantes in libertate, persone in stato di fatto di libertà. Era una condizione revocabile. La situazione richiedeva di essere regolata Manomissioni pretorie nel corso del | secolo a.C Un pretore intervenne per regolare queste situazioni d'incertezza attraverso il diritto. Le rende pretorie, istituisce un nuovo tipo di manomissione ufficiale che nasce dalla prassi. Sono regolate dal ius honorarium, riconosciute dall'ordinamento romano Il pretore dispose, attraverso l’editto, che queste manomissioni erano irrevocabili. | morantes in libertate avevano una condizione definitiva, anche se la manomissione non era stata regolata dal ius civile. Il padrone che avesse manomesso lo schiavo in questo modo rendeva lo schiavo definitivamente libero, condizione tutelata dall'ordinamento giuridico. Se il padrone avesse cambiato idea, dopo che le manomissioni informali fossero diventate pretorie, non poteva ricondurre in schiavitù la persona Avrebbe potuto eventualmente ricondurre in schiavitù la persona attraverso il processo di libertà. Lo avrebbe dovuto condurre davanti al pretore. Ma evidentemente il pretore sarebbe rimasto fedele alla disposizione che lui stesso aveva dettato, e quindi negava l'azione. Faceva la denegatio actionis. Era la tutela pretoria Il pretore non si occupò di stabilire nulla in relazione allo status civitatis di queste persone. Non è dunque chiaro quale status abbiano dal punto di vista della cittadinanza. La cittadinanza romana è un requisito del ius civile. Non può un atto del diritto pretorie conferire tale cittadinanza, è un sistema diverso quello del ius honorarium Questa situazione venne poi regolamentata, nel 19 dC, da una legge : lex iunia norbana. Fu proposta dai consoli lunio e Norbano. Siamo nel periodo dell'impero di Tiberio, succeduto ad Augusto, morto nel 14 dC. È una delle ultime leggi comiziali (finite con l'Impero), la quale ha adoggetto il diritto pubblico. Stabilì la condizione dei manomessi con manomissione pretoria: avevano la condizione di latini iuniani. Non erano cittadini romani, bensì latini Alla morte dei latini iuniani, il patrono acquistava le proprietà dei manomessi con manomissione pretoria. Questo rapporto di patronato esisteva anche per coloro manomessi con manomissione civile, ma essi erano cittadini e potevano fare testamento, potevano decidere a chi trasmettere la loro eredità. Se moriva senza figli, allora a quel punto il patrono acquisiva l'eredità Il patrono, anche nelle manomissioni civili, manteneva un legame con il liberto. Poteva pretendere da lui una serie di servigi ed opere che non erano comparabili con quelle della schiavitù. Continuava a tenere a svolgere un numero di lavoro a settimana a favore del suo patrono Status civitatis Si diventava cittadini romani per * Nascita. da una coppia sposata di romani, oppure da donna romana non sposata * Manomissione civile *. Concessione dello Stato romano : collettiva o individuale Rispetto agli stranieri, i romani avevano vantaggi * Diritto di voto . partecipare alla vita politica *. Provocatio ad popolum : in caso di pena di morte da parte di un magistrato, si può fare appello al popolo * Se conquistano un bottino di guerra, i vantaggi vanno soltanto ai romani, e non agli alleati stranieri Ci sono stati due grandi momenti di concessione collettiva della cittadinanza romana Il primo momento è stato nel 91 aC, verso la fine della Repubblica. Gli alleati italici non erano tutti cittadini romani, erano tenuti come alleati, ovvero avevano mantenuto la loro cittadinanza originaria (sabini, sanniti, lucani) Dovevano prestare gli eserciti ai romani quando Roma decideva di fare una guerra, senza avere nulla in cambio Albalonga, nel 91 aC, si rivolta contro Roma, perché i cittadini vogliono la cittadinanza romana. Viene chiamata la guerra sociale, poiché venivano chiamati “i soci”. Fu una guerra terribile per Roma perché gli eserciti erano di pari forza e di pari addestramento. Per non essere sconfitta, Roma accettò la concessione della cittadinanza romana al cittadini di Albalonga. Nel 90 a C, si ha la Lex lulia de civitate latinis danda (legge comiziale), che concede la cittadinanza romana a tutta l'Italia, dal Po‘ in giù Il secondo momento è stato nel 212 d.C., quando Antonino Caracalla (dinastia dei Severi), con un editto (Costituzione imperiale), concede la cittadinanza a tutto l'Impero Status familiae Sui iuris significa letteralmente “persona di proprio diritto”, ovvero una persona indipendente. Non ha sopra di sé altri, non ha un capo Alieni iuris significa letteralmente “persona di diritto altrui”, ovvero una persona dipendente da un capo In un esempio di famiglia, il Pater familias è Sui iuris ed i tre figli (due maschi ed una femmina) sono Alieni iuris Pater familias significa “soggetto maschio sui iuris”, un maschio che non ha nessuno sopra di sé, non ha a sua volta un pater. Quando muore il pater familias, abbiamo tre soggetti Sui iuris. Si trovano senza un ascendente maschio vivo. Il figlio maggiore diventa Sui iuris e Pater familias. Il secondo figlio diventa Pater familias. La figlia diventa “Donna sui iuris” Familia proprio iure è una famiglia in cui si ha un soggetto sui iuris ed eventualmente i suoi sottoposti, alieni iuris. Alla morte del Pater, con tre figli, si avranno tre famiglie proprio iure. | maschi diventano Pater familias. La figlia è diventata donna sui iuris e da sola ha una familia proprio iure Se la donna si sposa, va ad assoggettarsi al marito, entrando nella sua famiglia. La famiglia della donna si estingue. Se la donna, sposandosi, avesse dei figli, essi sarebbero assoggettati al marito. È il caput et finis della famiglia, la donna. Se il marito muore, la moglie diventa sui iuris. L'eventuale figlio sarebbe stato agnato della famiglia dell'uomo. L'agnazione si trasmetteva per linea maschile Se la donna ha un figlio senza essere sposata, il figlio non è nella famiglia proprio iure della madre. Se non ha un pater, il figlio nasce come soggetto sui iuris. Non è agnato di nessuno. Nasce pater familias Nessuno ha la patria potestas su questo figlio Familia communi iure le famiglie che erano in origine assoggettate ad un unico pater La parentela, in diritto romano, era complicata. Ce ne erano di due tipi * Adgnatio la parentela giuridica che aveva rilevanza per il diritto. In base ad essa si trasmetteva l'eredità L'agnazione in linea retta lega un ascendente al discendente, ed ogni passaggio generazionale rappresenta un grado. L'ascendente è il pater, il discendente il figlio 1, per esempio L'agnazione in linea collaterale : lega fra loro persone che discendono da uno stesso pater. | gradi si calcolano salendo al più vicino capostipite comune e si ridiscende. Ogni passaggio rappresenta un grado. Figlio uno e figlio due sono agnati in secondo grado. Zio e nipote sono agnati in terzo grado. | cugini sono agnati in quarto grado. Il sesto grado (figli di cugini) è il limite massimo della parentela. Termina l'agnazione L'erede era l'agnato di grado più vicino. Se muore il figlio 1, gli eredi sono il fratello e la sorella * Cognatio : la parentela di sangue che non aveva rilevanza per il diritto privato. Si trasmette lì dove c'è legame di sangue. Si ha la cognatio in linea retta e la cognatio in linea collaterale Talvolta adgnatio e cognatio non coincidevano. Se la figlia si sposava, rompeva il legame agnatizio e usciva dalla famiglia. Nel momento in cui era sposata, non era più agnata delle altre persone. La cognatio invece c'era La donna non sposata generava un figlio, non era agnata, bensì cognata di suo figlio Qualunque persona si poteva classificare sulla base di tre Status, e la capacità giuridica dipendeva dai essi. Solo persone che avevano la pienezza dei tre Status avevano diritti ed obblighi: liberi, cittadini romani e sui iuris. Una sola persona aveva questo diritto. La proprietà era soltanto della persona sui iuris. | figli non potevano avere la proprietà di nulla. Tutti | diritti della famiglia erano in capo al Pater familias. Alla morte del Pater, i figli acquisivano la capacità giuridica (anche le donne sui iuris, ma non potevano amministrare un patrimonio perché non avevano la capacità di agire) Oggi hanno la capacità di agire i maggiorenni ed | capaci d'intendere e di volere. A Roma bisognava avere determinate caratteristiche | soggetti Sui iuris che hanno la capacità di agire per il diritto privato devono essere Maschi Puberi : età adulta, alla pubertà, ovvero al raggiungimento della maturità sessuale. Corrisponde al momento della comparsa di peli pubici. Esisteva la ispezione corporale, ovvero i parenti prossimi verificavano se un giovane sui iuris aveva raggiunto la pubertà. Soltanto il giurista Labeone propose una nuova idea, fatta propria dai Proculiani, di fissare un'età a quattordici anni (a dodici per le donne) Sani di mente : capacità d'intendere e di volere La capacità giuridica di diritto pubblico : partecipare alla vita politica, entrare nei comizi, votare Bisognava essere Liberi Cittadini romani Maschi Puberi Sani di mente La maggiore età per i diritti politici non era fissata a 14 anni, bensì a 17 anni. Era l'età nella quale si entrava nell'esercito. Nei comizi centuriati c'erano i maschi armati, i soldati Pater familias Mancipium : il complesso dei poteri del padre all’interno della famiglia, poteri che si distinguevano in specificità Patria potestas . il potere che il Pater aveva sui suoi figli, figlie, nipoti Manus . il potere che il Pater aveva su sua moglie e sulle mogli dei suoi figli e nipoti. La moglie è assoggettata al marito e al padre del marito Dominica potestas : dominio sugli schiavi. Gli schiavi di proprietà di famiglia. La dominica potestas era un potere sulle persone (potestas) ma anche dominica (da dominio, cose). Gli schiavi erano considerati cose Dominium ex iure quiritium : dominio, proprietà, secondo il diritto dei quiriti, i romani (Ius civile) La donna sui iuris poteva avere schiavi e cose, ma non poteva avere la patria potestas e manus Estinzione della patria potestas 1 Morte del Pater Vendita del figlio per tre volte Caduta in prigionia del Pater o del figlio. Se il padre riotteneva la libertà, non riacquistava la patria potestas per Il postliminium Mutamento di cittadinanza del Pater o del figlio. Era un istituto romano Emancipazione del figlio : liberazione volontaria del figlio dalla patria potetas del Pater. La emancipatio passava attraverso le tre vendite. Solo attraverso esse si poteva estinguere la patria potestas di un Pater È un atto che il Pater 2 non può fare da solo. Ha bisogno di un vero amico. Si fa una prima mancipatio ed una prima manomissione. Si fa una seconda mancipatio ed una seconda manomissione. Si fa una terza mancipatio, la pater potestas è estinta ed il figlio si trova nel mancipium di Pater 1. Quest'ultimo potrebbe manomettere il figlio per la terza volta, ed il figlio diventerebbe sui iuris. Tuttavia, Pater 1 non fa la manomissione, bensì una remancipatio al Pater originario. Solo a questo punto, Pater 2, che si ritrova il figlio in condizione di persona in mancipio, procede alla manomissione finale. La manomissione finale non la fa il Pater 1 perché il Pater 2 voleva mantenere con il figlio il rapporto di patronato. Il Pater 2 aveva sul suo figlio manomesso della aspettative lavorative ed ereditarie. Abbiamo tre mancipationes, due manumissio, una remancipatio ed una manumissio del Pater Capitis deminutio. In correlazione con i tre status Maxima | quando una persona perdeva la libertà Media : quando una persona perdeva la cittadinanza Minima : in caso di adrogatio (sui iuris che diventa alieni iuris) ed in caso di emancipatio (va a perdere il legame agnatizio, e quindi a perdere l'eredità del padre) Latini | latini erano, in origine, divisi in diverse categorie 1. Prisci Lega latina, 493-338 a.C. Sono gli antichi abitanti del Lazio Anche i romani erano latini, ma di se stessi non lo dicevano. Ritenendosi i più importanti fra tutti i latini, dicevano di essere romani. Romani e latini ebbero, fin da età arcaica, rapporti fra di loro. Roma fu fondata da un'altra città latina, Albalonga. Fin da età antica, Roma divenne la città egemone della regione. Aveva una posizione all'intemo del Lazio di primazia. In questo contesto riconobbe agl‘altri latini una condizione particolare, di stranieri privilegiati Erano gli indigeni delle città-Stato. | latini erano stranieri, ma avevano privilegi rispetto agl'altri stranieri (per esempio, gli Etruschi). Con questi latini, Roma creò una Lega nel 493 a.C, la Lega latina. Prevedeva che romani e latini si dessero un mutuo soccorso nelle guerre di conquista e nelle guerre di difesa. Le guerre di conquista i latini non le facevano, le faceva solo Roma. | latini dovevano sostenere Roma nelle sue conquiste, come avrebbero poi fatto gli Alleati del | secolo aC, che poi si ribellarono Nel 338 a.C. scoppiò la guerra latina, dei latini contro i romani. Stanchi di essere tenuti senza di godere dei benefici delle conquiste si ribellano. Dura poco, Roma sconfigge tutti i latini. Alcune città le distrugge, altre le lascia come città alleate, altre punisce, ad altre dona la cittadinanza romana. Segue soluzioni differenti. | latini scompaiono dopo il 338 a C., diminuiscono | latini originari erano chiamati Prisci, dagli stessi romani. Sono | latini originari, intesi come antichi abitanti del Lazio. Questi sono | veri latini: stranieri privilegiati 2. Coloniarii Sono latini diversi. Quando esisteva la Lega latina (V e IV secolo), fondava delle colonie in Italia, a scopo di espansione, di controllo del territorio, di popolamento. Voleva dare terre a persone che non le avevano nella città- Stato. Queste colonie erano fondate in collaborazione fra romani e latini della Lega. Si chiamavano colonie latine Gli abitanti delle colonie si chiamavano coloni, ed erano coloni latini Nelle colonie ci sono sia coloni delle città latine, sia coloni che vengono da Roma. Questi ultimi perdevano la cittadinanza romana e diventavano latini, precisamente latini coloniarii Con la fine della Lega latina, Roma da sola va avanti a fondare colonie. | Prisci non esistono più. Dopo il 338 aC. e per tutta l'età repubblicana, i romani fondano colonie latine. A questo punto, i coloni delle colonie latine perdevano la cittadinanza romana. Accettavano di perdere tale cittadinanza perché in cambio ottenevano le terre Diventavano stranieri privilegiati I romani fondavano colonie latine, dove andavano cittadini romani che diventavano latini (ci andavano circa 6000 persone). Fondavano anche colonie romane, fondate senza l'aiuto della Lega latina, in cui i romani non perdevano la cittadinanza romana. Erano colonie a scopo militare. Ci andarono soldati con le loro famiglie Riceveranno anche loro delle terre. Sono fondate in punti dove possono arrivare attacchi. Erano colonie più piccole, ci andavano circa 300 famiglie La condizione dei latini coloniarii è ormai fittizia, di assimilazione a quella dei latini Prisci, assorbiti da Roma. Sono persone romane che acquistano una condizione di latini, assimilata a quella dei Prisci 3. luniani : coloro che erano manomessi con manomissione pretoria. Per la lex iunia norbana non dovevano accedere alla cittadinanza romana, e quindi restavano latini. Non nel senso dei latini Prisci; non si sa che status dargli, e allora gli si attribuisce il titolo di latini. Avevano una condizione particolare. Non votavano, non acquisivano i diritti politici, restavano esclusi dalla cittadinanza. AI momento della loro morte, non potevano fare testamento e la loro eredità non sì trasmetteva ai loro figli. Tornavano fittiziamente alla loro condizione prima della manomissione. “Vivevano da liberi ma morivano da schiavi”. Le loro cose, poiché non avevano capacità giuridica, erano del padrone, del “patrono” 4. Aeliani sono manomessi in funzione della lex aelia sentia Diritti dei latini lus migrandi : proprio di prisci e coloniarii Era il diritto di immigrare a Roma, diventando cittadini romani. Ce l'avevano fin dall'antico i latini Prisci, e fu riconosciuto anche ai latini coloniarii. Questi ultimi, però, romani andati nelle colonie. Se volevano cambiare idea, la colonia perdeva popolazione. La legge prevedeva che potessero immigrare a condizione che lasciassero un erede nella colonia. A quel punto i latini coloniarii tornavano a Roma, riacquistando la loro cittadinanza romana lus suffragii proprio di prisci e coloniarii Era il diritto di votare nei comizi quando sì trovavano a Roma. Il loro voto era ininfluente perché votavano in un'unica centuria. Il voto non era per teste. | latini, per quanti fossero, avevano un voto contro centonovanta lus conubii : proprio di prisci e coloniarii Era il diritto di sposare romani o romane. Ci fa capire quale fosse lo status di chi nasceva dal matrimonio fra un romano ed una latina: nasceva romano. Se nasceva da matrimonio fra un latino ed una romana, nasceva latino lus commercii : proprio anche di luniani e Aeliani Era il diritto di fare la mancipatio. Più in generale, era la capacità di partecipare agli istituiti del ius civile, esseme parti. Esso era riservato ai cittadini romani. Il processo in età antica poteva essere fatto solo da romani, gli stranieri dovevano essere rappresentati. Questo per tutti gli stranieri, tranne i latini. Avevano questo grande privilegio, non completamente ma quasi. Non avevano la patria potestà sui propri figli, era solo peri romani. Potevano però fare i processi da soli, senza dover essere assistiti o rappresentati da un romano Teoria della tensione Tensione fra padri e figli, | figli nutrivano del risentimento per la condizione in cui si trovavano. | padri avevano paura di essere uccisi dai propri figli, per entrare in possesso del loro patrimonio Poena Cullei Culleus : sacco di cuoio nel quale si inserivano i figli che avevano ucciso i propri padri Per punire i figli che avessero ucciso i padri, vi era una pena atroce. | figli venivano inseriti in un sacco, e non sì inserivano soli. Si mettevano nel sacco un cane, un gallo, una vipera ed una scimmia. Il sacco veniva attaccato ad un bue nero, e doveva attraversare la città di Roma. Dopodiché veniva buttato nel Tevere affinché non contaminasse nemmeno la terra. Non si sa perché venissero utilizzati tali animali Non si sa dove trovassero le scimmie; il Nord Africa non era ancora stato colonizzato. Si pensava a Pitecusa (Ischia), che forse indicava l'isola delle scimmie. In realtà, il nome viene da “pitos”, ovvero vaso Negl'anni Ottanta del secolo scorso, uno studioso americano di nome Richard Saller fece uno studio sull'età in cui i romani si sposavano. Studiò le tombe che riportavano la data di nascita e di morte, e quelle tombe in cui erano sepolti anche i figli. Comprese anche in che anno si erano sposati quei romani. Arrivò alla conclusione che, in età classica, i romani maschi si sposavano non all'età della pubertà, bensì intorno ai trent'anni. Le donne, invece, intorno ai vent'anni. L'età media di quel tempo era intorno ai cinquant'anni. Saller comprese che non era poi così probabile che un Pater familias avesse nel suo potere figli sposati, e nipoti. Concluse che la teoria patriarcale della famiglia romana non sarebbe da condividere. La teoria della tensione non deve però essere abbandonata completamente perché, ancora in età classica, era attestato il diritto di vita o di morte dei padri sulla famiglia, esisteva l'incapacità patrimoniale dei figli, e si necessitava dell'approvazione del padre per il matrimonio dei figli Limitata capacità di agire dei figli e degli schiavi Non avevano la capacità giuridica, né un loro patrimonio. Avevano, però, una limitata capacità di agire, se erano schiavi e figli maschi e di età pubere. Gli effetti non andavano su un loro patrimonio, bensì su quello paterno Responsabilità di natura criminale Per fatti puniti con pene pubbliche inflitte dallo Stato, | figli e gli schiavi erano personalmente responsabili. Le pene erano la morte e la reclusione. Erano pene personali Responsabilità di natura penale Si tratta di atti che rientravano nel lus civile e costringevano gli autori di questi delitti a pagare una pena pecuniaria. Questi delitti erano quattro *. Furto * Rapina * Lesioni fisiche * Danneggiamento di cose altrui Se un figlio, o uno schiavo, commetteva uno di questi delitti, il padre ne rispondeva sempre. Poiché queste pene potevano essere molto alte, vi erano una via di fuga per il pater, per sottrarsi all'obbligo di pagamento della pena Ciò era regolato dal principio della nossalità (consegna del figlio o dello schiavo con mancipatio al soggetto leso). La parola deriva dal latino “noxa”, ovvero danno. Ciò si verificava, per esempio, quando la pena era superiore al valore dello schiavo Responsabilità di natura non penale Es. Un figlio che, siccome aveva capacità di agire, fosse andato in banca a chiedere un prestito di denaro. Se il figlio avesse speso tutti quei soldi, il banchiere sarebbe andato dal pater Regola generale * Età arcaica : le obbligazioni contratte dai figli erano delle obbligazioni naturali (contrapposte alle obbligazioni civili). Se il pater non pagava, non poteva esser citato in giudizio e non poteva essere condannato. Il figlio sarebbero dunque stato perseguitato dai creditori, e avrebbe ucciso il padre. Per questo, si verificavano numerosi patricidi. Se il pater pagava, non poteva più richiedere indietro quel pagamento (ripetere il pagamento) * Fine dell'età repubblicana : per via consuetudinaria, le obbligazioni contratte dai figli erano delle obbligazioni civili. Tuttavia, il vincolo non era esecutivo finché sussisteva la patria potestas. Finché il padre era vivo, l'obbligazione sussisteva ma il creditore non avrebbe potuto citare in giudizio il pater. Sarebbe diventata civile una volta che il pater fosse morto. A quel punto il figlio avrebbe ereditato ed il creditore avrebbe potuto citarlo in giudizio. Alcuni creditori, però, pressavano | figli Si verificò un caso famoso di un figlio che, avendo contratto dei debiti, fu messo in condizione di dover pagare al più presto. Il figlio Macedone uccise il padre (siamo nel | secolo d.C., al tempo dell'Impero di Vespasiano). A quest'anno risale il Senato consulto macedoniano, il quale dispose che si tornasse alla disciplina precedente *.Impero(69-79 d.C.) le obbligazioni contratte dai figli tornano ad essere delle obbligazioni naturali A differenza dei debiti di natura penale, i debiti di natura non penale non obbligavano il padre, mai Regole particolari * Padre che incarica il figlio o lo schiavo di agire per lui. Con accordo fra padre e figlio/schiavo, e debito contratto dal figlio/schiavo, si parla di responsabilità adiettizia. La parola viene dal latino e significa aggiungere. La responsabilità del pater si aggiunge a quella del figlio/schiavo. In realtà, l’unica responsabilità è quella del padre. Tale responsabilità sorgeva in due casi Praepositio. Quando il pater avesse preposto il figlio/schiavo ad una specifica attività. Si tratta di un atto con il quale il pater metteva a capo di una certa sua attività o impresa un figlio/schiavo. Era quest'ultimo che gestiva l'impresa, come una sorta di amministratore delegato. In questi casi, il creditore insoddisfatto avrebbe potuto citare in giudizio il pater. Nell'editto del pretore (età classica) vi era l'elenco di tutte le azioni (strumenti con | quali si cita in giudizio). Il creditore trovava nell'editto le azioni necessarie 1. Actio exercitoria . usata per | debiti sorti nell'esercizio di un'impresa marittima 2. Actio institoria : usata per | debiti sorti nell'esercizio di un'impresa terrestre Tali contratti esponevano i pater ad una responsabilità illimitata. Il pater rispondeva di tutti i debiti contratti dal figlio/schiavo, fino al fallimento Peculium Quando il pater avesse attribuito al figlio/schiavo un piccolo patrimonio di proprietà del padre, per compiere determinati atti giuridici. Poteva anche essere attribuito per svolgere un'attività imprenditoriale il peculio era l'impresa stessa 1. Peculium profeticium : proveniva dal pater. Nel peculio c'era denaro e beni (mobili o immobili). Era amministrato dal figlio/schiavo, ma restava di proprietà del pater, il quale poteva revocarlo 2. Peculium castrense : sorge già dalla tarda Repubblica. Il termine deriva da “castra”, accampamento militare. Nel peculio confluivano i compensi che i figli ricevevano per l’attività militare. Del peculio potevano anche disporne per testamento 3. Peculium quasi castrense : solo dall'Impero, quando si sviluppò la burocrazia imperiale, ovvero un'organizzazione di dipendenti dello Stato che lavoravano nell'amministrazione statale e che erano stipendiati. | proventi dell'attività confluivano in questo peculio Il pater poteva essere chiamato in giudizio con una actio de peculio. Era un'azione adiettizia, ovvero un'azione per cui il pater rispondeva di debiti contratti dal figlio/schiavo. Faceva sorgere una responsabilità limitata. Il pater rispondeva unicamente entro i limiti del peculio. Il patrimonio peculiare era separato rispetto al resto del patrimonio personale del pater. Qualora fosse fallita l'impresa, sarebbe fallito il patrimonio del peculio ma non avrebbe intaccato quello personale. | debiti che gravano sul patrimonio del peculio non contagiano il patrimonio personale: si parla anche di autonomia patrimoniale perfetta Età arcaica Il matrimonio romano era sempre cum manu. Comportava che la moglie uscisse dalla sua famiglia proprio iure d'origine ed entrasse nella famiglia del marito. La moglie non era più agnata, ma restava cognata. Perdeva l'eredità del pater. Diventava agnata della famiglia del marito, al quale andava a sottoporsi. Se la donna era sui iuris, andava a sottoporsi egualmente al marito o, se vivo, al pater del marito, passando allo status di alieni iuris Subisce la capitis diminutio minima Il passaggio della donna alla famiglia del marito poteva awenire con un atto giuridico, la conventio in manum Essa aweniva, in linea di principio, con il compimento di due atti alternativi. Non sono atti costitutivi del matrimonio. Il matrimonio romano non ne aveva. Sono atti che coincidevano con l’inizio del matrimonio, che servivano a fare acquistare al marito la manus sulla donna Confarreatio : un negozio giuridico con il quale la donna sposata passava dalla famiglia originaria a persona alieni iuris assoggettata al marito. | due nubendi dovevano recarsi dinnanzi a due supremi sacerdoti della città. il pontefice massimo (capo del collegio dei pontefici che interpretavano le norme) ed il flamen dialis (flamine, supremo sacerdote di Giove). Dovevano poi esserci dieci testimoni, owero dieci cittadini romani puberi. A questo punto i due nubendi sì sedevano davanti ad un altare, su sedili coperti di pelle di pecora, si scambiavano una stretta di mano e compivano tre giri intorno all'altare. La donna era vestita con un abito tradizionale rosso. Dicevano delle parole solenni. La donna diceva “tu sei Gaio, io sono Gaia” per simboleggiare l'ingresso nella famiglia. Si spezzava infine una focaccia di farro. Giove farreo era, appunto, Giove che proteggeva il farro Era il negozio usato dai patrizi Coemptio : una applicazione della mancipatio, fatta a scopo di acquisto della manus. Il marito (se sui iuris) o il pater del marito compieva questa coemptio con il pater della donna o il suo tutore (se era alieni iuris) L'oggetto della coemptio non era la donna, bensì la manus sulla donna. Bastava una sola vendita per estinguere la patria potestas sulle donne, una sola mancipatio. Ciò porta alla seguente costruzione del potere del marito nei confronti della moglie. La coemptio non era, dunque, compiuta dai due coniugi, bensì dai padri dei due coniugi Era il negozio usato dai plebei Il matrimonio poteva iniziare anche senza che fossero compiute la confarreatio o la coemptio. Questo perché i due coniugi potevano andare a convivere e considerarsi marito e moglie. Il matrimonio esisteva, ma non avveniva istantaneamente l'acquisto della manus. Siccome il matrimonio romano antico era sempre cum manu, ecco che l'ordinamento doveva prevedere qualche modo che il marito acquistasse la manus 3 Usus : una forma di usucapione, attraverso la quale si acquistava la manus sulla donna sposata. Il matrimonio iniziava, | figli generati erano legittimi. Attraverso la coabitazione protratta per un certo periodo di tempo (un anno) si aveva la conventio in manum. Richiamava il matrimonio per ratto (rapimento) Era il negozio usato “dai guerrieri”, come detto dallo studioso francese Dumézil Usucapione . maniera di acquistare la proprietà. È il possesso protratto nel tempo di una res. Oggi si compie in dieci anni sulle cose mobili, e vent'anni sulle cose immobili Condizione della moglie in manu * Loco filiae : in condizione di figlia del marito dal punto di vista agnatizio *. Loco sororis ; in condizione di sorella dei figli dal punto di vista agnatizio * Loco neptis : in condizione del padre del marito dal punto di vista agnatizio Solo quando morirà il pater del marito, quest'ultimo acquisterà la manus nei confronti della moglie Dote : si trattava di una quantità di beni e denaro che il pater della donna che si sposava consegnava al pater del marito o al marito (se era sui iuris). Serviva a sostenere i due sposi economicamente. Aveva anche una seconda funzione, ovvero quella di compensare la donna alieni iuris della perdita dei diritti successori verso la sua famiglia d'origine Il titolare della manus aveva sulla donna vari poteri disciplinari. Essi si estendevano fino al diritto di vita o di morte Vi erano due casi in cui esso poteva verificarsi * La donna aveva commesso adulterio flagrante. La donna veniva scoperta in un rapporto sessuale con un altro uomo * La donna aveva bevuto vino. | romani ritenevano che il vino facesse abortive. Oppure, avevano paura che, ubriacandosi, la donna potesse commettere adulterio. lus osculi: diritto di bacio della donna quando essa rientrava a casa, da parte di tutti gli uomini della famiglia Il matrimonio serviva a far nascere figli legittimi. Poteva essere preceduto da un fidanzamento (sponsalia), che fino all'età di Augusto poteva fare nascere delle obbligazioni economiche Presupposti per il matrimonio 1. Due nubendi puberi : dodici anni la femmina, quattordici il maschio 2. Sanità mentale : se l‘insanità arrivava dopo, il matrimonio rimaneva valido Libertà : gli schiavi non sì sposavano né fra di loro, né con persone libere. Potevano costituire famiglie di fatto, il contubernium 4. Cittadinanza : almeno status di Latini : Latini Prisci o Coloniarii Non doveva esserci adgnatio e cognatio in linea retta o collaterale (entro il quarto grado per la cognatio) 6. Fino al 445 aC, i due nubendi dovevano essere della stessa classe sociale. Fu abolito con il plebiscito Canuleio, il quale dispose che potevano sposarsi anche persone di due classi sociali diverse 7. Consenso dei rispettivi patres Divorzio Poiché la donna era assoggettata al marito, il divorzio non era possibile per volontà della moglie. Era possibile unicamente per volontà del marito : ripudio. Divorziare implica un atto che può compiersi per volontà di entrambi i coniugi. Ripudiare implica, invece, l'atto proprio del marito. Le diceva “vade foras!” o “Res tua stibi habeto!” Giusta causa per ripudiare la moglie 1. La donna aveva avvelenato la prole 2. La donna aveva commesso adulterio non flagrante 3. La donna aveva sottratto le chiavi della cantina Senza queste cause, il marito andava contro a conseguenze economiche. Vi era una perdita di tutto il patrimonio, che andava per metà alla donna e per metà confiscato dallo Stato Età classica Il matrimonio risentiva di un'importante novità a livello sociale: la progressiva emancipazione femminile. Le donne tendevano ad emanciparsi dal controllo dei loro mariti o del pater del marito. Ciò le portava a non voler più il matrimonio cum manu, che le costringeva ad uscire alla patria potestas e a sottoporsi alla manus Le donne si resero conto che, se fossero restate sotto la patria potestas, avrebbero guadagnato la condizione di sui iuris prima che se fossero passate sotto il marito Matrimonio sine manu Alle origini del matrimonio sine manu Trinoctium : la donna che si sposava senza confarreatio e senza coemptio andava a coabitare. Dopo un anno, il marito o il pater del marito acquistava la manus. Prima che compisse l'anno, allora, la donna si allontanava dall'abitazione maritale per un periodo di tre notti. Questo interrompeva l'usus. Così accadeva ogni anno Poi cade l'usus e, senza confarreatio e senza coemptio, la manus non può più essere acquistata. Intorno a trent'anni, le donne diventano sui iuris. Ecco l'emancipazione femminile, con grande preoccupazione dei mariti, che non volevano che le donne avessero grandi ricchezze Leggi limitatrici dell'ostentazione della ricchezza * Lex Oppia . del 215 a.C. Legge suntuaria, sul lusso. Le donne non possono indossare più di mezza oncia d'oro: gr. 1,16. La legge venne abolita vent'anni dopo * Lex Voconia ; del 169 aC. Legge che stabilì che le donne non potevano essere istituite eredi per testamento da chi fosse in prima classe di censo Legislazione augustea Dal 27 aC. al 14 dC, Augusto assume la carica di princeps. Nell'età augustea, si hanno importanti leggi in materia di matrimonio ed adulterio * Lex lulia de maritandis ordinibus : del 18a.C * Lex Papia Poppaea : del 9 dC. Integra la prima legge Augusto aveva l'obiettivo di indurre i romani a generare più figli: era fautore di una politica demografica. Dispose gli uomini di età compresa fra | 25 ed i 60 anni, e le donne di età compresa fra i 20 ed i 50 anni, dovevano sposarsi Se non si sposavano erano chiamati caelibes. Avevano la particolarità per cui non potevano ricevere eredità e legati. Coloro che si sposavano ma non generavano figli erano chiamati orbi. Questo comportava che potessero ricevere solo la metà di quanto fosse stato assegnato loro a titolo di eredità. Era una limitazione importante, gli alieni iuris aspettavano di ereditare Le donne sposate sine manu che avessero generato almeno tre figli, se donne ingenue, o quattro figli, se donne liberte, erano esonerate dalla tutela. Andavano ad acquistare la capacità di agire * Lex lulia de adulteriis : 18 a.C. Riguardava l'adulterio Età post-classica Si risente dell’influsso del Cristianesimo, il quale inizia con la dottrina del Cristo (vissuto nei primi trentatré anni), ma che non si è diffuso immediatamente. Nel | secolo si diffonde come una religione elitaria; non attecchisce se non a partire dal Ill secolo. Avrà degli influssi importanti sul diritto romano, anche in materia di matrimonio Inizia ad acquisire importanza la manifestazione iniziale della volontà. Il matrimonio romano non era basato su ciò, come per noi oggi, bensì su una continuità senza atto iniziale. | cristiani, invece, credevano che il matrimonio dovesse essere compiuto con un atto religioso iniziale. Si diffonde molto questo atto, che però non assume un valore giuridico. Rimane nell'ambito della prassi, anche se sarà proprio quest'ultima a far sì che nel Medioevo il matrimonio sarà fondato sull’atto iniziale della volontà Il divorzio, così come in età classica, era possibile per volontà di entrambi i coniugi. La moglie non era più subordinata al marito, non c'era più solo il ripudio del marito sulla moglie. Ci sono valide cause per le quali il divorzio è considerato legittimo, o cause che invece portano a sanzioni economiche Il marito può divorziare per giusta causa * Adulterio * Moglie condannata per avvelenamento * Moglie fa la mezzana : intermediaria nei bordelli La moglie può divorziare per giusta causa * Marito la costringe a prostituirsi *. Marito condannato per omicidio * Marito tiene una concubina fissa in casa : dall'età post-classica Se il marito divorzia per giusta causa, può trattenere la dote, sennò, dovrà restituire alla moglie la dote. Se la moglie divorzia per giusta causa, può riprendersi la dote, sennò, dovrà lasciarla al marito Persone sottoposte a tutela Persone assoggettate a tutela *. Minori sul iuris | impuberi (femmine fino a 12 anni, maschi fino a 14 anni) * Donne puberi sui iuris passavano da una tutela all'altra Tutore in età arcaica * Legittimo adgnatus proximus. L'agnato prossimo, di grado più vicino * Testamentario . il pater poteva prevedere nel testamento un tutore per i propri figli, in assenza dell'agnato prossimo Se qualcuno era privo di tutela, essa era amministrata collettivamente dalla gens (insieme di famigleie che ritenevano di discendere da una lontana, comune capostipite). Esso era detto pupillo. Dal IIl secolo aC, compare il tutore Atiliano, poiché previsto dalla Lex Atilia. Era nominato dal pretore per chi non avesse tutore In età arcaica, il tutore aveva una proprietà funzionale sul patrimonio del pupillo In età classica, i poteri del tutore * Gestio per infantes *Auctoritas. per infantia maiores È la ratifica Infantes : bambini minori di sette anni. Certamente non era in grado di compiere alcun atto giuridico Infantia maiores : età compresa fra sette anni e la pubertà (14 anni). | loro atti erano incompleti, non erano inesistenti o nulli, bensì non validi poiché non completi. Mancava la capacità di agire. Questi atti potevano diventare validi con l'approvazione successiva del tutore: auctoritas Tutela muliebre Donne puberi sui iuris. AI compimento dei dodici anni, usciva dalla tutela sugli impuberi e passava alla tutela muliebre. Essa aveva alcune particolarità. Il tutore non aveva solo la gestio, ma anche la auctoritas. La donna poteva compiere atti da sola, ma essi erano incompleti. Il tutore si limitava a dare l'autorizzazione In età arcaica, quando esisteva soltanto il lus civile, le donne erano totalmente incapaci di agire, e qualunque loro atto aveva bisogno di essere completato dalla auctoritas del tutore In età classica si ha, invece, la comparsa del lus honorarium. Le donne restano incapaci per il lus civile ma capaci per gli atti contratti con il lus honorarium. Avevano una parziale capacità di agire. Inoltre, si inizia a diffondere la prassi per cui le donne possono scegliersi loro il tutore al posto del tutore legittimo, dell'agnato prossimo. In origine ciò si poteva fare solo col consenso dell'agnato prossimo, ma nel | secolo aC, una Costituzione dell'imperatore Claudio abolì il tutore legittimo delle donne Augusto dispose poi che le donne sposate sine manu che avessero generato almeno tre figli, se donne ingenue, o quattro figli, se donne liberte, erano esonerate dalla tutela. Si ha una totale capacità di agire In età post-classica, nel III/IV secolo dC, la tutela sulle donne è ormai scomparsa. Addirittura, si ha la possibilità di madre tutrice sui propri figli Persone sottoposte a curatela (cura) Capaci giuridicamente ma incapaci di agire : incapaci d'intendere e di volere. Hanno un patrimonio ma non lo possono amministrare in diritto romano * Furiosi sui iuris . i pazzi * Pròdigi sui iuris : coloro che sono affetti da prodigalità Hanno bisogno di un aiuto nell'amministrazione del loro patrimonio Se è impubere o donna, si può verificare. Se è pazzo 0 prodigo, invece, non è più un dato oggettivo. Il pretore stabiliva se qualcuno avesse o non avesse bisogno di un aiuto, con un provvedimento detto interdictio L'incapacità dei furiosi e dei pròdigi è dunque diversa. Non hanno un tutore, bensì un curatore. Esso era originariamente l'agnato prossimo; poi si aggiunse o venne sostituito dal curatore di nomina pretoria La tutela e la curatela dell'agnato prossimo erano potestative. Mentre invece la tutela e la curatela di nomina pretoria erano protettive. L'erede di un pupillo impubere era l'agnato prossimo. La tutela e la curatela gestita dall'agnato prossimo portava per un interesse personale ad un'ottima amministrazione del patrimonio. Se fosse morto il pupillo, loro avrebbero ereditato. La tutela e la curatela di nomina pretoria, invece, poteva essere denunciata per mala gestione. Non erano futuri eredi del pupillo, amministravano la tutela e la curatela in quanto incaricati dai magistrati. L'obiettivo era la tutela degli interessi della persona da loro tutelata o curata processo d'appello, non si va a vedere se la pretesa dell'attore era fondata o meno. Questo era già stato deciso dal processo di cognizione, che è arrivato ad un punto definitivo. L'esecuzione è una verifica che sia stata emessa una sentenza definitiva di esecuzione, che tale sentenza non sia stata eseguita, e a quel punto sì può disporre l'esecuzione controllata dagli organi dello Stato Processo per Legis actiones Processo romano in età arcaica che non prevedeva appello. Esisteva un solo grado di giudizio. La sentenza era immediatamente definitiva. “Legis actiones” significava azioni della legge * Le leggi di età arcaica erano le leggi delle XII Tavole (451 a C.), previste dai mores antichi e che poi avevano trovato una loro composizione in forma scritta * Le azioni (actio) sono invece lo strumento giuridico che l'attore ha a disposizione per citare in giudizio il convenuto. Ancora oggi l'attore agisce con l'azione. Oggi è però intesa come il potere di chiamare in giudizio un'altra persona. A Roma, invece, l'azione si configurava come un enunciato verbale che doveva essere recitato di fronte al magistrato, dall'attore al convenuto. Era un testo, ed esistevano diverse azioni tipiche che servivano a diversi scopi. Il convenuto poteva o meno difendersi Il processo per legis actiones era bifasico 1. In iure : davanti al magistrato. L'attore recitava l'azione, certa verba, parole fisse. Il convenuto poteva recitare l'eccezione 2. In iudicio : la sentenza non era emessa del rex, del console o del pretore, bensì dal giudice. Il magistrato non poteva da solo occuparsi di tutti | processi. Il giudice era un privato cittadino, non un professionista, non era competente da un punto di vista giuridico. Si occupava di fatto. Era scelto di comune accordo dalle parti, sennò nominato dal magistrato. Davanti al giudice le parti dovevano dimostrare di avere ragione. Legis actiones di cognizione In origine, esisteva solo la Legis actio sacramento. Era una legge generale, che copriva tutti i tipi di liti (secondo Gaio), in due varianti * Inrem serviva a far valere in giudizio i diritti reali. L'attore chiamava in giudizio il convenuto. Lo portava davanti al rex, al console o al pretore. Doveva pronunciare le parole della Legis actio sacramento in rem, la vindicatio. Doveva rivendicare la proprietà. “lo dico che questa cosa è mia secondo il diritto dei quiriti”. Lo toccava con la vindicta. Il convenuto doveva andare in giudizio; se non avesse voluto, sarebbe dovuto essere portato con la forza dall'attore. La sua difesa era la contravindicatio. “lo dico che questa cosa è mia secondo il diritto dei quiriti”. Lo toccava con la vindicta. Se la cosa era un terreno, il convenuto doveva essere portato sul terreno, che doveva essere oggetto di vindicatio e di contravindicatio A questo punto le parti dovevano fare manum conserere, incrociarsì le mani, e poi passare al sacramentum. Esso era un giuramento sacro e al contempo anche una scommessa. Le parti, se volevano andare avanti nella lite, dovevano giurare entrambe di avere ragione e al contempo depositare al magistrato un quantitativo di animali. Essi erano stabiliti in base al valore della causa Il valore di riferimento era dieci buoi. Se valeva meno di dieci buoi, le parti dovevano depositare cinque pecore ciascuno. Se valeva più di dieci buoi, le parti dovevano depositare cinque buoi. Quando si passò all'economia monetaria, si usarono mille assi come valore di riferimento 5 pecore < 10 buoi > 5 buoi 50 assi < 1000 assi > 5 assi Se uno non aveva assi o buoi, non poteva continuare il processo, a meno che non se li facesse prestare. La fase in iure era finita. Il bene conteso veniva assegnato ad uno dei due: era il possesso interinale. il magistrato decideva a chi assegnarlo in possesso temporaneo. Se il vincitore avesse già avuto la cosa, non sarebbe servita l'esecuzione. La parte che vinceva il processo risultava proprietaria del bene conteso e poteva ritirare gli animali che aveva depositato al momento del sacramento. La parte che perdeva il processo perdeva sia il bene conteso, sia il sacramento. Era un processo oneroso. Gli animali depositati dalla parte soccombente erano utilizzati a scopo sacrificale. Questo si collega al discorso dell'intreccio fra religione e diritto. Una delle due parti aveva fatto spergiuro. Questo richiedeva che si ricercasse la pax neorum, ci si riconciliasse con le divinità, sicuramente offese dal giuramento falso. La parte che aveva fatto giuramento falso perdeva la lite e quanto depositato a scopo sacramentale * Inpersonam . serviva a far valere in giudizio i diritti di credito. Cambiava il testo delle azioni. Non si faceva una vindicatio, bensì si diceva che il convenuto doveva qualcosa all'attore La Legis actio sacramento aveva il difetto, secondo i cittadini, del sacramento. Il passo successivo nella storia delle legis actiones fu quello di consentire ai cittadini di litigare in giudizio evitando il sacramentum. Prevedeva delle legis actiones laiche. È il processo della laicizzazione del diritto, che avrebbe portato, a partire dal 300 a C, alla Giurisprudenza laica Comparve una seconda legis actio di cognizione, la Legis actio per iudicis arbitrive postulationem. Era una legis actio con la quale sì chiede al magistrato la nomina di un giudice o di un arbitro. Era laica, non prevedeva più il sacramento. Se avessero perso, avrebbero perso solo la causa. Tale legge era già attestata nelle XII Tavole del 451 aC. Aveva però un limite, che la legis actio sacramento non aveva. Essa non era generale. Copriva esclusivamente due tipi di liti * Crediti nati da sponsio : la sponsio era uno dei due più antichi contatti romani, insieme al mutuo. Il mutuo era il prestito di denaro, la sponsio era un contratto verbale con cui un soggetto prometteva ad un altro soggetto di fare o dare qualcosa. Si perfezionava con una domanda ed una risposta: “Spondes? Spondeo”. La parola aveva una valenza religiosa, faceva riferimento a sacrifici religiosi. A quel punto il contratto era concluso. Oggetto della sponsio poteva essere qualunque prestazione: sia di dare, sia di fare. Qualunque oggetto andava bene. La sponsia era fonte di un'obbligazione. Il debitore assumeva un obbligo. Siamo nel campo delle liti in personam *. Liti divisorie : erano liti che potevano sorgere fra comproprietari, che non riuscendo a gestire la condivisione decidono di dividere, litigando. Si tratta di chi condivide la proprietà di uno stesso bene. Ad esempio, il caso dello schiavo manager o di eredi. Vanno di fronte ad un magistrato Per le liti riguardanti i crediti derivanti da sponsio, veniva nominato un giudice. Per le liti divisorie, veniva nominato un arbitro. Questo è il motivo del nome della legis actio. Il giudice era un qualunque privato cittadino nominato dal magistrato. L'arbitro, oltre ad essere un privato cittadino nominato dal magistrato, doveva essere una persona avente specifiche competenze tecniche in relazione alla res che andava divisa La terza legis actio era la Legis actio per condictionem, introdotta nel III secolo aC, già in epoca tarda, all'inizio dell'età classica. Era anch'essa laica e specifica. Si è nel campo delle liti in personam. | crediti potevano essere sorti non soltanto da sponsio, bensì crediti aventi per oggetto * Crediti di certa pecunia : aventi oggetto una somma di danaro * Crediti di certa res : aventi oggetto una cosa Restavano fuori le liti in rem, per le quali continuava a doversi impiegare il sacramentum. Le parti che avessero voluto litigare in giudizio su un diritto reale non avrebbero potuto ricorrere a queste ultime due legis actiones Avrebbero dovuto continuare ad utilizzare la legis actio sacramentum Agere in rem per sponsionem Fu dunque inventato dai giuristi uno stratagemma che consentiva ai cittadini di usare queste due legis actiones anche per le liti in rem, convertendola in una lite in personam. Entrambe le parti vogliono evitare il sacramento, e quindi si mettevano d'accordo. Facevano una sponsio pregiudiziale. Tizio, che voleva citare in giudizio Caio per la proprietà dello schiavo Stico, domandava “Si homo de quo agitur ex iure Quiritium meus est, sestertium xxv nummorum dare spondes?” : Prometti di darmi 25 sesterzi se lo schiavo è di mia proprietà? Era una sponsio condizionata. Caio si obbliga a fare qualcosa nei confronti di Tizio, ovvero pagare 25 sesterzi. Ecco che c'era un'obbligazione, non era pura, bensì condizionata. Avrebbe pagato se lo schiavo era di proprietà di Tizio. Caio non pagava e Tizio avrebbe citato in giudizio Caio non con la lite in rem, bensì con una lite in personam, come se gli interessasse avere i 25 sesterzi (50 euro). Ciò serviva a poter instaurare una legis actio laica in personam. Tizio agiva in giudizio contro Caio, dicendo che quest'ultimo gli doveva 25 sesterzi ma non glieli dava. Le parti andavano davanti al magistrato: Tizio usava la legis actio per iudicis arbitrive postulationem o la legis actio per condictionem Le parti erano davanti al magistrato fingendo di litigare per | 25 sesterzi, poi venivano mandati davanti al giudice. | danari erano dovuti se lo schiavo era di Tizio, e non erano dovuti se era di Caio. Il giudice doveva stabilire una questione pregiudiziale, che determina il giudizio: se lo schiavo era o non era di Tizio. La sentenza finale, formalmente sui 25 sesterzi, su una questione in personam, ma sostanzialmente era sulla proprietà della res. | giuristi romani, nell'assenza di una legis actio in rem laica, si erano inventati un modo per ricorrervi comunque. La somma dei 25 sesterzi, alla fine, non era pretesa. Era solo un espediente necessario a consentire alle parti di instaurare una lite in personam. La sentenza realmente giudicava sulla proprietà dello schiavo Legis actio di esecuzione Se l'esecuzione non avveniva spontaneamente da parte del condannato, entro trenta giorni dalla condanna, l'attore poteva iniziare l'esecuzione. Essa si svolgeva con il processo di esecuzione. Esistevano le legis actiones di esecuzione, che non sono un appello. Non era bifasico. Si andava davanti al magistrato, esso si occupava di verificare che ci fosse una sentenza e che essa non fosse stata adempiuta. Consentiva allora l'esecuzione La res per cui si litigava rimaneva in possesso del convenuto, questo era un grande limite del processo formulare, limite mitigato dal fatto che l'importo della condanna pecuniaria non era basato sul semplice e mero valore di mercato della res. Il valore sarebbe stato stabilito dal giudice con sentenza, chiedendo all'attore quanto valeva, era lui che faceva la stima. Era un valore soggettivo, e non il semplice valore della res. Se il giudice riteneva che il bene fosse dell'attore, condannava il convenuto al valore chiesto dall'attore. Altrimenti, assolveva il convenuto. Il processo si concludeva con sentenza di condanna o di assoluzione del convenuto, non dell'attore Il pretore esaminava se la controversia avesse i fondamenti minimi e poi concedeva la formula, cioè la componeva (concepta verba), caso per caso. Era composta da varie parti, che potevano non esserci tutte. La formula generale veniva adattata al caso di specie. La formula veniva scritta su un documento redatto su tavolette cerate, due tavole di legno unite con una cerniera a libro, e nelle pagine interne erano scavate. L'incavo era ricoperto di cera, e sulla cera si scriveva. Sulla chiusura si metteva un sigillo di cera, in modo che non fosse possibile manometterla Formula era sia il documento sia il testo Il documento veniva dato dal pretore all'attore, il quale doveva portarlo al giudice. Egli riceveva la formula e si trovava le indicazioni del pretore, essendo il giudice un privato cittadino che non conosceva il diritto. Contiene la pretesa dell'attore, la difesa del convenuto, il tutto come istruzione che va al giudice. Siamo nella fase in iure Parti della formula * Praescriptio pro reo : era una eccezione preliminare a vantaggio del convenuto. È una prima difesa del convenuto, diversa dalla exceptio poiché essa era una difesa di fatto, mentre la praescriptio pro reo era una difesa procedurale, che avrebbe potuto impedire l'esame della causa. Veniva adoperata quando il pretore sosteneva che l'attore avesse impostato in modo sbagliato la causa * Praescriptio pro actore . era una eccezione preliminare a vantaggio dell'attore. Serviva a circoscrivere la pretesa attorea, a specificarla meglio, che altrimenti dall'intentio non si sarebbe capita bene. Senza di essa, l'attore avrebbe rischiato di perdere il processo * Demonstratio : non sempre presente in tutte le formule. Serviva a spiegare le ragioni della pretesa dell'attore * Intentio : quella parte della formula che conteneva la pretesa dell'attore, espressa in forma ipotetica e che iniziava con le parole latine “si paret”, ovvero “se è vero che”, “se risulta” Trasposizione dei soggetti ‘ non è una parte della formula. È un meccanismo processuale per il quale nella intentio è indicato il nome di una persona come colui che ha contratto il debito. Nella condemnatio, poi, il pretore indica al giudice non di condannare Caio, colui che ha contratto il debito, bensì Sempronio. In intentio c'è Caio, inteso come debitore, e nella condemnatio c'è Sempronio. Questo succedeva nelle azioni adiettizie *Exceptio : quella parte della formula che conteneva la difesa del convenuto, una condizione negativa che, se vera, era in grado di bloccare la intentio. Si opponeva con essa alla pretesa dell'attore * Arbitratus de restituendo : era uno dei correttivi alla condanna esclusivamente pecuniaria. Prevedeva che la condanna avesse luogo, a meno che il convenuto non restituisse spontaneamente la res all'attore * Taxatio : era uno dei correttivi alla condanna esclusivamente pecuniaria. Il valore della res era stabilito soggettivamente dall'attore. Il pretore poteva mettere un limite all'ammontare della condanna pecuniaria *Fictio : quella parte della formula con cui il pretore ordinava al giudice di fingere come esistente nella realtà qualcosa che in realtà non esisteva, oppure che fosse accaduto qualcosa che nella realtà non fosse accaduto, oppure, al contrario, di fingere che non fosse accaduto qualcosa che in realtà era accaduto *. Condemnatio : quella parte della formula con cui il pretore ordinava al giudice di condannare o assolvere il convenuto, a seconda che la pretesa sia vera o meno. Istruisce, in questo modo, il giudice * Adiudicatio : si aveva soltanto nei processi divisori, dove non c'era condemnatio. C'è un'assegnazione in proprietà privata di parti del bene che viene diviso. È una formula composta soltanto da intentio ed adiudicatio. Il pretore attribuiva al giudice il potere di aggiudicare parti della proprietà privata alle parti Es. L'attore ha depositato il suo cavallo presso lo stalliere Caio. Sostiene che il cavallo non gli è stato più restituito Va dal pretore con il convenuto, ed il pretore inizia a comporre la formula La demonstratio, che precedeva la intentio, recitava: “poiché Tizio ha depositato il cavallo presso Caio”. La intentio recitava: “se è vero che Caio deve dare il cavallo a Tizio” Anche il convenuto era presente di fronte al pretore, infatti, e si opponeva. Egli chiedeva al pretore l'inserimento nella formula della exceptio L'arbitratus de restituendo recitava: “a meno che il convenuto non restituisca spontaneamente la res”. La taxatio recitava: “entro il limite di x sesterzi”. La fictio recitava che: “fingendo che Caio non abbia subito capitis diminutio media”. La condemnatio recitava invece: “tu giudice condanna Caio a pagare a Tizio il valore economico del cavallo”. L'alternativa era “se non è vero che Caio deve dare il cavallo a Tizio, tu giudice assolvi Caio”. Affinché vi sia condanna, occorre che sia vera la intentio e non sia vera la exceptio Es. Praescriptio pro reo. Gaio fa un esempio di una persona che voleva un'eredità nelle mani di un'altra persona Nell'eredità ci sono dieci terreni. Tizio vuole tutta l'eredità. Allora, nei confronti di Caio, dovrebbe utilizzare la formula di petizione di eredità. Invece l'attore aveva fatto una reivindicatio, chiedendo un singolo bene che era parte dell'eredità. Il reus poteva, in sede si fase in iure, chiedere che venisse inserita questa praescriptio. Ciò per verificare che fosse stata scritta la formula giusta. Se era fondata, tale praescriptio bloccava la pretesa dell'attore Es. Praescriptio pro actore. Gaio fa l'esempio di un debito a rate. Tizio ha prestato dei danari a Caio, ed egli deve restituirglieli a rate. Di queste, cinque rate sono già scadute, altre cinque non sono ancora scadute. Tizio agisce contro Caio per le rate scadute. Nell'intentio deve indicare il debito totale, e nella praescriptio pro actore specifica che sta agendo soltanto per cinque rate, e non per le altre cinque, non ancora scadute. Se l'attore non facesse questa precisazione, si troverebbe ad agire per il debito totale. Agendo per più di quello che gli spetta, perderà la causa Es. Per il ius civile, tutti e tre | casi di capitis diminuitio comportavano la estinzione dei debiti del debitore. Per il diritto pretorio, invece, il pretore stabilì che poteva, in un caso come quello sotto esaminato, ordinare al giudice di fingere che la capitis diminutio non fosse avvenuta. In questo modo, il debito non era estinto Svolgimento del processo Processo che, per la sua natura e la sua struttura, necessitava della presenza di entrambe le parti al procedimento attore e convenuto Instaurazione del processo Editio actionis : scelta dell'azione da parte dell'attore. Egli doveva recarsi presso il convenuto e formulare l'azione che intendeva esercitare contro di lui. Nell'editto del pretore erano contenute tutte le formule che metteva a disposizione dei privati. L'editio actionis poteva essere fatta sia portando il convenuto nel foro, facendogli vedere fisicamente l’azione che intendeva esercitare, sia attraverso la consegna di un biglietto con l'indicazione dell'azione (libellus). Fatta l’editio actionis, il convenuto doveva essere fisicamente convocato in giudizio In ius vocatio : chiamata in giudizio del convocato. Era necessaria la sua presenza. Doveva awenire in un luogo pubblico, ed il convenuto era tenuto a seguire immediatamente in giudizio l'attore. Se fosse stato assente o fosse reso latitante, il pretore autorizzava l'attore alla missio in bona. Ciò poteva sfociare nella vendita forzata dei suoi beni. Era dunque un forte incentivo a che il convenuto si presentasse in giudizio Le parti potevano accordarsi per presentarsi in giudizio in un momento successivo. In questo caso, il convenuto doveva presentare un garante, detto vindex. Se l'attore accettava tale garanzia, allora c'era una comparizione differita. Ci si accordava sul giorno e l'ora in cui bisognava presentarsi davanti al pretore. Se non fosse stato possibile neanche questo, il convenuto poteva essere portato con la forza, rischiando la missio in bona Fra | ceti più elevati, si evolve un'altra modalità. il vadimonium. Non si usava fare in pubblico la ius vocatio, bensì ci si limitava a recapitare un invito a comparire in giudizio, un certo giorno e ad una certa ora. Il convenuto, attraverso una stipulatio, promessa verbale vincolante, assicurava, in caso di mancata comparizione, Con l'instaurazione del processo si apre la fase in iure. Entrambe le parti, davanti al pretore, formulavano le proprie richieste. L'attore chiedeva la concessione dell'azione. Ribadiva l'editio actionis e la richiedeva al pretore postulatio actionis. Di fronte alla richiesta dell'attore, il convenuto doveva tenere diversi comportamenti Confessio in iure : ammettere la fondatezza della pretesa, facendo una dichiarazione confessoria Comportava il riconoscimento delle ragioni dell'attore, e gli effetti della dichiarazione cambiavano a seconda della natura della pretesa. Se si fosse trattato di una causa pecuniaria, il processo non aveva ragione d'andare avanti. Se si fosse trattato di una causa diversa, il processo procedeva al solo scopo di valutare il valore della cosa e giungere infine alla condanna pecuniaria. Di regola, la sentenza di condanna nel processo formulare era sempre pecuniaria Indefensio . il convenuto non si difendeva. Non collaborava alla buona riuscita del processo. Il pretore reagiva alla mancata collaborazione del convenuto consentendo all'attore la missio in bona (prendere il possesso dei beni del convenuto, che potevano poi essere venduti, o (per actio in rem) l'esercizio di fatto della pretesa che vantava) Denegatio actionis : il convenuto si opponeva alla pretesa dell'attore. Chiedeva il rigetto dell'azione. Il convenuto contestava la possibilità dell'attore di chiedere la formula prescelta. Poteva formulare le sue eccezioni, chiedendo che all'interno della formula il pretore inserisse una exceptio. Chiedeva quindi una postulatio esceptionis Esecuzione della sentenza La sentenza del giudice obbligava le parti. Si concludeva con una intimazione solenne rivolta al condannato di pagare entro un determinato periodo di tempo, normalmente di trenta giorni. La sentenza non era, di per sé, immediatamente esecutiva. Per attivarla, laddove non fosse spontaneamente eseguita, era necessario attivare l'esecuzione. Dalla sentenza nasceva un'azione, l'actio iudicati. Scaduto il termine, se il convenuto non eseguiva la sentenza, l'attore poteva instaurare un nuovo processo chiedendo l'actio iudicati. Il convenuto che avesse opposto resistenza, in caso di soccombenza in questo giudizio, era condannato a pagare il doppio Forme dell'esecuzione forzata * Esecuzione sulla persona del condannato : consisteva nella manus iniectio (permane fino alla lex lulia iudiciorum), e poi nella ductio iussu praetoris. In questo caso, il magistrato autorizzava l'attore vittorioso a condurre con sé il condannato. Il condannato restava giuridicamente un uomo libero, ma di fatto veniva trattato come uno schiavo. Doveva essere nutrito ma con il proprio lavoro doveva ripagare il debito Questa prigionia era a termine. Il debitore era tenuto prigioniero fino a quando con il proprio lavoro non avesse ripagato il creditore * Esecuzione sul patrimonio del condannato Bonorum venditio : vendita coattiva del patrimonio del debitore. La procedura iniziava con la missio in bona, l'autorizzazione da parte del pretore, diretta all'attore vittorioso. Trascorsi trenta giorni dalla presa di possesso dei beni del condannato, l'attore doveva comunicare questa presa di possesso con l'atto detto proscriptio bonorum. Serviva ad informare tutti gli altri creditori del condannato che il suo patrimonio era oggetto di esecuzione forzata e sarebbe stato quindi venduto all'asta. Gli altri creditori, per non perdere la possibilità di ricevere quanto a loro spettante, potevano partecipare alla vendita. La bonorum venditio aveva carattere concorsuale, come oggi il fallimento. Per garantire che questi creditori venissero soddisfatti, il pretore nominava un curatore, detto curator bonorum, e affidava la vendita ad un soggetto scelto dai creditori medesimi, detto magister. Provvedendo alla vendita, questi preparava anche un piano di riparto dei vari creditori che considerasse eventuali privilegi. Un credito privilegiato era un credito che doveva essere ripagato prima di altri. La vendita avveniva all'asta, e la bonorum venditio comportava l'infamia. L'esecuzione sul patrimonio aveva carattere infamante. Ad un certo punto, si sviluppa per alcune categorie di soggetti una modalità di vendita che non comportava l'esecuzione sull'intero patrimonio, ma su singoli cespiti patrimoniali: era la bonorum distractio, che non comportava l'infamia Pignus in causa iudicati captum . introdotta dall'imperatore Antonino Pio, costituiva un pegno concesso su singoli beni del patrimonio del debitore su autorizzazione del magistrato. In questo caso, il bene oggetto di pegno veniva venduto a cura del creditore, che poteva trattenere la parte di prezzo corrispondente alla somma a cul il proprietario del bene venduto era stato condannato Azioni del processo formulare Parlare di azioni vuol dire parlare delle formule, vi era una corrispondenza biunivoca fra le due. Le azioni, assai numerose, erano tipiche. Ogni diritto reale e ogni diritto di credito aveva la sua azione e di conseguenza la sua formula. Esse erano contenute tutte nell'editto del pretore. Nelle legis actiones, le azioni erano solo tre, poiché il sacramento era generale Classificazione delle azioni 1. Civili (in ius concepte) : concepite in base al ius civile. Servivano a tutelare in giudizio diritti del ius civile Si dividevano in due sottocategorie ludicia stricta : il giudice poteva tener conto di eventuali vizi della volontà dei soggetti. In particolare, violenza e dolo, con i quali qualcuno era stato indotto a concludere un contratto. Essi avevano rilevanza solo se fatti valere dal convenuto per via di exceptio ludicia di buona fede . il giudice poteva autonomamente tener conto di violenza e dolo, anche se questo non era stato espressamente dedotto dal convenuto nella fase in iure. Poteva sottrarre il convenuto dalla pretesa dell'autore, anche se non era stata messa nella formula un'apposita exceptio Con il tempo, quelli che erano istituti del ius honorarium transitavano nel ius civile. Avveniva la civilizzazione del ius honorarium. Le formule in factum diventavano, con il tempo, azioni civili. Era la giurisprudenza a determinare tale passaggio 2. Pretorie in esse aveva un ruolo l'attività del pretore Si dividevano in due sottocategorie In factum erano azioni la cui formula non riguardava diritti basati sul ius civile, ma diritti nuovi, che erano stati riconosciuti per la prima volta dal pretore. Tali azioni tutelavano dunque diritti nuovi, derivanti da contratti nuovi, basati sul ius honorarium Es. Il diritto di locazione era un diritto la cui formula venne introdotta dal pretore nell’editto Utili (in ius modificate) | erano azioni in ius 0, meno spesso, in factum, modificate dal pretore. Erano formule civili che subivano una qualche modifica da parte del pretore. Non erano più civili e diventavano pretorie. La modifica apportata le rendeva pretorie utili, o in ius modificate. Vi erano due manipolazioni Formule ficticiae : formule che contenevano la fictio, con la quale si fingeva che fosse avvenuto qualcosa che non era avvenuto o che non fosse avvenuto qualcosa che fosse avvenuto. Una formula civile che conteneva la fictio la rendeva pretoria Formule con trasposizione dei soggetti : vi è un‘inversione fra intentio e condemnatio. Nella intentio si indicava il nome di chi aveva contratto l'obbligo, e nella condamnatio si chiedeva di condannare o assolvere il convenuto. Con la trasposizione dei soggetti, si chiedeva di condannare o assolvere il padre. Erano le azioni adiettizie Vi è una contrapposizione fra Azioni in ius concepte Azioni in factum concepte Vi è una contrapposizione fra Azioni in rem : servivano a far valere in giudizio diritti reali Azioni in personam : servivano a far valere in giudizio diritti di credito Vi è una contrapposizione fra ludicia legitima : processi che si svolgevano a Roma fra due parti litiganti di cittadinanza romana e con un giudice cittadino romano. Avevano una durata massima di diciotto mesi. Trovavano la loro regolamentazione nella legge, nell'antico ordinamento romano ludicia imperio continentia : processi in cui non si era a Roma, ma nelle province, mancava una condizione ed il giudice era straniero. Derivavano dallo sviluppo di Roma, che aveva spinto ad espandere i confini Trovavano la loro regolamentazione negli imperium del magistrato che dava inizio al processo nella fase in iure. Essi dovevano concludersi entro il periodo di durata dell'imperium del magistrato (un anno). Le parti litiganti si recavano dal magistrato all'inizio dell'anno di carica, in modo tale da avere più tempo a disposizione per poter svolgere il processo Vi è una contrapposizione fra Azioni penali : erano azioni intentate dal soggetto leso dai delicta contro l'autore del delitto | delicta erano furto, rapina, danneggiamento e lesioni. Erano i quattro reati che non erano puniti dallo Stato (in tale caso erano invece detti crimina). L'autore del delitto poteva essere chiamato in giudizio dal soggetto leso con un processo formulare Quando si commetteva un delitto del ius civile, l’autore era obbligato a pagare una poena, somma di denaro, al soggetto leso. Per questo si parla di azioni penali, che non riguardano il diritto criminale. La pena era una punizione. Il soggetto leso citava in giudizio l'autore del delitto; ad ogni delitto corrispondeva una formula Avevano alcune caratteristiche, che le differenziavano dalle azioni reipersecutorie Intrasmissibilità passiva . “passiva” fa riferimento al lato del debitore. Vi era un debitore che doveva pagare una pena, che dipendeva dalle circostanze del reato, più il valore economico della cosa, determinato entro i limiti della taxatio. Se moriva il ladro prima che il derubato avesse agito nei suoi confronti, il debito si estingueva e non passava nell'eredità. Dal punto di vista processuale, l'azione non passava agli eredi Es. Se si rubava e si veniva colti in flagranza, si doveva pagare il quadruplo del valore della cosa rubata e si doveva riconsegnare tale cosa. Con la actio furti si agiva sia per ottenere la pena, sia per ottenere la cosa (con la reivindicatio). Se un cavallo rubato valeva cento, bisognava pagare quattrocento Dal punto di vista attivo, le pene si trasmettevano agli eredi. Se moriva il derubato, l'erede poteva agire in giudizio nei confronti del ladro. L'unica eccezione era il reato della in iuria (lesione), legata alla vendetta, l'azione era intrasmissibile anche dal lato creditorio Il sistema sarà perfezionato dai suoi successori. Assume una struttura ed una fisionomia stabili, cioè nasce un vero e proprio terzo rito processuale: è la Cognitio extra ordinem. Quando sorge, il processo formulare è nel pieno del suo vigore Solo pochi anni prima erano state, da Augusto stesso abolite le legis actiones. È quasi paradossale che fosse stato Augusto a valorizzare il processo formulare a discapito delle legis actiones con la lex lulia, e che fosse lo stesso Augusto ora ad introdurre una nuova forma di processo Presto, la cognitio diventa accessibile a chiunque. Anche nella scelta fra processo formulare e Cognitio era l'attore che sceglieva come instaurare la causa. || processo formulare si mantenne vitale fino alla fine dell'età classico, fino alla morte di Alessandro Severo. Dopo, con i disordini che ne conseguirono, il processo formulare cadde in disgrazia e non fu più sostanzialmente utilizzato. Di fatto, sarà in uso solo la Cognitio extra ordinem. Il processo formulare fu poi formalmente abolito nel 342 d.C. da una costituzione imperiale, da un successore di Costantino Caratteri della Cognitio extra ordinem 1. Nonè un processo bifasico, bensì monofasico. Si svolge tutto, interamente, davanti ad un unico giudice Non c'è divisione. Davanti al giudice, si espedivano i mezzi di prova, e poi si arrivava alla sentenza 2. Il giudice era, inizialmente, l'imperatore in prima persona, con Augusto ed i suoi immediati successori. Man mano che la Cognitio si diffuse, l'imperatore iniziò un'opera di delegazione dell'attività a dei giudici professionisti, che vengono dislocati sul territorio. In ogni città viene stabilito un tribunale in cui risiede il giudice della Cognitio. Essi si occupano di un singolo processo, dall'inizio alla fine. | giudici sono inseriti nella burocrazia imperiale, sono pagati dallo Stato. Rappresentano l’imperatore Il nome Cognitio extra ordinem significa che questo processo si svolge al di fuori dell'ordo. Il pretore, quando entrava in carica, pubblicava l'elenco (ordo) dei giudici nei processi che egli avrebbe instaurato durante l'anno di carica. Erano privati cittadini, scelti fra le comuni parti al di fuori dell'ordo oppure dal pretore stesso, prendendolo dall'ordo. Quando si passa alla Cognitio extra ordinem, si ha il cambiamento totale. | giudici non avevano più a che vedere con l'ordo pretorio, bensì erano i vari professionisti dislocati dall'imperatore sul territorio. È una cognizione fatta da giudici al di fuori dall'ordo 3. Il processo era, per gran parte, privato. La chiamata in giudizio avviene con un atto scritto. L'attore invia al domicilio del convenuto un atto scritto (oggi chiamato atto di citazione) con il motivo della chiamata in giudizio. Lo depositava prima in tribunale ed erano poi gli ausiliari del giudice che lo andavano a recapitare a casa del convenuto. Questo atto era detto libellus conventionis. Non c'è più il contatto fra le due parti 4. Il convenuto poteva scegliere se andare o meno. Il processo si sarebbe svolto anche in sua assenza. Il convenuto assente era chiamato contumax, e parliamo quindi dell'istituto della contumacia. Ciò non implicava l'automatica perdita del contumax. Essendo il convenuto contumace, sarebbe stato più difficile che occorresse che egli fosse assolto Contumax non significava “assente”. Deriva dal verbo contemnere, ovvero offendere. Il contumax era qualcuno che offendeva il giudice, il rappresentante dell'imperatore, che l'aveva chiamato 5. La sentenza del giudice non era definitiva, esisteva l'appello. È la prima volta che compare, nell'esperienza giuridica romana, la possibilità di appello. La sentenza decideva nel merito della lite, ma non definitivamente. Dislocati sul territorio, oltre ai giudice di primo livello, esistevano giudici di secondo livello, i giudici di appello, solo nelle città più importanti. Colui che avesse perso la causa, aveva un periodo da tre a cinque giorni per interporre appello (periodo portato a dieci giorni da Giustiniano). Esso doveva essere presentato per iscritto, con un atto detto libellus appellatorius. Era depositato da chi avesse perso il giudizio presso il giudice di primo grado, presso il tribunale che lo aveva condannato o aveva assolto il convenuto. Non al giudice di appello, perché il giudice di primo grado doveva esaminare l'appello ed entro trenta giorni far pervenire le sue osservazioni sulla sentenza al giudice d'appello. Era chiamato a difendere la sua stessa sentenza. In appello, si confronteranno le due parti Esisteva anche un terzo grado di giudizio che era all'imperatore in persona, a Costantinopoli. Poteva fare appello soltanto chi avesse perso il secondo grado di giudizio ma avendo vinto il primo grado 6. Al termine del processo, esauriti tutti i gradi, doveva avere luogo l'esecuzione forzata. Essa non era più eseguita personalmente dalla parte, bensì dal giudice, o meglio da ausiliari del giudice. La parte che avesse vinto si rivolgeva al giudice di esecuzione, affermando d'eseguire la sentenza. Era esso che inviava delegati a prendere possesso di beni del condannato per dare soddisfazione a chi avesse vinto il processo Il nostro processo moderno, a differenza del nostro diritto sostanziale (debitore del diritto romano classico), deriva dalla Cognitio extra ordinem Negozio giuridico È una particolare categoria di atti. Si definiscono tali degli atti giuridici in cui la volontà del soggetto che li compie è non soltanto sul compimento dell'atto in sé, ma anche sulle sue conseguenze giuridiche. È compiuto allo scopo di realizzare determinate conseguenze giuridiche. Si dice anche che il negozio giuridico è manifestazione di volontà, atto di autonomia privata, in quanto il soggetto mira a realizzare uno scopo Esempi già trattati di negozi giuridici antichi sono *. Mancipatio *. Traditio * Confarreatio * Coemptio *. Adrogatio *. Adoptio *. Manomissioni In base al numero di soggetti, esistono diversi tipi di negozi giuridici * Unilaterali ad esempio, il testamento * Bilaterali adesempio, il contratto * Plurilaterali ad esempio, il contratto di società Altre classificazioni dei negozi giuridici * Intervivos : fra due soggetti vivi *. Mortis causa : realizza effetti alla morte di un soggetto. Ad esempio, il testamento e atti collegati, come | legati testamentari e le manomissioni testamentarie * A titolo gratuito : ad esempio, la donazione * A titolo oneroso : ad esempio, la compravendita * Aeffetti reali effetto di trasferire la proprietà delle res, in automatico. ad esempio, mancipatio e traditio * Aeffetti obbligatori | non fanno passare la proprietà di res, bensì fanno sorgere obbligazioni in capo alle parti. Ad esempio, sponsio e stipulatio * Di iuscivile ad esempio, la traditio, l'adrogatio, la mancipatio, la sponsio * Di ius honorarium : ad esempio, le manomissioni pretorie * Di ius gentium ‘la stipulatio, la traditio | romani non conoscevano una categoria generale del negozio giuridico, ma lì distinguevano Presupposto del negozio giuridico : occorre che il soggetto abbia la capacità di agire (maschi, adulti, sani di mente). Può compiere un negozio anche facendosi rappresentare La rappresentanza poteva essere diretta e indiretta. Era diretta quando il rappresentante agiva in nome e per conto del rappresentato. Il rappresentante compiva negozi che si producevano automaticamente in capo al rappresentato. Era indiretta quando il rappresentante compiva negozi ma gli effetti non si producevano in capo al rappresentato, bensì al rappresentante, che avrà poi l'obbligo di conferirli in capo al rappresentato destinato a restare definitivamente inefficace. Non produrrà mai i suoi effetti. Se la condizione sospensiva si verifica, il negozio produce la sua efficacia. Essa è una condizione sospensiva positiva, oggetto della condizione è un fatto che deve verificarsi. Esempio di condizione sospensione negativa, invece, è “prometto di darti cento se la nave non verrà dall'Asia”. È una compravendita che diventerà efficace se la nave non arriverà dall'Asia; si può mettere un termine di x giorni. Il soggetto compra la seta da un altro venditore se la nave dell'altro venditore non arriverà dall'Asia Casuale : dipende dal caso e non dalla volontà delle parti. “Prometto di darti cento se la nave verrà dall'Asia” è una condizione sospensiva casuale positiva. “Prometto di darti cento se la nave non verrà dall'Asia” è una condizione sospensiva casuale positiva Potestativa : dipende dalla volontà di uno dei soggetti del negozio. “Prometto di affittarti la mia casa di Milano se mi trasferirò per mia scelta a Roma” è una condizione sospensiva potestativa positiva. “Prometto di affittarti la mia casa di Milano se non mi trasferirò per mia scelta a Roma” è una condizione sospensiva potestativa negativa La condizione sospensiva potestativa negativa crea problemi perché sospende in relazione ad un fatto negativo: “ti darò cento se non manometterai lo schiavo Stico”, o se un testatore assegna un bene a condizione che l'erede non si trasferisca mai via da Roma. Bisognerà aspettare fino alla morte della parte del negozio per essere certi che la condizione non si verificherà mai. A questo fu data soluzione da un giurista romano di nome Quinto Mucio Scevola nel | secolo a C., con la Cautio Muciana, una promessa. In via eccezionale, se la condizione è sospensiva potestativa negativa, il negozio non rimane sospeso, bensì deve avere efficacia subito. Il beneficiario deve promettere con cautio che, qualora facesse venire meno la condizione, restituirà i beni ottenuti Meramente potestativa : “Pagherà se vorrò” è una condizione sospensiva meramente potestativa che rende il negozio nullo Impossibile | “Pagherò se toccherai il cielo con un dito” è una condizione impossibile che rende il negozio nullo Risolutiva : un fatto futuro ed incerto al verificarsi del quale verranno meno gli effetti del negozio. Il negozio è immediatamente efficace, se però si verificherà la condizione risolutiva, a quel punto il negozio sarà risolto, verranno meno i suoi effetti. È l'opposto della condizione sospensiva. “lo ti do cento, ma se arriva la nave dall'Asia, tu mi ridai i soldi”. Il verificarsi della condizione fa venir meno l'efficacia del negozio. Il compratore sta aspettando che arrivi la seta dall'Asia, ma deve consegnarla presto e la nave non sembra arrivare. Se non arriva la nave, dovrà pagare i danni all'acquirente. Può allora acquistare dalla seta da un altro, in modo da averla per poterla consegnare, con l'accordo che se la nave arriverà dall'Asia, quella seta comprata non servirà più, e quindi la restituirà e il venditore restituirà | soldi. Compra la seta, la paga e la seta gli è consegnata; la condizione risolutiva fa sì che, in caso dovesse arrivare poi la nave, il contratto sarà risolto. Nel momento in cui si verifica la condizione, il negozio diventa inefficace, è risolto Può essere positiva o negativa, casuale o potestativa | romani non conoscevano la condizione risolutiva, ma spesso ne avevano bisogno. In questo caso, concludevano un negozio puro, non sottoposto a condizione. Dopodiché, siccome avevano bisogno di prevedere la risoluzione, aggiungevano al negozio un patto risolutivo, un accordo che risolveva il negozio. Esso non era puro, bensì era sottoposto a condizione sospensiva, era sospeso. Diventava efficace se si verificava la condizione sospensiva, ovvero che arrivasse la nave dall'Asia La cautio muciana è simile a una condizione risolutiva 2. Termine . è un fatto sicuro certo ma non si sa quando si verificherà ma non sì sa quando. “Prometto di venderti la casa di mia nonna quando la erediterò” 3. Modo : è un piccolo onere che grava su chi è beneficiario di un atto di liberalità, una donazione. Non è una controprestazione Vizi della volontà : si è nel terreno dell'annullabilità 1. Errore : autoprodotto dal soggetto che è caduta in errore. Ad esempio, un uomo va in gioielleria e vede in vetrina un anello. Non è precisato il materiale. Compra l'anello convinto che sia oro, ma in realtà è di ottone. Non c'è una disciplina precisa dell'errore; è l'ordinamento che decide quando provoca annullabilità o meno. La persona che è incorsa nell'errore ha cinque anni di tempo per affermare la volontà d'annullare il negozio. Non è nullo dall'inizio; è nullo nel momento in cui si vuole annullarlo. Il nostro ordinamento prevede che il negozio sia annullabile quando sussistono due elementi Errore essenziale : senza quell'errore, la persona non avrebbe concluso il negozio Errore riconoscibile : l’altra parte avrebbe dovuto riconoscerlo usando la normale diligenza Il diritto romano riteneva che il negozio, in caso di errore, fosse invalido per il ius civile, se l'errore era sulle qualità della res o sulle qualità della persona dell'altro contraente 2. Violenza minaccia, eteroprodotta 3. Dolo imbroglio, eteroprodotto In diritto romano, violenza e dolo erano ignoti al ius civile, non perché fossero ritenuti insignificanti, bensì perché non esistevano. Essendo la società arcaica costituita da pochi Pater, non era possibile contemplare tali elementi Sono comparsi a partire dall'età classica, attraverso l'editto del pretore, grazie allo strumento della exceptio. La exceptio doli e la exceptio metus avevano le corrispondenti actio doli e actio metus pretorie, per poter annullare un negozio già concluso Obbligazione Definizione presente nelle Istituzioni di Giustiniano, pubblicata nell'anno 533 d.C. : l'obbligazione è un vincolo giuridico, dal quale siamo costretti di necessità ad eseguire una certa prestazione (solvendae rei), secondo il diritto della nostra città (secondo il nostro ordinamento giuridico) Vincolo giuridico : un legame metaforico, che lega le due parti dell'obbligazione, ovvero il debitore ed il creditore. Si ha una catena Solvere : sciogliere. In questo contesto, significa eseguire una prestazione Definizione più moderna dell’obbligazione, poiché nel nostro Codice Civile non esiste : l'obbligazione è un rapporto giuridico in cui un soggetto, detto debitore, è tenuto ad una certa prestazione nei confronti di un altro soggetto, detto creditore. Nel termine “obbligazione”, dal latino obligatio, si coglie solo l'aspetto passivo del rapporto, essendo essa vista dal punto di vista del debitore. Obligatio viene da ligari, legame. È un legame del debitore al creditore. Il debitore ha un dovere giuridico, un obbligo o un debito, ed il corrispondente creditore ha il diritto di credito, un diritto soggettivo relativo. Il debito passa agli eredi, a meno che non sia di natura penale (c'è l'intrasmissibilità passiva del debito penale) La tutela di cui gode il creditore è una tutela per via di actio in personam. Questo a differenza dei diritti reali, opponibili erga omens, e tutelato dalla actio in rem. Nel diritto di credito, la prestazione del debitore si chiama adempimento. Esso è un comportamento positivo, cioè la soddisfazione del creditore passa di necessità attraverso un comportamento positivo del debitore. Esige la collaborazione del debitore. Questo a differenza dei diritti reali, il cui soddisfacimento passa attraverso un comportamento negativo di altri, che devono tenere un comportamento consistente in un “non fare” qualcosa che vada a ledere il diritto reale, o in un “sopportare” qualcosa, come nelle servitù di passaggio Parlare di adempimento implica che possa esserci il suo contrario, ovvero l'inadempimento. Esso può essere imputabile al debitore, oppure non può essere a lui imputabile. Se non avviene per colpa del debitore, egli è liberato e l'obbligazione è estinta. Questo per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Se invece l'inadempimento è per colpa del debitore, ci si versa nel caso dell'inadempimento imputabile. Essa provoca responsabilità, che porta il debitore ad essere assoggettato ad una sanzione. Si ha una scissione logica fra debito e responsabilità. Il debito è a monte, sussiste dall'inizio, dalmomento che si contrae l'obbligazione; la responsabilità è a valle, sussiste dal momento in cui si verifica l'inadempimento imputabile Es. Se il cavallo è morto per cause naturali, il creditore non può pretendere l'adempimento da parte del debitore Se il cavallo è morto per colpa del debitore, che ha ucciso l'animale o lo ha venduto, sarà assoggettato a sanzione Sanzione . si dà luogo ad una procedura giudiziaria che condanna il debitore. AI termine della condanna avrà luogo una procedura esecutiva, destinata a concludersi, persistendo l'inadempimento, con l'assoggettamento del debitori in persona o del patrimonio del debitore alla potestà del creditore. Sono due tipi di possibile sanzione Nell'età più antica, quella delle legis actiones, con la manus inietio il debitore inadempiente veniva catturato dal creditore e veniva reso schiavo o ucciso. Nell'età del processo formulare, fino al nostro diritto moderno, l'assoggettamento è invece patrimoniale. Il creditore ne prende possesso Nella prima fase dell'età arcaica, l'obbligazione non era da vincolo potenziale. Essa è sorta nel corso dell'età arcaica, in modo graduale, prima per gli atti leciti e più tardi per gli atti illeciti. Si è poi sviluppata pienamente nel corso dell'età classica, fino ad arrivare a noi Fonti delle obbligazioni Attraverso i dibattiti di giuristi, venne a formarsi un concetto chiaro di obligatio, importante era poi classificare le cosiddette fonti delle obbligazioni 1. Bipartizione galana : contratto e delitto Gaio, vissuto nel Il secolo dC, scrisse un'opera importante destinata all'insegnamento: Institutiones. In questa opera, si occupò di trattare delle fonti delle obbligazioni, obbligazioni che oramai erano da vincolo potenziale Esse erano il contratto ed il delitto. Gaio, appartenendo alla scuola dei sabiniani, probabilmente intendeva, con la parola contratto, un qualunque atto lecito produttivo di obbligazioni. Teneva, tuttavia, in considerazione altre due considerazioni dottrinarie, pur non condividendole Labeone : giurista di scuola proculiana, vissuto in età augustea. Non si limitò ad individuare le caratteristiche generali della categoria, bensì lo definì come un gesto sinallagmatico, un insieme di prestazione e controprestazione, un contratto dal quale nascono obbligazioni reciproche. Ciò era certamente presente in certi contratti, come per esempio la compravendita, ma vi erano anche contratti che non erano sinallagmatici, come per esempio la sponsio. Labeone, dunque, diede una definizione che non era completamente rispondente al diritto romano. Era una proposta del iure condendo. Gaio, parlando dei cosiddetti contratti consensuali, mise l'accento sulla reciprocità delle obbligazioni derivanti Sesto Pedio : giurista del | secolo dC. Affermò che il contratto era fonte di obbligazione se vi era la conventio, ovvero un accordo fra la volontà delle parti. Era una definizione importante, poiché poneva il consenso come necessario per ogni contratto. Ancora una volta, però, va rilevato che era una definizione che non rispecchiava la tradizione del ius civile. Per esso, infatti, erano considerati contratti arcaici quegli atti che si perfezionavano con il compimento di determinati comportamenti solenni, come ad esempio la sponsio. Il ius civile ritenevano che esistessero contratti consensuali, ma erano i contratti più recenti Gaio : per parlare dei contratti, affermò che essi erano quelli tipici. Si basava sul principio romano della tipicità dei contratti. Erano soltanto quelli riconosciuti come tali dall'ordinamento, quegli atti leciti tipici per i quali esiste un'azione giudiziaria nell'editto del pretore La bipartizione contratto-delitto cominciò presto a vacillare. Si avevano, infatti, fattispecie che erano fonti di obbligazioni, ma che non rientravano né nel contratto, né nel delitto Indebiti solutio pagamento dell'indebito. Credendo di esservi tenuto, ma senza esservi tenuto, Tizio pagava un debito. Aveva diritto a ripetere il pagamento, owero a richiederlo indietro. Se da una parte l'indebito non poteva essere considerato un contratto, dall'altra non poteva essere considerato un delitto Effusum vel deiectum : qualcosa che è versato o lanciato, o che cade da una casa, senza che sia stato l'abitando della casa a commettere l'atto. Ne risponde l’abitante della casa, per responsabilità oggettiva 2. Tripartizione gaiana : contratto, delitto o vari tipi di cause Gaio riscrisse allora una seconda versione delle Institutiones, in cui rimeditò il sistema di fonti delle obbligazioni era la Res cottidianae o Aurea. Non ci sono giunte direttamente, ma nel Digesto si scoprì la parte in cui Gaio espose la teoria della tripartizione. Le obbligazioni nascevano ora da contratto, delitto, o variae causarum figurae (vari tipi di cause) Un tentativo di classificare le fonti delle obbligazioni in un'ottica diversa da quella gaiana venne da Modestino, vissuto alla fine dell'età classica. Egli affermò che si era obbligati o dalla dazione di una cosa, o dalla pronuncia di parole, o da entrambe insieme, o dal consenso, o dalla legge, o dal ius honorarium o da atto illecito. Elencava sullo stesso piano, tutti gli elementi che concretamente generavano l'obbligazione contrattuale. La classificazione era, però, insoddisfacente ed inidonea a ricomprendere diverse e variegate figure come la gestione tutelare 3 Quadripartizione giustinianea : contratto, delitto, quasi contratto, quasi delitto Giustiniano scrisse le sue Institutiones nel 533 d.C, opera ispirata a Gaio, in cui troviamo la teoria della quadripartizione delle fonti delle obbligazioni Contratto : Gaio scrisse che le obbligazioni da contratto si dividevano in quattro generi. Affermò, infatti, Obligationes verbis, re, litteris, consensu contractae Contratti verbali : perfezionati con la pronuncia di parole solenni, di verba, a prescindere dal consenso La sponsio, sorta in età arcaica, fu il primo contratto romano insieme al mutuo, contratto reale Superata la fase dell'assoggettamento personale del garante, fu il primo accordo liberamente concluso fra le parti contraenti, al quale l'ordinamento ricollegò, come conseguenza, la nascita di un vincolo giuridico: l'obbligazione. Originariamente, essa aveva carattere religioso. La parola sponsio deriva dal greco spendein, offrire libagioni agli dèi. Questo perché era molto stretto il rapporto fra diritto e religione. Inoltre, la sponsio era utilizzata anche per le promesse matrimonio, tanto che il fidanzamento era detto sponsalia, ed era utilizzata anche per | trattati internazionali Era insomma un giuramento agli dèi. Poi subì anch'essa un processo di laicizzazione, che risultò già concluso al tempo delle XII Tavole. A questo punto, consisteva in un'interrogazione fatta dal futuro creditore e una congruente risposta del debitore : “Spondes mihi centum dari” e “Spondeo”. Era un contratto verbale, formale perché si perfezionava con la pronuncia esatta dei verba. Nella credenza magica dei romani di età arcaica, queste parole facevano sorgere l'obbligazione. Era un contratto tipico. La tipicità atteneva alla forma, nasceva solo se erano pronunciate domanda e risposta. Non atteneva al contenuto; poteva essere oggetto di sponsio qualunque prestazione Era un arcaico negozio di ius civile, e perciò era riservato ai cives. Quando in età classica aumentano gli stranieri, e questi non potettero usare la sponsio, il diritto inventò una sponsio utilizzabile anche da loro. Comparve allora un secondo contratto verbale, la stipulatio. Sostituirà la sponsio. Si discute sul significato di stipulatio. un'ipotesi che si deve ad Isidoro di Siviglia, sacerdote, è che la parola veniva da stipula, una bacchetta di legno che le due parti spezzavano al momento della stipulatio. Ciascuna delle due ne teneva metà, era tenuta a scopo probatorio La stipulatio era una sponsio di ius civile, quanto ad effetti, ma al contempo di ius gentium, quanto adutilizzabilità. A differenza dalla sponsio, la stipulatio era meno formale. Si basava pur sempre su domanda e congruente risposta, ma non si utilizzava il verbo “spondere”. Si usavano verbi più liberi, come “promittere”, “dare”, “fare”. Ciò faceva concludere pur sempre il contratto verbale Inoltre, i romani parlavano di unitas acto: domanda e risposta dovevano essere successive In origine, sponsio e stipulatio producevano i loro effetti obbligatori solo se le formalità verbali erano state rispettate. Solo successivamente, durante il corso dell'età classica, si affermò il principio secondo cui fosse nullo il contratto cui fosse difettato il consenso. Da prima si iniziò a riconoscere la rilevanza dell'errore, poi, in termini generali, la nullità per mancato consenso La stipulatio era un contratto unilaterale. Ciò indicava un contratto nel quale le obbligazioni sorgevano a carico soltanto di una parte, e non di tutte. Le due parti della stipulatio si chiamavano stipulator (colui che faceva la domanda) e promissor (colui che promette). Come contratto è unilaterale, ma come negozio giuridico è bilaterale. Questo li differenziava dai contratti sinallagmatici, che erano bilaterali La stipulatio era un contratto astratto. La causa non traspariva dalla struttura del negozio “prometto di pagare cento”. La causa non era dichiarata al momento della promessa, c'era un motivo sottostante però. Anche se tale motivo fosse venuto a mancare, per il ius civile la prestazione era egualmente dovuta. Ad esempio, se qualcuno prometteva di restituire una somma di danaro che ancora non gli era stata versata, e se poi non gli veniva versata neanche dopo, contro il promettente poteva essere esperita l'azione giudiziaria. L'assenza della motivazione per cui la promessa era stata fatta era irrilevante. Ciò significa essere un negozio astratto Se il promittente non eseguiva ciò che aveva promesso, era inadempiente. Se era imputabile, poteva essere citato in giudizio. In età arcaica, ciò avveniva con la legis actio sacramento in personam, o la legis actio per iudicis arbitrive postulationem o la legis actio per condictionem. Col passaggio al processo formulare, si ebbe una formula per la stipulatio: legis actio certae creditae pecuniae oppure legis actio ex stipulatu Si poteva aggiungere al promissior un adpromissor, un secondo promittende aggiunto. Il secondo debitore era un garante della prestazione del primo. L'adpromissor può essere citato in giudizio se il promissor non esegue la condanna. Oppure si poteva aggiungere allo stipulator un adstipulator. Ciò si faceva quando lo stipulator voleva che il promittente promettesse agli eredi L'adstipulator, una volta morto lo stipulator, riversava il credito agli eredi La stipulatio era un atto orale. Ciò poneva dei problemi probatori. Se il promittente non pagava, lo stipulante poteva avere difficoltà a provare che fosse stata fatta la stipulatio. Il diritto sostanziale ci dice che se uno fa una promessa, è obbligato. Nella pratica, poi, s'incontrano problemi. Per dimostrarlo, o l'atto si faceva davanti a testimonio, o, in età tardo repubblicana, si redigeva un documento scritto, unicamente con valore probatorio. Le forme orali erano però imprescindibili. In età postclassica, al documento nato con finalità esclusivamente probatorie, si finì per riconoscere piena validità, sia che le solennità avessero avuto luogo, sia che non avessero avuto luogo. L'uso del documento aveva talmente condizionato la prassi, che ormai si scambiavano solamente i documenti. L'imperatore d'Oriente Leone, nel 472 dC, ammise la validità della stipulatio scritta, che fosse stata espressa con qualunque espressione verbale, anche senza domanda e risposta. Si ha il superamento non solo della forma orale, ma anche delle solennità di domanda e risposta. La stipulatio assomiglia alla nostra cambiale. Giustiniano, però, nel Corpus luris Civilis, cercò di rivitalizzare il diritto classico. Riaffermò la necessità della pronuncia delle parole solenni, che in presenza del relativo documento, dovevano presumersi pronunziate. La stipulatio doveva tornare ad essere orale, rinnegava quanto detto da Leone, e quanto oramai entrato nella prassi. La presunzione della pronunzia delle parole però non era assoluta, poteva essere superata dalla prova che le parti non erano state presenti nella stessa località il giorno in cui il documento è stato redatto. Provando ciò, i verba non sono stati pronunziati, il valore probatorio del documento cade, e la stipulatio è nulla Il terzo contratto reale che sorse a sua volta in età classica è il comodato, un contratto con cui il comodante trasferiva al comodatario una cosa inconsumabile, affinché questi la usasse e la restituisse nelle stesse condizioni in cui l'aveva ricevuta. È fatto per prestare la cosa; in questo è simile al mutuo, ma a differenza di esso, la cosa è inconsumabile. Può essere una cosa mobile o immobile. Se mobile, pur sempre inconsumabile. Il comodato è un prestito d'uso. Il comodatario deve restituire la cosa nello stato in cui l'ha ricevuta, salvo il normale deperimento d'uso. La datio rei non comportava il passaggio né della proprietà, né del possesso. Caso eccezionale era il comodato ad pompam vel ostentationem: riguarda res consumabili date a scopo di ostentazione. Così, se una persona chiedeva in prestito della frutta o della selvaggina per farne dei trofei da esibire durante un ricevimento Il comodato era un contratto essenzialmente gratuito, reale, perfezionandosi con la consegna, ed imperfettamente bilaterale, come il deposito. In entrambi i casi, si riceveva una res che andava restituita, ed il contratto era gratuito, la differenza stava nell'uso che se ne poteva fare. Anche il comodato poteva prevedere un'obbligazione eventuale del comodante nei confronti del comodatario, ovvero il rimborso delle eventuali spese sostenute. La differenza rispetto al deposito era che il comodante doveva rimborsare al comodatario soltanto le spese straordinarie, non quelle ordinarie. Quelle ordinarie gravano sul comodatario. Se il cavallo aveva un problema di salute, tale spesa straordinaria era spesa al comodante; la spesa per la manutenzione, invece, spettava al comodatario. Questo a meno che le parti non si fossero accordate diversamente Si aveva l'azione del comodante verso il comodatario, per farsi restituire la res: actio comodati diretta. Si aveva l'azione del comodatario per il rimborso delle spese eventuale: actio comodati contraria Il quarto contratto reale era il pegno, un istituto che era sia un diritto reale di garanzia, sia un contratto. Per il diritto romano, oggetto di pegno poteva essere un bene mobile o immobile; in generale, una cosa corporale. Il creditore riceveva una res, con dazione, in pegno. Se il debitore non pagherà, il creditore si soddisferà sulla cosa che ha avuto in pegno. Il creditore pignoratizio aveva un diritto reale sulla res che gli era stata data in mano come pegno. Esso era anche un contratto reale, dalla dazione della res sorgevano obbligazioni per le parti. Sorgeva un'obbligazione principale in relazione al pegno, ovvero quella del creditore pignoratizio nei confronti del debitore pignoratizio. Nel caso in cui il debitore avesse pagato il danaro oggetto del mutuo, il creditore aveva l'obbligazione di restituire la res. Il creditore dovrà dunque custodire la res e restituirla se avviene il pagamento, sennò, in caso di mancato pagamento, aveva il diritto di soddisfarsi su essa. Il rapporto di pegno era distinto dal rapporto sottostante di mutuo: il debitore doveva pagare per il mutuo, non per il pegno. Il pegno era collegato al mutuo, ma aveva una sua vita. Il debitore pignoratizio aveva però obblighi in relazione al pegno: pagare le spese straordinarie eventuali che il creditore avesse dovuto sostenere per il tempo in cui custodì la res, senza poterla usare L'azione di pegno diretta era del debitore nei confronti del creditore, per farsi ridare la res dopo aver pagato il debito. L'azione di pegno contraria era del creditore nei confronti del debitore, per il rimborso delle eventuali spese. Era dunque un contratto imperfettamente bilaterale La fiducia si pone su un piano differente, essendo molto più antica. È il più antico istituto fra questi. Era un semplice negozio arcaico del ius civile, che sarebbe poi stato sostituito dal pegno, dal deposito e dal comodato. Quando le parti avevano bisogno di dare qualcosa in garanzia, si ricorreva alla fiducia. Non era un contratto reale, lo diventerà in età classica, dopo tutti gli altri, in età augustea. Con essa, il fiduciante trasferiva al fiduciario la proprietà di una cosa mediante mancipatio o in iure cessio, col patto che, verificatesi certe condizioni, la stessa cosa sarebbe stata ritrasferita in proprietà al fiduciante Questo patto era detto pactum fiducia. Se e quando la cosa dovesse tornare al fiduciante, dipendeva dai casi. Esistevano due tipi di fiducia: cum amico e cum creditore. La prima, fiducia cum amico, era l'antecedente storico del deposito e del comodato, si ricorreva ad essa per depositare qualcosa o per prestare una res. A differenza di esse, però, la fiducia cum amico comportava = Trasferimento della proprietà con mancipatio o in iure cessio = Nonc‘era obbligazione, non essendoci un'azione da esercitare contro il fiduciario Era dunque un negozio fiduciario. Tutto si basava sulla fiducia fra due patres. Il fiduciante non aveva azione. Se il fiduciario non avesse trasferito la cosa, il fiduciante avrebbe irrimediabilmente perduto la proprietà della res, di cui aveva trasferito il diritto. Era rischioso, ma | romani non avevano ancora elaborato il concetto di azione La fiducia cum creditore era l'antecedente storico del pegno. Una volta che il debitore aveva pagato il debito, si aspettava che il creditore riconsegnasse la cosa data in pegno. Ugualmente, non aveva azione Il concetto di fiducia andava bene in un contesto arcaico, in cui i patres erano pochi e si fidavano tutti fra di loro. Con l'accrescersi della dimensione della civitas, la fiducia iniziò ad andare meno bene. Vennero dunque entrati i tre contratti, che andarono a sostituire la fiducia cum amico e cum creditore, e sì regolò la detenzione della res | romani ritenevano che il fiduciario sarebbe stato colpito da sanzione divina, ma non esisteva alcuna sanzione terrena. Era una norma religiosa, non giuridica. Non scompare, è scarsamente utilizzata ma non abolita. Questo finché, in età augustea, viene introdotta nell'editto un'azione in personam per il fiduciante contro il fiduciario : actio fiduciae. Era un'azione infamante. Il soggetto perdeva i suoi diritti politici Contratti consensuali : si perfezionavano con il semplice consenso. Erano un piccolo gruppo, quattro, e dunque erano tipici. Erano accordi informali che si potevano concludere per scopi economici tipici, riconosciuti dall'ordinamento come contratti. Per i romani, non ogni contratto era consenso, a differenza dei contratti nostri, che sono tutti consensuali. Nascono prima per uso dei peregrini, siamo nel Ill secolo Provengono dal ius gentium, passano al ius honorarium e poi, nel | secolo a.C, penetrano nel ius civile Il più importante è la compravendita, in latino emptio venditio, compravendita consensuale. Si faceva con negozi giuridici ad effetti reali. mancipatio, traditio o in iure cessio (applicazione processuale). Mancipatio e traditio erano compravendite reali, non consensuali: sì aveva il contestuale scambio fra cosa venduta e prezzo. Non erano fonte di obbligazione, né il venditore poteva dire che avrebbe consegnato dopo, né il compratore poteva obbligarsi a pagare il prezzo dopo. Lo scambio doveva avvenire subito. Non era un contratto; non faceva sorgere obbligazioni Nel ius gentium, nei rapporti fra peregrini che avvenivano nei mercati internazionali, non si usavano questi negozi ad effetti reali, si usava il sistema dell'accordo, che ha dato origine al contratto di compravendita consensuale. La emptio venditio, quando è ormai un contratto riconosciuto dall'ordinamento romano, si afferma in età classica. Si definiva come un accordo in forza del quale il venditore si obbligava a trasferire il pacifico godimento di una res ed il compratore si obbligava a versargli come corrispettivo il danaro. Si ha il concetto di obbligazione da entrambe le parti. Non è una compravendita reale. Non si ha uno scambio consensuale. È un accordo Ciò che differenzia la compravendita romana da quella nostra è che, il venditore romano, si obbligava a trasferire il pacifico godimento, owero il possesso. La compravendita romana non aveva effetti reali: non trasferiva la proprietà. Era ad effetti obbligatori. Faceva sorgere l'obbligazione di consegnare la res in capo al venditore e pagare il prezzo in capo al compratore, ma non aveva l'effetto. Nell'art. 1470 del nostro codice civile, invece, viene definita la compravendita come il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo. La nostra compravendita è un contratto consensuale ad effetti reali. Dal semplice consenso, si verifica il trasferimento, anche se la res non è stata consegnata, anche se il compratore non ha versato il prezzo. Dal semplice accordo sul prezzo, passa la proprietà, da lì poi sorgono le obbligazioni Gli oggetti della compravendita sono * Merx. merce. Può essere una cosa corporale, un diritto su cosa altrui. Deve avere valore economico, essere in commercio, e deve essere determinata o determinabile Può essere una cosa futura, come la vendita del raccolto. Se è ad un prezzo unico, si parla di emptio spei, vendita della speranza. Se è ad un prezzo al peso, si parla di emptio rei sperate *. Pretium prezzo in danaro Lo scambio fra due merci, e non fra merce e prezzo, è una permuta. | romani discutevano se fosse una compravendita o meno. | sabiniani, come Gaio, dicevano di si. | proculiani, invece, di no, perché non si poteva distinguere il venditore dal compratore. Questa opinione prevalse. La permuta non fu inclusa nel contratto di compravendita. Lo scambio fra due merci era considerato come un atto nullo; non era tipico, non era inquadrato in un contratto consensuale Il quarto contratto consensuale era il mandato, detto mandatum. Con esso, il mandante incaricava il mandatario di compiere una certa attività, ed il mandatario s'impegnava a svolgerla gratuitamente. Se riceveva un compenso, non si era più nel mandato, bensì nella locatio operis o operarum. Era dunque un contratto gratuito. L'obbligazione principale era quella del mandatario, il quale si obbligava a svolgere l'attività e a trasferire gli effetti al mandante. Gli effetti non si producevano automaticamente perché a Roma non esisteva la rappresentanza negoziale diretta. Il mandatario era, ed è tutt'ora, un rappresentante indiretto. Il mandante, poi, aveva l'obbligo di rimborsare le eventuali spese. Era un contratto essenzialmente gratuito, imperfettamente bilaterale. Si avrà l'actio mandati diretta, del mandante, e l'actio mandati contraria, del mandatario Il contratto si scioglieva per rinuncia del mandatario, revoca da parte del mandante, morte o capitis diminutio di uno dei due Contratti letterali : perfezionati con la scrittura. Erano detti nomina trasn-scripticia, perché si basavano sulla trascrizione, la transscriptio, di dati, su un libro chiamato codex accepti et expensi. Era il libro più importante della contabilità domestica, sul quale il paterfamilias registrava le entrate e le uscite. Aveva due colonne, una delle acceptum, ovvero le entrate, ed una delle expensum, ovvero le uscite. Nelle uscite si indicavano i crediti, nelle entrate i debiti | contratti letterali due, tutelati da actio certae creditae pecuniae o certa rei Transscriptio a re in personam. Il paterfamilias, che fosse già creditore di una somma di danaro per contratto consensuale, a titolo di vendita, di locazione o di società, d'accordo col proprio debitore, registrava nell'acceptum quanto dovutogli, come se l'avesse incassato. Al contempo registrava nell'expensum quella stessa somma, come se l'avesse data a mutuo al debitore. Così, se Sempronio ha venduto il cavallo a Tizio al prezzo di 100. Ha consegnato il cavallo, ed è in attesa del pagamento. Sul codex, dovrà segnare nella colonna dell'expensum, dei crediti, 100 per emptio venditio a Tizio; dovrà segnare nella colonna dell'acceptum 100 in entrata da Tizio. Indicava poi nella colonna dell’expensum 100 dato a mutuo a Tizio. Tizio dovrà sempre 100 al pater Sempronio, ma inizialmente glieli doveva a titolo di compravendita, mentre ora, dopo la transscriptio per re in personam, glieli dovrà a titolo di mutuo. Cambia il titolo; si è estinta la prima obbligazione, perché c'è stato il pagamento fittizio. Si ha però una novazione oggettiva, una nuova obbligazione ha sostituito la vecchia, ormai estinta. A questo punto, se Tizio non pagherà 100, questo inadempimento non avrà nulla a che vedere con la compravendita. Sempronio non potrà chiedere indietro la cosa, bensì il danaro. Lo scopo pratico di quest'operazione era quella di dare una nuova veste formale ad un debito precedente, nato da un contratto consensuale. Se vi erano delle garanzie, esse, personali o reali, erano cancellate. La nuova obbligazione nasceva da contratto letterale. Il credito originario doveva essere nato da un contratto consensuale. Se era nato da un contratto reale, ovvero da mutuo, l'annotazione aveva solo la funzione di ricordare l'obbligazione precedente, aveva solo valore probatorio. Essa era dette nomina arcaria Transscriptio a persona in personam. Il paterfamilias, avendone avuto delega da un proprio debitore, segnava nella colonna dell'acceptum la somma che quello gli doveva, come se l'avesse incassata, e la annotava a carico di un altro. Così, se Sempronio vende il cavallo che vale 100 a Tizio, indica nell'expensum 100 a carico di Tizio. Indica nell'acceptum la somma come se l'avesse incassata da Tizio. Indica nell'expensum la somma a carico di un'altra persona, di Caio. Cambia il debitore. Questo serviva a trasferire un'obbligazione da una persona ad un'altra, secondo il fenomeno della delegazione. Caio era consapevole di diventare debitore di Tizio La transscriptio a persona in personam realizzava una novazione soggettiva, delegazione passiva, di debito. Serviva a cambiare uno dei soggetti, il debitore. Caio si obbliga a pagare al posto di Tizio, nei confronti di Sempronio, normalmente perché aveva un debito verso Tizio di 100. Questo richiedeva il consenso di Sempronio. Il debitore può cambiare solo se vi è consenso del creditore Esistevano poi delle dichiarazioni scritte con cui un soggetto riconosceva un proprio debito verso un altro soggetto, oppure prometteva una certa prestazione. Esse erano in uso nelle province orientali dell'Impero, dove si parlava il greco: Grecia, Oriente, Asia minore. Qui, si riteneva che fossero fonte di obbligazione Un'attestazione con cui uno si impegnava di fare una certa prestazione era fonte di obbligazione. Per il diritto romano, invece, non erano fonte di obbligazione, gli istituti erano tipici Chirographa : se erano in un unico esemplare, scritte a mano Syngraphae : se erano in doppio esemplare, scritte insieme da due parti | tipi di contratto sono in ordine cronologico. | più antichi sono quelli verbali e reali, sorti in età arcaica. Si ha già il superamento della concezione dell'obbligazione da vincolo reale. In età arcaica, la sponsio era l'unico verbale, il mutuo era l'unico reale. | contratti letterali sono sorti nel III secolo per i peregrini Si può parlare di un lento tentativo di superamento della tipicità contrattuale. Ogni contratto aveva una sua rigidità, che non consentiva alle parti di apportare modifiche allo schema contrattuale. La stipulatio è importante per considerare questo movimento di superamento, esso era tipico nella forma ma libero nel contenuto. Attraverso tale contratto, le parti potevano prevedere qualunque contenuto. Nel 472 dC l'imperatore Leone ammise il completo superamento del formalismo della stipulatio, ed ecco che si raggiunse la fine della tipicità. Le parti potevano prevedere qualunque contenuto con qualunque forma, vi era libertà nell'espressione verbale. Da questo momento, ci sarà una coincidenza fra stipulatio, e chirographa e syngraphae. In età post classica arriva a superare la stretta tipicità. Anche se poi Giustiniano tornerà indietro, affermando che doveva continuare a farsi la domanda e la risposta, e che il documento scritto valeva fino a prova contraria. La stipulatio aveva un limite: era un contratto unilaterale. Pur essendo atipico, non permetteva alle parti di inventarsi schemi contrattuali sinallagmatici atipici Riconoscere effetti obbligatori ad ogni accordo atipico, detto patto, avrebbe significato scardinare completamente il principio della tipicità, cosa che non fu mai fatta. Non venne mai riconosciuto il valore vincolante. Non rientrando in alcun tipo di contratto tipico, non si ha obbligazione. Le convenzioni atipiche furono schematizzate dal giurista Paolo, in quattro possibilità Do ut des : è uno scambio fra due res. Due parti si obbligavano consensualmente a fare uno scambio, ma non era un contratto tipico, non era vincolante. La parte non avrebbe trovato nell’editto alcuna azione per costringere l'altra a fare questo scambio. Non poteva citarlo in giudizio; l'accordo era nullo. Non aveva valore giuridico. Non era compravendita Do ut facias una parte si obbliga a dare una res, e l'altra si obbliga a fare qualcosa. Si ha una prestazione di dare contro una prestazione di fare. Non era un contratto tipico, non era vincolante Facio ut des una parte si obbliga a fare una cosa, e l'altra si obbliga a dare qualcosa Facio ut facias entrambe le parte si obbligano a fare qualcosa, due prestazioni di fare Ci sono state queste convenzioni atipiche che hanno iniziato a godere di qualche tutela. Nell'ambito di rapporti sinallagmatici, soltanto in relazione a convenzioni atipiche in cui una delle parti avesse per prima eseguito la propria prestazione In un accordo do ut des, o do ut facias, se il primo ha già eseguito la prestazione e l'altro si rifiuta d'adempiere, poteva farsi ridare indietro la res, ma non poteva obbligarlo alla controprestazione. C'è stato uno spostamento di valore da una parte all'altra, ma esso è stato privo di causa. Senza causa, si ha una dazione non dovuta, un pagamento indebito È una indebiti solutio. Il primo poteva intentare contro il secondo la condictio, l'azione generale di ripetizione dell'indebito. Il pagamento può essere ripetuto In un accordo facio ut des, o facio ut facias, se il primo ha già eseguito la prestazione e l'altro si rifiuta d'adempiere, non aveva azione per ottenere la controprestazione. C'è una prestazione priva di causa. Si poteva fare la actio de dolo: era un'azione penale, con la quale si costringeva la parte a pagare una poena di valore economico pari alla prestazione che il primo aveva eseguito. Questo a titolo extracontrattuale Nel Il secolo dC, arrivò il giurista Aristone che introdusse un'innovazione in materia. Affermò il principio per cui, dalle convenzioni atipiche rientranti in questi quattro schemi, di cui fosse stata eseguita la prima prestazione, derivasse un'obbligazione civile alla controprestazione. Il primo avrebbe ora potuto obbligare l'altro: enne introdotta nell'editto la actio praescriptis verbis. Era un'azione civile in personam, in cui l'intentio era preceduta da una praescriptio pro actore. Fa valere un diritto di credito, sì è nel ius civile, e nella praescriptio pro actore si specificava che l'attore aveva già eseguito la prestazione, e perciò aveva diritto alla controprestazione. Questi quattro schemi diventano contratti, ma non sono consensuali, perché non basta il mero accordo, una delle parti deve aver eseguito la prestazione dovuta L'actio de dolo sparisce, essendo un'azione sussidiaria che serviva a colmare lacune dell'ordinamento. La condictio rimane, per do ut des e do ut facias. Quello che aveva adempiuto per prima aveva un'alternativa Art. 1453 Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno Si vede l'alternativa dei romani : condictio (risoluzione) e actio praescriptis verbis (adempimento) Nel VI secolo, il bizantino Stefano, contemporaneo di Giustiniano, prendendo spunto dai testi classici che trattavano tali contratti innominati, le convenzioni atipiche, li chiamò anonyma synallagmata. Alcuni di questi contratti innominati hanno avuto nel tempo una notevole importanza, e sono diventati poi tipici nel nostro codice civile Permuta : do ut des. Per | sabiniani, la permuta doveva essere equiparata ad una vendita Rientrava nello schema della vendita. Sulla base del solo accordo, della sola conventio, anche se nessuno avesse adempiuto, ciascuno poteva agire con actio empti per ottenere la controprestazione, indipendentemente dall'aver adempiuto per primo. Per i proculiani, ed in particolare per Celso, questo era impraticabile, perché nella compravendita, il prezzo era espresso solo in danaro. La soluzione finale che prevalse fu quella di riconoscere nella permuta un caso di contratto Innominato Delitto : sono fonte di obbligazione. Sono atti illeciti volontari, puniti nell'ambito del diritto privato. Quelli puniti nell'ambito del diritto pubblico sono i crimina. | delitti sono volontari, alla base vi è un dolo (intenzione). In alcuni, si ammise anche la colpa (negligenza, imprudenza ed imperizia) come elemento soggettivo alternativo al dolo. Qualunque delitto faceva sorgere l'obbligazione di pagare una poena Furto : sottrazione di cosa mobile altrui. Da “ferre”, prendere, portare via Furtum manifestum . flagrante. Il ladro era catturato in flagranza dal derubato. L'obbligazione da vincolo potenziale per il ladro era quella di pagare una poena, non risarcire il danno. Doveva pagare il quadruplo del valore della cosa rubata. Veniva convenuto con actio furti. In più, doveva restituire la cosa, e quindi era anche convenuto con reivindicatio Si arrivava alla pena del quadruplo con la cattura del ladro; doveva essere scoperto e catturato in flagranza. Se il ladro scappava, rispondeva della pena del doppio eventualmente, o triplo se nascondeva la cosa in casa propria o presso altri. Questo poneva alcune contraddizioni di sistema, per il caso in cui il furto fosse stato commesso con violenza. Il furto aggravato da violenza, infatti, sarebbe dovuto essere più grave, ma per il sistema del diritto romano tradizionale, finiva per essere punito con la pena meno grave, del doppio. Questo perché chi subiva furto violento non riusciva a catturare il ladro. Negl'anni Settanta del | secolo a.C, si verificavano numerosi furti con violenza da parte di bande armate di schiavi, che scappavano dai loro padroni e andavano a commettere furti nelle ville. È un periodo di numerose sommosse servili. La più famosa fu la rivolta di Spartaco, del 73 aC, domata da Crasso; Spartaco finì crocifisso. Gli onesti cittadini subivano il furto violento e non riuscivano a catturare questi schiavi; il padrone ne rispondeva, perché la responsabilità penale gravava sempre su lui, salva la nossalità. Questo stato di cose era sintomo di imperfezione del sistema, e fu risolto dal pretore Lucullo, nell'anno 76 a C. Istituì la rapina Furtum nec manifestum . il ladro non era catturato in flagranza e pagava la poena del doppio Esisteva poi una procedura che consentiva d'imporre la poena del quadruplo per il furto non flagrante. Era la quaestio lance licioque, ovvero ricerca della refurtiva compiuta in caso del sospettato, da parte del derubato, ma esso doveva entrare autorizzato dal pretore, completamente nudo, vestito soltanto con un perizoma detto licium, ovvero filo, e tenendo in mano un piatto vuoto, detto lanx. Serviva ad evitare che il derubato nascondesse nelle tasche la refurtiva e la facesse comparire nella casa del sospettato Furtum conceptum la poena era del triplo, e ne rispondeva colui a casa del quale fosse stata trovata la refurtiva, anche se ormai senza la procedura della quaestio lance licioque, ormai scomparsa. Ciò in età classica Furtum oblatum la poena era del triplo, e ne rispondeva colui che avesse nascosto la refurtiva presso altri Furtum prohibitum . la poena era del quadruplo, e ne rispondeva colui che avesse impedito la ricerca della refurtiva in casa propria Rapina : secondo delitto, dal 76 a.C. Lucullo stabilì per essa la pena del quadruplo, non era cumulabile con la reivindicatio. L'azione di rapina aveva per tre quarti natura penale, e per un quarto natura reipersecutoria. Pagava la poena del quadruplo Iniuria : atti dolosi ed ingiusti di violenza fisica alle persone. La norma delle XII Tavole disciplinava la iniuria, era un momento di passaggio fra la vendetta privata e la pena pecuniaria, in cui la vendetta non è scomparsa (legge del Taglione), ma è subordinata al mancato accordo economico fra soggetto leso ed offensore, la pactio. Si arriverà all'obbligo per il soggetto leso di accettare la somma di danaro, pena determinata dall'ordinamento. La vendetta privata sparisce Os fractum - per la frattura di un arto, la pena era di 300 assi se era l'arto di uomo libero, e di 150 assi se era l'arto di schiavo altrui Altre offese 25 assi L'asse era la più antica moneta romana, non coniata. Sono assi di bronzo, pesati di volta in volta Aveva il peso di 8&kg. Il valore di una pecora era di 10 assi, mentre del bue, di 100 assi. Parlando di un'economia antica, in cui il paterfamilias aveva si e no un bue, 300 assi era molto impegnativo La pena era fissa, a differenza di quanto accadeva per furto o rapina, in cui era un multiplo del valore della res. Il problema delle pene fisse (oggi le ammende, o multe) è che rischiano di andare incontro alla svalutazione monetaria, in seguito all’inflazione. Il valore della pena rischia di diminuire. L'erudito Gellio raccontò una storia avvenuta nel III secolo a.C, di Lucio Verazio. Egli andava in giro a schiaffeggiare i passanti, ed era seguito da uno schiavo che consegnava 25 assi a ciascuna persona. Gli assi si erano svalutati, erano diventate monete, sottomultipli del sesterzio, ed avevano pochissimo valore. Nel nostro sistema, le pene fisse vengono periodicamente rivalutate, in modo tale da aggiornarle all'eventuale inflazione che si è verificata nel corso del tempo L'actio iniuriarum era l'azione penale con cui il soggetto leso agiva per avere la pena. Tali obbligazioni erano caratterizzate da intrasmissibilità passiva. Quando moriva il debitore, la pena non passava agli eredi. L'actio iniuriarum era l'unica azione penale caratterizzata da intrasmissibilità attiva. L'erede di un soggetto leso da iniuria non poteva agire contro l'autore del delitto Dal Il secolo a.C., fu introdotta la actio iniuriarum aestimatoria, in cui l'importo della pena non era più fisso, bensì determinato dal giudice caso per caso. C'era taxatio nella formula: limite massimo determinato dal pretore. Furono ritenuti competenti | recuperatores: collegio di tre, cinque o sette giudici, nominati dal pretore o dall'accordo fra le parti Nell'81 a.C, anno della Costituzione sillana (dittatore), Silla rese la iniuria un crimen per i casi più gravi, come la rottura dell'arto. Venne punito attraverso il processo pubblico. | casi meno gravi continuarono ad essere gestiti tramite actio iniuriarum aestimatoria Durante l'età classica, l'iniuria, nata per le lesioni fisiche, venne considerata estesa anche alle offese morali: insulto assoggettato alla disciplina della actio iniuriarum aestimatoria. Il nostro reato di ingiuria deriva dall'accezione riferita alle offese morali, più recente. Il nostro reato di lesioni, invece, è ricondotto alle lesioni fisiche Damnum iniuria datum : danneggiamento doloso di cose altrui. Venne disciplinato come delitto unitario nel III secolo aC, da un plebiscito chiamato Lex Aquilia de damno. Il nostro art. 2043 disciplina il danno aquiliano. Il plebiscito conteneva tre capita, capitoli Uccisione di schiavi e pecudes : schiavi e alcuni animali importanti. bovini, ovini, caprini, equini, suini. La pena era commisurata al valore massimo che la cosa avesse avuto nell'ultimo anno Adstipulator froda stipulator . adstipulator che estingueva l'obbligazione in frode allo stipulator, non gli versava quanto gli doveva. Questo capitolo cadde presto in desuetudine, disse Gaio. Da prima era perseguito con l'actio del danneggiamento, poi venne dalla giurisprudenza tolto dalla Lex aquilia, ed il danneggiato poteva ottenere un'azione di regresso, reipersecutoria Ferimenti e uccisioni minori, danneggiamenti di cose : ferimento di schiavi e pecudes, e ferimento ed uccisione di animali non pecudes, e danneggiamento di cose inanimate. La pena era commisurata al valore massimo che la cosa avesse avuto nel corso dell'ultimo mese L'actio legis Aquiliae rispondeva ai requisiti dell'azione penale: caratterizzata da intrasmissibilità passiva, era nossale. Da un punto di vista sostanziale, però, la pena serviva a punire, e non era un risarcimento. In questo caso, però, può esserci una parte di risarcimento ed una parte di pena; ma se viene ucciso senza che ci sia una variazione di valore, si ha solo il risarcimento. | giuristi affermavano che era la meno penale delle azioni penali. Aveva funzione sostanzialmente reipersecutoria. Nelle Istituzioni di Giustiniano, l'actio legis Aquiliae è detta reipersecutoria, o mista. Reipersecutoria quando il bene è danneggiato nel momento di massimo valore, al massimo potrà essere mista, quando il bene è danneggiato nel momento di minimo o inferiore valore. Altra azione mista era l'azione di rapina Criterio di valutazione del danno : cambia nel Il secolo dC, con il giurista Salvio Giuliano. Egli affermò che il valore massimo dell'ultimo mese o dell'ultimo anno era un elemento arcaico da abolire. Con Giuliano, dunque, la pena del danno non deve coprire più il valore della cosa, ma l'interesse dell'attore all'integrità della cosa. Chi commette il danno deve pagare tutti i danni subìti e subendi Danni subendi : danni che si subiranno in futuro per il fatto. Così, lo schiavo istituito erede da Tizio, eredità che vale 100.000 sesterzi, sta andando ad accettare tale eredità, ma viene ucciso; colui che ha causato la morte di questo schiavo deve pagare il valore dello schiavo, più il valore dell'eredità che sarebbe stata acquisita se non fosse stato ucciso prima d'averla accettata. Noi oggi parliamo di risarcimento Elemento soggettivo del delitto : in origine, era soltanto il dolo, l'intenzione di distruggere la cosa altrui Essa era considerato, per definizione, sempre presente. Nel | secolo a.C, si distingue un delitto doloso da un delitto colposo, il dolo dalla colpa. Si avrà l'obbligo di pagare la pena, sia in caso di danneggiamento doloso, sia in caso di danneggiamento colposo. La colpa era negligenza, imprudenza, imperizia Danno per omissione : già dalla tarda età repubblicana, si incluse vicino al concetto di danno commissivo È il comportamento di chi non commette il danno, ma non impedisce che questo si realizzi Remissione Impossibilità Prescrizione Morte del debitore Morte del creditore Capitis diminutio Recesso unilaterale Contrarius consensus Compensazione Atto giuridico con cui il creditore rinuncia ad esigere il proprio credito, senza che questi abbia adempiuto, è libero nel farlo. Poteva farlo attraverso tre atti formali Solutio per aes et libram : per il nexum. Era sufficiente ad estinguere l'obbligazione Acceptilatio : modo generale di remissione, per obbligazioni del ius civile, tranne nexum Pactum de non petendo . non generava obbligazione, bensì il debitore era tutelato per via di eccezione. Il creditore s'impegnava a non pretendere la prestazione. Se cambiava idea, e citava in giudizio il debitore per l'adempimento, il debitore si difendeva con la exceptio pacti conventi. Era dunque liberato Oggettiva soprawenuta non imputabile al debitore. La prestazione diviene impossibile dopo che il contratto è stato concluso, non è dunque originaria. Così, ci sì impegna a vendere dei medicinali, ma la vendita di questi medicinali viene poi vietata dallo Stato Così, il cane che muore per causa non imputabile al debitore, durante un deposito Decorso del tempo. In diritto romano, nasce soltanto in età classica per le azioni penali in factum, come delitto pretorio. Così, per la rapina. Si prescrivevano in un anno. Le azioni reipersecutorie, e tutte le altre azioni penali, erano imprescrittibili. La prescrizione fu introdotta dall'imperatore Teodosio Il, nell'anno 424 dC. per tutte le azioni reipersecutorie, prescrizione di trent'anni Per le obbligazioni penali Soltanto per iniuria. Questo perché era un delitto in origine punito con la vendetta, si riteneva che essa fosse personale Maxima, media o minima. Il creditore perdeva il suo credito. Su questo intervenne il pretore, perché una persona che aveva molti debiti poteva farsi adottare per estinguerlì tutti. Dispose che la capitis diminutio minima estinguesse le obbligazioni soltanto per il ius civile, ma non per il ius honorarium. Dal punto di vista pretorio, obbligazioni non estinte Scioglieva soltanto due tipi di obbligazioni future : obbligazione sorta da società o obbligazione sorta da mandato Valeva soltanto per le obbligazioni nate da contratto consensuale. Potevano estinguersi per mutuo, reciproco dissenso. Dopo aver fatto il contratto, insieme le parti decidevano di tirarsi indietro, se nessuno dei due aveva per primo adempiuto Quando due persone sono reciprocamente debitore e creditore fra di loro. Così, Tizio deve a Caio €100, e Caio deve a Tizio €100. Si hanno due prestazioni contrarie ed omogenee. | due debiti si estinguono automaticamente, fra privati; compensazione legale I romani non avevano la compensazione legale, bensì quella giudiziale. Poteva farla il giudice. Esisteva soltanto se vi erano due crediti derivanti dalla medesima causa. Così, per il contratto di deposito: una parte citava in giudizio il risarcimento del cavallo di cento, e l'altra il rimborso delle spese di cento. Si poteva trattare anche di compensazione parziale Confusione Concursus causarum Noxae deditio Novazione Debitore e creditore vanno a coincidere nella stessa persona. Così, il creditore diventa erede, o il debitore diventa erede. L'obbligazione è estinta per confusione Quando il creditore di una cosa determinata, dopo che l'obbligazione fosse sorta, avesse conseguito la stessa cosa, ad altro titolo, per altra via. L'obbligazione si estingueva solo se entrambe le cause erano lucrative, e non se una causa era lucrativa e l'altra onerosa. Così, per due soggetti che hanno fra loro un'obbligazione di una cosa determinata: un appartamento, Tizio ha ricevuto quest’eredità, ma il defunto lo obbliga a consegnarla a Caio. È un legato testamentario. Caio ha l'aspettativa. Si tratta di una causa lucrativa, Caio ne ha un guadagno. Se Tizio dona l'appartamento a Sempronio, e quest'ultimo lo dona a Caio, egli ha ricevuto l'appartamento per via diversa. L'obbligazione è estinta Dazione a nossa del figlio o dello schiavo che avessero contratto un'obbligazione penale; non reipersecutoria Si ha la sostituzione di un'obbligazione con un'altra, estinguendo la prima. Quando si ha novazione, occorre che l'obbligazione che va a sostituire la prima abbia, rispetto ad essa, qualcosa di diverso. È necessario l'animus novandi delle parti: la volontà di inserire qualcosa di nuovo. Possono esserci due tipi di novazione Novazione oggettiva . l'elemento di novità è costituito dalla causa. Si va ad estinguere un'obbligazione contratta con il consenso, o con la dazione di una res, e se ne costituisce una verbale, con una stipulatio. Oppure, si estingue un'obbligazione consensuale, e la si sostituisce con un'obbligazione letterale. Può anche consistere in qualche variazione nell'obbligazione: aggiungere o togliere condizioni, termini, garanzie personali o reali Un caso particolare di novazione oggettiva fu quella che inventò il giurista Aquilio Gallo nel I secolo aC. Inventò la stipulatio aquiliana. Così, due persone hanno fra loro una moltitudine complessa di rapporti, debiti e crediti, da estinguere uno ad uno: un tutore che alla fine della tutela riversaa al pupillo tutti i rapporti che ha compiuto per lui. Aquilio dispone che tutti | rapporti erano estinti, e compresi tutti in un'unica grande stipulatio Novazione soggettiva : l'elemento di novità è costituito dal soggetto. Cambiano creditore o debitore. Nell'ultimo caso, è il fenomeno di delegazione di debito, il debitore originario è il delegante, il debitore nuovo è il delegato, il creditore è il delegatario. Se cambia il creditore, si ha una delegazione di credito Tipi di obbligazioni In base alla prestazione a) b) c) Divisibili obbligazioni divise fra più personale. Così, l'obbligazione di dare Indivisibili : così, l'obbligazione di fare Semplici : obbligazioni che prevedono una o più prestazioni da adempiere interamente Alternative | obbligazioni che prevedono, come oggetto, due 0 più prestazioni. Il debitore è liberato con l'adempimento di una sola di esse. In diritto romano, nascevano più spesso dalla stipulatio: “Prometto di darti lo schiavo o di pagarti cento”. Si hanno due obbligazioni alternative. Se nulla è precisato dalle parti, la scelta spetta al debitore. Il debitore non è obbligato a comunicare la decisione, fino al momento dell'adempimento è libero di cambiare idea. La scelta è presa proprio con l'adempimento. Se la scelta ricade sul creditore, il creditore deve comunicarlo entro un certo tempo, ed una volta che ha compiuto la scelta, questa è irrevocabile. Nel frattempo, il debitore si organizza sulla base della scelta che il creditore gli ha comunicato. È diventata un'obbligazione semplice La scelta può anche essere assegnata ad un terzo, una volta che comunica la sua scelta alle parti, questa scelta è definitiva ed irrevocabile Pongono un problema particolare, in tema d'impossibilità oggettiva sopravvenuta della prestazione Quando la scelta spetta al debitore, l'impossibilità oggettiva sopravvenuta di una prestazione concentra l'obbligazione sull'altra. Quando la scelta spetta al creditore e ha già scelto, per impossibilità sopravvenuta l'obbligazione è estinta, se deve ancora fare la scelta, e per esempio muore lo schiavo di morte naturale, l'obbligazione si concentra sulla prestazione superstite. Quando la scelta spetta al creditore che non ha ancora scelto, e la prestazione diventa impossibile per colpa del creditore, perché per esempio il debitore uccide lo schiavo, il creditore può scegliere se accontentarsi della prestazione rimasta superstite, oppure se ottenere il valore economico della prestazione divenuta impossibile, un risarcimento del danno Generiche . la prestazione ha ad oggetto cose individuate soltanto nel genere, in latino genus. Così, dieci litri di vino. L'oggetto era meglio individuato se particolare determinatezza, oltre a quantità e genere, anche qualità. Così, dieci litri di vino sabino. Il genus poteva essere più o meno ampio, o ristretto. Se il genere è molto ristretto, tali obbligazioni tendono a confondersi con le obbligazioni alternative: “ti vendo uno dei miei due schiavi”. La scelta ricade fra due oggetti all'interno dello stesso genere, mentre in quelle altemative, la scelta è fra due prestazioni distinte. Se l'oggetto è indeterminato, il negozio è nullo. Se nulla è precisato, la scelta spetta al debitore, il quale potrebbe scegliere la peggiore fra le cose. Altrimenti, la scelta spetta al creditore, il quale potrebbe scegliere la migliore fra le cose. | Severi disposero che doveva andare sulla cosa di media qualità Genus no perit si dice che le obbligazioni generiche non possono estinguersi per impossibilità sopravvenuta. Ciò non è del tutto vero, se il genere è molto ristretto, può perire anche il genere “Prometto di darti una delle mie dieci pecore”. Se muoiono tutte, l'obbligazione è estinta Specifiche
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