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Materiale per Esame di Pedagogia con Giorgio Crescenza, Schemi e mappe concettuali di Pedagogia

Il file contiene i riassunti necessari per sostenere l'esame: una parte del Manuale "Fabbroni e Minerva", i riassunti di "Eredità pedagogiche" e i riassunti di "una Bussola per la scuola"

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 06/06/2023

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Scarica Materiale per Esame di Pedagogia con Giorgio Crescenza e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Le contraddizioni e gli squilibri chiedono di affrontare i problemi della sopravvivenza del pianeta, del benessere e dell’educazione delle future generazioni. Pedagogia, psicologia, sociologia, antropologia, didattica forniscono contributi di analisi ai fenomeni in atto e ipotizzano miglioramenti nelle strategie di intervento umano sull’ecosistema naturale. La psicologia è rivolta all’analisi sistemica dei processi comportamentali e delle funzioni mentali nelle loro molteplici manifestazioni emotive, cognitive e relazionali La sociologia studia i fenomeni e i processi che caratterizzano la vita associata, in particolare le relazioni sociali, le azioni degli individui, le loro interazioni e le trasformazioni della società e delle istituzioni che la costituiscono L’antropologia si occupa della molteplicità̀ e della diversità delle forme di vita e di pensiero che hanno contraddistinto l’esistenza di individui e di gruppi umani nel corso della storia dell’umanità e nella varietà dei luoghi geografici La didattica studia i processi, i luoghi e i tempi dell’insegnamento delle conoscenze e delle competenze, i modelli organizzativi dei contesti di studio, nonché i materiali didattici finalizzati a rendere l’intervento educativo più efficace La pedagogia studia la formazione dell’uomo e della donna, intendendola come un processo permanente che accompagna l’intero corso della vita e che si realizza nei differenti contesti storici, culturali e sociali. Essa studia: - i soggetti della formazione, con le loro specifiche differenze: di età, di genere, di livello culturale e sociale, di lingua, di percorsi esistenziali ecc; - i tempi, ossia le diverse età della vita: infanzia, giovinezza, età adulta, vecchiaia; - i luoghi della formazione: famiglia, scuola, associazionismo, chiese, istituzioni culturali del territorio, i mezzi della comunicazione Obiettivo della ricerca pedagogica è sviluppare le potenzialità (intellettuali, fisiche, affettive, sociali) dei singoli individui e progettare esperienze formative adeguate al contesto socio-culturale in cui essi vivono. Perché l’educazione? Obiettivi generali dell’educazione: la difesa della mente plurale e la difesa della singolarità. Quando l’educazione? Non c’è un momento in cui l’educazione comincia e tanto meno finisce: la formazione si accompagna all’intero corso della vita. Dove l’educazione? Avviene principalmente: a) in luoghi casuali, cioè non intenzionalmente finalizzati alla formazione; b) in luoghi istituzionali, cioè intenzionalmente finalizzati alla formazione Secondo il modello della pedagogia della ragione, la pedagogia si configura come scienza del dissenso, scienza della scelta, scienza dell’impegno  Scienza del dissenso: come i modelli sociali, culturali ed educativi che impoveriscono lo sviluppo integrale e multidimensionale del soggetto- persona   Scienza della scelta: nei confronti di un progetto educativo che sappia proiettarsi al cambiamento delle situazioni sociali, culturali, educative esistenti verso un ideale educativo di miglioramento  Scienza dell’impegno: affinché ciascun soggetto-persona custodisca il proprio percorso di miglioramento personale nel rispetto e nella valorizzazione degli altri soggetti-persona 1 ESAME PEDAGOGIA Slide : Che cos’è: L’educazione è un insieme di processi volto a favorire e a orientare la crescita della persona umana verso l’autonomia, la socializzazione e la responsabilità personale. Ogni società cura questi processi mediante specifiche istituzioni che perpetuano se stesse, le proprie tradizioni, le proprie ideologie. Tali società si trasformano, si rinnovano e si ristrutturano costantemente. Introduzione: L’analisi è condotta attraverso un modello teoretico di natura interdisciplinare che pone interesse sia alle componenti neurobiologiche e delle strutture mentali di soggetti in un processo di formazione ma tenendo in considerazione anche le loro specificità individuali, sia alle influenze dei contesti di vita (storici, sociali, affettivi ed emotivi) e della cultura d’appartenenza (con i loro sistemi simbolici e tecnologici) che caratterizzano i percorsi dell’uomo. PARTE PRIMA: LA PEDAGOGIA 1.LA PEDAGOGIA FRA SCIENZA E UTOPIA La pedagogia ha come oggetto la formazione e dal momento in cui questa è sempre in un processo trasformativo, anche la materia che la studia è in continuo divenire. Importante per la ped. è che si muove fra una ricerca di autonomia e interdisciplinarietà. È dunque una scienza che ha come confine non una barriera rigida ma margine di area comune di sconfinamento con altre materie con cui condivide conoscenza ma con apparati teorici e metodologici diversi intorno a comuni oggetti di indagine. Si fa dunque contaminare ma li orienta alla ricerca pedagogica: l’educabilità dell’uomo. La formazione è la categoria comprendente del sapere pedagogico e raccordo fra: - Istanze etiche, relative all’acquisizione di valori e comportamenti; - Istanze cognitive, relative all’acquisizione di saperi e competenze. E si espleta in una duplice dimensione: - Dar forma= i processi attraverso i quali le istituzioni formative si occupano di conservare e trasmettere la conoscenza e cultura elaborata nella storia; - Formarsi= processi auto-costruttivi secondo cui il soggetto elabora e trasfigura tale cultura con la sua individualità. 1.2 La via della scienza La pedagogia allarga il suo interesse teorico a differenti correnti di pensiero. La corrente, che in un primo momento, sembrò poter interpretare le sue esigenze di rinnovamento fu l’empirismo. L’adesione al modello scientifico era ottima per rispondere alle difficoltà della pedagogia per una società in cambiamento. Quindi, per superare la condizione di subalternità di tradizionali vincoli retorici e metafisici, scende sul terreno empirico dell’osservazione, sperimentazione e verifica attraverso l’esperienza e i dati. L’adozione di un punto di vista autonomo sui problemi educativi si ha con la concretezza pragmatica di J. Dewey (1859-1952- Usa). Il suo metodo è lo stesso che la scienza utilizza per affrontare e risolvere i problemi: metodo investigativo dell’intelligenza. Il fulcro era l’esperienza come terreno d’incontro-scontro fra organismo e ambiente in un reciproco rapporto di adattamento. L’individuo agisce attivamente sulla realtà per conseguire determinati obiettivi, ma allo stesso tempo sottostà all’azione di risposta che viene da questa. La sola attività non costituisce l’esperienza, ma le conseguenze dell’azione generano in noi un cambiamento. 2 MANUALE L’utopia è, insieme alla scienza, dimensione costitutiva del discorso pedagogico. Da un lato produce un’analisi del presente per far emergere le contraddizione della realtà esistente. Dall’altro prefigura percorsi di trasformazione dell’esistente, proiettandoli idealmente in luoghi e mondi nuovi. L’utopia apre alla pedagogia l’accesso a territori del cambiamento consentendole di muoversi agevolmente tra vincoli e possibilità. L’utopia e la pedagogia sono in uno scambio transattivo che ha consentito di dialettizzare contingenza e futuro, realtà e possibilità. Negli anni ’70 il fermento innovativo promuove una riprese del concetto di utopia. In ambito marxista, l’autore che seppe valorizzare la valenza utopica del progetto socialista fu Ernst Bloch (1885-1977) teorizzando un’idea di utopia concreta la quale affronta tutte le utopie della storia, ovvero tutti i sogni, i desideri, le speranze che ogni uomo ha avuto nell’età̀ dell’infanzia, il tempo dell’incanto, il tempo in cui tutto ci sembra possibile, e che con il crescere si è abbandonato. Non si tratta di ritrovare qualcosa di perduto, ma di consegnare all’individuo e alla società la loro condizione originaria e mai ancora realizzata e che solo in età infantile è stato possibile prefigurare. Qualora egli così si concepisce e basa quanto è suo, senza alienazione né estraneazione, nella democrazia reale, nasce nel mondo qualcosa che a tutti rifulse nell'infanzia ed in cui nessuno è stato ancora: la patria. La patria è il luogo utopico del non ancora, mai raggiunto: di una società giusta in armonia con la natura. Congiunto con il concetto di speranza. Negli anni ’60 e ’70 del 900 la Scuola di Francoforte trova un nesso tra istanza critica e slancio utopico (non era uno loro interesse). La loro teoria critica si muove all’interno di precise coordinate storiche coglie eventi e idee nell’ambito della totalità delle dinamiche storiche che caratterizzano la società e orienta la prassi in relazione ad esse, configurandosi non in termini politici ma pedagogici sul versante dell’utopia. L’educazione mira a liberare l’individuo dai condizionamenti delle istituzione (educative) che lo tengono soggiogato, un ‘educazione anti-istituzionale e anti-formale. Una dimensione critica che rimanda alla formazione cognitiva ed etica fondata sulla cultura artistica e filosofica per acquisire una coscienza dialettica e oppositiva nei confronti del presente. E una dimensione utopica che si proietta oltre i valori della società attuale verso una vita personale felice. Queste idee erano presenti in Walter Benjamin (1892- 1940) riteneva che queste dimensioni fossero presenti negli adolescenti perché il loro rapporto con la realtà è al contempo critica nei confronti delle istituzioni e dei modelli sociali tradizionali e conformisti e utopica nel suo bisogno di individuare e perseguire prospettive di mutamento. Rappresentano il legame fra passato (carico culturale e di esperienze stratificate) e il futuro con l’apertura al possibile che il presente accoglie in sé. La gioventù è il luogo metaforico dove agisce la speranza. Che riconosce come caratteristica dell’infanzia. L’impegno educativo è finalizzato allo sviluppo di un’autonomia e senso critico, della consapevolezza dei pericoli del totalitarismo e dell’apertura alle possibilità altre che il futuro offre. Herbert Marcuse (1898-1979) vuole superare alcuni assunti della psicoanalisi di Freud e in particolare il principio di realtà, ovvero la funzione della repressione e canalizzazione degli istinti per la sopravvivenza della società. Per M. la repressione è funzionale solo alla società capitalistica 5 perché il p.r. si trasforma in principio di prestazione perché l’individuo è costretto a rinunciare all’esplicazione dell’istintualità. La prospettiva utopica di Marcuse prevede un approccio aperto e multidimensionale, dove dare spazio al gioco e all’eros, al narcisismo e alla fantasia. La base è il capovolgimento dell’assetto educativo per recuperare la molteplicità della dimensione umana (eros, gioco, narcisismo e fantasia) raccogliendo le intuizioni di Friedrich von Schiller (1759-1805) secondo cui l’uomo vive in una condizione di squilibrio e frammentazione per il prevalere della logica dell’utile sociale e dei vantaggi materiali: separazione tra mezzi e fini, divisione del lavoro, specializzazione dei saperi e tecniche, drastica separazione tra: - intelletto intuitivo (sfera dell’arte e fantasia) e speculativo (che governa la sfera razionale) - intelletto sensibile (l’appartenenza dell’uomo alla sfera materiale e soggetto al tempo) e formale (la sfera dell’intelligibile e della libertà). Nel gioco l’uomo ha l’opportunità di conciliare le scissioni e ritrovare l’unità organica di tutte le facoltà educazione estetica. In Italia un approccio molto simile si ha con l’opera di Aldo Capitini (1899-1968) impegnato contro la violenza (totalitarismo, conservatorismo, dogmatismo religioso e non). La non violenza è la dimensione fondamentale dell’educazione (la vita è già fatta di dolore, malattia, male morale e sociale). Così l’educazione costituisce la concreta occasione a vivere il superamento del mondo e della sua ripetizione, incontrando il di più che trova nella compresenza di educatore ed educando (primo il bambino e non solo in lui) la possibilità di tradursi in una realtà liberata.(bambino come annuncio ì, l’educatore come profeta). Anche Padre (Ernesto) Balducci (1922-1992) nella prospettiva di un nuovo umanesimo (umanesimo ecologico) estende la non violenza a tutti gli esseri del cosmo, aprendosi ad un ethos cosmico in cui integrare i diritti umani e della natura nella consapevolezza dei legami inscindibili. Non si mantiene più una visione antropocentrica come nel 300. Giovanni Maria Bertin, in una prima fase in linea alla filosofia di Antonio Banfi e con la rapprentazione antidogmatica del marxismo, per Bertin la ragione non è una facoltà della mente ma come idea limite che agisce nel processo dell’esperienza come principio di dinamismo e apertura, interpretare l’esperienza e il reale. Ma di fronte alla crisi economica, sociale e culturale, la società è diventata un drammatico disordine e che caratterizza l’esperienza del singolo e della collettività. B. propone una funzione demoniaca della ragione che rifiuta l’esistente seguito da un energia vitale volta alla trasformazione. Muta i suoi caratteri perché prima veniva riconosciuta come un principio rischiaratore e organizzatore per realizzare l’integrazione della soggettività nella sostrato sociale e culturale, mentre adesso è contrassegnata da una problematicità della negazione e opposizione all’esistente seguita dalla ricerca di un’alternativa possibile. Si fa debitore del pensiero di Nietzsche e della sua idea di oltrepassamento: negazione del presente (aspetti di alienazione) e apertura al nuovo. Bertin organizza il discorso di una pedagogia del cambiamento. UNA PLURALITÀ DI MODELLI PER UN SAPERE COMPLESSO Non si può parlare di singola pedagogia perché ci sono diversi modelli legati a differenti concezioni del mondo. Una concezione metafisica (nella nostra cultura è la tradizione cristiana- danno importanza al soggetto creaturale al suo 6 statuto ontologico, alla dimensione spirituale, etica e valoriale dell’educ.)e una concezione laica (pragmatica, marxista, fenomenologica- attenzione alla dimensione concreta dell’esperienza radicata nella politica, società e cultura) ma entrambe si confrontano. Il personalismo pedagogico e il fronte laico Il personalismo nasce in Francia nel 1932 intorno alla rivista Esprit e il suo fondatore è Emmanuel Mounier. Si muove tra istanze metafisiche e istanze antropologiche (la pers. come sogg. storico e concreto). Infatti da una parte J. Maritain (1882-1973) accentuava una dimensione metafisica (Per una filosofia dell’educazione e Educazione al bivio) ma dall’altra rafforzava la dimensione esistenziale storia e sociale, ipotizzando una comunità di persone in cui conciliare i diritti del singolo con quelli della collettività. In Italia l’idea fu raccolta da Luigi Stefanini e con i suoi allievi fece dell’ateneo di Padova il centro propulsore del personalismo italiano. L’elemento in comune è il progressivo superamento di un approccio solo filosofico, a favore di uno più sensibile alla dimensione storica e sociale dell’individuo e comunità. A questo contribuiscono anche degli avvenimenti sociali, culturali e religiosi (azione dogmatica di Giovanni 23°, la teologia della liberazione che orientò i movimenti per 3mondo, le proposte di Don Milani e di Padre E. Balducci). Accetta la complessità della società inquieta e lacerata ma comunque ricca di tensioni positive, ancorando la dimensione trascendente alla concretezza della storia. Significative sono anche gli scritti critici di Giuseppe Catalfano e l’allontanamento di Mario Manno che elabora il personalismo critico, non metafisico, storico e prassico: un personalismo che mantiene religiosità e valorizza l’esperienza dell’uomo (Heidegger e Dewey), in una circolarità in cui la prassi riflette su se stessa e la teoria formalizza il proprio statuto, in una relazione che le unisce. La pedagogia marxista e laica ha come riferimento Dewey, Marx, Gramsci nonostante le loro differenti posizioni concettuali che venivano espresse in dibattiti scientifici o riviste come Scuola e Città e Riforma della scuola. Importante corrente all’indomani della 2°WW. In particolare ci fu la polemica della corrente marxista nei confronti di Dewey ma era solo a fini antiamericani, in un periodo di guerra fredda. Ma L. Lombardo Radice sottolinea che dalla Resistenza veniva il marxista Bruno Ciari e il laico Lamberto Borghi ma entrambi si ponevano il problema della rinascita democratica della scuola. Dunque la pedagogia non si separa dall’impegno ideologico tuttavia avanza e sviluppa critiche alle istituzioni sociali (sop. formative) denunciandone la rigidità ideologiche quando queste sono funzionali alla riproduzione dell’ordine sociale e di stabilizzazione gerarchica delle forme di potere. Pluralità DI MODELLI: - La pedagogia personalista - La pedagogia critica - La clinica della formazione di Riccardo Massa rispetto alla connessione tra mondo della vita e mondo della formazione. E poi Duccio Demetrio ha sviluppato un modello pedagogico incentrato sull’utilizzazione delle narrazioni come via ai processi di formazione e autoformazione (racconto, autobiografia, diario) per l’intera vita. - La metateoria ermeneutica proposto da Franco Cambi. - L’approccio fenomenologico di Piero Bertolini 7 sognatori, ma essere lungimiranti. Questa è d’accordo con il carattere costitutivo della pedagogia, quello utopico. La dimensione creativa si esplica anche in una dimensione cognitiva che indica la capacità dell’uomo di saper fronteggiare le problematicità̀, di sapersi dare risposte alle domande che ci poniamo continuamente. Tante volte parliamo per sentito dire, studiamo, ma non ci interroghiamo sulle cose; questo significa avere una dimensione critica del nostro sapere e anche una dimensione estetica, cioè l’insieme delle esperienze sensoriali, razionali e immaginative attraverso cui un soggetto interagisce con l’ambiente circostante. 8. corporeità. Chiama in causa la dimensione materica e biologica dell’essere umano, inscindibilmente connessa a quella mentale. Il corpo è inteso come mezzo di conoscenza e di comunicazione con sé stessi, con gli altri e con l’ambiente. Con il corpo è facile comunicare, sia in termini di attenzione, di ascolto, in termini verbali e non verbali, si comunica anche attraverso la sessualità. L’unione tra psiche e corpo implica anche l’accettazione del proprio corpo, un percorso difficile che irrompe nell’adolescenza (periodo di maggiore cambiamento). 9. affettività. indica un’area molto vasta all’interno della quale rientrano sentimenti ed emozioni, nonché tutto ciò che afferisce alla dimensione dell’inconscio. 10. socialità. Si riferisce alla capacità costruttiva di vivere insieme agli altri, condividere spazi, progetti ecc. sulla base dei valori che regolano la vita della comunità e sociale. L’istanza sociale rinvia al perseguimento di una equilibrata mediazione tra le ragioni dei singoli e quella della collettività L’alfabeto empirico, insieme a quello teorico, per l’insegnante costituisce una dimensione strutturale nel proprio lavoro, cioè la motivazione per ciò che uno fa, per cui agisce, e quindi la dimensione dell’agire educativo, che deve essere dinamico, propositivo, rende anche più appetibile ciò che si dice. PEDAGOGIA DELLA RAGIONE Il paradigma della complessità permette di passare da un approccio scientifico meccanicistico e gerarchico a un approccio probabilistico, perché questo pensa a tutte le diversità e cerca di scoprire tutti gli elementi che appartengono a una comune rete vitale. Questo passaggio è stato frutto di diverse rivoluzioni filosofiche, scientifiche e artistiche, le quali hanno portato a una ridefinizione e rivalutazione di alcuni criteri che faranno da fondamento alla stesura dei diritti umani. In particolare: - DARWIN ➜ la specie umana perde la sua centralità nell’universo. Non esiste quindi una gerarchizzazione tra le specie viventi; - FREUD ➜ la ragione perde la sua centralità, facendo spazio all’importanza della dimensione dell’inconscio; - TAYLOR ➜ l’uomo bianco perde la sua centralità rispetto alla molteplicità dei popoli che abitano la terra. Questo comporta il riconoscimento di pari opportunità e uguaglianza in tutti gli ambiti della vita personale e sociale (colore della pelle, lingua, fede, tradizioni, valori). Si affermano i concetti di differenziazione e connettività, di pluralità e differenza (dei sistemi biologici, versioni del mondo, alfabeti e saperi) di 10 cambiamento e di complessità delle forme di vita, di pensiero, della società e delle culture. La ragione dunque si costituisce come ragione plurale, problematica e critica. Per cui la pedagogia si orienta verso una pedagogia della ragione impegnata a muoversi, dialetticamente e creativamente, tra le antinomie: natura-cultura, logos-eros, mente-corpo, logica-fantasia, particolarità-universalità, identità- alterità. Dunque prende consapevolezza anche del suo carattere incompiuto, critico e problematico del proprio assetto disciplinare. Nel corso del 900 con le rivoluzioni fisiche, il paradigma meccanicistico della scienza moderna entra in crisi, la prevedibilità e il controllo si rivelano impossibili. La biologia evolutiva riconosce l’inadeguatezza di un approccio scientifico che sia esclusivamente formale, meccanicistico e quantitativo, per un approccio più attento alle dimensioni sistemiche degli organismi viventi. Nelle scienze della vita si ha un cambio di prospettiva: si passa dagli oggetti alle relazioni, dalla sostanza alle configurazioni, dalla quantità alla qualità, inoltre cambiano i modelli di conoscenza: si afferma l’idea di una realtà complessa e reticolare, la conoscenza è quindi vista come una rete in cui concetti e modelli formano una trama interconnessa e gerarchizzata e non più come un edificio (con le fondamenta, i mattoni e piani). In questo contesto Ludwig von Bertalanffy elabora la teoria generale dei sistemi la quale è un modello utile per l’interpretazione della mente, della cultura e della società. Qui la struttura, al contrario, si presenta come una configurazione di relazioni· fra le parti di tipo probabilistico: essa si realizza nel tempo, all'incrocio imprevedibile e irreversibili di una molteplicità incalcolabile di variabili contingenti. Questa studia il sistema nervoso come una rete di neuroni, in cui individuare schemi di organizzazione della comunicazione e del controllo che governano uomini e macchine. Concetti di retroazione, di autoregolazione, di apertura energetica dei sistemi viventi e, infine, il concetto di auto- organizzazione costituiscono il grande apporto della cibernetica al progetto che implicitamente la accomunava alle scienze evolutive: quello di ricomporre la divaricazione cartesiana mente-materia. A partire dagli anni ’50 si creò un movimento intellettuale dove accanto a matematici, studiosi di neuroscienze, ingegneri si raccolsero studi di scienze umane contribuendo alle più attuali concezioni sistemiche della vita, mente e natura. La teoria generale dei sistemi distingueva fra: 2. schema di organizzazione di un sistema, che osserva come si organizzano le relazioni fra le sue componenti. Corrisponde all’identità del sistema(corrisponde alla dimensione qualitativa) che deve rimanere invariata altrimenti si dissolverà il sistema. 3. La struttura fisica del sistema stesso, quindi l’insieme delle sue componenti fisiche (corrisponde alla dimensione quantitativa). Interagisce costantemente con l’ambiente, perciò è aperta al cambiamento. Tutti i sistemi viventi sono caratterizzati da: - uno schema di organizzazione, questo è uno schema a rete; secondo Humberto Maturana(autopoiesi) i sistemi viventi sono detti autopoietici perché la loro organizzazione interna è una “rete che produce continuamente se stessa”, cioè ogni componente della rete è coinvolta nella trasformazione/produzione delle altre componenti della rete stessa. 11 Dunque il sistema vivente, a livello di organizzazione è un sistema chiuso e autonomo. L’ordine e il comportamento del sistema non sono determinati da influssi ambientali ma da processi autonomi di autorganizzazione. - una struttura fisica: il sistema vivente è un sistema aperto che interagisce costantemente con l’ambiente, scambiando con esso materia, energia e informazione e trasformandosi, di conseguenza, sulla base di processi metabolici e di sviluppo. Grazie all’integrazione di chiusura e apertura all’ambiente, ciascun sistema ha modo di conservare la propria unità identitaria. Dunque ogni cambiamento strutturale in un essere vivente avviene nell’ambito necessario della conservazione della sua autopoiesi e i cambiamenti compatibili saranno perturbazioni, gli altri interazioni distruttive. La continua modifica e mantenimento dell’autopoiesi di verifica in ogni momento e in molti modi simultaneamente. Ragione ed educazione alla complessità La ped ha acquisito la consapevolezza del carattere problematico, mobile e incompiuto del suo statuto teorico, alla cui costituzione concorrono logiche molteplici e differenti. La pluralità degli approcci definisce il carattere complesso della pedagogia: - pluralità di paradigmi e interpretazioni di messaggi e di codici, di modelli di ricerca con cui il discorso pedagogico legge se stesso - pluralità di scienze con cui la ped si intreccia - pluralità di emergenze istanze, richieste, bisogni con cui la pedagogia sente l'urgenza di confrontarsi: i problemi dell'infanzia ancora declassata e negata; il disagio giovanile e l'emarginazione degli anziani; le nuove povertà e le nuove forme di analfabetismo; l'ampliarsi dei conflitti etnici e religiosi; la responsabilità a cui rinviano i più recenti sviluppi delle ricerche tecnologiche e la vulnerabilità degli equilibri ambientali. Progettualità educativa: l’educazione alla complessità insegna a pensare il soggetto interconnesso alla conoscenza che produce. La consapevolezza della parzialità dei punti di vista (disciplinari e personali), correlati alla necessità di definire cosa guardare e come guardare sulla base di particolari scelte metodologiche (e valoriali), consente al soggetto di tenere conto anche della pluralità e della legittimità di altri sguardi interpretativi e della necessità di pensarli insieme, di interconnetterli attraverso la circolarità ricorsiva del pensiero complesso. E un'educazione che mira all’allargamento dei vincoli di reciprocità e alla negoziazione delle regole di convivenza, all’impegno nella denuncia e nel ribaltamento di perduranti violazioni della dignità umana, all'opposizione contro i rischi dell'evoluzione tecnologica e alla ricerca di nuovi valori basati sul rispetto delle differenze, sulla solidarietà e la pace. Volto a mettere fuori gioco modelli di pensiero e di comportamento autocentrati e rigidi, autoritari e dogmatici. - Educazione alle scienze e alla filosofia spirito investigativo ed esplorativo, tolleranza nei confronti dell’errore - Ed. alle arti valorizza la capacità analogica e trasformativa che permette apertura alle prosp. Della fantasia e immaginazione - Ed. alla democrazia - Ed. creatività dimensione costitutiva dell’intelligenza 12 di oggetti concreti per rappresentarsi la realtà. Il linguaggio inizia a diventare più socializzato. ● stadio delle operazioni formali. Dagli 11 anni ai 15 anni; l’adolescente applica le proprie operazioni mentali (analisi, sintesi, metodo ecc.) su affermazioni puramente verbali e logiche senza il bisogno di oggetti concreti. In particolare lo strutturalismo genetico ha contribuito: - all’individuazione e al potenziamento del ruolo attivo dell’intelligenza, la quale procede, da uno stadio all’altro, attraverso cambiamenti e ristrutturazioni; - alla valorizzazione della irriducibile diversità dei modi di pensare. Ma gli sono state fatte delle critiche sostenendo di aver trascurato le variabili culturali e sociali. Variabili presenti nell’approccio interattivo-costruttivista per cui il graduale coordinamento degli schemi cognitivi elementari in strutture più complesse si realizza parallelamente al complessificarsi delle situazioni di interazione sociale. Precisamente nel conflitto socio-cognitivo il bambino ha un confronto attivo dei propri punti di vista e delle risposte con quelle dei propri compagni. Quindi la maturazione del sistema nervoso non è condizione sufficiente. Ma Piaget era consapevole che soltanto adattandosi alle cose il pensiero organizza se stesso e di conseguenza struttura le cose. L’approccio contestuale storico-culturale di Vygotskij (1896-1934) L’attenzione tende a spostarsi sull’ambiente nelle sue connotazioni storico- culturali e al concetto di sviluppo si contrappone quello di apprendimento. V. voleva individuare la storicità delle funzioni psichiche e dunque approfondisce lo studio dello sviluppo filogenetico (evoluzione animale-uomo) e ontogenetico(evoluzione bambino-adulto) dei processi psichici. Ricerca influenzata dal paradigma darwiniano; V. approfondisce le differenze tra uomo e animale. Partono dagli studi sui processi psichici elementari e riflessi condizionati (es: Pavlov) per spostarsi sui fenomeni psichici superiori, che i comportamentisti ritenevano inaccessibili ad una conoscenza di tipo scientifico e quindi facevano speculazioni solo di tipo idealistico. Il suo interesse era per il linguaggio, pensiero, emozione, processi di creatività ecc.. il salto che permette lo sviluppo di questi è legato per V. alla comparsa delle prime forme di attività simbolica. L’attività mentale si stacca da stimolo- risposta e con la mediazione dei segni stabilisce nuove forme di adattamento attivo alla realtà e complessifica l’organizzazione del cervello, producendo ulteriore arricchimento del sistema dei segni. Questo sviluppo è legato alla comparsa del linguaggio simbolico e forme di esperienza assenti nell’animale: - esperienza storica delle generazioni precedenti - esperienza sociale, utilizzare esperienze degli altri uomini - esperienza duplicata, connettere l’esperienza legata ad un’azione concreta con l’esperienza delle loro rappresentazioni mentali Tutto ciò si realizza nel contesto sociale e culturale e nella varietà dei sistemi linguistici che si realizzano nelle pratiche sociali della comunicazione. A livello ontologico lo sviluppo si basa sull’interiorizzazione di ciò che si è realizzato precedentemente nell’ambito di scambi sociali. E nel bambino c’è l’esigenza di comunicare in risposta allo stimolo esterno di un’altra persona e dunque le parole sono usate da lui nel significato comune (noto a tutti i parlanti) per poi trasformarsi gradualmente in una dimensione più matura di un linguaggio interiore dove le parole sono usate nella dimensione interpretativa. Lo sviluppo 15 del pensiero è determinato dal linguaggio perché il percorso conduce dal linguaggio esterno (inter-psichico- dai significati condivisi) al linguaggio interno (intra-psichico). Dall’utilizzo come funzione comunicativa alla funzione regolativa delle proprie azioni, processi cognitivi e comportamento. Lo sviluppo psichico ontogenetico è un processo di socio-genesi che lega lo sviluppo dei processi mentali al condizionamento dei fattori storici e culturali. Ribalta Piaget perché per lui il sociale si trova alla fine dello sviluppo mentre per V. è l’avvio. “quanto più ricca sarà l’esperienza dell’individuo, tanto più abbondante sarà il materiale di cui lui potrà disporre”. Le creatività del pensiero e del linguaggio è la risposta culturale al bisogno biologico di adattamento, se la vita non ponesse problemi verrebbe a mancare ogni base per l’insorgere dell’attività creativa. L’approccio cognitivista Il cognitivismo è la corrente di ricerca che a partire dagli anni ’50 del 900 si diffonde nella ricerca psicologica. È una corrente composita in cui si intrecciano esiti della teoria comportamentista, ricerche neurofisiologiche, studi linguistici generativo-trasformativi di Chomsky ecc… In una prima face si elaborazione teorica, i cognitivisti adottano l’analogia mente-computer che era stata elaborata negli studi dell’intelligenza artificiale. Volendo riprodurre artificialmente il funzionamento della mente umana, fornendo un modello computazionale della mente che funziona in base alle regole della logica formale. E l’intelligenza è un insieme chiuso di abilità già acquisite, con scarso riferimento alle dimensioni contestuali e cambiamento evolutivo e quindi dinamiche d’apprendimento. Ma nella seconda fase si riconsiderano questi limiti, è caratterizzata da un approccio ecologico, più attento ai condizionamenti di tipo contestuale. La mente non funzione come un apparato che elabora calcoli formali, non segue schemi logici improntati ad una razionalità infinitamente potente, bensì quelli di una razionalità limitata. Fra gli psicologi cognitivisti che, pur assegnando un ruolo determinante alle strutture interne del soggetto, evidenziano la centralità dei processi di evoluzione e del cambiamento e l’influenza su di essi dall’ambiente fisico, sociale, culturale, ci sono in ambito pedagogico Bruner, Olson, Gardner. TAPPE DELLO SVILUPPO DEL BAMBINO ● Intorno ai 2 anni di vita si fondono linguaggio e pensiero, ovvero il bambino capisce che ogni oggetto ha un nome e si iniziano a usare le parole come simboli ● Intorno ai 3 anni di vita il linguaggio interpersonale si divide in due grandi categorie: - linguaggio comunicativo con gli altri - linguaggio egocentrico con se stessi, quello che inizialmente il bambino utilizzerà parlando ad alta voce ed avrà funzione molto importante perché aiuta il bambino a guidare il pensiero, ad affrontare problemi e a pianificare le azioni ● A 7-8 anni il linguaggio egocentrico si trasforma e diventerà un po’ un linguaggio interiore L’approccio costruttivista Bruner riprendendo Vygotskij sostiene che è nello spazio inter-psichico, dei rapporti interpersonali e delle pratiche sociali del discorso, che si costruiscono le prime, fondamentali competenze che poi vengono interiorizzate nelle forme del pensiero e del ragionamento. Ciò si realizza attraverso strumenti culturali 16 che chiama amplificatori culturali: simbolici e tecnologici che permettono all’uomo di potenziare l’uso delle proprie capacità (esempio ruota- capacità motoria, linguaggio- intellettuali, cannocchiale-visive). Il bambino è a contatto con un ambiente di sviluppo e per questo ha bisogno di interpretarlo con capacità cognitive sempre più specializzate in senso simbolico. Per questo è importante avviarlo tempestivamente sulla strada della categorizzazione simbolica, intrecciandola alle 2 forme di categorizzazione della realtà: esecutivo e iconico. Inoltre riconoscendo parziale la visione della mente con solo aspetti logici e sistematici, Bruner propone l’esistenza di 2 tipi di funzionamento cognitivo, ognuno con uno specifico ordinamento dell’esperienza e di costruzione della realtà: - il pensiero paradigmatico (logico-scientifico) consente di spiegare gli eventi nel modo oggettivo della scienza - il pensiero narrativo consente di interpretare in base al pov del singolo soggetto sono complementari e irriducibili. La realtà viene costruita nel corso delle interpretazioni (attribuzioni di significato che ciascuno da della propria esperienza del mondo: esperienza di sensi o codificata in un sistema simbolico…). Ogni esperienza è inoltre l’esito di processi interpretativi che viene assunta come dato di partenza. Il processo interpretativo è condizionato dai significati che pervadono la versione del mondo che si adotta come punto di riferimento (dipinto, teoria scientifica, romanzo…) e che trasformiamo nell’atto di integrarli nel nostro mondo. Accanto a quelle logico-scientifico è fondamentale quello narrativo perché esprime la possibilità di esistenza di una pluralità di prospettive simultanee. La narrazione consente al soggetto di intervenire direttamente nella comunicazione sociale. L’intera attività mentale del soggetto; parlare, imparare, ricordare, immaginare è resa possibile dalla partecipazione a una cultura; la vita mentale viene vissuta con gli altri ed è fatta per essere comunicata e si sviluppa con l’aiuto di codici culturali, tradizioni e simili. Bruner precisa il carattere costruttivo e collaborativo del pensiero perché, sin dalla più tenere età ha un approccio attivo alle sollecitazione dell’ambiente. Inoltre la specie umana è quella che appare più dotata di una predisposizione all’intersoggettività (comprendono ciò che gli altri hanno in mente) e questa è legata alla capacità di costruire e scambiare significati attraverso la lingua; ma anche la comorensione del contesto in cui avvengono le comunicazioni verbali e quindi “negoziare” i significati delle parole in caso d’ambiguità di interpretazione. Solo la specie umana predispone l’insegnamento intenzionale (trasmissione di conoscenze avviene in situazioni diverse da quando vengono usate). L’educazione è condizionata dalla cultura dell’educazione (concezioni, obiettivi e risorse determinato dal contesto culturale che propone sull’educazione stessa). Da ciò deriva che per la ped. è importante la predisposizione di contesti apprenditivi dove l’offerta formativa tenga conto della dimensione inter- psichica dell’attività mentale (insegnamento reciproco). Studenti e docenti diventano parte di una comunità collaborativa dove ciascuno aiuta e stimola l’altro nell’apprendimento. David Olson ha approfondito il rapporto tra pensiero, linguaggi e strumenti tecnologici. Interpreta l’intelligenza in termini di “padronanza di un 17 correttamente le comunicazioni del genitore, andando incontro a fraintendimenti. Ricadute pedagogiche: la reciprocità delle influenze tra vincoli genetici e ambientali ha portato la pedagogia a trovare un raccordo di questi anche nei processi di formazione. Attraverso la realizzazione di interventi che orientano la disponibilità genetica all’apprendimento in direzione costruttiva, mediante l’organizzazione del contesto ecologico e l’utilizzazione degli strumenti culturali, simbolici e tecnologici.  rimandano agli studi di Piaget e Vygotskij. Lo strutturalismo genetico di Piaget si propone come la prima teoria costruttivistica del pensiero che ha influenzato la 1° e 2° infanzia: - il modello costruttivistico dell’intelligenza, - la teorizzazione del suo sviluppo evolutivo attraverso l’assimilazione- accomodamento, - l’analisi delle tappe di sviluppo delle capacità cognitive e del loro farsi, - il ruolo centrale dell’attività di manipolazione di oggetti e simboli nella costruzione delle strutture cognitive e delle conoscenze in particolare ha contribuito: 1. all’individuazione e al potenziamento del ruolo attivo dell’intelligenza; 2. rispetto della continuità evolutiva dell’intelligenza, da uno stadio all’altro attraverso cambiamenti e ristrutturazioni; 3. valorizzazione delle diversità dei modi di pensare, agire, parlare del bambino rispetto a quelli dell’adulto e predisporre l’azione educativa, adattandola ai tempi e ai modi della concreta evoluzione infantile. Il costruttivismo interpersonale di Vygotskij che interpreta la costruzione delle strutture mentali come esito di personali processi di interiorizzazione dei modi sociali di coordinare le azioni e di categorizzare esperienze e conoscenze dei diversi sistemi simbolico-culturali. E la struttura cognitiva varia da soggetto a sogg. a seconda dei campi di esperienza-conoscenza culturali in cui viene esercitata. La scuola ha come obiettivo di valorizzare e ottimizzare i percorsi di insegnamento-apprendimento. Deve predisporre e gestire la trasmissione delle conoscenze in modo da attivare i processi di categorizzazione necessari per organizzare il flusso delle informazioni esterne e per arrivare a cogliere le strutture fondamentali delle varie discipline (sistemi di sapere organizzati). Attuare il passaggio da ciò che il bambino sa fare a ciò che può fare. Operare nella zona di sviluppo potenziale (Vyg.) area di funzionamento cognitivo attivabile solo se sostenuta dall’esterno, sollecitandola nelle funzioni che nel bambino non operano autonomamente, dunque i processi di formazione devono anticipare l’attivazione dei processi biologici. Bisogna approfondire: 1) lo studio del patrimonio di conoscenze spontanee che ogni bambino dispone al suo ingresso nella scuola; patrimonio di conoscenze cognitive che spontaneamente acquisisce dall’ambiente di appartenenza e che sono la base su cui agganciare il successivo passaggio dalle conoscenze spontanee a quelle scientifiche; 2) la valorizzazione del nesso di continuità esistente tra conoscenze spontanee e la successiva elaborazione di quelle scientifiche che si strutturano in forma stabile e permangono quanto più si ancorano 20 alle conoscenze preesistenti. Il passaggio non avviene per meccanica trasmissione di concetti ma per uno sviluppo di un apparato cognitivo deputato all’astrazione delle conoscenze schematiche ed intuitive di cui il bambino è in possesso. L’intervento educativo deve essere in due direzione: favorire la moltiplicazione delle esperienze di osservazione/esplorazione diretta in modo tale da costruirsi un’enciclopedia di personali conoscenze sul mondo e come funziona e promuovere la mediazione, l’individualizzazione e la contestualizzazione delle esperienze concrete del bambino da parte dell’insegnante. Il bambino è sollecitato a riflettere sulle fasi di ricezione e maturazione delle sue esperienze, sulle ipotesi implicite che le sostengono, sulle conoscenze acquisite, a rivedere gli schemi di partenza e rielaborarli mediante generalizzazioni più articolate nella direzione della conquista della conoscenza concettuale. 3) l’esigenza di fondare e organizzare i processi di apprendimento all’interno dei contesti di interazione sociale e attraverso concrete pratiche di lavoro comune. La legge genetica generale dello sviluppo del bambino chiarisce come ogni funzione intellettuale appaia prima in modo sociale(tra le persone- interpsichica) e poi psicologico (dentro il bambino- intrapsichica). Bruner sottolinea che l’apprendimento è quasi sempre un’attività comunitaria e approfondisce il ruolo dell’apprendimento per confronto e compartecipazione (relativo all’imparare con gli altri) accanto all’apprendimento per scoperta (imparare da soli). Costruttivismo e culturalismo: l’ambiente del bambino è caratterizzato dalla presenza di molteplici lingue e linguaggi, di oggetti e strumenti tecnologici che moltiplicano le esperienze poli- sensoriali. In tale prospettiva diventa necessario: 1. offrire l’opportunità di entrare in contatto con una gamma differenziata di sistemi di segni, nelle forme in cui questi si concretizzano (oggetti, discorsi, scritture, musiche, immagini) per sollecitare in tal modo l’arricchimento del loro intero patrimonio cognitivo nei suoi aspetti strutturali e funzionali; 2. fornire l’opportunità di acquisire conoscenze e competenze approfondite dei vari linguaggi per un loro uso consapevole e critico; 3. strutturare modi e forme dell’intervento educativo sulla base delle differenze individuali degli allievi rispetto alla molteplicità dei modi di acquisire e rappresentare le conoscenze. La teoria della pluralità delle menti necessita di una differenziazione dei percorsi formativi orientati a: - valorizzare e potenziare i modi cognitivi e apprenditivi specifici di ciascun individuo attraverso stili di apprendimento, stili cognitivi (come il s elabora l’informazione nel corso dei compiti), tempi e ritmi apprenditivi e cognitivi, forme di intelligenza (attitudine intellettiva dominante); - a prevedere e predisporre e realizzare una pluralità di itinerari per far emergere forme di intelligenza e moltiplicare i punti di accesso all’acquisizione delle conoscenze, permettendo di sostenere i deficit e 21 ritardi per valorizzare le abilità e capacità che non compromesse, o nel caso di superdotazioni. Emerge inoltre la necessità di un’approfondita conoscenza della genesi e della fenomenologia della storia cognitiva e affettiva di ciascun soggetto in formazione: la storia dei successi e dei fallimenti, delle vicende felici e degli episodi violenti e traumatici. La ricerca di interconnettere le istanze di logos ed eros. La predisposizione di contesti di vita. Introduzione: c’è un filo rosso che lega i pensieri dei 4 Autori: si muovono in una sfera eco- sistemica consegnando una cultura innovativa e una forma mentis flessibile orientata all’apprendimento continuo entro cui gli individui e i sistemi formativi imparino a imparare imparando. A partire da una nuova ridefinizione dell’infanzia rendono il bambino protagonista del proprio processo di sviluppo, sottolineando l’importanza della vita emotiva. Anche G.L. Radice ipotizza che l’infanzia è un’età creativa e attiva ma anche intensamente affettiva: il fanciullo è un poeta con una fantasia fortissima e manifesta se stesso in forma genuina nell’espressione artistica. Rousseau sottolinea che l’uomo e la natura parlano lo stesso linguaggi, tutelandosi e facendosi maestro l’uno dell’altro. Importante è non indentificare mai l’altro con sé, senza avere rispetto le differenze e i caratteri originali. Per Montessori il bambino possiede in potenza tutte le risorse necessarie per edificare da sé l’uomo e le facoltà (pensiero, linguaggio, movimento), possibile grazie alle caratteristiche della mente infantile che funziona diversamente da quella adulta perché cresce e si sviluppa assorbendo in maniera semplice e naturale ciò che la circonda sulla base di direttive di sviluppo superiori. Per questo ha bisogno di un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente e che sia materno, nucleo tematico della M., su misura che favorisca l’attività autonoma. Anche don Milani è interessato alla scolarizzazione per tutti e la garanzia dei diritti umani e bisogna dunque ridefinire le competenze di coloro che educano non solo nei contenuti disciplinari dei diversi campi della conoscenza ma anche nell’acquisizione di strategie di pensiero multidimensionale, nelle capacità innovative, relazionali e progettuali. Inoltre l’istruzione scolastica per tutti è essenziale per promuovere una società più giusta e per la piena realizzazione della persona e della democrazia e la mancanza nei giovani di coscienza e di parola viene ritenuta tra le ragioni principali di ingiustizia. Sono legati dunque da termini come pace, autonomia, emancipazione, libertà. Pensare l’educazione come pratica di libertà serve per ipotizzare strategia di trasformazione dell’esistente, a partire da una consapevolezza circa la natura dei dispositivi che la fanno pratica del dominio. Per Bruner è importante tener cura delle autobiografie perché in esse risiedono i significati autentici dell’umanità, sintesi delle sfaccettature del soggetto comprese divisioni, scissioni. Le relazioni sociali, gli incontri tra le diversità, l’attenzione verso gli ultimi, il perseguire nuovi orizzonti educativi, il rimettere al centro le marginalità e l’andare verso i confini umani diventano le tappe dei 4 maestri. 22 EREDITÀ PEDAGOGICHE loro genesi nell’amor di sé perché l’uomo tende alla propria felicità che guida il suo agire e il suo vivere. R. mostra lo sviluppo umano in 4 stadi dell’essere fisico, intelligente, morale e sociale. In ogni tappa della vita è costituita dal principio di libertà che ha ragione di dover soddisfare il principio educativo del libero sviluppo del bambino; si articola: 1. legge di necessità dalla nascita ai 5 anni (1°età)dove prende coscienza diretta e attiva del suo essere fisico e della natura esterna delle cose. È un essere sensibile formazione del corpo con un ambiente sano, libera attività e movimenti, assenza di costrizioni, di abitudini meccanicamente acquisite, nessuna forzatura al ragionamento perché incapace. 2. Legge di utilità dai 5 ai 15 anni è un essere intelligente che progressivamente ha interessi e curiosità più complesse: - Dai 5 ai 12 anni ha ancora interessi pratici e si eserciterà con i sensi (2°età) - Dai 12 ai 15 avvio alle conoscenze razionali.(3°età) educazione intellettuale delle scienze naturali: fisica, geografia, astronomia ecc…, l’educatore non usa libri e lezioni ma fa apprendere a diretto contatto con le cose, interessandosi alle cose concrete sulla base del criterio dell’utile e dovrà guidarlo nelle domande e nei tentativi di risposta da lui stesso posti. La stessa natura indica i principi didattici: a. Il maestro nei primi anni della legge della necessità ha fatto sentire l’ordine imprescindibile della natura nei suoi comandi duri e inderogabili b. Poi nessun comando e nessun insegnamento, solo delle cose che sembrano al fanciullo utili, deve attendere la domanda del fanciullo e non attraverso la passività manualistica che impartisce un sapere preconfezionato. Da una parte osserva per scoprire l’individuale natura del fanciullo, dall’altra stimola tale natura perché il bambino impari a conoscersi e infine ci lavora per scoprire e inventare il sapere. Dopo la crisi dell’adolescenza: 3. I principi si chiariscono nella legge morale perché intende se stesso, gli altri e l’universo: l’ordinamento civile e divino. Il mondo civile non si può annientare e quindi il ritorno alla natura si deve attuare mediante il trionfo del sentimento e della coscienza. L’essere umano è privo di perversità e quindi per evitare la corruzione bisogna che sia libero il suo sviluppo e garante è l’educatore. - Dai 15 ai 22 anni (età della giovinezza)  l’educazione si finalizza alla sensibilità (sui concetti di giustizia e bontà) ed alla formazione sentimentale, sociale, morale, estetica e religiosa periodo descritto come seconda nascita L’educazione al vissuto corporeo: le idee di R. sono già state formulate da alcuni predecessori come Francois Rabelais e De Montaigne sull’importanza degli esercizi fisici. Riconosce sia la capacità di limitare le eccessive effervescenze immaginative, sia le favorevoli opportunità di salute corporea, ma anche limitare le precoci passioni del cuore. Per Locke l’educazione fisica educa al coraggio e alla responsabilità per il perfezionamento intellettuale e morale. 25 Mentre per R. favoriscono e procurano un ristoro dopo averle praticate. Diversamente da Locke che aveva rivolto la formazione ad un gentleman, quella di R è meno dura perché associa sempre gli esercizi manuali a quelli del corpo, specie per l’agricoltura, indispensabile perché esprime la relazione tra uomo e ambiente. Però ritiene necessario insegnargli anche un mestiere perché è un dovere sociale e perché l’ozio è sbagliato. Il mestiere fornisce una sicurezza pratica difronte a possibili sovvertimenti politici. Però proibisce mestieri malsani, ma non quelli faticosi e pericolosi perché danno forza e coraggio e fa addirittura degli esempi di occupazioni manuali. Inoltre per un figlio di famiglia ricca e nobile il mestiere lo renderà indipendente da una data classe, in modo tale da svilupparsi come uomo completol’ideale dell’educazione Locke aveva proposto al suo allievo il giardinaggio e l’agricoltura, falegnameria e tornitore e per questo R deve molto hai predecessori. La natura come valore assoluto e la funzione sociale e civile degli esercizi fisici Quindi sia in Locke che in R. c’è la necessità di mantenere il corpo in buona salute. Ma solo in questi perché ci sono delle divergenze in quanto L. vuole preparare un gentleman inglese, capace di adeguarsi alle condizioni sociali imposte da un certo ambiente. Dunque riconosce l’importanza della natura per lo sviluppo dell’uomo, ma non si ferma a quello che la natura ha determinato. Mentre R. cerca di stabilire relazioni nuove fra l’uomo e le cose, da importanza al corpo, alla vita secondo natura. I contemporanei quando leggevano l’Emilio non staccavano gli esercizi fisici dall’esistenza di cui facevano parte e sapevano che non era ginnastica o educazione fisica comunemente intesa. In R. l’educazione fisica ha una funzione pedagogico-morale: l’affettività ed il movimento creano l’intelligenza. Tutti i bambini sentono il bisogno di muoversi e lo soddisfano con atti utili, anche se poi rimane un eccesso di energia che usa per misurarsi con tutto ciò che lo circonda e l’educatore deve diffidare da cose che il bambino non può fare da se. Conoscerà le qualità sensibili del corpo attraverso le attività sperimentali, le scoperte e l’esperienza, impiegando le proprie energie. Per R. la prima ragione dell’uomo è sensitiva esplicata con le energie che la natura ha reso disponibile e che poi farà la base alla ragione intellettuale. la ragione sensitiva è l’unica possibile nella 1° età. R. va oltre al razionalismo e l’empirismo perché non crede che la ragione derivi da una mera combinazione di sensazioni, ma i sensi per lui sono gli strumenti dell’intelletto. Non afferma neanche che la ragione dell’uomo si forma indipendentemente dal corpo, perché il corpo non è neutro, anzi, senza di lui non sarebbe una retta ragione perché perde il contatto naturale e si degraderebbe, non avendo presa sulle cose dato che si impara che ci sono delle cose fuori di noi con il movimento e con questo si acquista l’idea di estensione. Nello stato di natura la ragione non nega, ma rispetta e difende le esigenze della natura. 10 anni dopo l’Emilio nel progetto di riforma proposto al governo polacco sottolinea che l’educazione sociale orienta la ginnastica a scopi di emulazione e promozione del sentimento di patria. Perché i fanciulli uniti nei loro giochi, si orientano all’osservanza delle regole, all’eguaglianza, alla 26 fraternità, all’emulazione: si abituano a vivere sotto gli occhi dei loro cittadini e ambendo l’approvazione pubblica perché il pubblico designa il vincitore di competizioni pacifiche. Si aspettava dunque che stimolasse il sentimento patriottico per chi doveva esercitare l’autorità. Tutte indicazioni diverse dall’Emilio dove hanno funzione educativa e formano temperamenti sani e robusti e la buona educazione permette alla natura di generare virtù. Lo spirito e l’animo possono deformarsi, mentre il corpo mantiene. La ragione può staccare l’uomo dalle sue condizioni naturali, umane, di vita se si isola dal corpo. Dunque; non è in secondo piano ma in primo perché anima e corpo, uomo e ambiente sono interconnessi e quindi non può essere spezzata in speciali educazioni; è condizione di tutte le altre educazioni. Inoltre ha uno scopo politico perché finalizzato al suo progetto utopistico di rifacimento della società ed è fondamentale la lontananza dai vizi della città. Riforme e progetti scolastici durante la rivoluzione francese: il principio di un’istruzione popolare, gratuita e pubblica si impose durante questo periodo per la necessità di realizzare i diritti di libertà, eguaglianza e fraternità. Un esempio ne è Condorcet che proponeva un’organizzazione scolastica articolata in elementari, secondarie, medie superiori e Università e che culminava in una Società nazionale delle scienze e delle Arti con sede a Parigi. Vedeva l’istruzione come un dovere della società nei confronti di TUTTI i cittadini, anche donne, perché così non dipendono da nessuno. Anche Robespierre presenta un progetto su un’educazione autoritaria da parte dello stato e che dai 5 anni in poi si sarebbero dovuti spostare nelle Case dell’educazione gratuite. Ma a diventare legge nel 1794 fu il progetto di Lakanal che lasciava allo stato la responsabilità e la direzione dell’istruzione pubblica, consentendo l’insegnamento privato mentre venivano istituite le scuole normali per la formazione dei maestri (inteso in senso latino di norma). L’influenza di Rousseau tra i suoi contemporanei: progetti e proposte di riforme scolastiche fiorirono anche se rimasero quasi sempre progetti, anche se molte idee ispirarono i principi fondamentali dei nuovi ordinamenti scolastici, dal momento in cui lo Stato liberare considera l’educazione dei cittadini come uno dei suoi fini. Tra le voci ci sono: - Basedow (1723-1790) esponente dell’Illuminismo in Germania, nel 1768, pochi anni dopo l’Emilio scrisse una Relazione ai filantropi e ai potenti sulle scuole, gli studi e la loro azione sul bene pubblico esponendo un piano di riforma delle scuole, in cui si ispirava all’ideale naturalistico di R. Qualche anno dopo il principe Lepoldo gli affidò l’attuazione di una riforma che prevedeva la fondazione del Philantropinum, comprendeva, un collegio di ragazzi, uno per giovani e una scuola magistrale (che si ispirava all’amore per l’umanità). Didatticamente si ispirava ai principi di concretezza e dunque l’educazione non doveva essere fondatata solo sui sensi, ma i fanciulli erano invitati ad imitare, dietro l’esempio del maestro i movimenti di un sarto o di altro artigiano o davanti un quadro analizzarlo. Iniziò a tradurre in pratica alcuni esempi ideali dell’Emilio. Come L. e R. al bambino veniva data la possibilità di fare molto movimento per fortificarlo ma anche dare fiducia e coraggio (qualità morali), inoltre crea sicurezza di fronte agli uomini e indipendenza dalle cose. Con l’educazione del corpo si induce nella vita del fanciullo modelli di coscienza ruolo primario nel processo educativo. Ma ebbe un forte 27 - Considerare gli effetti naturali come necessari e a conformare a questi l’arte dell’insegnamento - Nella varietà degli effetti delle leggi naturali c’è un’impronta di libertà e indipendenza che bisogna osservare negli effetti dell’arte e dell’istruzione. Per P. (Canto del Cigno) l’educazione conforme a natura è la vera educazione mentre le altre sono unilaterali e parziali. Con lui si passa dal naturalismo alla pedagogia romantica, dove il corpo non sarà più uno strumento per realizzare appieno la realtà umana, ma una prigione che consente di vivere sentimenti di nostalgia e che arricchisce la personalità umana per le esperienze angoscianti, purificatrici, di esaltazione fuori dalla realtà della natura. Conclusioni: non si educa lasciando l’educando ad apprendere soltanto in un ambiente eccessivamente urbanizzato e come maestri i mass media e l’esasperazione tecnologica perché nel sedentarismo e nell’isolamento disperde le occasioni formative offerte dalla concretezza dell’ambiente naturale in cui nasce il sentimento empatico e si avvia il senso di essere una piccola parte costitutiva del mondo. Il movimento nella specie umana è uno dei primi fenomeni dell’esistenza e nei passaggi dall’homo primigenius a quello sapiens si sono gradualmente evoluti dai bisogni primari per poi aspirare a finalità igieniche, salutari, terapeutiche, ludiche, ricreative. Così orientando il bambino a muoversi naturalmente, il più possibile fuori dagli ambienti urbanizzati o in siti tecnicizzati e mediatizzati, nel suo contesto e con le sue interferenze e con la sua attrezzatura concorre a lasciargli apprendere il rispetto per se stesso ed il sapere incontrare ed interagire con gli altri, globalmente e multi culturalmente intesi. 2.MONTESSORI: IMMAGINI LETTERARIE E PROSPETTIVE DIDATTICHE DI UNA MADRE COSMICA Premessa: l’azione pedagogica di MM ribadiva la concezione del bambino come germe vivenete, essere attivo ed embrione spirituale sostenendo che il maestro debba lasciarlo libero di esprimere in modo spontaneo ogni potenzialità stimolato da un ambiente idoneo. La nuova idea dell’infanzia è visibile nella prima Casa dei bambini nata a S. Lorenzo nel 1907. Il quartiere era periferico e pieno di famiglie numerose che si trasferivano in cerca di lavoro e per questo motivo Eduardo Talamo ingegnere e fondatore e direttore dell’Istituto Romano dei Beni stabili, vara un progetto di risanamento urbano a favore di ca 1000 pp; edifici popolari rimessi a nuovo con piccoli appartamenti assegnati ciascuno ad una famiglia per prevenire i danni del sovraffollamento e aggiunse una struttura educativa di supporto a tutta la comunità. Una scuola infantile dentro casa, che riunisse i bambini troppo piccoli per andare a scuola (asili non erano diffusi) e in modo che non rimanessero abbandonati sulle scale e nei cortili con il rischio di sporcare ma anche per proteggerli e le famiglie non dovevano pagare nulla ma assicurare la manutenzione dei locali. Occorreva una persona esperta che curasse i bambini come medico ma anche educatore, fu la MM. I 2 si conoscevano dalla Lega Nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti (aiuto per il processo educativo o rieducativo per bambini considerati difficili). La casa dei bambini e l’idea di maternità con la prima casa vengono sottolineati 3 aspetti fondamentali di qualsiasi progetto di inclusione socio-educativa: 30 - La finalità la liberazione del bambino ma anche dell’uomo perché rimuove ciò che può ostacolare lo sviluppo personale - Metodo ispirato alla pedagogia scientifica che permette di individuare stimoli e tradurli in percorsi individualizzati - Il contesto appropriato per il processo MM riconsidera l’idea della casa proprio perché è il primo ambiente dove si sviluppa il bambino visto sia come un contesto di educazione familiare ma anche come luogo di apprendimento-educazione di un servizio educativo per l’infanzia. Il nuovo modello educativo è fondato sul rispetto dei diritti del bambino e sulla responsabilità da parte degli adulti. In questa riconsiderazione si parla anche di liberazione della donna e del suo essere e divenire madre. L’antinomia tra maternità domestica e maternità sociale collega tutta l’opera della MM. Il genere, l’identificazione attraverso il sesso d’appartenenza, il corpo, la sessualità, la cura necessaria alla conservazione della vita con MM subiscono un capovolgimento, dal negativo al positivo, diventando un’opportunità di emancipazione, liberazione e di potere femminile. La capacità generativa diventa la via per rendere ogni donna un individuo umano libero perché non decide solo per se stesso in piena libertà ma anche per la miglior resa dell’umanità futura. Ma sembra che per lei non sia stato lo stesso, la sua maternità segna anche un cambiamento nella sua immagine. Ebbe un figlio con il collega psichiatra di Giuseppe Montesano, che venne affidato prima ad una balia, poi ad una famiglia sconosciuta e poi al collegio. Non si conoscono le ragioni di questa scelta. Ma sicuramente la maternità intima, latente e oscura si trasforma in MM ad una maternità sociale che vuole proporre un nuovo modello di famiglia dove il processo educativo non riguardi solo i figli ma anche i genitori che sono parte attiva del processo socializzante dei futuri cittadini del mondo. Prima solo i genitori avevano il compito di educarli e castigarli; ma avevano anche due responsabilità: presentano una potenza e autorità senza confronti davanti ai bambini inermi e dovevano dunque essere sempre d’esempio. Mentre per MM il loro compito è quello di risvegliare l’umanità dei figli, affiancarli con energia ed entusiasmo costruttivo. Il segreto dell’infanzia (1953) sottolinea che la missione delle cure materne è superiore a quella fisiologica perché attraverso l’amore bisogna risvegliare gli istinti latenti. Dunque nel corso del 20° sec realizza molte riforme per la diffusione di norme igieniche, di alimentazione; ma sottolinea che i bisogni del bambino non sono solo quelli della vita fisica, ma anche della sua intelligenza e personalità. I diritti dello spirito devono essere rispettati, ma ciò è troppo grande solo per la famiglia, che si dovrà affiancare alle istituzioni scolastiche e culturali per liberare l’infanzia. Obiettivo della MM è l’autonomia personale del bambino: dal bambino soggetto di tutela al bambino protagonista del cambiamento dell’adulto. Non si può essere liberi senza essere indipendenti: quindi alla conquista dell’indipendenza debbono essere condotte manifestazione attive della propria libertà fin dalla prima infanzia. Quindi la redenzione per i genitori è: non si può educare alla libertà se ci si sente schiavi e per poter divenire genitori liberi è necessario sentirsi adulti liberi. Per questo ritrova Mario (suo figlio) dopo 15 anni; un amore tra i due che si veste di consapevolezza, di responsabilità e di libertà. L’intera opera della Montessori rispecchia l’esperienza personale, il dramma universale di essere 31 abbandonata e di abbandonare, prova ad aiutare i piccoli abbandonati (strappati dal seno materno) ad adattarsi alla vita senza sacrificare la propria individualità. Frutto dell’osservazione del piccolo Mario che MM andava a trovare celando la propria ID che scaturiscono scoperte del metodo come quella secondo cui il bambino non vuole il giocattolo vuoto di senso (funzionale al solo divertimento) ma vuole giocare per imparare. MM, una donna nuova: l’intreccio tra il femminismo e un sentimento educativo da rinnovare: MM prende parte al movimento del primo femminismo; si assiste ad un espansione dell’associazionismo femminile ed iniziative a favore di donne e bambini. Ne prendono parte scrittrici importanti come S. Aleramo, Ellen Key. Key ribadiva la necessita di uscire da un’ottica di carità e assistenzialismo ma di porre le basi per un modello di cura attiva, consapevole e sociale. MM partecipò nel 1896 al Cong. Int. Delle donne a Berlino parlando dell’analfabetismo infantile e della disparità economica delle lavoratrici; nel 1899 a Londra; a Padova nel 1899 propose una relazione sul concetto di femminismo scientifico. MM sottolineava che la preparazione culturale della donna non interferisce nel suo impegno familiare, anzi le permette di essere una madre più consapevole. Nel 1902 al Congresso di Roma sottolinea la necessità di sostenere il lavoro extradomestico femminile per garantire alle donne autonomia e indipendenza nelle scelte di vita e avere un matrimonio che non si basa sul sistema patriarcale. Il femminile inteso dalla MM individua nel suo corpo- sessuale e materno- una riappropriazione di una femminilità che esca dal binomio moglie e madre. Ma che non sia omologazione al modello maschile, bensì valorizzazione delle doti femminili e virtù domestiche da impegnare nel sociale per opere di assistenza e prevenzione. Vuole incoraggiare le donne a svolgere professioni intellettuali e a dedicarsi a studi scientifici a differenza di Cesare Lombroso che condannava la donna ad un ruolo subalterno anche da un punto di vista scientifico per il volume del cervello. MM ribalta questi fondamenti, sottolinea che è nella valorizzazione delle differenze e dell’unicità di ciascuno che si fonda il pensiero ped. Montessoriano che da attenzione all’educazione di bambini in modo da coniugare per la donna sia la sfera privata che pubblica, maternità e autonomia individuale conduce dunque a nuove pratiche educative, frutto del contributo teorico di Ellen Key. Key sottolineava che l’educazione dei figli è un dovere sociale perché intorno a loro si raggruppano leggi, usi e costumi frutto di un perfezionamento dell’umanità che considera l’educazione al centro dell’interesse pubblico e privato. La concezione della vita familiare di MM prevedeva la socializzazione dei tradizionali compiti femminili (cucine centralizzate, infermerie comuni…) la casa dei bambini era un progetto di casa del futuro socializzata per rendere ogni donna un individuo umano libero che decideva libera per se stessa e per migliorare l’umanità. MM si laurea in Medicina e lavora prima come pediatra all’Ospedale di S.G e poi assistente volontaria nella Clinica Neuropsichiatrica di Roma fino al 1900 dove avanza la pedagogia riparatrice ovvero un processo di rielaborazione teorica e realizzazione di interventi educativi volti a rispondere al numero elevato di bambini traviati e derelitti. L’interesse per gli ultimi/minorati/deficienti ispirata dagli studi del medico Itard impegnato presso l’Istituto per sordomuti a Parigi; si assiste all’evoluzione dove prima i sogg. erano considerati malati ad un 32 È una prospettiva globale che mette in discussione la pedagogia dell’insegnamento come istruzione e come trasmissione di conoscenze e apprendimento come accumulo di queste, al contrario il bambino impara quando esercita le proprie energie secondo i procedimenti mentali della natura che agiscono in modo diverso da come solitamente si suppone. La formazione dunque deve esse un aiuto alla vita perché l’auto-educazione deve avvenire in un ambiente di vita dove ci si può muovere liberamente in un clima ordinato e gioioso dove si possono esplicare i propri interessi e scegliere spontaneamente le attività, gli strumenti e i materiali. Bisogna incoraggiare le domande che i bambini pongono. Dunque l’educazione infantile è fondamentale se di qualità e MM ha offerto le condizioni per porla in modo tale. Ambiente: gli ambienti devono essere aperti come le classi e la Casa dei bambini ha questa particolarità perché è nell’ambiente che i bambini possono vivere le esperienze: esplorare, correre, giocare o dormire. Importante in questo è il lavoro organizzato e la dimensione pratica. L’ambiente deve essere a misura del bambino; afferma che l’ambiente, gli oggetti e gli strumenti devono essere al servizio del bambino, nel rapporto con il suo ambiente. Interagendo con l’ambiente trasforma se stesso e l’ambiente. Nell’esp. Nat. Non c’è noia ne ripetitività perché il bambino apprende che esistono svariate forme di vita, capaci di convivere pacificamente. Tra il bambino e le cose c’è un rapporto di utilità che li rende complici di una trasformazione. Infatti utilizzando gli oggetti il bambino li lega a se e appena riesce ad agire senza l’aiuto dell’adulto, il bambino mostra di non voler possedere le cose ma di volerle usare per il proprio perfezionamento e quello dell’ambiente. Interagendo spontaneamente porta amore al lavoro che compie con l’oggetto; sviluppa un armonia e si plasmano reciprocamente e si afferma l’amore dell’uomo per l’ambiente, legati in un reciproco conoscersi, ma solo quando il bambino fa da sé. Mente assorbente: MM studia le diversità della forma mentale del bambino rispetto all’adulto: la mente infantile è una mente inconscia e assorbente, creatrice della natura dell’uomo e della sua cultura fatta di movimento, linguaggio, pensiero e amore. Si sviluppa dai sensi coinvolti nell’apprendimento e per questo bisogna costruirli basati sull’esperienza. il bambino segue le leggi costanti che creano i fatti dello sviluppo, anche per il solo vivere, assorbe tutto ciò che offre l’ambiente trasformandolo in cultura e civiltà, assicurando la continuità storica dell’umanità. I segreti infantili hanno aspetti consci ed inconsci per questo è necessaria la consapevolezza degli adulti per far fiorire queste giovani menti. Importante per MM è inter-relazione anche con aspetti della psicoanalisi. La cultura del bambino è il risultato del suo libero lavoro elaborato dalla mente assorbente nel corso di esperienze personali da dove assorbe gli elementi costitutivi, che si fissano nel suo spirito preparandosi a dare nuovi frutti personali e sociali. Spazi e tempi per liberare l’infanzia: fondamentale è il rispetto dei tempi cognitivi e dei ritmi di crescita di ciascuno per cui gli spazi di sviluppo devono essere individuali e tutelati soprattutto per chi frequenta la prima scuola a più livelli perché 35 bisogna adattarli ai ritmi di apprendimento; infatti il principio aiutami a fare da solo richiede variabili spazio-temporali nell’ambito del modello educativo della prima scuola che diventano determinanti nella crescita dei bambini, consentendo di sperimentare un processo autonomo. Spazi e tempi vanno didatticamente organizzati, soprattutto se si hanno delle disabilità. L’insegnamento deve essere definito per ritmi, materiali e strumenti comunicativi come facilitatori di apprendimento, affettività e relazione perché la scuola deve essere luogo di storie e di esperienze. La concezione segmentaria dello spazio e del tempo viene rimossa mentre si creano spazi di vita e tempi di ricerca dilatati, globali, perché il bambino vive e si educa ovunque e sempre. Importanti sono i tempi e le attività nell’aula, nei corridoi, nei laboratori, nella zona mensa, nella biblioteca ecc… i bambini domandano e ricercano, istintivamente sanno che i fenomeni e i fatti devono essere spiegate e giustificate perché essi ‘vivono’ ed esistono secondo determinate leggi e proprietà e le risposte complete provocano entusiasmo e suscitano bisogno di nuove ricerche, gli insegnanti dovranno ampliare la loro vita psichica. Inoltre l’insegnante non giudica i risultati, ma le cause che ne impediscono o ritardano l’ascesa provvedendo alle circostanze che ne ostacolano il normale sviluppo. Deve essere un mediatore, quando il bambino richiede la sua presenza ma senza sovrastarlo con il corpo e la parola adulti. Materiale: è un eserciziario dello spirito perché il bambino esercita la propria sensorialità ed intelligenza ed è attirato dalle segrete informazione ed inesplorate soluzioni che racchiude. Il materiale ha valenza metacognitiva ed ha alcune caratteristiche: 1. Attenzione estetica e attrattività  oggetti belli e facili da maneggiare, curati con colori vivaci 2. Attivita proposta facilmente maneggiabili e trasportabili dai piccoli e hanno una buona possibilità di azione 3. Controllo dell’errore progettato per autocorreggersi, senza intervento dell’adulto 4. Limiti non ci sono eccessi di stimolazioni come vita vera, ma c’è un solo aspetto approfondito Il materiale accompagna, ma lascia libero di sperimentare e modellare è materno: - perché delinea uno spazio al bambino entro cui può sperimentare e muoversi da solo alla conquista dell’autonomia e identità - Ma allo stesso tempo controlla, osserva e guida la sperimentazione per condurlo in spazi nuovi di sapere e conoscenza Globalità: il modello della globalità tiene conto di 4 fasi che nel bambino si ripetono continuamente nell’apprendimento e nell’inter-relazione con l’ambiente e le figure parentali prossime: volizione, impegno, integrazione e amore. Ogni volta che i bambini sono motivati a impegnarsi in un’attività appropriata ricevono stimoli sensoriali e assimilano informazioni, intravedono chi sono e cosa sono in grado di capire. Ogni volta che i bambini esercitano il volere e scelgono di impegnarsi in una nuova attività, entrano in un altro ciclo di apprendimento che porta ad attraversare fasi di impegno e integrazione. 36 Ogni volta che padroneggiano un’attività, entrano nella fase dell’amore, provano gioia e fiducia che li spingono ad iniziare un nuovo ciclo di apprendimento. Inoltre i bambini sono programmati per il successo perché dotati di forza vitale che li conduce all’autorealizzazione, si muovono verso la padronanza di sé. L’amore permette la crescita, sviluppo, acquisizione di competenze, socialità e autostima dato che gli apprendimenti risentono delle dinamiche emotive del nostro vivere sociale. Crea dunque un effetto a spirale per continuare a svelare il suo sé autentico. La progettualità multiforme si articola su più percorsi pedagogico-didattici sviluppati parallelamente: 1. Momento: Tende a sensibilizzare gli adulti al rispetto della vita che si evolve tramite un’osservazione mai invasiva, intesa come processo continuo di attenzione all’altro. 2. Momento: Preparare l’ambiente adatto per ogni età; disponendo mobili e oggetti per costruirsi i rapporti. In questa fase si acquisisce il concetto di libertà, diverso da arbitrio, da cui scaturisce l’organizzazione ragionata e il rispetto nei confronti dell’imperfezione. 3. Momento: risponde ai fenomeni tipici delle diverse fasi di crescita perché ognuna presenta specifiche acquisizioni Esigenze che vanno rispettate: - Il bisogno di continuità dei piccoli - Esigenza di giustizia nella seconda infanzia - Anelito al cambiamento e avventura nell’adolescenza 3.DON MILANI: LETTURA DI UN IMPEGNO PEDAGOGICO TRA L’ESISTERE STORICO E LA PROMOZIONE DELL’UMANO Premessa: Don Milani nel 1947 venne fatto sacerdote in Santa Maria del Fiore a Piazza del Duomo di Firenze e si interessò alla cura dei più fragili collocati ai margini di una società escludente. Veniva da una famiglia che aveva radici nell’alta borghesia sia paterna che materna, polietnica ed ebrea per cui la sua educazione è legata alle tradizioni intellettuali. Per la religione, la parte materna non era praticante ma comunque credenti delle loro radici culturali, etniche ed ebraiche. Ci sono alcune esperienze nella sua vita che lo hanno condizionato come la pittura e la conversione. La prima riguarda la volontà di volere fare la prima comunione, infatti organizzò tutto da solo. Alle medie si entusiasmava per la storia dell’Impero, presentata dagli insegnanti come gloria per la patria, ma la scoperta delle atrocità fatte agli Etiopi gli fece comprendere la mistificazione che questi operavano sui fatti contemporanei. Neera Fallaci ricorda come una volta litigò con il padre perché rappresentava il paradigma del mondo borghese e forse da allora fece la scelta non borghese di vita. Racconta anche dell’episodio del pane che viene mangiato di fronte ad una povera ragazza. Importante è anche l’apprendimento della pittura da Hans J. Staude Intrecci di vita e di emozioni in un contesto complesso: nonostante le polemiche del tempo di DM siano passate (scuola autoritaria e selettiva, gerarchia religiosa conservatrice) i problemi di povertà economia, intellettuale e morale rimangono ma passano da una dimensione provinciale ad una globale a planetaria. A partire dal boom economico si è affermato un nuovo tipo di miseria. 37 - Modalità di lavoro cooperativo; - Rete con gli alunni inviati all’estero con l’impegno di apprendere la lingua, i costumi, le specificità culturali e fare esperienze di lavoro per assicurarsi il soggiorno; - Corrispondenza e relazioni con l’esterno; - Utilizzo di esperti che venivano intervistati e interrogati dagli alunni; - Contestualizzazione dell’interlocutore, ambiente, periodo storico e motivazione didattica per immersione. Si impegnava per accelerare i processi di crescita e di apprendimento utilizzando nuove tecniche e rispettando al tempo stesso i ritmi e le preferenze del soggetto. si avvicina ad una costruzione dell’uomo sul modello di Makarenko dove il principale mezzo di comunicazione è un vivente collettivo di lavoro. DM aveva come obiettivo lo sviluppo continuo, una capacità di collaborazione e di lavoro con gli altri, l’imparare a essere, oltre che a sapere, ricordando che vale più l’esistenza che la professione. Inoltre, importante era la creatività perché permetteva di sviluppare un pensiero divergente per difendersi dalle pressioni e della massificazione, in modo tale da poter essere vigile con senso critico e aperto al cambiamento. La scuola ai tempi della contestazione: DM si ritrovava a Barbiana in un periodo in cui stavano avvenendo delle innovazioni pedagogiche in tutto il Paese. Gli anni dopo il 1962 (Riforma della scuola media) sanciscono crisi sia per la politica che per la religione (tramonto centro-sinistra e Concilio Vaticano II). I nodi di questo periodo sono la nascita della scuola materna statale e la progettazione di una ridorma della scuola secondaria superiore e dell’Università, gestite ancora con leggi fasciste. Da ricordare la relazione del Ministro Gui sui lavori di una nuova commissione d’indagine sullo stato della scuola sulla base di un piano 3ennale. Il disegno di legge Gui per l’Università del 1965 diede inizio al movimento di contestazione studentesco perché questo prevedeva 3 livelli di titoli; sembrava svalutare la laurea che era chiusa tra il diploma e il dottorato di ricerca, privando il significato dei dipartimenti. Tuttavia trovò una forte opposizione anche in commissione e giunse alle Camere solo due anni dopo, ma non messo in atto per fine legislatura. Si era svolta una discussione anche per la scuola materna statale, ancora sotto le istituzioni ecclesiastiche mentre quelle comunali erano poche e mal funzionali, ma il governo Moro dovette dimettersi nel ’66 e solo nel ’68 si approvò un ordinamento della scuola materna statale. ’69 furono messi a punto gli Orientamenti ministeriali stabilendo l’istruzione materna statale gratuita, ma facoltativa e si articolava in 3 sezioni secondo l’età dei bambini; ognuna con un’insegnante e per ogni scuola disponibile 1 assistente; il personale femminile e la funzione era educativa anche se si insisteva sull’aspetto assistenziale e didattico. Ma i problemi che si evidenziarono furono principalmente finanziari e l’impreparazione del docenti. Ma con il passare del tempo migliorarono grazie all’impianto architettonico, attività, materiale didattico e competenze. Un campanello dall’allarme per la scuola fu nel ’67 Lettera a una professoressa dei ragazzi di Barbiana, scritta sotto la guida di DM, diventando un’arma per la contestazione studentesca e che scatenò un moltiplicarsi di leggi e decreti per tamponare alcune falle: 40 - DL feb. ’69  modifica l’esame di Stato delle superiori - Legge ’69 introduce la sperimentazione negli istituti professionali - Legge’69 tutte le scuole di 5 anni avevano il libero accesso all’Università e liberalizzò i piani di studio universitari - ’77 eliminate le classi differenziali e inseriti in classi normali, ma con un numero ridotto di allievi anche se non c’era personale preparato Nel 1969 fu messo a punto un progetto di riforma dell’università (Disegno di legge n.612) che stava per essere approvato, tuttavia la fine anticipata della legislatura chiuse il dibattito, ripresentata nel ’72 e rispetto al precedente, introduceva, rispetto al progetto Gui, la centralità del dipartimento, la figura del docente unico fiancheggiato da ruoli di 2° piano e l’introduzione del tempo pieno per i docenti. Nel 1970 venne fatto un convegno a Frascati dove esperti preparavano la riforma della scuola secondaria superiore. L’esigenza era di un’unità articolata all’interno di quella scuola, di molta flessibilità e di un prolungamento graduale dell’obbligo scolastico per uno o due anni riprese successivamente dalla Commissione Biasini. Prevedeva un progetto di riforma in cui c’era un biennio unitario, che includeva materie comuni a vari indirizzi e poi nei triennio successivo c’erano discipline specifiche, gli indirizzi potevano essere 3-4 e per il 5ennio si dava spazio a materie opzionali da definire. Dal 1971 si susseguirono vari progetti partitici delle superiori, spesso ritoccati fino al ’78 quando ci fu il governo democristiano sostenuto da comunisti, repubblicani, socialdemocratici e socialista. Dovevano approvare in poco tempo 2 riforme per università e superiori: erano stati presentati 9 (contando Scalfarono ’73 e Malfatti ‘77) e 5 disegni di legge, ormai in avanzata fase di elaborazione presso le competenti Commissioni delle Camere, per ricavarne un progetto unitario. Nel 1970 era accaduto che i sindacati confederali, che man mano avevano costituito proprie sezioni per la scuola, dedicano > attenzione ai problemi scolastici. Allora nel 1972 ci fu un’intesa con il Governo Andreotti per un rinnovamento della scuola come realizzazione di un effettivo diritto allo studio e rinnovamento di metodi e contenuti ed eliminazione della gerarchizzazione dei ruoli e delle carriere. Nel 1973-74 vennero fatti dei Decreti Delegati (preparati dal governo su delega del Parlamento e poi approvati da questo) che riguardavano lo stato giuridico degli insegnanti, degli organi collegiali nelle scuole, dei distretti, con la diretta partecipazione di forze sociali, di organismi a livello regionale per la ricerca e sperimentazione. E nel ’73 furono presi provvedimenti urgenti per l’Università ma senza giungere a definizione di uno stato giuridico del personale e con norme per i concorsi e contratti che sono state evase dal Governo, fino al 1980. Una novità ci fu nel ‘73 quando, prima per i metalmeccanici e poi per altre categorie, le 150 ore pagate di istruzione, inserite fra i diritti dei lavoratori, anche se ci furono difficoltà sul piano pratico, si stava attuando il superamento della distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale e verso la riappropriazione della scienza e del suo controllo da parte delle classi lavoratrici. - Nel 77/78 furono introdotte le schede di valutazione che eliminavano il voto e i relativi esami di riparazione per la scuola media, anche se colse impreparati sia genitori che insegnanti tanto da richiedere interventi ministeriali. Inoltre introdussero sia l’educazione tecnica e musicale 41 obbligatorie e il potenziamento di insegnamenti scientifici, soppressione del latino(con riferimenti obbligatori per l’italiano), la responsabilizzazione dei docenti della classe nello svolgimento delle attività integrative… Conquiste che sono state frutto del contributo di DM con lo scopo di dare alla scuola una funzione emancipatrice, liberatrice e democratica. La scuola a tempo pieno di DM: un’alternativa a quella classista e meritocratica Dopo la 2WW la pedagogia attivista di derivazione nord americana influenza la ped. e la scuola italiana con nuove istanze democratiche e partecipative che si diffondono nella scuola di base; come nel ’62 con la frequenza obbligatoria fino a 14 anni mentre la scuola superiore rimane con un impianto selettivo e meritocratico, con una netta preminenza di contenuti classici e teorici rispetto a quelli scientifici e tecnologici. Il modello gentiliano autoritario che interpretava le esigenze di una società ad economia agricola con una struttura sociale a piramide non andava più bene dopo il boom economico, con l’immigrazione sud-nord e sopravvivrà solo in una parte come la scuola superiore e alcuni settori della classe insegnante di estrazione borghese vestali della classe media. quindi non si operavano ad evitare che uno status sociale si cronicizzasse. Ma per fare avvenire un cambiamento di status sociale nella società doveva avvenire prima di tutto nella scuola che era il microcosmo sociale per la vita. La scuola deve fornire la possibilità a tutti di acquisire gli strumenti di partecipazione e cittadinanza attiva e solidale, tuttavia il divario tra scuola e vita era tale che era necessaria l’apertura delle discipline ai problemi dell’ambiente della vita stessa, quindi la scuola non doveva preparare solo in vista del futuro, ma doveva essere in continuità trasversale con il presente e con gli altri ambienti di formazione. Il doppio canale di studi umanistici e di avviamento tecnico -professionale piuttosto che costruire un filo rosso, riproponevano la spaccatura fra teoria (umanesimo in grado di ricostruire e padroneggiare i quadri di significato del mondo) e prassi (che era un modo di dire un empirismo in grado di ricostruire e padroneggiare i quadri di significato del mondo) come 2 diverse culture che consolidavano 2 differenti culture di classe sociale con istanze ideologiche: la scuola di destra voleva il latino per futuri topi di museo e quella di sinistra le scienze per futuri topi di laboratorio; ma DM sosteneva che nessuno alla fine pensava al popolo. La contestazione del ’68 si scagliava contro questa scuola classista e competitiva; anche se nel ’68 uscì anche Lettera ad una professoressa che venne letto come manifesto politico, classico della letteratura pedagogica e politica che chiamava genitori, contadini e operai alla rivolta contro una scuola che selezionava bocciando ed espellendo. DM rappresentava le ansie di giustizia e liberazione presenti nella chiesa dopo la svolta giovannea e il Concilio Vaticano II, perché era dalla parte dei poveri e per la libertà oltre che economica anche culturale attraverso l’educazione e l’istruzione, denunciando l’uso e l’abuso di potere culturale da parte di minoranze verso le masse a cui si impediva l’accesso alla cultura superiore che permetteva il cambiamento di status sociale. Inoltre la scuola media obbligatoria non doveva bocciare andando bocciare ed emarginare i figli dei ceti più poveri e quindi più bisognosi di attenzioni pedagogiche e di interessi culturali. 42 a permanere i no e i si; la fine della selezione ne nasconde altre; triennale- magistrale, dottorati, test d’ingresso, nascono gli istituti di eccellenza. I programmi scolastici sono stati riscritti e superati dalle Indicazioni Nazionali e poi la programmazione media le indicazioni nazionali con le situazioni e i bisogni e le capacità locali. Anche per quanto riguarda la lingua, sembra che sia diminuita la ricchezza lessicale.  la padronanza del linguaggio è il caposaldo di DM perché con quello si aspira alla libertà di scelta. 4.BRUNER: RITRATTO DI UN INTELLETTUALE DALLE ‘DIVERSE PERCEZIONI’ Premessa: si è interessato alle tappe dello sviluppo cognitivo, poi si è dedicato allo studio dei bambini piccoli per poi riprendere lo studio del linguaggio, convito che questo modelli le prime e precoci manifestazioni del processo cognitivo. Molteplici interessi, fecondi sia per la psicologia ma anche per altre scienze. Si ipotizza per alcune tracce significative nella propria vita; come il periodo di cecità (fino ai 3 anni) e lo scetticismo ebraico della famiglia considerando il contesto culturale della società, anche se B. sostiene la casualità dell’evolversi della sua carriera. Lo sguardo nuovo bruneriano tra intrecci di vita e percorsi inter- disciplinari: con il concetto di percezione si indica quell’idea secondo la quale ‘comprendere qualcosa in un modo non preclude la possibilità di capirlo in altri modi’. Importanti sono stati i suoi studi sulla capacità percettiva e quella di utilizzo dei processi di inferenza, ma i suoi interessi sono stati anche sulle forme artistiche e letterarie. Le sue ricerche comprendono anche il campo della linguistica perché ritiene che il linguaggio sia capace di modellare le più precoci manifestazione del processo cognitivo, diventando uno dei maggiori esponenti della psicologia culturale. Egli crede nell’interdisciplinarietà per giungere ad un corretto studio dell’uomo e del mondo radicato nell’animo umano e nella sua interiorità, prima dell’esteriorità. Le percezioni sono un processo evolutivo umano che permettono di venire a patti con le proprie intimità, passionalità, credenze, razionalità ecc… All’università sviluppa il suo interesse per la psicologia, soprattutto in quella comparata e degli studi neuro-psicologia. Durante il 2° anno si trasforma in un ‘intellettuale romantico’ perché consapevole del fatto che uso della mente serve per accedere alla conoscenza e migliorarla. Alla Duke partecipò ad alcune conferenze con i nomi più importanti di quegli anni. Gli anni di sperimentazione furono ad Harvard dove le tematiche psicologiche erano affrontate da Gordon Allport e Harry Murray dipartimento di psicologia sperimentale che definì gli interessi di B. su argomenti come la percezione, la memoria, l’apprendimento, la neuropsicologia e il comportamento animale. Ma al momento della tesi ci fu la 2WW e per questo motivo approfondirà come argomento la natura delle trasmissione radiofoniche propagandistiche da parte della nazioni belligeranti; questo lo condurrà a passare l’estate del ’40 a Princenton dove c’era un servizio di trasmissioni estere che raccoglieva emissioni di Germania, Italia e Giappone. Dal ’42 si è occupato di indagini sull’opinione pubblica americana ed europea in tempo di guerra e pubblicò Mandate from the People. Nonostante l’interesse, gli fu precluso l’arruolamento per la sua cecità passata, così iniziò a lavorare in 45 Francia preso il Reparto Psicologico Anglo-Americano del comando generale del corpo di spedizione alleato in Europa dove si occupò dello stato psicologico della guerra, dei sondaggi, delle indagini provocate dalla WW e dal dopoW sulla popolazione. Infine tornò a Cambridge dove rimase per 27 anni. La fine della WW portò enormi cambiamenti in campo psicologico perché si aprirono nuove visioni sulle qualità intrinseche del soggetto che si apre al mondo, in questi anni la psicologia ha vissuto un periodo a cavallo tra un prima di B e dopo B. Nel period. ANTECEDENTE B. è alle prese con la corrente principale della psicologia fondata dal sensismo, empirismo, oggettivismo e fiscalismo di eredità ‘800esca; infatti la psico debutta nelle uni tedesche nel 1870-80 per studiare i sensi ed il modo in cui questi reagiscono agli stimoli del mondo fisico, intrecciandosi al sensismo (secondo cui l’esperienza copia il mondo fisico) e l’oggettivismo viene introdotto dagli americani e riguardava i dati della psico che venivano trattati come quelli della fisica, bandendo quelli soggettivi a favore delle risposte di tipo sensoriale e non più dalle esperienze. E il fiscalismo esigeva la natura fisica e biologica delle spiegazioni della psicologia. Ma al suo arrivo ad Harvard la psico si stava rimodellando attraverso teorie matematiche, linguistiche, antropologiche e biologiche contributo della guerra, una rivoluzione che respinge il sensismo e l’oggettivismo per rispettare l’innatismo. Protagonisti come Neuman, Chomsky, Piaget e Vygotskij secondo cui i poteri della mente hanno una posizione di privilegio rispetto a quelli delle sensazioni. Invece di associazione mentale si parla di organizzazioni, processi, di controlli, di regole, di euristica, di grammatiche, di strategie, di ipotesi. Negli anni ’50 si sviluppa una ‘battaglia per la percezione’ che trovò compimento nel movimento New Look (terminato fine anni ‘60) la teoria della percezione ha soppiantato quella dell’apprendimento diventando una psicologia sociale. B. si fece sostenitore della continuità tra l’attività percettiva e quella concettuale, apprezzò anche le idee di MM sul valore del materiale strutturato per lo sviluppo logico-scientifico del fanciullo. Su questa scia fece delle sperimentazioni che segnarono svolte psico-pedagogiche: chiese ad un gruppo di ragazzi di 10 anni (metà benestanti e metà umili) di provare ad indovinare le dimensioni di monete eguagliando il diametro con una macchia di luce proiettata i bambini sopravvalutavano la grandezza tanto più era maggiore il loro valore e i + poveri sovrastimavano la grandezza di valore > + dei ricchi dimostrando l’attribuzione a stati interni del controllo dei comportamento dell’essere umano anziché a situazioni esterne. Percezione visiva e psicologica iniziano a legarsi a fattori di personalità, infatti in stati di forte attivazione emozionale (ansia, preoccupazione, gioia) la percezione risulta influenzata e direzionata dai labirinti emozionali che portano ad aspettative e interpretazioni del mondo personali e forse circoscritte ad un determinato arco temporale la psico del soggetto risulta importante. Tuttavia non fu soddisfatto pienamente della teoria del NL perché era assente una teoria della percezione valida in sé e per sé e che includesse problemi della difesa dell’io. Ciò lo portò ad indagare su altro, alla svolta verso la mente. Verso orizzonti di senso possibili e sfide pedagogiche utopiche 46 Nella fase di rinnovamento di matrice psicologica prese piede il concetto di interdisciplinarietà che portò ad Harvard alla scissione del Dipartimento di Psicologica perché un’ala aderì alla sociologia e all’antropologia sociale costruendo un Dipartimento di relazioni sociali a cui prese parte B. anche se dopo si pentì perché la il cuore della psico era scisso e non unificato in un settore specifico. Così propose di avviare un progetto di ricerca cognitiva e a dedicarsi allo studio del pensiero e del suo sviluppo, vedeva nell’uomo un elaboratore di informazioni all’interno di un processo cognitivo nel quale i dati esterni (ambientali ed esperienziali sono superati dall’inferenza o dalla creatività). Nasce il Centro per gli studi Cognitivi condiviso con lo psico Miller e in cui operavano psico, linguisti, filosofi, matematici, antropologi e psichiatri perché non ci può essere una divisione permanente nello studio della mente. Da quel momento in poi tutta l’attenzione si è rivolta alle scienze del comportamento e cognitive, elaborando delle teorie dell’apprendimento, approdando poi ad una propria metodologia educativa; che poneva l’attenzione sul modo di fare narrazione e sul linguaggio che ne consegue, strumenti per dar forma al pensiero. Ritiene che il pensiero narrativo rappresenti una particolare modalità cognitiva di organizzare l’esperienza, un modo per rappresentare gli eventi e trasformarli in oggetto di analisi e riflessione. È diversa dal pensiero razionale che ricerca la verità e che costituisce leggi fisiche e matematiche. Non ha mai tralasciato il principio dell’interdisciplinarietà. Le teorie di sviluppo della mente furono tracciate da Piaget e Vygotskij anche se erano diversi per molti aspetti da Bruner: differenze sulla concezione dell’intenzionalità, come precedente la capacità di compiere l’atto, e posta come molla dello sviluppo dentro il sogg. stesso e non entro le strutture. Mentre Bruner sostiene che la cultura forma la mente degli individui perché è intrinseca agli individui e non è qualcosa che si sovrappone alla natura umana. In questa prospettiva l’adulto assume il ruolo di impalcatura dello sviluppo: con il termine scaffolding Bruner usa questa metafora per indicare l’intervento di una persona più esperta che aiuta una meno esperta ad effettuare un compito. È un’azione di sostegno che necessita di una verifica costante che la renda adeguata e rispondente ai reali bisogni ed ai livelli di competenza raggiunti da chi apprende. Il termine si richiama al concetto, di Vygotskij, di zona di sviluppo prossimale con il quale non solo ci si apre ad un’idea di sviluppo individuale del soggetto ma si pongono le basi solide per un’idea di apprendimento personalizzato ed individualizzato attento ai bisogni specifici di chi apprende. Grazie alle sue riflessioni si passa dalla psicologia alla pedagogia e dalla pedagogia alla pedagogia speciale attraverso una strategia didattica che promuove l’interazione, sostiene il dialogo comunicativo personalizzandolo su interessi e capacità di chi apprende, ponendosi come sostegno attivo e strutturante. Il sostegno del formatore è adeguato se sarà sensibile a modulare lo scambio con il discendente, caratterizzato da momenti di attività e di pausa in entrambi. The process of educationi (1960) lo ha consacrato agli studi di natura pedagogica. Era lontano però dalla pedagogia americana che aveva privilegiato l’esperienza sulla ragione e la metodicità sull’intuizione. Per B la matematica, la fisica, storia e letteratura sono metodi che la mente deve utilizzare piuttosto che solo fonti di conoscenza. Il successo è determinato dal periodo in cui le funzioni dell’istruzione venivano ampliate da nuove tecnologie post-industriali. 47 contesti e teorie avviene solo attraverso l’esperienza. vede l’apprendimento come immersione in ogni tipo di esperienza e parla di principio di esternalizzazione  l’importanza di costruire opere che siano testimonianza del lavoro mentale eseguito, che rendono una rappresentazione oggettiva dei pensieri e accessibile la riflessione su di essi: l’esternalizzazione libera l’attività cognitiva dal suo carattere implicito, rendendola più pubblica, negoziabile e solidale. Al tempo stesso la rende accessibile per la successiva riflessione e metacognizione. Il 1° strumento da utilizzare per un approccio intersoggettivo delle cose sono le parole con cui la cultura entra nella mente ed ingloba elementi pluralistici che proseguono oltre l’esperienza individuale. Bruner ha lavorato sulla lettura condivisa di libri di figure come situazione interattiva dove si pone il bambino nella condizione di narrar-si poiché l’intreccio tra metafore, esperienze, racconti e linguaggi altri è matrice di un momento evolutivo, in cui il genitore può comunicare sia le conoscenze sulle cose sia il modo in cui avvengono. Il sé individuale incorpora elementi pluralistici che vanno oltre l’esperienza individuale. La narrazione tra significati, simboli e miti La creazione di un mito è una funzione primitiva e universale della mente umana quando ricerca una visione più unificata dell’ordine del cosmo, dell’ordine sociale e il significato della vita individuale, sia per la società che per il singolo come funzione generatrice irrinunciabile. Anche l’antropologia si è occupata di questi sistemi narrativi in termini linguistico-semiologici come Levi- Strauss nel saggio Mito e significato (1980)  il mito non è puro frutto della fantasia: l’uomo osserva la realtà e usando le proprie facoltà mentali ne fornisce una spiegazione. È un modo lontano dalla logica scientifica: ma l’obiettivo non è comporre la realtà e conoscerla negli elementi che la compongono, ma la comprensione generale e totale dell’universo. Per L-S accanto ad una facoltà logica vi è una narrativa che cerca un senso a tutte le situazioni che sfuggono alla nostra logica e permette di immaginare orizzonti che superano il reale. Il pensiero narrativo si riproduce nel tempo e L-S ne trova 4 categorie di codice del mito: - Geografico e Tecno-economico  che si traducono con la realtà - Cosmologico  sfugge la realtà - Sociologico  intreccia istituzioni reali e immaginarie L’atto del narrare è l’archetipo per le azioni e rituali compiuti dagli uomini nelle culture arcaiche che servono a livello di scambio sociale perché emergono punti di intersezione fra diverse culture e sono espressi come linguaggi di confine. Tramite il racconto i gruppi sociali si sentono in contatto fra loro: la narrazione connette ciascuna persona al suo mito famigliare e ne permette il riconoscimento in un quadro più ampio rispetto alla situazione particolare che ci si trova a vivere. Il pensiero narrativo è aperto all’influenza delle situazioni comunicative di volta in volta diverse, i suoi contenuti e il suo linguaggio sono plastici, modificabili nel tempo e spazio e stimolano la creatività delle diverse rielaborazioni. Con B si evidenziano 2 tipi di pensiero; paradigmatico (verità scientifica) e narrativo basato sul criterio della verosimiglianza e che presenta le caratteristiche del racconto, tramite il quale è possibile ricondurre a unitarietà e dare senso alle vicende personali. È grazie ai racconti che si apprende e arricchisce l’esperienza. la narrazione è la modalità 50 conoscitiva per eccellenza perché non è solo ricostruzione a posteriori dell’esperienza ma fornisce format e schemi di esperienza che sono fondamentali per l’atto di costruzione del significato. La narrazione è uno dei meccanismi piscologici fondamentali perché da unità al disordine e un significante a ciò che non comprendiamo immediatamente. È grazie alla struttura narrativa che B sviluppa una mediazione tra le 2 correnti cognitiviste del suo tempo: - Computazionalismo che studia l’elaborazione delle informazioni finite, codificate e non ambigue - Culturalismo la teoria secondo cui la mente non esiste senza una cultura, sistema simbolico condiviso. Per B l’essere umano organizza l’esperienza in forma narrativa perché risponde al bisogno di ricostruire la realtà dandole un significato specifico a livello temporale o culturale. Ogni individuo sente il bisogno di definirsi come soggettività dotata di scopi e intenzionalità e ricostruisce gli avvenimenti della propria vita in modo tale che siano in linea con l’idea di sé. Il pensiero logico- scient e narrativo sono complementari perché possiamo raccontare la scienza e possiamo scientificamente conoscere le strutture del racconto. Il genere narrativo permette attraverso il coinvolgimento emotivo del lettore un identificazione con i vissuti del protagonista e trae per esempio il riconoscimento di situazioni o strutture familiari, il piacere di vivere delle situazioni rassicuranti piuttosto che fantastiche e avventurose, l’identificazione empatica, l’acquisizione di conoscenze sempre nuove ed edificanti—> il p.n. come generatore di verità universali. Ma il saper narrare non è una dote innata ma va sviluppata attraverso 2 punti: - La conoscenza che ogni bambino deve avere relativa alle fiabe e ai racconti tipici della propria tradizione culturale - La convinzione che il raccontare storie sviluppi la capacità immaginativa offrendo in questo modo strumenti atti a costruire in futuro scenari della propria vita. Le ricadute e le prospettive didattiche del pensiero bruneriano L’eredità di Bruner fonda una delle metodologie più diffuse Discovery Learning (apprendimento per scoperta) come modello didattico per l’apprendimento delle scienze e delle implicazioni per un’educazione scientifica. L’obiettivo non è memorizzare la conoscenza ma aiutare gli studenti ad acquisire le attitudini, le abilità e le conoscenze scientifiche per comprendere il mondo che li circonda e per risolvere i problemi. Ha portato dunque a movimenti come imparare come imparare e imparare facendo  allo studente non viene fornito nessun materiale didattico finale perché il suo materiale risiede nella ricerca autonoma e graduale, con l’intendo di sapere andare oltre le informazioni fornite, originando nuove idee e risolvendo problemi o conflitti per se stessi. B crede che l’apprendimento si raggiunga attraverso la scoperta della persona che è mossa dalla curiosità perché l’essere umano è portato a conoscere in quanto dotato di capacità di autoregolazione che viene messa in moto applicando sistemi cognitivi che influenzano aspetti emotivi, affettivi e sociali. Se la scoperta del singolo non porta sempre ad un benessere collettivo, comunque arricchirà se stesso e se c’è un errore, l’errore commesso porta allo sviluppo di nuove ipotesi. Le sue teorie mostrano un bambino inserito nel contesto dell’azione, che gioca ed esplora il suo ambiente ed esercita le sue routine modulari per il 51 raggiungimento della competenza nel suo ambiente perché ha un vero impulso ad applicare e variare le sue azioni per risolvere i problemi motori: impara, percepisce e comunica con tutto il suo corpo e la sua cognizione è estesa agli altri e all’ambiente. Le azioni coincidono con la sua conoscenza e la conoscenza è nelle sue azioni. Esplora attraverso cicli di percezione-azione dove queste si influenzano a vicenda perché corpo, mente e ambiente sono in relazione e B parlerà di enattività (teoria dell’enazione nata sotto lo studio di scienziati cileni Maturana e Valera che si rifà al termine che indica produrre sul palco) in un articolo dove ripartisce la rappresentazione mentale sottesa allo sviluppo cognitivo del bambino in: - enattiva (basata sull’azione) - Iconica (immagini) - Simbolica (linguaggio) Il Cervello è plasmato dalle esperienze e dalle conoscenze acquisite nel rapporto con il mondo, confermando l’intreccio tra stimoli ambientali e quelli dell’interno del corpo e che crea rapporto interdipendente come struttura della nostra mente. Così si può intervenire in modo funzionale sulle esperienze di apprendimento attraverso l’educazione, sancendo la nascita della Neuro- pedagogia (Kendal conduce i primi espe sulle basi bio dell’apprendimento). il linguaggio, la memoria, l’azione e la volontà si incarnano nelle strutture bio della mente attraverso i processi d’apprendimento. La percezione del proprio corpo che avviene per stadi successivi durante l’età evolutiva attraverso sensazioni tattili, cinestetiche, visive e uditive è funzionale allo sviluppo delle competenze di scrittura e di lettura. Ciò permette di promuovere il cambiamento di processi mentali perché a partire da queste basi scientifiche si sviluppano molte attività di recupero, sostegno e potenziamento in soggetti Dsa o Bes per realizzare percorsi personalizzati e garantire il successo nell’apprendimento. Conclusioni Gli Human Beings sono sempre stati al centro della sua attenzione: l’interesse per gli esseri umani, considerati non nella lore individualità, sia pur apprezzati nella loro singolarità, ma come membri di una cultura da cui sono narrati e che è possibile trasformare attraverso nuove narrazioni sociali. “Dove si trova la conoscenza?” è la domanda che si pone Bruner in La ricerca del significato (1990), e la risposta è da ricercarsi negli atteggiamenti dei singoli, nelle relazioni che sin da bambini costruiamo con gli ambienti circostanti. CAPITOLO 1: LA MISSIONE DELL’ISTRUZIONE. PROBLEMI PEDAGOGICI NELLA SCUOLA CHE CAMBIA I FINI DELL’EDUCAZIONE NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA La nuova società è segnata contrasti che sono dovuti a fenomeni di arretratezza o per uno sviluppo non programmato. Anche l’industrialismo evolutivo ha portato a fenomeni come: la massificazione, il livellamento generale da cui deriva il conformismo, la spersonalizzazione o l’alienazione. In questa situazione ci si chiede la scuola a quali valori debba ispirare, affinché ciascun individuo possa vivere responsabilmente le esperienze del tempo, 52 UNA BUSSOLA PER LA SCUOLA - educazione al tempo libero; - educazione ai valori. I valori non si possono imporre: solidarietà, benessere e anche bellezza (cura dell’arte e del paesaggio), oltre alla tensione empatica degli altri, sono valori di cui ognuno deve fare esperienza personale e solo su questa poi decide di accettarli o respingerli. La scuola deve far scoprire quali sono i valori che permettono una buona qualità di vita e che si possono assumere come criteri di condotta.  educazione ai valori. DA UNA RIFORMA A UN’ALTRA: I PROBLEMI ANCORA APERTI Il concetto di dispersione scolastica sta assumendo il significato di chiave di lettura della qualità del servizio scolastico. Vi è un insieme di fattori negativi, scolastici ed extrascolastici, che possono portare disagi, demotivazione, disturbi nel processo di formazione degli alunni. Bisogna individuarle, analizzarle e mettere in atto strategie per lottare contro la dispersione. La dispersione scolastica invece di affievolirsi con i provvedimenti si è accentuata in interi gruppi sociali perché vivono esperienze molto distanti tra loro. Oggi i tassi sono alti soprattutto dopo il biennio del liceo e bisognerebbe utilizzare risorse europee. La battaglia è efficace quando si lavora dai primi anni del percorso formativo; perché si possono recuperare dislivelli sociali e culturali. Si lavora a rafforzare le competenze di base linguistiche e matematiche per riuscire a prevenire percorsi stentati, ripetenze e abbandono. Bisogna aumentare il numero di insegnanti e ore di lezione; ma per questo servono soldi, ma è anche quello che continua a chiedere l’Agenda europea. Infatti i paesi ue nella Strategia di Lisbona si proponevano entro 10 anni di rendere UE l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Nella scuola ci sono state tantissime norme che volevano ridarle slancio come la Legge Gui del 1962 per la scuola media. Il ministro Fioroni nel 2007 disponeva l’elevamento dell’obbligo scolastico, l’innalzamento delle competenze di base, lo sviluppo/verifica degli orientamenti e delle propensioni di ciascuno; ma anche l’abbattimento degli abbandoni. Il tutto con una didattica capace di valorizzare le attitudini cognitive e le aspettative dei ragazzi. Il ministro sapeva di una didattica che doveva valorizzare le attitudini cognitive e lasciava intendere che la didattica non si pratica e che se non si pratica produce demotivazione, insuccesso e abbandono. La scuola presenta carenze di base, difficoltà a insegnare, fatica ad apprendere e insofferenza verso le più semplici regole di convivenza. L’offerta formativa non deve intercettare, come alcuni sostengono, la nuova cultura giovanile ma semmai il contrario, tutte le culture giovanili devono guardare alla profondità e ricchezza dei saperi fondanti come alla loro fonte di ispirazione e di elaborazione creativa. Esistono diverse tipologie di ragazzi; quelli che entrano senza orientamento, disorientati o quelli con conoscenze di base che se la cavano, a questi bisogna dare una chance affinché non si disperdano. Dunque l’orientamento diventa sempre più un processo di educazione alla scelta e si affermano concetti come autoeducazione e auto-orientamento. Compito che spetta alla scuola, fornire competenze che possano fargli affrontare in maniera concreta e responsabile la sua scelta. Un processo 55 continuo che lega la formazione con l’orientamento e si consolida il rapporto tra processo evolutivo permanente e percorsi di maturazione persona. È impossibile realizzare interventi legati a eventi unici, ma bisogna mettere a disposizione più metodologie per sviluppare nel soggetto delle competenze orientative. Prima di Fioroni ci fu il ministero Moratti che valorizzava la formazione professionale con la legge n.53/03 che formulava il diritto-dovere all’istruzione e formazione. Dopo Fioroni ci fu la Gelmini che ripristinò il voto in condotta e fece dei tagli sui finanziamenti. Succeduta da un governo tecnico che continua quello precedente… UNA CHANCE PER L’INCLUSIONE Il Bisogno Educativo Speciale (BES) è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e di apprendimento, espressa in funzionamento problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale e che necessita di un educazione individualizzata. La direttiva ministeriale 27.12.2012 e la Circolare ministeriale n.8 del 6.3.2013 intervengono presentando gli alunni che hanno bisogno di particolare attenzione: - certificati legge 104/92; - DSA e disturbi evolutivi specifici (deficit di linguaggio e abilità non verbali, della coordinazione motoria, deficit dell’attenzione e iperattività…) - Svantaggio economico, culturale, sociale e linguistico; - Stranieri. Dal 2010 sono entrate in vigore le ‘Nuove norme in maniera di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico’ definite dalla L. 170/2010 che riconosce la dislessia (difficoltà nell’imparare a leggere e decifrare segni linguistici, correttezza e rapidità di lettura), disgrafia(difficoltà nella realizzazione grafica), disortografia (difficoltà nei processi linguistici di transcodifica), discalculia (difficoltà negli automatismi di calcolo ed elaborazione dei numeri) come DSA che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per attività della vita quotidiana. Interessa circa il 3-5% degli alunni a cui devono essere sottoposti percorsi personalizzati. Inoltre la legge 170/2010 sottolinea che l’azione educativa non può essere delegata ad altre figure specializzate (insegnanti di sostegno), ma in carico a docenti curricolari. Il diritto allo studio per DSA garantisce: - Una didattica individualizzata; - Strumenti compensativi di una debolezza funzionale per facilitare l’esecuzione del compito; - Misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini dell’apprendimento. Nel 2011 è stata emanato il decreto che conteneva le linee guida per i docenti, traducibili nella prassi d’insegnamento. Nel 2012 è stato sancito dalla Conferenza Stato-Regioni un accordo sulle procedure di certificazione DSA. Sono stati assegnati ai nuovi Centri territoriali di supporto (CTS) compiti relativi alle tematiche dsa; oltre ai 2 operatori per la disabilità ne è stato aggiunto uno per la dsa. Sono stati previsti incontri più 56 frequenti con i genitori di alunni dsa e un coordinamento dell’azione educativa anche in famiglia. Un ragazzo con difficoltà di lettura si trova indietro di due anni scolastici rispetto ai suoi coetanei. La disgrafia e la disortografia comportano scambio e inversioni di lettere, lentezza, errata direzionalità della scrittura, inesatta legatura dei segni e delle parole, errato uso dello spazio sul foglio… La dislessia ecc.. possono essere associate anche a disprassia, disritmia e questo mette a rischio lo studio di tute le discipline; anche perché l’alunno impara a leggere e scrivere e fare operazioni matematiche, ma a costo di un autocontrollo esasperato. E il loro disagio viene interpretato come scarso impegno e pigrizia, crescendo trovano strategie di compensazione più o meno adeguate e commettono pochi errori, ma non raggiungono un profitto scolastico commisurato alle loro potenzialità, sia per insuccessi ma anche per la scarsa fiducia di sé. La legge 104 tutela handicap ma non dsa, anche se non sono uguali. Gli studenti hanno diritto a una diagnosi specialistica che accerti le qualità e la quantità del disturbo, i punti forti e deboli. Il primo sospetto deve sorgere negli insegnanti e genitori. Le misure di supporto devono essere sia sul piano umano relazionale e a livello educativo-didattico. Non si tratta di abbassare il livello, ma di concentrare il lavoro sull’essenziale, concedere modalità di gestione dei codici scritti, di diversi stili di apprendimento e di gratificare gli sforzi e non i risultati. Impossibili da rispettare sono i tempi di dettatura; devono esserci misure compensative come pc, calcolatrice, registratore, videoscritttura, tavola di tabelline ecc… il materiale scritto deve essere chiaro e sintetico ed il fattore di tempo è meglio gestibile in una situazione didattica di tipo non frontale, nell’attività di piccolo gruppo. Le misure devono essere monitorate per vedere i risultati e le forme di verifica non devono mettere l’alunno in svantaggio rispetto agli altri. CAPITOLO 2: DALLA BUONA SCUOLA A UNA SCUOLA BUONA LA LEGGE 107/2015 A fine agosto 2014 viene pubblicato un documento la Buona scuola da sottoporre ad un’ampia consultazione e nel 2015 lo stato annuncia l’arrivo di un decreto. L’azione riformatrice mira a trasformare la scuola in un’azienda dove il manager preside gestisce autonomamente, trovando finanziamento, definendo obiettivi formativi sulla base dei quali sceglie gli insegnanti ed inoltre si prevedeva l’assunzione dei precari. La legge 107 del 13 luglio 2015 ha tra i suoi fini l’autonomia per migliorare i livelli d’istruzione e le competenze che gli studenti, rispettando i tempi e gli stili d’apprendimento (comma 1). Questo serve per contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, a prevenire la dispersione scolastica e per rendere la scuola un laboratorio di ricerca e innovazione didattica, di partecipazione ed educazione alla cittadinanza attiva. Nel comma 2 si definisce che le istituzioni scolastiche devono prendere decisioni con la partecipazione degli organi collegiali per il miglior impiego delle risorse e delle strutture coordinandosi con il contesto territoriale. Quindi sia per il potenziamento dei saperi e delle competenze, sia l’apertura della comunità scolastica al territorio e coinvolgendo le realtà locali. Nel 3 comma sono segnati gli obiettivi: 57 Per accedere al ruolo, dopo la laurea passeranno almeno 4 anni, se non di più; anche perché il concorso è bandito sulla base dei posti vacanti e disponibili della scuola 2ndaria. Il percorso FIT al quale si accede secondo l’ordine di graduatoria di merito del concorso; nel 1 anno si consegue una specializzazione e nel biennio che segue sono previste attività di formazione e tirocinio, oltre alle supplenze, ma non superiori di 15 gg nell’ambito territoriale di appartenenza. Nel 3 anno il corsista presta servizio sui posti vacanti e disponibili nell’ambito territoriale. I vincitori sottoscrivono un contratto triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento e la retribuzione del biennio è in base alle supplenze, mentre nel triennio come un incarico annuale. Anche se risulta carente avere una formazione universitaria totalmente estranea all’insegnamento e poi aggiungere un corso abilitante; anche perché essere insegnante non è il frutto della somma di cultura accademica e pedagogica, ma piuttosto una riflessione sulla cultura e sul sapere pensando alla valenza che questo sapere e cultura hanno ai fini educativi. Ciò implica una competenza psicopedagogica, di natura didattica che non si acquisisce ripetendo le tematiche disciplinari già studiate all’università, un pedagogismo astratto dal fare scuola. Serve un lavoro profondo sul sapere, finalizzato a scopi educativi; il che significa avere anche un curricolo verticale perché non è la stessa cosa dal pov educativo dai 3 ai 19 anni. Ci dovrebbero essere gruppi di ricerca in continuo dialogo con insegnanti formati e da formare, in modo da costituire un pov di riferimento; non servono solo lezioni di didattica ed epistemologia, ma percorsi didattici in cui aspetti disciplinari, storici, epistemologici siano inseriti dentro il tessuto stesso della proposta, che ispirino le dinamiche relazionali di alunno-alunno e alunno-insegnante. Isabella Milani da consigli pratici per educare bisogna percorrere 2 linee parallele: 1. Insegnare a capire com’è il mondo e come ci si deve comportare per vivere bene con se stessi e altri; 2. Insegnare a capire come dovrebbe essere il mondo, fornire un insieme di idee, convinzioni, concetti educativi forti che permettano di difendere e contrastare i messaggi negativi e diseducativi che provengono dall’ambiente esterno. Il rischio è che il percorso sia lungo e con diverse tappe con valutazioni intermedie e ridondanti. Il DL conferma tutti gli aspetti di criticità sull’inclusione e il sostegno: le modalità di certificazione della disabilità e di assegnazione delle risorse sono burocratizzate e viene marginalizzato il ruolo pedagogico della scuola.  operazione che giustifica il taglio delle risorse senza garanzia di continuità educativa. La scuola risente della tradizione elitaria precedente perché considera il sapere come ascensione e iniziazione, anche se dagli anni ’60 sull’inclusione si erano fatti passi avanti, ma il DL 2017 fa dei passi indietro rispetto all’Atto di indirizzo del 1994. 1. Burocratizza le procedure di accesso al diritto alla prestazione didattica. La certificazione è rilasciata dalle Commissioni mediche secondo parametri dell’ICD (international Classification of Diseases) adottati dall’OMS. Il Profilo di funzionamento, redatto dall’Unità di valutazione multidisciplinare, sostituisce la Diagnosi funzionale e il Profilo dinamico funzionale previsti nell’Atto di indirizzo. È stilato su parametri 60 clinici dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability Health) adottato dall’OMS, secondo un modello bio-psico-sociale che può limitarsi a certificare la patologia senza dire il grado di gravità e conseguenti dispositivi didattici per l’inclusione. Il Profilo in sostanza predetermina la quantificazione delle risorse e la natura degli interventi e i genitori svolgono solo una generica collaborazione. 2. Marginalizza il ruolo della scuola, privilegiando gli aspetti organizzativo gestionali dei processi di inclusione. Vengono fatti nuovi gruppi di lavoro: GLIR (gruppo di lavoro interistituzionale Regionale) composto da unità dell’Amministrazione e dell’Ente Locale+ le associazioni rappresentative con una generica formula di ‘partecipazione paritetica’; il GIT (gruppo per l’inclusione territoriale) è l’organismo che gestisce il passaggio fondamentale: valuta e verifica le proposte di quantificazione delle risorse formulate dal dirigente scolastico per poi presentare le relative proposte di organico all’USR, terminale amministrativo che le assegna ed è composto da dirigenti amministrativi e scolastici+ 3 docenti (infanzia, primaria e secondaria). I rappresentanti degli Enti locali e associazioni sono tenuti fuori dalla fase di valutazione e verifica per l’assegnazione di risorse. Il GLI (gruppo di lavoro per l’inclusione) attivo in ogni scuola che si occupa di aspetti organizzativo- gestionali: supporta il collegio per l’elaborazione del Piano Inclusione e il Consiglio di classe per la stesura del PEI. 3. Separa i percorsi dei docenti di sostegno da quelli curricolari 4. Non garantisce le condizione per una continuità didattica ed educativa perché non prevede interventi di sistema sula composizione dell’organico. RIPENSARE IL PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA (PTOF) La legge 107 stabilisce che il piano dell’offerta formativa sia triennale e ne attribuisce l’elaborazione al Collegio docenti e l’approvazione al Consiglio d’Istituto, poste dal Dirigente scolastico le scelte di gestione e di indirizzo. Non è semplice costruirne uno che abbia come destinatari famiglie e studenti, insegnanti e ATA che si proponga come somma delle attività e dei fini della scuola, che espliciti i principi ispiratori di riferimento e che escluda un semplice elenco di progetti, che coniughi la componente ideativa con l’effettiva prassi e con i supporti finanziari collegati con la progettualità. Dal pov teorico ci sono due modelli di riferimento: - Un modello più hard in cui prevedibilità, programmabilità, monitoraggio e valutazione hanno una funzione regolativa. Un percorso molto rigoroso con obiettivi precisi e molto strutturato nelle azioni e nei processi; - Un modello più soft che tiene conto dell’imprevedibilità, connotando la progettazione come una continua ricerca e ridefinizione. Un sistema aperto e disponibile ad accogliere l’imprevisto. Nella prassi non si può fare conto di uno solo ma mediare attraverso l’analisi della situazione. Tuttavia in molte scuole in cui non si è sviluppato un contesto di ricerca diffusa è utile avere una fase più regolativa della progettazione. L’analisi sui punti di forza ha consistenza solo se si hanno chiari alcuni punti di riferimento su cui esercitare l’attenzione e il miglioramento, le finalità e i punti di direzione. Pensare per il PTOF significa chiarirsi e chiarire alcune questioni fondamentali che sono alla base di un’attività formativa corretta: 61 1. il patto formativo tra studenti e scuola; diritti e doveri per gli studenti; contesto educativo ottimale; 2. gli impegni e i doveri per gli insegnanti nell’utilizzare metodi e strumenti motivanti, nell’essere solleciti e trasparenti nella valutazione, nell’impegno nei confronti dei più fragili; 3. scelte curricolari e la loro organizzazione; 4. l’attenzione alle attività di sostegno e recupero per contrastare l’abbandono; 5. criteri di verifica e valutazione condivisi e utilizzati con forme trasparenti per alunni e genitori; 6. criteri di formazione delle classi per evitare ghettizzazione e privilegi; 7. assegnazione dei docenti alle classi, in cui si privilegia l’interesse degli studenti rispetto a quello dei docenti; 8. progetti speciali di tipo formativo generale (scambi con l’estero, teatro, relazioni con il mondo del lavoro) il rinnovamento passa anche attraverso l’ambiente, sui modi e sul clima di apprendimento. Ad esempio compattare le ore di alcune materie evitando la frammentazione di una disciplina insegnata un’ora per volta in più giorni, consentendo una collocazione oraria con tempi più lunghi semmai per due volte a settimana. Queste soluzioni, oltre a consentire tempi più distesi e idonei per lo studio, abbattono la pratica dell’insegnamento tradizionale lezione frontale/spiegazione/ interrogazione, stimolando l’insegnamento di taglio laboratoriale in cui il tempo lungo da impiegare si occupa in pratiche di ricerca, di studio guidato, di esercitazioni con netto miglioramento degli esiti. Inoltre sarebbe opportuno ipotizzare spazi orari da sfruttare modularmente a seconda della programmazione delle attività e utilizzare la flessibilità del 15%, destinandola a forme di recupero o sostegno allo studio, che possono rivelarsi più produttive dei recuperi pomeridiani. Insomma, l’organizzazione dei tempi va pensata evitando improduttività e violenze cognitive. Gli spazi sono caranti le strutture dell’edilizia scolastica e rappresentano un vincolo per l’innovazione. Ci potrebbe essere la strutturazione di un’aula laboratorio di musica, storia dell’arte o geografia in cui confluiscono le classi. L’insegnate attrezza l’aula con gli strumenti necessari e non va nelle classi che non sono attrezzate. Oppure spazi di studio attrezzati con materiale digitale è un impulso allo studio che non passa solo attraverso il libro. Un curricolo rinnovato prevede che si lavori per temi e spazi funzionale all’apprendimento con alcune direttive: 1. costituzione di un gruppo di lavoro che traduce le richieste o ipotesi di lavoro dei dipartimenti in strutture organizzative che ne consentano la realizzazione; con attenzione a spazi, tempi, questione di organico; 2. prevedere forme di riorganizzazione di orario con unità diverse dalle tradizionali, periodizzando alcune discipline; 3. promuovere il confronto con altre scuole e altre esperienze estere; 4. importante l’impegno nello smussare diffidenze di docenti imbozzolati in nicchie di comodo. TUTTA UN’ALTRA SCUOLA Si deve partire, come sostiene Massimo Baldacci, da un’idea di scuola concreta, i cui intenti etico-sociali debbono riguardare una effettiva formazione culturale e di cittadinanza, elaborata in rapporto allo scenario storico-sociale 62 fondamentale è aumentare il livello di partecipazione. Gli alunni devono essere protagonisti e recitare un ruolo da comprimario. ciò consente alla persona di sentirsi soggetto della propria educazione e della propria salute e non subire azioni e progetti pensati da altri; a volte l’Ente locale entra nella scuola con progetti già definiti e che risultano essere poco produttivi. Scuola come luogo di educazione: L’educazione è un insieme di valori trasmessi e condivisi, è dare fiducia, far sentire il discente una persona unica e, in quanto tale, eccezionale, pur con i suoi punti di debolezza Don Milani ricorda che l’educatore deve prendersi cura degli altri, ma per essere educatori bisogna avere chiari gli obiettivi. Il Rapporto Delors (1997) raccomandava ai governi e alle scuole di attuare un’educazione che puntasse a 4 fondamenti: a) imparare a conoscere: b) imparare a fare; c) imparare a vivere insieme (stare con altri); d) imparare a essere. E se la scuola riuscisse a fare questo, tutta la società avrà un miglioramento. Inoltre bisogna fare un sistema anche con gli altri attori dell’educazione: a famiglia, la comunità, il territorio, le altre agenzie educative, ecc., possibilmente mantenendo ben salda la regia educativa degli interventi programmati nella scuola, senza, però, rinunciare a contribuire alla buona riuscita di tutte le altre azioni formative che si svolgono fuori. Scuola come luogo di relazione: alla scuola di oggi e domani sono richieste competenze relazionali sistemiche e quindi sono da attivare diversi livelli di cooperazione; superando la relazione docente-studente e integrando altre forme di relazione tra insegnati-famiglie, insegnanti-insegnanti, dirigente-docenti e tra comunità scolastica ed extrascolastica. Ci si aspetta un insieme di attività e relazioni perché occupa una posizione all’interno della società e anche perché si fa parte di una comunità scolastica. Le competenze disciplinari devo essere accompagnate da capacità comunicative e gestionali, di incontro e scambio di idee familiari, culturali e sociali. Possedere competenze relazionali significa offrire una cultura per distinguere, contestualizzare, globalizzare, affrontare problemi multidimensionali, globali e fondamentali; educare alla comprensione dell’uomo, alla diversità e solidarietà e alla cittadinanza attiva. Tutto ciò richiede fiducia, collaborazione e flessibilità, dunque anche le relazioni in un contesto scolastico devono essere complementari: possibile solo se ciascun componente è coinvolto attivamente nello sviluppo di idee, concetti e progetti che riguardano la scuola e la sua funzione formativa. ciò riguarda anche la famiglia, gli Enti locali, il personale ATA ecc… nel comune ruolo educativo e supporto reciproco, tramutandosi in supporto a più livelli, migliorando anche il rendimento scolastico. Questa competenza si sviluppa in un apprendimento globale, scolasti e comportamentale, sociale ed emotivo nella prospettiva della responsabilità comune verso l’educazione e la socializzazione. LE COMPETENZE DEI DOCENTI Per una formazione rinnovata della scuola è necessario che il docente abbia una formazione continua; ma quali competenze di cittadinanza deve possedere, dal momento che le stesse devono essere trasmesse all’allievo? 65 Imparare a imparare: la formazione continua del docente ha alla base l’idea dell’imparare a imparare organizzare il proprio e l’altrui apprendimento attraverso propri tempi, non dimenticando che la formazione è un percorso che coinvolge a 360°. Questa formula vale sia a livello individuale che per il lavoro di gruppo; per cui qualsiasi soggetto in formazione è connesso a ognuno degli altri attraverso un’espansione multidirezionale. Progettare: il docente deve far propria la competenza della progettazione saper elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppo delle proprie attività di studio e di lavoro utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi realistici. Deve pianificare il proprio intervento sulla base di un dato reale in modo tale che siano applicabili ai tempi, spazi, rapporti con l’esterno, alle risorse professionali… La cultura della progettazione è legata all’autonomia scolastica perché questa è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale. Il docente deve progettare continuamente percorsi formativi innovativi, consolidati attraverso la metodologia della ricerca/azione che non possono prescindere dal rapporto con gli altri docenti e con le comunità locali. Deve saper costruire delle reti che integrano diversi linguaggi di interpretazione del reale, le procedure logico-matematiche per affrontare problematiche, la corrispondenza della tecnologia a problemi concreti con soluzioni appropriate e la partecipazione responsabile alla vita sociale che permette di ampliare gli orizzonti culturali nella difesa dell’identità storico-personale. Comunicare: deve essere in grado di cogliere gli effetti pragmatici della comunicazione e il processo di acquisizione delle regole della stessa. Deve saper comprendere i messaggi di natura diversa degli allievi e dell’ambiente e a comunicare sia in forma orale che scritta nelle diverse situazioni. È chiamato a ricercare, raccogliere ed elaborare le molteplici informazioni per aprire un colloquio critico in cui analizzare le realtà a partire dei problemi comunicativi di questa. Tutto questo è perché la lingua impatta sugli altri e si deve usare in modo positivo e responsabile. Il linguaggio fa sia competenza che cittadinanza e al docente gli si chiede di : 1. possedere un linguaggio comunicativo, sociale, ampio e ben organizzato sia per rigore logico che argomentativo; 2. possedere linguaggi culturali specifici per generare competenze critiche, riflessive e innovative; 3. possedere una coscienza metacognitiva sui linguaggi su modelli, usi, gerarchie per rispondere alle lingue che rimandano a culture diverse. Con la comunicazione si manifestano e decodificano concetti, idee, sentimenti, avvenimenti scritti e orali e si interagisce sul piano linguistico in ambito culturale e sociale. Nella Raccomandazione del Parlamento e Consiglio europeo si tracciano a grandi linee gli orientamenti teorici, indicando le conoscenze, abilita e attitudini da sviluppare della comunicazione nella madre lingua. La competenza comunicativa risulta dall’acquisizione della madrelingua che è connessa con lo sviluppo della capacità cognitiva dell’individuo di interpretare il mondo e 66 relazionarsi con gli altri. Presuppone che sia a conoscenza del vocabolario, della grammatica funzionale e delle funzioni del linguaggio stesso. Deve padroneggiare gli strumenti espressivi nei contesti di formazione, in modo da scambiare responsabilmente informazioni e idee in grado di esprimere il pov individuando al tempo stesso quello degli altri. Collaborare e partecipare Non bisogna pensare che se i ragazzi vanno male allora è colpa del docente o viceversa perché gli accostamenti fra competenze dei docenti e dell’apprendimento sono utili per suggerire elementi interpretativi. Ma un buon docente è colui che esercita una visione d’insieme e una forma di autorevolezza nell’ottica partecipativa e collaborativa. L’attività del docente deve partire dal contesto, operando le proprie scelte formative, considerando il lavoro di gruppo e le diverse figure scolastiche. La socialità deve essere una competenza che struttura la sua azione formativa. Coniugare partecipazione e collaborazione significa attivare situazioni introno ad un progetto che mira a migliorare il funzionamento di un sistema mediante un processo di cambiamento pianificato. Hopkins sostiene che lo sviluppo organizzativo della scuola si collega al concetto di gestione interna del cambiamento di cui il docente è parte attiva e responsabile. deve prestare attenzione alle dinamiche partecipative e collaborative verso cui ha responsabilità. Deve sviluppare 2 caratteristiche nell’ottica di una crescita partecipata: - comunicazione relazionale che ha come fine la formazione di un gruppo. Porsi dalla parte degli studenti e dei problemi che manifestano, di creare continuità con l’azione formativa nel rispetto delle diversità, interessi, discipline, contesti e ascoltare i racconti delle esperienze del gruppo- classe per una rielaborazione in cui studenti e docenti sono coinvolti - clima di gruppo; per incrementare la conoscenza e fissare regole condivise e promuovere relazioni sociali a partire dalla valorizzazione dei comportamenti di ciascuno. La finalità è lo sviluppo di un apprendimento collaborativo e cooperativo che si pone nella condizione di imparare dall’altro per una conoscenza reciproca ed emozioni correlate. Si impegna nella gestione dello spazio e delle conflittualità. Agire in modo autonomo e responsabile: il DL 139/2007 definisce l’agire in modo autonomo e responsabile il sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale facendo valere i propri diritti e bisogni riconoscendo al tempo stesso quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti e le regole. Dunque il docente si muove in una co-responsabilità pedagogica contrassegnata dall’appartenenza dell’individuo al gruppo, dalle decisioni collaborative e dalla cooperazione e solidarietà sociale. Ma questo avviene con il soddisfacimento dei bisogni di autonomia dell’individuo e, insieme, quando l’individuo avverte come propri i bisogni del gruppo intero. L’attività del docente è l’equilibrio tra autonomia e responsabilità. Co-costruire un patto formativo fra i diversi attori richiede un’azione intersoggettiva che sottolinea da un lato, il processo di autonomia, ma rende, dall’altro, più elevata la responsabilità formativa dei diversi luoghi e persone della formazione. Autonomia e responsabilità si incontrano nella gestione del gruppo classe; deve rendere possibile la continuità formativa comprendendo la modalità di sviluppo 67
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