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Maternità negata e rivendicata. analisi della "sconosciuta" di Tornatore, Tesi di laurea di Psicologia Generale

Analisi del tema della maternità nella protagonista de "La sconosciuta" di G. Tornatore con obiettivo di tracciare il percorso compiuto da Irena, da prostitute a innamorata, da passiva vittima di violenze a donna risoluta che lotta per la propria salvezza, da macchina procreatrice a madre appassionata, evidenziando pero la sua duplice natura... Irena è ambigua, oscura, misteriosa; in lei convivono il bene e il male ed una natura dalla quale non si sa mai cosa aspettarsi...

Tipologia: Tesi di laurea

2015/2016

Caricato il 12/04/2016

Taty80
Taty80 🇮🇹

4.4

(8)

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Scarica Maternità negata e rivendicata. analisi della "sconosciuta" di Tornatore e più Tesi di laurea in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! 1 Indice  Abstract  Introduzione  Capitolo I: La “Sconosciuta”: l'estranea, la madre 1.1 Chi è la “Sconosciuta”? 1.2 La maternità: una chiave di lettura  Capitolo II: Alla ricerca di sé: l’essere madre ne La sconosciuta 2.1Irena: il corpo e l’identità frammentata 2.2 La linea dell'ambiguità 2.2.1 Vittima o carnefice? 2.2.2 Una maternità ambivalente 2.3 Essere madre, sentirsi madre 2.3.1 L'altra madre 2.4 Tanti modi di essere una sconosciuta 2.5 Incubo e salvezza: riflessioni  Appendice  Bibliografia 2 Abstract Il presente lavoro si basa sull' analisi del tema della maternità nella protagonista de La sconosciuta di Giuseppe Tornatore. Nel primo capitolo è stata presentata la trama del film, elaborata però in relazione alla tematica principale, la maternità di Irena. Per questo motivo sono state attenzionate tre scene chiave che hanno visto la protagonista alle prese con il suo essere madre e con il suo tentativo di riappropriarsi dell'identità che le è stata annullata durante le sue turbolente vicissitudini. Il secondo capitolo analizza più da vicino questo affascinante ed ambiguo personaggio, che da un lato vive una crescita interiore che la porta alla piena consapevolezza del suo essere madre, dall'altro non riesce a liberarsi del suo passato, agendo con violenza e implacabile determinazione per raggiungere il proprio scopo; i punti affrontati sono l'ambiguità della protagonista, il suo essere allo stesso tempo vittima e carnefice, il confronto con l'altra figura materna del film, e la presenza dei due personaggi maschili che nel film rappresentano il bene e il male, e sono portatori l'uno di terrore e paura, l'altro di amore e speranza. Si è infine affrontata la questione di una possibile salvezza per Irena; dopo aver pagato un caro prezzo per le sue azioni, è destinata a patire in eterno per gli errori del suo passato, o può vivere finalmente quella maternità per la quale ha tanto lottato? Tornatore lascia aperto uno spiraglio per la redenzione della sua 5 procreatrice a madre appassionata, evidenziando però la sua duplice natura che non permette, anche dopo un'analisi approfondita, di inquadrarla perfettamente. Irena è ambigua, oscura, misteriosa; in lei convivono il bene e il male ed una natura dalla quale non si sa mai cosa aspettarsi. Irena non si è liberata del suo passato perché interiormente ne è rimasta segnata, in lei si mischiano tenerezza e violenza, affetto sincero e continue menzogne, gesti ricchi di dolcezza e azioni prive di scrupoli. Si è scelto poi di evidenziare il disperato tentativo della protagonista di costruire poco a poco quell'identità che le è stata tolta annullando la sua femminilità e il suo essere madre, tentativo che è stato alla fine raggiunto, per quanto il risultato sia frutto di dolore e violenza, oltre che di un amore profondo: «Fin dal titolo, la sconosciuta non è che la storia di una donna privata dell'identità, dell'unico amore ed infine della propria possibilità di procreazione»1. 1 Cit., M. Boquicchio, Perturbante. Il Lutto e la Luce: Mondi Originari e Pulsioni in Una pura formalità e La sconosciuta, in F. Giordano (a cura di), Le parole di Tornatore, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria 2007, p. 98 6 Capitolo I La “Sconosciuta”: l'estranea, la madre Film diretto da Giuseppe Tornatore, La sconosciuta è uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 2006. Il film ha ottenuto un certo successo, sia al botteghino sia tra i critici, per le musiche (curate da Ennio Morricone), per l'ambientazione in una cittadina del nord Italia, così diversa dalla maggior parte dei film di Tornatore, solitamente ambientati in Sicilia, per la scelta degli attori, quasi tutti molto conosciuti (Michele Placido, Claudia Gerini, Pierfrancesco Favino, Margherita Buy) tranne la protagonista: una sconosciuta anche nel nome e nella figura dell'attrice, Ksenia Rappoport. Una scelta, quella di inserire un'attrice poco conosciuta, dai tratti né belli né brutti, dalla figura anonima, decisamente azzeccata. 1.1 Chi è la “Sconosciuta”? Irena è una giovane donna ucraina dall'aspetto semplice e modesto che si reca alla ricerca di lavoro nella città di Velarchi. 7 Con la complicità del portiere di un palazzo (al quale promette una parte dei guadagni), comincia a lavorare come donna delle pulizie, ottenendo ben presto la fiducia degli abitanti dell'edificio. Fa amicizia con l'anziana Gina, che lavora presso la famiglia Adacher, anche se il comportamento di Irena non è del tutto limpido, poiché riesce a rubare dalla sua borsa le chiavi degli Adacher e una sera arriva anche a intrufolarsi nel loro appartamento. Un giorno, mentre pulisce le scale del palazzo, incontra Gina; non appena l'anziana donna le passa accanto, Irena, con un rapido colpo, le fa perdere l'equilibrio, e la malcapitata cade dalle scale, ferendosi gravemente. Questo episodio viene considerato un tragico incidente, ma la famiglia Adacher deve comunque cercare un nuovo aiuto domestico; Irena, con il suo aspetto modesto e serio, la fama di buona lavoratrice e una falsa fede nuziale al dito, impressiona la signora Adacher e ottiene il posto. Irena è un'ottima domestica e una brava tata per Tea, la figlia degli Adacher, conosce perfettamente i gusti della bambina (in precedenza aveva addirittura frugato nell'immondizia degli Adacher per conoscere i loro gusti) e Tea, anche se all'inizio la rifiuta, le si affeziona presto. Una sera in cui i coniugi Adacher sono fuori casa e Irena è sola con la bambina, tenta di aprire la cassaforte (che ha nel frattempo scovato) ma, non riuscendoci, entra nella stanza da letto e indossa gli abiti della signora; pone sul letto gli abiti del padrone di casa e vi si stende accanto. Sorride mentre stringe la manica 10 fermata e picchiata da due uomini vestiti da Babbo Natale. Ferita nel corpo e nell'anima, Irena chiede ospitalità all'anziano portiere del palazzo degli Adacher, perché non può certo recarsi al lavoro in quelle condizioni. Quando le ferite sono quasi guarite, Irena incontra la signora Adacher, che, nonostante non sia convinta dalla spiegazione che la domestica dà delle proprie condizioni, le chiede di tornare a lavorare in casa propria. Le cose però sono un po' cambiate: nel palazzo ci sono stati furti, e Irena deve restituire le chiavi dell'appartamento degli Adacher, la signora la osserva con più sospetto e Tea è fredda e distante. Un giorno, mentre giocano a nascondino nel parco, Irena non trova più Tea; sconvolta, pensa che la bambina sia stata rapita da Muffa, e si precipita a casa Adacher dove la trova tranquilla e ridente. La bambina è tornata a casa per fare uno scherzo a Irena, ma la sua reazione non passa inosservata alla madre. Dopo aver trovato la sua auto con i vetri fracassati, Valeria Adacher, intuendo che qualcosa di pericoloso è in corso, licenzia Irena e comincia a pedinarla. Se prima era Irena a spiare gli Adacher, ora è Valeria a spiare Irena; la vede mentre si nasconde per parlare con Tea nel giardino della scuola, la vede andare a parlare con Gina a Villa Robinia, dove l'anziana è stata ricoverata dopo l'incidente, e la segue sino al suo vecchio appartamento, che si trovava proprio di fronte al palazzo degli Adacher (nel frattempo Irena si è trasferita in un’altra casa). Irena entra nell'appartamento, e trova Muffa ad aspettarla; Valeria, che l'ha seguita, suona il campanello mentre i 11 due stanno discutendo violentemente. Irena le apre, ma le chiede di andarsene, preoccupata per la presenza di Muffa, ma la donna non le presta ascolto ed entra in una stanza: da lì si vede perfettamente il loro appartamento, e ai muri vi sono diverse foto di Tea, alcuni suoi disegni e, su una scrivania, anche le scarpine da neonato della piccola. Un campanello finalmente si accende negli occhi di Valeria Adacher: Irena è la madre biologica di Tea, ma non ha intenzione di condividere nulla di sua figlia, né di sconvolgere la sua vita. Porta via tutto quanto di Tea si trova nell'appartamento, offre del denaro a Irena (che non accetta) e le intima di stare lontano dalla sua famiglia, specialmente da Tea. Muffa nel frattempo ruba la patente di Irena e una sua scarpa. Poco tempo dopo la signora Adacher viene trovata morta; la sua auto, i cui freni sono stati danneggiati, è finita in fondo a un laghetto. All'interno dell'auto viene trovata la patente di Irena e una sua scarpa, ed ella viene sospettata di omicidio. Un'amica di Irena, dottoressa in legge, e l'avvocato presso la quale lavora, rappresentano la difesa della donna, che, pur dichiarandosi innocente riguardo la morte di Valeria, dichiara che, nel giardino della casa in campagna degli Adacher, vi è un cadavere, quello del vero colpevole. È Muffa. Poco tempo prima Irena aveva portato l'uomo lontano dalla città, proprio nella residenza di villeggiatura degli Adacher, sostenendo che il denaro che gli aveva sottratto in passato fosse sepolto nel giardino; in seguito a una colluttazione, Muffa cade su una grossa pietra aguzza; verificata la sua morte, Irena lo seppellisce nel giardino. Da quel 12 momento comincia per Irena un lungo interrogatorio, durante il quale espone ai giudici gli abusi ai quali era stata sottoposta in passato, la prostituzione, la gravidanza forzata, la vendita dei neonati a famiglie che desideravano avere figli senza passare dalla trafila delle adozioni legali. Irena è sicura che Tea sia figlia sua, ha visto il certificato di adozione (trovato nella cassaforte), la data di nascita dichiarata è molto vicina a quella in cui la donna ha partorito, e soprattutto Lucrezia, l'ostetrica, le ha fatto il nome degli Adacher. Una volta interrogata però, Lucrezia dichiara che Muffa le ha detto quel nome unicamente per far tacere Irena, che chiedeva da anni il nome dei genitori adottivi del suo bambino, prendendo spunto dal medaglione che portava sempre al collo. La prova del DNA è la conferma definitiva: Irena non è la madre biologica di Tea. Per Irena tutto si fa grigio: ciò in cui aveva creduto e per cui aveva commesso azioni terribili, svanito. Irena deve scontare diversi anni di carcere, ma il giudice, forse riconoscendo il forte amore di Irena per la bambina, pienamente ricambiato, fa una richiesta particolare: Tea si trova in ospedale, è da tempo che si rifiuta di mangiare, e solo Irena può aiutarla. Dopo averla salutata e averle chiesto di scriverle durante la sua assenza, Irena viene portata in carcere. Una volta scontata la pena, la donna è libera. Esce dalla struttura penitenziaria invecchiata e un po' triste, ma si guarda intorno come se aspettasse qualcuno; le si avvicina una ragazza con una gran massa di capelli ricci, che le sorride. Irena le sorride a sua volta, 15 di Tea. Irena la porta in una stanza piena di cuscini, le lega braccia e gambe, e la butta a terra. Inizialmente la bambina è molto divertita (lo chiama «Il gioco del salame»2), ma dopo essersi rialzata un paio di volte il divertimento è passato, e chiede ad Irena di slegarla. Irena non si lascia impietosire e continua a farla cadere senza curarsi dei pianti della bambina, incitandola a rialzarsi, prima con dolcezza, poi con durezza quando la bambina rifiuta di continuare. Piena di rabbia, una volta slegata, Tea prende a schiaffi Irena, ed è proprio la reazione che la donna sperava di ottenere. Purtroppo questa sessione non basta, perché Tea continua ad avere difficoltà e a impaurirsi ogni volta che cade, anche perché, non avendo dei buoni riflessi, si fa spesso male. Irena decide di ripetere l'allenamento di Tea, ma stavolta toglie i cuscini da terra, e, legata nuovamente la bambina, la spinge a terra più volte, provocandole anche fuoriuscita di sangue dal naso. Tea piange e singhiozza, sbatte la testa, le braccia, la schiena, cerca di farcela, di rialzarsi, ma la paura è troppo forte. il dolore della bambina è il suo, ma vuole che a tutti i costi Tea impari a cavarsela da sola e che reagisca ai pericoli. Solo quando la piccola, sanguinante e piangente, cade nuovamente a terra in avanti, Irena si rende conto di ciò che prova Tea: paura, dolore, rabbia, nelle mani di una donna verso la quale aveva fiducia e che invece le sta facendo provare un'esperienza così terribile. La donna ricorda le torture che le sono state inflitte, slega la bambina, l'abbraccia e le chiede scusa. Nonostante per Tea 2 Cit., G. Tornatore, La sconosciuta (DVD), Medusa film, 2012, scena 42 16 l'esperienza non sia stata piacevole, il tentativo di Irena, seppur con metodi che possono certamente considerarsi brutali, ottiene i suoi frutti. Quando ormai Irena è stata allontanata da casa Adacher, vede Tea nel cortile della scuola litigare con un bambino, finire a terra e, dopo i primi momenti di smarrimento, rialzarsi e colpire ripetutamente il compagno. Il sorriso sul volto di Irena trasmette una sensazione di trionfo nell'aver aiutato la piccola Tea ad affrontare di petto quella che era una delle difficoltà della sua vita. Dopo aver scoperto che Tea non è figlia sua, i sentimenti di Irena non cambieranno. Troppo ha sofferto, troppo l'ha desiderata, troppo ha sacrificato nel desiderio di questa figlia. L'inconfutabile prova del DNA, nonostante la sconvolga, non cambia il suo sentirsi madre di Tea. Il magistrato chiede a Irena di recarsi in ospedale perché la bambina non vuole più mangiare, e sono già ricorsi all'alimentazione artificiale. Irena non ci pensa due volte, e si reca da lei in ospedale con l'ansia di una madre dinanzi a una figlia ammalata. Tea è sconvolta dalla scomparsa della madre (le hanno detto che è partita per un lungo viaggio) e dall'assenza di Irena; giace in ospedale con un'agocannula posizionata nel collo, triste e sola. È arrabbiata con Irena, perché non è stata più con lei, e vorrebbe che tornasse a lavorare a casa sua, che fosse nuovamente la sua tata, nel desiderio che tutto torni come prima. La bambina è, per 17 dirlo con le sue parole «Andata giù3», riferendosi al malessere che prova, alla solitudine, al bisogno di una madre che le stia accanto e che non c'è più. Né Valeria né Irena possono più starle accanto, e per questo la donna, per quanta dolcezza ci sia nel suo sguardo e nella sua voce, le ribadisce quanto sia importante il saper badare a se stessa e l'essere forte, senza bisogno dell'aiuto di nessuno. Irena ha accettato il fatto di non essere la madre biologica di Tea, ma tutto l'amore che ha provato per quel figlio strappatole dalla braccia, e che è cresciuto stando accanto alla figlia degli Adacher, non si è dissipato. Lei ama Tea, e il suo non essere la vera madre non cambia ciò che prova. Nonostante Irena sappia di non aver alcun legame di sangue con la bambina, non può e non vuole interrompere i rapporti con lei; la consola con la prospettiva di un grosso regalo che la bambina scoprirà quando sarà grande (si riferisce forse ai soldi messi da parte da Gina nel libretto di risparmio) e, mentre la imbocca amorevolmente, le propone uno scambio epistolare, perché vuole sapere cosa accadrà nella vita della bambina, desidera starle accanto anche se le barriere fisiche glielo impediscono; vuole seguirla nel suo percorso di crescita da bambina a donna, sostenendo di essere stata troppo distratta quando è accaduto a lei. È probabile che, nel triste passato di Irena, non ci sia stato posto per una giovinezza serena, ma non può certo dirlo alla bambina. Dopo un'ultima frase di Tea («Di voi grandi non ci si può 3 Cit., G. Tornatore, op. cit., scena 89 20 le illumina, e il loro sguardo si incrocia. Le due donne si sono trovate, e sorridono. Non vengono dette parole, bastano i sorrisi, gli sguardi, il calore trasmesso in quei pochi secondi. Gli ultimi secondi del film regalano una nuova luce al destino di Irena, che forse ha trovato quella redenzione che aveva osato sperare tempo prima, ma per la quale aveva perso ogni speranza. Capitolo II Alla ricerca di sé: l’essere madre ne La sconosciuta La sconosciuta di Giuseppe Tornatore narra le vicende della protagonista Irena; il punto di vista adottato non è asciutto e impersonale, come se gli eventi fossero presentati da un narratore esterno e non coinvolto nelle vicende. I flashback del triste passato di Irena vengono visti attraverso i suoi occhi in diversi momenti (mentre è al supermercato o mentre “addestra” Tea, ad esempio), e le scene del presente girano intorno a lei e al suo 21 mistero. Tutto ciò che accade nel presente è in relazione con Irena, perché è lei che costruisce pezzo dopo pezzo le vicende che la vedranno protagonista, studiando con abilità tutte le mosse che la porteranno prima a Velarchi, poi nel palazzo degli orafi, dopo ancora nell’appartamento degli Adacher. Tornatore ha dotato la sua protagonista di caratteristiche uniche, che la fanno spiccare notevolmente (e volutamente) rispetto agli altri personaggi. Ogni personaggio è un individuo dotato di un proprio profilo intellettivo, emotivo, attitudinale, di una precisa identità fisica e di una propria gamma di comportamenti, reazioni, gesti6, e Irena è dotata di una personalità davvero originale. Quello interpretato da Xenia Rappaport non è un semplice personaggio, frutto dell’inventiva del regista e del lavoro dell’attrice e degli altri operatori dell’industria cinematografica: Irena esce dallo schermo e porta con sé un bagaglio di vicende, emozioni, riflessioni che portano lo spettatore a porsi continuamente domande e a mantenersi in quel sottile stato di inquietudine che viene provato durante tutta la visione della pellicola. All’inizio del film non si sa chi sia Irena, da dove venga, cosa cerchi e quali siano i suoi obiettivi; si capisce solo che è straniera, e che proviene dall’est Europa, per via del suo accento. Nonostante i pochi elementi, o forse proprio per questo motivo, la figura di Irena trasmette un forte senso di destabilizzazione; questa sensazione non cambia per tutto il film, anche quando si 6 Cfr., G. Ferraro, A. D. Santangelo, Uno sguardo più attento. I dispositivi di senso dei testi cinemaografici, Aracne, Roma 2013, p. 49 22 conosce meglio il personaggio. Da un lato c’è un’iniziale diffidenza verso di lei, straniera venuta da fuori; ma con il succedersi delle vicende ella suscita altri sentimenti: simpatia, compassione, ammirazione. Nel saggio di Tornatore Lezione di scrittura cinematografica: un'analisi de La sconosciuta a cura di Giordano, Saffioti, Fiore (PT 215-222) si evince come l’obiettivo del film non fosse dare alla protagonista un senso di estraneità dovuto alla nazionalità non italiana, infatti il regista era inizialmente intenzionato a usare una donna del sud Italia. Sarebbe stata un’estranea venuta da fuori anche in questo caso, ma un “fuori” più che altro culturale, una donna di umili origini e culturalmente arretrata che viene sfruttata dal proprio uomo per partorire figli da vendere, ma che, innamoratasi di un uomo dolce, decide di combattere per se stessa, per il suo amore e per l’ultimo figlio che aspetta. Napoletana o ucraina che fosse la protagonista, lo scopo era quello di renderla un’estranea, la cui identità fosse confusa, difficilmente inquadrabile. Aggiungendo poi la provenienza da un paese noto per il traffico di donne da destinare alla prostituzione in diverse nazioni, tra cui l’Italia, l’essere “estranea” si lega a eventi di una cronaca molto frequente. Al passaggio da una scena all’altra l’opinione dello spettatore su Irena cambia: è una ladra? Una prostituta redenta? Una ricattatrice? Un’assassina? Difficilmente, almeno finché non si è a conoscenza di tutta la storia, si penserà che Irena è, prima di tutto, una madre. Eppure, anche se non rispecchia l’idea 25 il personaggio e l’attrice: la Rappoport era sconosciuta al pubblico (in pieno contrasto con i volti familiari – almeno per gli spettatori italiani – di Michele Placido, Claudia Gerini, Piera degli Esposti, Giorgio Haber), esattamente come Irena è sconosciuta nell’ambiente in cui si muove. Lo spettatore non la conosce, e già trovare un volto sconosciuto, senza per altro caratteristiche particolari (l’attrice non ha un volto sgradevole, ma non risalta particolarmente, ha tratti somatici che passano facilmente inosservati) crea turbamento, proprio l’effetto che il regista voleva si provasse nei confronti del suo personaggio, oscuro e mutevole per tutta la durata della pellicola, privo di un’identità ben definita. La riflessione sull’identità è un elemento importante per addentrarsi nel personaggio di Irena. Già nella scena di apertura viene espressa una percezione destabilizzata del senso di identità: tre donne entrano in una sala buia, probabilmente uno scantinato, come se si trattasse di una sfilata, indossano solo biancheria intima. Sfilano quasi marciando, e, nonostante siano quasi nude e i loro corpi ben proporzionati, non esprimono carnalità o sensualità. Una voce esterna che dice loro di entrare e, dopo aver sfilato, di andare via. Le tre donne hanno i volti coperti da maschere che rappresentano visi truccati in modo evidente, quasi una parodia della femminilità. Entrano altre tre donne, una di loro ha i capelli biondi, marciano e si fermano in mezzo alla sala. La voce chiede solo a una di loro, Giorgia, di rimanere, e di togliersi la 26 biancheria intima. La donna le obbedisce e si spoglia, ma il suo corpo nudo non trasmette nulla, è solo un corpo esposto come un prodotto in un mercato. Un occhio spia da un’apertura su un poster, e, con le parole “si, va bene questa”, la sceglie; per cosa, ancora non si sa, ma tutta l’atmosfera lascia pensare che non sia qualcosa di buono. La giovane si riveste e si toglie la maschera. Le maschere sono un elemento significativo: hanno lo scopo di nascondere i volti delle donne, ma allo stesso tempo di renderle anonime, annientando a loro umanità, la loro identità. Le donne appaiono disumanizzate non solo attraverso l’esposizione dei loro corpi, ma anche perché indossano una maschera grottescamente truccata e su cui spicca un inquietante sorriso. Dopo essere rimasta a volto scoperto, Giorgia fissa la telecamera, ma anche senza maschera rimane una misteriosa sconosciuta che non lascia trasparire nulla. La protagonista è presentata dunque sin dall’inizio come una figura che non può essere scrutata, tranne che in modo superficiale, e la situazione non cambia neanche durante il resto del film: non si sa cosa pensi, non è prevedibile, il suo comportamento è incomprensibile e, anche quando si pensa di averla compresa, le sue azioni successive dimostrano pienamente il contrario. Le scene del passato, come quella iniziale, si focalizzano spesso e volentieri sul corpo di Irena, un corpo né bello né brutto, ma per lo meno piacente e gradevole. Spesso il suo corpo è esposto in modo quasi ossessivo, ricoperto di sangue, sudore, 27 nudo, maltrattato, abusato, frustato da Muffa o da altri uomini, a rimarcare che Irena, anzi, Giorgia, in quella parte della sua vita era carne senz’anima, un corpo da usare per il godimento di uomini perversi, una macchina riproduttrice che veniva riempita e svuotata dalla gravidanza a distanza ravvicinata. È un corpo che ha subito nove gravidanze con un’assistenza sanitaria senza dubbio discutibile, rapporti sessuali perpetrati anche con il pancione, nessuno a cui importasse cosa quella prostituta pensava, cosa sperava, cosa sognava. Il corpo della prostituta è un oggetto privo di identità che esiste per essere usato dagli uomini a loro piacimento, nessuno si chiede cosa pensi una prostituta di sé e della propria vita; Irena stessa è un oggetto, privo di nome, pensieri, storia. Solo un corpo da violare, da guardare, da scegliere, da fecondare, un corpo maltrattato, esposto, guardato in ogni suo anfratto. Nel presente Irena lo copre con abiti larghi, modesti, scuri, non si riesce neanche a capire se sia una donna di costituzione normale o in sovrappeso, tranne quando si toglie gli abiti per indossare quelli di Valeria Adacher o quando si sciacqua furiosamente nella doccia dopo essere stata aggredita. Il suo corpo del presente è patito dalle gravidanze, poco curato, ma non si può dire che sia informe e che giustifichi gli abiti che indossa, più tipici delle anziane che di una ragazza di trentadue anni. Tanto succinti e provocanti erano gli abiti che indossava prima, per mostrare il suo corpo e renderlo appetibile, tanto sobri e castigati sono quelli che indossa nella sua vita a Velarchi. Può darsi che questa scelta sia stata adottata per 30 partorisce (è quello che in fin dei conti accade spesso quando si adottano dei figli e la madre adottiva dona loro tutto ciò che ha), ma allora questo varrebbe anche per Irena, dato che, a prescindere dal fatto di aver partorito un altro bambino e non la figlia degli Adacher, con la piccola Tea crea un rapporto profondo e le fa da madre più di quanto abbia fatto la sua “vera” madre (in realtà anche Valeria è madre adottiva di Tea). Irena cerca di riappropriarsi e di ricostruire il proprio sé frantumato e la propria identità; sembra sospesa in un passato da quale non riesce a liberarsi, ma è anche sospesa nel presente perché rimane avviluppata in una serie di eventi che la trascinano al passato, verso Muffa, verso la solitudine e verso la negazione del suo essere madre. Irena realizza il suo piano di avvicinarsi agli Adacher con studiata premeditazione, ma il suo ingresso nella vita di Tea è accelerato quando, parlando con Gina, l’anziana le parla delle condizioni della bambina. Appena Irena apprende che Tea è priva di riflessi difensivi, abbandona i convenevoli che aveva adottato fino a quel momento per carpire notizie e per appropriarsi delle chiavi dell’appartamento, e si sbarazza di Gina. Forse aveva già pensato di disfarsi di lei e di entrare in casa Adacher come sua sostituta in mancanza di altri modi meno cruenti, ma quel movimento delle braccia, rapido e violento, che portano l’anziana a perdere l’equilibrio e a cadere dalle scale, sembrano frutto di una scelta implacabile benché improvvisa. Sconvolta dal bambino, quando vi è una separazione definitiva con la prima». Cit. A. G. Miliotti, Adozione: Le nuove regole, Milano, Franco Angeli, 2002, pp. 61-62). 31 problema di Tea, decide che non è più il caso di aspettare, e agisce, usando lei stessa il linguaggio della violenza al quale era abituata. Come Muffa uccide (o fa uccidere) Nello perché spinto dal senso di possesso verso la sua Giorgia, così Irena si libera di Gina, che ostacolava il suo cammino per arrivare a Tea. Ma come mai questa reazione sconvolta e addolorata al sentire le condizioni di Tea? In fin dei conti – come dice Gina poco prima di precipitare dalle scale – è un problema che non creerà difficoltà particolari alla bambina, basta solo fare attenzione. Eppure il volto di Irena perde la sua impassibilità, gli occhi sgranati, il tremore della sua voce, sono testimonianza del suo sconvolgimento. Tea, la bambina che non ha ancora conosciuto ma che considera già come figlia sua, alla quale ha pensato per quattro lunghi anni, ha una patologia (Il nome della malattia di Tea non viene mai pronunciato nel film, ma Tornatore riporta che «la Sindrome di Moro10 è all'origine della malattia di Tea11») 10 Il bambino sviluppa una serie di riflessi sin dall'età neonatale per adeguarsi al mondo esterno e reagire ai suoi stimoli. Tra questi vi è il riflesso di Moro, detto anche riflesso dell'abbraccio; esso consiste in una reazione involontaria in seguito ad uno stimolo (ad esempio dando un colpo al materasso sopra il quale è disteso il bambino), in cui il neonato estende il tronco, estende e abduce gli arti, chiudendo poi le dita a pugno, e scoppiando infine a piangere . Questo riflesso si sviluppa già durante la vita intrauterina alla ventottesima settimana e verso i 5-6 mesi dovrebbe scomparire.Nel caso in cui ciò non avvenga e il disturbo di Moro permanesse, il bambino presenterà difficoltà nella comparsa delle reazioni di paracadute e di equilibrio. Le reazioni paracadute sono reazioni di difesa fondamentali per reagire alla forza di gravità che sposta il corpo del bambino (mettere le mani avanti se si perde l'equilibrio, cercare di rialzarsi quando si cade a terra) e compaiono dal quinto al nono mese. Reazione che richiede un'ulteriore maturazione del bambino è quella di equilibrio, che previene la tendenza del corpo a cadere e a mantenere la testa e il corpo raddrizzati (Cfr., L. Bertozzi, L. Montanari, 32 che la rende indifesa e che non le permette di reagire se qualcuno la spinge; Irena, che ritiene di esserne la madre biologica, sembra attribuire a se stessa la colpa di questa condizione, una sorta di difetto di nascita da lei ereditato e dal quale sente di dover liberare la figlia. Non va dimenticato che Irena è stata vittima di spietati abusi per la maggior parte del sua vita, e dunque non può accettare l’idea che la figlia sia una vittima e un essere indifeso. Bisogna essere forti, reagire, rispondere quando si viene colpiti invece di rimanere giù inerti, favorendo il reiterarsi di questi comportamenti: questo è il messaggio che Irena vuol trasmettere a Tea, per renderla meno esposta e vulnerabile, in futuro, a vessazioni, capacità che la donna forse non ha avuto in passato e che per questo spinge la bambina ad assumere. Nel rimodellare la capacità di Tea di reagire e e diminuire il suo senso di impotenza, Irena comincia a lavorare su se stessa e I. Mora, Architettura delle funzioni: lo sviluppo neuromotorio del bambino fra normalità e patologia, Springer, Milano 2007, pp. 92-98). La permanenza del riflesso di Moro quindi causa un mancato sviluppo di funzioni importanti come la capacità di contrastare la forza di gravità, la capacità di cadere e poi di rialzarsi, e il mantenersi in equilibrio. vi sono altre problematiche secondarie come l'ansia che i bambini sviluppano nel timore di farsi male, timidezza eccessiva e difficoltà nelle relazioni con i coetanei, insicurezza, mancanza di adattamento alle novità, paura di esplorare il mondo esterno, perenne tensione fisica, problemi vestibolari, difficoltà nel mantenere l'attenzione, ipersensibilità a stimoli uditivi e visivi, eccessiva dipendenza dai genitori o comunque dai caregiver. Una delle possibili cause della permanenza del riflesso di Moro è la sofferenza fetale dovuta a madre tossicodipendente o comunque a gravidanze problematiche. (Cfr., S. Goddard Blythe, Attention, Balance and Coordination: The A.B.C. of Learning Success, Hoboken (New Jersey, USA), Wiley-Blackwell, 2009, pp. 45-66) 11 Cit., F. Giordano, F. Saffioti, A. Fiore, Lezione di scrittura cinematografica: un'analisi de La sconosciuta, in F. Giordano (a cura di), op. cit., p. 230 35 e cambia subito argomento). Il pregiudizio verso Irena è fondamentale per il suo personaggio: venuta dall’est Europa, ex prostituta, si propone come domestica, un insieme di stereotipi che però non giustificano la diffidenza che provoca. La diffidenza nasce dal suo sguardo sempre pensieroso, dall’ambivalenza di tutto ciò che fa, anche un semplice sorriso. Irena si ama, si teme, si compatisce, si odia, e al contempo si crea una sorta di alleanza con lei. Le scene del passato e quelle del presente, man mano che la storia si dipana e che sempre più fatti vengono alla luce, non migliorano la comprensione del personaggio, e portano sempre alla domanda: chi è realmente questa donna? 2.2.1 Vittima o carnefice? Irena rivendica la propria maternità, che a lungo le è stata negata, con disperazione. Il suo passato l’ha fortemente influenzata, tanto da averle reso familiare il ricorrere alla violenza per perseguire i propri scopi, e, l’ha portatrice di traumi nella vita di Tea e di quasi tutti i personaggi che si rapportano con lei. Parlando con Gina (o forse parlando a se stessa, dato che la donna, almeno fino a quel momento, non può risponderle), afferma che il suo scopo era solo stare vicina a Tea, non portarla via. Subito dopo però afferma che forse avrebbe potuto fare come 36 fanno tante madri naturali, che fanno scoppiare scandali per poter aver indietro i figli dati in adozione. Si nota già la stonatura nel suo discorso, in cui prima afferma di non voler creare scompiglio, e poi ventila la possibilità di strapparla alla famiglia che l’ha cresciuta. Può darsi che le sue intenzioni non fossero quella di portarla fisicamente via, ma la sua presenza ha creato un enorme trambusto, portando con sé dubbio, violenza e anche morte. Irena entra quasi in punta di piedi (se non si considera ciò che è successo a Gina) nella famiglia Adacher ma ben presto si nota la sua presenza: brava casalinga, ottima cuoca, sa provvedere a diversi piccoli inconvenienti che la padrona di casa non era in grado di di risolvere (la guarnizione della lavatrice, il colletto della camicia), è silenziosa e discreta, non ha limiti di orari per occuparsi di Tea, con la quale sembra andare molto d’accordo. È ben diversa dalla signora Adacher, che non si occupa delle faccende domestiche e che appare distaccata anche dalla figlia; vista dall’esterno, sembra quasi che Irena entri in competizione con Valeria come madre, ma anche come padrona di casa. Sino ad un certo punto sembra che Irena abbia agito con prudenza e senza colpi di testa, osservando gli Adacher da lontano e cercando di lavorare il più possibile nel loro palazzo, o infilandosi in casa loro per cercare i documenti dell’adozione di Tea, ma senza azioni violente. Propone sì a Matteo una sorta di patto economico, che ricorda un po’ il circuito dello sfruttamento da cui Irena è fuggita, anche se si tratta di prestazioni lavorative e 37 non sessuali, ma non accade nulla di troppo grave. Qualcosa però l’ha spinta ad agire in modo improvviso, quando Gina le parla del problema di Tea. Può darsi che Irena abbia avuto timore che Valeria non fosse in grado di occuparsi della piccola come lei invece avrebbe potuto fare, o questa notizia può essere stata la spinta per qualcosa che Irena pensava di fare da tempo, ma non cambia il risultato: ha fatto molto male ad un’anziana donna, rischiando di ucciderla, nonostante questa la considerasse un’amica e con lei si fosse comportata in modo gentile e aperto. Ad Irena però dell’amicizia di Gina non importa più di tanto, per lei è stato un mezzo per arrivare agli Adacher, e pur di avvicinarsi a Tea l’ha usata e buttata (nel vero senso della parola) senza pietà. L’urlo che lancia quando guarda Gina giacere in fondo alle scale con una pozza di sangue che esce dal suo cranio potrebbe essere un urlo di orrore, e quasi certamente lo è: Irena non è un mostro e ha agito così perché era l’unico modo di avvicinarsi a Tea, ma quell’urlo è anche un modo di dare l’allarme, per discolparsi e cominciare così il suo avvicinarsi in punta di piedi alla soglia degli Adacher. Irena è un personaggio ambiguo: è dolce e crudele, ingenua e calcolatrice, dall’inizio sino al concludersi della vicenda; infatti il suo comportamento ambivalente non solo nel presente, ma anche nel passato. Non si sa se lo sia rimasta anche nel futuro perché forse, con la morte di Muffa, gli anni di carcere e la morte della madre di Tea, ha pagato per le proprie azioni ma allo stesso tempo non ha più ostacoli per amare Tea. Tranne che nel finale, 40 di vita, come dimostra la sua assidua osservazione di chi abita nel palazzo di fronte a dove vive, l’intrufolarsi in un appartamento di quell’edificio, il possedere moltissimi soldi (in contrasto con la ricerca di lavori umili), il suo frugare nella spazzatura. Come il titolo del film sottolinea in modo prepotente, le intenzioni della protagonista sono oscure a tutti, non solo agli spettatori, ma anche agli altri personaggi della vicenda; solo poco a poco verranno alla luce frammenti del suo passato da prostituta e schiava di un traffico di neonati per adozioni illegali. Un passato che la perseguita e che le dà la caccia nella persona di Muffa, che Irena pensa di aver ucciso ma che è a caccia di lei per vendicarsi della sua violenza, del suo furto e del suo inganno. Passato e presente si alternano, lasciando numerosi interrogativi sulle intenzioni di Irena, creando un’ambivalenza nei sentimenti che suscita: compassione, ripugnanza, o entrambi a distanza molto ravvicinata; in entrambi i casi, sia che lo spettatore si senta vicino ad Irena, sia che invece la respinga, ciò accade perché la donna è vista sotto diverse prospettive contemporaneamente: lei, disumanizzata e ridotta ad un corpo da possedere e osservare, diventa lei stessa una voyeur, e si serve degli altri personaggi come se fossero pedine (Matteo, Gina, gli stessi coniugi Adacher); è una vittima, ma anche una donna che ricorre alla violenza per giungere al suo obiettivo; sembra in balia degli eventi e incapace di agire, ma è abilissima nel pianificare ogni passo per arrivare a Tea; è una donna priva di potere decisionale sulla propria vita, ma riesce a scombussolare e 41 sconvolgere la vita di molte persone. Nel passato Irena non ha alcun potere sulla propria vita, Muffa ne controlla ogni aspetto: il corpo, la residenza, il lavoro, i movimenti (la tiene prigioniera e la lega spesso), gli spostamenti, i sentimenti, addirittura i suoi ritmi riproduttivi. È una vita-non vita quella di Irena, che non è che un corpo nelle mani del suo sfruttatore. Quella del presente invece è una vita basata esclusivamente sulla ricerca di Tea; Irena non gode i soldi di cui è in possesso, non cerca di rifarsi una vita ricominciando da capo e allontanandosi pienamente dal suo passato, perché significherebbe perdere l’opportunità di rivedere il figlio che le è stato strappato. L’ambiguità che circonda Irena permane sino al finale, quando lo spettatore apprende quanto il suo tragico passato la perseguiti con flashback allucinatori. Le azioni di Irena, come infiltrarsi nell’appartamento o far cadere dalle scale Gina destabilizzano l’opinione che si ha di Irena; lo spettatore può infatti impietosirsi per la protagonista vista come vittima, ma questa empatia nei suoi confronti è messa alla prova dalla messa in dubbio dalle liceità delle sue azioni, che collocano lo spettatore in una posizione di incertezza. Questa difficoltà è approfondita dall’ambiguità della reazione di Tea con la bambina; la donna è convinta che Tea sia sua figlia ma, nonostante l’affannosa ricerca che compie più volte in casa Adacher, non ci sono prove della loro relazione biologica. Né lo spettatore né Irena scopriranno la verità sino a quando viene fatta la prova del DNA, dalla quale 42 risulta che Tea non è sua figlia. Sia le azioni violente che quelle per lo meno poco oneste compiute da Irena non vengono sempre svelate: la si vede nel giardino degli Adacher dopo aver riordinato il magazzino, ma non la si vede infilarsi di soppiatto in tasca le scarpine di Tea, che invece Valeria trova nell’appartamento di Irena, insieme ad altri oggetti che la donna ha preso dalla loro abitazione. Proprio perché non tutto è svelato, strategia che diffonde ancora più dubbi verso l’ambigua Irena, Tornatore, nel già citato testo “Le parole di Tornatore”13 insinua che forse Irena non sia del tutto estranea alla morte di Valeria, anche se tutto fa pensare che sia stato Muffa e lo si vede rubare la patente di Irena (ma non una delle scarpe rosse, che vengono solo inquadrate). Si è visto che Irena è perfettamente in grado di compiere azioni violente, e Valeria rappresentava per lei una minaccia. La sua reazione quando vede il cadavere della donna attraverso il parabrezza ormai in frantumi, con un urlo quasi isterico, sembra quella di una persona sconvolta e addolorata, ma risulta molto simile all’urlo di Irena quando Gina cade dalle scale, spinta dalla stessa Irena. Se ci si chiede se sia possibile rinascere e dimenticare il passato, fuggendo dalla violenza, la risposta, per quel che riguarda la protagonista, è no. Irena è incapace di interfacciarsi verso l’esterno senza violenza. Il suo passato, pieno di sofferenza inascoltata, 13 Cfr. F. Giordano, F. Saffioti, A. Fiore, op. cit., p. 230 45 Sarebbe dovuto crescere nell’antro di Muffa, forse esposto anch’esso a torture e ad una vita di violenza. La sofferenza di Irena giustifica il suo amore selvaggio, ma è anche vero che ha una forte dose di egoismo nel voler tenere il bambino, come si è appena visto, e poi nel turbare la vita di Tea. La domanda che sorge spontanea allora è: quanto delle azioni che compie è per Tea, e quante invece per se stessa? Il personaggio di Tornatore insinua questo dubbio. Da un lato c’è la madre che sacrifica tutto per il figlio, ma dall’altro la madre che, pur di sentirsi tale, sacrifica in fin dei conti la tranquillità del bambino. Irena ha vissuto per anni senza sapere nulla del figlio: che aspetto avesse, di che malattie infantili avesse sofferto, quando fossero avvenuti i primi passi e le prime parole. La gravidanza per lei non è stata quella delle madri “normali”, sostenute dalla famiglia, seguite da un medico, consapevoli che il figlio rimarrà con loro. Irena è stata rinchiusa per mesi nello stanzino in cui l’ha portata Muffa, senza una figura che l’aiutasse, senza una madre, senza un’amica, con il terrore di non poter tenere il figlio, costretta ad avere rapporti sessuali, con l’unica compagnia di un libro di cucina italiana e Lucrezia, ostetrica e guardiana. Durante una gravidanza la donna tende ad immaginare come sarà il figlio, lo plasma nella sua mente, pensa a come sarà, a chi somiglierà, che carattere avrà, che percorso farà, persino che lavorò sceglierà da grande. Irena ha avuto quattro anni, oltre al periodo della gravidanza, per farlo, e ha saltato molte fasi della vita di suo figlio. Appropriarsi dei disegni di Tea, delle sue foto e, 46 soprattutto delle sue scarpine da neonata, è un modo per rivivere quegli anni che un’altra donna, e non lei, ha goduto. Aveva così tanto immaginato Tea, da rimanere estremamente delusa quando inizialmente la bambina la respinge, ed è però trionfante quando invece stringe un rapporto con lei, e forse è questa gioia nel vedere che Tea si avvicina a lei con affetto da impedirle di controllarsi, nonostante le sue iniziali intenzioni di non interferire. Irena sottopone Tea ad un durissimo allenamento, allo scopo di far uscire allo scoperto la reattività della bambina. Se nessuno, nel contesto della riabilitazione, adotterebbe mai un metodo così brutale, per Irena è invece uno strumento che offre alla bambina. Dopo averla fatta arrivare allo stremo infatti, la bambina dimentica le sue paure e la sua malattia per picchiare Irena e insultarla, proprio la reazione che la donna sperava. Irena sa bene che solo quando sei spinto dal dolore e dalla forza della disperazione, dal senso di impotenza e dal desiderio di uscirne, trovi dentro di te forze inaspettate che ti portano a reagire, a rinascere non più come vittima. Ma era solo per Tea, o Irena lo ha fatto anche per se stessa, perché vede la piccola come una prosecuzione di sé? 2.3 Essere madre, sentirsi madre La maternità ha una grossa influenza sulla vita della donna, 47 qualunque sia la sua condizione sociale; a maggior ragione si può comprendere quanto sia stato grande il trauma di Irena, che non ha avuto alcun supporto alla maternità; il lavoro di prostituta, l’unica compagnia quella di uomini che desideravano solo il suo corpo, l’essere una sorta di oggetto per Muffa, non erano di certo condizioni psicologiche o tantomeno fisiche per sviluppare dentro di sé il desiderio di essere madre. Il desiderio materno di solito è presente nelle bambine come emulazione della propria madre; non si sa se per Irena si astato così, dato che non si conosce il suo intero passato, ma solo quello di adulta. Quello che è evidente è che però il suo passato è stato difficile: andar via dal proprio paese, darsi alla prostituzione, sono condizioni che accomunano molte donne, a volte ingannate dalla prospettiva di un lavoro onesto, a volte consapevoli ma spinte dalla disperazione. Irena potrebbe aver sviluppato una sorta di corazza verso le avversità della sua vita, e per proteggere la sua integrità mentale dall’impazzire di dolore si è imposta di non creare un legame con nessuno dei primi otto bambini dati alla luce. Per lei essere madre e sentirsi tale non è corrisposto all’essere incinta, o all’aver partorito, ma nell’essere rimasta incinta dopo aver conosciuto l’amore. Irena infatti ha considerato il figlio dentro di sé come suo perché si è innamorata di Nello e, a maggior ragione, dopo averlo perso, era l’unica traccia di lui che le era rimasta; quando la tragica storia della donna viene allo scoperto, l’amica le chiede come mai non abbia cercato gli altri figli. La risposta di Irena “Forse perché sapevo chi era il padre. Negli 50 2.3.1 L’altra madre Ci sono molti modi di essere madre, ma soprattutto di identificarsi e sentirsi come tali. Nel film è presente un’altra madre, Valeria Adacher. È la madre di Tea, almeno secondo la legge, e lei si sente certamente come tale. È bella, borghese, benvestita, vagamente altezzosa, fredda, ma, come si capisce dalle stesse parole di Gina, ama Tea. Le due donne hanno un elemento che le accomuna, l’amore, e il fatto che entrambe, tanto la taciturna Valeria che la tormentata Irena, si aprono con la bambina. Tea è la chiave che le fa sentire donne realizzate nella loro femminilità , ma Irena è diversa in tutto da Valeria, a partire dall’ambiente sociale di provenienza, dal modo di vestirsi e di atteggiarsi, ma soprattutto nel modo diverso in cui manifestano il prendersi cura di Tea e nel modo in cui loro stesse si percepiscono come madri. Valeria è benestante, ha un lavoro prestigioso del quale non deve rendere conto a nessuno, e ha tutto ciò che le è necessario per essere totalmente auto sufficiente; inoltre è giovane, bella, alla moda, affascinante, e ha ritagliato la sua vita in base alle sue esigenze: la domestica l’aiuta in tutto, anche con Tea, mentre lei prosegue con il suo lavoro, e quando lo stress lavorativo è eccessivo, passa del tempo da sola. Tanto votata al lavoro e alla cura di se stessa, non sembra allo stesso modo dedita alla cura materna della figlia adottiva, o interessata a portare avanti i propri doveri materni. 51 L’essere madre di Valeria è più relegato all’aspetto burocratico: lei ha adottato Tea, sulla carta e per la legge lei ne è la madre, ma il film mostra intenzionalmente pochi scambi tra madre e figlia, e quando accade sono poco significativi. Non viene mai detto perché i coniugi Adacher abbiano deciso di adottare un bambino (se per sterilità di coppia o perché Valeria non voleva avere una gravidanza), anzi, da loro non viene menzionato il fatto che la piccola sia stata adottata, tranne quando Valeria si infuria con Irena pensando che sia tornata a cercare Tea per ricattarli. Valeria è madre nel senso di esserlo da un punto di vista legale, ma delega l’essere madre della figlia alle tate, prima Gina e poi Irena, mentre lei va avanti con il proprio lavoro e con la propria indipendenza. Quando comprende che Irena potrebbe essere la madre biologica di Tea, Valeria non ha nulla offrire alla protagonista tranne la sua rabbia e il fatto che le carte dell’adozione la rendono madre a tutti gli effetti. Per rendere più efficaci le sue parole, Valeria confisca le foto di Tea, i suoi disegni, convinta che per rompere i legami tra la protagonista e la bambina basti rimuovere gli oggetti materiali che connotano la loro relazione e l’affetto che sentono l’una per l’altra. Valeria in questo caso vede la figlia come una sua proprietà, un oggetto che possiede legalmente e che le appartiene, ma non si menziona, nella sua ira, di essere infuriata per il legame affettivo che si è creato tra Irena e Tea. Valeria è ambigua come madre, ma lo è anche come moglie; la maggior parte delle conversazione tra lei e il marito Donato 52 avviene in litigi e ultra in cui nessuno dei due ascolta; inoltre sembra che abbia un amante, cosa che Donato potrebbe sapere (la insulta durante uno scontro in cui anche la piccola Tea li sente litigare). Come madre e come moglie Valeria risulta assente, mentre Irena, per contrasto, è una figura che nella famiglia degli Adacher porta subito il suo contributo e diventa quasi indispensabile. Il prendersi cura di Tea da parte di Valeria è più formale che affettivo, il non contribuisce in alcun modo alla conservazione dell’identità materna del personaggio. Irena invece non è madre né da un punto sociale (gli altri la considerano la domestica degli Adacher) o burocratico (per la legge non ha nessuna relazione con Tea) ma considera se stessa come madre, e ha bisogno dell’esperienza di essere madre di Tea per poter ristrutturare la sua identità distrutta. La confessione finale di Irena, in cui afferma che lo scopo finale della ricerca della bambina era la poterle starle accanto negli anni della sua crescita e forse di essere una figura secondaria nella sua vita, piuttosto che trascinare i suoi genitori adottivi in tribunali per revocare l’adozione (anche se non si sa se sia completamente sincera, vista l’ambiguità di Irena), esprime il fatto che Irena non percepisca il significato della maternità nel senso burocratico in cui invece lo intende Valeria, ma in modo totalmente opposto. Irena non ha bisogno di una pila di documenti per percepire se stessa come madre, mentre lo status di Valeria come madre è interamente legato al suo stato legale e dai documenti che la definiscono come tale. Questo distacco 55 suoi scopi. Irena è sconosciuta anche su un altro piano, più umano e profondo: dà alla luce dei figli, che non sapranno mai chi è la madre naturale perché non risulterà mai in nessun documento che Irena Yaroshenko li ha partoriti e li ha dati volutamente in adozione, ed è sconosciuta anche alle famiglie che si trovano tra le braccia un neonato, perché quando lei e le sue “colleghe” vengono selezionate dai compratori, indossano una maschera rendendole delle fattrici senza volto; è anche un volto anonimo e privo di importanza per gli uomini che fanno sesso con lei, ai quali non importa chi è o cosa pensa questa sconosciuta. Sconosciute sono Irena come prostituta e Irena come madre, come lo sono le tante donne che sono coinvolte nel traffico della prostituzione e della vendita di neonati per le adozioni illegali. Irena dà voce ad un mondo che esiste sul serio, anche se non era intenzione di Tornatore realizzare un film di denuncia. Il modo in cui il regista rappresenta la realtà dello schiavismo sessuale e della compravendita di bambini non è addolcito da elementi che rendano meno pesante la crudezza di queste piaghe della società odierna, che fanno riferimento, purtroppo, ad una realtà presente in Italia. Quello dello sfruttamento della prostituzione è un settore altamente redditizio per la malavita, ma non lo è certamente per le donne, prostitute, straniere, sconosciute: un esercito di lavoratrici del sesso, invisibili, sfruttate, maltrattate, giunte in Italia con vaghe promesse di lavoro o spinte dall’indigenza verso questo “lavoro”. Sole, senza amici, senza 56 documenti (di solito i protettori tolgono loro i documenti per impedire eventuali ripensamenti o fughe), sono straniere in terra straniera. Ci sono poi altre sconosciute, che Irena in parte rappresenta, quello delle donne provenienti dal fuori, come l’est Europa da cui viene Irena (ma anche paesi dell’Africa, come la Nigeria), alla ricerca di un futuro; svolgono lavori umili come domestiche, bambinaie, badanti, donne delle pulizie, a volte sfruttate, a volte riescono ad ambientarsi. Tutte loro hanno un passato alle spalle, alcune hanno una famiglia, dei figli, altre fuggono da mariti violenti, o sono rimaste senza nel loro paese e prive di lavoro. Mogli, madri, figlie, ma soprattutto donne, che nessuno nota, e che rimangono nell’ombra. 2.5 Incubo e salvezza: riflessioni Ne La sconosciuta non c’è piena contrapposizione tra bene e male, ma ci sono sfumature di grigi; Irena stessa, come si è visto, non è un’eroina che, nonostante il male subito, ha cambiato vita ed è diventata dolce e buona, senza che siano rimasti segni della donna che era prima. Il male subito h lasciato delle tracce su Irena, che è disposta a restituirlo, anche a discapito di persone innocenti, pur di arrivare al suo scopo. Eppure Irena ha amato, almeno una volta nella sua vita, e questo amore l’ha cambiata profondamente. Nello, bello, dolce, gentile le insegna ad amare e 57 a sognare, e Irena, che gli dona il suo cuore, viene punita con la morte del giovane per aver sperato in una vita migliore. L’amore puro e semplice di Nello è stato però per Irena una spinta propulsiva ad un cambiamento dentro di sé: ha saputo tirar fuori la sua capacità di donare amore, rimasta intorpidito nella vita da prostituta e nel rapporto con il laido Muffa. Quando Irena riesce ad allontanarsi dalla prostituzione, potrebbe chiudere completamente con il suo passato ma, andando alla ricerca degli Adacher, non lo fa. Ella invece scava nel torbido della famiglia, ed è alla ricerca di qualcosa che la lega indissolubilmente alla sua vita precedente, non può semplicemente dimenticare tutto, Nello e il suo bambino compresi. Quando è andata via da Muffa aveva già programmato di cercare suo figlio, perché ciò che l’ha spinta ad attaccare il suo protettore e amante con le forbici è stato in parte il fatto che lui l’avrebbe probabilmente fatta uccidere a breve, ma anche l’aver saputo il nome della famiglia adottiva del suo bambino. Una serie di eventi l’ha spinta alla ricerca del figlio: la scomparsa di Nello, che l’ha portata sentirsi legata al bambino che cresceva dentro di lei e, una volta perdutolo, un’altra notizia che un ginecologo le dà quasi accusandola di non essersi presa cura di se stessa («Devi essere una che non si vuole molto bene18»): Irena, dopo l’ultima gravidanza, è divenuta sterile. Ella non può più avere figli; ne ha avuto nove, ma sente solo il richiamo di quest’ultimo. È questo a darle la forza di andare 18 Cit., G. Tornatore, op. cit., scena 56 60 portata via dall’incubo in cui viveva, è stato ucciso prima di poterlo fare, ma Irena ha trovato la forza di farlo da sé, sperando di potersi redimere dai suoi errori una volta trovata la bambina. La speranza di potersi salvare dal suo passato, che continua a perseguitarla, e di essere finalmente libera di amare di essere ciò che è, una madre, è il suo pensiero fisso . C’è una simbologia molto significativa che riguarda il desiderio di Irena di uscire dal labirinto di paura, dubbio e rimorso in cui vive; è l’ossessione con la quale la donna si prende cura delle piante, continuando a cambiarle di posto, a ripiantarle quando seccano, travasandole, spostando i vasi e le radici; è un modo simbolico per rappresentare il suo percorso di rinascita, riscatto, salvezza. Ma è Tea ad essere il suo tramite per la salvezza: nella bambina Irena vede una prosecuzione di sé, come accade alla maggior parte delle madri, e, cercando di darle una vita migliore di quella che la stessa Irena ha vissuto, riscatta anche se stessa. Aiutare Tea, donandole amore, facendole assumere fiducia in se stessa, assicurandole una stabilità economica futura, fornendole gli strumenti per essere indipendente, è anche uno strumento di rinnovamento personale. Irena, nella sua vita, ha sicuramente conosciuto ben poco amore, tranne che nel breve lasso di tempo in cui Nello l’ha amata; questo sentimento l’ha portata a cambiare, a sperare, e a lottare. Il figlio che porta in grembo non è certo che sia di Nello; potrebbe essere di uno degli uomini con cui ha avuto rapporti, potrebbe essere dello stesso Muffa, ma 61 Irena vuol credere che sia del suo innamorato, perché da lui Irena è stata amata, e questo dentro di lei è la ragione per cui quel figlio è di Nello, o almeno lo ama come se fosse così. Qualcosa di simile accade con Tea. Irena considera figlia sua e di Nello (ma c’è sempre il dubbio che il figlio non sia del giovane), e quando scopre di non avere legami biologici con la bambina, la sua condizione di madre permane, perché non potrebbe essere altrimenti. Al di là del legame di sangue, Irena ha trasposto tutto di sè in Tea: l’amore per Nello, l’amore per il figlio, la sua forza e la sua determinatezza. Poco importa che la bimba non sia forse figlia di Nello, e soprattutto che non sia sua. Se Irena rimane sconvolta alla notizia che Tea non è sua figlia, accade anche a chi guarda la vicenda dall’esterno: ci sono delle somiglianze fisiche tra le due, come ad esempio i capelli, ricci e scuri, la carnagione chiara; fisicamente parlando, le due appaiono come madre e figlia più di quanto lo siano Valeria e Tea, e il legame che si instaura tra la bambina e Irena porta a pensare che quella profondità di sentimento si crei solo con una parentela biologica. Quando si scopre che questo rapporto è basato esclusivamente sull’amore, puro e semplice, che va al di là del DNA, non si rimane stupiti. Irena rimane comunque la madre di Tea, la sua identità come figura materna si è finalmente costruita. Il tentativo di rinnovamento personale di Irena si contrappone al tema della morte e della perdita che caratterizza la vita della donna, che vive diverse esperienze di lutto ad un livello sia conscio che inconscio, come la morte di Nello, ma anche la 62 perdita dei bambini venduti nel mercato nero delle adozioni, la notizia che non potrà più avere figli, e soprattutto la perdita e la conseguente rivendicazione della propria identità. Si nota come Irena indossi abiti scuri per tutto il film nelle parti relative presente, una scelta che potrebbe essere considerata rappresentativa del suo stato di lutto, ma anche dell’imperscrutabilità del suo personaggio. Irena vive il lutto per la perdita di Nello e dei suoi bambini così come è in lutto per il proprio sé che è stato irrimediabilmente compromesso come risultato di queste perdite, e non esiste più. Queste ripetute perdite sono la causa scatenante di un crollo di identità; per superare il dolore e la disperazione della solitudine, la donna dovrà realizzare un percorso di ricostruzione di se stessa e della propria identità. Tormentata dal proprio passato, dalla responsabilità nella morte di Nello, dal figlio che ha potuto vedere per pochi secondi, dai numerosi errori che ha compiuto nella sua vita, Irena decide di dare il via ad un processo di cambiamento e di lotta contro il dolore che la dilania. Dalla sua disperazione si diparte un percorso di riconsiderazione di sé e di riappropriazione del suo essere donna e madre. Lo scoprire che Tea non è il figlio al quale ha pensato per quattro anni, non inficia la rinnovata identità di Irena, e lo stato di maternità che ha acquisito grazie alla bambina non sembra essere sbiadito. Il suo rapporto con Tea negli anni successivi all’incarcerazione è solo ipotizzabile, anche se 65 - Personaggi 1. Bisogno di lavorare. 1. 00:00:22 (Tre ragazze in piedi. Indossano solo slip e reggiseno. Messe di spalle, si esibiscono come alla platea di un teatro in quella stanza buia e poco arredata. Si sente il suono di un treno in avvicinamento.) Muffa: Giratevi. (I volti delle ragazze sono coperti dalle maschere. Sulla parete di fronte, attraverso un apposito spioncino, dei occhi indiscreti guardano i loro corpi) Muffa: Okay, fuori. (Le ragazze escono ma, subito dopo, altre tre donne mascherate prendono il loro posto) Muffa: Va bene, giratevi. Giorgia può restare, Samantha e la sua amica si possono accomodare. (Le due se ne vanno. Resta solo la biondina) Spogliati. (La ragazza si slaccia il reggiseno e lo lancia via, fa lo stesso con la mutandina) Girati. Piano, piano. Uomo: Lei va bene. Muffa: Grazie, tesoro. Puoi andare. (Lo strano rito è concluso. Gli occhi indiscreti da dietro il muro continuano a divorare il corpo della ragazza mentre si riveste e poi toglie la maschera svelando il suo giovane ed inquieto viso) 2. 00.02:33 (Una giovane donna è appena arrivata in città. Ha con se un grosso bagaglio, con un’area turbata controlla la mappa, poi si guarda intorno e prende una direzione. Un attimo dopo è in un appartamento.) Agente immobiliare: Questo ha il vantaggio...di essere già libero e arredato. E’ stato ristrutturato da poco e gli arredi sono nuovi. Ma I ‘avverto che costa quasi il doppio dell'altro… (La sconosciuta apre la finestra, si affaccia, guarda la strada trafficata e centralissima, tanti altri palazzi d’epoca. Ma solo uno in particolare attira la sua attenzione…) Agente immobiliare: e 2 mesi di anticipo in più. Per non parlare poi delle spese di condominio... che sono addirittura 3 volte. E poi preferisco dirglielo subito: qua quando passano i mezzi pesanti trema tutto. (Ride) A conti fatti, le conviene prendere I ‘altro. La Sconosciuta: Prendo questo! (Con un tono di voce sicuro e deciso) 3. 00.03:46 (Un tipico viale del centro storico. La sconosciuta si dirige verso il palazzo 66 he precedentemente ha attirato la sua attenzione. Cammina piano, sempre più piano mentre si avvicina al maestoso ingresso. Vede il portinaio a sistemare la posta) Matteo: Desidera? (Si rivolge alla sconosciuta) Riverisco. (Saluta la signora che lascia il palazzo) Donna: Ciao, Matteo. (Matteo fischietta) La Sconosciuta: Buongiorno. Serve per caso domestica? Matteo: Di dove sei? (La guarda) La Sconosciuta: Ucraina. Matteo: No, non cerchiamo nessuno. (Risponde frettolosamente) La Sconosciuta: Ah... Se sentite qualcosa in giro... (Con un’area smarrita e delusa) Matteo: Prova a passare ogni tanto e vediamo. La Sconosciuta: Mille grazie. Grazie. Matteo: (Ripensando un attimo, richiama la sconosciuta che se ne va) Cosa sai fare? La Sconosciuta: (Si gira all’istante. Capisce di dover cogliere l’attimo) Tutto: Pulire, cucinare, lavare, sti <i>...</i> (Si appoggia sul muro. La sua voce s’interrompe. Evidente che sta per svenire, che non sta bene) stirare. Matteo: (Preoccupato) Ti senti poco bene? Hai fame? La Sconosciuta: No, sto bene. Ho solo bisogno di lavorare. Se voi mi aiutate vi do il 20%. Matteo: Per chi mi hai preso? (Rimane basito) La Sconosciuta: Anzi 30, va bene? Vi do il 30%. Matteo: Ma guarda che gente che va in giro! 2. Fragole. 4. 00:04:42 (Alla cassa del supermercato. La sconosciuta sistema la spesa e paga ma, mentre si allontana, l’allarme antifurto suona) Cassiera: Signora? Torni indietro ed esca di nuovo. (Incredula e pallida torna indietro, l’allarme continua a suonare. Arrivano gli addetti alla sicurezza) Uomo della sicurezza1: Mi scusi. (Prende la sua borsa per controllarla) La Sconosciuta: Prego. (Confusa e sconcertata sotto gli sguardi insospettiti delle persone in fila) Uomo della sicurezza2: (Svota la busta. Trova solamente le fragole. Numerosi cestini di fragole) Le piacciono le fragole, eh? Un documento, per favore. La Sconosciuta: Si. Uomo della sicurezza1: Può darmi la borsa? Abbia pazienza. La Sconosciuta: Prego. Uomo della sicurezza2: Irena Yaro... 67 La Sconosciuta (da qui Irena): Yaroshenko, Irena Yaroshenko. Uomo della sicurezza1: Qui tutto apposto. Uomo della sicurezza 2: Ci dispiace signora, ma dobbiamo... (Inizia a perquisirla. Irena ha un flashback del passato) (Gemiti. Le mani che spudoratamente invadono il suo corpo) Uomo della sicurezza1: Che c’è qui? (Le fa svotare la tasca. Irena tira fuori i solti. Tantissimi soldi) Irena: Soldi, risparmi. (Intanto un’altra signora si allontana dalla cassa e l’allarme suona di nuovo) Cassiera: Ogni tanto suona... e io non so che fare. L'ho già segnalato. Credo sia un guasto. Uomo della sicurezza 2: Ci scusi, signora. Sa, succede. (La lasciano andar via) 5. 00:05:47 (Irena è a casa. Seduta davanti alla finestra, avvolta nel buio. Lentamente prende una fragola dal cestino. Guarda fuori. Le dà un morso… nella sua mente affiora in flash un ricordo) (Un giovane, bello dei occhi e capelli neri, s’avvicina mentre lei è lì a prostituirsi.) Irena: Mh! (Ride) Uomini: (Gridando) Nello, dove stai andando? Nello: Hai sete? (Le offre delle fragole. Irena sorride e accetta il dono) 3. Quaranta a settimana. 6. 00:07:17 (Irena è al bar nelle vicinanze della casa per una ormai abituale, si presume, colazione. Cameriera: So che sei senza lavoro. Se ti interessa, io vado via da qui. Irena: Grazie, ma ho già trovato. (Realmente i fatti non stanno cosi però) Cameriera: Bene! Buon per te. Irena: Posso vedere amica libera. (Mentre fissa il portinaio Matteo a conversare con una delle domestiche del palazzo di fronte) Cameriera: Beh, se ti capita. Io mi sono laureata... e andrò a lavorare in uno studio legale. Irena: Complimenti. Cameriera: Sei fortunata: qui a Velarchi sono tutti orefici. Di solito non si mettono stranieri in casa. (Irena rimane scossa e rattristita da queste parole) 7. 00:07:37 (Fuori dallo stabile Irena sente parlare il portinaio con la domestica.) 70 esserci già nel bel mezzo del discorso sugli Adacher, Irena cerca di ottenere ancor più di informazioni su di loro) Gina: Hanno un laboratorio d'arte orafa. Lui Io dirige, lei disegna e incide. E’ bravissima, ma non e di compagnia. (Gina non dà peso allo strano interesse di Irena nei confronti di quella famiglia) Irena: Se volete, possiamo uscire qualche volta insieme. Gina: Beh, io sono libera solo il giovedì pomeriggio e la domenica. (Sorride, contenta di aver finalmente trovato un’amica con cui poter condividere qualche pomeriggio) Gina: Si può fare, ma tu... Non so niente di te. (Per un attimo si rende conto di non conoscere affatto la persona con cui ha cominciato a confidarsi…) 15. 00:12:07 (Irena è fuori, sul marciapiede. E’ come se aspettassi qualcuno o qualcosa. Guarda l’orologio, si guarda intorno. Scende in un passaggio sotterraneo, controlla di nuovo l’orario e velocizza il passo. Gira per i vicoli della città con le mani in tasca al cappotto, cupa come quella grigia giornata autunnale. Si ferma davanti ad un negozio di ferramenta. Ha un area preoccupata, controlla di nuovo l’orologio quando un fuoristrada frena bruscamente nelle sue vicinanze… Questo suono le provoca un altro flash- ricordo, poco gradito o quasi doloroso: …delle macchine ferme su un piazzale notturno, si sente vociare dei ragazzi che ballano con un sottofondo di musica house… Irena si sente mancare e si appoggia sul muretto) 16. 00.12:29 (Interno 6 del terzo piano. Irena sta spolverando un maestoso lampadario di murano. Si sente il rumore di vetro infranto al piano di sopra. Irena si blocca per un istante, poi sente le voci provenienti da un'altra stanza) Donna delle pulizie 1: Santa Madonna, ma cos'e questo fracasso? Donna delle pulizie 2: E’ la Valeria. Donna delle pulizie1: Ma perché non se ne va in fabbrica, scusa? Donna delle pulizie 2: Si e separata dal marito. Donna delle pulizie1: Mica tutti i separati si mettono un laboratorio in casa. Donna delle pulizie 2: Anche prima, certe litigate... C'era pace solo quando andavano in campagna. Tutta la gravidanza, lei se I ‘ha fatta li. (Irena ha ascoltato attentamente tutto il discorso, ma è da l’ultima frase che viene colpita) 17. 00:13:02 (Negozio di parrucchieri. Irena si accomoda allo sciampo. Di fronte a lei Valeria Adacher, totalmente ignora di essere osservata. Squilla il telefono di Valeria) 71 Valeria: Pronto? (Cerca di parlare a bassa voce per non farsi sentire) Si, anch'io. (Irena la osserva attentamente) No, non posso parlare adesso. Ti posso richiamare più tardi? Va bene, a dopo. Ciao. (Valeria si guarda allo specchio, si tocca i capelli, il viso. La mente di Irena fa di nuovo il salto nel passato… Un camioncino privo di finestre e pieno di ragazze, quasi certamente vengono portate a prostituirsi…) 18. 00:13:57 (Irena con Gina sono al cinema. Sedute vicine, Gina è totalmente trasportate dalle immagini proiettate. Si sentono le voci dei personaggi del film) Uomo1*: Fermate il ladro! Uomo 2*: Fermo, al ladro! Uomo atteo3*: Al ladro! (L’attenzione di Irena però, è concentrata sul volto di Gina. Mentre le sue mali frugano abilmente nella borsa di anziana amica, fino a quando non trovano la chiave di casa Adacher) Irena: Torno subito. (Esce dal cinema e segue velocemente il percorso, sperimentato e provato più volte, fino al negozio di ferramenta) 19. 00:14:51 (In ferramenta c’è un’enorme fila. Irena, preoccupata e delusa capisce di non riuscire a far in tempo… E’ pronta di andar via) Commesso: 37! 39! Prego. 40! 41! Cliente: Avevo detto da 8 mm, per piacere. Commesso: 42! 42! Non c’è il 42? (Irena coglie l’occasione e torna subito al banco) Irena: Si, io! Un duplicato di tutte e tre e anche il telecomando. (Dalla tensione nervosa e fretta ha un giramento di testa) Commesso: Va bene. Mi fai una copia di tutte? Qualcosa non va? Irena: No. Posso pagare intanto? Mi dite quant'e? (Va velocemente alla cassa) 60 euro, tre chiavi e un cerchio... Cassiera: C’è prima il signore. Irena: Scusi. Prego. (E’ preoccupata. Guarda l’orologio. Deve tornar in tempo al cinema...) Commesso: Questa non ce I ‘ho, mi spiace. Irena: E sicuro? Guardate bene. Commesso: Se non c’è, non c’è. E’ in ordinazione. Irena: Potevate dirlo subito, mi farete licenziare. (Arrabbiata e sfinita dalla tensione corre via) Commesso: Aspetta, aspetta! Forse c’è una soluzione. 20. 00:16:10 72 (A malapena in tempo Irena torna al cinema) Gina: Ti senti male? Irena: Sto meglio. (Guarda le mani di Gina che stringono la borsa alle ginocchia) 21. 00:16:21 (Le due amiche, dopo lo spettacolo sono al bar) Gina: Sono cosi contenta. Da sola non mi piace andare al cinema. Irena: Perché non ci andate con bambina? Gina: Lei se non sono cartoni, si annoia. Irena: Forse e troppo piccola per vedere certe cose. (Ma mentre parla il suo sguardo segue sempre la posizione della borsa di Gina) Gina: Domenica prossima compie 4 anni. Che ne diresti se le regalassi un libretto di risparmio? Irena: Soldi in banca fruttano niente. Gina: No, mica per quello. Io ogni mese ci verso tutto ciò che metto da parte, cosi quando avrà 18 anni si troverà il suo piccolo tesoro. Irena: Volete? (Le propone il ketchup) Gina: Si, grazie. E saprà lei come farlo fruttare. Irena: (Spruzza la salsa sulla camicetta di Gina) Scusate! Che guaio, m'e scappata. Scusate, mi dispiace. Gina: No, non ti preoccupare. (Gina apre la borsa per prendere il fazzoletto, Irena la segue in ogni movimento e, approfittando della situazione rimette le chiavi dentro) Poi ci vorrà del tempo prima di quel giorno... forse potrà trovarsi un vero capitale. Irena: Se e cosi, mi pare proprio bel regalo. Le piacerà. (Il viso di Irena adesso è chiaramente più rilassato. La missione è stata compiuta e, lei non e stata scoperta) 5. Cercare ovunque. 22. 00:17:13 Sera. Irena si nasconde dietro il muro nel cortile interno del palazzo dei gioiellieri. Attende Gina. L’anziana signora abitualmente porta via la spazzatura a quell’ora. Non appena Gina scompare di nuovo dietro la porta dello stabile, Irena recupera due buste di spazzatura provenienti dalla casa dei Adacher. Subito dopo la vediamo dentro casa sua. Svuota i sacchetti sul pavimento. Nella sua mente affiorano i ricordi di una grossa discarica. Gabbiani stridono. Fruga dentro la spazzatura. Esamina ogni particolare. Trova i resti della pasta. Li prende, li avvicina al viso, cerca di sentire l’odore, li assaggia. Un altro breve flash di discarica nella memoria di Irena. Gabbiani stridono. Continua scavare nei rifiuti degli Adacher. Trova i resti della crostata. La assaggia. La sua memoria torna sempre alla 75 Gina: (Sussurrando) Ha una rara malattia, che le impedisce i riflessi difensivi. Perciò è sempre piena di lividi, poverina. Se le casca qualcosa addosso, non ha l’istinto di proteggersi. Se cade per terra, non mette le mani avanti come fanno tutti. (Irena è sconvolta dalla notizia appena ricevuta) Irena: Ci sarà un modo per curarla. Gina: I medici dicono di no... ma se impara a stare attenta, non è così grave, c’è di peggio. Adesso ti lascio, devo andare. Irena: Ci vediamo dopo. Gina: Ciao. (L'anziana prende la sua borsa e si avvia per scendere le scale. Irena la spinge con freddezza e crudeltà. Gina grida. Si sente un botto e poi silenzio. Irena guarda giù, il corpo della povera anziana giace immobile in una pozzanghera di sangue. Grida). 26. 00:26:41 (Scalala elicoidale piena di ragazze aspiranti domestiche della famiglia Adacher. Brusio. Irena sale. Un flash del passato invade nuovamente la sua mente: Un occhio… Quell’occhio che osserva le ragazze in maschera attraverso lo spioncino... La porta dell' appartamento degli orefici si apre) Valeria: Buongiorno. Donna: Buongiorno. (Se ne va) Valeria: (Osserva numerose ragazze sulla scala in attesa del colloquio. Nella mente di Irena ricompare la scena delle donne mascherate. Irena si gira verso una finestra e indossa, senza farsi vedere, una fede nuziale) Si, va bene questa (pensa) Lei è Irena? Irena: Si. (Entrano nell' appartamento) Valeria: Documenti, permesso di soggiorno? Irena: Tutto a posto. (Passa i documenti a Valeria) Valeria: 32 anni. E sposata? Ha figli? (La guarda) Irena: Sposata, ma non ho figli. (Risponde prontamente) Valeria: E suo marito? Irena: Lavora in Ucraina. Valeria: Lei sa cucinare? Irena: Si. Valeria: Quali sono i piatti che le vengono meglio? Irena: Un po' di tutto, cotolette alla milanese, trenette al pesto, spaghetti alla bottarga, crostate di tutti i tipi. Valeria: Strano. (Valeria rimane basita perché Irena nomina tutti i piati preferiti della sua famiglia) Irena: Non vi piacciono le crostate? Valeria: No, anzi. Ha esperienza con i bambini piccoli? Irena: Si, signora. Valeria: Se n'e occupata molte volte? Irena: Spesso. (Risponde prontamente a tutte le domande) 76 Valeria: Sembra perfetta. (Soddisfatta) E perla verità, la povera Gina mi aveva parlato molto bene di lei... e anche il portiere. Che dirle? Possiamo fare un periodo di prova e poi si vedrà. Irena: Quando volete cominciare? (Fatica a trattenere l’eccitazione, finalmente è vicina a ciò che sembra essere la sua meta) Valeria: Facciamo lunedì, va bene? Irena: Perfetto. Grazie, signora. (Sorride) Valeria: Ah! Una cosa molto importante. Irena: Si. Valeria: Sa guidare? Irena: Assolutamente, signora. 27. 00:28:54 (Irena fa la lezione di guida col istruttore. Frena bruscamente. Si sente il suono di clacson) Irena: Va bene cosi? Istruttore guida: Meglio. Però adesso metta la seconda. (Preoccupato) Irena: Va bene. Ma proprio qui dovevamo venire? (Turbata. La macchina è circondata dalle prostitute che gridano) Istruttore di guida: Ieri non c'era nessuno. Adesso alla rotonda giriamo. Prostituta: Te ne vuoi andare? Basta! Istruttore di guida: Attenta! Vuole fare un incidente? 8. Giorgia. 28. 00:29:18 (Irena legata. Il nastro adesivo le sigilla la bocca. E’ appesa con la testa in giù. Viene frustata ripetutamente dal suo aguzzino. Grida) Muffa: Lo sai che me piaci tu? Io e te faremo grandi cose. Perciò voglio darti un nome d'arte. Speciale. Giorgia. Giorgia, come la canzone. (Canta) Giorgia, Giorgia. Eh? Ti piace o no? Irena: Scioglietemi anche una mano e vi rispondo. Muffa: Che begli occhi che hai. (In sottofondo si sentono le grida di altre ragazze) 29. 00:30:04 (Irena cammina sul viale deserto, seminato dalle foglie cadute dei alberi. Si sente lo squillo del cellulare, risponde) Irena: Pronto? (Musica proveniente dal cellulare) Irena: Pronto? Chi e? Pronto? 77 (Canzone “Giorgia” proveniente dal cellulare… Irena si ferma terrorizzata, butta immediatamente il telefono a terra e lo pesta violentemente col piede. Corre via) 9. Il castello. 29. 00:30:32 (Il primo giorno di lavoro in famiglia Adacher per Irena. Valeria Le mostra la casa e spiega le mansioni) Valeria: Questa sarebbe la lavanderia. Scusi la confusione, ma io da sola... Attenzione alla lavatrice, che quando centrifuga perde acqua. Bisognerebbe trovare qualcuno che I ‘aggiusti. Qui c’è un problemino con la cappa. Quando I ‘accende, da qua, deve dare un colpetto senno non parte. Irena: Da dove si chiude il gas? Valeria: Ah, sì. Brava. Per le prime settimane se la sentirebbe di lavorare anche il giovedì? Irena: Certo, signora. Anche qui devo cambiare lenzuola ogni settimana? Valeria: No, questa era la stanza di Gina, adesso non ci dorme più nessuno. Qui lavoro io. Per nessuna ragione al mondo deve mettere piede qui dentro... o toccare qualcosa in mia assenza. Irena: Anche per pulire a terra? Valeria: Per tutto, chiaro? Irena: Si, va bene signora. (Mentre apre la porta Irena involontariamente spinge la bambina. Tea cade battendo il viso contro pavimento) Valeria: Piano! (Tea piange) No, non e niente, amore. Tea (gridando): Cattiva! Valeria: Non I ‘ha fatto apposta. Irena: Mi dispiace. (Sconvolta ed addolorata) Valeria: Dai, amore, non e niente. (Porta la bambina in bagno per sciacquarle il viso) Irena: Non I ‘ho vista, veramente. Tea (gridando): Vai via, non la voglio più vedere, cretina. 30. 00:31:31 (Irena sanguina dal naso dopo l’ennesimo pestaggio da parte di Muffa) Muffa: (Gridando) Pure tu ti sei fatta fregare. Io te Io avevo detto, stai attenta. Siete tutte uguali! Irena: Ma io, Che colpa ho? quell'uomo... voi avete detto di eccitare anche senza... (Muffa la schiaffeggia nuovamente) Muffa: Pure la camicia m'hai sporcato! Ti sistemo io a te. L'imbroglio, chi Io fa Io sbroglia. 31. 00:31:58 80 (Irena spinge la parete aprendola e scopre la cassaforte ma in quell’istante sente la voce della signora Adacher) Valeria: Non basta uno straccio solo, ce ne vogliono di più. Irena: Va bene, signora. Tutto a posto. (Sente i passi di Valeria avvicinarsi alla lavanderia. Cerca di sistemare frettolosamente la parete scorrevole che però sì blocca. Le scarpe sistemate sulla parete cadono giù. Irena è in panico. Fa più veloce che può. Alla fine ce la fa malapena in tempo e si sposta da lì) Valeria: Sennò si fa un lago lì dentro. Ha preso il secchio? E uscita molta acqua? (Entra in lavanderia) Irena: Niente, signora. (Mentre si accorge che alle spalle di Valeria c’è ancora una scarpa caduta dallo scaffale e una parte della parete non del tutto messa a posto) Valeria: Cos'è, un miracolo? Irena: C'era guarnizione vecchia, I ‘ho comprata e … (E’ terrorizzata. Sa che rischia di essere scoperta) Valeria: Bravissima, brava. È la fine di un incubo! Brava! Irena: Scusate, signora, se non serve altro... finisco di mettere a posto in cucina e vado via. Valeria: No, aspetti, Irena. Visto che i suoi rapporti con Tea sono migliorati... potrebbe tenerle compagnia fino a mezzanotte, mezzanotte e mezzo? Irena: Vada pure, signora. Non e un problema d'orario. Valeria: Bene. (Valeria esce. Irena tiro un sospiro di sollievo) 34. 00:37:28 (Tea appoggiata su un grande pupazzo di tigre bianca siberiana con fra le braccia il suo cucciolo, un piccolo tigrotto siberiano, guarda i cartoni animati. Oltre a lei c’è solo Irena) Tea: Lo so che sei stata tu. (Si rivolge a Irena neanche quadrandola) Irena: (Preoccupata) Cosa? Tea: Il regalo. (Si gira adesso per guardare nei occhi di Irena) Perché non me I ‘hai detto? Irena: Pensavo saresti più contenta credere che era stato tuo padre. (Si guardano per qualche attimo nei occhi, poi Tea si alza e va ad abbracciare Irena) 35. 00:37:59 (Irena e Tea nella cameretta a guardare l’album fotografico della bambina) Irena: Hai cambiato colore di capelli tre volte: neri quando sei nata, poi rossi e a un anno castani. Gli occhi neri, verdi, marroni, mamma mia! (Risate) Tea: Tu ne conosci ninne nanne? 81 Irena: Ninna nanne? Si, una. Tea: Dai. (Si mente sotto la coperta ed Irena le canta una bellissima ninna nanna in ucraino <Traduzione>: Nel cielo brillano le stelle, dormi bene mia cara bimba. Oltre l’arcobaleno in un altro lontano paese c’è il tuo papà, ma tu dormi tranquilla, perché qui con te c’è la tua mammina) (Tema musicale di ninna nanna ucraina in sottofondo. Irena va alla cassaforte, ma è chiusa. Cerca di aprirla, poi abbandona l’idea. Guarda nei cassetti di tutti i mobili. Nel laboratorio. Persino nei libri. Apre l’armadio dei Adacher, sfiora con le mani i loro vestiti. Poi indossa quelli di Valeria, si sdraia sul letto con accanto abito di Donato. La affiora il ricordo di Nello) 10. Corpo da ragazzina. 36 .00:40:38 (Il suono di clacson. La famiglia Adacher è arrivata nella casa di campagna dove li aspetta Irena) Tea: Ciao, ciao, ciao! (Grida gioiosa) Irena: Ciao! Valeria: (Girando la proprietà) Oddio! Anche il magazzino hai messo a posto? Irena: Ho dovuto svuotarlo perché era allagato. Donato: Tutto da buttare qua. Tea: Non le mie cose, pero! Valeria: Te le ricordi, queste? (Mostra a Donato piccolissime scarpine di Tea di quando era neonata. Lo sguardo di Irena diventa cupo) Tea: Che bella! (Esclama la bambina non appena entrano in casa che è stata pulita e sistemata alla perfezione) Valeria: E irriconoscibile! (Irena sorride soddisfatta) Donato: Che meraviglia, brava! Valeria: Come hai fatto in 3 giorni? E’ perfetta! (Si sentono le grida gioiose di Tea dall’esterno. Irena prepara per il pranzo) Valeria: (Dalla vasca da bagno) Irena, gli asciugamani! Irena: E che ho lavato tutto e non ho fatto in tempo. (Passa gli asciugamani a Valeria osservando il suo corpo perfetto) Valeria: Che freddo! Grazie. Irena: Complimenti, signora. Avete un fisico da ragazzina, siete bellissima. Valeria: Ma va', non dire sciocchezze. (Sorride. Apre la finestra per vedere cosa fanno Donato e Tea) Donato, attento! Cosi la fai cadere. Donato: Agli ordini, colonnello! (Valeria ride chiudendo la finestra) Irena: Sono molto contenta che lei con vostro marito… Insomma, anche Tea e molto più serena. 82 Valeria: (Sospira e sorride un po’ amareggiata) Dai, passami un po' di crema sulla schiena, per favore. Grazie. Siamo ridicole ormai, io ti do del lei, tu mi dai del voi... perché non proviamo a darci del tu? Irena: Va bene, come volete signora. (Valeria ride) Non era un complimento prima, e vero che avete un bel corpo. Neanche sembra che avete avuto un figlio. 37. 00:42:05 (Tea grida di gioia mentre corre attorno alla casa di campagna. Donato e Valeria si stanno prendendo il tè caldo in veranda) Valeria: Tea, attenta! Non correre cosi! Donato: Non dovete terrorizzarla, pero. Se cade, cade, poi si rialzerà. Valeria: Cerchiamo solo di evitare che si ferisca continuamente. Donato: Ma lasciatela libera di muoversi. (Si altera) Irena: Non ci posso credere, non esiste niente per guarirla. Donato: (gridando) Non è malata! Mettetevelo in testa! (Arrabbiato si alza e va dalla bambina) Tea... Valeria: Irena, com'e tuo marito? Irena: Mio marito? (Si blocca un’istante) Valeria: Non ne parli mai. (Irena tira fuori dalla tasca la foto di Nello, la guarda dolcemente e poi la passa a Valeria) 38. 00:42:55 (Valeria è in macchina con Tea e Irena, stanno tornando in città dopo la giornata passata in campagna. Donato le supera con la propria auto, suona il clacson e Tea lo saluta) Tea: Ciao, papa, ciao! Irena: Potete lasciarmi lì alla fermata dell'autobus. Valeria: Ti accompagniamo. Irena: No, non disturbatevi. Tea: Si, così vediamo dove abiti! (Grida entusiasta) Irena. Un'altra volta, vi prego. Faccio due passi. (Cerca di evitare a farle scoprire la vera posizione di propria abitazione) Ciao! (Mentre cammina lungo la strada vede Matteo conversare con due uomini) Uomini: Ma dai! Matteo: (Nota Irena che nel frattempo cerca di evitarlo girando da l’atra parte) Irena, aspetta! T'accompagno, cosi parliamo un poco, noi due. Irena: Qualcosa non va? Matteo: No, no. Tu non sai quanta fatica ho fatto a convincerli a prendere te. Ce n'erano tante altre con dei requisiti migliori. Irena: Ho capito. Nostro patto non va più bene? Matteo: No, per carità. Ma mi aspettavo un grammo di gentilezza in più, ecco. Dai, ti do una mano. (Prende la borsa di Irena) Abiti da queste parti? 85 Irena: Alzati. (Tea ci prova ma non riesce ad alzarci) Dai, ti aiuto. (Aiuta la bambina rimettersi in piedi ma all’istante la spinge nuovamente) Brava. Dai! (Tea fatica, cerca di alzarci ma non riesce. Irena la aiuta, anche se meno rispetto la volta precedente) Su! Su! Dai su! (La spinge di nuovo, Tea cade. Cerca di alzarci con tutte le sue forze, fatica molto. Il suo volto non esprime più gioia, anzi, la bambina è sconcertata ed anche un po’ spaventata) Vai. Da sola. (Immediatamente Irena la fa cader di nuovo) Dai, Tea, adesso da sola. (Ordina a Tea di alzarci, aspetta, non l’aiuta più. La bambina si contorce nello sforzo e quando finalmente ce la fa Irena la spinge di nuovo) Irena: Brava, su. Dai, Tea, su, su. Brava. Alzati. Alzati, brava. (Grida) Tea: Ce I ‘ho fatta, ora basta! (La bambina capisce che non è più un gioco divertente, lo sforzo fisico è forte e comincia anche a sentire del panico per il comportamento di Irena, di solito sempre dolce. Grida sopraffatta) (Irena rincara la dose, la spinge e la fa cadere di nuovo) Irena: Alzati! Adesso da sola, dai! Su! Su! Su! Vai su! (Dà un'altro spintone a Tea, buttandola nuovamente giù nonostante le proteste della bambina) Tea: Cattiva! Irena (Grida. Ma il suo volto non esprime la rabbia, ne odio. Nell’espressione dei occhi si legge chiarissimo la speranza. Una triste speranza che Tea ci riesca) Dai, da sola! Alzati. Ancora una volta, dai! Brava. Alzati! Alzati! Tea, dai, dai, dai! (Continua ad incitare la bambina con tono concitato, ignorando le proteste di Tea). Tea: (Grida sconvolta) Lo dirò a mia madre, ti licenzierà! Irena: Mi fai licenziare? (La spinge più forte) Irena: Chi fai licenziare? Tea: Cattiva! (Irena grida in ucraino) Tea: Cattiva! Irena: Ancora! Tea: Cattiva! (Grida arrabbiata) Irena: Ancora! Ancora! Alzati! Alzati! Alzati! (Il tono di voce di Irena aumenta, non per rabbia, ma per impotenza. È evidente che soffre anche lei per quello che sta facendo la bambina, ma è implacabile nel buttar giù la piccola e incitarla a rialzarsi da sola) Tea: Basta, ti prego! Irena: Alzati! Tea: Basta! Irena: Alzati! Alzati, dai ancora, alzati! Tea: Puttana! Puttana! Puttana! Puttana! (Grida con tanta rabbia e odio, quelle tremende parole che ha dovuto sentire più e più volte durante le violente liti dei genitori, che conserva dolorosamente nella memoria. Irena si ferma di colpo e, per un secondo, ha una specie di stupor…Cos’è? Sono 86 le parole della bambina che l’hanno messa in momentanea crisi rigettandola nel passato distruttivo? È sopraffatta da quanto ha dovuto subire la bambina, nonostante lei lo abbia fatto solo per il suo bene? O semplicemente era arrivato il momento giusto, il culmine della rabbia raggiunto dalla bambina per poter reagire? O forse entrambi… Irena abbraccia e slega la bambina. Tea la prende a schiaffi sul volto ripetutamente) Irena: (Soddisfatta e contenta di aver ottenuto quel tanto sperato ed atteso risultato) Brava, sei brava! Vedi che sai fare? Vedi? Perché non mi hai schiaffeggiato prima? Perché non I ‘hai fatto prima? Sei brava, capisci? (La bambina rimane a bocca aperta nel vedere la reazione di Irena al suo attacco di rabbia) 43. 00:52:12 (Casa di cura Villa Robinia. Irena entra accompagnata da un’infermiera. Un uomo, seduto da solo dietro un tavolino canticchia) Infermiera: Venga, I ‘accompagno. Dica alla signora che c’è una retta arretrata. Irena: Ho appena pagato. Infermiera: Ah, mi scusi. Ecco, siamo arrivate. (Irena vede Gina in una sedia a rotelle. Gina è immobile ed ha un area assente) Eccola: I ‘ospite più buona di Villa Robinia. Irena: Gina, mi riconoscete? (Si abbassa in ginocchio davanti all’anziana amica) Infermiera: E’ inutile. Comunque, se non fa troppo freddo può portarla anche fuori a prendere un po' d'aria. Le fa bene. 44. 00:52:59 (Parco di Villa Robinia. Irena seduta su una panchina si rivolge a Gina che le sta di fronte, nella sua sedia a rotelle. Il monologo di Irena ha l’aria di una confessione) Irena: Mi dispiace. So che non mi perdonerete mai. Ma se non andavo per la mia strada, morivo io. Capite? Comunque, in qualche modo vi ripagherò. 45. 00:53:25 (Casa Adacher. Tea aiuta Donato a decorare l’albero di natale) Tea: Quella e troppo piccola per un ramo grande, mettila sopra. Donato: Agli ordini, signor presidente. (Risponde sorridente) Irena: (Entrando nel salone) Signor Donato, restate a cena? Donato: Lei cosa dice, signor presidente? Tea: Se una sera resti con me, non e che ti fa male. Tea: (A tavola con padre) Vuoi mangiare con noi? (Si rivolge a Irena) Irena: Non mi sembra il caso, Tea. (Continua a servire la cena con uno sguardo abbassato…in realtà non desidera altro) 87 Tea: Papa, diglielo anche tu. Donato: Tea, non esser capricciosa, dai. (Deciso) Tea: Ma se il presidente sono io, perché dovete decidere sempre voi? Donato: (Sorridendo) Irena, per favore... (Irena si siede a tavola) Chi le ha insegnato a cucinare così bene? Irena: Nessuno. Ho letto molte ricette. (Con area melanconica) 13. Al circo. 46. 00:54:16 (Circo. Clown parlano in francese maccheronico. Irena ride. Ha in braccio la bambina ed accanto a lei è seduto Donato) Clown1: Ho ancora fame. Clown2: Ha fame! (Irena e Tea ridono) Clown1: Adesso mi servono 3 bambini! Tea: Io, io! Clown1: Tu, tu e tu! (Indica anche Tea) Irena: No, Tea! (Preoccupazione materna si legge sul volto di Irena) Donato: La lasci stare. Clown1: Forza, in tavola! (Bambini salgono sul pancione del enorme clown gonfiabile) Clown2: Digerire, saltare. (Clown 1 rutta) Clown2: Oh, che puzza! (Pubblico ride, ma dopo un attimo Tea cade con la faccia nella torta e comincia piangere. Irena si precipita verso di lei con espressione preoccupata, cerca di pulirle il viso mentre la bambina singhiozza e chiama la madre) Tea: Mamma! 47. 00:55:44 (Casa Adacher. Nel salone sul parquet solo Irena e Tea. La bambina è legata con le cinture con le braccia attaccate al corpo, piange. Irena la spinge facendola cadere. Sul pavimento non ci sono più cuscini e coperte di protezione. Tea piange e singhiozza, sa già cosa la aspetta. Irena con implacabile calma la spinge giù. Tea sbatte con la testa sul pavimento. Il rumore del corpo della bambina che cade, il grido che lancia quando arriva a terra, le lacrime di Tea non impietosiscono Irena. La bambina continua a piangere mentre cerca di alzarsi a fatica) Irena: Vieni su! Vieni su. (Il tono della voce di Irena è freddo e piatto mentre la incita ad alzarsi; appena la piccola riesce a mettersi nuovamente in piedi, Irena la guarda e subito dopo la spinge ancora a terra). Su! Tea: (piangendo e tossendo) E’ inutile, lasciami stare! (Si contorce sul 90 (Colpi alla porta. Matteo va ad aprire) Matteo: Chi e? (Irena geme sanguinante) Cristo Santo! Che t'e successo? (Irena emette suoni inarticolati) Vieni dentro. Vieni su, cosi. Ecco. (Matteo pulisce il viso di Irena sdraiata sul letto dal sangue) Matteo: All'ospedale non vuoi andare, alla polizia neanche. Irena: (indolenzita) Ah! Matteo: Scusa. Di sicuro ti sei ficcata in un brutto pasticcio. Irena: Fatemi restare qui per qualche giorno, per favore. Matteo: Vuoi mettere nei guai anche me? Irena: Solo se non mi aiuta. (Matteo la guarda dubbioso e spaventato) Matteo: Mi dispiace, ma prima dell'alba devi sparire da qui, sia chiaro. E per sempre, capito? Irena: Prima, pero voglio dare un saluto a tutti i condomini. Matteo: Fai come vuoi, basta che te ne vai. Irena: Cosi gli racconto la favola della polvere d'oro. Matteo: (Impietrito per un secondo) Ma cosa stai... A te di più ne dovevano dare. (Si rende conto del ricatto di Irena) 53. 01:00:44 (Irena tumefatta sul letto. Si trova in una specie di ripostiglio evidentemente offerto da Matteo come un punto provvisorio di riferimento. Sente il rumore delle serrature…) (Porta si apre. Muffa e Irena entrano in uno stanzino dipinto di un rosso orribile e senza finestre. Arredato con pochissimi vecchi mobili. Un lavandino accanto al letto) Muffa: Vieni, vieni. Ti piace? Irena: Giorno e notte qui? Muffa: Amore, Io dico anche per te. E poi Lucrezia ti farà pigliare un po' d'aria fresca la sera. Irena: Cucina italiana. Muffa: Tieni. (Passa a Irena una scatola) Irena: Per me? (Entusiasta) Muffa: Mh. Irena: (Trovando un paio di scarpe dentro la scatola) Che bello, come Io sapevi che mi piacciono rosse? Muffa: Io ti osservo, ti studio. E vero che a volte ho la mano un po' pesante... ma e perché ti voglio bene. Mi devi solo fare una cortesia: ci stanno alcuni amici miei... Irena: Ma io... (Mette le mani sul pancione che comincia ad essere evidente) Muffa: Sono un po' particolari... e poi basta, riposo assoluto fino all'ultima settimana. (Da un bacio in fronte a Irena ammutolita) (Fuori dallo cupo stanzino ci sono degli uomini in attesa, ben vestiti, con dei giornali in mano, saranno dei benestanti uomini d’affari… La porta si apre ed esce Lucrezia) Lucrezia: Chi entra per primo? 91 54. 01:01:34 (Irena nello stanzino offerto da Matteo. E’ a letto con il viso tumefatto. Arriva il portinaio portando qualche provvista per Irena) Matteo: Ecco, t'ho portato le medicine e tutto il resto. E della cioccolata. Irena: Dite alla signora Adacher che ho preso I ‘influenza e non posso lavorare per un po'. Matteo: Va bene. (Porta si chiude. Irena si alza dal letto e guarda fuori dalla finestra, vede Tea che esce con Donato) Babbo Natale: (Per strada) Auguri! Buon Natale! 55. 01:02:01 (Irena in una doccia vecchia e trascurata) Matteo: Rapida! Rapida! (Mentre l’acqua calda le scorre addosso ed il vapore la avvolge, la mente di Irena fa di nuovo un salto nel passato) 56. 01:02:26 (Irena è nello studio del ginecologo per una visita) Ginecologo: Nemmeno una volta? Irena: No, ho sempre abortito. Ginecologo: Devi essere una che non si vuole molto bene. Peccato perla tua età. Irena: Che volete dire? (Perplessa) Ginecologo: Che non puoi avere più figli. 57. 01:03:08 (Irena in un pullman. Incappucciata e indossa gli occhiali da sole per non essere riconosciuta) Donna: (Salendo sull’autobus) Mi scusi, questo va a Velarchi? Autista: Si, signora. Donna: Bene. (Irena segue Donato. Lo guarda attraverso il finestrino del pullman) 58. 01:03:14 Lucrezia: Io so solo che devi stare attenta. Girano troppe voci. Gli uomini non si divertono più, dicono che non fai altro che piangere. Il vento e cambiato, Giorgia. Copriti le spalle. Ora fa il caro e il bello, ma quando non gli servi più... Irena: Che altro mi può fare? Togliermi di mezzo? 92 Lucrezia: Ognuno fa della sua vita quello che gli pare. Irena: Ma a un condannato a morte non si nega I ‘ultimo desiderio. Ditemi quel nome. 59. 01:03:37 (Nel ripostiglio-rifugio si sentono dei rumorosi e forti colpi alla porta. Irena salta giu dal letto e si nasconde. Porta si apre.) Matteo: Sono io. Non si apriva. T'ha cercato tutto il giorno. (Irena al telefono con Valeria) Valeria: Hai bisogno di aiuto? Irena: No. Valeria: Ti serve un medico? Irena: Come sta Tea? (Nient’altro sembra preoccuparla) Valeria: Non ci crederai, ma anche lei ha la febbre. E’ qui. Aspetta, te la passo. Tea: Ciao. Irena: Che brutta voce! (Sorride sospirando) Tea: Hai visto? Sono malata come te. Quando torni? Irena: Presto. Tea: Perché non vieni adesso? Ti copri perbene. Irena: Non posso, tesoro. Tea: Allora cantami quella canzone che non si capisce niente... pero mi fa tanto dormire. Irena: Va bene. Sei già sotto le coperte? Tea: Si. (Irena canta in ucraino la ninna nanna) (Gabbiani stridono. Irena in una discarica scava nei rifiuti. Ninna nanna ucraina in sottofondo. Irena trova qualcosa, si sente ronzio di mosche) 60. 01:05:13 (Irena nascosta davanti alla scuola di Tea. Si sentono le voci dei bambini. Vede Tea cadere dopo la spinta dei bambini che la deridono. Si mette a correre a suo aiuto ma… vede Tea rialzarsi e prendere schiaffi al bambini da cui e stata spinta. Irena ride. Si legge soddisfazione e una sorte di liberazione sul suo viso) 61. 01:06:04 Matteo e Irena parlano nel penombra del ripostiglio) Matteo: Sei allegra stasera, eh? Irena: Succede. Matteo: Oggi sono venuti due tizi a chiedere di te. Ho detto che non lavori 95 Irena: Hanno rapito la bambina. Valeria: Chi I ‘ha rapita? (Si rende conto che Irena sospetta che qualcuno realmente è intenzionato a rapire la bambina) Che cosa stai dicendo? Dov'eri tu? Rispondi! Rispondimi! (Schiaffeggia Irena. In quel momento Tea salta fuori dalla cameretta) Tea: Ho vinto io, non sei riuscita a trovarmi! (Ridendo) (Più tardi mentre Irena si prepara di lasciare la casa Adacher dopo essere stata licenziata) Tea: Mi dispiace. Irena: E’ passato. Tea: Ti posso aiutare? Irena: Convinci tua madre a farmi stare qui stanotte. Tea: Hai paura dell'uomo col giornale? (Valeria sente tutto nascosta dietro la porta, i suoi sospetti si confermano) Irena: No, e solo per stare con te. Tea: Ci provo. Ma se dice sì, facciamo pace? Irena: Abbiamo già fatto pace, amore mio. 70. 01:13:33 (Nel parcheggio Irena, Tea e Valeria stanno per prendere la macchina) Tea: Sbrigati, che e tardi! Irena: Non correre! (Subito dopo vedono la macchina con le gomme bucate) Tea: Adesso come ci andiamo a scuola? 17. Licenziata e spiata. 71. 01:13:51 (Irena suona nella porta della casa di Matteo) Matteo: Ecco, ti sei fatta licenziare, eh? Ci avrei scommesso. Da quando sei arrivata tu, sono successe cose troppo brutte. Irena: Fatemi restare qui ancora per qualche giorno. Matteo: E dove ti metto? Di sotto e tutto allagato. E poi io non voglio rogne. Sei troppo pericolosa. E ingrata. Irena: Come ingrata? Ho sempre rispettato i patti. (Perplessa) Matteo: I soldi? Se vuoi, te li restituisco. (Matteo cerca di abbracciare Irena) Tu, non hai capito niente: io ti voglio bene. (Matteo cerca di abbracciare Irena)Noi due insieme, si va lontano. (Il suono della forbice caduta a terra rievoca il ricordo di Irena) 71. 01:14:25 Irena: Hai già deciso come mi farai ammazzare? (Mentre Muffa la stringe fra le sue braccia) 96 Muffa: Ma che dici? Lo sai che mi sei sempre piaciuta. Peccato che sei diventata un po' stravagante... senno io e te chissà dove arrivavamo! Irena: Allo stesso punto di dove siamo, cioè alla fine, vero? Muffa: C' è ancora un po' di tempo. Irena: E allora beviamo. Se e 'ultima volta, voglio ubriacarmi con te. (Sferragliare del treno. Irena nasconde la forbice sotto il cuscino. Si sente il botto del tappo strappato) Irena: Non ho mai capito perché ti chiamano Muffa? (Muffa ride) Muffa: Tieni. 72. 01:15:23 Irena: Levatemi le mani di dosso. Matteo: Scusa. (Con il respiro affannato) Vuoi che parli io con la signora? Ti faccio riassumere. Sono troppo vecchio per te. (Matteo vede Irena prendere la forbice dalla terra) Cosa fai? (Preoccupato) Irena: Non temete. (Se ne va) 73. 01:15:50 (Irena si nasconde nei paraggi della scuola per vedere la bambina. Arrivano Tea e Donato) Donato: Dammi un bacio. Tea: Ciao. (Fa finta di andare a scuola ma in realtà va a parlare con Irena nascosta sotto la giostra) Tea: Ciao! Irena: Come stai? Tea: Io ci ho provato, ma e troppo arrabbiata. Ha paura. Irena: Di cosa ha paura? Tea: Di te. Ma tu cosa hai fatto a mia madre? Irena: Niente. Tea: Non e che nascondi qualcosa anche a me? Irena: Io ti voglio bene, farei qualunque cosa per voi. (Donato si avvicina alla giostra) Donato: Tea... (le passa la sciarpa) Tea: Grazie. Irena: Buongiorno. (Sconvolta) Donato: Buongiorno. Irena: Era solo un saluto. Vi prego... Donato: Ho capito. Tea: Papa, lei vuole tornare, ma la mamma ha detto di no. Donato: Deve avere pazienza, mia moglie e cosi. Passera. (Tema musicale della ninna nanna ucraina in sottofondo. Valeria, nascosta, osserva la scena vicino alla giostra. Segue Irena fino a Villa Robinia dove la scopre monologare con Gina) 97 74. 01:17:31 (Irena a casa travasa le piante ormai secche. Musica inquietante in sottofondo. Donna si affaccia dalla finestra per osservare come d’abitudine la finestra degli Adacher, ma nota subito Valeria che la fissa da lì. Adesso è lei ad essere spiata) 18. Questioni di soldi. 75. 01:18:18 (Amica di Irena le mostra un appartamento) Cameriera: E piccolo, ma mi ha portato una fortuna. Gli esami li ho preparati tutti qui, anche la tesi I 'ho scritta qui. L'affitto e basso, cosi I 'ho tenuto. Magari Io prendessi tu! Irena: Dove va quella scala? Cameriera: Porta a una uscita di servizio. (Brusio della televisione, Irena controlla l’uscita di servizio) 76. 01:19:00 (Musica inquietante. Irena sta per entrare nel suo vecchio appartamento. Sente i rumori sulla scala. Insospettita entra a casa ed inizia subito a preparare le valigie per il trasloco. Ma improvvisamente viene aggredita) Muffa: Zitta! Pensavi che era facile ammazzare uno come me? Due sforbiciate e buonanotte? Come al cinematografo? Irena: Non si può essere tutti bravi come te. (Morde la mano di Muffa) Muffa: Ah! Da quando te ne sei andata ne ho avuto di tempo, sai? Per pensare a come levarti di mezzo. E 2 o 3 idee ora ce le avrei. Irena: Scegli quella che ti piace di più e sbrigati. Muffa: Al tempo. (Irena piange) Ma io sono più generoso di te, Giorgia. Se rispondi, ti do la mia parola, ti lascio in pace. I soldi! Dove stanno i soldi? Irena: Quali soldi? Non so niente dei soldi. Ah! (Suona il campanello della porta) Muffa: Vai. (Si sentono i colpi alla porta. Campanello) Irena: Non entrate. Vi prego. (Musica drammatica. Valeria entra e gira per casa di Irena, guarda le foto di Tea sui muri. Nota i libri di neurologia clinica. Persino piccolissimi calzini di Tea neonata sono qui. Muffa è nascosto dietro il muro e in silenzio assiste a tutta la scena) Valeria: Avrei dovuto capirlo chi eri, che era tutto un ricatto. Quanto vuoi? (Guarda nei occhi di Irena) Irena: Niente, non voglio niente. Valeria: Che sei venuta a cercare qua? Amicizia e comprensione? (Strappa i disegni di Tea dai muri) Mettitelo bene in testa non ti permetterò mai di
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